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Doc. XXIII n. 46-ter


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CAPITOLO IX

IL MEZZOGIORNO DIMEZZATO ED IL SUO SISTEMA CREDITIZIO
BANCO NAPOLI ED ALTRI INQUINATI DALLA CONTAMINAZIONE CRIMINALE

La situazione del Mezzogiorno è legata strettamente alla situazione del sistema creditizio nel Sud.
I risultati finali della recente indagine sul sistema creditizio del Mezzogiorno, curata della commissione Finanze della Camera, ha evidenziato una linea strategica di «infeudamento» del sistema creditizio del Sud a soggetti dominanti ubicati nelle Regioni più ricche del paese.
Tale linea strategica sarebbe praticamente conclusa con la fusione per incorporazione del Banco di Napoli nell'Istituto San Paolo di Torino, alla privatizzazione della quale dovrebbero, infatti, partecipare alcune Banche ubicate nelle zone ricche del paese: Popolare di Vicenza, Banca Agricola Mantovana, Antonveneta, ed in seguito il Monte dei Paschi di Siena.
Tutto ciò sulla scia della perdita dei centri decisionali avutasi nel recente passato: Alfa Romeo, Aeritalia, Sme, Italsider, Selenia e per ultima in ordine di tempo, la Siad (Società assicurativa): per ultimo toccherà al Banco di Napoli.
Questo ha comportato, nel tempo, una fortissima perdita di posti di lavoro, stimati in circa 150.000 posti.
La fusione per incorporazione del Banco di Napoli nell'Istituto San Paolo di Torino, infatti, comporterà non solo il decentramento a Torino dei centri decisionali e della stessa sede legale del Banco di Napoli, e questo per eliminare eventuali duplicazioni di strutture centrali, ma soprattutto una forte perdita di posti di lavoro, superiore alle 5.000 unità tra personale del Banco, 3.500 e perdita di posti di lavoro nell'indotto, 1.500; altre soluzioni per l'integrazione se pur validi sul piano gestionale e delle economie di scala non vengono prese in considerazioni.
Il Banco di Napoli a seguito della politica di risanamento avviata subito dopo l'insediamento del nuovo management, nel 1995, e degli aiuti avuti dal Tesoro, ha attuato una rigorosa politica di bilancio e di drastico contenimento dei costi del personale, con accordi ad hoc con le forze sindacali più rappresentative presenti nel Banco (FABIFIBAICISL-FISAC/CGIL-UILCA/UIL), con contrazione secca di salario e della previdenza aziendale e con fuoriuscita di 1.200 dipendenti, che hanno contribuito, in uno ai lavoratori, al risanamento e ristrutturazione del Banco prima dei tempi preventivati dalla Banca D'Italia e dal Ministero del Tesoro (utile di esercizio di 147 miliardi nel 1997, mentre il piano di risanamento prevedeva il pareggio dei conti nel '97 e l'utile solo a partire dal 1998); cessione della quasi totalità delle partecipazioni e del patrimonio immobiliare. Unica in Europa, tra le aziende


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che hanno avuto aiuti di stato, il Banco ha dovuto cedere 60 filiali ubicate nel Centro Nord e ridimensionare le filiali all'estero (vendita di Barcellona e chiusura di Madrid), per compensare gli aiuti di stato ed ottemperare alle richieste del commissario europeo per la concorrenza Van Miert.
La colonizzazione del sistema creditizio del Mezzogiorno è riapparso, con sospetta tempestività, negli ultimi tempi con tesi portate avanti dal partito di coloro i quali intravedono nel rapporto banche locali territorio meridionale un meccanismo perverso ed estremamente. dannoso per lo sviluppo economico.
Infatti le tesi che si portano avanti sono quelle che affermano che l'attività delle banche locali del Mezzogiorno, a differenza di quelle del Centro-Nord, si concretizza in un'offerta di servizi a scarsa qualità ed alti prezzi a causa di inefficienze ed infedeltà aziendali o di «collusioni ed inquinamento dovuti a una concezione del credito portata a massimizzare il consenso politico, quindi la corruzione o a fiancheggiare la criminalità (vedi articolo del professore Mansciandaro su »Sole 24 Ore« del 13 agosto e l'intervista pubblicata oggi nella pagina di Economia del Corriere del Mezzogiorno).
La soluzione quale sarebbe, secondo questa tesi?
Accelerare le acquisizioni delle Banche settentrionali nel sistema creditizio meridionali (vedi per ultima in ordine di tempo, la Banca della Provincia di Napoli acquisita dal Credem, anche se con molti contrasti da parte dei piccoli e medi azionisti della banca Napoletana) ed in definitiva colonizzare uno dei settori unanimemente considerati strategici per il tanto auspicato sviluppo del Mezzogiorno.
La recente storia, specialmente delle piccole Banche meridionali, se pur ha fatto registrare episodi di gestione che hanno sconfinato nell'illecito, debbono essere considerate e confinate, come in realtà sono, in una patologia all'interno di un sistema che esprime professionalità ed efficienza gestionale che poco e nulla hanno da imparare dalle consorelle del Centro Nord (l'esempio della Popolare di Torre del Greco e della Banca del Salento, restano le più vicine ed immediate, ma lo stesso Banco di Napoli, ormai risanato, per non parlare delle circa 178 Banche di Credito Cooperative che operano nel Sud con circa 500 sportelli).
Una delle conclusioni della Commissione Finanze, che merita grande attenzione, è il rischio di decolonizzazione delle risorse del Sud verso il Centro-Nord, del sistema creditizio Meridionale, a seguito delle operazioni di concentrazione pilotate da istituti di queste aree, e in seconda analisi, il pericolo legato alla semplice gestione del risparmio da parte di banche non meridionali, poco interessate alla localizzazione degli impieghi verso programmi di sviluppo locale e regionali.
Ciò aggraverebbe di molto l'attuale situazione che vede nel 70% la percentuale del risparmio raccolto dagli istituti meridionali ed utilizzati per erogare credito alle imprese locali, mentre nel resto d'Italia tale rapporto e del 110o%..
Allora quale futuro per il sistema creditizio Meridionale?
La scomparsa dell'ultima grande istituzione meridionale, quale è a tutti gli effetti il Banco di Napoli, accentuerebbe definitivamente il processo di colonizzazione del sistema creditizio del Sud, in quanto il Banco, in uno alle Banche locali rappresenta un consolidato referente


