PROGETTO DI LEGGE - N. 3240




        Onorevoli Deputati! - La presentazione e la discussione di questo disegno di legge costituiscono un'occasione importante di riflessione e di chiarimento su un tema cruciale per l'evoluzione della società italiana e un momento di più decisa assunzione di responsabilità del nostro Paese di fronte ad un fenomeno che investe l'intera Unione europea.
        Essenziale è innanzitutto mostrare consapevolezza della necessità di un atteggiamento positivo, realistico, aperto verso l'immigrazione - alieno da velleità dì chiusura e da complessi di timore e di rifiuto. Si tratta di comprendere fino in fondo come la spinta migratoria verso l'Italia e verso gli altri Paesi più sviluppati dell'Europa occidentale rispecchi una realtà mondiale segnata da profondi squilibri di crescita e di benessere, in particolare nel bacino del Mediterraneo. Tali squilibri non possono certo essere affrontati soltanto attraverso l'assorbimento e inserimento, nei Paesi più progrediti, di extracomunitari in cerca di lavoro, ma esigono politiche complesse e lungimiranti di cooperazione, capaci di ridurre disuguaglianze e di accrescere chances di partecipazione, anche per le aree più popolose e arretrate, a un processo di globalizzazione e sviluppo dell'economia mondiale. Ma anche se oggi l'intero Occidente non può assorbire annualmente che una modesta quota dell'eccedenza demografica dei Paesi meno sviluppati, è importante aprirsi a un flusso migratorio il più possibile programmato e regolato.
        Per quel che riguarda l'Italia, tale atteggiamento è dettato dunque da una visione responsabile e solidale dei problemi del mondo anche a noi più vicino, da una preoccupazione di pace e di giustizia, da una scelta di cooperazione euromediterranea; ed è dettato anche da precise ragioni di convenienza.
        Infatti, il mercato del lavoro italiano, così come quello dei Paesi europei più avanzati, è un mercato largamente segmentato, nel quale si manifesta per molteplici mansioni e attività una domanda cui non corrisponde disponibilità di mano d'opera nazionale. Gli esempi sono troppo noti perchè debbano essere qui richiamati. Si può addirittura parlare di settori economico-produttivi che sono stati in anni recenti rivitalizzati dagli stranieri.
        L'immigrazione degli anni '80-'90 in Italia, nonostante sia stata scarsamente regolata, si è rivelata preziosa per il sistema economico nazionale. Essa è stata in grado di soddisfare la domanda latente di lavoro in diverse aree, anche dell'industria e dell'agricoltura. La quota più consistente di lavoratori stranieri si è collocata nei servizi: principalmente in pubblici esercizi, nel lavoro domestico e nell'assistenza agli anziani.
        Va inoltre rilevato che gli stranieri sono occupati soprattutto in regioni e province del Nord, in cui si manifesta maggiormente una domanda di lavoro non soddisfatta e si registra un tasso di disoccupazione tra i più bassi; mentre solo il 10 per cento dei lavoratori stranieri è attivo nel Mezzogiorno.
        Le tensioni possono tuttavia crescere in presenza di flussi di immigrazione non selezionata e non regolare, che attraverso gli ingressi clandestini e il lavoro nero prema su un mercato già scarsamente governato e trasparente nei settori e nei territori in cui si addensano una pressante offerta di mano d'opera disoccupata e forme spurie di competizione.
        Le attività produttive e i servizi richiedono dunque lavoratori immigrati, ma occorre indirizzare verso quei fabbisogni il flusso migratorio, evitando che esso assuma dimensioni incontrollate e caratteri caotici. Una politica di programmazione, che riconduca entro quote stabilite annualmente per i singoli Paesi di provenienza tutti i canali di ingresso legale di stranieri in Italia, deve peraltro presentare anche un grado di flessibilità rispondente alla domanda tipica del settore terziario, e garantire al mercato la disponibilità in tempo reale di immigrati entrati in Italia attraverso meccanismi previsti dalla legge.
        Così considerata e regolamentata, l'immigrazione può dare un contributo non trascurabile anche alla correzione di quella vistosa tendenza all'invecchiamento della struttura demografica del nostro Paese di cui già stanno diventando prevedibili le molteplici ricadute negative.
        Il fenomeno migratorio va dunque non vanamente negato nè fatalisticamente subito, ma contenuto e governato. Contenuto in misura sostenibile per il sistema economico e sociale italiano; governato nella sua composizione e nel suo impatto sulla convivenza civile del nostro Paese. La politica che si propone con questo disegno di legge è fondata su un netto discrimine tra stranieri che entrano e soggiornano regolarmente in Italia rispettandone le leggi, e stranieri che entrano o tentano di entrare clandestinamente, spesso condizionati da gruppi criminali che li sfruttano e li coinvolgono in attività illecite. Non chiusure totali, insostenibili da ogni punto di vista; ma nemmeno ammissioni indiscriminate degli aspiranti immigrati, ovvero incoraggiamenti e cedimenti a una pressione che prescinda da ogni limite e indirizzo.
        Regole certe da far rispettare; diritti da riconoscere pienamente a quanti le hanno rispettate. Sapendo che ciò implica grande severità di norme, di controlli, di interventi per contrastare l'immigrazione clandestina, lo sfruttamento che se ne compie, la spinta che ne viene al diffondersi della criminalità e della violenza con la conseguenza di alimentare un'arbitraria, pericolosa identificazione del problema dell'immigrazione in generale con il problema dell'ordine pubblico e della legalità.
        Affermare una politica di ingressi legali limitati e regolati e colpire ogni attentato a quelle regole e alle leggi, è condizione decisiva per garantire diritti sociali e civili a quanti, stranieri, si assumano i corrispondenti doveri. Sarebbe pura demagogia promettere diritti a tutti coloro che comunque premano per entrare in Italia e riescano ad entrarvi infrangendo limiti e norme. A questa chiarezza e a questa severità deve far riscontro un forte impegno a promuovere l'integrazione sociale e culturale - nel rispetto delle loro identità e tradizioni - degli immigrati che hanno operato correttamente e contribuiscono allo sviluppo del Paese. Essi debbono sentirsi non già, in alcun modo, tenuti ai margini se non esclusi, circondati di diffidenza se non di ostilità.
        Una politica di integrazione e di riconoscimento di diritti nei loro confronti è decisiva per il futuro della convivenza civile in Italia, in una prospettiva di crescita dei tratti multietnici e multiculturali della nostra società come di altre società europee. La peculiare esperienza storica della emigrazione italiana - per un lungo periodo della nostra vita nazionale, protrattosi fino agli anni '60 - rappresenta un importante riferimento e ancoraggio per comportamenti aperti ed equi verso gli immigrati, nel rifiuto di ogni impulso discriminatorio e di ogni venatura xenofoba e razzista.

