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Doc. XXIII n. 59


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CAPITOLO II
LE BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI


1. LA NORMATIVA NAZIONALE SULLE BONIFICHE DEI SITI CONTAMINATI.

Com'è noto l'articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 recita: «bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati». Altri punti dell'articolato del decreto riguardano le competenze dello stato, della regione, delle province e del comune (artt. 18-21), i piani regionali di bonifica (articolo 22), il sistema autorizzatorio degli impianti mobili di bonifica (articolo 28), l'iscrizione all'albo per le imprese che intendono effettuare bonifiche (articolo 30), il sistema sanzionatorio per i soggetti che provocano contaminazione o concreto pericolo di contaminazione. Il decreto legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997, anche se in maniera non omogenea (meglio sarebbe stata una legge quadro in materia di bonifiche), ha costituito un passo avanti rispetto alla precedente legge n. 441/87 che imponeva alle regioni, come è noto, di approvare piani di bonifica delle aree contaminate sulla base anche dei censimenti previsti dal successivo decreto del Ministero dell'ambiente del 16 maggio 1989. Furono poche allora, per la verità, le regioni che ottemperarono (soltanto 8) a quanto previsto dalla legge n. 441/87, con criteri tra loro non uniformi, in assenza di una norma tecnica nazionale. Dai censimenti di cui al decreto ministeriale sopra richiamato, le regioni, avrebbero dovuto poi ricavare indicazioni per interventi di bonifica a breve e medio termine. L'articolo 17 del dlgs n. 22/97, pur se con ritardo, è stato attuato con decreto del Ministero dell'ambiente n. 471 del 25 ottobre 1999 che detta i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, per la bonifica e per il ripristino dei siti contaminati. È da rilevare, inoltre, che il censimento regionale dei siti contaminati delle aree esterne ai siti produttivi, previsto dal decreto ministeriale del 16 maggio 1989 è stato esteso tramite il comma 1-bis dell'articolo 17 del dlgs n. 22/97 alle «aree interne ai luoghi di produzione, raccolta, smaltimento e recupero dei rifiuti, in particolare agli impianti a rischio di incidente rilevante di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 17 maggio 1988 n. 175 e successive modificazioni». Le iniziative del legislatore, per come visto sopra, mostrano l'interesse a mettere ordine in una materia assai complessa per la quale è prevedibile, e lo si coglie già adesso, che il nostro paese debba impegnare, nell'immediato futuro, risorse economiche ed umane notevoli. La legge 9 dicembre 1998, n. 426, ha inoltre introdotto nell'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, il comma 15-bis secondo il quale «il ministro dell'ambiente, di concerto con il ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e con il ministero dell'industria,


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del commercio e dell'artigianato, emana un decreto recante indicazioni ed informazioni per le imprese industriali ed artigiane che intendano accedere a incentivi e finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di bonifica previsti dalla vigente legislazione».Tale legge come è noto ha disciplinato gli accordi di programma di cui all'articolo 25 del Dlgs n. 22/97 ed il concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati e che ha individuato, in fase di prima attuazione, come interventi di bonifica di interesse nazionale quelli compresi nelle aree industriali e nei siti ad alto rischio ambientale. Ai siti di Porto Marghera, Napoli orientale, Gela e Priolo, Manfredonia, Brindisi, Taranto, Cengio e Saliceto, Piombino, Massa e Carrara, Casale Monferrato, Balangero, Pieve Vergonte, litorale domizio-flegreo, agro aversano, Pitelli (La Spezia),si è aggiunto di recente anche quello della ex raffinerie Esso ed Aquila di Trieste.Per la gran parte di tali siti sono stati già emanati i decreti di perimetrazione.

