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LA GIUSTIZIA A NAPOLI E NELLA REGIONE CAMPANIA: ...COME FORTE ALAMO
Così come FORTE ALAMO dove un manipolo di uomini coraggiosi resisteva agli attacchi del preponderante numero di uomini e mezzi dell'esercito messicano, così a Napoli e nella regione resistono gli uomini di Legge alla costante aggressione ed occupazione del territorio dalla criminalità organizzata e dei suoi alleati, occulti e non.
Al contrario di chi all'interno del forte deve fronteggiare il solo nemico esterno che tende ad espugnarlo, i nemici, quelli potenzialmente più pericolosi si annidano all'interno dello stesso fortilizio, cinici soggetti assoggettati alla camorra, alleati organici alla «ALTA CAMORRA» vedi l'interposta persona mirabilmente tratteggiata dalla Real Commissione D'inchiesta SAREDO per Napoli sul capitolo GIUSTIZIA.
L'interposta persona. Dalle più umili bisogne presso l'usciere o il cancelliere, al patrocinio della causa presso il magistrato, fuori dall'udienza, l'intermediario è sempre sulla breccia, ora sotto le umili spoglie dello «stracina facenne» o del «paglietta», ora sotto l'abito più o meno usurpato dell'amico del giudice.
Spesso l'interposta persona è lo stesso basso ufficiale giudiziario, l'usciere, che offrono i loro servizi al cliente, facendosi credere anelli di congiunzione con persone influenti o con quelle che possono direttamente rendere utili servizi. Fra queste une vanno specialmente compresi i periti giudiziari i quali, salvo onorevoli e notorie eccezioni, sono il flagello delle aule giudiziarie di Napoli. Certo è che in questa classe si trova facile lo sviluppo di quel terribile crittogramma che è l'interposta persona. Né la stessa manca, come si è detto, nel patrocinio delle cause, per cui si assediano i magistrati prima e dopo la discussione, facendosi un lavorio insistente, petulante, che ha una denominazione speciale: assistere la causa. Ciò significa, apparentemente, fondare chiarimenti e spiegazioni al relatore, mettere a giorno delle questioni gli altri giudici; ma in realtà consiste nel tentare d'influire, con tutti i mezzi possibili, sugli animi dell'uno e degli altri. Di qui la triste leggenda, non ancora intieramente distrutta, malgrado i costanti e luminosi esempi di amministrazione serena della giustizia, che, cioè le cause non si vincano sempre con la difesa dell'avvocato.
Dato questo ambiente, si spiega come l'ex prefetto di Napoli e senatore del Regno, comm. Senise, abbia potuto scrivere alcuni anni fa, con parole, certo soverchiamente severe e troppo assolute:
«Molti magistrati a Napoli sono degnissimi ma l'azione della giustizia lascia a desiderare assai».
«Il palazzo di giustizia è un vero pandemonio, ove sono tutti gli intrighi, ove spesso la politica impera. In quel palazzo sono abitudini da sradicare. A Napoli chi inizia una causa comincia col chiedere quali siano gli amici del giudice.
Occorre che la magistratura non sia fondata da elementi locali; minore sarà il prevalere di essi e più si guadagnerà; poiché se il giudice può sottrarsi alla corruzione, non si sottrae facilmente alle simpatie, alla relazioni personali, alle amicizie ed anche alle inimicizie«.