* * *

        E' alla luce di queste considerazioni che il Governo ha ritenuto di dover elaborare un provvedimento di più ampia portata rispetto a quelli assunti e sottoposti nel passato al Parlamento per disciplinare l'immigrazione e insieme, anche se non in modo esaustivo, la condizione dello straniero (la delicata materia del diritto d'asilo formerà oggetto di un distinto disegno di legge). L'esperienza concreta del periodo più recente - la difficile gestazione, prima, e la mancata conversione, poi, del decreto-legge del novembre 1995, l'intenso confronto parlamentare sul disegno di legge di salvaguardia degli effetti di quel decreto, e insieme, al di là delle vicende legislative, gli sviluppi reali del fenomeno - avevano d'altronde messo in piena evidenza l'insufficienza e la non riproponibilità di provvedimenti     parziali e di emergenza e di ricorrenti sanatorie, la necessità di definire ormai un quadro normativo certo, generale e unitario. Le disposizioni del presente disegno di legge rispondono a tre obiettivi:

            - contrasto dell'immigrazione clandestina e dello sfruttamento criminale dei flussi migratori;

            - realizzazione di una puntuale politica di ingressi legali limitati, programmati e regolati;

            - avvio di realistici ma effettivi percorsi di integrazione per i nuovi immigrati legali e per gli stranieri già regolarmente soggiornanti in Italia.

        Tenendo conto dei risultati già raggiunti con il testo elaborato dal CNEL nel 1994, si è lavorato - con l'ausilio di una commissione tecnica interministeriale, e attraverso consultazioni con molteplici soggetti sociali e istituzionali - alla redazione di un disegno di legge consistente in un numero relativamente limitato di articoli da integrare con un dettagliato regolamento attuativo. Questa scelta potrà anche favorire un chiaro e spedito confronto parlamentare aperto a ogni contributo critico e propositivo, in un clima più disteso di quanto non abbia consentito nel passato il ricorso allo strumento del decreto-legge. L'intento del Governo è dunque quello di varare una legge quadro capace di reggere alla prevedibile evoluzione del fenomeno nei prossimi anni. La redazione del progetto si è articolata attorno ai seguenti temi:

