ANTONIO LAUDATI, Sostituto Procuratore nazionale antimafia

Grazie Presidente. Le prospettive della cooperazione giudiziaria in ambito europeo rappresentano oggi un problema ed i magistrati europei, non solo i magistrati italiani, si attendono molto dal vertice di Tampere. Noi viviamo in un'Europa dove sono state abolite le frontiere interne, dove c'è una libera circolazione delle persone, libera circolazione delle merci, globalizzazione del mercato, dell'economia, politiche estere di sicurezza comune, ma le frontiere interne in Europa oggi valgono solo per i giudici. I giudici in Europa sono gli unici che devono rispettare le frontiere. E questo rappresenta oggettivamente un problema. Pensate, solo per fare degli esempi, al mancato reciproco riconoscimento delle sentenze penali di condanna. Al di là del problema dell'esecuzione della pena e dell'estradizione, le pene interdittive. Si può essere interdetti dall'esercizio della professione o dall'abilitazione a determinate attività, la guida dell'auto per fare un esempio banale, e basta spostarsi di pochi chilometri, passare le frontiere, e queste attività possono essere lecitamente svolte perché non viene riconosciuta una sentenza italiana che interdice. Pensate a quanti problemi vi sono dal punto di vista delle investigazioni. Noi abbiamo una legislazione e compiono grandi sforzi per le intercettazioni telefoniche o per il controllo delle persone, eppure basta oggi acquistare un GSM in altre nazioni e utilizzarlo in Italia con dei problemi notevolissimi per quanto riguarda il controllo investigativo. Quindi queste problematiche rappresentano oggettivamente un vantaggio per il crimine e per la criminalità organizzata. La criminalità organizzata, di cui per lavoro mi occupo, in questi anni ha avuto dei fenomeni di globalizzazione, di internazionalizzazione ingenerati dalla globalizzazione dei mercati e delle economie. Infatti i traffici illeciti, i prodotti che vengono trattati illecitamente dalla criminalità organizzata: le droghe, le armi, i tabacchi lavorati esteri, la prostituzione, il materiale per la pedofilia, l'immigrazione clandestina, sono tutti fenomeni legati alla circolazione di mezzi, di persone e di danaro in vari stati, stati fuori dell'Europa, introdotti in uno stato europeo e smerciati in un altro. Prima di me, molto opportunamente, è stata citata la questione dei Balcani; oggi l'Adriatico è la frontiera meridionale dell'Europa e attraverso i Balcani vengono introdotti prodotti illeciti che hanno come destinazione non solamente il mercato italiano ma tutto il mercato europeo per quanto riguarda immigrati clandestini che sono diretti in Germania, sigarette che sono dirette in Inghilterra, droga che è diretta in tutti gli altri paesi europei, armi che sono dirette in tutti gli altri paesi europei. Quindi evidentemente il problema della cooperazione giudiziaria che devo dire, è molto più indietro rispetto ai sistemi di cooperazione di polizia, costituisce uno dei problemi fondamentali da esaminare e da risolvere oggi. Ecco perché i magistrati si aspettano molto da Tampere. Non è che in questi anni non si sia fatto molto, il problema probabilmente è culturale, perché il diritto penale, il diritto processuale, come dicevano i nostri classici, costituisce una delle massime espressioni della sovranità dello Stato, della sovranità nazionale, e quindi gli stati hanno delle maggiori resistenze a cedere parte di questa sovranità, parte del controllo di questa materia rispetto ad altre materie che invece con i progressi di integrazione europea si sono pienamente verificati. Però in questi anni sono stati fatti tantissimi passi avanti. La data di inizio del percorso della cooperazione giudiziaria in Europa è sicuramente il 1977, l'anno in cui il Presidente Giscard d'Estaing lanciò l'idea di uno spazio giuridico europeo e l'anno in cui contemporaneamente la Comunità economica europea lanciò le prime convenzioni sulla frode comunitaria e sulla tutela dei funzionari comunitari. Non è un caso che la Comunità europea, che è nata da un accordo di tipo economico, aveva come sistemi di tutela penale e di cooperazione per il sistema penale i reati che tutelavano direttamente gli interessi finanziari della Comunità europea e quindi la frode comunitaria, la malversazione comunitaria, eccetera. Nel corso degli anni successivi è stato attuato un tipo di cooperazione attraverso il sistema delle convenzioni, ma sempre con il sistema della cooperazione intergovernativa, cioè di rapporti tra stati sovrani, indipendenti fra di loro, che stipulano e poi ratificano delle convenzioni. E queste, per la verità, mi risparmierete di citarle, sono state tantissime: sull'estradizione, sui collaboratori di giustizia, sulla tutela dei testimoni, sul principio del ne bis in idem, non è qui il caso secondo me di entrare nel dettaglio. Il successivo salto di qualità fondamentale è stato il 7 febbraio del 1992 con il Trattato di Maastricht. Con Maastricht arriva la concezione della Comunità costruita su tre pilastri e viene creato il terzo pilastro sulla giustizia e gli affari interni e notiamo, nel 1992, che la cooperazione riguardante questi settori aveva come ambito circoscritto alcuni reati indicati nell'articolo K1, che erano ancora una volta la frode e la tossicodipendenza; quindi non tutti i reati, ma esclusivamente quelli che riguardavano frode e i reati sulla tossicodipendenza. Che cosa cambia dal 1992 in poi. Irrompono sul proscenio le problematiche della criminalità organizzata, i giudici si trovano ad affrontare non più fenomeni singoli, reati isolati, ma fenomeni di dimensioni sovranazionali ed ecco che nasce una maggiore sensibilità al problema, nasce uno slogan coniato dagli investigatori in quegli anni: alla libera circolazione dei capitali deve seguire la libera circolazione degli investigatori e dei giudici. Perché effettivamente ancora oggi questo è un motto che circola nel nostro ufficio; noi impieghiamo dei mesi per ricostruire processualmente delle transazioni finanziarie che sono avvenute in pochissimi secondi nell'ambito sia del mercato europeo sia del mercato esterno a quello europeo. E dal 1° maggio del 1999, con il Trattato di Amsterdam, noi abbiamo il riconoscimento formale di questa esigenza, perché il Trattato di Amsterdam, nello stabilire la creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di democrazia, ha come punti di riferimento i reati di criminalità organizzata, di terrorismo, di tratta di donne e bambini, i reati che noi possiamo ricondurre in senso lato al fenomeno di criminalità organizzata. E quindi quella che era un'esigenza avvertita dalla prassi, dagli investigatori, viene consacrata nel Trattato, con un salto di qualità speriamo decisivo, quello indicato nel Trattato di Amsterdam, cioè un riavvicinamento delle legislazioni e una cooperazione addirittura rafforzata. Ma probabilmente, si accennava già prima, noi dovremmo interrogarci su un principio di fondo. Una volta abolite le frontiere e costituita un'Unione europea, un'unica moneta, un'unica banca europea, possiamo considerare i rapporti di cooperazione giudiziaria fra gli stati membri ancora legati al principio della rogatoria e dell'estradizione e quindi principi che valgono per stati diremmo oggi terzi, estranei all'Unione europea e non quelli interni all'Unione europea? Evidentemente in base al Trattato di Amsterdam un salto di qualità nel tipo di cooperazione di rapporti deve esistere. Brevissimamente, in questi anni è stato fatto moltissimo lavoro, nonostante grandi difficoltà e nel corso di questi anni sono state ratificate convenzioni, risoluzioni, eccetera; molto importante è stato anche il lavoro comune che c'è stato tra il terzo ed il primo pilastro per quanto riguarda il riciclaggio e quindi le direttive sul riciclaggio, la Convenzione di Strasburgo e la modifica della legislazione in materia ma, a mio giudizio, mi permetterei di segnalare alla vostra attenzione che il salto forse più importante di qualità, ma vorrei dire anche di mentalità in questo settore è stato fatto con l'approvazione e con l'attuazione del piano di azione contro la criminalità organizzata fatto dal Consiglio d'Europa nel 1997. Non è che prima di questa data, prima del 28 aprile 1997 non ci fossero state risoluzioni, non ci fossero state convenzioni sul tema della criminalità organizzata, ma per la prima volta la Comunità, il Consiglio d'Europa stabilisce un'azione che possiamo definire strategica nei confronti di questo fenomeno e la natura stessa dell'atto adottato a mio giudizio è molto importante perché voi sapere meglio di me che gli strumenti del diritto comunitario, del primo e del secondo pilastro, sono regolamenti, direttive, decisioni e che gli strumenti del diritto comunitario del terzo pilastro sono invece risoluzioni, conclusioni, decisioni. Quindi il piano di azione è un non strumento, è uno strumento atipico, completamente atipico, che nasce in seno ad un Consiglio, ad un comitato di esperti che era stato costituito presso il Consiglio d'Europa e che ha quindi un taglio ed una caratteristica eminentemente pratica. Infatti il piano d'azione si compone di una prima parte introduttiva, che contiene una descrizione delle problematiche relative alla criminalità organizzata, una seconda parte che reca quindici orientamenti politici e una terza parte, che è il piano vero e proprio, con delle risoluzioni e con delle raccomandazioni che vengono formulate. Qual è la novità di questo piano d'azione? E' che per la prima volta nel formulare delle raccomandazioni vengono identificati i destinatari. I destinatari possono essere il Consiglio, la Commissione, gli stati membri, la legge giudiziaria (vedremo tra un secondo che cos'è); vengono stabilite le date entro cui queste risoluzioni devono essere attuate e viene stabilito un sistema rivoluzionario, innovativo, un sistema di valutazione reciproca in base al quale una Commissione composta di esperti dei singoli stati si reca negli altri stati per verificare se e come le risoluzioni sono state attuate, adottate. Quindi un taglio estremamente pratico, realistico, per quanto riguarda la risoluzione di questi problemi e questo piano d'azione, ripeto, con questo taglio pratico, ha creato un gruppo multidisciplinare composto dal ministero degli interni e dal ministero di grazia e giustizia di tutti i paesi che si riunisce periodicamente, oramai quasi due volte al mese a Bruxelles, ha creato una rete giudiziaria con dei punti di contatto nazionali, anche in questo caso composti dai rappresentanti dei singoli paesi, con il compito di agevolare la cooperazione giudiziaria e con il compito di scambiare informazioni per quanto riguarda la criminalità organizzata. Ha creato poi questo sistema di valutazione e tutta una serie di azioni comuni, di raccomandazioni che vanno dalla confisca dei patrimoni alla tutela del collaboratori di giustizia, alle tecniche investigative ad alta tecnologia e così via, sarebbe inutile qui entrare nel dettaglio. Piano d'azione che in base al Trattato di Amsterdam e anche in base al piano d'azione di Vienna di attuazione dello spazio di libertà sicurezza e giustizia si stabilisce debba essere portato avanti oltre al dicembre 1999, come era stato in un primo momento stabilito, tanto che adesso nell'ambito del GMD e del Consiglio d'Europa si sta preparando l'agenda del nuovo millennio contro la criminalità organizzata. Quindi molto lavoro è stato fatto. Si è partiti soprattutto da quelle che sono le esigenze concrete, le problematiche che erano state individuate e si è cercato di dare una soluzione concreta ma moltissimo deve essere ancora fatto. Ribadisco che il sistema classico della rogatoria e dell'estradizione nei rapporti tra stati deve essere superato, deve essere immediatamente attuato il principio del riconoscimento comune delle sentenze penali di condanna, si deve arrivare ad un diritto penale processuale minimo in ambito europeo e qui passiamo dalle prospettive immediate della cooperazione, quello che ci aspettiamo da Tampere, a quello che può avvenire nell'immediato futuro. Un progetto ambizioso, un progetto che qualcuno definisce utopistico, ma nel quale i giuristi credono, i giuristi sono convinti che l'Europa non può essere solo un simbolo stampato sulla cartamoneta. L'unione dei popoli non può essere solo un'unione monetaria ma deve essere un'unione di culture, deve essere un'unione di problematiche e attraverso le leggi, attraverso il diritto, questa comunanza di culture, di idee può crescere. Il progetto è quello del corpus juris, il diritto penale minimo europeo, processuale minimo, che prevede delle regole comuni uguali per tutti gli stati membri nell'immediato futuro. E io non posso non segnalare in questa sede con un minimo di orgoglio nazionale che nello stabilire il diritto penale minimo i due studiosi incaricati dal Parlamento europeo, che sono la professoressa Delmas-Marty che insegna alla Sorbona a Parigi e il professor Spencer che insegna a Cambrige in Inghilterra, e che quindi vengono da due concezioni dello stato e dei sistemi giuridici profondamente diversi dal nostro, all'articolo 18 di questo corpus juris stabiliscono che la condizione ineliminabile perché funzioni un diritto penale minimo in Europa è la costituzione di un ufficio europeo del pubblico ministero indipendente da qualsiasi autorità governativa, politica o europea sul modello italiano, cioè su quello che è la realizzazione ordinamentale che è avvenuta in Italia. Un'ultima annotazione ed ho finito signor Presidente. Nell'ambito degli aspetti pragmatici della cooperazione un aspetto è fondamentale, quello della formazione degli operatori. Il programma di formazione europeo per gli operatori di giustizia è intitolato alla memoria di Giovanni Falcone, si chiama progetto Falcone europeo. Viene attuato già in Italia ed in Europa da molto tempo; in questo mese al Consiglio superiore si faranno due incontri europei di formazione dei magistrati quindi con un riconoscimento importante a quella che è stata l'attività giudiziaria svolta soprattutto da alcuni magistrati italiani negli anni passati ed è questo secondo me l'aspetto decisivo, non solo lo sforzo a realizzare convenzioni, piani d'azione, risoluzioni, ma un cambio di mentalità, un salto di qualità, una mentalità cooperativa. Forse varrebbe la pena di ricordare l'insegnamento di un grande giurista europeo, forse uno dei più grandi, il fondatore dello stato moderno, Montesquieu. Diceva Montesquieu, non sono le leggi che rendono buoni gli uomini, ma sono gli uomini buoni che possono fare bene ed applicare bene le leggi.

