Back Forward

Doc. XXIII n. 48


Pag. 31

PARTE QUARTA

1. I settori di influenza della criminalità organizzata.

1.1 Gli appalti sul territorio.

In un contesto sociale e criminale caratterizzato dalla presenza storicamente diffusa di criminalizzata organizzata sul territorio, e con una presenza forte ed unitaria della famiglia di cosa nostra, il settore degli appalti ha costituito per anni oggetto di interesse primario della realtà mafiosa, essendo considerato strumento di finanziamento economico con prelievo alla fonte delle risorse pubbliche e mezzo per determinare i rapporti di forza rispetto alle realtà istituzionali ed imprenditoriali.
Ed è per questa ragione che la Commissione ha voluto concentrare la propria attenzione sulla situazione degli appalti pubblici, non solo a Catania, ma anche nel resto del territorio siciliano.
Si è trattato di una inchiesta di dimensione generale avente come oggetto la ricostruzione della mappa di tutti i grandi lavori pubblici, già banditi e/o eseguiti, ovvero la cui esecuzione interesserà il territorio siciliano nei prossimi mesi. Ciò è avvenuto con riguardo alla dimensione di ordine quantitativo del fenomeno, ma anche con particolare e specifica attenzione alla attuazione da parte delle istituzioni statali e regionali di tutti gli strumenti di controllo delle procedure di impegno della spesa, pianificazione, e scelta del contraente, idonei a garantire il rispetto della trasparenza amministrativa e della regolarità.
L'inchiesta catanese segue cronologicamente quella effettuata sul territorio della città e della provincia di Messina, - che consentiva alla Commissione di constatare quanto fosse consistente l'interessamento della mafia catanese e palermitana anche in quelle zone - ed ha consentito di ottenere un quadro stratificato ed allarmante di interessi mafiosi nel mondo dei lavori pubblici.

1.1.1 Gli appalti regionali.

Un tentativo di ordine generale per arginare fenomeni di malcostume ed interventi mafiosi nel settore degli appalti era stato compiuto dalla Regione siciliana con l'approvazione della legge n.10 del 12 maggio 1993. Tale normativa, frutto di un indirizzo nazionale sulla materia degli appalti pubblici, ma anche fortemente ispirata alle priorità consacrate nello statuto speciale della Regione ed alla peculiarità del momento storico, voleva porsi quale testo base per la


Pag. 32

razionalizzazione degli appalti pubblici, con la previsione di una disciplina ancor più rigorosa di quella allora contenuta nella legge nazionale. La nuova disciplina normativa per i lavori pubblici costringe infatti a tenere conto sia della distribuzione del numero delle opere pubbliche sul territorio, sia dell'ammontare effettivo delle risorse impiegate, mettendo la regione nella condizione di dovere procedere ad un equo riparto delle une e delle altre, senza disparità tra i vari territori. Inoltre, accanto al criterio di redistribuzione generale, altri parametri venivano imposti dalla l.reg. n. 10 del 1993 ai fini della determinazione del luogo ove allocare l'opera pubblica, quali la necessità di tenere conto del numero degli abitanti di ogni provincia e della concreta ricaduta sociale degli investimenti effettuati.
Ma tale sforzo legislativo non risulta essere stato seguito da risultati soddisfacenti a causa di una molteplicità di ragioni.
a) Innanzitutto è mancato il profilo organizzativo e la risposta burocratica al nuovo assetto normativo. La determinazione dei criteri di scelta dei lavori da realizzare ha finito per creare ingorgo nelle strutture amministrative, e prima di potere concretamente decidere l'opera pubblica occorre esaminare con attenzione tutte le richieste provenienti dal territorio ed effettuare valutazioni comparative a volte complesse. Per converso anche le amministrazioni periferiche concentrano la propria attenzione sulle finalità delle opere pubbliche e sulla loro ricaduta occupazionale, formulando richieste connotate da razionalità spesso in competizione fra loro.
Si è determinato perciò un criterio di priorità basato sulla necessità di provvedere con maggiore urgenza al completamento delle opere già esistenti ed avviate, ed agli interventi di natura preventiva, quali le opere antisismiche e le ristrutturazioni
b) In secondo luogo la determinazione di criteri per l'assegnazione degli appalti regionali ha determinato una frammentazione di interventi sul territorio a causa della esiguità dei fondi presenti in bilancio.

