Seduta n. 467 del 20/1/1999

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(Tassazione degli utili della Philip Morris)

PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Angeloni n. 3-01745 (vedi l'allegato A - Interpellanze ed interrogazioni sezione 6).
Il sottosegretario di Stato per le finanze ha facoltà di rispondere.

FAUSTO VIGEVANI, Sottosegretario di Stato per le finanze. Con l'interrogazione al nostro esame gli interroganti, premesso che l'amministrazione dei Monopoli di Stato produce, sulla base di specifici accordi contrattuali, tabacchi lavorati commercializzati con i diversi marchi della multinazionale Philip Morris a fronte del pagamento di diritti (cosiddette royalties) e che la predetta società non agisce in Italia direttamente, bensì tramite la Intertaba Spa alla quale vengono riconosciute agevolazioni fiscali in quanto non viene considerata come una stabile organizzazione della Philip Morris, chiedono di conoscere le ragioni in base alle quali il Ministro delle finanze abbia avocato a sé l'incarico di sottoscrivere il nuovo contratto con la Philip Morris nonché le motivazioni dell'annullamento da parte del ministro degli atti amministrativi redatti dal dottor Del Gizzo e, infine, di


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accelerare i tempi di recupero di circa 60 mila miliardi dovuti dalla multinazionale medesima.
Al riguardo occorre preliminarmente esaminare il concetto di stabile organizzazione, atteso che gli interroganti, nelle premesse, evidenziano che il mancato riconoscimento di tale requisito tra la società Intertaba e la Philip Morris ha comportato agevolazioni fiscali alla stessa multinazionale.
L'esistenza di una stabile organizzazione, infatti, comporta precipui obblighi fiscali: cioè i redditi da essa prodotti sono attratti a tassazione diretta nel paese dove essa esiste (cosiddetta soggettività passiva tributaria).
Ciò posto, la nozione di stabile organizzazione è stata oggetto di studio da parte della dottrina e della giurisprudenza tributaristica ed internazionale che ha esaminato, con notevole analicità, gli elementi qualificanti di tale concetto, individuandoli precisamente nella presenza di elementi oggettivi riguardanti i criteri di identificazione del luogo in cui l'attività viene svolta e di elementi soggettivi che riguardano il collegamento del soggetto con il luogo di svolgimento dell'attività e il periodo in cui tale collegamento si manifesta.
Invero, l'esistenza di una stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente deve essere provata attraverso l'individuazione degli elementi costitutivi di un'unità aziendale o sede di affari, della quale vanno individuati beni e rapporti contrattuali che ne costituiscono la struttura dei costi.
In relazione a tale meccanismo, tra l'altro, occorre rilevare che gli Stati hanno stipulato accordi al fine di evitare la tassazione dello stesso reddito in paesi diversi (la cosiddetta doppia imposizione), utilizzando in pratica due metodi. Primo: trattati fondati sulla ripartizione dei redditi; secondo: trattati fondati sulla ripartizione delle imposte.
Le vigenti convenzioni stipulate dall'Italia (comprese quelle con gli USA e la Svizzera) appartengono alla seconda categoria, ovvero ai trattati fondati sulla ripartizione delle imposte. In esse è possibile che un reddito sia tassabile sia nello «Stato della fonte» sia in quello di residenza del beneficiario; ma lo «Stato della fonte» limita la propria imposizione riducendo l'aliquota d'imposta entro livelli fissati dalla convenzione e lo «Stato di residenza» concede un credito d'imposta consistente nel diritto del contribuente di scomputare dalle proprie imposte del paese di residenza le imposte pagate nell'altro paese. Le vigenti convenzioni internazionali sono sostanzialmente conformi ai «Modelli di convenzione per evitare le doppie imposizioni» dell'OCSE. I modelli OCSE sono di ausilio nella predisposizione delle convenzioni bilaterali e sono di guida nella loro interpretazione.
Ciò posto, il rapporto sussistente, affermato dall'amministrazione finanziaria, tra la società Intertaba e la Philip Morris, secondo la commissione tributaria provinciale di Milano, sezione I, in base alla sentenza n. 238 del 1 luglio 1997, non rientrerebbe invece nell'ambito dell'esistenza di una stabile organizzazione, non essendo individuabile attraverso beni e strutture di costi l'unità aziendale costituente la stabile organizzazione in Italia esistente all'interno della Intertaba Spa e riconducibile alla Philip Morris.
L'ufficio IVA di Milano ha presentato avverso tale sentenza, in data 10 dicembre 1997, ricorso in appello alla commissione tributaria regionale di Milano, ribadendo a tale proposito l'esistenza di una stabile organizzazione tra Philip Morris e Intertaba Spa, in quanto il soggetto italiano Intertaba, operando tra l'altro anche per il gruppo Philip Morris, configurerebbe un'ipotesi di plurima organizzazione in Italia di più soggetti esteri non residenti, godendo quindi di indubbi vantaggi fiscali.
Pertanto, per quanto concerne il recupero delle imposte evase da parte della predetta multinazionale, la questione risulta per il momento sub judice e solo quando l'iter giudiziario sarà concluso l'amministrazione finanziaria potrà procedere eventualmente al recupero delle somme dovute.


