Un ruolo strategico nell'azione di contrasto è riservato all'Ufficio europeo per la lotta alla frode (OLAF). Tale organismo, prima denominato UCLAF, dal giugno 1999 è stato dotato di nuovi poteri di controllo, di verifica e di indagine per tutti i settori di sua competenza, tant'è che i suoi atti hanno piena valenza giuridica nei procedimenti amministrativi e penali degli Stati membri. All'interno dell'OLAF l'unità che si interessa del coordinamento, a livello comunitario, della lotta al contrabbando di sigarette è la «Task group cigarettes»; il coordinamento avviene, in base a precise disposizioni del regolamento del 1997, con uno scambio continuo di informazioni con gli Stati membri e con i Paesi terzi. Le informazioni vengono acquisite sia sulla base di un sistema informatico denominato «SCIENT » (in grado di monitorare ogni transazione di tabacchi che interessi il territorio dell'Unione), sia in relazione alle missioni comunitarie organizzate ordinariamente dall'OLAF. Le informazioni, una volta elaborate, vengono trasmesse agli Stati membri per la repressione dei traffici illeciti.
L'OLAF ha efficacemente contribuito, in sinergia con gli organismi di contrasto nazionali, a individuare le vie e le modalità di introduzione dei carichi di tabacchi lavorati di contrabbando. L'organismo europeo ha svolto inoltre un ruolo importante nel denunciare l'allargamento della sfera d'azione delle organizzazioni contrabbandiere sull'intero territorio dell'Unione, individuando nel differente livello di rischio connesso al regime sanzionatorio vigente in ciascuno Stato membro e nel margine di guadagno legato alla più o meno elevata fiscalità gravante sul bene contrabbandato, i due parametri fondamentali sulla base dei quali le stesse organizzazioni selezionano i propri mercati. Attualmente il Regno Unito si colloca subito dopo l'Italia, insieme alla Spagna e al Portogallo, fra le principali piazze di consumo.
Al riguardo appare emblematico quanto riferito dal ten. col. Catania (OLAF) (82): «Vorrei porre l'attenzione sui traffici. Cosa sta succedendo attualmente? L'organizzazione contrabbandiera, come si sa, è strutturata a livello di multinazionali. Vi è un incremento notevolissimo di traffici, che conosciamo in relazione ai sequestri, verso il mercato britannico. Ciò tutto in relazione al prezzo del pacchetto di sigarette, che in paesi come l'Italia, la Francia o quelli del centro Europa costa 6 mila lire, rispetto alle 12 mila della Gran Bretagna. Dunque, per l'organizzazione contrabbandiera sono duplicati i profitti. Questo spiega la recrudescenza enorme del traffico e dei sequestri verso la Gran Bretagna, dove risulta, dalle nostre statistiche, che sono aumentati nove volte nel 1999 rispetto al 1997. Quindi il
seguito di recenti articoli di giornale sull'implicazione del governo nel contrabbando di sigarette. Precisazione e disponibilità immediata data alla Commissione europea dal primo ministro macedone per le indagini».
Condividendo la necessità, rilevata dal rappresentante dell'OLAF, che l'UE eserciti ogni forma di legittima pressione sui governi di altri Stati per un più efficace contrasto alla criminalità, e in particolare ai traffici del contrabbando, è appena il caso di osservare che analoga, e anzi più incisiva pressione ci si attende che l'Unione adoperi nei confronti di quegli Stati membri, come la Grecia, che non mostrano particolare impegno su questo versante, nonché nei confronti di Stati che, pur non appartenendo all'UE, hanno ripetutamente manifestato l'intenzione di entrarvi. Sempre a proposito degli Stati membri, va segnalata la costante operatività di talune individuate «società di spedizione», per lo più localizzate in Olanda ed in Belgio, che oggettivamente concorrono ad alimentare i grandi flussi internazionali di t.l.e.. (83) Nei confronti degli Stati membri, come nei confronti di coloro che intendono fare ingresso nell'UE, va attivata una procedura di fissazione di obiettivi da conseguire e di verifica dei risultati.
Significativo, quanto al rilievo della corruzione per il disinnesco dei meccanismi di cooperazione internazionale, è quello che ha dichiarato il dott. Vito Vespa, Dirigente di una divisione del II reparto investigazioni giudiziarie della DIA: «Due precisazioni, la prima riguardante il Montenegro, di cui è stato citato l'attuale presidente: le nostre risultanze non sono molto lontane dal suo ambito familiare, a livello di corruzione. La seconda precisazione è che il problema non è soltanto il Montenegro, ma anche la Svizzera: in questo momento abbiamo due magistrati svizzeri che sono indagati a seguito delle nostre attività investigative, perché avrebbero favorito le attività di Cuomo Gerardo in vari episodi, due in particolare.»
Va ancora una volta sottolineato come lo scenario determinatosi con l'eliminazione delle frontiere interne all'Unione Europea costituisca terreno fertile per lo sviluppo di attività fraudolente particolarmente insidiose. Alla totale irrilevanza, sotto il profilo doganale, di qualsiasi punto del territorio comunitario, consegue un regime di libera circolazione per le merci che risultano introdotte nel territorio dell'Unione - sotto vincolo doganale o in libera pratica - attraverso qualsiasi frontiera esterna (terrestre, marittima o aeroportuale). Per esse rilevano soltanto gli uffici doganali di origine e di destinazione del trasporto, che rappresentano altresì gli unici punti in cui l'operatore e le sue merci vengono assoggettati - con carattere di sistematicità - all'azione degli Organi amministrativi e di controllo.
Cadute le barriere interne, i controlli in itinere rimangono affidati ad attività di tipo occasionale ed estemporaneo (ad esempio, i pattugliamenti su strada condotti da unità mobili), peraltro neanche praticate da tutte le Autorità doganali dell'Unione. La straordinaria ampiezza del mercato e le residue compartimentazioni esistenti tra le
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diverse Amministrazioni nazionali, spesso restie ad attuare particolari strategie di coordinamento dell'azione di contrasto, costituiscono punti di forza del sistema del contrabbando. Ma quei punti possono essere superati a patto che i singoli Stati membri affrontino la situazione attraverso un'intelligente strategia di contrasto che muova principalmente da una visione comunitaria del problema, e che sfrutti in pieno lo strumento della cooperazione internazionale.
Particolare attenzione dovrà essere riposta all'attività di intelligence. È infatti auspicabile che l'attività di ricerca informativa sia diretta prevalentemente verso quei presidi da cui, per effetto del ruolo di interfaccia con i Paesi terzi, partono le direttrici del traffico commerciale interno, nel tentativo di acquisire la disponibilità di dati e notizie di base, su cui effettuare elaborazioni e analisi di rischio con il massimo anticipo rispetto al sorgere della minaccia potenziale per le finanze dell'Unione. Tali informazioni potranno quindi essere efficacemente utilizzate da tutti i Paesi dell'U.E. interessati, sia nella fase di attività «operativa», sia nella successiva fase di analisi documentale. In tale ottica riveste un ruolo di rilievo la procedura in corso relativa all'informatizzazione delle procedure di transito.
La disomogeneità delle legislazioni è ancora più evidente negli ordinamenti giuridici di Stati esterni all'UE. Le larghe maglie normative consentono il proliferare di numerose «società di intermediazione», prevalentemente ubicate nei «paradisi fiscali», e agevola la gestione operativa e finanziaria, pressoché indisturbata, delle attività illecite di un nucleo circoscritto di trafficanti internazionali di rilevante statura. La maggiore incidenza negativa si registra nelle legislazioni della Confederazione Elvetica, di Cipro e del Montenegro: in nessuno di tali ordinamenti figura la fattispecie penale del contrabbando di t.l.e.. Il che, tra l'altro, è un comodo schermo nei casi in cui vi è l'assoluta esigenza di collaborazione internazionale.
