XIV LEGISLATURA

PROGETTO DI LEGGE - N. 891




        Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge, che ripropone l'atto Camera n. 4383 già presentato nella XIII legislatura, prende il proprio avvio dalla proposta di legge di iniziativa popolare recante "L'asilo nido: un diritto delle bambine e dei bambini", nata dall'iniziativa di un comitato composto da genitori, educatori, esperti e amministratori locali, gruppi, associazioni, operatori del settore attivi su tutto il territorio nazionale negli scorsi anni.
        Un'iniziativa capillare, fondata sul volontariato e la comunicazione interna, sull'apporto individuale di centinaia di persone che hanno portato nelle città e nei paesi una riflessione collettiva sull'infanzia che, soprattutto negli ultimi anni, e laddove esistono servizi di qualità per i bambini più piccoli, si è sviluppata con tratti che denotano grande consapevolezza da parte dei genitori, delle istituzioni, dei cittadini.
        Circa 150 mila firme sostenevano la proposta di legge d'iniziativa popolare: un numero straordinario, che dimostra l'urgenza di soluzioni.
        Gli asili nido, definiti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1044 - che li ha istituiti sul territorio nazionale - servizi di interesse pubblico, sono oggi definiti servizi a domanda individuale e vedono attualmente compromessa la loro esistenza per la mancanza di indirizzi, di sostegno economico, addirittura di conoscenza di un'esperienza che ha segnato positivamente negli ultimi venti anni la vita sociale ed educativa di tanti bambini e genitori.
        Mentre l'urgenza è quella di qualificare ed estendere tali esperienze, il rischio è di vederle progressivamente ridursi se non addirittura spegnersi. La proposta di legge sollecita il Parlamento ad affrontare al più presto il problema degli asili nido come servizio nel quale si realizza una parte importante dei diritti dell'infanzia. E' la stessa esperienza di questi anni a spingere verso tale definitivo riconoscimento.
        Gli asili nido sono uno degli ambiti nei quali trovano risposte i diritti al gioco, alla formazione e allo sviluppo dei bambini più piccoli; hanno consentito lo svilupparsi di tanta parte della ricerca pedagogica sui primi anni di vita e di nuove professionalità prima inesistenti; hanno prodotto una cultura dell'infanzia che nelle realtà più avanzate si è fortemente radicata nella popolazione.
        Oggi, tuttavia, gli asili nido in Italia sono meno di 3 mila e intere zone del Paese ne sono prive. Le rette di iscrizione sono arrivate in molte realtà a cifre insostenibili per la maggioranza delle famiglie, soprattutto se monoreddito, anche se questa esperienza non intendeva certo rappresentare una forma di redistribuzione del reddito a favore dei ceti più agiati o un servizio a vantaggio di bambini che, forse, meno di altri necessitano di momenti privilegiati di incontro "educante" con altri adulti o altri bambini. Anzi, anche in relazione a quanto previsto dalla legge n. 285 del 1997, il servizio di asilo nido, anche integrato dai servizi innovativi previsti, appunto, come integrativi e non come sostitutivi dalla stessa legge, ha tra i suoi scopi anche quello della prevenzione e della rimozione di cause precoci del disagio infantile, quali situazioni di povertà economica, carenze affettive, presenza di svantaggi psico-fisici, problematiche connesse con la provenienza da altre culture.
        Invece si è continuato a mantenere gli asili nido tra i servizi a domanda individuale, disconoscendone le funzioni, mortificando l'esperienza prodotta, contraddicendo la stessa legge nazionale n. 1044 del 1971, e ciò nonostante le numerose iniziative assunte negli ultimi anni da migliaia di operatori, genitori, cittadini, associazioni, amministrazioni locali, forze sindacali e politiche, per contrastare queste posizioni. Siamo consapevoli che la presente proposta di legge, superando la definizione del servizio dell'asilo nido come servizio a domanda individuale, opera in controtendenza rispetto alla cultura politica oggi presente. E' innanzitutto una risposta a quella retorica antistatalista, che vuole essere moderna e innovativa, che considera l'intervento pubblico autoritario e oppressivo, rispetto alle libertà dei soggetti, alla loro capacità di autorganizzazione sociale. Siamo invece consapevoli che proprio oggi, nel contesto della modernizzazione e al crescere delle disuguaglianze sociali, l'intervento pubblico si configura sempre più come indispensabile tra i bisogni e le domande di benessere sociale e gli interessi del mercato.
        Intendiamo ribadire che la riproduzione sociale non può essere ricacciata dalla dimensione pubblica nell'ambito privato e individuale. La nostra consapevolezza fa riferimento alla cultura critica del movimento delle donne, che ha segnato la costruzione dello stato sociale nel nostro Paese. Per le donne è stato un percorso lungo e difficile, contraddittorio e ambivalente, ma che ha offerto possibilità grandi di emancipazione, di autonomia, di libertà. La necessaria assunzione del valore della relazione, dell'affettività nell'ambito degli interventi a favore dell'infanzia, non può essere confusa con le ideologie e le culture familistiche, che riportano le donne in un arcaico ruolo domestico, se non in un apparente moderno "dono" di sé.
        La presente proposta di legge significa altresì una scelta in controtendenza rispetto alla cultura monetarista, che frantuma i diritti sociali di cittadinanza, in un modello di inclusione-esclusione dettato dai vincoli e dalle compatibilità economiche,
        I vari decreti sulla finanza locale che hanno previsto una copertura dei costi di gestione da parte dell'utenza via via più elevata hanno fatto lievitare le tariffe verso cifre insostenibili soprattutto nei comuni medi e piccoli, scoraggiando apertamente la domanda sociale, o rischiando di diminuire la qualità dei servizi.