Sono riportati ampiamente nei vari resoconti stenografici delle relazioni annuali sulla camorra le deposizioni scioccanti di alcuni pentiti sulle varie, notevoli penetrazioni operate da soggetti complici ed alleati della camorra nel comparto della giustizia. La devastazione di tali infiltrazioni con il piegarsi alla logica del potere dell'Alta Camorra composta da scaltri ed audaci borghesi inseriti nel tessuto istituzionale mina ed indebolisce lo stesso apparato della giustizia con il coinvolgimento in azioni delittuose degli stessi rappresentanti della Legge. Giova ricordare i vari procedimenti penali in corso nei confronti di magistrati come bisogna soprattutto capire se oggi la presenza istituzionale nelle commissioni giustizia della Camera e del Senato siano scevre da condizionamenti dell'Alta Camorra e delle altre associazioni similari e da «pressioni» di natura politica; è opportuno ricordare che in un passato non lontano la commissione giustizia della Camera è stata presieduta da un parlamentare coinvolto in vari procedimenti penali tra cui spicca l'associazione mafiosa, articolo416 bis, un vice presidente della stessa commissione, avvocato penale di notevole spessore coinvolto e rinviato a giudizio per connivenza con la camorra e di altri parlamentari componenti della commissione giustizia di Camera e Senato, coinvolti in procedimenti, ciò rilevato dalle autorizzazioni a procedere inoltrate agli uffici delle immunità e prerogative parlamentari.
La rete criminale può dislocarsi in funzione della debolezza della risposta giudiziaria?
Se questo può verificarsi perché ad oggi sono rimasti inascoltati gli allarmi lanciati in diverse sedi ed occasioni da magistrati e vari operatori della giustizia?
La situazione «di emergenza» netta quale si trovano ad operare le Direzioni distrettuali antimafia in Campania viene sempre rilevata nei vari convegni, incontri, audizioni In numerosi uffici gli organici insufficienti e talvolta i posti sono scoperti.
La quantità e la destinazione dei magistrati dovrebbero essere valutate in rapporto alla qualità ed al peso dei procedimenti che essi devono trattare. Pertanto è essenziale tener conto delle condizioni ambientali operando su questa base una revisione, d'intesa tra CSM e Ministero della Giustizia per intervenire nei casi più gravi.
Sarebbe opportuno verificare se esistono ancora nell'ambito giudiziario napoletano quelle illegalità riportate a pag. 31 della relazione conclusiva DOC. XIII n. 14, approvata dalla Commissione in data 18/2/1994 - XI Legislatura - Presidente Luciano Violante, capire se i rapporti politico-camorristici nel settore delle aste Giudiziarie e nella sezione fallimentare perdurano costituendo un'ulteriore forma di finanziamento della criminalità organizzata.
L'emergenza giustizia appare in modo rilevante dai dati che vengono snocciolati e resi pubblici, come quelli relativi agli Uffici giudiziari di Nola; la neonata Procura versa in condizioni disastrose per gli oltre 146 mila fascicoli di indagini preliminari pendenti e con solo 6 Pubblici Ministeri più il Procuratore con 22 magistrati in servizio nel
tribunale, di cui 6 al penale, personale amministrativo della Procura n. 28 unità, personale di polizia giudiziaria in Procura 18 unità. I Comuni di competenza sono 34 con una utenza di 600 mila persone. In una intervista rilasciata al quotidiano «Il Mattino» pubblicata il 27/9/98, il Procuratore di Nola ha denunciato la impossibilità di garantire il controllo della legalità perché la Procura non viene messa in condizioni di farlo. «Io mi domando: come fa un cittadino a chiedere giustizia, quando non si è in condizioni di assicurarla?».
Ci meravigliamo che gli imprenditori onesti vanno via, ma se non investiamo nella giustizia, destinando più risorse, se non consentiamo che gli uffici giudiziari possano lavorare a pieno regime, come è possibile rilanciare il SUD e la sua economia?
Sullo stesso quotidiano e nello stesso giorno il segretario dell'UNICOST, la principale corrente della magistratura, dott. Umberto Marconi, in una intervista rilasciata con riferimento alla denuncia del Procuratore di Nola, ha dichiarato: «È una sensazione esatta. Si discute di progetti faraonici quando vi sono realtà giudiziarie che avrebbero bisogno di interventi immediati e concreti. UNICOST metterà in campo tutto l'impegno possibile perché uffici periferici campani, come Nola, Torre Annunziata e Santa Maria Capua Vetere, possano essere messi in condizione di lavorare».
Lo stesso promemoria della DDA di Salerno del 20/5/1998 denuncia nelle pagine da 25 a 27 organici inadeguati alla qualità della criminalità organizzata di stampo mafioso operante nel distretto di Salerno e la inadeguatezza qualitativa e numerica della Polizia Giudiziaria.