1.1 Il censimento dei siti contaminati in Italia.

I dati dei censimenti regionali dei siti contaminati, finora ottenuti a seguito dell'applicazione del DM 16 maggio 1989, si sono rivelati incompleti (alcune regioni non hanno ancora effettuato i censimenti, es. Calabria, Lazio, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia), sottostimati (es. quelli della Puglia, troppo teorici e non supportati da evidenze sperimentali, carotaggi, analisi chimiche, e quelli della Campania ), con il risultato che appare sempre più drammatico lo scenario che si profila all'orizzonte, relativamente ai reali costi di bonifica di intere porzioni del nostro territorio. Lo scopo del censimento ai sensi del DM del 16 maggio 1989, per come sopra detto, era quello di individuare le aree contaminate su cui intervenire con programmi di bonifica a breve e medio termine. La mancanza, allora, di precise norme tecniche per individuare e per bonificare i siti contaminati faceva si che, tranne alcuni casi, difficilmente l'entità della contaminazione veniva ben evidenziata. Non ha dato ancora i risultati sperati quanto previsto dal comma 1-bis del Dlgs n. 22/97 che estendeva il censimento, tra l'altro, ai siti operativi a rischio di incidente rilevante. Infatti pochissimi sono i casi di accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente con gli enti provvisti delle tecnologie di rilevazione più avanzate (es. CNR, ENEA), per realizzare la mappatura nazionale dei siti oggetto dei censimenti e la loro verifica con le regioni. Di tale situazione ha preso piena coscienza la Commissione che, a seguito di evidenze nel corso dei sopralluoghi e delle audizioni rese da soggetti istituzionali informati sull'argomento, ha ritenuto necessario invitare in audizione il prof. Bianco, presidente del CNR, per illustrare l'ampia gamma di possibilità di monitoraggio aereo del territorio con il sistema LARA (Laboratorio aereo di ricerche ambientali).
Tale sistema, se applicato ed utilizzato a mezzo di convenzioni tra le regioni, le amministrazioni locali e il CNR, come auspicato dalla stessa Commissione, può costituire un valido e certo punto di riferimento da cui partire per programmare ogni iniziativa tesa al contenimento e/o bonifica delle contaminazioni in atto sul territorio nazionali.


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È da rilevare inoltre che, con DM n. 426/98, il Governo prevedeva interventi urgenti di bonifica di alcuni siti di priorità nazionale relativi ad aree industriali dismesse, ad aree fatte oggetto di discariche abusive e a discariche di rifiuti pericolosi gestite in maniera illegale. A tutt'oggi, nonostante gli sforzi del legislatore, risulta tuttavia incompleto il quadro nazionale dei siti contaminati e preoccupano assai la Commissione i recenti casi di siti contaminati all'interno di siti industriali di aziende importanti a livello nazionale, mai denunciati, e per i quali la magistratura ha condotto indagini con le forze di polizia giudiziaria (es. Enichem di Porto Marghera) o ha posto sotto sequestro (es. Enichem di Brindisi e Raffineria Esso di Augusta) ampie zone dei siti produttivi per la presenza di aree interne contaminate da rifiuti pericolosi (polveri di PVC, catalizzatori, solventi clorurati, etc) interrati. Il recente differimento dei termini temporali per l'autodenuncia dei siti contaminati, al 31 marzo del 2001, da parte dei soggetti interessati, non favorisce certamente la soluzione dei problemi connessi alle bonifiche e all'impatto negativo che i siti contaminati possono comportare non solo sull'ambiente ma anche sulla salute della popolazione esposta. Destano anche preoccupazione i dati rilevati da questa Commissione sugli impianti di marketing e della rete vendita carburanti del settore petrolifero. La ristrutturazione della rete vendita (si ipotizzano interventi su circa 25000 punti vendita), ai sensi del Dlgs n. 32/98 e nel rispetto del decreto ministeriale n. 246/99 sui serbatoi interrati, fa prevedere notevoli interventi di bonifica e ripristino ambientale una volta rimossi i serbatoi che nel tempo hanno causato la contaminazione delle falde da idrocarburi, tra cui il benzene, e da MTBE, sostanza cancerogena già oggetto di indagine specifica negli USA in tempi assai recenti, per come sopra detto.