Per l'anno 1997 l'ammontare dei fondi in bilancio da destinare ad opere pubbliche era pari a lire 57.000.000.000 da distribuire per 400 comuni. Si è determinata pertanto una polverizzazione degli appalti sul territorio, che ha dovuto tenere conto peraltro dei nuovi criteri di distribuzione. Analogamente nel 1998 i fondi di bilancio ammontavano a lire 36.000.000.000, di cui una quota pari ad un terzo è destinanta alla esecuzione di lavori d'urgenza e di somma urgenza, e la rimanente parte va divisa tra le nove province dell'isola.

1.1.2 Gli appalti comunali e degli altri enti.

Una situazione parzialmente diversa presentano gli appalti gestiti dal Comune, che negli ultimi anni hanno visto crescere complessivamente il loro ammontare. Se infatti nel 1992 il complesso delle opere pubbliche aggiudicate dalla municipalità ammontava alla modestissima cifra di circa due miliardi di lire, a partire dal 1993 l'importo complessivo delle opere pubbliche è cresciuto considerevolmente sino


Pag. 33

ad attestarsi a circa 200 miliardi per l'anno 1997. Tutte queste gare per la realizzazione di opere pubbliche sono state aggiudicate con il sistema dell'asta pubblica, mentre prima che fosse approvata la legge regionale n. 10/1993 si era fatto spesso ricorso a sistemi di scelta del contraente che lasciavano molto spazio alla discrezionalità - ed alla possibile turbativa! - quali la licitazione privata l'appalto concorso (12). Per non parlare del frequente, e spesso illegittimo, ricorso che le vecchie amministrazioni facevano del sistema di aggiudicazione mediante trattativa privata. Grazie all'innegabile dinamismo della nuova amministrazione comunale, nonostante si siano adottate procedure di gara più garantite sotto il profilo della trasparenza, si è dunque registrato un aumento delle risorse impiegate per la realizzazione di lavori pubblici da eseguirsi in espletamento di appalti.

Peraltro il sistema di gara dell'asta pubblica, benchè abbia ridotto i margini di inquinamento mafioso o di turbativa non è riuscita ad eliderne in senso assoluto gli effetti. Esistono infatti vere e proprie organizzazioni di imprese che hanno collaudato metodi complessi di turbativa rispetto ai quali gli organi preposti ai controlli di legalità non possono unicamente attenersi alle regole imposte dal sistema di gara, ma devono svolgere un ruolo attivo di verifica e di vigilanza in ordine al comportamento mantenuto dalle stesse.
In molte gare pubbliche bandite a Catania è stata infatti notata la presenza massiccia di ditte fittizie, in quanto il luogo indicato quale sede sociale in realtà non esisteva ovvero corrispondeva a luogo di abitazione di famiglie che nulla avevano a che vedere con quelle ditte. È evidente allora il tentativo di turbativa introdotto con il sistema delle false ditte. Va auspicato allora che le stazioni appaltanti si facciano parte diligente effettuando verifiche preliminari rispetto alle domande di partecipazione alla gara e non limitandosi al controllo burocratico della documentazione presentata. Utile potrebbe essere la soluzione prospettata dal Prefetto di Catania circa la possibilità di coordinare tale attività di controllo stabilendo - mediante circolare da inviare alla stazione appaltante - l'obbligo di preventiva informazione circa lo svolgimento delle gare di maggiore interesse, e garantendo poi la