 

GABRIELE ALBERTINI, Sindaco di Milano

Ringrazio di questo invito, ringrazio anche delle cortesi parole che mi sono state indirizzate e devo dire che il tema dell'immigrazione per noi sindaci, soprattutto sindaci di grandi città, comporta delle responsabilità e dei profili di attenzione del tutto particolari. In questo forse c'è una motivazione, oltre che altruistica, egoistica ad essere qui ad ascoltare e a cogliere degli aspetti di riflessione sul tema che peraltro richiede credo, da parte di chi è protagonista poi del governo delle città, una capacità realizzativa che deve essere imposta nelle cose e non solo negli scenari. Ma è importante avere le idee chiare anche su questo punto e qui credo ci sia un primo aspetto di paradosso che riguarda proprio la politica dell'immigrazione ed i rapporti che questo tema ha con gli enti locali ed in particolare i comuni e soprattutto i comuni delle metropoli. Gli immigrati si rivolgono ai comuni per risolvere i loro problema di abitazione, di salute, di formazione, di istruzione ma sotto lo stesso aspetto, sotto lo stesso profilo si rivolgono al comune anche i cittadini residenti per i problemi, per le tematiche sollevate dall'immigrazione stessa. In altre parole noi siamo i primi interlocutori dei bisogni degli immigrati e dei problemi che gli immigrati pongono ai cittadini.