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Per quanto riguarda il settore delle imposte dirette, non risulta che finora sia stata depositata alcuna decisione in merito e, pertanto, non è stato ancora proposto appello da parte del competente ufficio.
Circa le altre richieste di chiarimenti ed in particolare le motivazioni che hanno indotto il ministro delle finanze ad avocare a sé l'incarico di sottoscrivere il contratto con la Philip Morris, si osserva che il dottor Del Gizzo, quale direttore generale dell'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, era titolare di poteri di gestione, consistenti sia nell'amministrazione delle attività industriali sia della stipulazione dei relativi contratti, compresi quelli di produzione su licenza. Il predetto dirigente generale, invece, si è reso responsabile di comportamenti che hanno prodotto risultati particolarmente gravi. Infatti, nonostante il dottor Del Gizzo avesse ricevuto ampio mandato volto a concludere una nuova convenzione o a trovare soluzioni alternative, non ha concluso, non solo nel termine stabilito, ma neanche nei sette mesi di proroga ottenuti, una nuova convenzione con la predetta multinazionale; né ha predisposto peraltro alcuna soluzione produttiva alternativa per evitare la sospensione dell'attività delle manifatture addette alla fabbricazione su licenza di alcuni tipi di sigarette e per evitare, insieme, il fermo del personale corrispondente.
In considerazione di tali gravi inerzie e, conseguentemente, emergendo nei confronti del dottor Del Gizzo una evidente ipotesi di responsabilità dirigenziale dovuta al mancato raggiungimento degli obiettivi che si era prefissata l'amministrazione finanziaria, il ministro delle finanze ha ritenuto necessario di avocare a sé l'incarico di condurre le trattative, che è stato poi nuovamente riattribuito ai dirigenti competenti, dopo il collocamento a riposo del predetto funzionario.
Il ministro non ha pertanto stipulato né sottoscritto alcun contratto.
Si precisa, a tale proposito, che, contrariamente a quanto sostenuto dagli interroganti, non risultano annullati atti amministrativi adottati dal dottor Del Gizzo.
Deve inoltre essere posto in evidenza che il medesimo direttore generale non ha informato il ministro delle finanze di una procedura di infrazione, promossa dalla Commissione europea contro il Governo italiano, relativa alla commercializzazione di tabacchi lavorati importati (decisione C1998-1437/4), ed ancora non era intervenuto tempestivamente per eliminare il ritardo nella iscrizione delle tariffe dei nuovi tabacchi lavorati importati, pur riconoscendo che tale ritardo era apertamente non compatibile con i princìpi comunitari. L'iscrizione in tariffa è avvenuta con due anni di ritardo.
Tutto quanto suesposto viene riferito ampiamente nella motivazione del provvedimento di collocamento a riposo del dottor Del Gizzo, ora impugnato davanti all'autorità giurisdizionale amministrativa.

PRESIDENTE. L'onorevole Angeloni ha facoltà di replicare.

VINCENZO BERARDINO ANGELONI. Senatore Vigevani, la ringrazio per la sua risposta, che contiene però delle inesattezze, l'ultima delle quali riguarda il pensionamento forzato del dottor Del Gizzo, al quale il TAR ha già dato ragione, reintegrandolo nella funzione.
Per quanto riguarda la posizione della Intertaba, probabilmente è sfuggito il fatto che essa è controllata al 98 per cento dalla Fabrique du Tabac Spa (a sua volta controllata al 99 per cento dalla stessa Philip Morris) e per il restante 2 per cento dalla Philip Morris Europe. Perciò, la Philip Morris ha tutti i requisiti per essere considerata stabilmente in Italia: ha uffici, succursali e punti vendita. Pertanto, non può essere assoggettata a quelle tassazioni agevolate cui lei faceva precedentemente riferimento. Infatti, secondo la Convenzione OCSE del 1977, la Guardia di finanza di Napoli e quella di Milano hanno concordemente ritenuto che i redditi della Philip Morris devono essere tassati in Italia, in quanto la stessa ha una


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stabile organizzazione in Italia, agendo di fatto e di diritto attraverso la società Intertaba. L'evasione fiscale della Philip Morris in dieci anni ammonta a 22 mila miliardi. Mi sarei atteso dal Governo non la risposta fornita, ma l'illustrazione delle modalità attraverso le quali recuperare tale somma, che corrisponde ad una manovra finanziaria.
Probabilmente, il Governo non ha ritenuto opportuno rispondermi con chiarezza anche su un altro quesito, sul quale lei ha sorvolato, non so se volutamente o per caso. Io ho chiesto specificamente se l'allora Presidente del Consiglio, onorevole Prodi, tramite Nomisma, avesse ricevuto finanziamenti dalla Philip Morris; ho chiesto se a voi risultasse ciò, come risulta da organi di stampa, per cui mi ritengo completamente insoddisfatto.

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