                a) modalità di ingresso e dei controlli alle frontiere, disciplina dell'accesso al lavoro, regolamentazione del lavoro autonomo e del lavoro stagionale;

                b) disciplina più efficace del respingimento alle frontiere e delle espulsioni;

                c) norme penali e processuali finalizzate al contrasto delle organizzazioni criminali che gestiscono l'immigrazione clandestina;

                d) garanzie per l'immigrato legale: di poter passare da una condizione di temporaneità ad una di maggiore stabilità, mediante la previsione di strumenti nuovi come la carta di soggiorno; di vedere tutelato il diritto a salvaguardare la propria famiglia o a costruirne una nuova; di ottenere il riconoscimento di diritti di cittadinanza quali i diritti alla salute, all'istruzione, ai servizi sociali, alla rappresentanza e al voto amministrativo.

        Le soluzioni che sono state adottate e che vengono portate all'esame del Parlamento comportano:

            1) un'ampia iniziativa sul piano internazionale, per la definizione e lo sviluppo di un sistema di accordi di cooperazione e di specifica collaborazione in materia di immigrazione con i Paesi di maggior provenienza del flusso migratorio;

            2) un impegno sistematico di adeguamento delle strutture amministrative ai compiti loro affidati dalla nuova legge, e di stretta concertazione interministeriale. Di pari passo con tale impegno dovrà procedere la verifica e l'eventuale correzione, sulla base della delega che il disegno di legge propone di conferire al Governo, dei meccanismi e delle norme di cui si verrà sperimentando l'efficacia;

            3) la più ampia collaborazione con gli enti locali e con le regioni, cui spetta un ruolo determinante specie per la realizzazione di una politica dell'accoglienza, dell'integrazione, dei diritti.

        E' convinzione del Governo che il presente disegno di legge, sancendo con norme e scelte precise una chiara volontà di rafforzare i controlli alle frontiere, di contrastare col massimo rigore l'immigrazione clandestina e la connessa attività di agguerriti gruppi criminali, corrisponda pienamente agli impegni assunti per la partecipazione dell'Italia all'Accordo di Schengen. Ed è egualmente convinzione del Governo che questo disegno di legge possa contribuire - pur nel rispetto della diversità delle situazioni e delle normative nazionali - al dibattito destinato a svilupparsi     in seno all'Unione europea in vista di una crescita della dimensione comunitaria della politica dell'immigrazione.

* * *

        Il disegno di legge è suddiviso in sette titoli.
        Nel Titolo I sono previste le disposizioni generali e di principio che definiscono l'ambito di applicazione della legge (articolo 1), il trattamento dello straniero (articolo 2), nonchè uno strumento di programmazione dei flussi, alla base del sistema di governo del fenomeno dell'immigrazione che si propone (articolo 3).
        Quanto all'articolo 1, si segnala, oltre alla definizione dei destinatari della legge, il richiamo alle norme comunitarie e internazionali più favorevoli agli stranieri comunque vigenti nel territorio dello Stato e la qualificazione delle norme della legge come principi fondamentali, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, al fine di indirizzare l'esercizio delle competenze legislative regionali. Viene anche previsto che le disposizioni di attuazione siano adottate con un regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
        Relativamente all'articolo 2, va precisato che i diritti fondamentali della persona umana sono riconosciuti indiscriminatamente, nel territorio dello Stato, compresa la linea di frontiera, a tutti gli stranieri, indipendentemente dalla regolarità o meno dell'ingresso o del soggiorno.
        Non c'è dubbio che fra i diritti fondamentali vanno considerati quelli relativi alla garanzia giurisdizionale in ordine ai provvedimenti che concernono i destinatari della presente legge.
        E' invece agli stranieri regolarmente soggiornanti che si assicura pienezza di diritti in materia civile nell'ambito della disciplina della legge e delle Convenzioni internazionali, fino a configurare uno status particolare, comprendente la facoltà di partecipare alla vita pubblica a livello locale, per gli stranieri in possesso della "carta di soggiorno" disciplinata dall'articolo 7.
        L'articolo 3 realizza un nuovo strumento di governo del fenomeno migratorio, costituito da un documento programmatico triennale per la politica dell'immigrazione, che il Presidente del Consiglio dei ministri sottopone all'approvazione del Consiglio dei ministri e presenta al Parlamento, e da uno o più decreti che definiscono annualmente, o per il più breve periodo relativo al lavoro stagionale, le quote degli immigrati per i quali è ammesso l'ingresso.
        Il documento programmatico indica inoltre le azioni e gli interventi che lo Stato italiano si propone di attuare anche in cooperazione con altri Paesi europei, con le organizzazioni internazionali, con le istituzioni comunitarie, e con organizzazioni non governative.
        Si prevede inoltre un ruolo attivo delle regioni, delle province e dei comuni e di altri enti locali, che concorrono alle iniziative volte a favorire l'integrazione e l'inserimento degli stranieri nel tessuto sociale. A tal fine saranno istituiti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i consigli territoriali per l'immigrazione, in cui saranno principalmente rappresentati gli enti locali, per il coordinamento e la promozione degli interventi da attuare a livello locale.