E nonostante questo sia il profilo di contraddizione, di paradossale contraddizione, che vede questa dualità di interventi su un unico soggetto istituzionale, i sindaci, i comuni, gli enti locali in genere hanno in materia scarsissimi poteri specifici, e gli interventi legislativi sono sostanzialmente a carattere nazionale con una precisa connotazione centralista. Le quote dell'immigrazione vengono, l'abbiamo sentito stamattina riconfermato, determinate dal Governo, senza alcun coinvolgimento delle realtà locali, se si eccettuano alcune simboliche consultazioni che peraltro non riescono ad incidere e ad orientare le scelte finali.

Ecco perché ritengo, e questa è la prima proposta che mi sento di fare, prioritario un cambiamento di metodo, con una determinazione delle quote ex ante e non ex post, cioè a cose fatte, come avviene ora. Tali quote dovrebbero essere stabilite a livello regionale, quindi con il coinvolgimento degli enti locali, in particolare delle Regioni e dei grandi Comuni, non più soggetti passivi ma interlocutori dello Stato centrale, e dei partner europei. In sostanza, il criterio da seguire è quello della concertazione.

I Comuni non possono essere chiamati semplicemente a ratificare, a pie’ di lista, e senza alcuna programmazione, le quote di immigrati loro destinate; pagando per di più, in termini di oneri che devono sopportare e di spesa sociale. La definizione delle quote, ecco perché dicevo ex post e non ex ante deve anche tenere conto delle reali possibilità di accoglienza, in base all’offerta di lavoro e delle strutture esistenti. E per far questo occorre un’analisi condotta in collaborazione con le forze economiche e sociali, in cui si evidenzino anche le opportunità legate al tipo di professionalità richiesta.

Nessuno pensa con questo nuovo assetto di avere dato una risposta definitiva al problema, ma certo potrebbe aiutare molto a rendere più facile l’integrazione, senza sconvolgimenti della realtà sociale ed economica interessata al fenomeno. Gli enti locali sono di per sé gli interlocutori più vicini al territorio, più vicini alle associazioni di categoria, più vicini alla realtà che rappresentano e quindi maggiormente in grado di poter monitorare la questione con un'oggettività e una capacità di ascolto rispetto ad altri. C'è poi un secondo profilo che mi preme sottolineare e a questo tavolo sono principalmente rappresentati ai massimi livelli i responsabili della sicurezza nazionale, una questione che ha una stretta connessione con il problema dell'immigrazione: la sicurezza nelle grandi città. Il fenomeno immigratorio, l'abbiamo ascoltato questa mattina in numerosi interventi, presenta un duplice aspetto: al fenomeno cospicuo di immigrazione clandestina si innesta poi un legame, che è stato ribadito essere sempre più stretto ed evidente, tra la criminogenesi che viene dall'immigrazione clandestina e lo sviluppo della criminalità in conseguenza di questo fenomeno incontrollato.

Per quanto riguarda la presenza massiccia di irregolari sul territorio, occorrono interventi strutturali ma anche di tipo legislativo. Prima di tutto è necessario facilitare il rimpatrio degli immigrati non regolari, rafforzando i centri di accoglienza temporanei, come quello di via Corelli a Milano. Ricordo su questo episodio che l'amministrazione che rappresento dovette contrastare in una fase piuttosto accesa di contrasto, di dialettica con gli abitanti del quartiere, la installazione di questo centro di accoglienza in un territorio inserito nel circuito metropolitano, ma devo dire, a distanza di qualche mese, riscontrando insieme ai responsabili della sicurezza a Milano i dati relativi al rimpatrio, quando ci siamo confrontati su questi elementi ne abbiamo tutti riconosciuto l'opportunità. Nell'arco dell'anno scorso erano stati rimpatriati poco più di trecento circa immigrati clandestini, dall'inizio dell'anno ad oggi siamo a cinque volte questo numero, quindi significa che questa realtà ha un suo profilo di efficienza, i contrasti con gli abitanti del quartiere sono stati sopiti da una sorveglianza adeguata e da una professionalità compatibile con le esigenze dell'uomo. Devo dire che oltre ad un intervento specifico nello sviluppo di questi centri di accoglienza va anche aumentata la disponibilità degli organici e degli spazi che non sono assolutamente proporzionati alle esigenze, che richiedono un numero di rimpatri decisamente superiore a quello attualmente possibile e attuato. Stamattina ascoltavamo 48mila mi pare sia il totale dei rimpatri e delle espulsioni, certo molti molti di più di quelli riscontrati negli anni precedenti ma domandiamoci quanti sono invece gli immigrati clandestini che nell'arco di questo stesso periodo sono liberamente circolanti sul nostro territorio.

Credo che sarebbe opportuno anche valutare l’ipotesi di una modifica legislativa, con l’introduzione nel nostro codice penale del delitto di immigrazione clandestina. E qui non vorrei che si facesse un equivoco su questo punto. Non intenderei comminare una sanzione quale quella della reclusione per questo reato, ma piuttosto, come avviene in altri paesi che hanno conosciuto prima di noi questo fenomeno in dimensioni cospicue, che il riscontro di essere un immigrato clandestino porti alla conseguente, inevitabile e immodificabile impossibilità di diventare poi cittadino del paese in cui si è clandestinamente immigrati. Il regime della contravvenzione, ora in vigore, si risolve in una sostanziale presa d’atto della irregolarità, e quindi anche in una beffa per chi ha rischiato la propria vita in difesa delle frontiere, e più in generale dell’ordine pubblico.

Per quanto riguarda sempre l’immigrazione irregolare, c’è poi un aspetto più politico, che investe le stesse relazioni internazionali. Appare infatti inaccettabile il doppio binario oggi esistente: su uno viaggiano gli aiuti economici a Paesi da cui provengono moltissimi clandestini, sull’altro le disattenzioni quando non addirittura le complicità degli stessi Governi nell’organizzazione di questi traffici. Ritengo che rivedere questi aiuti, condizionandoli ad un effettivo impegno di collaborazione nel contrastare l’esodo, sia non solo una politica saggia ma una politica dovuta. Alcuni forse dei presenti mi hanno già ascoltato in qualche altra circostanza fare questo esempio, ma mi sembra valido anche se ripetuto. C'è un orientamento generale, l'ho ascoltato in parte anche stamattina da alcuni interventi, che fa pensare che il problema della distribuzione del reddito su scala planetaria, cioè il passaggio di civiltà, per così dire, di risorse, di ricchezze dai paesi industrializzati a quelli meno industrializzati, quindi in via di sviluppo, si possa risolvere trasferendo fisicamente i 4 miliardi circa, purtroppo sono tanti 4 miliardi e mezzo di esseri umani che vivono in condizioni di povertà, nei luoghi territorialmente molto ristretti in cui abita quel miliardo, poco più o poco meno, che invece vive in condizioni dignitose; sarebbe come dire che in Italia, facendo le debite proporzioni, dovrebbero trasferirsi stabilmente qualcosa come 300 milioni di persone provenienti da paesi poveri. Ora, credo che questo non sia auspicabile, sia nel paradosso la testimonianza di una verità da cui dobbiamo partire per fare invece una politica diversa che è quella, come dicevo, di intervenire con risorse, organizzazioni, consulenze, pianificazioni, aiuti in sede territoriale nei luoghi in cui non è ancora stata sviluppata l'industrializzazione.