Gli strumenti di cooperazione con taluni Stati sono assolutamente inadeguati: l'assenza di specifici accordi rende impossibile esperire richieste di «mutua assistenza», amministrativa o penale. Non è un caso che le organizzazioni contrabbandiere insedino le loro basi logistico-operative proprio in quegli Stati ove, a motivo di tali oggettive difficoltà, gli organi preposti al contrasto ed alla repressione del fenomeno trovano difficoltà di «penetrazione» informativa (84).
2. Il contrasto al contrabbando extraispettivo: l'«Operazione Primavera».
Il 28 febbraio 2000 un piano di intervento noto come «Operazione Primavera» ha determinato, anche attraverso l'impiego massiccio di personale e mezzi, un potenziamento del dispositivo di controllo del territorio in Puglia, con l'invio di 1900 unità delle Forze dell'ordine, di cui 700 della Polizia di Stato (tra funzionari ed agenti), 700 dell'Arma dei Carabinieri (in parte del Battaglione Paracadutisti «Tuscania»
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già impiegato in altre operazioni di polizia sul territorio) e 500 della Guardia di Finanza (85).
Il piano straordinario, protratto fino al 30 giugno 2000, ha avuto come finalità il controllo nelle zone interessate agli sbarchi e lungo le direttrici seguite dai contrabbandieri per rifornire il mercato locale e quello campano, l'identificazione degli appartenenti ai gruppi di contrabbandieri e dei nascondigli dei blindati usati dalle organizzazioni criminali. Il programma è stato predisposto su tre diversi livelli di intervento: servizi anticontrabbando sulla costa; servizi di pattugliamento; rastrellamento di zone di particolare interesse. Pur se i risultati hanno fatto registrare un regresso del contrabbando nella zona interessata dall'Operazione, va segnalato che in coincidenza della cessazione della stessa, il contrabbando - in particolare quello infraispettivo, è ripreso. Parallelamente sono aumentate in Puglia le rapine di tabacchi ai danni delle rivendite di tabacchi, con modalità particolarmente violente verso gli esercenti. Il Procuratore nazionale antimafia dott. Piero Luigi Vigna ha detto in proposito che «la stessa Operazione Primavera ha avuto effetti estremamente positivi e ha consentito di sequestrare armi, esplosivi, mezzi blindati, latitanti, ha determinato un ritiro dalla zona pugliese e la conseguente deviazione delle rotte altrove». Segue un riepilogo dei risultati conseguiti dal 28 febbraio al 15 giugno 2000.
Persone arrestate |
537 |
Persone denunciate | 461 |
T.l.e. sequestrati (tonnellate) | 32,286,32 |
Armi sequestrate:
Armi corte | 54 |
Armi lunghe | 71 |
Munizionamento | 6804 |
Giubbotti antiproiettile | 2 |
Stupefacenti sequestrati (Kg.) |
|
Eroina; | 45,810 |
Cocaina; | 13,806 |
Hashish - Marijuana; | 5045,655 |
Esplosivo sequestrato (Kg.) | 502,070 |
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Veicoli sequestrati: |
|
Fuoristrada blindati; | 47 |
Autovetture; | 223 |
Motocicli; | 42 |
Autocarri; | 21 |
Natanti | 20 |
Depositi t.l.e. scoperti | 24 |
Ricetrasmittenti sequestrate | 119 |
Al fine di meglio comprendere gli effetti dell'operazione si riporta quanto dichiarato dal Col. Zito (Comandante del Nucleo Regionale di Polizia Tributaria della Puglia):
...«Questo piano ha visto un rafforzamento quasi militare della costa; si è creato un vero e proprio sbarramento con la frapposizione di ostacoli agli sbarchi di sigarette, in un contesto che vedeva l'opinione pubblica molto turbata da quanto accaduto. Abbiamo così assistito quasi immediatamente alla rarefazione degli sbarchi lungo le coste pugliesi. A proposito di tali coste devo precisare che il tratto da sud di Bari a nord di Brindisi è quello maggiormente interessato dal fenomeno; a nord di Bari i fenomeni sono più rarefatti, come sul Gargano, mentre Lecce è per lo più interessata da fenomeno dell'immigrazione clandestina. Il primo effetto dell'Operazione Primavera è stato dunque quello della rarefazione degli sbarchi. Il nucleo di Polizia Tributaria, che da un anno e mezzo o due ha assunto un ruolo di polo investigativo per la Guardia di finanza in Puglia, ha svolto una serie di attività tecniche, anche di intercettazione, che hanno consentito di tenere d'occhio l'evoluzione della situazione. Nei mesi successivi all'Operazione Primavera abbiamo assistito ad un tentativo dell'organizzazione di spostare materialmente gli sbarchi sul territorio nelle zone del Molise e dell'Abruzzo. Vari sono stati i tentativi. In collaborazione con i colleghi che operano in quelle regioni abbiamo effettuato operazioni finalizzate alla repressione; operazioni che non si sono materializzate proprio perché le stesse organizzazioni, dovendosi spostare a molti chilometri dai territori a loro conosciuti (la conoscenza del territorio è importante perché li preserva dall'azione, delle forze di polizia), hanno finito per abbandonare il tentativo. Si è così incentivato il contrabbando intraispettivo, ossia quello che viene praticato attraverso le vie legali con automezzi e carichi di copertura. Un'azione di contrasto più intensificata nei porti di Bari e Brindisi ha portato al sequestro di numerosi autocarri che provenivano dalla Grecia. Ricordo che il sequestro di una cisterna carica di sigarette di contrabbando è avvenuto proprio durante la visita del ministro delle Finanze a Bari. La strada scelta dalle organizzazioni, dunque, è soprattutto quella dei contrabbando intraispettivo.»
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All'aumento dei sequestri effettuati nelle regioni del medio-alto Adriatico e a una sensibile flessione di quelli effettuati nell'area pugliese, in coincidenza dell'Operazione Primavera, è seguita una ripresa nel trimestre agosto-ottobre 2000, indicativa della diversificazione del modus operandi delle organizzazioni contrabbandiere, pronte ad adattarsi alle mutate circostanze. Va inoltre ricordato che, pur non negando l'efficacia dei controlli nel dettaglio sulle strade (i dati appena riassunti rappresentano un bilancio non trascurabile), la presenza sul territorio e l'acquisizione di dati restano fini a sé stessi se le informazioni non vengono centralizzate e «trattate» per lo svolgimento di indagini giudiziarie e/o per l'avvio di procedimenti di applicazione di misure di prevenzione.
Se connotata da minore occasionalità e coordinata con l'attività di prevenzione, un tipo di intervento come l'Operazione Primavera può costituire un modello rapido nei punti critici del territorio, ogni volta che, per effetto del contrasto da parte delle forze di polizia in una zona determinata o per altre circostanze, cambiano i flussi del contrabbando.