2. LE TECNOLOGIE DI BONIFICA.

2.1 Stati Uniti d'America.

Nell'ambito del Superfund innovative technology evaluation program sono state sviluppate, come sopra detto, numerose tecnologie per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle operazioni di bonifica e per la bonifica stessa effettuata in tre modi: in situ ossia all'interno del sito contaminato, on site, ossia nell'area contaminata, e off site, ossia al di fuori e comunque all'esterno dell'area contaminata. Le tecnologie sviluppate inoltre sono applicate sia in cantieri fissi con apparecchiature fisse, sia con impianti mobili installati su trailers. Il rapporto EPA/540/R-97/502 del dicembre 1996 da la situazione aggiornata dei profili tecnologici dei sistemi di bonifica. Il Site program relativo alle bonifiche è lungi dal considerarsi concluso, infatti, al suo interno sono contenuti programmi dimostrativi di nuove tecnologie, programmi tecnologici per le emergenze, programmi di caratterizzazione e monitoraggio dei siti contaminati o dopo bonifica, programmi inerenti al trasferimento di tecnologia. Alla data del dicembre 1996 risultavano presentati all'EPA n. 80 progetti dimostrativi riguardanti la termodistruzione, la bioremediation in situ, la bioremediation on pile, il soil washing, l'estrazione con solvente, la fitoremediation (processo di


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bonifica dei suoli attraverso l'apparato radicale delle piante, molto efficace per rimuovere i metalli pesanti), la solidificazione e la stabilizzazione, l'ossidazione catalitica, l'iniezione di vapore in situ, la termoessiccazione, la declorinizzazione, la stabilizzazione in situ, la vetrificazione in situ. il riscaldamento a radiofrequenze, la thermal desorption, il trattamento biologico con funghi, il pump and treat, il bioventing in situ, lo steam stripping, la vetrificazione ad arco, l'estrazione in situ e on site sotto vuoto, la gassificazione, l'ossidazione con raggi ultravioletti.

2.2 Canada, Australia.

In Canada sono state sviluppate tecnologie analoghe a quelle sperimentate negli Stati Uniti d'America. È stato attivato un buon mercato di operatori del settore. Le tecnologie sviluppate riguardano la bioremediation dei suoli contaminati da idrocarburi, e da pentacloro fenoli, il lavaggio dei suoli con unità mobili, impianti pilota per la demercurizzazione dei suoli inquinati, la decontaminazione dei terreni contaminati da PCB, il trattamento di bioremediation con biopile, la bioremediation dei terreni contaminati da benzina a seguito della foratura dei serbatoi interrati, l'inertizzazione dei metalli pesanti presenti nei terreni e nei fanghi, il landfarming (bioremediation) di terreni contaminati da idrocarburi policiclici aromatici. È stato anche sviluppato e brevettato un progetto di termodistruzione denominato Eco-logic capace di trattare 340 tonnellate di rifiuti pericolosi e il costo di investimento si aggira sui 350 miliardi.In Australia, nel piano regionale rifiuti del 1998 «Inner Sydney Waste Board: Regional Waste Plan 1998» viene data grande enfasi ai programmi di minimizzazione dei rifiuti e al riciclo per quanto possibile ed una serie di raccomandazioni per la gestione delle bonifiche dei suoli contaminati. Le tecnologie che sono più ricorrenti sono quelle di bioremediation. È stato sperimentato un impianto di termodistruzione, il Plascon, capace di trattare 250 tonnellate di rifiuti con un costo di investimento di 2.5 miliardi.

2.3 Il risanamento dei siti contaminati: l'esperienza internazionale.

Gli Stati Uniti d'America hanno sviluppato nel corso degli ultimi anni un programma (site program) che, permettendo agli operatori del mercato di sperimentare proprie tecnologie sotto la supervisione dell'EPA (Environmental Protection Agency), ha condotto all'ottenimento di una serie di brevetti per la bonifica di siti contaminati da varie sostanze chimiche. per attuare il risanamento dei siti contaminati, l'agenzia americana si avvale dei fondi fiduciari. Il «comprehensive environmental response, compensation and liability act» (cercla) o superfund, entrato in vigore nel 1980, conferisce all'Epa l'autorità di perseguire i responsabili della contaminazione di un sito, costringendoli a provvedere al suo risanamento. Qualora i responsabili non siano reperibili, o in caso d'urgenza, l'Epa provvede, in proprio, al risanamento


