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1. Un capitolo incompiuto
Lunedì 13 Giugno 1995 scatta l'operazione «Katana»: 63 ordinanze di custodia cautelare nell'ambito del filone economico dell'inchiesta sulle ramificazioni del clan Alfieri. Nella vera e propria retata eseguita dai Carabinieri del ROS finiscono 56 tra imprenditori, tecnici e funzionari. Tutti protagonisti del grande affare della ricostruzione. Si tratta di imprenditori che avevano gestito assieme al crimine organizzato il sistema degli appalti. Tra gli arrestati spiccano i nomi di Giuliano Cava, direttore tecnico della Consortile CoopSud, il costruttore di area PCI-PDS Paolo De Luca, il responsabile del CIPE Aldo Linguiti, l'imprenditore Pasquale Giustino, il consigliere regionale della sinistra socialista Tommaso Casillo. È questo soltanto un capitolo della vicenda rimasta ancora in parte inesplorata dei rapporti tra crimine organizzato ed imprenditoria. Una vicenda che ha suscitato polemiche a non finire. Il 18 Novembre 1993 il quotidiano milanese «Il Giorno» accusa il pool di magistrati composto da Luigi Gay, Antonio Laudati, Franco Roberti, Paolo Mancuso e Gianni Melillo di aver dimenticato alcune pagine dell'interrogatorio in cui il pentito Pasquale Galasso raccontava di accordi tra le cooperative rosse e la camorra vincente. Roberti, Mancuso e Melillo contrattaccano: «È un siluro contro l'inchiesta, dichiarano, una manovra abbastanza scoperta che si presta a scopi strumentali. Ce l'aspettavamo.
La replica del quotidiano milanese non si fa attendere:
«perché un'interpretazione di Galasso sul rapporto, imprese e politici verbalizzata a proposito del rapporto tra camorra e cooperative viene trasferita di peso nella richiesta di autorizzazione a procedere contro un uomo politico ( si tratta dell'ex ministro Pomicino) che, almeno in questo episodio, non compare? Sette mesi e mezzo non sono troppi per rendere nota un'indagine così importante? Sappiamo bene - conclude la replica de »Il Giorno« - che oggi il semplice dubbio che un magistrato possa sbagliare è peccato mortale. Ma non possiamo farci nulla: dubitare fa parte del nostro mestiere».
La polemica si trascina da tempo. E si innesta anche su una inopportuna presenza dell'allora Presidente dell'Antimafia Luciano Violante ad una manifestazione anticlan organizzata dall'ex vicesindaco di una giunta sciolta per camorra a Poggiomarino, il feudo del camorrista Pasquale Galasso. E proprio Galasso il 13 Luglio 1993 davanti alla Commissione Antimafia sottolineava il suo totale controllo sulla vita politico-amministrativa di Poggiomarino dichiarando:
«Un passaggio di sindaco o vicesindaco si poteva risolvere se c'era il gradimento del camorrista del momento. Io all'epoca ero appunto il camorrista del momento».
Sulla vicenda dei rapporti tra camorra ed i settori dell'imprenditoria e della cooperazione vicini al PCI-PDS è stato fino ad ora, anche
nelle relazioni della Commissione Antimafia, seguita una linea omissiva e quasi di autocensura. Eppure a Napoli si rischia la stessa implosione che a Brindisi con il caso Forleo sta coinvolgendo uomini e ambienti dello stesso partito.
Tanto è vero che bisogna aspettare il 1983 perché sia avviato un serio lavoro investigativo tra camorra e sistema delle imprese, come emerge dall'udienza del 22 ottobre 1996 della Prima sezione della Corte di Assise di Napoli.
Il 28 Novembre 1998 a pag. 9 de «Il Corriere della Sera» è pubblicata una corrispondenza da Brindisi dell'inviato Carlo Vulpio. Nell'articolo si riporta l'intreccio inquietante dei rapporti tra settori della questura di Brindisi e mafiosi della Sacra Corona Unita. A parlare è un poliziotto della questura di Brindisi Cosimo Vindice, 48 anni. Insieme ad altri suoi tre colleghi - Alberto Grassi, Franco Vilauro, Angelo Elia- si recò a Roma nel 1994 per informare il Siulp di quanto stava avvenendo a Brindisi. Non ci furono risposte. I quattro agenti allora decidono di parlare con un giornalista, Leonardo Sgura vicino all'onorevole Bargone. Ed ecco il resoconto delle dichiarazioni dei quattro agenti pubblicato dal quotidiano milanese: «....La sera stessa invece di venire da noi il giornalista, viene Forleo. Ci guarda sorridente e ci chiede:
«Qualcosa non va? È tutto a posto? «Abbiamo chinato la testa e abbiamo detto di sì». E ancora: «quando ci rivolgiamo a Bargone e gli raccontiamo tutto, lui ci dice che siamo estremisti». I poliziotti vengono ascoltati anche dall'Antimafia: «Siamo stati sentiti nel '91 - afferma Vindice - sia dalla commissione, che venne in visita qui, sia nella sede del PCI-PDS, in via Osanna, perché noialtri eravamo e siamo tutti simpatizzanti di quel partito. Erano presenti Bargone e lo stesso Violante».
Anche nella vicenda napoletana si verificano dei comportamenti non molto diversi. Risulta incomprensibile la durissima polemica scatenata dall'onorevole Violante contro il Procuratore Cordova nella sede dell'Unione Industriali di Napoli pochi giorni dopo un disperato messaggio dell'imprenditore Paolo De Luca che dichiarava la sua innocenza per il coinvolgimento nell'inchiesta sugli appalti della ricostruzione e sui rapporti con il clan Alfieri.