3. Il contrasto al contrabbando intraispettivo: le nuove tecnologie.
Sul contrabbando intraispettivo deve segnalarsi la costituzione di un apposito servizio in seno al dipartimento delle Dogane del Ministero delle Finanze: si tratta dei cosiddetti SVAD (Servizio Vigilanza Antifrode delle Dogane), attivi nei porti dell'Adriatico, ma con nuclei operativi anche nei porti di Genova e di Gioia Tauro. Sul punto magistrati inquirenti e ufficiali di polizia giudiziaria hanno sottolineato davanti al Comitato la necessità di dotare i porti di apparecchiature radiografiche - i cosiddetti scanner - in grado di verificare, in modo non invasivo, il contenuto dei container, nei quali siano state occultate le merci di contrabbando. Strumenti simili sono già installati nei porti del nord Europa, a cominciare da quello di Rotterdam. In base a verifiche effettuate dal Comitato, l'Amministrazione delle Dogane non ha ancora a disposizione alcuno scanner. È illusorio immaginare una seria e duratura azione di contrasto in assenza degli strumenti necessari per svolgerla: affidare oggi i controlli alle tecniche tradizionali è sterile e defatigante, soprattutto in realtà strutturalmente imponenti come il porto di Gioia Tauro. Acquistare questo tipo di mezzi non rappresenta per l'amministrazione un costo non recuperabile, bensì un investimento, i cui vantaggi possono adeguatamente quantificarsi a medio e a lungo termine.
Condivide questa logica il dott. Costa, secondo il quale «(...) sono stati individuati sistemi abbastanza validi e sia la Guardia di finanza sia la direzione generale delle Dogane hanno proceduto all'acquisto. Si tratta di sistemi complessi che possono essere portati a mano o possono essere fissi, nel senso che il container deve passarvi all'interno. È stato deciso di acquistare alcuni di questi strumenti, ma il porto di Gioia Tauro ancora non ne è dotato». E il Col. Suppa, Comandante del III Reparto del Comando Generale, ha riferito che «la Guardia di Finanza sta anche utilizzando i fondi messi a disposizione dalla Comunità economica
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europea nell'ambito del progetto sicurezza per il Mezzogiorno; i blindati che all'inizio dell'anno erano 4 o 5, ora sono 35 e a fine anno arriveremo a 45. Abbiamo già acquisito 7 van per il controllo non invasivo delle merci che utilizzeremo a Gioia Tauro, ai porti di Brindisi e Bari, fuori dai porti, sulle rotabili; si tratta infatti di strumenti mobili che possono consentirci di sfruttare la sorpresa; sono di facile gestione e verranno collocati nelle rotabili che provengono dai porti; operano a flussi di densità, per cui siamo in grado di individuare i carichi di copertura; uno dei problemi infatti non è tanto l'individuazione (...) delle fonti di origine, cioè da dove partono le sigarette, ma il fatto che le sigarette sfuggono al controllo di partenza, iniziale; ci sono i carichi di copertura e quindi un controllo non invasivo dei container e dei TIR consente con una certa rapidità di vedere se ci sono questi carichi di copertura.»
La Direzione Generale delle Dogane ha confermato al Comitato che nessuno strumento di controllo radiografico dei container è in funzione e che l'Amministrazione è intenzionata ad acquistare apparecchiature mobili denominate Silhouette Scan, montate su furgoncini Fiat Iveco, del costo di un miliardo ciascuna, e non già i portali fissi - il cui costo è di 20 miliardi ciascuno - sotto cui far passare i container, come avviene nei porti del Nord Europa. L'efficacia dei portali fissi è ovviamente non comparabile con quella delle apparecchiature mobili: l'attraversamento obbligatorio dei primi da parte di tutti i container in entrata e in uscita dai porti italiani costituirebbe un sicuro deterrente ai traffici illeciti. Spiace constatare che il programma delle Dogane preveda l'acquisto soltanto di sei apparecchiature mobili Silhouette Scan, a fronte dei dieci grandi porti ubicati in Italia, i quali nel 1997 (anno con gli ultimi dati a disposizione) hanno movimentato complessivamente circa cinque milioni di container (86). Si provi a pensare quale tipo di verifiche potrà essere praticato nel porto di Gioia Tauro avendo a disposizione nella migliore delle ipotesi una Silhouette Scan, a fronte dei circa 2,4 milioni di container previsti per il 2001 (nel 1997 ne sono stati movimentati 1.448.531, mentre nel 1995 erano solo 16.048): si tratta di stabilire se il contrasto al crimine debba coincidere col clamore degli annunci e delle iniziative estemporanee, ovvero se possa tradursi in comportamenti efficaci. E, una volta che lo si sia stabilito - il che compete alle scelte politiche di un governo -, è indispensabile fare seguire i fatti concreti: cioè gli investimenti adeguati alle esigenze.
Questo vuol dire anzitutto dotare i dieci porti italiani più importanti di apparecchiature fisse e mobili, con precedenza per i portali fissi. È necessario potenziare la dotazione di radar mobili e di autovetture corazzate, ma anche l'intero dispositivo aeronavale terrestre della Guardia di finanza, perché il contrasto nell'Adriatico non sia limitato ai punti di arrivo dei carichi sulle nostre coste (anche quelle ioniche e tirreniche), bensì operato sulle basi di partenza. In questa prospettiva, va data attuazione al progetto che il Ministero delle Finanze, nel quadro del Patto di stabilità per l'Europa del Sud Est ha
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trasmesso al Ministero degli esteri, e superati gli impedimenti di ordine finanziario alla sua fattibilità, evidenziati quando lo stesso fu presentato nell'ambito dell'«iniziativa adriatica» (87).
4. Modifiche alla legislazione nazionale.
Il contrasto sul versante nazionale deve incrementare la ricerca informativa, estendendo tale azione all'estero, lungo i percorsi del contrabbando. Obiettivo strategico altrettanto importante è l'intensificazione delle indagini e degli accertamenti di natura patrimoniale, per individuare le ricchezze accumulate dai sodalizi criminali e i canali di riciclaggio, sfruttando al massimo gli strumenti previsti dalla normativa antimafia e da quella antiriciclaggio. Allo stesso modo, vanno maggiormente utilizzate le indagini patrimoniali, su delega del Procuratore della Repubblica o del Questore, nei confronti di coloro che, per condotta e per tenore di vita, debba ritenersi che vivano abitualmente con i proventi dell'attività di contrabbando. Deve segnalarsi ancora una volta l'insufficiente ricorso alle misure di prevenzione,
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dell'impegno di indagine rivolto al sequestro e alla confisca delle ricchezze di origine illecita (88). Il quadro insoddisfacente delle iniziative e dei risultati in questo settore emerge anche dalla lettura delle risposte fornite dagli uffici giudiziari interessati al fenomeno alle specifiche domande rivolte per iscritto dal Comitato. I procedimenti penali per riciclaggio e reimpiego delle illecite risorse derivanti dal contrabbando di tabacchi lavorati non sono stati oggetto di molte segnalazioni e indicazioni nelle informative inviate dalle Autorità Giudiziarie delle aree geografiche più interessate al fenomeno, con qualche lodevole eccezione.
Giova infine ricordare l'iniziativa assunta nel 1999 dalla Direzione Nazionale Antimafia per un «polo investigativo» composto da magistrati della stessa D.N.A., delle varie Direzioni Distrettuali, nonché da appartenenti alla Guardia di Finanza (il Capo del II Reparto), relativamente agli aspetti di carattere informativo e di cooperazione internazionale, e nel personale del Comando Investigazioni Economico Finanziario per i profili connessi al coordinamento operativo. Questo polo investigativo avrà il compito di rendere più efficace il coordinamento informativo e la cooperazione internazionale e potrà avvalersi del diretto raccordo con l'Ufficio per la Lotta Antifrode presso la Commissione Europea (OLAF).