Va elevato il tasso qualitativo complessivamente insufficiente. Da potenziare le sezioni di Polizia Giudiziaria che andrebbero meglio coordinate e dirette da ufficiali particolarmente qualificati. Una necessaria e maggiore attenzione nell'assunzione e nell'impiego del personale amministrativo, l'assoluta carenza qualitativa di proposte con particolare riferimento a quelle di natura patrimoniale per carenza di personale di polizia numericamente e qualitativamente attrezzato al tipo specialistico d'intervento; non v'è stata una selezione d'interventi con indagini sulle attività di personalità criminali particolarmente significative; non v'è stata un'adeguata utilizzazione della Guardia di Finanza; manca una «BANCA CENTRALE» che possa fornire, in tempo utile, dati riguardanti i patrimoni occulti e/o oggetto di riciclaggio.
Non è ancora maturata una cultura complessiva dell'importanza delle misure di prevenzione patrimoniali.
Inoltre le gravi carenze delle strutture e sicurezza, pag. 30 del rapporto, evidenziano gravi episodi avvenuti nel 1997 all'interno ed in prossimità del Palazzo di Giustizia; la poca idoneità per agibilità e sicurezza dei locali della Procura della Repubblica di Salerno, la mancata realizzazione di interventi sulla sicurezza hanno reso possibile la fuga di Autorino e Cesarano, figure di primo piano della Camorra.
La situazione attuale del Tribunale di S.Maria Capua Vetere è drammatica: il settore civile come in altri tribunali è al collasso. Le migliaia di cittadini, milioni nella intera Regione, vengono invischiati per anni in controversie che riguardano un condominio, un contratto di locazione, un sinistro stradale, il pagamento di somme; il «tutti
possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti»: articolo 24 della Costituzione divenuta solo declamazione e la giustizia appare ai loro occhi senza alcun valore. Gli oltre 20.000 processi pendenti presso le 4 sezioni di Assise con probabile decorrenza dei termini e relative scarcerazioni di detenuti imputati nell'indagine SPARTACUS entro l'aprile del l999 dovrebbero indurre la Commissione antimafia ad inoltrare al Ministero di Grazia e Giustizia le richieste avanzate dai magistrati nella riunione del comitato dell'ordine pubblico tenutasi a Caserta il 25/9/98 ed operare in tempi brevi su quanto di significativo ed indicativo è scaturito dalla suddetta riunione e dall'audizione tenutasi il 18/|$$|Aao/97 dai rappresentanti del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e delle preture circondariali di Caserta e Santa Maria Capua Vetere.
«Mi si disse a Roma di non preoccuparmi perché non mi sarebbe stato tolto più nessuno con anticipati possessi, come continuavo a sollecitare; mi si disse di stare tranquillo. Non era il massimo, ma per me era già qualcosa di significativo, di possibile: anche Cesare qualche volta non può essere coerente. Invece è avvenuto che, mentre io ho richiesto e sollecitato invano qualche anticipato possesso, fino ad ora ha avuto il piacere di vedermi trasferire due giudici da Santa Maria Capua Vetere, che per me è quel famoso avamposto degli uomini perduti che qualche persona di più tarda età può ancora ricordare nel panorama cinematografico italiano: ci sono stati sottratti dei magistrati invece che averli» (dichiarazione del dott. Domenico Mazzocca presidente del tribunale di Santa Maria Capua Vetere nell'audizione tenutasi a Caserta il 18/|$$|Aao/97 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia).
Lo stesso tribunale di Torre Annunziata opera in un comprensorio ad alto spessore criminale per le radici storiche della criminalità e la diffusa illegalità sul territorio dove la stessa rappresentatività camorristica ed egemonica per gli atti criminosi si manifestava con clan di chiara matrice ideologico-politica: da una parte il clan D'Alessandro simpatizzante o militante della D.C. dall'altra il clan Imparato (il professore rosso) schierato a sinistra.