Sul problema in generale poi della sicurezza e della criminalità internazionale vorrei ricordare che non è nuovo all'attenzione degli organismi internazionali: nel novembre 1994, è stata infatti promossa una Conferenza mondiale sulla criminalità organizzata transnazionale dal governo presieduto dall'onorevole Berlusconi, cui seguì un Piano mondiale di azione, approvato il 23 dicembre di quello stesso anno. Il fenomeno è dunque da tempo conosciuto. Le organizzazioni che si occupano di traffico di persone, armi e droga hanno caratteristiche e dimensioni che vanno oltre i confini nazionali, e che le rendono pericolose quanto lo sono la mafia e la camorra. Queste organizzazioni sono solite arruolare manovali del crimine tra gli immigrati irregolari ma anche tra quelli che sono in attesa di regolarizzazione e che non hanno lavoro. Per combattere il fenomeno occorre procedere nel rafforzamento della presenza di forze dell’ordine sul territorio. Questo consente un intervento costante di repressione, ma rappresenta anche un efficace deterrente, con una funzione alla lunga anche pedagogica.

Per spezzare il legame tra criminalità e immigrazione irregolare esistono però strumenti nuovi, quale quello studiato dal Comune di Milano e definito "patto per il lavoro". Si tratta di applicare la flessibilità nei contratti, per lavori particolari, come quelli legati alla manutenzione della città. E’ questo un modo per far rientrare nella legalità chi nella legalità non c’è, ma ne ha i requisiti e la volontà. Esiste in altri termini una grande domanda di servizi inespressa, o meglio, espressa ma non soddisfatta, un'offerta di lavoro, di manodopera di non alto profilo professionale ma certamente disponibile a svolgere lavori che sono negletti dagli stessi residenti pur essendo necessari alla città. Per fare incontrare domanda e offerta di lavoro abbiamo quindi pensato di creare delle condizioni contrattuali diverse, nuove per raccogliere questa anomalia rispetto allo scenario dei residenti. Non esiste la possibilità di occupare alcune decine di migliaia di immigrati in via di regolarizzazione alle stesse condizioni dei residenti, non esiste la possibilità di pagare negli stessi termini di stabilità questo lavoro al costo contributivo che ha il lavoro dei residenti dopo anni, decenni di relazioni sindacali di normative a tutela e quant'altro è avvenuto in un paese libero e ricco come il nostro. Esiste però la possibilità di trasformare un lavoro nero in un lavoro vero anche se flessibile, con meno costi, meno contributi e forse anche con meno tutele sindacali, però certamente in una condizione migliore dal punto di vista sia umano, sia professionale in prospettiva, sia di formazione e di integrazione di quanto sia invece la pura illegalità in cui si trova il lavoratore non occupato a queste condizioni.

Vorrei concludere con alcuni dati. Dal ‘96 al ‘97, anno dell’ultima rilevazione disponibile, gli stranieri residenti a Milano sono aumentati del 17 per cento in un solo anno. A questi si devono aggiungere i l50mila irregolari che, secondo le stime della Prefettura, gravitano attualmente su Milano. Un altro dato significativo riguarda i bimbi da 0 a 4 anni. Su una popolazione di 1.340.451 abitanti, i residenti che appartengono a questa fascia d’età sono qualcosa come 47.610, di cui 42.880 italiani e 4.730 stranieri, vale a dire il 5,91 per cento contro il 3,40 per cento degli italiani.

Milano, ma direi l’intero Paese, saranno dunque sempre più multietnici. Non è un fenomeno episodico, non è un fenomeno congiunturale, sarà un fatto strutturale a cui rispondere con una politica a lungo termine. Come molti, ritengo che questa sia una ricchezza per l’Italia, ma a patto che si creino le condizioni per una effettiva integrazione e alcune di queste credo di averle accennate nel mio breve intervento.

 

