Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 543 del 27/5/1999
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(Ordigni sganciati nel mare Adriatico da aerei della NATO)

PRESIDENTE. Passiamo alle interpellanze Selva n. 2-01802, Comino n. 2-01810 e Mussi n. 2-01821 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
Queste interpellanze, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
L'onorevole Selva ha facoltà di illustrarla.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, le chiedo anzitutto scusa per il ritardo; so che lei mi ha fatto cercare ma per la verità credevo che la seduta riprendesse alle 15.
È noto che le bombe sganciate in Adriatico dagli aerei della NATO hanno provocato gravi danni e conseguenze nei settori della pesca e del turismo.
Ascolterò la risposta del rappresentante del Governo, in ogni caso ho fatto una piccola indagine, avvalendomi anche del mio «antico» mestiere che ho esercitato, diciamo, con qualche risultato.
Dai dati che ho raccolto in ordine al settore della pesca, risulta che a Chioggia tutte le attività pescherecce sono paralizzate


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(i pescherecci sono infatti fermi da un mese). Per quanto riguarda le cooperative di pesca, complessivamente il danno si aggira sui 220 milioni di lire al giorno; infatti una barca piccola (con un equipaggio di due o tre persone) ha un mancato guadagno di un milione al giorno, mentre una barca grande (con un equipaggio di cinque-sette persone) ha un mancato guadagno che può arrivare fino a due milioni e mezzo al giorno.
Relativamente al settore del turismo, nel solo territorio del comune di Chioggia, che conta 70 alberghi, 15 campeggi, oltre a pensioni e case private, le presenze turistiche sono di due milioni e mezzo all'anno, di cui circa il 70 per cento di italiani e il 30 per cento di stranieri, con un fatturato di 470 miliardi di lire. Sulla base di dati certi è possibile calcolare una riduzione del 30 per cento.
Certo, non dobbiamo enfatizzare troppo queste cifre, per non creare l'effetto contrario, ossia quello di spaventare la gente e indurla a non venire nel nostro paese.
Gli effetti di tale situazione, ammesso che la si possa risolvere rapidamente, sono destinati a continuare; secondo gli esperti, per riassorbire i danni ci vorranno almeno cinque anni.
Nelle Marche, nel settore della pesca il segnale preoccupante è dato dall'aumento del prezzo del pesce, rincarato sul mercato ittico di Ancona, rispetto ai giorni scorsi, anzi rispetto a ieri, di circa il 30 per cento. È prevedibile un ulteriore rallentamento dell'attività della maggiore flotta peschereccia della regione, quella di San Benedetto del Tronto.
Quanto al turismo, la regione Marche, a causa della sua posizione geografica, subisce ripercussioni meno rilevanti. I primi segni si avvertono nella zona del Pesarese, quella che è a più diretto contatto con l'area romagnola; gli operatori della regione temono soprattutto il dilagare dell'allarmismo, di cui ho parlato prima, che potrebbe produrre dei danni assai rilevanti.
In Puglia, nel settore del turismo si registra un vero tracollo. Secondo le informazioni raccolte stamane, nel Salento, particolarmente nella zona di Otranto, molti esercizi alberghieri lamentano un calo, tra disdette e mancate prenotazioni, di circa il 70 per cento.
A Gallipoli i danni sono meno rilevanti: il calo è di circa il 10 per cento, ma gli operatori turistici prevedono per l'imminente stagione appena il 30 per cento di prenotazioni rispetto a quelle dello stesso periodo dell'anno scorso.
Analoga è la situazione a Lecce città. Molti dei convegni già programmati sono stati disdetti. Sulla base di informazioni raccolte presso la capitaneria del porto di Bari, le unità navali da pesca che vanno in Adriatico si sono ridotte del 60 per cento. Le marinerie pugliesi chiedono al Governo che venga dichiarato lo stato di crisi.
Sono questi i punti, che ho illustrato peraltro assai rapidamente, contenuti nella mia interpellanza. Siamo a conoscenza dell'incontro che vi è stato tra i pescatori di Chioggia e il Presidente del Consiglio, nonché della promessa di un contributo di 60 miliardi per far fronte ai danni subiti. Attendo adesso di conoscere la risposta del rappresentante del Governo, per poi eventualmente replicare.

PRESIDENTE. L'onorevole Bosco ha facoltà di illustrare l'interpellanza Comino n. 2-01810, di cui è cofirmatario.