Sul piano normativo sta per essere definitivamente varato dal Senato il disegno di legge «Modifiche alla normativa concernente la personali e soprattutto patrimoniali, e il carattere spesso residuale
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repressione del contrabbando di tabacchi lavorati esteri» (A.C. n. 6333), dopo l'approvazione da parte dell'Aula della Camera. Esse prevede nuove misure di contrasto, fra le quali:
- la facoltà per gli ufficiali di polizia giudiziaria di penetrare nelle organizzazioni malavitose, mediante istituti quali l'acquisto simulato e il ritardo in atti, al pari di quanto già disciplinato per il contrasto al riciclaggio ed al traffico di stupefacenti;
- la distruzione, in sostituzione dell'attuale vendita all'asta sui mercati extracomunitari, dei tabacchi sequestrati, una volta divenuto definitivo il provvedimento di convalida del sequestro;
- l'inasprimento delle sanzioni nei casi di contrabbando aggravato dall'uso di mezzi di trasporto appartenenti a persona estranea al reato ovvero al verificarsi di altre circostanze aggravanti specificatamente previste, nonché nel caso in cui, nel commettere il reato, il colpevole ha utilizzato automezzi o natanti che, rispetto alle caratteristiche omologate, presentano alterazioni o modifiche tali da costituire maggiore ostacolo all'intervento degli organi di polizia;
- la previsione di una fattispecie associativa specifica in tema di contrabbando, con conseguente attribuzione di competenza alle Direzioni Distrettuali Antimafia a modifica dell' articolo 51 co 3 bis CPP.
5. Il rapporto con le multinazionali: l'illusione degli accordi di collaborazione.
Parlare del contrasto in chiave preventiva significa parlare del ruolo delle multinazionali del tabacco. Come si è visto, le grandi industrie che curano e controllano la produzione e la lavorazione del tabacco sono meno di dieci in tutte il mondo. Philip Morris e Reynolds da sole detengono una fetta consistente del mercato. A differenza di altri settori di attività criminale - quelli che trattano le armi e gli stupefacenti -, l'intero sistema mondiale del contrabbando fa capo a poche società: le stesse che operano legalmente e sono in rapporti economici e di affari con gli Stati.
Un agevole strumento di contrasto è quello che punta al controllo alla fonte, con l'apposizione di idonei codici identificativi all'atto della produzione; ciò consente, nell'ipotesi della destinazione delle sigarette al mercato illegale, di risalire ai responsabili della deviazione del prodotto. A tale meccanismo di prevenzione si oppone l'interesse economico delle multinazionali, che lamentano l'eccessivo costo dei sistemi di identificazione, i quali per essere efficaci devono riguardare il confezionamento in stecca, se non il singolo pacchetto. La ragione è però un'altra: vi è l'interesse economico a non perdere gli introiti del contrabbando, pari a un terzo del volume del commercio mondiale. La linea della collaborazione con i produttori di sigarette per una comune azione di contrasto è stata avviata in Italia da quasi un decennio: accordi di cooperazione sono stati elaborati al fine di attuare le disposizioni della Legge 6 febbraio 1992 nr.66 e dalla Legge 18 gennaio 1994 nr. 50.
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A poco meno di dieci anni dall'avvio di questa linea i risultati non sono incoraggianti. A una mirata politica di contrasto alle multinazionali (partita nel 1991) si è affiancato un auspicio di collaborazione, che in realtà le medesime multinazionali non hanno mai attuato. Con l'articolo 6 del decreto legge 31 ottobre 1991, n. 348, si obbligava il Ministro delle Finanze a disporre, con proprio decreto, la sospensione dell'importazione, distribuzione e vendita nel territorio italiano delle marche di sigarette per le quali fossero stati sequestrati, nel corso dell'anno solare, quantitativi superiori a Kg 5.000. In esecuzione di ciò, il decreto ministeriale del 12 dicembre 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 14 dicembre 1991, sospendeva per 30 giorni l'importazione, distribuzione e vendita delle marche di sigarette Marlboro - Filare, Murati Ambiassero Filare e Merita ilter. K.S.. La disposizione contenuta nell'articolo 6 del d.l. n. 348/91, che non è stato convertito in legge, veniva reiterata con altro decreto legge (n. 417 del 30 dicembre 1991), che confermava espressamente l'efficacia sospensiva del menzionato d.m. ministro delle Finanze del 12 Dicembre 1991.
La legge 6 febbraio 1992 n. 66 convertiva in legge il d.l. n. 417/1991, modificando i quantitativi di sequestri necessari e sufficienti per azionare la «sospensione» della commercializzazione per le marche interessate (dovevano essere superiori a 500 kg. e allo 0,8 per mille del totale delle vendite in Italia della stessa marca nell'anno precedente ovvero comunque superiore a 12.000 kg).
Il 17 gennaio 1992 la Philip Morris International, principale produttore internazionale, sottoscriveva un formale impegno di collaborazione col Governo italiano ai fini di combattere il contrabbando di sigarette. Tale impegno, in particolare, prevedeva:
1) l'apposizione su tutte le produzioni di sigarette della stampigliatura indicante lo stabilimento di produzione;
2) l'apposizione sui singoli scatoloni di sigarette vendute per l'esportazione in esenzione di imposta di una numerazione che rendesse possibile la identificazione dei «primo acquirente» di ogni scatolone;
3) l'indicazione sui documenti di vendita e di circolazione degli elementi di identificazione dei singoli scatoloni per tutti i propri «primi acquirenti»;
4) ogni collaborazione per individuare il primo acquirente dei prodotti sequestrati e, nel caso in cui i sequestri di una marca fossero risultati superiori allo 0,18 per mille dell'intero quantitativo delle sigarette della stessa marca venduto in Italia nell'anno solare precedente, l'immediata interruzione delle forniture a tale «primo acquirente»;
5) di stabilire un continuo flusso di informazioni e di incontri per la migliore collaborazione nel settore.
Con decreti ministeriali del ministro delle Finanze del 12 giugno 1992, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 13 giugno 1992,
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venivano sospese per 30 giorni l'importazione, distribuzione e vendita, delle marche di sigarette Gallant Filter, Kent E Kent De Luxe 100's.
A partire dal 1993 di fatto si è attenuata la funzione di deterrenza economica e di perdita di immagine per le imprese internazionali, derivante dalla sospensione temporanea della vendita legale. Con l'articolo 27, comma 7, del d.l. 30 agosto 1993, n. 331, l'obbligo giuridico del ministro delle Finanze di sospendere la commercializzazione dei marchi di sigarette sequestrate in quantitativi superiori al limite legale veniva trasformato in semplice facoltà. Con la legge 18 gennaio 1994 n. 50 la sospensione della commercializzazione per i marchi interessati è stata soppressa, mentre per tutti i produttori era riaffermato l'obbligo di vigilare sulla effettiva immissione al consumo della merce nel Paese dichiarato come destinatario finale, con la previsione di specifiche modalità - poi fissate con d.m. - sulla stampigliatura e contabilizzazione dei prodotti sequestrati, nonché di sanzioni pecuniarie per l'inosservanza degli obblighi previsti dalla nuova disciplina anticontrabbando. Questa normativa non ha trovato piena attuazione perché il Direttore Generale dei Monopoli di Stato non ha mai inviato ai produttori internazionali interessati le lettere di contestazione per le violazioni di legge. A tal proposito Vittorio Cutrupi, Direttore dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, ha riferito che a suo avviso «il problema (è) nel fatto che nel codice non sono stati mai inseriti gli elementi identificativi dei primo acquirente perché è tradizione, direi anche necessità operativa, che nei codici ci sia scritta la manifattura ed il periodo di produzione, ma tutta la materia relativa al contrabbando non verte su questo. Una volta identificati i prodotti, sapere da quale fabbrica vengono ed in quale periodo sono stati prodotti non serve a niente, serve solamente ad identificare grosso modo i volumi di provenienza o le ipotesi di provenienza. Sarebbe invece importante sapere qual è stato il primo acquirente per andare poi a definire, attraverso un'attività di intelligence, i traffici del contrabbando. Questo manca perché in quel benedetto provvedimento legislativo di riferimento (...) c'era scritto »sentiti i produttori« e questi all'epoca non furono mai sentiti; hanno sempre sostenuto di non essere mai stati interpellati per stabilire le modalità. Ci siamo cioè trovati con una norma che pure rappresentava una possibilità di intervento, per la quale però non si erano seguiti pedissequamente tutti i passaggi che la norma stessa prevedeva. In questa situazione siamo ancora oggi.» Sembra di trovarsi di fronte al più classico rimpallo di responsabilità, il cui inevitabile esito è la concreta assenza di responsabilità.