ROLANDO MOSCA MOSCHINI, Comandante generale della Guardia di Finanza

Grazie Presidente, saluto il signor ministro dell'interno, tutti i presenti e ringrazio il Comitato per questa opportunità che mi dà di illustrare le esperienze della Guardia di Finanza a contrasto della criminalità organizzata; esperienze che inevitabilmente vedono, anche se in misura ovviamente diversa, alcune connessioni con il fenomeno della immigrazione clandestina. Il sistema di contrasto alla criminalità organizzata vede coinvolta la Guardia di finanza sia come organo di polizia fiscale ed economico finanziaria a tutela degli interessi nazionali e comunitari, sia come organo di polizia giudiziaria. Vengo subito al nocciolo della mia presentazione dicendo che il corpo è soprattutto impegnato nel contrasto ai traffici illeciti e mi riferisco in particolare al contrabbando di tabacchi lavorati esteri, all'immigrazione clandestina e in particolare al suo sfruttamento e al traffico di sostanze stupefacenti. Queste sono tre delle più pericolose fenomenologie illecite strettamente connesse tra loro che, unitamente al riciclaggio del denaro sporco, che poi è un reato conseguente, sono in grado di minare la sicurezza dei cittadini, di minare la stabilità economica della intera comunità internazionale. Io oggi mi limiterò a trattare le prime due ipotesi delittuose, anche nella considerazione che la terza, cioè il traffico di stupefacenti, si avvale di tecniche di perpetrazione sostanzialmente simili a quelle che descriverò per il contrabbando e anche per l'immigrazione. Le considerazioni di fondo in punto di scelte operative, di cooperazione internazionale che svilupperò di seguito sono valide ovviamente per tutti e tre i fenomeni illeciti. Con riguardo al contrabbando di tabacchi io ribadisco per l'ennesima volta che si tratta di un fenomeno di grande pericolosità sociale, economica, finanziaria e fiscale, fenomeno che è in grado di turbare l'ordine e la sicurezza pubblica, di sottrarre ingenti risorse al bilancio nazionale e a quello comunitario, e di finanziare in maniera rilevante l'attività dei sodalizi criminali, e questo è l'aspetto di fondo perché la criminalità organizzata va colpita soprattutto nelle sue fonti di alimentazione. Negli ultimi anni abbiamo rilevato un notevole salto di qualità delle organizzazioni contrabbandiere che hanno progressivamente avviato una gestione imprenditoriale dell'illecito, cogliendo tempestivamente le enormi opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati, sia finanziari che commerciali, e dagli straordinari strumenti messi a disposizione dal progresso telematico. Oggi l'attività di gruppi criminali può essere paragonata a quella di un'impresa multinazionale, i volumi di affari sono elevatissimi e questi ingenti interessi economici, come tutti loro hanno ben visto anche nei mesi e nelle settimane recenti, hanno elevato il livello e la pericolosità, l'aggressività dei contrabbandieri, che sono assolutamente restii ad abbandonare questi carichi preziosi, che sono pronti a ricorrere anche ad azioni violente contro le pattuglie della Guardia di finanza operanti con speronamenti anche volti alla distruzione dei nostri mezzi. Riferisco che nel corso del 1998 si sono verificati 69 speronamenti, di cui ben 63 nella circoscrizione della zona di Bari, che hanno causato il ferimento di 52 militari. Nel 1999 si sono verificati 44 speronamenti con 21 militari feriti. Il fenomeno poi come è noto ha una rilevante dimensione internazionale. Il contrabbando è ormai una fenomenologia transnazionale dal momento che si realizza attraverso una serie di distinte attività illecite poste in essere da organizzazioni che sono ramificate in vari stati; in alcuni di questi stati i tabacchi vengono lavorati e prodotti, in altri vengono smistati e depositati temporaneamente, diversi paesi sono coinvolti nel transito ed altri sono colpiti dall'immissione nel mercato in evasione di imposta. L'Italia, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, uno dei presidi confinari più importanti dell'Unione europea, le nostre coste si svolgono per 8mila chilometri, la maggior parte di queste coste consentono facili approdi, per tutto questo oltre che teatro di consumo il nostro paese è un teatro di transito per tabacchi destinati al mercato europeo. Dal punto di vista investigativo uno degli aspetti di maggiore interesse è rappresentato proprio dall'analisi dell'evoluzione di questi flussi di penetrazione. Attualmente, come anche nel recente passato, le aree maggiormente utilizzate per l'introduzione di tabacchi lavorati esteri sono le coste baresi e brindisine. Per quanto attiene invece alle basi di partenza, nei primi anni '90 erano soprattutto dislocati in Albania, poi a seguito degli accordi di cooperazione che sono stati conclusi nel tempo con quel paese le organizzazioni contrabbandiere hanno spostato le loro basi di partenza in luoghi più sicuri e soprattutto nel Montenegro. Dal Montenegro infatti un rilevante numero di motoscafi fa la spola verso le nostre coste. Le sigarette come giungono e da dove giungono in Montenegro? Giungono dal nord Europa, dal Belgio e dall'Olanda, per via ordinaria, giungono da alcuni porti greci e dalla Croazia per via marittima, giungono da Cipro all'interno di containers trasportati o per via marittima o per via aerea. Abbiamo rilevato a seguito di un'attività investigativa e informativa svolta congiuntamente con le autorità comunitarie che le autorità montenegrine adottano un atteggiamento di perfetta neutralità da un punto di vista doganale, quindi i tabacchi lavorati esteri sostano nei depositi e nei porti montenegrini da dove escono con destinazione dogana Bari, mentre invece poi vengono caricati sui motoscafi che raggiungono velocemente le nostre coste. Quindi la destinazione effettiva non è la dogana Bari ma il mercato clandestino nazionale degli altri paesi europei. Risulta sempre a seguito di attività informativa, che molto spesso le autorità preposte al controllo addirittura scortano i motoscafi sino al limite delle acque territoriali montenegrine, consentono lo stazionamento di questi motoscafi nel porto di Bar alla luce del sole, e questo è stato di recente anche mostrato dalla nostra televisione, e nei porti montenegrini si sono trasferiti numerosi latitanti, esponenti di spicco delle organizzazioni criminali italiane, pugliesi e campane in particolare, che sono interessati ovviamente a questo remunerativo fenomeno illecito. E' un fenomeno in costante espansione anche perché stiamo notando un crescente coinvolgimento di altri paesi dell'area balcanica e addirittura è stata di recente rilevata la provenienza di container provenienti dall'Asia orientale, da Cina e Hong Kong che precedentemente non erano individuate come aree di origine di questo fenomeno. C'è poi anche una ripresa del flusso del contrabbando sul versante tirrenico della nostra penisola, opera di organizzazioni contrabbandiere campane. La Guardia di finanza per attuare un contrasto incisivo è impegnata in un constante adeguamento qualitativo e numerico del proprio dispositivo di contrasto e in un continuo aggiornamento delle procedure operative. Innanzitutto, fermo restando l'obiettivo di non elevare eccessivamente il livello dello scontro, anche perché, signori, il segmento pugliese è solo un segmento di un lungo percorso del fenomeno contrabbandiero e quindi è necessario incidere su questo fenomeno in altri punti di questo lungo percorso; comunque la Guardia di finanza sta potenziando costantemente il proprio dispositivo anche grazie alle opportunità determinatesi nell'ambito dei programmi finanziati dalla Comunità europea e quindi con acquisizioni di mezzi per il rilevamento, di mezzi blindati per contrastare più efficacemente le colonne contrabbandiere soprattutto a salvaguardia dell'incolumità fisica del nostro personale. Sono stati poi acquisiti sistemi per l'esame non invasivo ai raggi X dei container che spesso contengono tabacchi lavorati esteri. Noi privilegiamo ovviamente procedure operative che garantiscano l'efficace sinergia tra i mezzi terrestri, quelli navali e quelli aerei del corpo, mezzi aerei che siano dotati di sistemi di rilevazione a raggi infrarossi, decisamente al passo con i tempi. Gravitiamo soprattutto, e ho fatto un cenno prima parlando dei lunghi flussi del fenomeno contrabbando, sull'attività di investigazione e di intelligence al fine di colpire di gangli vitali delle organizzazioni e a questo riguardo sono state e sono tuttora importantissime e fondamentali le indagini e gli accertamenti patrimoniali attraverso cui si tende ad individuare le ricchezze accumulate dai sodalizi criminali, i canali di riciclaggio e questo sfruttando al massimo tutti gli strumenti previsti dalla normativa antimafia e da quella antiriciclaggio. Quindi l'azione di contrasto è