Quell'attacco dell'Onorevole Violante al Procuratore Cordova creò un clima di tensione tra la Procura e la classe politica. Un clima di tensione che dura tuttora.
1.1 La sottovalutazione del fenomeno
Dobbiamo evidenziare con forza il danno arrecato nella lotta alla camorra da quegli stupidi ed interessati ottimisti che hanno pensato ad una definitiva sconfitta della camorra, a seguito della cattura di alcuni importanti «padrini» dell'organizzazione, come Alfieri e Galasso; altri, poi, con evidente malafede, hanno affermato che il cambiamento della classe politica dirigente avutosi in questi anni rompeva l'asse politica-affari... camorra individuato da tante inchieste giudiziarie.
L'assurdità ditale valutazione è sotto gli occhi di tutti, con una camorra che è ancora sul territorio, certamente più forte di prima. Questi falsi profeti non hanno tenuto conto che la camorra dimostra purtroppo un'infinita capacità di rigenerarsi continuamente, grazie anche ad un'eccezionale forza di reclutamento di nuovi adepti, in un tessuto sociale ed economico che presenta pressoché infinite possibilità di collaborazioni, causa la sua estrema debolezza e povertà.
Va poi sottolineata la grave responsabilità delle forze politiche di Governo, che hanno sistematicamente eluso la questione camorra,
nonostante i continui appelli che, almeno da tre anni, il Procuratore delle Repubblica, dr. Cordova, rivolge alle autorità preposte, con richieste, finora totalmente disattese, di potenziamento degli organici della Procura e della Polizia Giudiziaria.
Le forze politiche di governo non solo non hanno sostenuto il Procuratore Cordova nelle sue più che giuste richieste ma hanno anche cercato d'isolare Lui ed alcuni suoi validi sostituti, anche a volte con infondati attacchi personali su argomenti triti e ritriti.
La verità è che, per la sinistra napoletana, Cordova ed alcuni suoi sostituti sono colpevoli, con i loro richiami ai pericoli della camorra, di non essersi associati allo stucchevole coro dei sostenitori del «nuovo rinascimento napoletano» inventato dal Sindaco Bassolino e propugnato dovunque dalla grancassa pubblicitaria comunista.
La sinistra ha perciò cercato e cerca tuttora di delegittimare il lavoro di questi Magistrati, a volte grazie alla compiacente collaborazione di interessati avvocati, a volte grazie ad articoli di stampa riconducibili a testate di regime, a volte sulla base di dichiarazioni di note «Toghe rosse» sempre più insofferenti verso l'autonomia e l'indipendenza dal potere politico dimostrata dal Procuratore Cordova e da alcuni suoi sostituti, infine attraverso l'annuncio di improvvide iniziative di qualche parlamentare che, per i legami della sua famiglia con organizzazioni indagate, farebbe meglio a stare zitto.
1.2 L'intreccio politica-affari-camorra
La campagna di delegittimazione della Procura di Napoli tenacemente perseguita dalle forze politiche della sinistra non è casuale ma è il frutto di un preciso disegno mirante ad evitare che importanti indagini giudiziarie in corso siano portate a termine, con l'assunzione dei consequenziali provvedimenti, che dimostrerebbero palesemente le gravi responsabilità esistenti in una parte del mondo politico della sinistra, finora misteriosamente scampato alle indagini di tangentopoli.
Il riferimento è in particolare alle inchieste giudiziarie sulla SO.FI.MER. (Società Finanziaria Meridionale), sull'I.D.I. S. (Istituto per la diffusione della scienza) e sull'emissione dei Buoni ordinari comunali da parte del Comune di Napoli e conseguente acquisto da parte dell'azienda napoletana di mobilità.
Senza entrare nel merito delle singole inchieste per rispetto del segreto istruttorio, possiamo però affermare con assoluta certezza che emergono gravissimi reati, che vanno dalla corruzione al finanziamento illecito dei partiti, dal falso in bilancio, alle false fatturazioni, all'evasione fiscale ed alle false comunicazioni sociali, dalla malversazione all'abuso di ufficio fino all'associazione a delinquere, atteso il carattere ripetitivo e le modalità organiche e scientifiche nel compimento dei delitti.
Questi gravissimi reati coinvolgono larga parte della nuova classe dirigente napoletana e preoccupano particolarmente il Partito democratico della sinistra, e perciò si assiste ad azioni di ogni sorta per intimidire i Magistrati della Procura ed evitare che queste indagini facciano il loro corso.
Non è chi non veda come lo scontro in atto tra la sinistra e gli uffici inquirenti finisca oggettivamente col favorire gli interessi della camorra, che ha solamente da prosperare da una situazione di debolezza degli uffici della Procura.
È, d'altro canto, significativo che, nell'ultima consultazione amministrativa per il Comune di Napoli, il PDS è risultato fortemente votato, ben al di là della media cittadina ed oltre le precedenti elezioni, proprio nelle zone di Bagnoli, di Barra e di Ponticelli, quartieri a forte presenza camorristica, nei quali sono programmati i maggiori investimenti del Governo e del Comune di Napoli, con le previste realizzazioni di Bagnoli e di Napoli-Est che determineranno lucrosi appalti, sui quali la camorra ha già puntato i propri obiettivi, attraverso le nuove alleanze col ceto politico oggi predominante.
Al riguardo, sono interessanti alcune inchieste giudiziarie in corso, sia sulle ditte impegnate a Bagnoli nei subappalti dei lavori di bonifica dell'ex-stabilimento dell'ITALSIDER, sia sul riciclaggio di danaro di provenienza illecita che vede coinvolto qualche noto imprenditore di chiara provenienza politica.