Nella primavera del 1999 il principale produttore internazionale (la Philip Morris) e l'Amministrazione Finanziaria hanno sottoscritto l'accordo di cooperazione oggi vigente (89), che tuttavia, sulla base delle valutazioni di coloro che, sul piano politico e delle forze di polizia, hanno responsabilità di prevenzione e di repressione, non ha consentito di ottenere l'effettiva limitazione del contrabbando. Anzi, esso attenua la portata imperativa e sanzionatoria delle disposizioni di cui all'articolo 1 della legge n. 50/1994: in particolare, non risulta che i
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all'articolo 1 della legge n. 50/1994: in particolare, non risulta che i produttori internazionali abbiano adempiuto all'obbligo (di cui ai punti 1 e 2 del d.m. del ministro delle Finanze del 23 giugno 1995) di «apporre su ogni singola unità di condizionamento di tabacco lavorato, con eccezione del condizionamento minimo destinato alla vendita, un contrassegno costituito da una timbratura a secco o a stampa che consenta di identificare direttamente il primo acquirente o di individuarlo sulla base di proprie procedure amministrative e contabili o che siano stati assoggettati al pagamento della sanzione amministrativa di cui all'articolo6 comma 2-quater, del decreto-legge n.417/1991, come modificato dall'articolo1 della legge n.50/1994» (90).
Lo stesso ministro delle Finanze sen. Ottaviano Del Turco, nel corso dell'audizione dinanzi a questa Commissione Parlamentare del 15 novembre 2000, ha comunicato che secondo gli uffici ministeriali esso «non ha funzionato». La Direzione Nazionale Antimafia (91) afferma come la scarsa collaborazione che le multinazionali offrono alle indagini per accertare, attraverso i codici a barre, la provenienza della merce in occasione dei sequestri di grossi quantitativi di tabacchi, è indicativa del loro atteggiamento nei confronti del contrabbando.
Nell'audizione dinanzi al Comitato (92) il Col. Cosimo Sasso, Comandante del II Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza ha riferito che «(...) dell'accordo di cooperazione non siamo soddisfatti quanto a risultati fino alla data odierna, perché in molti casi, a seguito delle ispezioni che sono state chieste, la Philip Morris ci ha comunicato soltanto (...) il nominativo di un solo primo acquirente. In molti casi ha riferito che si trattava di sigarette contraffatte senza spiegarci come (...). Successivamente alla sottoscrizione dell'accordo, penso sia stato notato come nel corso dei sequestri non vi era più la presenza dei cartoni, vi erano soprattutto stecche sfuse, questo perché il codice di identificativo dalla casa produttrice veniva e viene tuttora apposto sui cartoni». Sul punto specifico il ten. col. Salvatore Catania, dell'OLAF, ha precisato che «effettivamente riceviamo sempre più notizie e informazioni dai nostri collaterali ciprioti di carichi di sigarette sfuse (...) per centinaia di tonnellate».
Ma dall'OLAF viene segnalato un altro profilo specifico di debolezza del contrasto, in particolare in Belgio e in Olanda: ciò che impone una adeguata iniziativa sul piano europeo. Il ten. col. Catania ha infatti dichiarato che una «questione che vanifica le indagini è quella dei codici a barre sui cartoni di sigarette, dai quali si può risalire al produttore, al luogo di produzione, alla data di partenza ed essenzialmente al primo acquirente della partita, a chi ha passato l'ordine. Ora, mentre la gestione nazionale prevede l'interdizione dell'asportazione del codice a barre come violazione amministrativa della legge in materia, in alcuni Stati molto sensibili, che ho già citato in precedenza, come il Belgio e l'Olanda, dove si trovano i più grossi depositi doganali, questa è una pratica ammessa dalle autorità doganali; praticamente l'asportazione
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dei codice a barre, sotto corresponsione, di 8 dollari, per ragioni commerciali. Questo provoca negli investigatori degli Stati membri l'impossibilità di risalire indietro nella catena, cioè a chi ha passato l'ordine per l'acquisto della partita in seguito sequestrata.»
Contro la soluzione prevista dal c.d. «decreto Formica», che sanzionava le multinazionali con la sospensione delle vendite sul mercato legale, il direttore generale dei Monopoli dott. Cutrupi, nell'audizione del 5 luglio 2000, ha ricordato che «in quel periodo i sequestri furono due e due furono le sospensioni. Successivamente non si è più adottata quella misura perché in realtà gli effetti sul mercato operativo hanno comportato solo un innalzamento del costo del mercato illegale; in pratica ha fatto arricchire notevoli contrabbandieri perché diminuendo la quantità legate sul mercato si aumentano le vie dei contrabbando. Nel momento in cui intervennero i sequestri e fu quindi interdetta la vendita di prodotti Philip Morris e della Marlboro in modo particolare, chi fumava quelle sigarette poteva procurarsele sul mercato illegale. La norma, quindi, ha avuto un effetto boomerang. Devo aggiungere che oggi sarebbe anche inapplicabile per quello che dicevo e cioè che di frequente vengono rintracciati, nei canali dei sequestri ordinari, prodotti italiani contraffatti e sarebbe veramente comico se lo Stato avesse dovuto adottare norme di questo tipo contro se stesso. C'è invece il discorso del primo acquirente. (...) so benissimo come in qualsiasi azienda, una qualunque quantità di prodotto che esce è chiaramente identificata e si sa a chi la si vende. Su questo i contrasti (...) sono notevoli. Ci si propone per il futuro di adottare questi sistemi e di adottarli - ecco la polemica - sulla cassa e non come noi vogliamo, sulla stecca. Sulla cassa ci si dice di sì, ma sulla cassa è facile asportarli ancorché non siano visibili, basta che il venditore dica dove ha apposto il codice perché con una mano di vernice lo si possa cancellare. Il codice deve essere apposto almeno sulla stecca e poiché questo obbligo oggi non c'è nella legislazione attuale rischiamo di continuare una querelle che dura da anni. Dobbiamo arrivare a una normativa che imponga questo obbligo, costi quel che costi. (...) bisogna sostenere i costi necessari per identificare stecca per stecca il primo acquirente».