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con i fondi fiduciari, ferma restando la sua facoltà di rivalsa verso i responsabili per il recupero delle spese sostenute. Il problema dei rifiuti e del risanamento dei siti contaminati è molto sentito negli Stati Uniti d'America, come evidenziato dai notevoli stanziamenti (circa 2 miliardi di dollari nel 1999) destinati dal governo a questo problema. Si è accertato infatti che, conseguenza del non corretto smaltimento dei rifiuti, è la contaminazione delle falde acquifere, che rappresentano la sorgente di acqua potabile per la metà del popolo americano. Per tale motivo, l'azione dell'Epa viene svolta su tre fronti: risanamento dei siti contaminati, interventi presso i serbatoi interrati nei quali siano state riscontrate delle perdite, prevenzione degli spargimenti di petrolio. Una volta identificato il sito contaminato, viene effettuata una valutazione preliminare, l'hazard ranking system (hrs), per determinare se lo stesso meriti l'inclusione nella «national priority list» (npl), ovvero la lista dei siti peggiori, che comprende oltre 1400 siti, il cui risanamento è previsto (almeno nella maggior parte dei casi) per il 2001. Le perdite dai serbatoi interrati rappresentano una delle principali sorgenti di contaminazione delle falde acquifere (circa il 20% delle falde acquifere degli Stati Uniti risulta contaminato da MTBE (metilterziariobutiletere), un composto ossigenato che si aggiunge alle benzine riformulate per ridurre le emissioni di un certo numero di inquinanti dell'aria presenti nei gas di scarico delle automobili). Infine, ogni anno, si verificano negli Stati Uniti circa 12 mila versamenti accidentali di petrolio, che in gran parte coinvolgono acque interne e litorali. Al fine di garantire un'adeguata protezione contro questi eventi e la predisposizione di adeguate misure di emergenza, è prevista una stretta collaborazione tra l'EPA. i governi degli Stati e le amministrazioni locali. L'Hazard Ranking System, HRS, è il principale meccanismo di cui l'EPA dispone per inserire i siti di rifiuti incontrollati nella lista di priorità nazionale (NPL). È un sistema di vaglio che utilizza le informazioni ottenute dalle indagini preliminari e dall'ispezione in loco per valutare il potenziale del rischio del sito per la salute umana e l'ambiente. Nel settore degli interventi di messa in sicurezza e di bonifica (sia con impianti mobili che con installazioni fisse) si è consolidata una notevole esperienza internazionale che vede gli Stati Uniti d'America giocare un ruolo dominante grazie anche ai sopracitati programmi sperimentali attivati con il Site Program e con i finanziamenti del Superfund. Il risultato si è concretizzato in brevetti e riconoscimenti che hanno consentito agli operatori di esportare le loro tecnologie in altri Paesi. Un esame comparativo delle tecnologie di biorisanamento «in situ» è stato presentato di recente dal «Department of Defense - National Environmental Technology Test Site», con riferimento all'attenuazione naturale, all'iniezione d'ossigeno ed aria ed all'iniezione microbica, per la bonifica della falde contaminate da idrocarburi aromatici e da MTBE. Un'altra tecnologia USA, assai promettente, appare quella denominata «in-situ air sparging» (IAS), che consiste nell'insufflare nel sottosuolo dell'aria mediante diffusori orizzontali. Tale sistema, rispetto al «ex-situ stripping», presenta il vantaggio di evitare i costi associati all'estrazione ed alla restituzione dell'acqua di falda. Un processo col quale è possibile ottenere l'eliminazione rapida di MTBE e di composti aromatici è quello dell'ossidazione con microbolle di ozono. Infine per la rapida eliminazione

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delle sorgenti di idrocarburi dall'acquifero sono state utilizzate in combinazione le tecnologie «In-situ air sparging» e «soil vapor extraction». L'Europa ha per prima assorbito l'esperienza USA, metabolizzandola ed attivando, a sua volta, propri sistemi di intervento. Ne è derivato di conseguenza un interessante sviluppo di specifiche tecnologie (soil washing, bioremediation, inertizzazione, air sparging, air stripping, etc.). Il travaso di tecnologia dagli USA all'Europa, è stato accompagnato nel contempo da expertise professionale, anch'essa recepita ed integrata dai Paesi comunitari. Il risultato è che oggi in Europa esistono tecnologie e professionalità consolidate, in Francia, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Germania.