1.3 La voglia d'insabbiare
La nostra denuncia sui tentativi di isolare il Procuratore Cordova ed alcuni suoi sostituti al fine di impedire che giungano al termine alcune inchieste non gradite al PDS non origina da nostro spirito fazioso ma nasce dalla volontà di evitare recenti e passate esperienze, allorquando, ad esempio, il sostituto Paolo Mancuso, capo della direzione distrettuale antimafia, promosso dal Governo Prodi, vicedirettore dell'Amministrazione penitenziaria, noto esponente di Magistratura Democratica, sulla base di risibili criteri di competenza territoriale, negando un'evidente unitarietà delle indagini, spezzettò in più filoni, inviandoli a Procure diverse, che finora non hanno compiuto ulteriori atti investigativi, la più completa ed approfondita indagine che sia stata finora compiuta in Italia, sul sistema dell'illecito finanziamento al PCI/PDS, attraverso le cooperative rosse ed una molteplicità di società legate al sistema economico della Lega Nazionale delle Cooperative.
Questa indagine descritta da una relazione di mille pagine, condotta dai ROS dei carabinieri su delega della Procura di Napoli, sorretta da una serie di intercettazioni telefoniche e da verbali d'interrogatorio con gravi ammissioni di responsabilità di vari dirigenti di cooperative ed aziende della Lega, dimostra in modo inoppugnabile la completa partecipazione del PCI/PDS al sistema illecito delle spartizioni e del finanziamento della politica, che ha portato alla distruzione di alcuni partiti politici ed ha viceversa, finora, completamente salvato il PCI, che ne ha anzi approfittato sul piano del consenso elettorale, propugnando una moralità che, alla luce di queste indagini, dimostra di non possedere affatto.
In particolare, l'indagine ha consentito di ricostruire un articolato e vasto sistema d'intrecci societari tra una miriade di compagini sociali di diversi tipi, di un gruppo scelto di funzionari e dirigenti riconducibile al sistema della Lega delle cooperative e Mutue, e un complesso
quanto variegato mondo economico finanziario, che oltre a mantenere in vita numerose realtà cooperative prive di qualsiasi valore di mercato consente la creazione di movimenti di danaro fittizi deputati a sostenere quel substrato politico di cui tutto il mondo della cooperazione risulta intriso.
Infine, le numerose intercettazioni telefoniche esperite sulla sede campana della Lega delle Cooperative permettono di accertare l'esistenza di un cordone ombelicale indissolubile tra quella realtà economica ed il PCI/PDS.
Allo stato degli atti, appare evidente che quell'inchiesta è stata intelligentemente insabbiata, analogamente a quanto era già avvenuto in passato, in altra inchiesta, scaturita dalle dichiarazioni del geom. Goglia Domenico, ex-dirigente delle cooperative rosse, che in un verbale, qui allegato insieme con altro, dimostra la piena partecipazione del PDS al finanziamento illecito della politica, i rapporti tra dirigenti del PDS e delle cooperative con esponenti della camorra casertana, e dà anche una spiegazione sul famoso intervento del Presidente della Camera dei Deputati on. Violante che tuonò contro la Procura di Napoli perché non procedeva sollecitamente nei confronti della camorra casertana.
Le affermazioni del geom. Goglia , che l'Autorità giudiziaria ritiene credibili, atteso che il Goglia gode tuttora di un «programma di protezione» forniscono uno spaccato inquietante dei rapporti tra politica, affari e camorra, tuttora esistenti, ma anche su queste dichiarazioni la direzione distrettuale antimafia non ha ritenuto di dover procedere.
La lettura dei due verbali delle dichiarazioni rese dal Goglia dimostra la fondatezza delle nostre affermazioni e chiama pesantemente in causa la direzione distrettuale antimafia che, a distanza di tre anni, non ha svolto alcuna indagine.
Che ci sia stata qualche «stranezza» nell'attività di questo ufficio diretto dal dr. Paolo Mancuso è una nostra antica convinzione! Così come non abbiamo mai condiviso la scelta di politica giudiziaria che ha portato all'utilizzo delle collaborazioni di numerosi pentiti, fra tutti Carmine Alfieri e Pasquale Galasso. Se, infatti sono stati ottenuti risultati molti positivi dalle dichiarazioni dei «pentiti» nell'accertamento delle responsabilità relative ad una serie numerosissima di omicidi compiuti dall'organizzazione criminale e rimasti fino a quel tempo impuniti, è altrettanto vero che non è stato ottenuto alcun successo nel recupero dei capitali provento dell'attività camorristica, che non solo sarebbe stato utile restituire alla collettività, ma che probabilmente è parte integrante della struttura delle nuove organizzazioni camorristiche, che perpetuano l'opera dei loro predecessori.
Ma, insomma, non è stata la stessa Direzione antimafia che ha più volte affermato che la camorra di Alfieri era una «holding» criminale capace di fatturare anche mille miliardi all'anno? Ebbene, arrestati e pentitisi Alfieri e Galasso, dove sono i proventi di queste attività? Se la camorra di Alfieri era una «holding» con un simile fatturato, allora, questi «privilegiati» pentiti devono collaborare per la loro restituzione; se, invece la camorra era una banda di squattrinati, proprietaria di qualche supermercato a Saviano, che sembra finora l'unico bene
recuperato, significa che la direzione distrettuale antimafia ha raccontato frottole sulla consistenza del patrimonio camorristico.
La politica giudiziaria perseguita nell'utilizzo delle dichiarazioni dei pentiti non appare perciò un quesito peregrino, anche perché sarebbe molto grave se la direzione antimafia di Napoli non avesse colto l'importanza del sequestro dei capitali camorristici quale momento fondamentale nella lotta alla camorra, preferendo, magari inseguire le confessioni dei «pentiti» lungo itinerari più comodi, come quello sui rapporti con uomini politici a fine carriera, sui quali i pentiti sono stati sempre prodighi di notizie, quasi a voler compensare i lunghi silenzi sulle loro consistenze patrimoniali.