Pag. 34


presenza di un ufficiale dei carabinieri che, prima ancora della apertura delle buste, verifichi tramite contatto con il CERVET la esistenza delle ditte, scartando quelle risultate inesistenti (13).
I Carabinieri hanno già in diversi casi messo alla luce episodi di turbativa così congegnati. In un caso addirittura perfino l'appalto per la costruenda caserma dell'Arma a Viagrande era stato oggetto di turbativa essendo stato appurato dai militari che ben 15 delle imprese che avevano partecipato alla gara erano fittizie, e tutte provenienti dalla provincia di Agrigento. Analogamente a Paternò è stata evidenziata la presenza di una organizzazione di ben 36 imprenditori, i quali hanno concorso ad una turbativa mediante la realizzazione di documenti falsi e la creazione di fittizie aziende con ragioni sociali inesistenti (14).
Nei prossimi mesi tuttavia saranno aggiudicati in città appalti importanti per svariate centinaia di miliardi, e tra essi: quello per la realizzazione del centro agroalimentare per un importo di circa 160 miliardi; quello per la costruzione della nuova aerostazione da parte della società aeroportuale, il cui finanziamento ammonta a 130 miliardi; gli appalti relativi al completamento della metropolitana, con la realizzazione di altri quattro lotti, per un importo totale di circa 450 miliardi; ed infine la probabile realizzazione di un interporto cittadino con annesse opere portuali e porto turistico, che potrebbero ammontare a circa 80 miliardi. Tutte queste opere riguardanti la città verranno bandite da enti diversi dalla Provincia e dal Comune, ragione questa per la quale occorrerà estendere l'osservatorio sulle opere pubbliche a tutte le altre stazioni appaltanti, affinché non sfuggano dal controllo di legalità significative realtà, costituite da enti a volte considerate minori, nelle quali può annidarsi la presenza o il condizionamento della criminalità organizzata .
Le ultime amministrazioni locali hanno sempre più evidenziato una spiccata sensibilità e predisposizione alla trasparenza amministrativa. Infatti, va rilevato che l' amministrazione comunale, collegandosi al protocollo di legalità, ha previsto ulteriori norme di autolimitazione della potestà amministrativa, incrementando i livelli di sicurezza nella gestione dei lavori pubblici. Si è previsto, nello specifico:
La estensione del controllo da parte dell'apposito comitato prefettizio anche ad opere di importo compreso tra i 10 ed i 100 miliardi;
- una griglia automatica di verifica degli appalti da 1 a 10 miliardi;
- la partecipazione nella fase istruttoria di uno staff dell'avvocatura comunale;
- il ricorso a procedure di trattativa privata solo per importi inferiori a lire 100 milioni, salvo espresso parere di indifferibilità ed urgenza espresso dal responsabile del procedimento, e comunque sino ad un massimo di lire 500 milioni;


Pag. 35


- l'utilizzo delle procedure di sorteggio per i cottimi fiduciari e pubblicizzazione degli stessi attraverso la stampa;
- l'estensione dei poteri già previsti per l'istituenda figura del difensore civico.

1.2 Il Commercio.

A distanza di dieci anni dalla precedente visita della Commissione i condizionamenti cui è sottoposta la libera intrapresa economica appaiono sempre enormi e si accompagnano a nuove insidie. Non pare esservi attività commerciale esente dal condizionamento del fenomeno estorsivo che continua a preoccupare per le enormi dimensioni quantitative, ma anche per le tecniche utilizzate.
Quasi tutte le attività commerciali, al di là della dimensione e della localizzazione precisa nel territorio, sembrano soggette al «pizzo e al taglieggiamento». Un sistema subdolo di controllo dell'economia si realizza attraverso la presenza di personale dipendente legato alle cosche. A fronte delle continue minacce e delle richieste di pizzo, molti imprenditori, specie nel settore delle aziende di medie dimensioni, sono costretti ad effettuare assunzioni di personaggi che gli vengono imposti dalle organizzazioni criminali. In taluni casi si tratta di assunzioni di comodo, nel senso che la persona assunta è un affiliato alla mafia e non presta alcuna attività lavorativa, ma si reca regolarmente a prendere lo stipendio, che costituisce pertanto il profitto di una estorsione. In altri casi invece le assunzioni «suggerite» da cosa nostra costituiscono forme di clientelismo mafioso, e servono alla associazione per mantenere il consenso della gente nei confronti del gruppo. Vengono così favorite persone non inserite nella criminalità - abitanti del quartiere a rischio, parenti o amici di affiliati - i quali, una volta assunti, si recano effettivamente al lavoro, ma rimangono sempre fedeli al gruppo criminale che ne ha determinato l'assunzione, curandone a volte gli interessi economici - anche attraverso il ritiro del pizzo - ed informando l'associazione di ogni nuova attività, progresso, incremento di fatturato che si determini in azienda.
Attraverso questo modo «insidioso» di procedere cosa nostra ha studiato forme di attacco frontali alle aziende commerciali sino a spingersi nella pretesa di subentrare nella titolarità degli esercizi. Si sono riscontrate ipotesi in cui dalla estorsione si è passati alla compartecipazione degli utili dell'azienda, sino ad arrivare alla completa estromissione del precedente e legittimo proprietario dagli affari (15).