Gli anni della grande conflittualità politica nella Castellammare di Stabia del cantierismo navale, vedeva impegnati questi soggetti a fronteggiarsi non solo con le armi, ma anche per cogliere il consenso politico. Ad oggi sarebbe interessante riaprire la pagina troppo presto strappata, della molte «misteriosa» di Imparato sul Faito, capire come e perché in quel periodo il D'Alessandro si trovasse agli arresti domiciliari e non ristretto in carcere per i gravi reati addebitategli. Una pagina di profondo significato per chi intendesse avere una risposta ai tanti interrogativi La carenza di organici del tribunale di Torre Annunziata restati ad oggi invariati malgrado la sua funzione perché contemporaneamente procura presso il tribunale e procura presso la pretura circondariale, malgrado questa doppia funzione dispone soltanto di nove magistrati, l'organico insufficiente comporta che il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale viene ogni giorno calpestato per l'esigenza di dare la precedenza a quei fatti di maggior rilevanza criminale.
Con una giurisdizione su ventitré comuni ad alta densità criminale (è uno dei maggiori circondari italiani ad alta densità criminale).
«Se si considera tutto questo è facile concludere che è veramente ridicolo continuare a tenere in piedi una struttura come quella della Procura presso il tribunale di Torre Annunziata con un organico di appena otto sostituti con tutta una massa di procedimenti che dicevo sono ai limiti della prescrizione, nel momento in cui ogni sostituto oggi come oggi dovrebbe sostenere un carico di oltre cinquemila procedimenti.
Allora, se veramente lo Stato e le sue istituzioni vogliono seriamente che questa istituzione continui a dare un contributo valido alla società, non si vede perché non si debba metterla in condizione di funzionare, ampliando in maniera adeguata e definitiva le piante organiche, sia dei magistrati, sia del personale ausiliario» (dichiarazione del dott. Alfredo Ormanni, Procuratore della Repubblica del tribunale di Torre Annunziata, nell'audizione tenutasi a Napoli il 17/06/97 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia).
La drammatica e consistente gravità della inadeguatezza degli organici presso la procura della Repubblica di Napoli, per l'assoluta sproporzione tra le forze disponibili e l'enorme vastità e gravità di fatti criminosi, assume rilievo eccezionale in un territorio dove la illegalità è endemica, dove il confine della legalità viene violato ogni giorno da migliaia di napoletani.
La peculiarità delle indagini, il riscontro sulle deposizioni dei pentiti gli accertamenti patrimoniali dei camorristi, la serie incessante di procedimenti penali aperti comportano un dispiegamento di mezzi ed uomini insufficienti a fare fronte alla pregnante occupazione del territorio da parte della camorra. La spada di legno impugnata dalla Giustizia ben poco può contro i sofisticati sistemi della criminalità operanti a Napoli, l'organico dei sostituti procuratori irrisorio e riduttivo, quasi voluto in quella logica del chiudere gli occhi sulla gravità del momento, per poi riaprirli esterrefatti sugli efferati crimini che bagnano di Napoli di sangue anche innocente. Gli stessi organici amministrativi supporto indispensabile al meccanismo delle funzioni della giustizia si inceppa per enormi vuoti negli organici.
«L'impressionante mole di materiale investigativo, relativo a centinaia di omicidi avvenuti negli ultimi dieci anni in Campania; materiale che, se sviluppato adeguatamente, consentirebbe di identificare le responsabilità del vero e proprio bagno di sangue verificatosi nel medesimo periodo (circa 1.500 omicidi) nel territorio di competenza di questo distretto. Ma lo sviluppo anzi detto, che consiste nella trasformazione del dato investigativo in elemento probatorio comporta un impegno del magistrato e della Polizia giudiziaria allo stato non consentito dal carico di lavoro sopportato» (da relazione pervenuta alla Commissione nel giugno '97 dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli).
"È una giustizia a due velocità, per fare un paragone, è come se la CAMORRA volasse, la Procura camminasse e il tribunale rimanesse fermo" (Corriere dì Mezzogiorno 1/10/97 - Commissione Criminalità del CSM).