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per la gestione dei risparmi familiari o per la copertura finanziaria delle piccole e medie imprese, o dei piccoli imprenditori ed artigiani, ai quali spesso è precluso il credito da parte dei maggiori istituti del Nord che hanno succursali nel Sud d'Italia.
Sul problema del controllo e del sostegno del sistema creditizio Meridionale, al fine di renderlo immune dalle pressioni improprie, bisogna fare una accusa ben precisa agli organi preposti alla vigilanza e controllo degli istituti di credito, in quanto, pur in possesso di tutti gli strumenti per salvaguardare la funzione creditizia nel Mezzogiorno ed il localismo e l'autonomia di tale sistema, per ridurre drasticamente i rischi di Inquinamento ambientale, spesso non sono intervenuti e quando sono intervenuti, con notevole ritardo e con scarsissima efficacia.
Ciò ha procurato di fatto un indebolimento del presidio al cosiddetto Inquinamento ambientale e ingerenze e contaminazioni di tipo polico-affaristico o peggio ancora di tipo camorristico-mafioso e delinquenziale, favorendo con tale atteggiamento, nei casi più gravi, sia la nomina di amministratori incapaci che, addirittura, disonesti.
Da qui operazioni creditizie di dubbie ispirazioni, fatte in dispregio delle più elementari regole di gestione dell'erogazione del credito, e sulle quali è grave il ritardo delle indagini da parte della magistratura (come nell'esempio del Banco di Napoli, che dopo perdite per circa 6.000 miliardi e la messa sotto accusa da parte dei soci azionisti degli amministratori succedutesi dal 1991 al 31 dicembre 1994, per falso in bilancio, dopo che i rilievi effettuati dagli ispettori della Banca d'Italia, per gli aspetti di carattere penali, sono stati inviati alla Procura della Repubblica di Napoli, sin dal gennaio 1996, ad oggi non si è avuto neanche un avviso di garanzia, agli ex amministratori, per i reati di cui sopra - falso in bilancio e false comunicazioni sociali per gli esercizi 1991, 1992, 1993 e 1994 -).
Ma è grave, nel caso del Banco di Napoli, che dirigenti di alto livello, sanzionati dalla Banca d'Italia con multe per inadempienze sulla legge bancaria, e sui controlli e sulla veridicità dei dati inviati all'organo di Vigilanza, siano ancora in servizio, per giunta in posti chiavi all'interno dell'Azienda e che continuino ad avere gratificazioni, quali promozioni o premi in denaro, senza che le autorità di vigilanza o gli stessi amministratori facciano nulla per relegare tali personaggi, legati alla Ventrigliana gestione, rimuovendoli da tali incarichi.
Per non parlare dell'assunzione da parte del Banco di Napoli di un alto dirigente della Società Pice-Wateraus (società che ha revisionato il bilancio del Banco negli anni 1992, 1993 e 1994), società alla quale il Banco ha chiesto un risarcimento di danni per 1.500 miliardi di lire per aver certificato i famosi bilanci dagli utili d'oro (1992, '93, '94), bilanci dimostratisi falsi, in quanto migliaia di miliardi di crediti in sofferenza, e quindi irrecuperabili, sono stati portati in bilancio come crediti vivi, senza che la predetta società muovesse alcun rilievo, anzi certificando la bontà dei quei bilanci.
Per tornare al credito dimezzato nel Mezzogiorno, non vorremo, invece, che la colonizzazione del sistema creditizio meridionale rientri in una visione più generale di «politica di sviluppo» del nostro Paese.