Pag. 36


E tale percorso che porta alla acquisizione delle attività economiche è apparso ancor più agevole mediante la diffusione della pratica dell'usura che insieme al racket - come affermato anche dal Procuratore Generale della Repubblica nel suo discorso inaugurale dell'ultimo anno giudiziario, - rappresenta il settore maggiormente redditizio per le attività criminali.
La congiunturale difficoltà economica in cui vengono a trovarsi alcuni operatori commerciali, aggravata o irrisolta dalle indiscusse rigidità di accesso al credito bancario, ha determinato nel mercato nero dei finanziamenti un intervento massiccio delle cosche impegnate in prima linea nella offerta di prestiti a tassi usurari.
Il dissesto economico di una piccola azienda, costretta a corrispondere interessi anche superiori al 100% annuo, in tali condizioni non può che aggravarsi sino a spingerla al collasso. È in quel momento che l'organizzazione mafiosa, forte dei crediti ben presto lievitati in cifre esose, si trova nella condizione di rilevare l'azienda.
Ad ulteriore conferma del processo espansivo di condizionamento delle attività commerciali, va rilevato il tentativo della criminalità organizzata di mettere sotto «tutela» anche la grande distribuzione (16).
Un esempio è dato dal tentativo di estorsione effettuato dalla famiglia catanese di cosa nostra nei confronti della Standa, e che si è successivamente indirizzato in particolare contro la società SIGROS che vi era affiliata. La ragione di tale scelta, che si configura come un perfezionamento delle conoscenze da parte dell'organizzazione criminale, è data dal fatto che questo è sembrato un obiettivo più facile da raggiungere, visto che nella ripartizione societaria le azioni della Standa ammontavano solo al 20 per cento, mentre la parte restante era di proprietà del Gruppo SIGROS di Catania.


Pag. 37


Un elemento ancora più inquietante è costituito dalle modalità di pagamento del pizzo, che veniva corrisposto attraverso un ex ufficiale del Carabinieri, il colonnello Morelli, assunto, subito dopo il pensionamento dall'Arma, come responsabile della sicurezza del Gruppo SIGROS. Occorre aggiungere che negli anni 70 il colonnello aveva utilizzato come confidenti Pippo Calderone e Nitto Santapaola.
Ma il risvolto più inquietante di questa vicenda riguarda ancora una volta l'infiltrazione della criminalità nel commercio: la creazione di strutture commerciali parallele ai grandi gruppi industriali. Infatti, mentre si eseguiva la estorsione ai danni del SIGROS e della Standa, la famiglia catanese gestiva direttamente una attività commerciale analoga nel settore della grande distribuzione con la sigla di Supermercati Superesse. Non si può pertanto escludere che l'organizzazione si fosse preposto un progetto ambizioso e di lungo periodo legato a quella attività da poco intrapresa, con un chiaro obiettivo: la marginalizzazione delle aziende concorrenti, gravate e condizionate dalle intimidazioni e dai costi delle estorsioni, e l'allargamento del giro di affari legato alla Superesse - anche grazie al progressivo acquisto di molti supermercati a Catania e in provincia, - con un controllo sempre più ampio delle attività economiche sul territorio.
Le attività commerciali di piccola e media dimensione conoscono poi altre ragioni di crisi. Da qualche anno sono sorti infatti in città e nel suo hinterland un numero consistente di ipermercati, che hanno conquistato consistenti quote di mercato sottraendole alle botteghe ed ai negozi di quartiere. Anche il commercio ha conosciuto dunque quel modello oligarchico che da sempre contraddistingue l'economia e lo sviluppo della città.
L'unica eccezione significativa - alla paralisi dello sviluppo economico ed ai condizionamenti della mafia - pare essere rappresentata dalla gestione dei moltissimi pub e discoteche esistenti da parte di giovani. Probabilmente per lo spirito di solidarietà e, forse, di anticonformismo che li contraddistingue essi riescono a sottrarsi alla violenza della estorsione dando conferma dei fatto che coloro i quali si oppongono immediatamente al pizzo, hanno molte probabilità di restarne immuni anche successivamente.