        Le norme che prevedono la copertura della spesa da parte degli utenti del servizio mantengono una visione centralistica, impediscono ai comuni l'applicazione di tariffe basate su autonome scelte politico-amministrative dei servizi, continuano a sottolineare un approccio esclusivamente economicistico verso un servizio che richiede ben altra consapevolezza ed impegno sul piano dei contenuti e del sostegno, invece che disinteresse e superficialità, spesso mascherate da senso di responsabilità gestionale con l'obiettivo di riduzione della spesa pubblica.
        L'accesso alla scuola materna statale è definito gratuito dalla legge 18 marzo 1968, n. 444, e le rette coprono solo i servizi di mensa e di trasporto. Le risorse per le scuole materne statali, e sempre più, in realtà, anche per quelle private, trovano annualmente puntuale collocazione nel bilancio dello Stato, mentre dal 1978 nessun sostegno finanziario statale è stato previsto per gli asili nido. Perché i diritti dei bambini che frequentano l'asilo nido non sono considerati pari a quelli dei bambini più grandi che frequentano una scuola materna? La formazione della persona rappresenta un diritto di tutte le bambine e di tutti i bambini che vivono nel nostro Paese a partire fin dalla primissima infanzia.
        La proposta di legge intende valorizzare e sostenere un patrimonio di servizi e di esperienze riconoscendo la funzione degli asili nido e affermando l'opposizione ad ogni tentativo di riproporre visioni arcaiche e discriminanti dei servizi per i bambini da 0 a 3 anni.
        Garantire ai bambini luoghi di crescita di qualità elevata, di cui il sistema pubblico si assuma la responsabilità, aperti a tutti e i cui costi siano accettabili per le famiglie e i bambini interessati, è un dovere per un Paese e un governo che si dicono sensibili ai diritti delle bambine e dei bambini. Infatti, mentre c'è stata forte attenzione, anche dei media, verso i fenomeni di marginalità che connotano la vita infantile con la drammatica riproposizione di immagini di violenza, di abuso, fisico e psicologico, e di toni sempre più allarmanti, gli interventi sono stati parziali, spesso trascurando la "normalità" e le politiche per migliorare la qualità della vita infantile, connotata sempre più da fenomeni di solitudine, e non sono stati in grado di risolvere una situazione dalla quale è assolutamente necessario risalire attraverso l'adozione di politiche complessive e concrete a favore della prima infanzia tra cui, prioritariamente, lo sviluppo dei servizi per l'infanzia, adeguati sul piano quantitativo e qualitativo e a costi accessibili. Solo alla fine degli anni novanta l'impegno del Governo si è fatto più concreto ed il Parlamento ha approvato la legge n. 451 del 1997, recante l'istituzione della Commissione parlamentare per l'infanzia nonché la previsione dell'adozione di un Piano nazionale. Tale Piano è stato approvato nell'anno 2000 (Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per il biennio 2000-2001, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 21 agosto 2000) ma rimane ancora in sospeso l'approvazione di una legge specifica sugli asili nido. La proposta di legge rimette al centro le bambine e i bambini e i loro diritti, riconosce il carattere fondamentale del servizio, supera la collocazione dell'asilo nido tra i servizi a domanda individuale, ridefinisce la competenza a livello nazionale.
        L'articolo 1 definisce gli obiettivi e le finalità del servizio, in coerenza con quanto si è venuto finora argomentando: servizio educativo e sociale, luogo di espressione delle potenzialità cognitive, affettive e sociali dei bambini, nonché servizio di supporto alla famiglia.
        L'articolo 2 esclude espressamente l'asilo nido dai servizi a domanda individuale.
        L'articolo 3 afferma che la competenza è esercitata dal Ministero dell' istruzione, dell'università e della ricerca, per le caratteristiche educative del servizio, e con ciò volendo intendere che si ritiene opportuno spostare la competenza circa la ripartizione delle risorse al medesimo Ministero.
        L'articolo 4 illustra la realtà normativa che vede protagoniste le regioni nella disciplina legislativa.
        L'articolo 5 definisce il ruolo dei comuni rispetto alla gestione del servizio e del personale.
        L'articolo 6 prevede l'istituzione di diversi servizi integrativi che regioni e comuni possono promuovere per rispondere ai bisogni differenziati di bambini e genitori, anche in relazione e con il supporto delle risorse economiche previste dalla legge n. 285 del 1997.
        L'articolo 7 prevede la vigilanza sanitaria da parte del Servizio sanitario nazionale tramite le aziende sanitarie locali. In particolare, per quanto riguarda le bambine e i bambini disabili, per rendere operante e realmente efficace la legge n. 104 del 1992, (legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) il comma 2, lettere b) e c), garantisce l'inserimento nell'asilo nido del bambino disabile, prevedendone la priorità d'accesso e prevede la presenza di figure professionali aggiuntive e specializzate.
        Gli articoli 8 e 9 affrontano i temi della preparazione professionale e del ruolo del personale nonché dei titoli di studio richiesti.
        L'articolo 10 determina la dotazione destinata a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali.
        L'articolo 11 disciplina l'accesso ai finanziamenti, attraverso i piani di sviluppo dei servizi approvati dai consigli regionali che ne determinano le modalità di ripartizione.
        Gli articoli 12, 13 e 14 stabiliscono norme per l'erogazione dei fondi ai comuni e per la verifica delle spese.
        L'articolo 15, norma di chiusura, abroga alcuni articoli della legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e della legge 23 novembre 1977, n. 891.




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