* * *

        Il Titolo II concerne l'ingresso, il soggiorno, i respingimenti e le espulsioni.
        Oltre alle norme sui visti (articolo 4), che consentono un adeguamento immediato dell'ordinamento interno agli accordi internazionali, e sugli ordinari controlli di frontiera, sono precisate le modalità del rilascio del permesso di soggiorno (articolo 5) con riferimento ai diversi motivi dell'ingresso e del soggiorno nel territorio dello Stato (affari, turismo, lavoro stagionale, visite, studio e formazione, lavoro autonomo, lavoro subordinato, motivi familiari, eccetera). A questo proposito, il comma 1 dell'articolo 6 ridisciplina la facoltà di "conversione" del titolo di soggiorno anche per gli studenti, riportandolo nell'ambito di quelle "quote" che costituiscono uno degli elementi più innovativi e rilevanti della legge. Le altre disposizioni dell'articolo 6 riprendono, invece, la disciplina tradizionale dei controlli in materia di soggiorno.
        E' di rilievo, come si è detto, l'articolo 7 che disciplina il rilascio della "carta di soggiorno", un titolo permanente, ancorchè il documento comprovante possa avere durata periodica come gli altri documenti abilitativi e di riconoscimento, di cui potrà fruire lo straniero regolarmente soggiornante in Italia da almeno sei anni, purchè immune da pregiudizi penali di rilievo o da provvedimenti di prevenzione di maggiore gravità. La "carta" consentirà allo straniero l'ingresso e il reingresso nel territorio dello Stato in esenzione dalle norme sul visto, lo svolgimento di ogni attività lecita (con eccezione di quelle riservate al cittadino italiano), l'accesso ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione e il diritto di elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e circoscrizionali, secondo la particolare disciplina dell'articolo 38. La carta di soggiorno costituisce pertanto uno strumento essenziale per consolidare il percorso di cittadinanza prefigurato dalla nuova normativa.
        Proprio in considerazione di ciò, la revoca della carta di soggiorno come l'espulsione nei confronti di coloro che ne sono in possesso può avvenire solo per gravi motivi.
        Il capo II del Titolo II è integralmente dedicato alla materia dei respingimenti e delle espulsioni. In questa parte della legge trova espressione l'intento di rendere efficace la disciplina delle espulsioni prevedendosi, al contempo, la massima garanzia del controllo giurisdizionale.
        L'articolo 8 prevede, in particolare, l'adozione del respingimento, oltre che sulla linea di frontiera, anche nei confronti di chi è colto subito dopo l'ingresso in Italia in luoghi diversi dai valichi autorizzati e di coloro che siano ammessi nel territorio per interventi di primo soccorso e assistenza. In tale eventualità trova applicazione il successivo articolo 12 concernente i centri di permanenza e assistenza.
        Per quanto l'articolo 8 non ne faccia menzione, la ricorribilità dei provvedimenti di respingimento è assicurata dalla disciplina generale in materia di provvedimenti amministrativi, mentre il trattenimento nei centri è disciplinato nel ricordato articolo 12.
        Gli articoli 9 e 10 intendono potenziare l'azione di contrasto delle immigrazioni clandestine, sia attraverso più incisive misure di controllo e di coordinamento, sia attraverso norme sanzionatorie più severe e articolate sul piano penale e amministrativo. Relativamente alla sanzione penale nei confronti di chi favorisce l'immigrazione clandestina e il traffico illecito di mano d'opera, va precisato che la norma (articolo 10) non intende colpire in alcun modo l'intervento umanitario nei confronti di chi abbia varcato, sia pure illecitamente, la linea di frontiera.
        Con l'articolo 11 si disciplinano le espulsioni amministrative, ridotte a due ipotesi: la prima concerne l'espulsione disposta dal Ministro dell'interno per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato; la seconda è quella disposta dal prefetto nei confronti del clandestino che è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, ovvero nei confronti dell'irregolare che non abbia ottemperato agli obblighi previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno, ovvero ancora nei confronti degli stranieri pericolosi per la sicurezza pubblica, secondo i tradizionali parametri stabiliti dalle leggi vigenti per l'applicazione di una misura di prevenzione.
        Anche in ottemperanza al Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (ratificato e reso esecutivo in Italia con legge 9 aprile 1990, n. 98), l'espulsione è eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera in casi limitati (espulsione per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, espulsioni già disposte e rimaste indebitamente ineseguite, una volta esauriti i rimedi giurisdizionali), ovvero quando ricorrono circostanze obbiettive che fanno ritenere concreto il pericolo che l'interessato si sottragga al provvedimento.
        Negli altri casi, l'espulsione è adottata mediante intimazione a lasciare il territorio nazionale entro 15 giorni.
        Nelle ipotesi in cui lo straniero clandestino sia colto in flagranza di reato, si prevedono opportune forme di raccordo per assicurare sia l'effettività dell'espulsione, sia la garanzia del diritto di difesa dell'imputato, che può chiedere l'autorizzazione al rientro nel territorio dello Stato al fine di partecipare al processo penale a suo carico.
        In tutti i casi è assicurata la possibilità di ricorrere al giudice, con diritto al patrocinio gratuito dei non abbienti.