In definitiva, potrebbe delinearsi uno scenario da brividi nel quale si sarebbe verificata una sorta di «scambio di esigenze» tra magistrati e camorristi, più sensibili gli uni alla pista politica, più sensibili gli altri alla conservazione del proprio patrimonio illecito.
La Commissione Antimafia ha il dovere di approfondire questo aspetto, anche per restituire a questi Magistrati una dignità che rischia obiettivamente di venir meno per il diffondersi dell'opinione pubblica di questo pericoloso convincimento sullo «scambio delle esigenze», col rischio di depotenziare in maniera fatale il prosieguo della lotta alla criminalità organizzata, che perderebbe così il sostegno della gente.
OGGETTO: Verbale di interrogatorio di persona sottoposta alle indagini:
GOGLIA Domenico, nato ad Acerra in data 11/11/1940, residente a Caserta in via Verdi n. 6, geometra.
L'anno 1996, il giorno 10 del mese di marzo, in Torino ufficio dell'avv. Andrea V. COSTA, via Valfrè nr. 14, alle ore 11,30.
È presente avanti a Noi Ufficiali ed Agenti di Polizia Giudiziaria:
Capitano Giuseppe DE DONNO;
appartenente al Reparto in intestazione, è presente GOGLIA Domenico, sopra meglio generalizzato, il quale viene sentito in ottemperanza alla delega di indagine del Procuratore della Repubblica di Napoli, dr. Agostino CORDOVA, quale persona sottoposta alle indagini, alla presenza del proprio legale di fiducia, avv. Andrea V. Umberto COSTA, del Foro di Torino.
Confermo quanto dichiarato nelle precedenti occasioni e ribadisco la mia volontà di collaborare con l'Autorità Giudiziaria, ritenendo ogni circostanza a mia conoscenza.
Preliminarmente vorrei ricordare quanto dichiarato a proposito dei rapporti intercorrenti tra cooperative emiliane, C.C.C. in particolare, e PCI-PdS. Il legame esistente tra le due strutture, così come ricostruito ed indicato, deve costituire la premessa fondamentale per comprendere pienamente quanto sto per riferire.
Per quanto attiene i lavori ferroviari per la costruzione della linea ad alta velocità (TAV) posso dire quanto segue. Nei primi tempi di gestazione di tali lavori, alla prima costituzione dei consorzi incaricati di gestire le opere, il C.C.C. di Bologna non risultava inserito né risultavano inserite cooperative ed rosse. Per evitare di restare esclusi da questo gigantesco affare che avrebbe comportato ingenti guadagni per le imprese e conseguenti ingenti tangenti per gli sponsor politici, il consorzio decise di attivare il partito in sede centrale per intervenire duramente. La prima iniziativa venne presa da Renzo AMODEO, che d'intesa con i vertici bolognesi, contattò il segretario napoletano della DC, di cui adesso non ricordo il nome, ma posso dire che siamo nel 1990-1991 per richiederne l'intervento in sede romana. L'incontro
avvenne nella sede consorzio di via Alcide DE GASPERI a Napoli, in un giorno in cui casualmente ero presente la quegli uffici per altre incombenze. A rigor del vero, ebbi modo di ascoltare alcuni passi dalla conversazione poiché ero seduto in una stanza attigua a quella dell'AMODEO e potevo, così sentire involontariamente il colloquio. In quella sede l'AMODEO rassicurò il suo interlocutore che, in caso di assegnazione di quote lavoro, il consorzio avrebbe pagato una tangente al partito, se non erro per un importo pari a circa tre miliardi. Non deve meravigliare che il primo intervento l'AMODEO lo rivolgesse al segretario cittadino della DC, in quanto questi rappresentava il primo passo per attivare il consorzio TAV con uffici anche a Napoli, poi era molto intimo dell'AMODEO e aveva il proprio ufficio nello stesso stabile del consorzio. Le premure vennero ribadite in sede romana e il partito decise di intervenire duramente. Di tale attività uno dei maggiori attivisti fu il Sen. Ferdinando IMPOSIMATO, che riuscì ad imporre nelle giuste sedi decisionali l'ingresso del Consorzio Costruzioni di Bologna nei lavori, con una quota del 3% dell'importo delle opere da realizzarsi e con l'assegnazione dei lavori maggiormente interessanti la regione Campania e la provincia di Caserta in particolare.
Sono a conoscenza di queste fase perché ero interessato ad ottenere incarichi professionali, quanto meno per i lavori di natura elettrica e proprio a tale proposito mi associai allo studio PRISMA Engineering di Padova, degli ingg. AGOSTINELLI e VIERI. A tale fine, feci partecipare ad alcune riunioni presso il C.C.C. di Napoli anche l'ing. AGOSTINELLI. Nel corso di queste riunioni si discuteva molto dell'approssimarsi dei lavori del TAV, anche se essi apparivano alquanto lontani, ma un impegno di tal genere richiedeva una preparazione non facile da realizzare. Alle riunioni, ricordo con certezza, partecipavano io, Renzo AMODEO, l'ing. Antonio BORRELLI della cooperativa CO.NE.SA, e l'ing. Peppe FORMISANO. Nelle riunioni si discuteva, anche del problema dei rapporti con la criminalità organizzata, fattore che non poteva assolutamente trascurarsi, per tutte le ragioni che credo di aver già spiegato nei precedenti verbali. Ricordo che nel 1993, le riunioni riguardavano anche alcuni aspetti tecnici per la realizzazione delle opere. Dico questo perché i progetti che circolavano, e dai quali io avevo acquisito le notizie per il mio interesse ai lavori elettrici, erano quelli relativi ai progetti di massima, che però richiedevano già delle varianti in relazione all'esecuzione pratica dei lavori, per cui bisognava adeguare le opere. Ricordo adesso che i progetti per gli impianti elettrici erano stati predisposti da una impresa di Caserta, che si serviva per la riproduzione delle copie dall'impresa di FALCE di Caserta, che io conosco personalmente.