È evidente che puntare ad una collaborazione spontanea delle multinazionali è illusorio. L'oggettivo interesse delle case produttrici è di mantenere ed estendere il mercato illegale, posto che esso rappresenta il 30 % circa del volume mondiale delle vendita. La dimensione stessa della quota di contrabbando è tale da fare fondatamente ritenere che esse sappiano e, anzi, organizzino, linee parallele per il traffico illecito, come è detto in numerosi atti giudiziari e parlamentari e come vuole dimostrare l'Unione Europea con una recente iniziativa (amplius infra) dinanzi all'autorità giudiziaria degli USA. Occorrono meccanismi che obblighino le multinazionali alla collaborazione: tali meccanismi, necessariamente sanzionatori, devono rintracciarsi nel mercato legale. Le società produttrici devono essere indotte ad avere concreto interesse aziendale ad applicare sistemi identificativi alle stecche di sigarette prodotte ed altrettanto interesse a fornire all'Autorità i nomi del primo acquirente dei tabacchi illegali sequestrati e a interrompere le relative forniture. Tale interesse può derivare soltanto dalla necessità di garantire come intatte le quote del mercato legale.
L'obiettivo politico da raggiungere è quello di indurre le multinazionali del tabacco alla «collaborazione conveniente»: tra le strade
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che possono condurre a questo risultato vi è quella delle sanzioni commerciali sul mercato legale. Sul punto le posizioni, anche all'interno della Commissione, non sono univoche: alla ipotesi della sospensione delle vendite sul mercato legale si obietta che tale soluzione rischia di incrementare ulteriormente il consumo illegale.
Il direttore generale dei Monopoli Dott. Cutrupi ha spiegato ai Commissari che «sul mercato vi sono le sigarette anche nazionali contraffatte (nella penisola balcanica vi sarebbero infatti macchine dismesse in grado di produrre tabacchi lavorati) sicché anche il produttore nazionale potrebbe incorrere nella sanzione della sospensione». Sul problema delle sigarette contraffatte il Ten. Col. Catania, dell'OLAF, ha richiamato la responsabilità delle multinazionali che «non comunicano i risultati degli esami organolettici. Il sospetto esclusivamente livello di ipotesi, non suffragata attualmente da elementi documentali - è che le stesse multinazionali, essendo attualmente nell'occhio del ciclone di tutta la stampa mondiale ed anche dell'Unione europea e dei vari Stati, abbiano un cosiddetto mercato parallelo; adesso molto probabilmente c'è una azione dell'OLAF con incarico ad un laboratorio privato per effettuare l'analisi del tabacco. A detta di molti il tabacco delle sigarette dichiarate contraffatte è molto simile a quello delle sigarette cosiddette ufficiali o originali. C'è però questo fenomeno inquietante in cui noi assolutamente non possiamo chiedere nessun tipo di informazione sulla vendita e sul luogo di produzione alle multinazionali, perché queste dicono che le sigarette non provengono dalle loro manifatture ufficiali e non hanno quindi alcun problema di collaborazione giuridico-legale con le autorità di polizia e doganali, in particolare con l'OLAF. Questo è un fenomeno che ha una recrudescenza in modo esponenziale». Il problema si sposta alla individuazione delle fabbriche abusive.
È certo che l'afflusso nel nostro Paese e in Europa di quantitativi ingenti di tabacchi di contrabbando non può costituire ancora una variabile indipendente del sistema. La sospensione delle vendite sul mercato legale, qualora fosse presa in considerazione per tradurla in una concreta misura sanzionatoria, dovrebbe accompagnarsi, nel periodo specifico di sospensione, con una seria e incisiva azione di contrasto e di repressione nei porti e sul territorio, sì da indurre finalmente le multinazionali a valutare non più conveniente il rifornimento dei contrabbandieri. Ciò non esclude il percorso degli accordi di collaborazione, che, integrando l'accordo del 1999, prevedano l'obbligo dei codici sulle stecche e, in prospettiva, sui pacchetti di sigarette, per identificare il primo acquirente e il mercato finale di destinazione.
6. Multinazionali e contrabbando: l'esempio della Commissione europea
È sempre più diffusa la consapevolezza della complicità delle multinazionali del tabacco, pur essendo obiettivamente difficile per gli investigatori risalire dai vertici internazionali delle organizzazioni dedite al contrabbando alle società di intermediazione, e quindi alle stesse multinazionali. Inchieste amministrative hanno tuttavia accertato che in varie occasioni i dirigenti delle società del tabacco sapevano benissimo che i trader avrebbero canalizzato i loro prodotti sul
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mercato nero (93). Alcuni mediatori lo ammettono, e sostengono di non commettere alcunché d'illecito: «Michael Hanggi, un grande mediatore con sede in Svizzera, ha riconosciuto di aver comprato sigarette come grossista e di averle rivendute sapendo della loro destinazione verso il mercato nero: ma non ritiene di aver fatto nulla di male, dal momento che sarebbero le stesse società del settore a fare business attraverso mediatori per spingere le vendite e senza preoccuparsi troppo della destinazione finale del prodotto.» (94)
Le indagini giudiziarie attualmente in corso in Italia hanno individuato società e persone che fungevano da intermediari e da collegamento tra le associazioni contrabbandiere e le multinazionali. La D.N.A. a tal proposito riferisce di rogatorie già inoltrate alle autorità degli USA e confida nella collaborazione con le agenzie investigative americane per sviluppare questo aspetto molto delicato delle indagini.
L'auspicio della DNA è per un ulteriore sviluppo delle conoscenze e delle indagini, soprattutto sul versante finanziario, a seguito dell'arresto in Svizzera di Cuomo Gerardo. Allo stato assume particolare importanza la procedura di estradizione in Italia del Cuomo, procedura che appare ritardata dalla pendenza in Svizzera di indagini su fenomeni corruttivi, posti in essere dal Cuomo nei confronti di ambienti istituzionali di alto livello, indagini che sono state innescate proprio dalla comunicazione da parte italiana di informazioni alla A.G. elvetica.
Il ten. col. Catania (OLAF) ha riferito di una iniziativa giudiziaria di denuncia della collusione con il contrabbando delle multinazionali. «Recentemente (...) alcune regioni di uno Stato dell'America del sud hanno presentato un ricorso in sede civile contro una multinazionale del tabacco per contrabbando di sigarette, chiedendo il risarcimento danni. Si tratta di una notizia per noi fondamentale perché è il secondo esempio, supportato dall'Unione Europea, di un procedimento penale attuale presso una società collegata alla O.J. Raynolds per quanto riguarda il contrabbando di sigarette Winston in Spagna. L'OLAF è assolutamente attento a questa attività. Adesso cerchiamo di arrivare alle multinazionali, cerchiamo di metterle con le spalle al muro nel senso che dobbiamo costringerle a non vendere i prodotti ai contrabbandieri, perché sicuramente le multinazionali conoscono il mercato e a chi vendono i loro prodotti.» La lenta marcia di avvicinamento al cuore del problema ha segnato un importante passo in avanti, molto significativo dal punto di vista politico e istituzionale, con l'iniziativa adottata dalla Commissione europea.
Con atto del 3 novembre 2000 l'UE ha denunciato alla Corte distrettuale degli Stati Uniti - distretto orientale di New York, le multinazionali Philip Morris e Reynolds-Nabisco. L'atto di accusa è grave (95). Afferma esplicitamente che dalla fine degli anni '70 fino a oggi Philip Morris e Reynolds hanno condotto una campagna costante
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e concordata per aumentare la loro quota di mercato nei paesi in cui i loro prodotti sono commercializzati. Per raggiungere tale obiettivo si sono attivamente impegnate nel contrabbando ed hanno celato tale comportamento con atti illegali, compreso il riciclaggio di denaro, nonché altre violazioni della legge degli USA. Vendendo sigarette a persone ed enti che sapevano, o avevano motivo di sapere, essere contrabbandieri, hanno perseguito uno schema per contrabbandare i tabacchi a livello mondiale, UE inclusa.
