FERNANDO MASONE, Capo della Polizia

Signor Presidente, grazie per l'invito che mi è stato rivolto, e grazie anche per il tema che mi è stato assegnato che mi consente di fare una esposizione, una rivisitazione generale della situazione del nostro paese inserito nell'Europa, soprattutto in relazione al fenomeno della immigrazione clandestina e della criminalità organizzata. Saluto la signora ministro dell'interno, sempre così attenta e vicina ai nostri problemi, a questi problemi in particolare e la prova è nei fatti: nell'ultimo Vertice che si è tenuto a Luxemburgo il nostro ministro ha proposto con molta forza che l'Europa anche si faccia carico di problemi che sono del nostro Paese in via prioritaria perché il nostro Paese ha una esposizione particolare nell'Europa stessa. Passo quindi a parlare quindi subito del fenomeno migratorio per fare un po' il punto anche della situazione ad oggi.

Il fenomeno migratorio col quale ci stiamo confrontando è chiaramente caratterizzato dall’autentica dinamica storica in atto, che interessa l’intera Europa. Ci possono essere dei "fattori di attrazione" particolare che sono, ad esempio, la contiguità geografica dei Paesi di destinazione rispetto a quelli di provenienza (Italia e Spagna) o, ancora, il preesistente insediamento di consistenti collettività straniere (Regno Unito, Germania, Francia, Olanda, Belgio). Tutti comunque ne siamo quindi pienamente riguardati.

La scelta enunziata dai Paesi dell’Unione è concettualmente chiara: regolare l’immigrazione legale entro i limiti delle capacità di assorbimento e di integrazione sociale; contenere, o addirittura fermare quella clandestina.

Si tratta di due direttrici complementari per affrontare i rischi che si profilano anche per quanto specificamente attiene alla sicurezza pubblica: il radicamento di forme di criminalità organizzata straniera e l’incremento della delittuosità di strada per la parte ascrivibile ai clandestini.

Dobbiamo, in altri termini, prevenire e contrastare solo le patologie riconducibili al fenomeno migratorio, senza in alcun modo incorrere nel gravissimo errore concettuale di rifiutarlo nel suo complesso, opzione che sarebbe velleitaria ed antistorica, ma che, prima ancora, costituirebbe un’abiura dei principi di solidarietà e di rispetto dei diritti dell’uomo che ciascun Paese europeo e l’Unione nel suo insieme hanno fatto solennemente propri. Anche stamane abbiamo ascoltato in questa sala autorevoli interventi in proposito; ho voluto precisarlo nella mia specifica funzione tecnica perché questo è l'atteggiamento delle Forze dell'ordine, che si adoperano per salvaguardare la tranquillità della gente ricusando al contempo qualsiasi logica di rifiuto indiscriminato e guardando anzi con preoccupazione a segnali di intolleranza xenofoba.

Tali ragioni mi fanno guardare con interesse ad iniziative volte a "cristallizzare" la situazione, facendo emergere dalla clandestinità soggetti già da tempo presenti sul nostro territorio. Mi riferisco alla regolarizzazione decisa lo scorso anno e che ha visto la registrazione di 308.000 prenotazioni, con oltre 90.000 permessi di soggiorno già rilasciati a chi ha dimostrato di possedere i requisiti richiesti. Io credo molto, dal punto di vista della sicurezza pubblica, nell'emersione che questa sanatoria sta producendo, perché noi ci troveremo di fronte a persone che hanno un nome, un cognome, una nazionalità e se sbagliano possono essere rimpatriati nel paese di origine. Questo al contrario è il problema vero della nostra azione, come vedremo in seguito.

Complessivamente, il dato degli extracomunitari regolarmente presenti in Italia supera di poco il milione di persone ed abbiamo il dovere, morale e giuridico, di favorire in ogni modo la loro piena integrazione. Parlo di persone che regolarmente si trovano sul nostro territorio.

Il netto distinguo tra fisiologia e patologie è del resto alla base anche della decisione, maturata in seno all’Unione, di spostare le politiche migratorie e d’asilo dal III al I Pilastro, di cui già si è discusso abbondantemente, non voglio ripetermi sull'argomento. Passerei invece a vedere quali sono le proiezioni della criminalità organizzata in Europa.

La delinquenza organizzata concepisce come un unicum ogni genere di traffico illegale, già lo hanno puntualizzato nei loro interventi il Generale della Guardia di finanza Mosca Moschini, il Generale Siracusa, Comandante dell'Arma dei Carabinieri e, in tale logica, tenta di sfruttare le opportunità dischiuse dalla globalizzazione per tessere alleanze ma, soprattutto, per garantirsi ulteriori guadagni, crescente mimetismo e maggiore sicurezza rispetto all’azione della Magistratura e della Polizia.

Il mondo si è fatto enormemente piccolo, è una considerazione che facciamo tutti i giorni, gli spazi giuridici si sono invece ampliati a dismisura e, parallelamente, la telematica ha generato un universo virtuale che ha abbattuto ogni residua distanza nei contatti, nelle transazioni e negli accordi, consentendone la realizzazione in tempo reale.

Si profilano quindi nuovi contorni e tratti inediti dell’agire criminale.

La progressiva internazionalizzazione degli illeciti, rappresentando un ulteriore percorso di accumulazione primaria di ricchezza per le cosche ed i loro cartelli, favorisce infatti l’attività di riciclaggio, introducendo un fattore di pervasivo inquinamento del sistema economico e finanziario legale.