L'intervento del sen. IMPOSIMATO nella gestione dei rapporti per i lavori del TAV trova anche spiegazione in altre circostanze e fatti a mia conoscenza.
Vorrei a questo punto manifestare la mia preoccupazione per quanto sto riferendo perché trattasi di fatti che ritengo particolarmente delicati e complessi e coinvolgenti interessi troppo grandi che
mi fanno temere per la mia incolumità e per la mia sicurezza personale anche da un punto di vista processuale.
Il Sen. IMPOSIMATO, per quanto mi risulta, ha interessi personali di natura economica nella cooperativa CO.NE.SA., una delle più grandi realtà imprenditoriali della Lega delle Cooperative in Campania. E spiego come faccio ad affermare ciò.
Alcuni anni addietro, circa dieci o poco meno, la cooperativa CONESA era sull'orlo del fallimento. Solo l'intervento diretto dell'IMPOSIMATO sugli organi decisionali del C.C.C. permise alla stessa di ottenere una quantità enorme di lavori che ne risollevarono le sorti e la posero in posizione di netta preminenza in tutta la regione. L'Arch. Vincenzo BORRELLI, fratello di Antonio, il dirigente della CO.NE.SA., cui ho più volte accennato, ha ottenuto numerosi incarichi professionali, soprattutto per quanto attiene alla realizzazione di piani urbanistici, tramite il PCI-PdS, divenendo anch'egli un punto di riferimento professionale. Credo che basti controllare le cessioni di lavoro fatte dal C.C.C. alla CO.NE.SA. per rendersi conto di quanto sto dicendo.
Ho saputo, poi, dell'interesse economico dell'IMPOSIMATO nella cooperativa una, prima volta nel 1991, in occasione di alcuni lavori per la 167 di S. Nicola La Strada. In quella circostanza venne preferita dal consorzio la cooperativa CO.NE.SA. ad altra impresa di costruzione di DI PIETRO Enrico (di cui ho parlato a proposito dei lavori della 167 di S. Nicola La Stada), che aveva anche un cantiere di imbarcazioni ad Agnano, e che aveva avuto precedenti incontri a ciò finalizzati con Renzo AMODEO. Proprio a seguito di tale esclusione il DI PIETRO incontrandomi per altre ragioni ebbe a lamentarsi con me del torto che riteneva di aver subito e mi disse che ciò era dovuto al fatto che la CO.NE.SA. era del sen. IMPOSIMATO, che l'aveva salvata dal fallimento entrandoci direttamente e che quindi il consorzio per direttive politiche doveva favorirla ad ogni costo. Tale circostanza mi venne, successivamente, confermata anche da Renzo AMODEO, nel corso di un incontro presso il consorzio. Sempre quest'ultimo, anche a seguito di mie richieste specifiche, volte a conoscere il perché in alcune riunioni del consorzio dovesse parteciparvi il BORRELLI e il perché del trattamento estremamente preferenziale che la cooperativa otteneva, mi esplicitò molto chiaramente e senza perifrasi che l'IMPOSIMATO aveva investito, pur senza comparirvi direttamente o personalmente, proprie risorse nella cooperativa e che, per il ruolo e l'importanza del personaggio in seno alla struttura di partito, almeno nella regione Campania, doveva essergli accordata qualsiasi sua richiesta.
Queste notizie mi risultarono veritiere anche perché Antonio BORRELLI aveva un rapporto troppo confidenziale con il senatore, che spessissimo era suo ospite sull'imbarcazione lussuosissima del BORRELLI (ormeggiata al molo di Mergellina a Napoli).
In una successiva occasione, nel 1993, dovevano gestirsi i lavori di ristrutturazione di un edificio scolastico di S. Nicola La Strada, situato di fronte al municipio, che dovevano essere assegnati alla cooperativa Edil Atellana. Questa, nella persona del signor TESSITORE (con telefono nr. 0337/903692), rifiutò di anticipare il cd. Cadeau di 20 milioni al sindaco di quel centro, per cui la gara venne fatta assegnare ad altra impresa del casertano, appartenente a CAPOLUONGO Giancarlo.
In un colloquio con il TESSITORE, preliminare alla gestione di tale lavoro, presente anche l'ing. Gigino RICCIARDI della Coopcostruzioni, che aveva la sede nello stesso edificio dell'Edil Atellana all'uscita dell'autostrada Caserta Nord (successivamente tratto in arresto per vicende coinvolgenti tale cooperativa nei lavori di S. Leucio), questi mi confermò integralmente quanto sopra detto a proposito degli interessi del sen. IMPOSIMATO nella CONESA. Anche in successive occasioni di incontro con il RICCIARDI questi confermò le notizie sulla CONESA, che ormai era divenuta la vera "perla del consorzio" nell'intera regione.
Alla CONESA, per quanto mi risulta, dovranno essere affidati lavori anche per l'alta velocità e una gran parte dei lavori che il consorzio gestisce passano materialmente per detta cooperativa.