RINALDO BOSCO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, tra le molte comunicazioni che ricevo in casella e nella posta elettronica ne ho trovata una che arrivava dall'Arizona. Si trattava di un signore, il quale mi chiedeva se la sigla OAF, ovvero Organization allied force non fosse l'acronimo anche di Organization allied farce, una farsa. Io credo si tratti proprio di questo, di una farsa, quando i nostri alleati americani sganciano bombe attive nel lago di Garda, i loro serbatoi sul nostro territorio e, ancor più, quando scopriamo che pescatori ignari, tendendo le proprie reti, sono soggetti ad incidenti come quelli di Chioggia, ovvero a quelli, appena evitati, accaduti a Marano; incidenti di cui noi non sapevamo nulla.


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I nostri alleati non ci hanno avvertito di aver sganciato queste bombe durante il ritorno degli aerei, sia pure in situazioni pericolose, di incertezza, in cui pensavano di non riuscire ad arrivare ad Aviano. Da tutto questo, però, i nostri operatori turistici (parlo di Lignano, Bibbione, dell'alto Adriatico, di Grado) e, soprattutto, i pescatori, ricevono un danno enorme; un danno ancora più grave perché si sentono abbandonati da un Governo che non risponde, oppure che non ha informazioni dai suoi alleati.
Questo, allora, vorremmo sapere da lei. Questo Governo era informato? Gli americani affermano di sì, voi, almeno stando alla stampa, dite di no. Gli americani dichiarano che avevano avvisato i «quartieri alti» delle nostre Forze armate. Mi chiedo allora perché non sia stata data comunicazione a chi pratica questi mari per lavoro ed incorre in rischi gravi, come quelli che si sono verificati.
Se così non è, se abbiamo un alleato reticente, mi chiedo come possiamo continuare a sostenerlo. Peraltro, in base all'analisi di documenti reperiti in rete circa l'impiego di uranio depleto (impoverito) nell'armamento USA, questo viene usato quotidianamente nella guerra dei Balcani. Sorge allora il sospetto e il legittimo dubbio che le bombe inesplose, scaricate nel mare Adriatico, abbiano al loro interno uranio impoverito. In tal caso, diviene naturale sospettare anche che nello spostamento di quelle stesse bombe o nell'impatto con il mare esse si siano aperte o danneggiate, permettendo l'entrata di acqua marina al loro interno. Se ciò dovesse essere vero, suffragato dal fatto che è stato imposto il blocco navale dei pescherecci - mi auguro solo per altri motivi -, è pacifico affermare che tutto il mare Adriatico nel giro di qualche settimana potrebbe essere contaminato da isotopi radioattivi, generati dalle bombe inesplose.
Tutto questo comporterà il blocco della pesca e del turismo e minerà seriamente la salute pubblica. In poche parole, non ci si potrà più bagnare né pescare a causa della contaminazione radioattiva. Solo prendendo coscienza della realtà ed agendo per modificarla riusciremo a limitare i danni. Vorremmo allora che il Governo ci dicesse come stanno esattamente le cose, senza continuare a nascondersi dietro i segreti militari, diventando così complice di genocidi e contaminazioni radioattive che ci trascineremo per i prossimi secoli a venire, ipotecando il futuro nostro e quello dei nostri figli.
Signor sottosegretario, dopo la vicenda del Cermis, dove i nostri alleati in un'altra farsa si sono autoassolti (la farsa era proprio nell'autoassoluzione) ed hanno negato anche un giusto risarcimento anche alle vittime, chiediamo a chi competano le spese, le opere di bonifica del lago di Garda e dell'Adriatico e la soluzione dei problemi economici insorti.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stasi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Mussi n. 2-01821, di cui è cofirmatario.

GIOVANNI DI STASI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, noi democratici di sinistra sappiamo che l'imperativo del momento è porre fine alla pulizia etnica nel Kosovo e portare la pace nei Balcani. La fedeltà all'alleanza e l'impegno per restituire la parola alla politica e alla diplomazia caratterizzano positivamente l'attività del nostro Governo.
L'operazione nei Balcani non poteva essere, però, priva di conseguenze per le attività economiche che si svolgono in Adriatico. Ciò che è accaduto in Puglia era del tutto prevedibile: la chiusura degli aeroporti, l'arrivo dei profughi, il decollo e l'atterraggio di aerei impegnati in attività belliche non potevano non influire sulle attività economiche di quella regione, a partire dal turismo. Una limitazione delle attività di pesca e di navigazione, in tutto l'Adriatico, nel corso di una guerra nei Balcani, era del tutto scontata ed è giusto che l'Italia e l'Europa, in particolare, si facciano carico dei danni causati direttamente o indirettamente da questa guerra.
Sul punto, il Governo ha mostrato, con l'incontro ricordato poc'anzi tra il Presidente