        Trattandosi di misure amministrative, di per sè estranee al fatto-reato, suscettibili nondimeno di intaccare anche posizioni soggettive che la Costituzione tutela in modo particolare, si è ritenuto di attribuire la competenza al pretore civile, con un procedimento rapidissimo, destinato ad esaurirsi in quindici giorni, salvo ulteriore ricorso per Cassazione e senza escludere eventuali provvedimenti cautelari (la cosiddetta "sospensiva").
        La scelta a favore del giudice ordinario civile, quale autorità giurisdizionale competente a decidere sul ricorso contro l'espulsione, oltre che della legittimità della misura di cui all'articolo 12, risponde a criteri funzionali e sistematici. Sotto il primo profilo si osserva che solo il giudice ordinario, per struttura ed organizzazione diffuse sul territorio, appare in grado di operare entro i termini brevi previsti dalla legge (48 ore per la convalida del provvedimento di trattenimento di cui all'articolo 12, e 10 giorni per la decisione sul ricorso contro l'espulsione). In secondo luogo si osserva che la rigida ripartizione di competenze tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in presenza di ricorsi contro provvedimenti della pubblica amministrazione, appare più volte derogata da varie disposizioni (esempio, il ricorso al pretore avverso le sanzioni amministrative), e pertanto, la scelta operata a causa delle suddette ragioni funzionali, non trova particolari ostacoli dal punto di vista sistematico.
        Solo nel caso di espulsione disposta dal Ministro dell'interno, per motivi di ordine pubblico e di sicurezza nazionale, si è ritenuto di mantenere la tradizionale competenza del giudice amministrativo, trattandosi di provvedimenti a contenuto altamente discrezionale.
        Per quanto specificamente riguarda la misura prevista dall'articolo 12, tendente ad assicurare l'effettività delle espulsioni disposte con accompagnamento alla frontiera e dei respingimenti, si prevede il trattenimento dell'interessato in appositi centri. La misura può essere disposta, nei casi tassativamente indicati dalla legge, quando è impossibile procedere con la necessaria immediatezza all'esecuzione dell'espulsione o del respingimento: in particolare, quando sia necessario procedere ad accertamenti supplementari o all'acquisizione di documenti e visti, ovvero quando debba predisporsi un vettore o un mezzo di trasporto non immediatamente disponibile.
        I centri di permanenza ed assistenza temporanea a tal fine previsti, gestiti a cura dell'Amministrazione dell'interno, sono comunque estranei al circuito penitenziario, tant'è che è assicurata, oltre all'assistenza, anche la libertà di comunicazione con l'esterno, mentre l'azione di polizia - esterna ai centri - è esclusivamente finalizzata ad impedire eventuali tentativi di elusione della misura.
        Nel rispetto del disposto dell'articolo 13 della Costituzione, il provvedimento del questore che dispone il trattenimento deve essere trasmesso entro 48 ore al pretore e convalidato nelle 48 ore successive, sentito l'interessato. E' favorita la contemporanea trattazione, nel merito, dell'eventuale ricorso contro il provvedimento di espulsione. La misura del trattenimento può avere durata massima di venti giorni ed è prorogabile per ulteriori dieci giorni qualora sia imminente l'eliminazione dell'impedimento all'espulsione o al respingimento. Trascorso tale termine il provvedimento perde di efficacia.
        La misura suddetta costituisce una novità per l'ordinamento italiano, ma trova un comune denominatore nelle legislazioni della quasi totalità dei Paesi europei ed un fondamento autorevolissimo - peraltro sorretto dall'articolo 10, primo e secondo comma, della Costituzione - nell'articolo 5, comma 1, lettera f) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848. Tale norma, infatti, contempla la possibilità di misure custodiali provvisorie preordinate all'esecuzione del provvedimento di espulsione.
        Con gli articoli 13 e 14, infine, sono disciplinate le espulsioni disposte dall'autorità giudiziaria: sia a titolo di misura di sicurezza - nel caso di rinvio a giudizio o di condanna per uno dei gravi reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale - sia nell'ipotesi di sostituzione della misura dell'espulsione alla detenzione, in caso di patteggiamento della pena ovvero di condanna per un reato non colposo punito entro il limite dei due anni.
        Al capo III sono introdotte per la prima volta in un disegno di legge, dopo la breve esperienza del decreto 477 del 13 settembre 1996, norme volte alla tutela delle vittime del traffico di clandestini, in modo particolare per sfruttamento sessuale. Tutti gli stranieri, donne, uomini e i minori, che intendono sottrarsi alle condizioni di sfruttamento nelle quali sono costretti a vivere, non incorreranno nell'espulsione, ma potranno usufruire di un permesso di soggiorno e partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale. Si intende con questa norma aiutare le vittime e proteggerle da ritorsioni da parte dei loro sfruttatori, anche valorizzando le loro denunce in un quadro di più forte azione di contrasto alle organizzazioni criminali che sono all'origine di questi fenomeni.
        Completano le norme contenute nel capo II le disposizioni a carattere umanitario che vietano l'espulsione nei confronti di particolari soggetti (ad esempio minori, possessori di carta di soggiorno, donne in stato di gravidanza), e quelle che prevedono speciali misure di protezione temporanea (articolo 18) per eventi eccezionali quali disastri naturali, conflitti armati e simili situazioni di grave pericolo.