La CONESA non ha assolutamente la struttura tecnica e tecnico-amministrative per poter gestire tale mole di lavoro, con un bilancio annuo che varia dagli otto ai dieci miliardi. La maggior parte dei lavori che essa ottiene vengono poi rigirati in regime di subappalto, autorizzato o meno, ad altre compagini sociali, che eseguono per loro conto le opere. Una semplice analisi dei lavori che la cooperativa dovrebbe gestire metterebbe in luce l'assoluta insufficienza anche delle maestranze a ciò adibite, rendendo chiaro il ruolo preminente della stessa nella gestione dei lavori e nel successivo riaffidamento, proprio in virtù di quel ruolo che le è riconosciuto. Essa si serviva, e credo che lo faccia ancora, di servizi di consulenza di studi professionali collegati al C.C.C. o alla Lega, che sopperivano alla propria carenza. Non credo neanche, ma di ciò non ho certezza assoluta, che la CONESA disponga di attrezzature e mezzi di cantiere per l'esecuzione dei lavori edili o riferiti a esigenze pubbliche.
Conosco, come mi chiedete, dei rapporti intercorrenti tra il sen. IMPOSIMATO e il geom. ERRICHIELLO. Devo dire che lo conosco personalmente unitamente al figlio, Roberto - ingegnere -, di cui ho ampliamente parlato nelle precedenti occasioni. cedenti occasioni. Proprio per averlo appreso da quest'ultimo, posso dire che il padre, il sen. IMPOSIMATO e SANTONASTASO si interessarono delle fasi costitutive del consorzio CEDIC di Caserta, per la vendita del calcestruzzo.
Alcuni anni addietro, sette - otto, sorsero problemi per la commercializzazione del calcestruzzo, soprattutto in relazione alla gestione di tale mercato da parte della criminalità organizzata casertana che voleva a tutti i costi impadronirsi di tale affare. Si rese necessario, allora, creare un accordo tra tutte le parti in gioco per evitare che un settore tanto remunerativo potesse dar luogo a conflitti d'interesse dannosi erga omnes. Si creò allora il CEDIC, che se da un lato garantiva alla camorra il controllo pressoché totale del mercato, almeno nella provincia di Caserta, garantiva anche un equilibrio del prezzo di mercato ed una sorta di monopolio da parte di pochi grandi
gruppi. L'accordo venne raggiunto sia in sede politica sia in sede criminale, in quanto era necessario, prima di procedere, ottenere l'accordo della criminalità locale per averne la garanzia che quest'ultima si occupasse di far rispettare le nuove regole di mercato e di imporre le forniture sui cantieri, nei modi e nei prezzi concordati.
Si fecero carico di gestire il rapporto con la camorra, l'on. SANTONASTASO, il sen. IMPOSIMATO e l'ERRICHIELLO, quest'ultimo perché poteva contare sul potere che gli derivava dall'essere membro dell'Unione Industriali di Caserta, qualifica che gli garantiva il contatto privilegiato con il mondo imprenditoriale.
Da questa situazione derivarono i contatti e l'amicizia tra l'ERRICHIELLO e l'IMPOSIMATO, che però non so dire se ha dato luogo ad altre forme di collaborazione nel settore economico o imprenditoriale, anche se voci nell'ambiente cooperativo, che non sarei in grado di valutare, li accomunavano in iniziative economiche nella provincia casertana, da sempre feudo dell'IMPOSIMATO.
A questo proposito, sono in grado di riferire un altro episodio che ho vissuto direttamente per evidenziare il potere che nella mia zona godeva e gode tuttora il predetto politico.
In occasione dell'approvazione dello schema di convenzione per il lavori dell'ex caserma Pollio, nel 1993, intervenni in consiglio comunale con l'arch. PAGLIARA per esporre le ragioni di tale intervento. Notai che in quella sede i consiglieri del Pds posero in atto una durissima opposizione che mi lasciò alquanto perplesso, in quanto sapevo bene che tutto l'intervento era sponsorizzato, come ho avuto modo di riferire, dalla stessa area politica e dal consorzio. Sebbene fossi cosciente che spesse volte in sede di discussione di provvedimenti consiliari l'opposizione del PdS da solo apparente, in quanto si era raggiunto già un accordo preventivo con le altre parti politiche che non necessitavano dell'appoggio della controparte detenendo da sole la maggioranza utile all'approvazione e, quindi, coscientemente, le lasciavano impersonificare il ruolo del contrasto, almeno per "mantenere il ruolo" con i cittadini, rimasi sorpreso dagli attacchi ricevuti, tanto che in una pausa dei lavori, avvicinai il capogruppo del PdS, di cui non ricordo il nome, a cui manifestai le mie preoccupazioni, dicendo che mi appariva controverso che lo stesso partito contrastasse un'iniziativa economica sponsorizzata dalle proprie componenti imprenditoriali. Questi nel tranquillizzarmi, mi disse che quell'atteggiamento era stato deciso in precedenza e che, comunque, non dovevo preoccuparmi perché era tutto stato stabilito a tavolino a livello di federazione. Al termine dei lavori, intorno alle 01,30, mi fermai a discutere con lo stesso e nel parlare di lavori in generale, ivi compresi quelli relativi al parcheggio che si doveva realizzare nei campatti di fronte al palazzo reali, reale si accennò anche alle difficoltà che sorgevano relativamente alla realizzazione dei lavori della linea veloce Napoli-Roma. In modo particolare si trovavano ostacoli sia nella distribuzione dei lavori in subappalto, sia per le pretese avanzate nelle organizzazioni criminali operanti nella zona. A questo punto il capogruppo mi fece presente che la questione la stava trattando direttamente il sen. IMPOSIMATO e che gli accordi erano stati complessivamente raggiunti.
Come mi chiedete, effettivamente posso riferire altri episodi che ho vissuto direttamente relativi ai lavori del TAV.