In particolare, in base all'atto di citazione, le citate multinazionali:
- hanno contezza che il loro prodotto viene canalizzato nel circuito clandestino in quanto le stesse sono a conoscenza - sulla base dei propri studi di mercato - che la domanda legale del prodotto non potrebbe mai giustificare gli attuali volumi di produzione;
- etichettano falsamente o omettono di etichettare le loro sigarette, in modo da facilitare ed accelerare le attività dei contrabbandieri;
- forniscono le informazioni di vendita ai distributori e ai contrabbandieri in modo che gli stessi ordinino, comprino, vendano e distribuiscano il prodotto nelle aree di consumo finale oggetto di maggiore richiesta;
- emettono fatture, polizze di carico, documenti di spedizione ed altri documenti falsi o ingannevoli, che accelerano le procedure di contrabbando;
- spediscono le sigarette indicate verso un determinato porto pur sapendo che le sigarette saranno deviate ad un altro porto per essere contrabbandate;
- prendono accordi affinché le sigarette siano pagate in modo da essere virtualmente non rintracciabili, ovvero siano pagate in conti stranieri, comprese società svizzere e/o conti bancari svizzeri, nel tentativo d'utilizzare impropriamente le leggi svizzere sulla privacy e sul segreto bancario come schermo per proteggere dalle indagini;
- attuano pressioni sui governi a livello mondiale, anche a mezzo di continue campagne di pubbliche relazioni, affinché riducano od eliminino le imposte sui tabacchi, individuando nell'elevata tassazione l'origine del contrabbando.
Con tale atto la Comunità europea, perseguendo la via di far accertare giudizialmente la collusione delle multinazionali con il contrabbando, si pone all'avanguardia nel panorama delle istituzioni impegnate nell'azione di contrasto, dimostrando - per la qualità e lo spessore dell'iniziativa - consapevolezza piena del ruolo delle multinazionali nel complesso sistema del contrabbando. Il sostegno e la condivisione da parte dei paesi membri possono rivelarsi decisivi. È necessario che la politica dell'Italia su questo versante prosegua con rigore e coerenza, per imporre alle società multinazionali del tabacco condotte di reale collaborazione.
Va sottolineato il sostegno dell'Italia per l'iniziativa della Commissione europea. Il ministro delle Finanze, che ha fornito, nell'ambito
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delle competenze del suo dicastero, un importante contributo al lavoro della Commissione antimafia riassunto in questa relazione, si è recato a Bruxelles il 27 novembre 2000, unitamente a una delegazione della Commissione antimafia, composta dal Presidente on. Lumia e dagli onn. Vendola e Curto, per rappresentare al Presidente Prodi la piena condivisione della linea intrapresa. L'unità di intenti sul fronte del contrasto al contrabbando può trarre auspicio favorevole dalle più recenti decisioni delle istituzioni italiane ed europee.
(82) Cfr. resoconto stenografico del 5.07.2000.
(83) Vedi la specifica trattazione nella prima parte della presente Relazione.
(84) In tal senso cfr. le valutazioni espresse dal Comando Generale Cfr. n. 2158.
(85) Sul territorio pugliese, tra l'altro, la Guardia di Finanza già impiegava 1500 unità dei propri reparti territoriali nella tradizionale attività di contrasto al contrabbando di tle.
(86) Cfr Doc. 2093.
(87) In un quadro internazionale contraddittorio, segnato da difformità tra gli Stati nella legislazione, nell'organizzazione operativa della lotta al contrabbando, nei rapporti con i grandi produttori e con le organizzazioni contrabbandiere, l'Italia ha dato un contributo all'Unione europea e agli altri Stati. Con un orientamento diverso dalla depenalizzazione, che avrebbe poi portato alle attuali iniziative legislative, nel 1996 il Ministero delle Finanze ha costituito un gruppo di lavoro per rivedere la normativa sulla repressione del contrabbando e per studiare più efficaci modalità operative, nonché per predisporre un accordo di cooperazione con i grandi produttori di tabacchi lavorati finalizzato ad una sinergica attività di contrasto del contrabbando. Nel luglio 1997 una riunione interministeriale (Finanze - giustizia - interni) con i responsabili delle forze di polizia ed i prefetti delle zone più investite dal contrabbando, inaugurava un dialogo ed un circuito tra le diverse istituzioni competenti nella repressione. Il seminario operativo tenuto a Napoli nel novembre 1997, registrando nuove convergenze sulla gravità del fenomeno e sulla più efficace azione di contrasto, definì i contenuti del salto di qualità necessario alla politica anti contrabbando. Si stabilirono verifiche fiscali da parte della Guardia di finanza nei confronti di soggetti classificati come contrabbandieri abituali (potenzialmente evasori totali o parziali), verifiche nei confronti di soggetti che vivono con più proventi di attività illecite, su soggetti già sottoposti a misure di prevenzione personali e patrimoniali, o condannati per mafia o appartenenti ad organizzazioni mafiose, e su soggetti indiziati di reati di corruzione o concussione.
Nel settembre 1997 fu avviata una «riflessione interministeriale» al Ministero degli esteri per la definizione della strategia di contrasto all'illegalità in Adriatico: da tale «riflessione interministeriale» è scaturito un dettagliato «piano di azione» («nazionale», «bilaterale», «multilaterale») per la lotta ai traffici illeciti dell'area in cui alcuni paesi costieri (in particolare l'Albania e il Montenegro) avevano assunto il ruolo di base di partenza o di ponte per il transito di merci «sensibili» che attraverso le vie del mare entrano nello spazio della comunità europea.
Gli interventi sul piano nazionale venivano orientati al potenziamento dei dispositivi di prevenzione e repressione dei traffici adriatici, e allo sviluppo della attività di «intelligence» nei confronti delle centrali criminali dei mercati illeciti. Gli interventi «bilaterali» venivano orientati all'aggiornamento e alla stipula di accordi tra l'Italia e gli altri paesi costieri per la cooperazione e la mutua assistenza in materia doganale e di azione anti contrabbando. Gli interventi «multilaterali» venivano orientati ad azioni delle istituzioni internazionali mirate allo sviluppo della cooperazione e dell'assistenza nella costruzione di un sistema di sicurezza nell'intera area adriatica, con benefici evidenti non solo per i paesi costieri ma per tutta l'Unione Europea e per gli stessi paesi dell'entroterra centro europeo e balcanico.