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del Consiglio D'Alema e i pescatori di Chioggia, di sapersi muovere con equilibrio e tempestività. In questa vicenda, però, vi è un aspetto che rischia di sfuggire al nostro controllo e di creare un allarme generale dalle conseguenze incalcolabili; il riferimento è al tema della sicurezza.
L'incidente di Chioggia, il «missile di Termoli», le bombe sganciate nel Garda e in Adriatico costituiscono un problema reale per i pescatori e, in misura diversa, per gli operatori turistici di alcune aree. A Chioggia i pescatori hanno avuto la prova provata che pescare in queste condizioni può essere molto pericoloso; nelle marinerie dell'Adriatico la preoccupazione è forte e diffusa. D'altra parte, l'episodio di Termoli va chiarito fino in fondo, per evitare che l'immagine di una delle più attraenti località turistiche dell'Adriatico venga associata ad una infondata idea di pericolo da missili. Se, poi, di ordigno si trattava, vogliamo essere certi che fatti come quello di Termoli non si ripeteranno più in futuro.
Quel che serve non è un'operazione di facciata, bensì di sostanza; l'individuazione delle bombe sganciate in Adriatico ed il loro recupero devono essere fatti con rigore ed urgenza, per rispetto non solo della vita umana ma anche dell'ambiente; sappiamo che il Governo si sta muovendo su questa via, ma vogliamo conoscere tempi e modalità della politica.
Chiediamo al Governo di offrire tutte le garanzie necessarie in ordine alla sicurezza dei pescatori, dei marittimi e dei cittadini in genere. In questa situazione, un'informazione chiara e completa è essenziale; quando i veri pericoli saranno eliminati e di ciò saranno informati i cittadini sarà più facile evitare che le attività economiche che si svolgono nell'area adriatica siano penalizzate da preoccupazioni immotivate.
Dobbiamo farci carico dei danni inevitabili della guerra, ma sarebbe irresponsabile amplificarli con atteggiamenti superficiali o, peggio ancora, in vista di improbabili ed ingiusti ristori.
In sintesi, signor rappresentante del Governo, il gruppo dei democratici di sinistra-l'Ulivo chiede, in primo luogo, garanzie per l'incolumità dei pescatori e dei cittadini, rassicurazioni sull'assenza di pericoli lungo la costa dell'Adriatico, interventi concreti ed immediati per coloro che hanno subito danni reali, evitando generalizzazioni ingiuste.
Da questo punto di vista, la Puglia rappresenta certo una situazione a parte, che va esaminata a parte, così come la pesca è una situazione specifica che necessita di una particolare e speciale attenzione; lo stesso vale per quanti altri possano dimostrare di aver subito danni.
Come parlamentari della costa adriatica, in modo particolare, saremo molto attenti e ci faremo carico di un dialogo con la popolazione, che consenta di raggiungere i risultati ai quali miriamo, cioè una sicurezza vera per evitare allarmismi fuori luogo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa ha facoltà di rispondere.

GIOVANNI RIVERA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Sin dall'avvio delle operazioni militari nei Balcani, le autorità militari dell'Alleanza avevano individuato alcune zone di mare in acque internazionali per consentire lo sgancio in sicurezza dei carichi esterni dei velivoli che si venissero a trovare in condizioni di emergenza, le cosiddette jettison areas. L'individuazione di tali zone è stata effettuata sia in base a criteri di sicurezza, come la distanza dalla costa, sia attraverso valutazioni di tipo operativo in relazione alle rotte di rientro dei velivoli verso le basi aeree di destinazione.
L'istituzione di tali aree risponde ad un'esigenza operativa non eludibile perché, quando i velivoli si trovano in situazioni di emergenza, è previsto per motivi di sicurezza che gli stessi si liberino dei carichi esterni per evitare, nella delicata fase di rientro e dell'atterraggio, maggiori rischi al territorio sorvolato e alla zona aeroportuale. Nel caso in cui i carichi esterni includano ordigni esplosivi, questi


