PROGETTO DI LEGGE - N. 7023




        Onorevoli Deputati! - Il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Massimo D'Alema, ed il Presidente dell'Unione Buddhista Italiana, dottoressa Elsa Bianco, hanno firmato il 20 marzo 2000 l'intesa per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la citata Confessione religiosa, ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione.
        Il testo della presente intesa è stato elaborato dalla Commissione interministeriale per le intese con le Confessioni religiose, presieduta dal professor Pizzetti, composta da rappresentanti dei Ministeri dell'interno, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, delle finanze, della difesa, della giustizia, della pubblica istruzione, per i beni e le attività culturali, della sanità, ed integrata, per l'occasione, dai rappresentanti dell'Unione Buddhista Italiana. Le trattative sono iniziate nel giugno 1997 e si sono concluse con la sigla da parte del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri il 21 settembre 1999. Il testo dell'intesa con l'Unione Buddhista Italiana, è stato elaborato, per quanto possibile, secondo il modello delle intese già concluse che si è rivelato adattabile alle esigenze delle altre Confessioni. La Commissione ha comunque esaminato il contenuto dell'intesa sotto ogni profilo, con particolare riguardo alla sua compatibilità con l'ordinamento giuridico italiano e con i princìpi della Costituzione. E' stato anche acquisito il parere della Commissione consultiva per la libertà religiosa. Il Consiglio dei ministri ha espresso il proprio consenso alla firma dell'intesa il 21 gennaio 2000.
        Con la firma di questa intesa, avvenuta contemporaneamente a quella con la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, il Governo ha fatto un ulteriore passo avanti nell'attuazione dell'articolo 8 della Costituzione, allargando l'ambito ed il numero delle Confessioni religiose con le quali lo Stato italiano ha un rapporto pienamente conforme al dettato costituzionale: le Chiese rappresentate dalla Tavola Valdese, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa cristiana avventista del 7^ giorno, l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, la Chiesa evangelica luterana in Italia. Merita sottolineare infine, che l'intesa firmata con l'Unione Buddhista Italiana costituisce la prima intesa fra lo Stato italiano ed una Confessione religiosa non appartenente alla tradizione giudaico-cristiana.
        L'Unione Buddhista Italiana (UBI) è stata fondata a Milano nel 1985 dai centri buddhisti di tutte le tradizioni, che sentivano la necessità di conoscersi, unirsi e cooperare, come è accaduto in altri Paesi europei (Francia, Germania, Austria, Olanda, Spagna, Portogallo, eccetera). L'UBI è infatti nata con lo scopo di rispondere alle numerose richieste degli italiani interessati al buddhismo e dei praticanti buddhisti, per aiutare la conoscenza e la pratica degli insegnamenti del Buddha secondo le diverse tradizioni presenti in Italia e sviluppare le relazioni tra i vari centri sia in Italia che in Europa.
        L'insegnamento del Buddha Sakyamuni si è diffuso nel corso dei secoli in gran parte dell'Asia, entrando in contatto con culture nazionali diverse e integrandosi ad esse. L'insegnamento è innanzitutto un cammino religioso, che si propone anche come modo di vita da seguire e praticare per promuovere un avvenire di pace, tolleranza e fraternità tra i singoli e tra i popoli.
        L'UBI è stata riconosciuta, su conforme parere del Consiglio di Stato, come ente morale con personalità giuridica con decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1991. Associata all'Unione Buddhista Europea, riunisce 34 centri italiani ed i loro iscritti, che seguono le tradizioni Theravada (Sud-Est asiatico), Mahayana Zen (Estremo Oriente), Mahayana Vajrayana (Tibet). Attualmente la stima dei praticanti buddhisti italiani è di circa 50 mila persone, cui si possono aggiungere circa 10 mila frequentatori saltuari ed altri 10 mila buddhisti di provenienza extracomunitaria.
        Il presente disegno di legge di approvazione dell'intesa firmata il 20 marzo 2000 regola i rapporti tra lo Stato e l'UBI, sulla base dell'allegata intesa. Nei primi articoli del disegno di legge sono contenute norme generali sulla libertà religiosa, che si richiamano ai princìpi di libertà contenuti nella Costituzione. L'articolo 2, in particolare, riconosce l'autonomia dell'UBI, liberamente organizzata secondo i propri ordinamenti e disciplinata dal proprio statuto, e la non ingerenza dello Stato nelle nomine dei ministri di culto, nell'organizzazione comunitaria e negli atti disciplinari e spirituali.
        Tale disposizione appare significativa in quanto, in queste materie, la legislazione sui cosiddetti "culti ammessi" (legge n. 1159 del 1929 e relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto n. 289 del 1930), non più applicabile all'UBI dopo la data di entrata in vigore della legge, prevede invece approvazioni e controlli da parte dello Stato.
        Con l'articolo 4 la Repubblica italiana, prendendo atto della contrarietà all'uso delle armi da parte dei buddhisti, garantisce loro l'assegnazione al servizio civile, nel rispetto della vigente normativa sull'obiezione di coscienza (legge 8 luglio 1998, n. 230).
        Il diritto all'assistenza spirituale da parte di propri ministri di culto è assicurato agli appartenenti all'UBI, come ai fedeli delle Confessioni che hanno già concluso un'intesa con lo Stato, anche se ricoverati in ospedali, case di cura o di riposo, se impegnati nel servizio militare o se detenuti in istituti penitenziari. A tale fine l'UBI dovrà trasmettere alle rispettive amministrazioni competenti l'elenco dei ministri (articolo 5).