La minaccia è ancora più grave se si pensa che alla velocità dei processi accennati, non ha corrisposto un'altrettanto rapida globalizzazione dell’azione di contrasto al crimine, per sua natura subordinata alla posizione di regole e fortemente condizionata dal principio di sovranità.

Non è ipotizzabile omologare gli ordinamenti, ma si deve lavorare per armonizzarli, ricercando soluzioni comuni nei limiti della coerenza interna di ciascun sistema giuridico, onde consentirne l’interazione nel modo più efficace.

Poco fa il dottor Laudati appunto prospettava situazioni e auspicava situazioni in questo senso. Stiamo procedendo in questa direzione, a livello tecnico, a livello operativo, per impedire il tentativo di radicamento di vere e proprie mafie etniche, attratte dalla floridezza economica dell’Occidente e determinate a costituire basi avanzate sui nostri territori.

E’ il caso delle consorterie cinesi a cui poco fa faceva cenno anche il Generale Siracusa, e russe e di molte altre ancora, come i clan degli albanesi.

Per combatterle, la via maestra è la collaborazione internazionale, la sola dalla quale può scaturire un’azione di intelligence a tutto campo, che dall’analisi strategica giunga sino alla pianificazione delle singole operazioni congiunte.

Ed è questo che stiamo sviluppando in un quadro di cornici concentriche: tra i nove Paesi aderenti all’Accordo di Schengen; in seno all’Unione, attraverso Europol; nella dimensione regionale, che vede sedici Paesi dell’area centrale, orientale e balcanica cooperare nell’I.N.C.E. contro la criminalità organizzata, così come gli otto Paesi del Mediterraneo Occidentale; sulla base, infine, degli oltre 40 accordi bi e multilaterali stipulati.

Non mi soffermerò sulle operazioni condotte a termine con successo contro le mafie straniere sul continente o contro le propaggini lontane delle consorterie europee, perchè le cronache ci tengono compiutamente informati quando riferiscono degli arresti di latitanti, dei sequestri di droga, di armi e di esplosivi.

Per quanto riguarda l’altro grande versante del problema, cioè quello della criminalità diffusa e dei suoi collegamenti con l'immigrazione clandestina, il problema è già stato affrontato dal professor Barbagli questa mattina in maniera estremamente lucida. Esso rappresenta, per tutti i Paesi europei, un problema molto serio e si afferisce ad un tipo di devianza che ormai siamo soliti definire criminalità diffusa e nella quale ricomprendiamo lo spaccio minuto di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione ed i reati contro il patrimonio, che spesso sfociano in aggressioni e violenze alla persona.

Dobbiamo infatti considerare che gli immigrati illegali, ovviamente non assistiti, finiscono con l’essere spessissimo risucchiati dal mondo dell’illecito, sia per effetto del reclutamento ad opera della criminalità più strutturata, sia per l’esigenza di procacciarsi i mezzi di sostentamento.

Ne è riprova il fatto che gli extracomunitari, in Italia, costituiscono il 25per cento dei soggetti denunziati ed il 35 per cento di quelli arrestati, attestandosi l’incidenza sul totale della popolazione carceraria nell’ordine del 25 per cento.

Si opera naturalmente in primo luogo per scompaginare le reti delinquenziali che organizzano il traffico di esseri umani. Non ripeterò in proposito i dati che già sono stati forniti sia dal Comandante Generale della Guardia di finanza che dal Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri. Mi soffermerò più in generale, sullo sforzo massiccio che è in corso per contenere gli ingressi illegali. Poco fa il Generale Mosca Moschini ha parlato di 16mila clandestini rintracciati. Si pensi allo sforzo, che devono compiere le Forze dell'ordine, visto che tutte queste persone devono affluire nei nostri uffici, negli uffici della Polizia di Stato, vedere esaminata la loro posizione prima che un provvedimento possa essere adottato. E' uno sforzo enorme che stiamo compiendo.

Come ha ricordato in sede comunitaria il Ministro dell’Interno, l’intervento si è fatto assai più incisivo grazie alla nuova normativa, ad un miglior coordinamento dei servizi, ad un impegno generoso delle Forze di polizia.

Dal l° gennaio al 3 ottobre, i rimpatri sono stati oltre 50mila; erano 47mila i dati al 15 settembre, abbiamo superato il numero dei 50mila oggi. Vorrei sottolineare come l'azione del nostro Paese, per essere così efficace, comporti oneri assai ingenti e sostenuti esclusivamente dal nostro Paese, a beneficio, però, di tutta l’Unione.

Le nostre coste sono frontiere europee e credo sia più che ragionevole auspicare che gli altri Partner si facciano carico di questa realtà, soprattutto ora che i nostri dispositivi stanno dimostrando, alla prova dei fatti, la propria efficacia.

Di certo, però, non possiamo illuderci di blindare le frontiere, cosa che è semplicemente impossibile.

Alla vigilanza già forte deve allora coniugarsi il tempestivo allontanamento dei clandestini rintracciati. Solo così potremo ridurne il numero e, quindi, contenere i deleteri effetti indotti dalla loro presenza nei nostri Paesi.

La vasta esperienza maturata proprio in tale specifica attività induce ad individuare l’ostacolo più grande nella difficoltà di identificare compiutamente i clandestini, atteso che, come noto e per deliberata scelta, essi giungono in Europa sprovvisti di qualsiasi tipo di documento.