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ultimi vengono disinnescati prima del loro sgancio per prevenire i rischi di esplosioni accidentali. Prima di effettuare lo sgancio nelle zone prestabilite, il velivolo deve assicurarsi che l'area sottostante sia completamente sgombra da imbarcazioni.
Gli ordigni rilasciati in mare sono, quindi, inerti e non rappresentano in generale un pericolo, anche se non si può escludere in assoluto il rischio di un'attivazione per cause connesse a rimozioni o manipolazioni accidentali, come è purtroppo accaduto il 10 maggio scorso.
Per quanto riguarda le operazioni aeree sul territorio balcanico, sono state definite in Adriatico aree di possibile sgancio, come è stato già riferito alla Camera dal Presidente del Consiglio dei ministri lo scorso 19 maggio, tutte site in acque internazionali e il più possibile distanti dalle coste dei paesi litoranei.
Al presente, vi sono in Adriatico sei jettison areas circolari, ben circoscritte, di raggio massimo di 5 miglia (9 chilometri circa); tre sono situate nell'alto Adriatico su fondali variabili fra i 30 e i 70 metri circa: una è situata nel golfo di Venezia tra Chioggia e Parenzo, a circa 30 miglia da Chioggia; una seconda a circa 55 miglia dalla Marina di Ravenna; la terza all'altezza di Pesaro ad oltre 50 miglia dalla costa. Le zone del basso Adriatico, con fondali molto più profondi, da 400 a 800 metri circa, si trovano una a 70 miglia da Bari, una ad oltre 40 miglia da Brindisi e l'altra a 30 miglia da Santa Maria di Leuca.
Tali aree, che hanno subito nel tempo talune variazioni spaziali, sono note ai comandi militari alleati e nazionali e non rappresentano di per sé un rischio alla navigazione o alle attività marittime, se non solo dopo il rilascio di eventuali carichi potenzialmente pericolosi.
Come riconosciuto dalle stesse autorità NATO, le autorità nazionali non erano a conoscenza di informazioni specifiche su avvenuti sganci di ordigni esplosivi che richiedessero l'emanazione di avvisi preventivi di pericolosità alla navigazione.
Detti avvisi sono stati emessi, invece, successivamente al ritrovamento di ordigni nella zona di mare dell'area del golfo di Venezia il 10 maggio scorso.
Dopo l'evento, il Governo ha immediatamente e con forza richiesto alle autorità NATO specifiche e dettagliate informazioni riguardo ai rilasci di ordigni avvenuti nel corso delle operazioni sui Balcani.
In particolare, si è provveduto ad acquisire presso i comandi NATO informazioni aggiornate sulle jettison areas e sulla loro fluttuazione nel corso del tempo; a diffondere a tutti gli enti competenti interessati, ed in particolare ai comandi militari marittimi e alle capitanerie di porto dell'Adriatico, le informazioni relative alle aree di sgancio; ad acquisire presso i comandi alleati competenti le informazioni specifiche relative agli ordigni sganciati nell'ambito delle operazioni aeree sui Balcani.
Le informazioni ricevute indicano, alla data del 19 maggio, lo sgancio di 143 ordigni di cui sette bombe a grappolo, 101 bombe a guida laser, due missili tipo HARM, 33 bombe convenzionali a caduta libera. Tali ordigni sono stati rilasciati non solo nelle zone profonde del basso Adriatico ma anche nel medio-alto Adriatico e, in particolare, nell'area del golfo di Venezia nella quale è avvenuto l'incidente al motopeschereccio Profeta dove risultano essere stati rilasciati 17 ordigni.
Al riguardo appare opportuno nuovamente rimarcare che gli ordigni rilasciati sono stati neutralizzati prima dello sgancio e risultano composti da materiali ed esplosivi di tipo convenzionale che non dovrebbe configurare problemi specifici di tossicità ambientale. Il loro numero rappresenta meno dell'1 per cento rispetto agli ordigni utilizzati dai velivoli nel corso della campagna aerea.
Il dettaglio delle posizioni di sgancio è stato reso noto dalle autorità alleate e, attraverso i comandi militari marittimi dell'alto Adriatico, del basso Adriatico e dello Ionio e le dipendenti capitanerie di