L'assedio alla cittadella della giustizia cosi come Forte Alamo nella premessa, indica non solo i nemici esterni raffigurabili nella camorra che intende disarmare i magistrati e la Procura di Napoli, l'assedio continua potrebbe non significare il solo comunicato di un esercito
malavitoso e agguerrito, che con la «complicità» di leggi permissive rimpiazza i vuoti delle perdite inflittegli dai difensori del Forte Giustizia, ma anche il sostegno alla loro azione di delegittimazione degli organi giudicanti. Lo Stato che non manda rinforzi, che non fa sentire forte la sua presenza, che non adegua personale ed attrezzature nelle Procure diventa suo malgrado complice morale per i processi che non si celebrano; vedi scarcerazione di Luigi Moccia, 42 anni, uno dei figli di Anna Mazza la «vedova nera» della camorra che da un ventennio «guida» una delle cosche più potenti della criminalità organizzata, accusato di associazione a delinquere con una quarantina di pregiudicati tra i quali alcuni hanno fatto la storia della camorra negli anni '90, scarcerato dopo circa quattro anni, per scadenza dei termini della detenzione preventiva. Nonostante il lunghissimo periodo di carcerazione non era stata celebrata nemmeno una udienza. Altri grossi personaggi della criminalità nel passato sono riusciti ad uscire dal carcere, altri ancora se i processi non saranno celebrati, soprattutto i grandi processi ai capi storici della camorra, varcheranno le carceri dove sono ristretti. Uno Stato ed una legislazione che non sostengono il manipolo di coraggiosi difensori dell'ordinamento giudiziario, rendendo vani tutti gli sforzi profusi per contrastare la camorra e mina all'interno la cittadella della Giustizia.
Urge scovare e stanare tutti quelli che dentro l'ordinamento giudiziario operano a sostegno della criminalità, i soggetti dell'Alta Camorra che rallentano il corso della giustizia, per trarre benefici e vantaggi rilevanti.
Uno degli aspetti più rilevanti nel rallentamento delle attività processuali scaturisce dai processi ed udienze rinviate per astensione dei difensori (Allegato n. 2), gli allegati con i prospetti riepilogativi fotografano la situazione del tribunale di Napoli.
«L'unica cosa su cui voglio tornare è il discorso che ha fatto il collega Renzulli, riguardante il problema dell'astensione degli avvocati. Non vogliamo essere polemici, ma è certo che quello di Santa Maria Capua Vetere è il Consiglio dell'ordine che in assoluto ha indotto il maggior numero di giorni di astensione dal lavoro. Negli ultimi 5 anni, abbiamo avuto ogni anno una media di 5 - 6 mesi di astensione.
Tra astensioni e sospensioni del lavoro per le chiusure feriali ci si rende conto di quanto poco tempo rimane per fare le udienze.
Quindi, quei pochi procedimenti che riusciamo a mandare a giudizio (premetto che nel solo 1996 ne abbiamo definiti 3.500) non è possibile istruirli perché all'80 per cento vanno a finire in prescrizione, principalmente per lo sciopero degli avvocati. Lo chiamano astensione dal lavoro, più esattamente, ma in sostanza è uno sciopero».
Carmine Alemi, procuratore Capo della Repubblica presso la pretura circondariale di Caserta. Audizione del 18/06/97 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia.
- Rapporti con gli Avvocati di Salerno.
- Vi è stato, invece, e v'è forte dissenso in ordine alle ripetute astensioni dalle udienze avvenute nel corso degli ultimi anni e anche di recente (dal Procuratore aggiunto delegato alla Direzione Distrettuale Antimafia di Salerno dott. Luciano Santoro).