Sicuramente di grande aiuto potrà essere l’impiego del modernissimo sistema di memorizzazione e riconoscimento automatizzato delle impronte digitali che consente di accertare immediatamente se il soggetto sia già venuto in contatto con le Autorità di polizia, risolvendo quindi le enormi difficoltà incontrate dagli operatori di fronte ad individui che hanno, spesso, molti se non moltissimi alias. Questo sistema è modernissimo, si chiama AFIS e già è operativo in 14 gabinetti regionali della Polizia scientifica italiana.

Se torneranno nel nostro Paese quegli stranieri già fotosegnalati, li identificheremo quindi molto velocemente, sempre a condizione, però, di essere riusciti una prima volta ad attribuire loro le esatte generalità.

Continueremo pertanto ad avere bisogno, innanzitutto, della necessaria cooperazione delle Autorità dei Paesi di origine ed è questa la ragione che mi porta a considerare la via intrapresa, quella della ricerca della collaborazione internazionale, come l’unica possibile.

Ove essa è stata raggiunta, i risultati sono stati concreti e visibili e cito ad esempio i casi della Tunisia e del Marocco.

Un dato per tutti: nei dodici mesi compresi tra l’ottobre ‘98 ed il settembre ‘99 sono giunti sui litorali siciliani 2.072 clandestini provenienti dalle coste maghrebine, mentre nei soli mesi di luglio agosto e settembre dell’anno scorso erano stati ben 3.413. Inoltre nel periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 3 ottobre di quest’anno, considerando anche i rimpatri degli stranieri rintracciati sul territorio, 3.415 sono i clandestini riammessi nei Paesi del Maghreb, proprio grazie alla politica seguita di intesa con quelle Autorità. Sulla base di queste esperienze e risultati si stanno intensificando i già proficui rapporti con l’Albania, rallentati in passato da problemi interni, e riprendendo quelli con i Paesi dell’Est, dopo la stasi imposta dalle recenti vicende belliche nell’area balcanica. E' stato autorevolmente detto: ma se abbiamo degli aiuti possiamo pretendere di più altrimenti sospendiamo gli aiuti. Ma se sospendiamo gli aiuti non è che sospendiamo il flusso di immigrazione clandestina; ci conviene quindi, proprio dal punto di vista pratico, fare in modo che questi aiuti siano sempre più incisivi e siano finalizzati appunto nel senso di impedire l'immigrazione verso il nostro Paese e soprattutto di consentire, come avviene, ad esempio con l'Albania, il rimpatrio in maniera agevole, quindi questi aiuti non sono così sprecati inutilmente. Noi aiutiamo, dall'altra parte però abbiamo il massimo della disponibilità da parte delle autorità albanesi a ricevere senza documenti tutti coloro che comunque vengono considerati, anche in maniera non certa, come persone appartenenti a quel Paese.

Il problema di fondo, dunque, è e sarà quello di "riammettere" negli Stati di origine coloro che sono entrati da noi illegalmente.

Non è certo casuale che il documento franco-tedesco-britannico presentato in Lussemburgo individui come prioritaria tale direttrice, mutuando ora un’impostazione che l’Italia ha da tempo intuito, elaborato e realizzato con tenacia.

L’insieme di queste considerazioni mi induce, in conclusione, ad affermare la necessità che le politiche migratorie debbano fondarsi su una valutazione finalmente comunitaria della dimensione transnazionale di tale fenomeno, come è già stato rilevato stamane da coloro che mi hanno preceduto negli interventi vari.

Da tali premesse potrà essere elaborata una strategia unitaria e di lungo periodo, che realizzi al meglio sia l’integrazione dell’immigrazione legale, sia il contenimento di quella illegale, sia, infine, il contrasto alla grande criminalità internazionale.

 

SANDRA FEI, Componente del comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della convenzione di Schengen

Volevo innanzitutto fare i complimenti al Presidente Evangelisti per l'iniziativa che ha preso di organizzare questa giornata di studio. Avrei però preferito che invece di promuovere delle tesi già precostituite e non discusse, si discutessero situazioni per arrivare a conclusioni più valide e non precostituite; questa naturalmente non è una responsabilità del Presidente, è la mia valutazione su quanto emerso da questa giornata.