1.3 L'agricoltura.

I fenomeni di criminalità nel comparto agricolo si sono manifestati frequentemente sul territorio della provincia, anche nelle forme arcaiche, ma tuttavia assai onerose per il danneggiato, della distruzione delle colture e del furto degli attrezzi agricoli.
Normalmente a tali episodi criminosi sono richieste estorsive non necessariamente elevate ma tali da determinare uno stato di totale soggezione del proprietario del fondo, ed un controllo ampio e diffuso del territorio da parte della «mafia delle campagne».
Il diffondersi di tale condizione psicologica tra le parti offese determina un vera e propria appropriazione da parte della criminalità organizzata dei fondi e delle strutture agricole annesse, che in molte circostanze vengono utilizzate come rifugio di pericolosissimi latitanti.
Basterà ricordare che la cattura del pericolosissimo latitante Giuseppe PULVIRENTI, detto 'u malpassotu è avvenuta in una zona di territorio agricolo, nell'agro di Belpasso, a poca distanza dal centro


Pag. 38

cittadino, ma in luogo quasi inaccessibile alle forze dell'ordine per la fitta rete di complicità e l'assoluto dominio della zona da parte della cosca del PULVIRENTI.
Tale situazione determina la possibilità che si creino «zone franche» sotto l'attenta vigilanza di cosa nostra, vista l'impossibilità di controllare il territorio da parte delle forze dell'ordine.
Il sistema per esautorare di fatto il proprietario dal possesso del fondo è consistito nella assunzione di importanti mezzadrie su vasti appezzamenti di terreno da parte di soggetti inseriti o contigui al crimine organizzato. La mezzadria ha comportato spesso il sostanziale disinteresse del proprietario per ciò che avviene sul fondo, venendo rimesse spesso per intero al mezzadro le scelte relative all'utilizzo dell'agro e la sua materiale disponibilità.
Addirittura in alcuni casi al proprietario del fondo è stato imposto l'abbandono dello stesso, specie dopo l'imbrunire per poter permettere alle cosche il perseguimento delle proprie finalità che in molti casi non si limitano alla gestione dei latitanti, ma vanno oltre, spingendosi sino all'occultamento delle armi o addirittura, - in casi non infrequenti -, all'uccisione degli avversari, che spesso avviene dopo «interrogatori» e torture e si conclude non di rado con il macabro rito dell'incaprettamento.
L'utilizzo dell'esercito nella lotta alle cosche, - che pure non viene ritenuto unanimemente essere lo strumento più idoneo per contrastare il fenomeno della criminalità urbana, - con la possibilità di effettuare rastrellamenti e perlustrazioni, parrebbe invece essere un mezzo molto più efficace per restituire alle campagne una prima fase di sicurezza dopo decenni di abbandono.

1.4 Politica e pubblica amministrazione.

I rapporti tra mondo criminale da un lato, politica e pubblica amministrazione dall'altro, sono stati contraddistinti, almeno negli ultimi tempi, da fatti inquietanti. La risposta dello Stato al dilagare della criminalità organizzata ed il coinvolgimento dei più alti esponenti della politica e dell'amministrazione locale in inchieste riguardanti la corruzione hanno determinato la rottura dei delicati equilibri tra mafia politica ed imprenditoria. Per converso la presenza di una nuova classe dirigente degli enti locali eletta direttamente dal popolo oltre a rappresentare un momento di continuità ed efficienza dell'azione amministrativa, si è posta in contrasto con le aspettative di una criminalità troppo spesso abituata ad intrattenere rapporti con uomini del palazzo.
E così, in particolare, si sono determinate le condizioni perché al Presidente della Provincia di Catania, onorevole Nello Musumeci, fosse assegnata una scorta con autovettura blindata.
Il Presidente dell'amministrazione provinciale ha ritenuto che le minacce potessero essere collegate «ad un segnale della mafia locale... perché, a settembre 1995, la Giunta aveva deliberato di archiviare un vecchio progetto per un appalto di circa 60 miliardi di lire per il completamento di un complesso polisportivo a Camporotondo Etneo».