Come ho avuto modo di riferire, in questi lavori che coinvolgono interessi economici tanto elevati, gli accordi tra tutte le componenti interessate vengono raggiunti nelle sedi decisionali già prima che si giunga all'effettivo inizio dei lavori. Così è stato anche per l'alta velocità. In più occasioni si era discusso di tali lavori in riunioni del consorzio, e più volte avevo sollecitato l'AMODEO per ottenere degli incarichi professionali, sperando di poter ottenere qualche cosa anche prima dell'inizio dei lavori stessi, per essere sicuro di non restarne escluso. Sempre mi veniva opposto il lento procedere di tali lavori per il mancato accordo tra le diverse componenti. In più occasioni, sia parlando con Renzo AMODEO, sia con l'ing. FORMISANO, sia con l'ing. BORRELLI, o con tutti in occasione di riunioni, si discusse del fatto che gli accordi stilati anni addietro, ai primi anni '90, con la camorra erano letteralmente "saltati" in quanto il cambio della situazione criminale in zona, anche a seguito di operazioni polizia, aveva determinato il sorgere di nuovi gruppi o personaggi che pretendevano anch'essi di entrare nel lucroso affare. Questo motivo, tra gli altri, impediva di far decollare i lavori. Chi se era fatto carico di prendere gli iniziali accordi erano stati, anche questa volta, il SANTONASTASO e l'IMPOSIMATO, a mezzo sempre delle sedi provinciali dei partiti. In questa preliminare il consorzio non partecipò alle trattative con le organizzazioni criminali della zona, ma veniva tenuto costantemente al corrente perché era quello che poi doveva tramutare, in pratica il pagamento delle tangenti a mezzo delle cooperative designate ad eseguire i lavori.
Ho continuato ad interessarmi del TAV sino al 1994, epoca in cui smisi di richiedere incarichi per me, a seguito delle note vicende che mi hanno visto protagonista. Posso dire, però, che in precedenza, e sino ai miei ultimi contatti con l'AMODEO questo mi disse che ormai la questione era quasi insopportabile per cui era necessario un intervento politico centrale. Stessa analisi mi venne fatta dell'ERRICHIELLO Roberto, nel corso di incontri quasi quotidiani nel suo studio di Caserta.
Queste notizie trovano conferma in alcune occasioni in cui, parlando il dott. CATALANO della Edicoop (intorno al 1992-1993), questi mi disse che stava premendo sull'on. DI DONATO affinché la cooperativa da lui rappresentata fosse inserita all'interno del TAV e si lamentava del fatto che AMODEO si rifiutava categoricamente di affrontare questo argomento. Il CATALANO mi riferì che avrebbe sollecitato un intervento del DI DONATO su IMPOSIMATO, in quanto questi era l'unico politico in condizione di poter cambiare le scelte del consorzio e per la presenza sul territorio del casertano e perché conoscitore dei meccanismi che avevano portato all'inserimento del CCC all'interno del consorzio TAV.
Un'ulteriore conferma alle cose che ormai io conoscevo mi venne in occasione di un mio viaggio da Roma a Napoli in treno. In quella circostanza incontrai l'on. Michele GIARDIELLO, già mio collaboratore nello studio in Acerra in via dei Mille, con il quale affrontammo
gli argomenti politici del momento ed in modo particolare il decollo di quello che era uno dei più grossi interventi pubblici che si stava realizzando in Italia, il TAV appunto. Il discorso scivolò sulle difficoltà che si stavano incontrando a livello governativo per quello che riguardava la disponibilità delle somme occorrenti i lavori e a livello locale per la forte ingerenza che le organizzazioni criminose stavano operando per aggiudicarsi sia fette di lavoro in subappalto che tangenti. Il discorso proseguì su quello che si sarebbe potuto fare per arginare tali pretese e lo strapotere della camorra del casertano e la risposta del GIARDIELLO fu che a breve scadenza l'on. VIOLANTE avrebbe scatenato un tale putiferio in Campania in riferimento alle organizzazioni camorristiche e quest'ultime sarebbero state messe in ginocchio. Il discorso proseguì con altri fatti che non attenevano alle questioni precedenti. Il viaggio avvenne in una carrozza di prima classe dove eravamo solo noi due. Ricordo che durante il viaggio il GIARDELLO telefonò una volta in federazione e poi ricevette una telefonata dalla moglie, sempre sull'apparato cellulare, di cui non posseggo il numero.
Posso dire che io ero di ritorno da Padova, dove mi ero recato a trovare la mia famiglia. Ricordo che non indossavo cappotto o soprabito, per cui il viaggio è avvenuto tra l'aprile e l'ottobre del 1994. Dico ciò perché mi ero già separato dalla mia convivente nel dicembre del 1993 e nel frattempo non era venuta ad abitare da me la ragazza polacca che adesso mi assiste, che giunse verso la fine del 1994. Ricordo, poi, che l'intervento dell'on. VIOLANTE, che ha scatenato le recenti polemiche, avvenne sei-sette mesi dopo tale incontro.
Quando ciò avvenne, ebbi la conferma che quanto mi era stato rappresentato corrispondeva a verità e che, effettivamente, l'intervento della magistratura aveva sgombrato il campo da una serie di personaggi di spessore criminale che ostacolavano, come ho detto, gli accordi per il TAV, perché non consentivano il rispetto degli originari accordi presi anni addietro.
Ho sempre sostenuto anche nei verbali precedenti, l'esistenza di un diretto rapporto tra le sedi del partito ed alcune organizzazioni criminali e ciò al fine di garantire tranquillità operativa alle imprese aderenti alla Lega, per cui quando tutta la vicenda del TAV ha subito lo sviluppo conosciuto, l'intervento dell'on. VIOLANTE non mi ha meravigliato più di tanto, per tutto quello precedentemente ho esposto.