Il primo tema su cui mi vorrei soffermare è quello della cosiddetta cooperazione giudiziaria. Cooperazione e armonizzazione sono infatti concetti piuttosto confusi. Lo stesso ministro Letta, oggi ha fatto l'esempio degli Stati Uniti come modello di armonizzazione, mentre proprio gli Stati Uniti hanno dei diritti penali indipendenti, tanto è vero che la pena di morte esiste in alcuni Stati ed in altri no. Ritengo quindi che il tema della cooperazione giudiziaria dovrebbe giungere a maggiori chiarimenti, in particolare per capire se effettivamente si vuole parlare di cooperazione nel senso di arrivare ad un riconoscimento delle sentenze e ad alcuni punti che permettano un'azione comune, un'azione di freno, oppure se si vuole arrivare a un'armonizzazione ossia ad un diritto penale comune, un PM europeo, eccetera, il che comporterebbe situazioni completamente diverse. Ritengo anche che pur essendo stato redatto quello che viene definito un corpus juris, in cui sono sviluppate alcune tesi di armonizzazione, non perché sia stato redatto questo "libro bianco", chiamiamolo così, questa debba essere considerata l'unica soluzione possibile, senza avviare alcuna discussione. Discussione che non c'è stata nell'opinione pubblica né tanto meno nel nostro Paese o nel nostro Parlamento. Invece sono convinta, e alleanza nazionale lo ha sostenuto fortemente, dell'importanza che possa avere una vera, concreta cooperazione, così come è stata stabilita in un primo tempo nel terzo pilastro e cioè, ed è il primo passo da attuare effettivamente, quella consistente nel riconoscimento delle sentenze e in maggiori poteri investigativi (tra l'altro il vertice di Vienna aveva precisato nella sua risoluzione finale l'importanza di Europol, la possibilità di ampliarne il mandato eventualmente conferendogli anche poteri attivi e non soltanto passivi). In Italia su questo tema, la questione dei poteri investigativi in Europa, si è aperto un dibattito in seno anche alla Magistratura, la quale (o almeno parte di essa) chiede di poter avere dei poteri investigativi; la discussione è quindi molto forte anche perché si ritiene che normalmente i poteri investigativi dovrebbero rimanere di competenza della Polizia. Quindi regole comuni certe, regole comuni anche per l'immigrazione, clandestina e non, anche per le questioni di esodo su cui preferisco parlare di protezione temporanea e non di asilo come definito nella proposta che ci è arrivata già approvata dal Senato, sul diritto di asilo, in cui si parla di un asilo che si toglie e si dà, sembra una carta un po' vincente o perdente e non si riesce invece a parlare di protezione temporanea, come era stabilito forse in modo migliore nell'articolo 18 della legge 40 sull'immigrazione. Quindi regole comuni anche su questo punto tenendo presente che però tutte queste regole comuni, sia in campo di cooperazione giudiziaria sia in quello dell'immigrazione e altro, porterebbero l'Italia a problemi gravi e concreti di attuazione, perché non siamo all'altezza di affrontare queste situazioni. Mi riferisco sia al problema delle carceri, sia al problema sociale, dei servizi sociali, dei servizi di integrazione sociale, di recupero sociale che sono connessi a tutti i problemi di cui abbiamo parlato oggi e sappiamo che purtroppo nel nostro Paese siamo ancora molto molto indietro. Se uno ha bisogno di un assistente sociale lo trova il mercoledì dall'1 alle 2 e il venerdì dalle 3 alle 4, dopo di che se lo scorda: banalizzo forse la situazione, ma più o meno siamo a questo livello. Si è parlato anche di importanza della cosiddetta responsability sharing, nessuno ha parlato però di burding sharing, ma possiamo dire che vanno di pari passo. L'allarme che io sollevo, anche essendo parte dell'opposizione, è quello di non far sì però che questo appello al responsability sharing voglia dire perdere responsabilità, non responsabilizzarsi per la propria parte. A volte questo ha portato a una sorta di politica, soprattutto negli ultimi mesi, di immobilismo e di impotenza più o meno dichiarata da parte del Governo; ritengo che questo immobilismo o impotenza sia dannosissimo nel nostro Paese e sia dannosissimo anche dal punto di vista della credibilità dell'Italia in Europa. E' importante infatti sostenere tesi concrete, tesi che possano essere prese sul serio; non come l'impotenza che tutti hanno "ammirato" nei filmati che riguardavano i container della "Missione Arcobaleno". Due ultime brevissime questioni. Una è quella che riguarda i rapporti tra Parlamento e Governo, perché abbiamo avuto qui il Presidente del Comitato delle politiche europee dell'Olanda, il quale ha ampiamente mostrato i rapporti che ci sono tra Parlamento e Governo, che auspicheremmo poter avere anche in Italia! Purtroppo non abbiamo la stessa serietà di rapporti, pur essendo l'unico paese dei quindici, insieme all'Olanda, ad avere la stessa sovranità, quella parlamentare e non certo quella di governo o presidenziale. Per cui ritengo che su questo bisognerebbe svolgere una riflessione, una riflessione sul rapporto e soprattutto sui poteri, anche vincolanti, di controllo e di maggiore controllo da parte del Parlamento, perché quello italiano resta e rimane un Parlamento sovrano. Quando pertanto il ministro Letta annuncia orgoglioso di avere finalmente inventato il sistema di potremmo chiamarlo "concertazione", visto che è di moda, di coinvolgere quindi le categorie per la legge comunitaria e per altre iniziative in fase ascendente in sede europea, ritengo che prima di tutto si dovrebbe tenere in maggiore considerazione il Parlamento e le indicazioni che da esso provengono mentre vediamo che spesso non è così. L'ultimo punto che desidero portare alla vostra attenzione riguarda una questione che tutti voi avete sentito sui giornali, la questione di Brescia in cui il sindaco Corsini, con il coinvolgimento del ministro Jervolino, è riuscito a rinforzare le risorse di polizia sul territorio, si sono fatte retate giorno e notte, sono scomparsi dalla strada trafficanti a prostitute: un risultato senz'altro positivo. Mi chiedo però dove siano finite tutte queste persone.

 

LUIGI PENGUE, Libero professionista in medicina legale e medicina del lavoro in Firenze.

Grazie Presidente, sarò brevissimo. Ringrazio per l'invito e per dare un modesto contributo: la società ad economia avanzata quale la nostra attrae di per sé immigrati e la nostra società è sempre più spinta a mettere a punto strumenti politici, giuridici ed economici che consentano la migliore gestione di flussi migratori in modo da ridurre anche gli aspetti destabilizzanti. E' evidente così che gli strumenti posti in essere tendono ad esprimere sostanzialmente l'ideologia ed i rapporti economici ed anche di potere del paese che ospita e poco o nulla i valori e gli interessi degli immigrati. Io mi occupo di flussi migratori e di convenzioni tra i popoli come medico che viene dall'organizzazione dei servizi sanitari e nel mentre auspico in un futuro non tanto remoto che il divario venga colmato gradirei se è possibile avere qui un autorevole parere al riguardo.