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Se ciò fosse vero sarebbe molto grave e le conseguenze per il futuro dello sviluppo meridionale si faranno sentire ben presto con effetti devastanti per l'intera economia del Mezzogiorno.

Le più significative Banche del Sud acquisite da Banche del Nord o liquidate

* Cassa di Risparmio di Puglia, Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania - acquisite dalla Cariplo;
* Banca Mediterranea - acquisita dal Banco di Roma;
* Banca Sannitica - acquisita dalla Banca Popolare di Novara;
* Banca Popolare di Napoli - acquisita dalla Credem;
* Banca della Provincia di Napoli - acquisita dal Credem;
* Banca dei Comuni Vesuviani - acquisita e venduta più volte da banche del Nord;
* Banca del Sud (ex Banca di Calabria) - acquisita detta Citybank prima e poi ceduta all'Ambroveneto;
* Banca Fabbrocini - acquisita dal S. Paolo di Torino;
* Banca Marsicana - acquisita dall'Anbroveneto;
* Popolare di Crotone, Popolare del Materano, Cassa di Risparmio di Salerno - acquisite da Banche del Nord;
* Sicilcassa - (liquidata ed incorporata nel Banco di Sicilia);
* Isveimer - liquidata
* Banca dei Comuni Nolani - acquisita dal Credito Emiliano
* Banca del Credito Campano - acquisita dalla Banca Popolare di Novara.

«Le banche del Sud? Poche e inefficienti, sottocapitalizzate, alla mercé degli istituti settentrionali, e spesso condizionate da pressioni esterne, di matrice politica.»
Un vero e proprio atto d'accusa che emerge dall'indagine condotta dalla commissione finanze della Camera dimostra chiaramente che nel passato i poteri forti della politica a braccetto con la criminalità hanno piegato e messo in crisi fiorenti istituti di credito della Campania.
Oggi il credito al Sud, soprattutto in Campania sta scomparendo, l'elevato livello dei tassi di interesse costringe numerose aziende di ricorrere a forme di finanziamento improprio, dietro le quali si cela sovente l'usura e l'intermediazione camorristica. L'esclusione dal credito ordinario riguarda circa i due terzi della piccola impresa nella regione Campania, difatti le piccole imprese del Sud pagano il denaro da 2 a 6 punti in più delle analoghe del Nord.
Questo sistema cosi fragile, poco competitivo con quello del Nord costringerà la nostra economia ed il settore del credito ad essere monopolizzato dai poteri forti della criminalità con i suoi forzieri in attivo ed una massa ingente di soldi da investire, l'economia trainante sarà gestita da un mercato nero quello del riciclaggio e dei reinvestimenti..
L'intero apparato socio-economico della Regione Campania sarà gestito da holding criminali.


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In questo contesto la presenza già nutrita sul territorio di finanziarie di varia entità e natura che operano sul mercato senza alcun controllo erogando prestiti con tassi di interesse notevoli potrebbero, se alcune non lo sono già, diventare società di prevalente capitale camorristico con impensabili conseguenze sulla legalità già compromessa della nostra regione.
Alcune ripercussioni negative sulla credibilità delle finanziarie si è avuta con i crac della SOCOFIM e della SlM-DE-ASMUNDIS, un esercito di piccoli e grandi risparmiatori sono rimasti senza una lira, alcune manovre messe in atto da furbastri prima del fallimento della DE ASMUNDIS ha consentito a pochi privilegiati di recuperare i loro risparmi, sarebbe interessante acquisire agli atti della commissione la documentazione della SOCOFIM e della SIM-DEASMUNDIS, conoscere, comprendere ed accettare il numero delle finanziarie sul territorio, relativo movimento di capitali e risalire con oculate indagini ai titolari delle stesse.
Per comprendere bene e meglio questo settore con i relativi pericoli di pervasione criminale si chiedano gli atti della indagine della commissione finanze della Camera sullo stato di salute delle banche del Meridione, svolta dal 1996 e ultimata nella prima decade di agosto.
Si richiedano gli esiti degli atti ispettivi effettuati dagli ispettori della Banca d'Italia sul Banco di Napoli ed inviati alla Procura della Repubblica di Napoli nel gennaio del 1996.
Avvalersi anche del recente studio Bankitalia; tale analisi dimostra che il Mezzogiorno non chiede prestiti alle banche, non investe perché i capitali destinati alle aree più depresse non garantiscono sufficienti margini di profitto alle imprese. «Al Sud la riduzione della dinamica del credito è spiegabile per i due terzi dalla debolezza della congiuntura e per un terzo circa dall'aumento del divario tra i tassi».

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