Si da atto che alle ore 16.10 il presente atto viene sospeso.
F.L.C.S.
1.4 Promemoria
La procura della Repubblica di Napoli ha aperto da un anno circa un fascicolo d'indagine sull'I.D.I.S., che è stato affidato ai sostituti Beatrice, Cantelmo ed Airoma, quest'ultimo subentrato in un secondo momento ad Arcese.
È nostra opinione che la vicenda è gravissima per l'esistenza di una molteplicità di reati, che la fanno apparire addirittura peggiore delle più celebrate inchieste di Tangentopoli!
Purtroppo, a fronte di questa gravissima situazione, l'istruttoria procede con estrema lentezza e nessun provvedimento risulta ancora preso, nonostante siano già emersi una serie di reati.
Gli amministratori della Fondazione I. decreto-legge S. vanno avanti a carro armato, dilapidando pubblico danaro in una serie continua di azioni nefaste e clientelari, nelle quali sono certamente ravvisabili molti reati.
Da ciò, la richiesta che avanziamo di un'accelerazione dell'inchiesta giudiziaria!
L'I.D.I.S. che, all'articolo 3 dello statuto, esclude qualsiasi finalità di lucro, appare invece la più formidabile macchina consumatrice di soldi pubblici attualmente esistente in Campania.
Per la realizzazione in Bagnoli del complesso di «Città della Scienza l'I.D.I.S. ha mobilitato da tempo tutto l'apparato politico e culturale del PDS napoletano e campano.
Grazie a questi appoggi, 1'I.D.I.S. ha realizzato un contratto di programma col Ministero del Bilancio (Ministro: il PDS Spaventa) durante il governo Ciampi, pochi giorni prima del passaggio di consegne al Governo Berlusconi, nel quale è previsto un finanziamento di 104 miliardi all'I.D.I.S. per la realizzazione di «Città della Scienza.
I 104 miliardi vanno così divisi:
a) 98 miliardi di parte pubblica: 49 miliardi attraverso la Regione Campania e 49 miliardi attraverso i fondi comunitari.
b) 6 miliardi da conferire direttamente dall'I.D.I. S..
I 6 miliardi che deve conferire l'I.D.I.S. non si capisce da chi saranno dati, atteso che il Consiglio di Amministrazione dell'I.D.I.S. è formato interamente da politici ed universitari!
La previsione dei 6 miliardi serve però a far apparire il finanziamento non interamente pubblico, ma pubblico/privato, e, come conseguenza di ciò, tutti gli appalti, tutte le assunzioni, tutta la gestione viene interamente devoluta al privato I.D.I.S., senza neppure prevedere una commissione di controllo da parte degli Enti pubblici!!!
E, libera da ogni controllo, l'I.D.I.S. sta realizzando un vero e proprio sperpero di danaro pubblico!
Avendo alcuni anni prima acquistato, per pochi soldi, un manufatto dalla «Federconsorzi» nell'area di Bagnoli, (il tutto preordinato
al futuro business), questo complesso è stato per ora trasformato per pochi soldi nella sede attuale dell'I.D.I.S..
Sennonché la variante al P.R. per Bagnoli non prevede la possibilità di realizzazione «in loco» ed, allora, per sbloccare il finanziamento, il duo Sìlvestrini-Bassolino confeziona un nuovo accordo di programma Regione-Comune-I.D.I.S. nel quale si stabilisce che l'opera va realizzata, seppure in difformità delle norme urbanistiche e che, quando l'I.D.I.S. avrà recuperato l'investimento effettuato (pubblico, non suo!) sulla base di un piano di ammortamento (di cui però non sono fissati tasso e tempo), l'I.D.I.S. stessa provvederà al trasferimento in altro sito.
Nel frattempo l'I.D.I.S. incassa soldi per le visite all'impianto ex Federconsorzi, e la contabilità non appare chiara in alcun modo, l'I.D.I.S. sperpera oltre sei miliardi e mezzo in incarichi inutili affidati tutti a personalità che gravitano intorno al PDS (consiglieri regionali, studi professionali nei quali lavorano il vicesindaco di Napoli ed il padre del segretario regionale del PDS, altre organizzazioni come Futuro (Remoto e CUEN, delle quali fa parte IDIS, che così si avvalgono di soldi pubblici per la loro attività privata, ed una miriade di altri pseud./professionisti largamente elargiti, dei quali sono a conoscenza i sostituti inquirenti che però nulla ancora hanno fatto!).
Infine, dopo aver attribuito l'appalto dell'opera alla ditta Di Pentoc, già conosciuta per inchieste su Tangentopoli, avendo la Regione subodorato irregolarità e non volendo concedere altri finanziamenti, l'I.D.I.S. vuole ottenere per sé 40 100 miliardi concessi per la ristrutturazione del quartiere Pianura, e, d'accordo con la CGIL, fa scioperare i lavoratori finora assunti, tutti attivisti comunisti e parenti di politici e sindacalisti, fa agitare la piazza ed ottenere così nuovi soldi da continuare a dividere e sperperare.
Tangentopoli ci ha insegnato a Napoli che i Partiti prendevano il 3% del finanziamento per la realizzazione dell'opera. Il post/tangentopoli ed il nuovo rinascimento napoletano ci dimostra che il Partito dominante spartisce fra i suoi compagni tutto il finanziamento e che si può anche fare a meno di realizzare l'opera!!!
A questo punto, se la Procura della Repubblica non provvede, il fatto assume una gravità inaudita ed andrà sollevato in altre sedi! Confidiamo perciò in una rapida assunzione dei necessari provvedimenti!
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