 

ROSA RUSSO JERVOLINO, Ministro dell'Interno

Ringrazio il Presidente, e il Comitato Schengen, con il quale ho avuto già altre volte la possibilità di confrontarmi e di lavorare insieme. Non vorrei fare una conclusione, perché io credo che in questa materia non è possibile fare conclusioni in quanto si tratta di una materia sulla quale Parlamento, Governo, Unione europea, Forze dell'ordine stanno lavorando molto attivamente, una materia che mi auguro abbia dal Vertice di Tampere una ulteriore spinta in avanti. Quindi io farò solo alcune osservazioni trattando l'argomento anche con la freschezza della memoria di aver partecipato a due Vertici molto recenti in preparazione di Tampere, cioè al Vertice informale di Turku e al Vertice formale di Lussemburgo lunedì scorso, facendo alcune sottolineature e appunto dando una qualche risposta a quesiti che sono stati appunto posti. Non darò risposte al Capo della Polizia, al Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri e al Comandante Generale della Guardia di finanza perché a loro devo dare solo un ringraziamento condividendo fino in fondo non soltanto le cose dette ma soprattutto, appunto prendendo ancora una volta l'occasione, per dar loro atto di un impegno che è quotidiano, generoso, intelligente e che ha portato a risultati che anche sul piano internazionale vengono apprezzati sempre più. Presidente, io ho letto con molta attenzione il documento che voi avete redatto in vista del Consiglio europeo di Tampere e devo dire, questo credo che almeno a me fa piacere e spero che faccia piacere anche ai colleghi di opposizione, che sostanzialmente vi è una linea fortemente convergente tra il documento che voi avete approvato e quella che è l'azione che il governo sta portando avanti. E questo credo che sia di capitale importanza perché una forte collaborazione tra Parlamento e Governo, riprenderò poi alla fine il tema sulla base della giusta osservazione che ha fatto la collega Fei, in un momento come l'attuale credo apra delle grandi possibilità. Perché io voglio sottolineare l'attuale momento? Vedete, ci sono due o tre fatti positivi che credo il nostro Paese debba contribuire a far evolvere sempre più verso una politica comune non soltanto in termini di diritto penale comune, di cooperazione giudiziaria, ma una politica comune in materia di asilo, immigrazione e appunto protezione temporanea. Perché? Perché in fondo con l'entrata in vigore il 1° maggio del 1999 del Trattato di Amsterdam ormai la scelta decisiva di fondo è stata fatta. La prospettiva è quella della comunitarizzazione di queste materie e, devo dire, sulla strada della comunitarizzazione di queste materie c'è anche un binario, che è stato qui citato almeno questa mattina e questo pomeriggio, a cominciare dall'ambasciatore Vattani, ed è il documento approvato a Vienna nel dicembre dell'anno scorso sotto la presidenza austriaca, che è stata una buona e fattiva presidenza, il documento per uno spazio comune di libertà, di sicurezza e di giustizia. Qual è il problema di fronte al quale io sono andata per la prima volta al Consiglio dei ministri dell'Interno e della Giustizia, proprio nel novembre del 1998 (il Governo D'Alema ha avuto la fiducia alla fine di ottobre del '98 quindi eravamo a ridosso della fase terminale di predisposizione di questo documento)? Qual è il lavoro che ha caratterizzato il Consiglio dei ministri durante questo anno? E' stato il lavoro di attuazione di questo documento, perché rispetto ad affermazioni di fondo da tutti condivise, politica comune dell'immigrazione eccetera, quando poi si è trattato di passare anche nel momento drammatico della vicenda Kossovo da una solidarietà affermata nei documenti anche per la protezione temporanea ad una solidarietà veramente realizzata, che comportava non soltanto la predisposizione di documenti ma la predisposizione di strategie operative comuni e comportava anche, amici, l'abbiamo sempre detto con molta semplicità, una redistribuzione degli oneri, beh, a quel punto è stato estremamente difficile fare l'ulteriore passo dalla enunciazione di principio all'applicazione concreta. Devo dire che l'appuntamento di Tampere, sia per l'impatto, per la spinta in avanti che ne deriverà (sia il ministro Diliberto che il sottosegretario Ayala, che io, abbiamo cercato di dare il massimo contributo perché il Vertice fosse qualcosa di terribilmente concreto, perché quello è l'obiettivo che i Capi di Stato e di Governo si pongono) dovrebbe dare ai cittadini sempre di più la consapevolezza di essere cittadini d'Europa, e per questo deve passare non attraverso una operazione esclusivamente di immagine, ma dovrà essere portatore di poche e concrete decisioni. E da questo punto di vista anche le riunioni preparatorie che abbiamo avuto la settimana scorsa con il Presidente D'Alema, che ha incontrato il Presidente del Consiglio finlandese in giro di consultazione tra i quindici presidenti del Consiglio dell'Unione europea, sono andate in questa linea. Quindi noi abbiamo da una parte il Vertice di Tampere, dall'altra parte abbiamo il cambio di commissario all'interno appunto della Commissione Prodi e senza assolutamente voler mancare di rispetto e di gratitudine al lavoro fatto dalla commissaria Gradin, alla cui collaborazione con la presidenza austriaca si deve appunto il bel documento di Vienna, mi sembra che il carattere anche più fortemente operativo del nuovo Commissario Vitorino può darci l'occasione per fare questo salto in avanti. Anzi anticipo, visto che ho parlato di Vitorino, una considerazione, una notizia che avrei voluto dare alla fine. Vitorino mi ha chiesto di venire in Italia perché, contrariamente a quello che qualche volta si dice nella nostra stampa, la politica italiana relativa all'immigrazione, all'asilo e alla protezione temporanea non è certo perfetta, ritornerò poi sui vari rilievi che sono stati fatti, molti dei quali sono più che giusti e ci vedono, con il sottosegretario Maritari, con il sottosegretario Sinisi, impegnati per superare i problemi denunciati, però è considerata una politica estremamente seria ed incisiva.