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porto, sono stati emessi gli avvisi ai naviganti di pericolosità delle zone interessate.
Detti avvisi, essendo relativi a zone di mare poste in acque internazionali, hanno funzione di informativa e di allarme ma non valore di obbligatorietà per gli operatori marittimi; è stato disposto l'invio di cinque unità cacciamine della marina militare per esplorare la zona di mare di ritrovamento degli ordigni e di quelle interessate allo sgancio, sulla base delle informazioni fornite dalle autorità militari NATO ed in relazione ai fondali che possono costituire pericolo alle attività marittime. I cacciamine stanno operando nell'area del golfo di Venezia già dal 17 maggio, con buoni risultati, essendo già stati localizzati ed identificati 8 ordigni nella zona dell'incidente del motopesca Profeta dove, come ho già detto, risultano rilasciate 17 bombe; è stato richiesto alle competenti autorità della NATO di inviare una task Force dell'alleanza costituita da unità cacciamine che si affiancheranno alle unità della marina militare già operanti in Adriatico per le operazioni di bonifica. Tale forza è previsto che arrivi in Adriatico entro la prima settimana di giugno.
È stato chiesto al comando delle forze alleate del sud Europa, che ha il controllo operativo delle operazioni aeree nei Balcani, l'istituzione di una procedura automatica finalizzata a comunicare ai comandi operativi marittimi competenti tutte le notizie utili relative ad eventuali variazioni nel posizionamento delle jettison areas ed ai rilasci di carichi esterni dai velivoli. Tale procedura è già operante.
In conclusione, il Governo, venuto a conoscenza dei fatti, ha attivato prontamente le autorità NATO competenti e sul piano nazionale ha diffuso avvisi ai naviganti per le zone di potenziale pericolosità con l'invio dei 5 già ricordati moderni cacciamine della marina militare con compiti di ricerca e bonifica degli ordigni. Inoltre, per rendere la ricerca e la bonifica più estesa, è stato richiesto all'alleanza atlantica l'invio della forza di «contromisure mine» della NATO della regione nord, di cui fanno parte anche unità italiane, che si aggiungeranno ai cacciamine della marina militare già operanti nell'alto Adriatico. A tale forza si dovrebbe successivamente unire anche quella del Mediterraneo, di prossima costituzione (il 27 maggio) a La Spezia.
Gli oneri finanziari derivanti dall'impiego di queste forze navali sono a carico dei paesi che forniscono le navi e comunque essi sarebbero stati sostenuti, ancorché in zone di mare diverse e/o per altre finalità, poiché i mezzi navali, come quelli aerei, comportano oneri per il fatto stesso di essere operativi. Inoltre, per quanto concerne l'Italia, la presenza di nostre navi, oltre che doverosa nell'interesse del paese per la sicurezza delle attività marittime in Adriatico, è anche indispensabile per la conoscenza che ha la nostra marina militare delle aree interessate all'attività.
È stata infine attivata, d'intesa con le autorità militari alleate, una procedura per la tempestiva segnalazione ai comandi nazionali dei rilasci, così da consentire una pronta informazione alle autorità marittime interessate per l'emanazione degli eventuali avvisi ai naviganti e per le azioni di bonifica. Questo canale di comunicazione è stato, per esempio, attivato lo scorso 19 maggio, quando sono state riportate notizie su un presunto sgancio di ordigni a circa 50 miglia a largo di Pescara. I controlli fatti hanno permesso di verificare la non attendibilità della segnalazione.
Per quanto concerne l'impatto sulle attività economiche della zona, il Governo ha avviato immediatamente incontri con le autorità politiche e le amministrazioni locali. Il ministro della difesa ha ricevuto in data 20 maggio i sindaci di Chioggia e Caorle. Incontri con i rappresentanti di categoria dei pescatori e dei marittimi dell'area sono stati tenuti anche dallo stesso Presidente del Consiglio, onorevole D'Alema, che ha fornito assicurazioni sulle iniziative che il Governo italiano intende intraprendere per il risarcimento finanziario a causa dei danni subiti per il fermo dell'attività di pesca.


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Al riguardo, i ministri dell'ambiente e delle politiche agricole stanno finalizzando le iniziative più opportune in campo nazionale ed europeo a sostegno delle categorie e delle attività economiche coinvolte per il riconoscimento degli indennizzi «fermo pesca» e «fermo biologico» agli operatori del settore ed è in questa prospettiva che è stata convocata la riunione del 10 giugno in sede europea, per attivare procedure ed interventi finanziari per risarcire e rilanciare i settori e le attività produttive che hanno subito danni a causa degli avvenimenti che si sono verificati. Si tratta di indennizzi dell'ordine di 60 miliardi di lire, di cui la metà a carico del Governo italiano e la restante parte a carico dell'Unione europea.