* * *

        Il Titolo III riguarda la disciplina del lavoro che integra ed innova profondamente la legge n. 943 del 1986. Nell'ambito di questo titolo sono definite le modalità di ingresso in Italia per lavoro, sulla base delle quote di ingresso determinate nei decreti di cui all'articolo 3, conseguenti al documento programmatico del Governo ivi previsto.
        Gli ingressi in Italia per lavoro potranno avvenire dietro chiamata nominativa del datore di lavoro, con il tradizionale sistema della preventiva autorizzazione degli uffici del lavoro, attraverso liste di prenotazione predisposte nel Paese d'origine e trasferite in Italia a cura delle autorità diplomatiche e consolari italiane, ovvero attraverso la garanzia di soggetti, individuali o collettivi, operanti in Italia.
        L'articolo 21, infatti, prevede che cittadini italiani o stranieri regolarmente residenti in Italia, enti o associazioni del volontariato, rispondenti a criteri di idoneità da definirsi con le norme di attuazione, possano, nell'ambito delle quote definite a norma dell'articolo 3, prestare idonee garanzie, cui si accompagna l'obbligo di provvedere all'alloggio ed ai mezzi di sostentamento necessari per lo straniero, per consentire a quest'ultimo di fare regolare ingresso in Italia per lavorarvi, realizzando la condizione occorrente per un positivo incontro tra offerta e domanda di lavoro.
        Inoltre, viene regolamentato in via generale e permanente l'ingresso per lavori a tempo determinato e stagionale (articolo 22), riconoscendo la priorità di reingresso a coloro che avranno fatto rientro nel Paese di origine nei termini fissati nel permesso di soggiorno.
        Per quanto concerne il lavoro autonomo (articolo 24) si prevede che, per l'esercizio delle attività industriali, artigianali e commerciali, lo straniero che intenda stabilirsi in Italia debba fornire adeguate garanzie circa le risorse personali, quelle da impiegare nell'attività prescelta e circa la sua capacità imprenditoriale. E' comunque necessario un attestato di disponibilità delle autorità amministrative competenti al rilascio delle autorizzazioni o licenze eventualmente necessarie. Nel caso di attività ambulanti l'autorità competente è il comune.