Che cosa concretamente in questi consigli dei ministri si è cercato di predisporre? L'Olanda, che svolge all'interno del Consiglio dei ministri un ruolo indubbiamente attivo non soltanto avendo sollevato, perché ha sollevato, il problema dei rapporti tra Parlamento e Governo, ma anche perché l'anno scorso, subito dopo l'approvazione del documento di Vienna chiese, e noi Italia abbiamo sostenuto fortemente questa richiesta, la istituzione di un gruppo di funzionari ad alto livello per predisporre dei piani di azione che potessero portare avanti insieme l'aiuto e la cooperazione allo sviluppo di alcuni paesi e l'azione di contrasto all'immigrazione clandestina. Ora io sono perfettamente d'accordo con quello che ha detto il Capo della Polizia. In tutti i casi noi abbiamo resistito anche in momenti molto difficili nei rapporti con l'Albania, molto difficili, nei rapporti col Montenegro e le cifre, poi se a qualcuno interessano le lascerò, dimostrano che questa nostra resistenza ha avuto un impatto ed una conseguenza concreta nel blocco o quanto meno nel contenimento fortissimo della immigrazione clandestina. Quindi non conviene mai sospendere gli aiuti perché la sospensione degli aiuti, mi riferisco soprattutto agli aiuti che vengono dati alle Forze dell'ordine dei paesi di oltre Canale d'Otranto, sono aiuti che comunque servono per contenere o per limitare l'immigrazione clandestina. Questo come strategia a breve termine, ma è logico che in una strategia a lungo termine, che non può vedere soltanto le Forze dell'ordine come momento di contenimento, un piano più complesso, come sono i piani redatti dal gruppo di funzionari ad alto livello dell'Unione europea, che prevede veri e propri aiuti per lo sviluppo e contemporaneamente azioni di contrasto all'immigrazione clandestina, costituiscono il modo per affrontare in radice il problema e per risolverlo, ci auguriamo, una volta per tutte. E appunto a Tampere andranno cinque piani relativi all'Albania e alle zone limitrofe, relativi al Marocco, sono gli Stati più vicini a noi, quindi quelli che ci interessano di più in termini di possibile provenienza, relativi all'Afganistan, all'Iraq, alla Somalia e allo Sri-Lanka. Cosa noi abbiamo apprezzato di questi piani e su che cosa abbiamo chiesto delle integrazioni? Di questi piani noi abbiamo apprezzato, se ne parlava l'altro giorno con il sottosegretario Maritati, un approccio che individua sinergie tra soggetti attivi che agiscono di comune intento, cioè l'Unione europea, i paesi facenti parte dell'Unione europea e le organizzazioni internazionali, soprattutto le Nazioni Unite, anche se notavamo che non tutte le agenzie delle Nazioni Unite sono coinvolte e che a volte alcune agenzie fortemente impegnate, mi riferisco per esempio a quella che fa capo a Pino Arlacchi, ne rimangono invece escluse. Non abbiamo apprezzato un'altra cosa, questi sono piani di azione che partono da uno sforzo di conoscenza dei paesi ai quali sono rivolti. Questo sforzo di conoscenza, (io vi ho portato qui il piano per l'Albania, poi appunto se il Presidente ritiene opportuno vi manderò tutti i piani) è fatto in termini molto spesso esclusivamente quantitativi: tot chilometri quadrati, tot abitanti, tot province eccetera. Manca, dal mio punto di vista, uno sforzo di comprensione delle culture dei singoli paesi che sono estremamente diversi e se si vuole andare in una linea di sviluppo globale non è possibile trattare tutti gli Stati, tutte le culture, l'Afganistan come l'Albania, come se fosse tutta la stessa cosa, e manca anche, dal mio punto di vista, una attenzione sufficiente alla politica della formazione; vi è molta attenzione, ed è importante, alla formazione delle Forze dell'ordine, vi è, ed è importante, una qualche attenzione alla formazione dei magistrati, manca completamente un'azione relativa alla formazione dei giovani, della manodopera eccetera, e anche qui, se lo sforzo è quello dello sviluppo globale, quindi dello sviluppo anche occupazionale, il problema per corsi formativi deve essere un problema di cui ci si deve far carico. Abbiamo chiesto allora, come Consiglio dei ministri dell'Interno e della Giustizia, queste integrazioni ai cinque piani che andranno a Tampere e abbiamo chiesto, sempre nell'ottica di un passaggio dalle enunciazioni teoriche del documento di Vienna a azioni operative, queste sarebbero le prime azioni operative, tre cose che a noi sembrano proprio essenziali. Il finanziamento. Saremo un pochino viziati dalla logica dell'articolo 81 della Costituzione, ma piani di sviluppo senza sapere quanto costano, sono piani di sviluppo che rischiano di essere un libro dei sogni, che molti di voi non ricordano ma che ha appassionato la mia lontana gioventù. La seconda cosa: date. Sentivo prima per quanto riguarda i piani relativi alla giustizia, vanno determinate le scadenze, va determinato il monitoraggio, in prospettiva vanno individuati, se possibile, se i primi monitoraggi saranno positivi, gli altri Stati rispetto ai quali l'Unione europea decide di posizionarsi nello stesso modo. Un altro tema. Si è parlato di accordi di riammissione. Attenzione, gli accordi di riammissione sono uno