Pag. 39


Si trattava di un appalto in concessione di cui negli anni scorsi era risultata aggiudicataria l'impresa del cavaliere Finocchiaro, che, come vedremo più avanti, in ragione delle tangenti pagate era portata a soddisfare gli appetiti tanto della criminalità mafiosa quanto di quella amministrativa.
Peraltro precedentemente si era dovuta registrare una fase a dir poco devastante nello stesso ente, essendo stati arrestati addirittura ben cinque presidenti che si erano succeduti prima di Musumeci, nove assessori e undici consiglieri. Il tutto - come si è visto - per una serie di episodi delittuosi commessi nell'ambito degli appalti per la costruzione del Centro fieristico di viale Africa e delle scuole, business di oltre 300 miliardi di lire.
Allo scopo di evitare fenomeni di inquinamento nel mondo della pubblica amministrazione e degli appalti l'amministrazione comunale di Catania ha avanzato la proposta di costituire presso la Prefettura un osservatorio sui lavori pubblici nel territorio provinciale; in modo da realizzare una forma di monitoraggio che assolva anche ad una funzione deterrente rispetto ai condizionamenti mafiosi.
Tale iniziativa, nata alla fine degli anni novanta in via del tutto sperimentale, ha assunto sempre maggiore diffusione, tanto da essere adottata in via stabile e sistematica dagli organi istituzionali catanesi preposti alla vigilanza sugli appalti. Come è stato ben detto dal prefetto di Catania in sede di audizione, lo scopo degli organi dello Stato è quello di valorizzare tutte le singole segnalazioni illecite provenienti dalle varie autorità periferiche, ed elaborarle in modo da passare dall'esame del fatto singolo alla diagnosi del fenomeno. Singoli dati, letti individualmente, possono apparire infatti del tutto insignificanti; ma, se coniugati tra loro, a volte offrono un quadro chiaro del modo di operare delle aziende, della loro capacità di intervento nelle varie gare, della potenzialità di aggiudicazione, della ricorrenza di talune irregolarità che - elevate a sistema - possono dare una esatta dimensione del livello di inquinamento presente in taluni organismi burocratici preposti all'espletamento degli incanti per lavori pubblici.
L'esperimento catanese pertanto, lungi dall'essere una iniziativa isolata della prefettura, costituisce una soluzione necessariamente tesa a coinvolgere tutte le Istituzioni pubbliche compresi gli organi degli enti locali, dai quali devono partire le informative contenenti i fatti su cui verterà il monitoraggio. Lo strumento, attraverso cui avviene tale partecipazione, è quello di stipulare dei «protocolli di legalità» in prossimità del bando di nuove ed importanti opere pubbliche, il cui complessivo ammontare è stato recentemente stimato sarà pari a circa duemila miliardi di lire, in essi comprendendosi le gare d'appalto già espletate e monitorate, e quelle ancora da bandire.
In ordine al funzionamento dell'osservatorio ed ai protocolli di legalità così si è espresso il prefetto di Catania Tommaso Blonda nel corso della audizione tenutasi il giorno 8 Febbraio 2000: «I protocolli di legalità furono sottoscritti nella primavera scorsa, alla presenza dell'allora ministro dell'interno. Si trattava di protocolli di legalità che avessero come interlocutore, come parte attiva all'interno dell'osservatorio, il comune di Catania, l'università di Catania, le Ferrovie dello Stato, l'Ente nazionale per le strade (ENAS), l'Istituto autonomo case popolari, l'Azienda USL di Catania, la società aeroportuale di Catania,