caratterizzata anche e direi soprattutto dal controllo dei movimenti di capitali finalizzata a ricostruire le operazioni finanziarie volte a occultare l'origine illecita delle somme accumulate; ed in questo quadro l'auspicio espresso quest'oggi di un'armonizzazione legislativa internazionale è quanto mai desiderato e opportuno. Sono del resto state incentivate le iniziative sul piano della cooperazione internazionale proprio perché stiamo trattando un fenomeno, come abbiamo detto, internazionale e transnazionale. E' stato sottoscritto un accordo tra l'amministrazione finanziaria e la Philip Morris, che è una società leader nel settore della produzione di sigarette soprattutto per individuare una serie di parametri che possono far risalire al primo acquirente e individuare quindi le tappe del percorso del fenomeno illecito. E' un accordo che abbiamo mandato anche alle altre multinazionali sperando che lo siglassero anch'esse, per ora soltanto l'Ente tabacchi italiani lo ha sottoscritto. Ci sono poi altre iniziative nel campo internazionale, l'iniziativa adriatica prima di tutto, che ha lo scopo di promuovere, come è noto, sul piano bilaterale e multilaterale la cooperazione con i paesi rivieraschi dell'Adriatico per il controllo delle frontiere marittime e terrestri. Tutti questi sforzi hanno prodotto risultati abbastanza significativi. Lo scorso anno la Guardia di finanza ha sequestrato 1692 tonnellate di tabacchi lavorati esteri, sono state arrestate 1813 persone. Quest'anno, sino ad oggi, sono state sequestrate 1026 tonnellate di sigarette, denunziate 27500 persone di cui 1151 tratte in arresto e sequestrati 1253 fra mezzi navali e terrestri, dei quali 46 blindati. Vedete che sono cifre che lasciano riflettere. Per quanto riguarda gli obiettivi la Guardia di finanza intende prima di tutto proseguire lungo la strada della cooperazione internazionale, come ho detto, ma sta lavorando in maniera molto intensa anche sul versante organizzativo interno. Nel quadro dei provvedimenti di riordinamento e in itinere del corpo noi stiamo sviluppando una crescente osmosi tra i reparti della Guardia di finanza ai vari livelli che sono deputati al contrasto dei traffici illeciti, delle frodi comunitarie, quelli che sono deputati alle investigazioni sulla criminalità organizzata. Bisogna assicurare una totale circolarità informativa e a questo proposito stiamo costituendo una banca dati che sarà collocata nel comando che verrà costituito a partire dal 1° gennaio nell'ambito del Corpo, che è il comando delle investigazioni economiche-finanziarie. E' un comando che avrà alle dipendenze il centro repressioni frodi comunitarie che è l'unità leader per il contrasto alle frodi comunitarie, il nucleo speciale di polizia valutaria che è l'unità leader per l'antiriciclaggio, lo SCICO che è l'unità leader delle investigazioni sulla criminalità organizzata e il nucleo investigativo speciale che è l'unità leader per gli aspetti fiscali. Tra queste unità si deve ovviamente sviluppare una sinergia dato che questi fenomeni illeciti sono tutti tra loro connessi e riconducibili per la maggior parte alla criminalità organizzata. Naturalmente bisogna anche innalzare sempre più il livello di attenzione a questo fenomeno del contrabbando che non è mai sufficientemente percepito. Quest'anno c'è stato un balzo in avanti nell'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica; occorre ottimizzare il controllo del territorio, come è stato anche detto soprattutto con riferimento all'impegno per contrastare la vendita minuta, che sempre più è affidata ad immigrati clandestini perché costituiscono manodopera per la criminalità organizzata a minor prezzo. E in questo è necessario sviluppare una crescente osmosi tra le istituzioni centrali, le forze di polizia, le istituzioni locali perché tutte insieme costituiscono lo Stato e tutte insieme garantiscono la presenza dello Stato sul territorio. E poi si cerca di disporre, come dicevo prima, di mezzi tecnologicamente all'avanguardia in grado di contrastare le attrezzature sofisticate dei contrabbandieri e garantire la sicurezza del personale. Il disegno di legge volto alla modifica della disciplina concernente la repressione del contrabbando è naturalmente visto ottimamente, anche perché tiene conto di molte proposte a suo tempo avanzate dal Corpo e mi riferisco soprattutto all'inasprimento del sistema sanzionatorio e al rafforzamento degli strumenti investigativi con particolare riguardo alla possibilità di effettuare operazioni sotto copertura. Connesso con il contrabbando di tabacchi, perché ho detto che sono fenomeni connessi, c'è il fenomeno dell'immigrazione clandestina di cui si è già parlato abbondantemente. In questo settore si registra da tempo un'integrazione tra molti dei sodalizi criminali italiani e gruppi delinquenziali stranieri che hanno assunto la gestione del traffico dei clandestini, controllano la raccolta, l'imbarco, il trasporto via mare, assicurano previo pagamento di cospicue somme di denaro l'assistenza sino al raggiungimento della località di destinazione, combinano il traffico di uomini ed il commercio illegale di armi, di sostanze stupefacenti e di tabacchi. E' tutta una fenomenologia illecita complessa e diversificata. A rendere più grave la situazione della sicurezza interna sta il fatto che parte dei clandestini sono avviati nel nostro paese alle piccole attività criminali. Sono impiegati, come dicevo, nella minuta vendita di sigarette di contrabbando, qualche volta spaccio di stupefacenti o attività lavorative in nero o prostituzione o quant'altro. E poi il flusso migratorio illegale ha anche favorito la formazione in Italia di nuove associazioni criminali di matrice straniera che giungono anche a sfidare le organizzazioni criminali italiane per il controllo del territorio. Tra questi un ruolo di primo piano è svolto dai gruppi criminali di origine russa, turca, cinese, nigeriana e albanese che oltretutto dispongono anche di ramificate basi operative nell'Europa centrale e occidentale. Naturalmente tutti questi aspetti vanno inquadrati nelle giuste considerazioni che sono state svolte dagli oratori che mi hanno preceduto e anche dal Presidente Evangelisti sulla diffusa e non corretta generalizzazione dell'equazione immigrazione uguale criminalità. Come si svolge questo traffico di clandestini. Velocissimi gommoni che trasportano quindici-quaranta persone alla volta che provengono dall'Albania, motonavi di linea con passaporti e permessi di soggiorno falsificati, motopescherecci o altri mercantili oppure all'interno di autocarri che sbarcano presso i nostri porti dalle navi-traghetto che provengono per lo più dalla Grecia e dalla Turchia. Nell'attività di contrasto in mare la Guardia di finanza assolve un ruolo fondamentale, questo in virtù della significativa consistenza della nostra componente aeronavale, circa 560 natanti e 109 biliguri. E' un ruolo questo che è stato riconosciuto giustamente anche nelle direttive emanate al riguardo dal ministro dell'interno. Complessivamente in Puglia, Calabria e Sicilia, che sono le aree più calde, per dare un'idea delle forze impiegate, la Guardia di finanza dispiega 100 unità navali, 16 elicotteri e mediamente 13 velivoli ad ala fissa. A questo proposito, visto anche quello che è stato detto stamattina Presidente, la Guardia di finanza sarebbe ben lieta di ospitare il Comitato nelle sue strutture operative di Bari che penso possano rivestire un qualche interesse. Nell'espletare questa attività di controllo - contrasto dell'immigrazione clandestina, e questo è un concetto molto importante perché talvolta non ho visto interpretazioni corrette, il personale ha obiettivi operativi ben chiari. Prima di tutto la salvaguardia della vita dei profughi; questo è un aspetto di fondo. E poi la cattura degli scafisti e il sequestro dei mezzi utilizzati per l'illecito traffico nonché colpire, come dicevo prima, i gangli dell'organizzazione che sfrutta questo fenomeno. Le attività operative sono coordinate utilizzando le nostre sale operative che sono in continuo collegamento con le analoghe strutture delle altre forze di polizia e nei primi nove mesi di quest'anno sono stati fermati per dare un'idea delle dimensioni 16mila clandestini, arrestate 342 persone e sequestrati 267 mezzi di cui 135 navali. Come per il contrasto al contrabbando, anche per la lotta all'immigrazione clandestina rivestono un ruolo decisivo le iniziative di collaborazione internazionale. Oggi la Guardia di finanza è presente in Albania con circa 140 uomini, 10 mezzi navali, nell'ambito di cinque missioni bilaterali o comunitarie di assistenza, consulenza alla polizia albanese ma che costituiscono prezioso avamposto di tutto il sistema di contrasto della Guardia di finanza che si sviluppa essenzialmente, come ho detto, lungo le coste pugliesi.