strumento essenziale: lo dimostra quell'aumento delle espulsioni effettivamente eseguite, alle quali il Capo della Polizia faceva prima riferimento, che praticamente hanno superato, al 30 settembre 1999, il numero di 50 mila, mentre eravamo a 10 mila di meno al 31 agosto del 1999. Quindi c'è un trand di 10 mila espulsioni in più al mese effettuate realmente, che era un trand incredibile prima dell'entrata in vigore della legge 40. Per raggiungere questo obiettivo gli accordi di riammissione sono essenziali. Vi devo dire che in seno al Consiglio dei ministri vi è però una posizione dialettica fra alcuni Stati e sono soprattutto l'Inghilterra e gli Stati dell'Europa del nord che chiedono che gli accordi di riammissione siano riservati alla competenza esclusiva dell'Unione europea. Noi vogliamo andare verso una europeizzazione reale delle politiche anche dell'immigrazione, quindi siamo ben contenti che ci siano accordi di riammissione europei, però chiediamo che sia lasciata ai singoli paesi la possibilità concorrente di stipulare in casi specifici anche accordi di riammissione a carattere bilaterale purchè naturalmente non vadano contro gli interessi dell'Unione europea. Voi, anche qui, se andate a guardare le cifre, vedrete che all'inizio dell'anno si era evidenziata, e intorno alla fine di giugno inizi di luglio è diventata notevole, una immigrazione clandestina dal Montenegro di Rom di etnia serba che venivano praticamente mandati in Montenegro e poi dopo trasportati in Italia. E' stata solo l'azione molto forte ed incidente dei due sottosegretari, di Ranieri e di Sinisi, che ha ottenuto, attraverso quello che per ora è un accordo di riammissione di fatto, diciamo un accordo di fatto che deve poi formalizzarsi, è riuscita a bloccare questo fenomeno. Se noi avessimo dovuto aspettare un'azione di tutti e quindici paesi della Comunità europea avremmo avuto un'estate completamente diversa, perché voi capite che a un certo punto l'interesse dell'Inghilterra o l'interesse della Finlandia è un interesse completamente diverso e meno forte del nostro. Vi devo dire perché la mia linea, che è stata la linea sostenuta anche qui in Parlamento, di mandare avanti sempre insieme il rispetto dei diritti dell'uomo, solidarietà e sicurezza dei cittadini italiani e cultura della legalità, può non piacere ma è la mia linea e rimane tale. Noi, nel momento in cui abbiamo chiesto un'azione forte alle Forze dell'ordine montenegrine per contrastare questi arrivi clandestini in Italia, abbiamo anche immediatamente offerto volontà e possibilità di cooperazione e quindi di solidarietà, di accoglienza in loco di questi Rom kossovari serbi, sia nel Montenegro sia nel Kossovo. Quindi le due cose vanno avanti sempre di pari passo. Debbo dire che sia sul piano europeo e sia anche sul piano italiano, per chi guarda con sospetto o con occhi critici l'iter di attuazione della legge 40, chi fa questa operazione deve però sottolineare una cosa che a me dispiace moltissimo, che la parte repressiva della legge, che giustamente noi stiamo applicando, è applicata di più della parte preventiva e di integrazione sociale. Perché? Perché mentre è riuscita l'operazione, è riuscita fino in fondo, almeno finora, poi la miglioreremo anche, l'operazione espulsione, siamo molto più indietro sulla effettiva percorribilità dei flussi di ingresso. Allora, io non voglio entrare in discorsi né in polemiche di carattere politico, qui siamo in sede istituzionale, voglio solo dire che è impensabile che avendo sostenuto la legge 40 al momento dell'approvazione poi si boicotti la legge 40 nel momento dell'applicazione, né voglio suscitare polemiche tra istituzioni dello Stato. Certo è che noi non riusciamo ad ottenere la registrazione del regolamento esecutivo da parte della Corte dei conti, regolamento che è stato approvato dal Governo ormai mesi fa, o non riusciamo ad ottenere, quanto meno, un provvedimento di mancata registrazione da parte della Corte dei conti, che sarebbe pure questo un atto di chiarezza tale da mettere il Governo di fronte ad una possibilità concreta di azione, noi rischiamo di non poter realmente realizzare la parte relativa ai flussi di ingresso e all'integrazione sociale. Io vorrei dare un paio di brevi risposte al sindaco Albertini rinnovandogli un sentimento che lui conosce di gratitudine per l'equilibrio, sarà anche equilibrio critico ma equilibrio critico costruttivo, con il quale affronta sempre i problemi. Sindaco Albertini, lei sottolinea come la figura del sindaco, soprattutto i sindaci delle grandi metropoli, e indubbiamente soprattutto il sindaco di Milano, diventi il primo interlocutore dei bisogni degli immigrati, il primo interlocutore rispetto ai cittadini i quali indubbiamente all'amministrazione comunale e al sindaco, non certo al ministro dell'interno, portano i loro problemi. Cosa chiede Albertini? Chiede di essere coinvolto in una logica di concertazione nella determinazione delle quote, essere coinvolto ex ante. Anche qui io credo, chiederei ad Albertini di rileggersi l'articolo 3 della legge, di rileggersi soprattutto il comma 6 dell'articolo 3 della legge, che appunto i colleghi della Commissione Affari