2.4 Lo scenario dei siti contaminati nella Comunità europea.

In considerazione della complessità della materia, la Comunità Europea non ha ancora emanato una specifica direttiva sui siti contaminati ma ha tuttavia finanziato studi sperimentali, progetti, interventi, premessa indispensabile per creare una cultura specifica di settore. Pur tuttavia, sono numerosi i Paesi comunitari che, singolarmente, anche dietro pressione dell'opinione pubblica e delle associazioni ambientaliste, si stanno cimentando, già da qualche tempo e con successo (i casi dell'Olanda, della Danimarca, della Germania lo dimostrano), nel settore degli interventi di bonifica dei siti contaminati, sviluppando, implementando, applicando e adattando alle proprie necessità tecnologie USA, non senza aver elaborato prioritariamente regole applicative ed amministrative. Secondo stime accreditate, la quantità totale di terreni contaminati nei Paesi europei si aggirerebbe intorno a 150.000 siti, mentre quella relativa ai rifiuti della contaminazione si attesterebbe intorno ad un miliardo di metri cubi.

3. GLI INTERVENTI DI BONIFICA NAZIONALI.

Una delegazione del Ministero dell'ambiente, composta da esperti nazionali, ebbe modo di verificare, nel corso di una serie di sopralluoghi in Danimarca nel mese di settembre 1995, quanto avanti fosse quel Paese nel settore delle bonifiche. Si constatò infatti, in quella occasione, che la tecnologia del lavaggio del suolo realizzato con progetto Life a Copenaghen su un'area contaminata da catrami da carbon coke, dell'air stripping seguito da assorbimento su carbone attivo applicato su terreni di stazioni di servizio contaminati da benzina, della bioremediation applicata ai terreni sottostanti ai supermercati Ikea contaminati da PCB, era applicata quasi routinariamente. Da quell'esperienza non sono stati ricavati purtroppo utili insegnamenti per il nostro Paese, dal momento che il settore degli interventi di bonifica risulta ancora in forte ritardo, in considerazione anche dei forti costi economici associati. Non tutti i piani regionali di gestione dei rifiuti comprendono la programmazione degli interventi di bonifica come invece previsto dall'articolo 22 del Dlgs n. 22/97. A fronte di una disomogeneità dei piani regionali di gestione dei rifiuti, vi è tuttavia da