«Il fenomeno è diventato più grosso di quanto possa essere la capacità di risposta dell'organizzazione giudiziaria. Non è un mistero la carenza di uomini di magistrati, di organizzazione che aveva già penalizzato in un certo senso l'attività giudiziaria. Abbiamo avuto momenti di stasi abbastanza preoccupanti dovuti anche a certe situazioni conflittuali sul piano del dissenso da parte degli avvocati »che hanno rallentato la conduzione di procedimenti anche abbastanza importanti e questo non è senza conseguenze perchè l'attività efficace, immediata, direi completa ed esauriente della giustizia può costituire una remora abbastanza incisiva in senso generale, di quella camorristica in particolare. (Enrico Valanzuolo, Procuratore generale della Corte d'Appello di Napoli audizione del 17.06.97 davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia).
«Naturalmente queste frequenti e pluriennali astensioni hanno comportato il ripetuto rinvio di un numero elevatissimo di processi che - per gli anni decorsi - è stato possibile determinare soltanto con calcoli largamente approssimati per difetto perché basati sul controllo degli «statini» di udienza, in passato non sempre consegnati dai sostituti e non tutti reperibili a distanza di tanto tempo.
Si può tranquillamente affermare che le astensioni degli avvocati sono state la causa unica della mancata conclusione di almeno un quarto del totale dei processi fissati in ciascuna delle udienze disertate.
Inoltre, considerato che - in media per ogni processo sono citati a comparire almeno tre testimoni, due dei quali appartenenti alla P.G., si può realisticamente calcolare che nei cinque anni in questione lo Stato ha sopportato il carico dell'inutile citazione di parecchie migliaia di testimoni, due terzi dei quali costituiti da carabinieri, poliziotti e guardie di finanza inutilmente distolti dai compiti d'istituto. Senza contare l'altrettanto inutile impiego delle 2 o 300 unità di carabinieri necessarie per le scorte quotidiane degli imputati detenuti.
Appare opportuno mettere in evidenza che le conseguenze più gravi del disservizio potranno essere verificate soltanto a distanza di tempo, non solo per le prevedibili prescrizioni future di numerosi reati, ma anche per le inevitabili scadenze dei termini massimi di custodia cautelare nei successivi gradi dei giudizi (Appello e Cassazione), che determineranno la scarcerazione di pericolosi delinquenti già dichiarati colpevoli, almeno in primo grado, di gravissimi delitti«. (Allegato T oggetto: Relazione sull'astensione degli avvocati penalisti a firma del Procuratore Aggiunto della Repubblica dott. Roberto D'Aiello -consegnato dal Procuratore della Repubblica di Napoli A. Cordova e arrivato alla Commissione Antimafia il 09.02.995 - prot. 1515).
Alcune proposte devono essere formulate dalla commissione parlamentare antimafia in relazione al grave permanere di carenze organizzative in uffici giudiziari particolarmente esposti; è impossibile che le procure della Repubblica di Napoli di Santa Maria Capua Vetere, di Salerno, di Nola di Torre Annunziata riescono a far fronte a tutti gli impegni giudiziari con organici sottodimensionati con grave nocumento di tutte le indagini espletate e per gli arresti eseguiti di notevoli esponenti della camorra, i cui processi potrebbero non essere celebrati.
- Che non bisogna incorrere negli errori del passato e di intervenire ed attuare tutte le sinergie istituzionali per far riacquistare efficacia e continuità all'azione di contrasto.
Bisogna individuare una scala di priorità nella copertura di posti vacanti, priorità, in ogni caso va data alle procure della Regione Campania dove è più intenso lo sforzo investigativo; oltre alla copertura di posti vacanti considerata l'eccezionalità della Regione Campania e la città di Napoli sottoposte all'aggressione criminale, prevedere un reclutamento di nuovi magistrati.
Predisporre un più razionale ed efficiente sistema di banche dati e di informazioni sulla camorra e sue diramazioni nel territorio italiano ed estero tra le procure distrettuali, la procura nazionale antimafia e dipartimenti esteri. Altresì bisogna omogeneizzare il rendimento delle procure distrettuali, tanto in aree di tradizionale insediamento camorristico, quanto nelle zone di più recenti penetrazione.
Disciplinare il diritto di sciopero degli avvocati le cui astensioni hanno rallentato la conduzione di procedenti importanti con gravi ripercussioni della ripresa processuale e delle macchina giustizia.
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