Per quanto riguarda in particolare la Repubblica Federale di Yugoslavia e il Montenegro si ritenne opportuno sostenere l'impegno dell'OLAF, promotore di una iniziativa dell'Unione Europea mirata ad impegnare tali stati a reprimere i traffici che attraverso il Montenegro investono i territori comunitari. Tra le proposte del Ministero delle Finanze particolarmente significativa quella relativa alla costituzione di una Task force per il pattugliamento delle acque nazionali e internazionali prospicienti il territorio Montenegrino, sulla base delle esperienze della missione CAM/SEA. Una delegazione del Ministero degli Esteri presso i Paesi adriatici illustrò il «piano d'azione» e il programma della conferenza internazionale di Ancona: i rappresentanti del Ministero delle Finanze svilupparono i contatti con le autorità serbe e montenegrine per lo scambio di informazioni anticontrabbando. Fu anche esaminata la possibilità di rinegoziare l'Accordo di Mutua Assistenza Amministrativa di prevenzione delle frodi doganali, concluso tra l'Italia e la Repubblica Socialista federale di Jugoslavia nel novembre 1965. La Commissione ritiene che a distanza di più di 35 anni la rinegoziazione dell'accordo possa costituire uno strumento essenziale per un nuovo impegno internazionale contro il contrabbando. Le proposte del gruppo di lavoro sono state esaminate dalla Conferenza Internazionale di Ancona nel maggio 2000, dove sono state concordati interventi comuni di contrasto ai traffici illeciti in Adriatico. Le elezioni del Parlamento di Belgrado svoltesi nel dicembre 2000 e il conseguente cambiamento della direzione politica del paese costituiscono da una parte un rimedio alla mancata partecipazione della Serbia alla conferenza di Ancona e dall'altra parte il presupposto di una nuova ed effettiva cooperazione, come del resto è stato già dichiarato dal nuovo governo. Nel marzo 1998 il Ministro delle Finanze, con il commissario europeo Monti e il Ministro delle Finanze albanese ha firmato un protocollo d'intesa nell'ambito del programma CAM/Albania per il pattugliamento, da parte di unità navali della guardia di finanza, delle acque territoriali e internazionali prospicienti il territorio albanese, finalizzato alla repressione e alla prevenzione del contrabbando e dei traffici illeciti. Questa intesa tuttora in corso ha portato a sequestri assai significativi di tabacchi e di altre merci di contrabbando.
Nel 1999 una missione in Montenegro del Ministero dell'Interno con la partecipazione di rappresentanti del ministero delle finanze lavorò alla stipula di accordi per la cattura e l'estradizione in Italia di elementi della criminalità organizzata impegnati nel contrabbando e da tempo latitanti in quel Paese. Si concordò di istituire ufficiali di collegamento in Italia e in Montenegro per lo scambio di informazioni sui contrabbandi. Nella riunione di Berlino del G8 gruppo di Lione, il 16 novembre 1999 la proposta della delegazione italiana, su iniziativa del Ministero delle Finanze, di inserire nell'ordine del giorno il problema del contrabbando, e del ruolo in esso della criminalità organizzata, fu condivisa dalle altre delegazioni e innanzitutto dagli inglesi. Ne scaturì il documento di un progetto, illustrato a Londra l'11 gennaio 2000 al direttore del Criminal Intelligence Service, e ai rappresentanti delle dogane inglesi. Il progetto, condiviso integralmente da questi e inviato alla commissione europea, fu unanimemente approvato dal G8 gruppo di Lione nella riunione di Tokio del 7 -9 febbraio 2000 come una delle priorità lì individuate per il contrasto della criminalità organizzata transnazionale. Al progetto il rappresentante della Commissione Europea ha assicurato il proprio sostegno e HA offerto di fornire adeguato supporto in termini di coordinamento e di intervento finanziario attraverso l'OLAF. Il progetto prevede la raccolta, da una parte, delle norme legislative, delle regole e delle sanzioni che informano il controllo e il contrasto, e, dall'altra parte, di tutte le informazioni relative alla produzione, ai fabbricanti e al commercio di sigarette. E prevede inoltre contrassegni fiscali e codici identificativi che consentano di ripercorrere tutto l'itinerario delle merci sequestrate e dei soggetti coinvolti nel finanziamento, nello stoccaggio e nel riciclaggio dei proventi dei traffici. Sul progetto è tornata la riunione di Kyoto del G8 gruppo di Lione, il 22-24 maggio 2000. Nelle successive riunioni, a Killarney in Irlanda nel giugno 2000 e a Hiroshima nel novembre 2000, il «piano operativo» volto ad individuare il coinvolgimento della criminalità transnazionale nel contrabbando, ha proposto di affrontare gli ostacoli alla collaborazione tra le diverse amministrazioni nell'opera di contrasto. Le modalità di esecuzione del «piano operativo» vengono presentate in questi giorni nella riunione di Roma. Particolare importanza sarà attribuita alla elaborazione di un sistema di analisi dei rischi per il supporto all'attività di controllo delle movimentazioni commerciali utilizzate per occultare le sigarette di contrabbando, nonché alla intensificazione del dispositivo aeronavale e terrestre di contrasto nei paesi colpiti dal contrabbando operato via mare o nell'attraversamento dei confini terrestri.
Per la migliore attuazione del «patto di stabilità per l'Europa del sud-est» approvato il 30 luglio 1999 alla conferenza di Sarajevo, il Ministero delle Finanze ha trasmesso al Ministero degli Esteri alcuni progetti: a) di una iniziativa per l'armonizzazione doganale e la lotta al contrabbando nell'area balcanica; b) per missioni di assistenza bilaterale a livello dei ministeri delle finanze (con una componente navale); c) per la costituzione di una unità di polizia specializzata nella prevenzione e nel contrasto della criminalità economico-finanzaria; d) per il potenziamento del dispositivo di contrasto aereo navale terrestre della guardia di finanza nell'adriatico. Molto proficua si è rivelata la collaborazione avviata dal 1996 tra il ministero delle Finanze e l'Ufficio Europeo per la Lotta contro le Frodi (UCLAF e poi OLAF) della Commissione Europea. In questo ambito si sono avuti sin dall'ottobre '99 da parte del Ministero delle Finanze e dell'OLAF contatti con rappresentanti di uno studio legale americano per una proposta alla Commissione Europea di azioni legali negli Stati Uniti contro i grandi produttori di tabacchi: azioni legali per frode ai danni dell'Unione Europea consumata attraverso il contrabbando e il connesso riciclaggio dei suoi proventi. La proposta è di richiedere una condanna penale, da parte del Gran Giurì, per violazione al tit. IX dell'Organized Crime Control Act, conosciuto come RICO (Racketer Influenced and Corrupt Organization) per «connivenza» dei grandi produttori con la criminalità organizzata che gestisce i traffici di contrabbando. Verificate la fondatezza e la praticabilità dell'azione legale veniva deciso che la Commissione Europea avrebbe adito la giustizia statunitense sulla base di un «mandato» degli stati membri dell'Unione Europea più investiti dal contrabbando, e, su richiesta dell'OLAF, il 17 febbraio 2000, il Ministro delle Finanze a nome del governo italiano dava alla Commissione europea «mandato politico» di agire davanti alle competenti giurisdizioni degli Stati Uniti.
(88) In tal senso si vedano le indicazioni del Comando Generale della Guardia di Finanza DOC.
(89) Il testo di tale accordo è allegato alla presente relazione.
(90) In un documentato esposto inviato alla commissione, l'ex Ministro delle Finanze Rino Formica ricostruisce l'intera vicenda della disciplina sugli accordi di collaborazione v. Doc. N. 1804una cifra elevatissima per pochi secondi di lavoro,
(91) Cfr. la comunicazione della DNA in risposta al questionario della Commissione Parlamentare: Doc. nr. 2244
(92) Vedi Commissione Parlamentare Antimafia - Resoconto stenografico della seduta del 5 luglio del comitato di lavoro sul fenomeno del contrabbando.
(93) Il dato è comunicato dalla Direzione Nazionale Antimafia.
(94) Il virgolettato è tratto da «Stefano Carrer: Triplicato il contrabbando di sigarette. Nuove accuse all'industria del tabacco, in »Il Sole-24 ore«, 26.8.1997.
(95) In allegato è riportato il testo integrale dell'atto di denuncia, acquisito presso il Ministero delle Finanze.