costituzionali ricorderanno abbiamo inserito proprio noi qui alla Camera, che prevede l'istituzione dei consigli territoriali per l'immigrazione come organismi nei quali sono presenti non soltanto le amministrazioni locali dello Stato, la Regione e gli Enti locali, ma anche gli enti attivi non solo nell'assistenza e nel soccorso degli immigrati ma anche quelli che possono dare un contributo nell'analisi delle esigenze e nelle possibilità di assorbimento di manodopera. Io credo che quando questi consigli territoriali per l'immigrazione saranno realizzati ci sarà la sede concreta nella quale confrontarsi. Però, e da questo punto di vista mi impegno, c'è anche, Albertini, il primo comma dell'articolo 3 che fa carico al Presidente del Consiglio di sentire in via di predisposizione del documento programmatico, quindi siamo proprio direi all'inizio del momento genetico di quel processo che porterà poi alla determinazione dei flussi, non soltanto i ministri interessati ma anche la Conferenza Stato-città e autonomie locali che, come avverrà giovedì 21 per la sicurezza, può tranquillamente in questo caso essere integrata anche da una presenza di sindaci più ampia di quella che ne fa normalmente parte. Il sindaco Albertini sa, i colleghi sanno, che io personalmente non credo, sono stata e rimango contraria, rispetto al delitto di immigrazione clandestina, credo che sarebbe una risposta non consona con una serie di impegni che anche il nostro Paese ha sottoscritto sul piano internazionale e poi oltretutto non risolverebbe concretamente il problema. Mentre invece il sindaco Albertini sa che, malgrado la forte spaccatura e la dialettica che c'è fra le confederazioni sindacali, io guardo con molto interesse a quanto lui sta proponendo in relazione al patto per il lavoro per gli immigrati. Perché? Perché in un momento, nel quale si va verso una organizzazione del mondo del mercato del lavoro che vede la flessibilità come una delle componenti del mercato, e lo vede per i lavoratori italiani, non vedo perché non si possa serenamente discutere anche di un'applicazione flessibile per quanto riguarda gli immigrati. Vorrei dare un'ultima rapidissima risposta alla collega Sandra Fei. La collega Sandra Fei dice, per quanto riguarda l'asilo, che probabilmente la previsione normativa dell'articolo 18 della legge 40, relativamente alla protezione temporanea, offre sufficienti garanzie e offre garanzie maggiori rispetto a quello che è previsto nel disegno di legge che viene dal Senato relativo all'asilo. Questo lo giudicherà il Parlamento; io devo dire soltanto, rendere testimonianza di due cose. Che questo articolo 18 della legge 40 ci ha consentito di dare risposte immediate all'affluenza di profughi sul territorio nazionale nel momento della guerra del Kossovo. Quindi lo strumento ha funzionato, e portando sempre in Italia quelle che sono le esperienze del Consiglio dei ministri dell'Unione europea, devo dire che a questa norma si guarda con molto rispetto e con molta ammirazione, è un pochino il prototipo sul quale stanno cercando di costruire questo diritto comune della protezione umanitaria o protezione temporanea e che fra l'altro il "solito" governo italiano, che viene visto in Italia come un governo buonista, è in realtà visto in sede europea come un governo estremamente severo e al limite della durezza perché, c'è il verbale del Consiglio dei ministri, in altri Stati, quello che abbiamo fatto noi subito dopo la fine dei bombardamenti, cioè far cessare il regime di protezione temporanea e tornare alla protezione normale è ancora un obiettivo che loro hanno davanti ma che non hanno realizzato. Devo dire, ed è l'ultima considerazione, che è di grande importanza il tema politico che la Fei ha sollevato, quello dei rapporti tra Parlamenti nazionali e Governo nel momento in cui il Governo partecipa alle decisioni in sede comunitaria. Io qui, se può interessarvi ma senza dubbio lo avrete anche voi, ho il documento presentato dal Governo olandese. Devo dire che probabilmente il problema è comune all'Italia e all'Olanda, ma le finalità sono opposte perché fra le righe uno degli argomenti che a Lussemburgo non è stato discusso lunedì scorso si discuterà il 29. Fra le righe è chiaro che la volontà del governo olandese è quella in qualche modo di ostacolare il processo di comunitarizzazione, mentre la volontà del Parlamento italiano è quella di partecipare più vivamente al processo di comunitarizzazione e di esercitare un doveroso controllo politico sulle decisioni che il Governo in sede comunitaria va a prendere. Se è questo l'intento, per quanto mi riguarda, studiamo i modi ma sono perfettamente d'accordo. La Fei mi domanda a Brescia dove sono finiti gli immigrati. Certo non li abbiamo uccisi, quelli che dovevano essere espulsi sono stati espulsi e gli altri sono stati immessi in altri centri di permanenza. Non è la prima volta che abbiamo fatto operazioni di questo genere: dove c'era un surplus a livello locale, è stata fatta civilmente, non forzosamente, un'opera di redistribuzione verso altre strutture che potevano ancora accogliere degli immigrati.

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