PRESIDENTE. L'onorevole Selva ha facoltà di replicare per la sua interpellanza n. 2-01802.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, la risposta del sottosegretario Rivera, per quanto riguarda i temi affrontati nella mia interpellanza, non ha aggiunto nulla di nuovo; né ci è stato riferito su ulteriori iniziative per altre zone, che sono state ricordate da alcuni colleghi. Forse, però, questo mi permette di dare una linea più politica alla mia replica, perché in queste ore si è verificato un evento che credo avrà qualche conseguenza in tutto lo svolgimento della guerra nei Balcani ed anche nel processo di pacificazione, se questo sarà possibile.
Il tribunale internazionale dell'Aja ha messo sotto accusa il Presidente Milosevic per qualcosa di non poco conto: crimini contro l'umanità. Non so, quindi, come sarà possibile, d'ora in poi, considerare Milosevic una controparte credibile: mi pare dunque di poter ipotizzare (certo non con piacere, ma con realismo) che le operazioni militari, aeree e probabilmente terrestri, continueranno ed anzi si rafforzeranno. Gli auspici di pace sono un'espressione del nostro cuore e della nostra volontà, ma qui si tratta di essere molto realisti: credo che con Milosevic non vi sia più nulla da discutere, visto che il tribunale internazionale dell'Aia lo considera un criminale di guerra. Altrimenti, sarebbe come se, nel 1944-1945, le forze alleate e la stessa Unione Sovietica potessero pensare di discutere con Hitler: mi sembra infatti che, sul piano giuridico internazionale, ci troviamo esattamente nelle stesse condizioni.
Quindi, per tutto ciò che viene dopo, ivi compresi gli argomenti trattati in queste interpellanze, vale a dire i danni che la pesca e le attività turistiche subiscono per le conseguenze della guerra nei Balcani, bisognerà tenere presente che sicuramente non sarà facilmente indennizzabile con quanto è stato finora promesso.
Questa è una posizione che mi sembrava opportuno fare presente al Governo, ribadendo che noi condividiamo gli obiettivi che le operazioni militari della NATO stanno perseguendo, consapevoli però che occorre una chiarezza di posizioni anche da parte del Governo e della sua maggioranza. Non ritengo, ripeto, che di fronte alla denuncia, all'accusa che il tribunale internazionale dell'Aja ha lanciato nei confronti di Milosevic, i viaggi di Cossutta a Belgrado possano portare molto lontano. È nel nome di questo realismo politico e di politica internazionale, nonché di difesa dei nostri interessi - come lei giustamente ha detto - che bisognerà sviluppare un'azione diversa per porre fine alla guerra e alla pulizia etnica e per ristabilire la pace all'area tormentata dei Balcani.
Spero che il Governo D'Alema abbia il coraggio di fare tutto questo, ma lo deve fare con grande chiarezza perché non può stare con i piedi in due staffe, come si suol dire; mandare Cossutta da Milosevic credo che renda poco e non avvicini affatto la pace, visto che il tribunale internazionale dell'Aja, organismo delle Nazioni Unite - a cui si fa giustamente appello - ha emesso l'accusa di cui siamo venuti a conoscenza nelle ultime ore (Applausi del deputato Calderisi).


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PRESIDENTE. L'onorevole Bosco ha facoltà di replicare per l'interpellanza Comino n. 2-01810, di cui è cofirmatario.