Pag. 40

l'autorità portuale, l'azienda ospedaliera Vittorio Emanuele e il Consorzio acquedotto etneo. Che cosa è avvenuto da allora, dopo la firma? Gli organi che erano stati contemplati negli articoli del protocollo hanno lavorato e hanno funzionato. Si tratta di un organo generale di valutazione politica composto oltre che dalle Forze dell'ordine e dalle istituzioni qui presenti anche dagli enti appaltatori e di un gruppo tecnico molto più ristretto, operativo, costituito dalla prefettura, dalle Forze dell'ordine e dall'ente che di volta in volta è interessato all'esecuzione dell'opera. Immaginate per l'ANAS, la strada statale costruenda Caltagirone-Gela, con 350 miliardi a base d'asta: il gruppo tecnico ha monitorato questo procedimento di gara, ha svolto degli approfondimenti, delle analisi e delle verifiche che hanno portato a dei riscontri informativi che, vi assicuro, saranno utilizzati nel momento in cui nasceranno i primi cantieri, anzi, entreranno in funzione nel momento in cui comincerà il gioco dell'assegnazione dei subappalti. Questo è uno dei grandi temi che sono stati affrontati anche questa mattina: subappalti, noli, servizi e forniture.
Fino ad oggi abbiamo già operato uno screening delle ditte a cui si attende di conferire gli incarichi di subforniture o di subappalti e abbiamo già dei riscontri da utilizzare in questa sede.Voglio dare un'idea dell'ammontare delle opere: abbiamo 51 gare d'appalto che stiamo monitorando, complessivamente per 871 miliardi di lire«.
Nell'esame del complesso mondo dei lavori pubblici non si deve inoltre trascurare l'analisi della profonda modifica del tessuto imprenditoriale siciliano, avvenuta attraverso il ridimensionamento dei grossi gruppi locali che avevano come soggetti di riferimento i cosiddetti cavalieri del lavoro Costanzo, Graci, Finocchiaro e Rendo, - tutti coinvolti in procedimenti penali, alcuni per reati di natura mafiosa -. Tale ridimensionamento è avvenuto, ad eccezione del gruppo Rendo, dopo la morte dei capi e fondatori, ed è stato contraddistinto da un elemento anomalo: la crisi di questi gruppi non è stata dovuta alla riduzione delle capacità operative, a lacune nelle conoscenze tecnologiche o ad altre ragioni similari. Essa viene spiegata essenzialmente con la mancanza, reale o presunta, di liquidità. Dato questo assai strano, visto che tali aziende potevano contare in linea di massima su un portafoglio-ordini molto consistente.
Sta di fatto che il collasso di questi gruppi ha determinato, in una economia catanese contemporaneamente caratterizzata da asfitticità ed alta concentrazione, la scomparsa di moltissime imprese dell'indotto. Un fenomeno che ha toccato molte imprese in odore di mafia, ma anche molte aziende pulite.
La gravità di tale fenomeno è ulteriormente sottolineata negli ultimi anni dal crescere del numero di imprese che hanno chiuso la propria attività per la concorrenza di altre imprese fortemente legate alle cosche e che in alcuni casi addirittura sono state costrette ad abbandonare lavori pubblici ad esse aggiudicati a causa dei condizionamenti criminali.
A fronte di ciò risultano inadeguati gli strumenti preventivi, predisposti dalla legge, per evitare l'accesso alla gare d'appalto di aziende controllate dalle organizzazioni mafiose. Tra essi l'obbligo della certificazione antimafia costituisce uno strumento del tutto


Pag. 41

anacronistico, e a volte controproducente, rispetto allo scopo che si vorrebbe perseguire.
Il certificato antimafia infatti viene ottenuto con difficoltà ed enorme spreco di tempo dalle aziende sane; mentre esso è facilmente ottenibile da imprese chiacchierate ma in possesso di adeguati collegamenti, che consentano loro di superare le pastoie burocratiche. Senza contare il pericolo concreto che la normativa venga facilmente elusa attraverso il coinvolgimento, ai vertici delle aziende inquinate, di prestanome alle dipendenze dirette dei gruppi mafiosi, ma con la «patente di integrità morale» costituita dall'aver conseguito la predetta certificazione.
Si ritiene quindi quanto mai urgente e necessario procedere all'adeguamento della normativa di prevenzione sull'inquinamento degli appalti, in direzione dell'ampliamento del campo d'indagine e d'investigazione, nonché del monitoraggio, da parte delle strutture amministrative, di tutte le imprese che partecipano alle gare pubbliche e della loro effettiva proprietà. In tal modo si può perseguire l'obiettivo di estendere l'ambito della ricerca non solo all'appartenente alla cosca o ai familiari diretti, ma anche a tutti coloro che, legati a tale soggetto da vincoli di amicizia, di frequentazione o comunque di sudditanza, possano rappresentare lo strumento indiretto attraverso il quale si esplica l'azione illegale e criminosa nel campo dell'economia e degli appalti.