* * *

        Il Titolo IV disciplina il diritto all'unità familiare e la tutela del minore. La materia dei ricongiungimenti familiari è stata rielaborata sotto la denominazione "Diritto all'unità familiare e tutela dei minori", tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 28 del 1995, che ha aperto la strada alla configurazione del ricongiungimento familiare come diritto soggettivo.
        Accanto ad alcune norme di principio (articolo 26), il diritto a mantenere o a riacquistare le proprie relazioni familiari è tutelato in maniera piena a favore degli stranieri regolarmente soggiornanti per un periodo congruo, per lavoro autonomo, per studio, per motivi familiari, per residenza elettiva o per asilo umanitario. La regola generale è che qualora la persona straniera soggiornante in Italia chieda l'ingresso dei familiari, questi hanno diritto al rilascio di un visto di ingresso e di un permesso di soggiorno di durata equivalente. L'effettivo esercizio del diritto al ricongiungimento familiare è tuttavia condizionato alla disponibilità di un alloggio e di un reddito la cui entità è stabilita in misura crescente in rapporto al numero dei familiari da ricongiungere (articolo 27).
        E' di particolare rilievo la norma (articolo 27, commi 4 e 5) che prevede anche l'ingresso al seguito dei familiari, purchè concorrano tutti i requisiti per il ricongiungimento.
        La condizione giuridica del minore straniero è particolarmente tutelata (articolo 29); essa segue quella del genitore convivente o la più favorevole tra quella dei genitori conviventi. Il minore è iscritto nel permesso di soggiorno del genitore fino a 14 anni. Successivamente può essergli rilasciato un permesso autonomo fino al compimento della maggiore età.
        Particolarmente avanzata, nella tutela dei fanciulli, è la disposizione dell'articolo 29, comma 3, che prevede il rilascio di un visto d'ingresso e di un permesso di soggiorno, da parte del tribunale per i minorenni, a favore di un familiare del fanciullo in difficoltà, quando assolutamente necessario per l'integrità psico-fisica del minore.