Sotto il profilo propositivo è auspicabile un sempre maggiore ricorso agli strumenti di cooperazione di polizia anche previsti dalla normativa di Schengen e dalla Convenzione Europol, una lotta sempre più pregnante ed incisiva all'occupazione illegale, una più stretta collaborazione tra gli organi investigativi ed i servizi di informazione e sicurezza, ma questo vale per tutti i traffici illeciti, e poi l'incentivazione delle iniziative sia bilaterali che multilaterali in materia, come è stato detto, di accordi di riammissione e di cooperazione di polizia. Questo aspetto è stato sottolineato in modo particolare dal professor Barbagli. Naturalmente, come pure è stato detto, il tutto va inquadrato nel più ampio obiettivo di eliminare le cause dell'origine dei flussi migratori e quindi la crescita sociale, economica, politica, la stabilità politica, la crescita delle istituzioni dei paesi da cui originano questi flussi, e questo è un problema che investe la Comunità internazionale, lo ha ricordato anche il Presidente Violante questa mattina. Io voglio dire che la Guardia di finanza è disponibile ad offrire, come per l'Albania, il suo contributo operativo, le sue risorse, le sue qualificazioni affinchè crescano le istituzioni di paesi più deboli. E questo è un obiettivo che noi auspichiamo di poter raggiungere soprattutto in Adriatico, soprattutto nell'area balcanica, ma mi conforta il vedere, il verificare che stiamo proprio procedendo in questa direzione, gli sforzi che stiamo facendo nei confronti del Montenegro ne sono una dimostrazione.