(12) Cfr. l'audizione del Sindaco di Catania avvenuta il 16.6.1998.
(13) Cfr. l'audizione del Prefetto di Catania avvenuta il 17.6.1998
(14) Cfr. l'audizione del Comandante Provinciale dei Carabinieri di Catania, avvenuta il 17.6.1998.
(15) Si è così dunque confermato ed ulteriormente allargato il quadro dei nuovi interessi economici della mafia a Catania, già recepito dalla Commissione Antimafia della X legislatura (Cfr. Relazione...sullo stato della criminalità organizzata a Catania, p. 15) e caratterizzato da «altre forme di coercizione che costituiscono una evoluzione del fenomeno estorsivo, come ad esempio l'imposizione ad approvvigionarsi di certe merci o forniture soltanto da determinate fonti, ad utilizzare per la esecuzione di lavori di movimento terra soltanto certe ditte anche a costi più elevati, ad assumere nella impresa persone che hanno il scopo di assicurare il regolare svolgimento del lavoro, a sopportare l'inserimento di prestanome o società di fatto in importanti attività imprenditoriali e commerciali, con incidenze di quote che, fornite sotto forme di prestiti usurari, via via conducono al rilevamento della società medesima».
(16) Una significativa ricostruzione del rapporto tra l'impresa vittima di estorsione e l'organizzazione criminale mafiosa viene evidenziata nella motivazione della Sentenza della IoCorte di Assise di Catania del 16.10.1996 c/AIELLO G. + 94 - nel processo denominato ORSA MAGGIORE, a pag. 366 e segg.: «... è emerso chiaramente come la pratica del pizzo fosse una realtà diffusa su tutto il territorio in dimensionatali da coinvolgere la quasi totalità degli esercenti commerciali, tanto da poter essere paradossalmente paragonata ad una forma di prelievo fiscale, avuto anche riguardo, oltre che alla diffusività del fenomeno, anche alla circostanza che, l'entità del pizzo, come l'imposizione fiscale, variava in proporzione del reddito prodotto dalla vittima del reato. Ed invero i collaboranti hanno concordemente dichiarato che il pizzo costituiva la fonte principale di finanziamento dell'organizzazione, in quanto era proprio con il ricavato delle somme estorte ai commercianti-imprenditori che si alimentava la cassa comune dalla quale poi si prelevavano le somme per pagare gli »stipendi« agli affiliati e far fronte alle spese legali in favore degli affiliati arrestati.La capillarità del fenomeno nell'ambito del tessuto sociale, seguiva di pari passo il pieno controllo del territorio da parte dell'organizzazione e dei suoi uomini. Questo controllo costituiva chiara manifestazione del completo assoggettamento in cui versava la collettività nei confronti dell'associazione. Invero, la minaccia insita nel reato di estorsione, nel caso del pizzo, cioè l'estorsione periodica, trascende l'ambito naturale tipico di questo reato per assurgere ad elemento costitutivo del reato di associazione di tipo mafioso ... presuppone un costante e ripetuto contatto tra la persona offesa e gli autori dell'estorsione; ed è proprio in tale frequenza e costanza di rapporto che si evidenzia un vero e proprio assoggettamento della vittima al gruppo criminale, nonché si evidenzia altresì come la minaccia insita nella realizzazione dell'estorsione non sia semplicemente e solamente finalizzata al conseguimento del profitto ingiusto ma sia al contempo finalizzata ad ingenerare nella vittima una condizione di totale omertà; omertà evidentemente indispensabile per poter proseguire con costanza e regolarità nell'attività estorsiva a cadenza mensile».

Back Forward