        In tema di istruzione la Repubblica italiana riconosce, come è già avvenuto con le Confessioni che hanno concluso un'intesa, agli alunni il diritto di non avvalersi di insegnamenti religiosi, provvedendo a che tale insegnamento non abbia luogo secondo orari e modalità discriminanti. La Repubblica riconosce altresì all'UBI il diritto di rispondere ad eventuali richieste relative al fenomeno religioso, che possano pervenire dagli studenti, senza aggiungere oneri a carico dello Stato (articolo 6). Viene altresì riconosciuto, in conformità al principio costituzionale della libertà della scuola e dell'insegnamento, il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, nonché l'equipollenza del trattamento scolastico con gli studenti delle scuole pubbliche (articolo 7).
        L'articolo 8 riguarda i ministri di culto buddhisti. Il consiglio direttivo dell'UBI, su suggerimento della seconda assemblea dei maestri, maestre, monaci, monache e insegnanti buddhisti presenti in Italia, ha convenuto di adottare il termine "ministri di culto", usato in tutte le precedenti intese, per indicare i monaci ed i laici incaricati dalle tradizioni di appartenenza di trasmettere la dottrina e di esercitare il culto buddhista. L'UBI certificherà il possesso dei requisiti per essere considerati ministri di culto buddhista sulla base della documentazione proveniente dalle tradizioni di appartenenza. Per quanto invece riguarda gli assegni corrisposti dall'UBI ai ministri di culto, essi sono equiparati, ai fini fiscali, al reddito da lavoro dipendente (articolo 22).
        Per quanto concerne la tradizione buddhista relativa al trattamento delle salme, l'articolo 9 ne dispone il rispetto, purché avvenga in maniera conforme alla normativa in materia. Nei cimiteri possono essere altresì previsti reparti riservati, ai sensi del regolamento di polizia mortuaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 settembre 1990, n. 285, analogamente a quanto previsto nella legge di approvazione dell'intesa con l'Unione delle comunità ebraiche.
        Con gli articoli da 10 a 15 viene disciplinato, sul modello delle precedenti intese, il regime degli enti religiosi: l'UBI ha preferito non usare, come del resto l'Unione delle comunità ebraiche al tempo della conclusione della relativa intesa, il termine "enti ecclesiastici", presente invece nelle intese con le Chiese evangeliche. Gli articoli citati disciplinano il riconoscimento degli enti aventi fine di religione o di culto, solo o congiunto con i fini di istruzione o di beneficenza; il mutamento degli enti stessi; la revoca del riconoscimento; l'iscrizione nel registro delle persone giuridiche; il regime tributario degli enti.
        Gli articoli 16 e 17 sono dedicati alla tutela degli edifici aperti al culto buddhista e dei beni artistici e culturali appartenenti all'UBI.
        All'interno dei luoghi di culto possono essere affisse e distribuite pubblicazioni di carattere religioso senza autorizzazione o ingerenza da parte dello Stato, così come possono essere effettuate collette a fini religiosi esenti da qualsiasi tributo (articolo 18).
        Con il presente disegno di legge viene esteso all'UBI il sistema dei rapporti finanziari tra lo Stato e le Confessioni religiose, delineato dalla legge n. 222 del 1985, concernente la Chiesa Cattolica, e dalle leggi di approvazione delle precedenti intese concluse. Tale sistema consentirà, a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di approvazione dell'intesa, la deduzione, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), delle erogazioni in denaro a favore dell'UBI e degli organismi da essa rappresentati, destinate al sostentamento dei ministri di culto ed alle attività di religione e di culto. Dallo stesso periodo è consentita la partecipazione alla ripartizione della quota dell'8 per mille del gettito IRPEF, destinata ad interventi culturali, sociali ed umanitari anche a favore di Paesi stranieri, assistenziali e di sostegno al culto. I rendiconti sull'utilizzazione delle somme percepite devono essere trasmessi annualmente al Ministero dell'interno (articoli 19-23).
        Con l'approvazione dell'intesa si consentirà infine agli appartenenti all'UBI di osservare la festività religiosa buddhista, la festa del Vesak, che celebra la nascita, l'illuminazione e la morte del Buddha, la quale ricorre, convenzionalmente, l'ultimo sabato e domenica del mese di maggio di ciascun anno. Conformemente a quanto previsto per le festività religiose di altre Confessioni che hanno concluso un'intesa con lo Stato, il diritto di osservare la festa del Vesak deve essere esercitato nel quadro della flessibilità dell'organizzazione del lavoro (articolo 24).
        L'UBI dovrà infine essere consultata dalle competenti amministrazioni nella fase attuativa della legge, nonché in occasione di future iniziative legislative concernenti i rapporti tra lo Stato e l'UBI.
        Con la data di entrata in vigore della legge cesseranno di avere efficacia ed applicabilità nei riguardi dell'UBI, degli organismi da essa rappresentati e di coloro che ne fanno parte, la legge 24 giugno 1929, n. 1159, recante disposizioni sull'esercizio dei culti ammessi nello Stato, ed il relativo regolamento di attuazione di cui al regio decreto 28 febbraio 1930, n. 289.




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