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prendere in considerazione anche il fatto che la imprenditoria nazionale non è stata ancora in grado di sviluppare un'azione tendente a ricercare tecnologie di intervento autoctone, come dimostrato dal fatto che i pochi operatori presenti sul mercato spesso si avvalgono di expertise nord europea o d'oltre Oceano. In alcuni casi si è assistito ad interventi di «pseudo bonifica» consistenti in un semplice trasferimento di rifiuti da discariche abusive a discariche controllate autorizzate, senza tentare interventi «in situ» che hanno indubbi vantaggi sia in termini di costi che di minor impatto ambientale. Negli ultimi tempi, la Commissione ha verificato altresì il verificarsi del fenomeno per cui, chi è chiamato ad intervenire, privilegia sempre più la filosofia dell'intervento di messa in sicurezza permanente di un sito contaminato (previsto dalla norma tecnica solo quando l'applicazione della best available technology non è sufficiente o ha costi altissimi), piuttosto che un intervento più radicale e definitivo di bonifica e ripristino ambientale. A questo punto occorre però rilevare che una norma rigida basata solo sulla fissazione di limiti di concentrazione dei contaminanti nei suoli, avulsi da una valutazione di rischio, ha senz'altro sfavorito il ricorso alle operazioni di bonifica come peraltro ha mostrato l'esperienza dei limiti tabellari che in alcuni Paesi si sono rivelati inefficaci in assenza di riferimenti scientifici certi ed affidabili per definire gli obiettivi di qualità sia per la componente inorganica del sito e a maggior ragione per quella organica. Il criterio di accettabilità di un sito non può non considerare prioritariamente la riduzione del rischio per la salute umana fino a livelli accettabili. Non è detto infatti che per due suoli, differenti per caratteristiche geologiche e idrogeologiche, una concentrazione residua di un determinato inquinante, fissata per legge, sia cautelativa per entrambi i siti e che non sia necessario in qualche caso intervenire con operazioni di clean-up al di sotto del limite di soglia fissato dal legislatore. Ciò significa che, dato l'alto impatto delle bonifiche sulle risorse economiche del Paese, si deve privilegiare, nel pieno rispetto del rapporto costi/benefici per la comunità, un criterio misto che assegni ai suoli limiti di accettabilità generici e limiti di clean-up realistici da raggiungere sulla base delle valutazioni di rischio, caso per caso, quasi una sorta di negoziazione fondata su progetti di bonifica in cui sia ampiamente riportato e dimostrato il criterio di valutazione scelto per quel sito specifico, supportato ovviamente e obbligatoriamente da dati sperimentali incontrovertibili. È questa la strada, riteniamo, da percorrere come sembra peraltro auspicabile con il ricorso agli «accordi di programma di risanamento» ambientale ad ampio respiro. Con tale ottica, le autorità locali non dovranno sentirsi in un certo senso costrette a traguardare in maniera rigida e asettica alla concentrazione di un determinato inquinante, avulsa dal contesto di risanamento ambientale globale. In tale contesto deve essere invece vista la valutazione del rischio come prioritaria ad ogni intervento. È questa, forse, la chiave di lettura per spiegare i pochi esempi di iniziative autonome orientate soprattutto al settore della messa in sicurezza (vedi il caso dell'Acna di Cengio), alla bioremediation (siti Montedison) e ad un impianto sperimentale di estrazione dei suoli contaminati con solvente, in corso di costruzione a Roma e frutto della esperienza della società Ecotec e della società Enitecnologie. Tale situazione, per certi versi

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paradossale, per come sopra detto, ha ingenerato finora una forte dipendenza dalle tecnologie di importazione e dagli operatori esperti stranieri. Né sono sufficienti le iniziative che negli ultimi due anni si sono timidamente affacciate all'orizzonte da parte di alcune aziende private, dell'Enea, dell'Università di Pisa presso l'istituto del professor Petruzzelli, dell'Università di Roma presso l'istituto di chimica organica del professor Ortaggi, del CNR di Bari che sta perfezionando studi sulla fitoremediation. È giunto il momento che le iniziative, sia nel settore privato che in quello della ricerca pubblica, data la posta in palio (i numerosissimi interventi di risanamento), siano supportate da un forte e coraggioso investimento di risorse da parte dello Stato, o da finanziamenti pubblico-privati, sulla falsariga del modello americano che mette alla prova, aiutandoli, i soggetti che vogliono sperimentare nuove tecnologie sia nel settore delle smaltimento che delle bonifiche, se non altro per accelerare i tempi di crescita dell'azienda Italia e rendere il nostro sistema competitivo ed autosufficiente. Sarà altrettanto necessario, per recuperare il gap che ci separa dall'Europa e dagli USA, promuovere, con maggiore efficacia di quanto finora fatto, la formazione professionale specifica sulla materia dedicata a coloro che negli uffici tecnici comunali saranno chiamati ad esprimere valutazioni e quindi approvare progetti di bonifica, messa in sicurezza, ripristino ambientale presentati da terzi. Tale formazione dovrebbe essere centrata su conoscenze di base di idrogeologia e geologia del territorio, chimismo dei contaminanti nel suolo e nelle falde, valutazione dei rischi per la salute dell'uomo e per l'ambiente, migliori tecnologie disponibili a costi praticabili. Non si potrà nemmeno prescindere dal promuovere l'adozione, negli atenei nazionali, di corsi di laurea specifici e mirati alla problematica delle bonifiche e della messa in sicurezza, e dall'incentivare il ricorso alla certificazione ambientale e alla dichiarazione di bonifica ultimata per tutti quei siti destinati ad usi alternativi, specie nelle aree delle periferie urbane. In allegato è riportata un'ampia descrizione delle più ricorrenti tecnologie di bonifica.

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