 

SERGIO SIRACUSA, Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri

Grazie signor Presidente, saluto il signor ministro dell'Interno e tutti signore e signori, sono grato al Comitato Schengen e al Presidente per avermi offerto questa possibilità di parlare dell'attività di Europol, ma dell'attività in un campo veramente particolare, che è quello della lotta alla tratta di esseri umani, direi una delle attività della criminalità più abiette perché si tratta di commercio di esseri umani, con violenze che sono violenze sessuali, violenze psicologiche soprattutto, violenze fisiche fatte contro rappresentanti della società più deboli, quali possono essere giovani ragazze oppure giovani anche adolescenti. Per il suo carattere transnazionale è chiaro che si tratta una lotta che non può che essere contrastata con il coinvolgimento della comunità internazionale, in questo si inserisce l'attività di Europol, organismo di carattere comunitario. Numerosissime sono le iniziative nei vari fori di cooperazione che mirano all'adozione di adeguate misure di prevenzione e di contrasto così come dichiarato a Birmingham dai Capi di Stato e di Governo, nel corso dell'anno scorso dai paesi del G8, mentre la prossima Convenzione ONU sul crimine transnazionale per la quale è in atto un tavolo di negoziazione a Vienna potrà rappresentare un valido strumento per coinvolgere nella lotta i paesi poveri, vogliamo chiamarli sending nation, vale a dire i paesi esportatori di esseri umani al fianco di quelli più progrediti ove si registra una sempre più matura presa di coscienza di questo particolare problema. L'Europa, dal canto suo, non ha perso occasione per sottolineare l'esigenza e per stigmatizzare il fenomeno. Alle numerose dichiarazioni di principio del Consiglio d'Europa e del Parlamento europeo sono infatti seguiti provvedimenti concreti, tra questi merita assoluto rilievo l'attribuzione ad Europol di specifiche competenze nel contrasto agli aspetti criminali di questo particolare fenomeno. La tratta di esseri umani è intimamente connessa con quella dell'immigrazione clandestina: la speranza, l'esigenza di trovare lavoro unita al tentativo di eludere la normativa e i controlli spinge alla clandestinità chi vuole emigrare. Ciò comporta come naturale conseguenza che i soggetti interessati vadano ad occupare nei paesi di destinazione spesso posizioni caratterizzate dalla precarietà e dalla emarginazione. Tali considerazioni assumono particolare importanza se riferite alle persone più deboli, donne e ragazzi che cadono più facilmente preda di personaggi senza scrupoli. La posizione geografica dell'Italia, è stato più volte ripetuto, unita alla presenza di organizzazioni criminali efficienti con ramificazioni su tutto il territorio nazionale, ha favorito un cospicuo aumento del fenomeno sviluppatosi in parallelo alla crescente immigrazione. I dati sulle varie nazionalità evidenziano il trasporto verso l'occidente di un buon numero di ragazze provenienti dai paesi dell'area dell'Europa orientale e della penisola balcanica. L'ondata migratoria di questi ultimi anni ha interessato anche altri continenti, il Sud-America e l'Africa subsaariana. Quello che più preoccupa è il coinvolgimento della criminalità organizzata internazionale che è riuscita a sfruttare le varie situazioni di crisi che via via hanno colpito tante aree del pianeta rendendo altamente remunerativo il trasferimento di consistenti masse di persone. I sodalizi criminali non limitano la loro attività al trasporto illegale di individui ma la estendono orientando la stessa destinazione dei soggetti interessati e sottoponendoli spesso ad ulteriori forme di schiavitù e a condizioni di vita più disagiate e degradate di quelle che le hanno spinte ad affrontare i rischi di una immigrazione clandestina. Il prezzo da pagare per il trasporto frequentemente è rappresentato da vincoli più o meno evidenti, concordati prima della partenza, che costringono le persone, una volta giunte a destinazione, al mondo della prostituzione. L'asservimento al potere di queste compagini delinquenziali è per alcuni totale ed incondizionato fino all'estinzione del debito contratto per il trasporto. Sottolineare il livello inumano di costrizione si evidenzia come non siano ammesse deroghe a tali imposizioni, pena l'applicazione di sistemi di punizione che non di rado possono comprendere anche il sequestro di persona (questa è una ritorsione tipica ad esempio della comunità cinese), oppure la soppressione del soggetto stesso o dei congiunti ancora residenti nei paesi di origine. Le giovani donne poi sono costrette alla prostituzione dalla violenza fisica e sessuale esercitata da soggetti criminali inseriti nelle stesse organizzazioni o talvolta esterni o con ruoli autonomi per soggiogare una o più ragazze. Come bene illustrato nell'ultimo rapporto di Europol sullo stato della criminalità organizzata in Europa le difficoltà insite nel tentativo di cogliere gli aspetti essenziali dello sfruttamento sessuale della prostituzione sono riconducibili a due fattori principali. Il primo è di ordine statistico, derivante dalla normativa vigente che non prevede alcun tipo di rilevazione di questa particolare attività, intendo rilevazione sistematica. Il secondo è di ordine materiale connesso con la riluttanza delle vittime che, temendo ritorsioni, non denunciano lo sfruttamento subito agli organi di polizia. La prostituzione femminile e maschile alla luce della vigente legislazione è difficilmente controllabile nelle sue reali dimensioni dalle forze di polizia che incontrano notevoli difficoltà nell'individuazione degli elementi criminali che vi operano continuativamente. Non da ultimo è da rilevare come lo sfruttamento sia fonte di lucrosi proventi successivamente reimpiegati in attività illegali assai più redditizie, traffico di stupefacenti, armi, esplosivo e di cui si hanno riscontri operativi concreti. In Italia lo specifico panorama criminale vede la quasi totale supremazia dei gruppi a matrice extracomunitaria che rappresentano un rilevante fattore di novità di questi ultimi anni e sono causa di notevole preoccupazione. Dobbiamo comunque osservare che nelle regioni di origine - Sicilia, Calabria, Puglia, Campania - le tradizionali organizzazioni mafiose italiane mantengono intatta la loro egemonia e solo in rare occasioni tollerano la presenza di forme concorrenziali; di contro, nel nord e nel centro del Paese, ove la presenza di dette organizzazioni è meno cospicua, attecchiscono gruppi a matrice etnica che riescono a trovare autonomi spazi in settori considerati di minore importanza quali appunto la prostituzione e il commercio minuto di stupefacenti. Sono già all'attenzione degli investigatori alcuni gruppi balcanici e albanesi capaci di gestire contestualmente e con la medesima efficienza e ferocia una rilevante fetta del mercato della prostituzione oltre al mercato della droga proveniente dalla Turchia e dall'Est asiatico e a quello delle armi provenienti dai teatri bellici balcanici. Controllando la cosiddetta rotta balcanica i gruppi albanesi e kossovari sono i più attivi nel traffico di clandestini e nel conseguente avviamento di molti di loro al mercato del lavoro illegale. Di pari rilievo, è stato ricordato più volte, è la criminalità di origine nigeriana, fondata su un'associazionismo tribale, dedita in particolare a traffici legati alla prostituzione cui costringe le proprie connazionali soggiogandole spesso con riti magici. E' interessante notare come all'interno di tali gruppi si registri spesso la partecipazione e la predominanza di soggetti di sesso femminile, particolarmente attive nel reclutamento in terra natia e nella gestione dell'attività qui in occidente, in genere. Una specifica attività investigativa dei Carabinieri di Aosta condotta attraverso i canali Europol ha consentito di individuare un'organizzazione nigeriana attiva in Italia ed in Germania: per la parte italiana proprio pochi giorni fa sono stati rinviati a giudizio sei nigeriani dediti al reclutamento di donne che con documenti falsi sbarcavano ad Amsterdam e a Francoforte e poi venivano introdotte nel nostro Paese. L'attività dell'Arma, dal contrasto al traffico di esseri umani, come quella di tutte le altre forze di polizia, è stata ed è intensa. Nel solo 1999 sono state denunciate alle competenti autorità giudiziarie oltre 700 stranieri perché responsabili di reati riconducibili al soggiogamento di altri esseri umani. I reati si riferiscono alle persone deferite per reati concernenti prostituzione, violenze sessuali, corruzione di minorenni e sequestri di persona per motivi sessuali. Per quanto concerne i minori il fenomeno dello sfruttamento sessuale, diverso da quello dell'abuso sessuale, è comunque ancora contenuto ed operato in massima parte in danno di soggetti di nazionalità straniera, da appartenenti ai rispettivi gruppi etnici. Più frequente è invece il casi di minori, privati della libertà e di ogni altri diritto, costretti all'accattonaggio e al compimento di piccoli furti o altri crimini. Tale imposizione è sovente correlata da abusi di natura sessuale che producono il progressivo condizionamento dei soggetti fino ad indurli anche all'esercizio della prostituzione e talvolta ridurli in schiavitù. Ricordo la recente operazione, cosiddetta "Operazione orco", condotta dall'Arma a Milano, che è scaturita dalle dichiarazioni di un piccolo albanese costretto a chiedere l'elemosina agli incroci e con l'impegno di portare ogni giorno e di consegnare 50.000 lire, pena percosse e digiuni. Dalle indagini è emerso che altri 39 minori suddivisi in piccoli gruppi e alle dipendenze di più capi si trovavano nelle stesse condizioni. Un discorso a parte merita infine, ma solo un accenno, il mercato della pornografia, strettamente correlato alla prostituzione oggi in preoccupante espansione, anche grazie all'utilizzo delle reti telematiche, specie quelle Internet (sono noti i frequentissimi casi). L'Arma da oltre un anno ha un proprio sito Internet e un indirizzo di posta elettronica ove sono giunte trenta segnalazioni di cittadini riferite a casi di pedofilia riscontrabili nella rete Internet. Il monitoraggio degli accessi a tali siti che sono attestati all'estero e perciò non soggetti alla legge italiana ha consentito l'avvio di indagini che hanno portato all'arresto di cinque persone a Milano, altre a Roma, responsabili di sfruttamento del turismo sessuale in danno di minori. Si tratta della nuova figura di reato prevista dalla legge 269 del 1998, che ha introdotto efficacemente una serie di norme tese a contrastare lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia e del turismo sessuale a danno di minori. Si tratta di innovazioni significative che sicuramente ci consentiranno una più efficace lotta a questa particolare forma di criminalità. L'attualità della tematica, unita alla natura dei reati in questione, che legano i più elementari diritti umani e la dignità stessa dei soggetti vittime del traffico ha reso indispensabile, ne accennavo in apertura, l'adozione di una linea di indirizzo comune fra i paesi interessati. Una realtà criminale così complessa, con radici in fenomeni socio-culturali che travalicano i singoli stati necessita di un'azione di contrasto ampia e corale che abbracci tutte le energie disponibili in ambito internazionale. In questo quadro assume particolare importanza il ruolo che è destinato a svolgere Europol, cui l'articolo 2 della Convenzione istitutiva affida anche la prevenzione e la lotta alla tratta di esseri umani. Con azioni comuni sottoscritte successivamente il Consiglio dell'Unione ha via via ampliato la competenza della struttura; fra tutte va ricordata quella del 16 dicembre 1996 che ha specificato come Europol debba interessarsi di tutto quello che riguarda lo sfruttamento della prostituzione, nonché le forme di sfruttamento e di violenza sessuale nei confronti di minori e il commercio connesso con l'abbandono dei figli. L'azione comune del 26 novembre del '98 ha poi integrato la definizione del mandato di Europol estendendone la competenza al contrasto della produzione, vendita e distribuzione di materiale relativo a pornografia infantile. La volontà europea di contrastare decisamente il fenomeno è stata altresì ribadita con il programma "Stop sexual traffic of person" assunto e finanziato con l'azione comune del novembre '96, in cui si sottolinea la necessità di coinvolgere a fianco delle magistrature e delle forze di polizia tutti gli organismi istituzionali e sociali deputati al controllo dell'immigrazione clandestina. Chiudiamo quindi assolutamente convinti che Europol potrà fornire un contributo significativo anche in questo settore operativo come in tutti gli altri di competenza. Il dato statistico del '98, che registra soltanto 96 attivazioni dei canali di cooperazione europea per il settore in parola, quindi solamente il 4 per cento del totale di tutte quante le segnalazioni, non esprime appieno le potenzialità di cooperazione per il contrasto ad un fenomeno che ha certamente i caratteri della transnazionalità e postula pertanto il costante scambio informativo tra le forze impegnate. Con l'approvazione dell'ultimo Protocollo sulle immunità del personale, Europol estenderà la sua attività dal mero scambio informativo tra Polizie a quella ben più pregnante, ed importante, dell'analisi criminale indispensabile per conoscere meglio i fenomeni e poterli contrastare più efficacemente. Sono già allo studio due progetti proprio per l'analisi dell'immigrazione clandestina che, come detto, ha notevoli elementi di continuità con la tratta degli esseri umani. Altri strumenti disponibili in Europol sono le conferenze di esperti indette per facilitare lo scambio di esperienze operative ed individuare le procedure investigative più idonee al fine di riversarne poi i risultati in corsi formativi per tutti gli operatori di polizia, facendo anche tesoro degli elementi informativi e di esperienza tratti dai numerosi contatti che Europol tiene costantemente con i paesi in predicato di aderire all'Unione europea e con le organizzazioni non governative. Da ultimo, e mi avvio a concludere, desidero ricordare che il Trattato di Amsterdam, più volte ricordato, individua in Europol lo strumento principale per garantire ai cittadini dell'Unione un effettivo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia e benessere. Europol assume quindi il ruolo di motore nell'azione comune fra tutti gli stati membri per migliorare la cooperazione di polizia e contrastare più incisivamente la criminalità organizzata, che tanta parte ha in questo traffico vergognoso per l'intera umanità. Un'ultima nota infine per sottolineare la necessità che anche la cooperazione giudiziaria, come ricordava il dottor Laudati, raggiunga gli apprezzabili livelli di cooperazione, già esistente tra le forze di polizia, i cui sforzi rischiano di risultare vani se la rilevanza penale dei fenomeni esaminati non troverà omogenea disciplina nei vari ordinamenti giuridici. E' un auspicio che trova piena corrispondenza proprio nel Trattato di Amsterdam, nel dichiarato impegno di tutti i paesi dell'Unione di concretizzare nei prossimi cinque anni la piena integrazione delle analisi criminali e l'attivazione di gruppi investigativi sovranazionali in grado di conferire all'azione di contrasto unicità di indirizzo e quindi maggiore aderenza alla transnazionalità del crimine organizzato.

 

Back                                     Forward