* * *

        Il Titolo V disciplina gli aspetti più rilevanti nella definizione di una condizione di godimento dei cosiddetti "diritti civili" o "diritti di cittadinanza" per lo straniero presente in territorio italiano.
        Il capo I, in materia di assistenza sanitaria, prevede l'equiparazione, ai fini assistenziali e contributivi, dei lavoratori stranieri regolarmente soggiornanti, ai cittadini italiani che si trovano nella medesima condizione. Tuttavia, anche ai non iscritti al Servizio sanitario nazionale e agli stranieri in posizione irregolare viene garantito il diritto alle cure urgenti ospedaliere per malattie, infortuni e maternità. Particolare sottolineatura è dedicata alla tutela sociale della gravidanza e della maternità (come previsto dalle leggi n. 405 del 1975 e n. 194 del 1978) ed alla tutela della salute del minore, in esecuzione della Convenzione di New York resa esecutiva con legge n. 176 del 1991. Infine, sono anche disciplinate le modalità relative al soggiorno e all'ingresso in Italia per cure mediche, per le quali si richiede la dimostrazione di idonea capacità di pagamento delle cure medesime e sono regolamentate le attività professionali sanitarie.
        Le norme sull'istruzione, contenute nel capo II, prevedono innanzitutto l'estensione dell'obbligo scolastico ai minori stranieri comunque presenti nel territorio nazionale, con il corollario di tutte le disposizioni poste a garanzia del diritto allo studio. Oltre al coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nell'attivazione di corsi per l'apprendimento della lingua italiana, si introducono disposizioni di principio sull'integrazione nelle scuole, sull'educazione alla multiculturalità e si rinvia al regolamento ai fini della realizzazione di progetti specifici a livello nazionale e locale per la realizzazione di corsi di formazione del personale della scuola, e per il riconoscimento dei titoli di studio rilasciati nei Paesi di provenienza.
        Quanto all'istruzione universitaria si prevedono norme promozionali di attività; di orientamento e di accoglienza, nonché la possibilità di erogazione di borse di studio e di sussidi agli studenti stranieri da parte delle università, nell'ambito della autonomia loro riconosciuta.
        Al capo III, in riferimento all'accoglienza e all'accesso all'abitazione si prevedono sia misure disposte dalle regioni, in cooperazione con le associazioni e le organizzazioni del volontariato, ai fini della predisposizione dei centri di accoglienza, sia la possibilità per gli stranieri regolarmente soggiornanti di accedere ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, eventualmente ristrutturati con contributi regionali. L'accesso degli stranieri a strutture pubbliche e di alloggio, che non si configura come diritto soggettivo, risponde a una esigenza sociale primaria, anche al fine di prevenire situazioni di emarginazione e di deterioramento del tessuto sociale.
        Infine, la disposizione dell'articolo 38 introduce, al capo IV il diritto elettorale attivo e passivo agli stranieri titolari di carta di soggiorno per le elezioni comunali e circoscrizionali. Per le modalità di esercizio di tale diritto si richiamano le norme in vigore per i cittadini dell'Unione europea residenti in Italia. La norma si colloca nella linea di un serio processo di integrazione nelle comunità locali degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia.
        Il capo V introduce nuove disposizioni per l'integrazione economica e sociale degli immigrati, pur nel rispetto delle proprie culture e credo religioso e contro le attività discriminatorie. Per quanto riguarda le politiche di integrazione, l'articolo 39 prevede che lo Stato, le regioni, le province e i comuni, in collaborazione con le associazioni del volontariato e con le associazioni degli immigrati, mettano in atto ogni forma di attività volta a ridurre gli ostacoli che lo straniero incontra per una piena integrazione nel tessuto sociale e a preservare contemporaneamente le specificità culturali, linguistiche e religiose di ciascuno.
        Al fine di promuovere con la partecipazione dei cittadini stranieri le iniziative idonee, oltre alle iniziative delle regioni e degli enti locali, si prevede l'istituzione presso il CNEL di un organismo consultivo, aperto alla partecipazione delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato, con la funzione di monitorare l'applicazione della legge, presentare proposte per migliorare la condizione degli stranieri nel nostro Paese, favorire la loro partecipazione alla vita pubblica.
        Per quanto riguarda le norme sulle discriminazioni razziali, gli articoli 40 e 41 tendono a definire i comportamenti discriminatori per motivi di razza, colore, ascendenza o origine nazionale o etnica, religione e a prevedere un'azione civile per la loro cessazione e per il risarcimento del danno, anche non patrimoniale, con sanzioni penali nei confronti di chi elude i provvedimenti del giudice, individuato, anche in questo caso, nel pretore.
        E' prevista infine (articolo 42) l'istituzione di un Fondo nazionale per le politiche migratorie destinato al finanziamento di programmi annuali o pluriennali dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
        Pur se i provvedimenti più incisivi in materia di integrazione sociale degli immigrati sono prevalentemente di competenza delle regioni, delle province e dei comuni, l'intervento del Fondo è apparso necessario sia per il supporto finanziario occorrente, sia al fine di garantire omogeneità a livello nazionale degli interventi volti alla realizzazione di condizioni di pari opportunità per gli stranieri presenti sul territorio nazionale.
        Il Fondo potrà essere utilizzato per:

            - campagne di informazione sulla legge e sulla sua applicazione, rivolte agli stranieri, ma anche agli operatori pubblici e del volontariato presenti in questo settore;

            - formazione di funzionari pubblici di strutture nazionali;
            - ricerca e monitoraggio sull'applicazione della legge, sulla condizione degli immigrati nella scuola, nel mondo del lavoro;

            - incentivazione dell'associazionismo e della partecipazione degli immigrati alla vita pubblica;

            - incentivazione di esperienze di pari opportunità per gli immigrati nella scuola, nel lavoro, nell'accesso ai servizi;

            - realizzazione di esperienze di ritorno in patria assistito.

* * *

        Il Titolo VI (articolo 43) è rivolto ai cittadini comunitari, con una delega al Governo per la definizione unitaria e aggiornata delle disposizioni che li concernono, con particolare riguardo a quelle relative all'ingresso e al soggiorno in Italia e all'eventuale allontanamento.

* * *

        Il titolo VII, infine, contiene le abrogazioni (articolo 44), l'armonizzazione delle disposizioni tuttora vigenti del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza e della legge sui lavoratori migranti, nonché la delega per eventuali disposizioni correttive (articolo 45) della legge entro due anni dalla sua entrata in vigore. L'articolo 46 contiene, da ultimo, la clausola di copertura finanziaria.




Frontespizio Relazione tecnica Testo articoli