RINALDO BOSCO. Signor Presidente, certamente non posso dirmi soddisfatto, perché l'onorevole sottosegretario ha usato il condizionale nell'affermare che le bombe non dovrebbero essere innescate e non dovrebbero essere all'uranio impoverito, ma nessuno ne ha la certezza; mi sembra anche ovvio, visto gli alleati reticenti che abbiamo accanto.
Non sono soddisfatto, perché si è preconfezionato un indennizzo di 60 miliardi che credo risulterà insufficiente e, comunque, l'entità dei danni economici e l'esistenza dell'inquinamento si potranno stabilire solo in seguito.
Non sono soddisfatto, inoltre, perché questa guerra, che è scoppiata dopo il fallimento dell'iniziativa diplomatica di Rambouillet, che lo stesso ministro Dini ha valutato inaccettabile da parte serba, ha violato le norme del diritto nazionale ed internazionale e noi ci siamo ritrovati coinvolti in una guerra non dichiarata. La NATO ha ignorato la sua carta costitutiva, attribuendosi un ruolo offensivo anziché difensivo e l'ONU è stata scavalcata nella gestione delle controversie internazionali. Inoltre, nessun Parlamento è stato interpellato - non il Parlamento italiano - sull'opportunità dell'intervento e la Costituzione italiana, in particolare, è stata calpestata con la violazione degli articoli 11 e 78.
Detto tutto ciò e non avendo avuto una risposta sufficiente alle nostre istanze, non posso che dichiararmi insoddisfatto.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Stasi ha facoltà di replicare per l'interpellanza Mussi n. 2-01821, di cui è cofirmatario.

GIOVANNI DI STASI. Signor Presidente, la risposta del sottosegretario è stata seria ed ha evidenziato alcuni punti assolutamente importanti, a partire da quelli che mettono in evidenza la disponibilità del Governo a portare avanti un dialogo con coloro che stanno subendo le conseguenze negative di questa guerra all'interno dello spazio italiano. Mi sembra un aspetto importante sul quale lavorare e credo anche che sia necessaria l'individuazione di un rappresentante del Governo quale coordinatore e riferimento unico di quanti devono affrontare i problemi dei quali ci siamo occupati con le interpellanze di oggi.
Colgo l'occasione per dire che dissento profondamente dalle affermazioni dell'onorevole Selva, il quale, anticipando o forzando in qualche modo la linea adottata dagli alleati, vuole prefigurare uno scenario di intervento via terra.
Credo che non si possa andare in questa direzione e ritengo sia utile correggere anche l'impostazione del rappresentante della lega, secondo la quale nei confronti di Milosevic vi è stata una volontà premeditata di aggressione. I termini della questione sono diversi e non da oggi: ricordo che, a partire dalla dichiarazione dei diritti universali dell'uomo, tali diritti non sono più limitati al rapporto tra il cittadino e lo Stato nel quale egli vive.
È necessario che la comunità internazionale si faccia carico della tutela dei diritti essenziali ed i diritti dei kosovari erano stati violati in maniera palese. Sono stato nei campi dei profughi kosovari in Albania prima del 10 dicembre dello scorso anno: i profughi erano presenti e ancora non vi era stato l'intervento della NATO. Ho parlato con gente che era stata cacciata dalla propria casa, che aveva visto violare palesemente tutti i diritti, compreso quello alla vita, dei propri familiari.
Ritengo, pertanto, che l'Italia stia facendo il suo dovere nell'ambito dell'attività della NATO e dell'alleanza, che punta a ristabilire la possibilità di godere dei diritti fondamentali nel Kosovo. Quindi, da questo punto di vista non vi è alcun dubbio, né alcun tentennamento, caro collega Selva: invece, in questa capacità del Governo italiano - per come io la percepisco - vi è la volontà di essere fedeli all'alleanza, ma anche forti protagonisti nel cercare di porre fine a questa


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guerra; vi è un «valore aggiunto», che credo sarà utile per il raggiungimento dell'obiettivo che hanno tutti gli uomini di buona volontà, cioè quello di fare spazio al dialogo laddove è stato necessario intraprendere un'azione di forza, che spero non debba durare a lungo.
Concludo la mia replica, dicendo al rappresentante del Governo che, insieme ad altri colleghi parlamentari, ho presentato un'interrogazione in merito all'oggetto - che sembra sia un ordigno - rinvenuto a Termoli. Per la verità, mi aspettavo che oggi vi fosse qualche riferimento a questa situazione; capisco che i tempi sono stati ristretti, ma vorrei che non ci fosse un approccio burocratico a tale vicenda e che, nel giro di pochissimo tempo, venisse data una risposta a tale interrogazione, perché quella risposta è parte della strategia di serenità e di sicurezza che dobbiamo costruire se vogliamo governare la difficile vicenda che si sta svolgendo sullo scenario adriatico.

PRESIDENTE. Dovremmo passare ora all'interpellanza Calderisi n. 2-01820. Tuttavia, il sottosegretario all'interno, onorevole Vigneri, che dovrebbe rispondere all'interpellanza, non è ancora giunta in aula. Pertanto, sospendo brevemente la seduta.

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