Seduta n. 455 del 15/12/1998

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(Investimenti di riserve valutarie della Banca d'Italia da parte dell'Ufficio italiano dei cambi)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Taradash n. 3-02934, Fiori n. 3-02938, Paissan n. 3-02952 e Gramazio n. 3-03153) (Vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazioni sezione 2).
Queste interrogazioni, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
Il sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica ha facoltà di rispondere.

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. Con le interrogazioni all'ordine del giorno sono stati posti quesiti in ordine all'investimento effettuato dall'Ufficio italiano dei cambi nel Long term capital management.
Sentita anche la Banca d'Italia, si fa presente che fino al 30 settembre 1998 l'Ufficio italiano dei cambi era titolare delle riserve valutarie del paese, che gestiva secondo criteri di liquidità e di rendimento. Si finanziava attraverso un conto corrente presso la Banca d'Italia, il cui tasso di interesse era collegato con il rendimento delle stesse riserve.
Le riserve in oro sono sempre state amministrate direttamente da Bankitalia, al pari di un portafoglio di riserve valutarie di dimensioni limitate necessario per il pronto intervento sul mercato dei cambi. Nella gestione delle riserve, allorché l'ammontare è limitato, va privilegiato il criterio della liquidità. Quando l'ammontare si fa cospicuo, occorre tener conto in misura crescente del criterio della redditività.
Alla fine del 1992 le riserve complessive del paese, in oro e valute, detenute da Bankitalia e dall'Ufficio italiano dei cambi erano pari a 56,5 miliardi di dollari, ma di esse 23,2 miliardi erano costituiti da oro. Poiché le riserve in valuta erano per la quasi totalità derivanti da debiti a breve, assunti dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano dei cambi nei confronti di banche ed istituzioni finanziarie, le riserve nette erano pari a 5,7 miliardi di dollari. Iniziava da allora una faticosa opera di ricostruzione delle riserve del paese non derivanti da indebitamento. Alla fine del 1994 le riserve nette in valuta, escluso l'oro, erano pari a 10,5 miliardi di dollari, alla fine del 1996 a 30 miliardi di dollari; alla fine del 1997 le riserve nette in valuta ammontavano a 46,8 miliardi di dollari.
Il problema di una più dinamica gestione, volta a migliorare i rendimenti delle riserve, si poneva con maggiore cogenza, tenuto conto anche del carattere infruttifero della riserva in oro. Il consiglio di amministrazione dell'Ufficio italiano dei cambi emanava sistematicamente direttive di carattere generale, alle quali attenersi per la gestione delle riserve stesse. Queste sono sempre state investite presso intermediari finanziari di rilevanza internazionale.
A partire dal 1991 si decideva che una parte minima delle riserve stesse potesse essere destinata a forme di investimento più dinamiche, i cosiddetti portafogli pilota. Essi sono strumenti di asset management costituiti con l'obiettivo principale di disporre di un osservatorio privilegiato sull'andamento dei mercati monetari e finanziari internazionali per offrire elementi utili per l'elaborazione di strategie di investimento. I portafogli pilota gestiti da grandi investitori istituzionali consentono infatti di individuare le migliori scelte di investimento ed assicurano attività di consulenza finanziaria continua e sistematica, volta a migliorare le conoscenze relative alle più avanzate tecniche di analisi e valutazione di portafoglio. Questi pure sono stati affidati ad intermediari di elevato standing. Essi sono gestiti con criteri di maggiore dinamicità.
Al 30 settembre risultavano investiti in questo tipo di attività 600 milioni di dollari, pari all'1 per cento circa delle riserve ufficiali del paese, ripartiti in cinque portafogli pilota.
Nel febbraio 1994, previ i necessari accertamenti, si decise di aderire all'iniziativa Long term capital management con


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un impiego di 100 milioni di dollari. L'operazione, come dicevo, si inquadrava nella logica dei portafogli pilota già in essere presso primarie istituzioni finanziarie quali la BRI, la Merryl Lynch, il Credit Suisse, la First Boston, la J.P. Morgan. L'intermediario godeva di alta considerazione sul mercato di New York e presso il sistema delle banche centrali che fanno capo alla Banca dei regolamenti internazionali. Questo investimento è regolamentato in modo che sia possibile recedere ogni tre anni, previo congruo preavviso.
Durante la fase particolarmente favorevole dei mercati finanziari tra il 1994 ed i primi mesi del 1998, l'investimento ha generato in varie forme elevati utili distribuiti ai partecipanti al fondo. Nel complesso, nel triennio 1994-1996 l'Ufficio italiano dei cambi ha percepito dal Long term utili per 105,8 milioni di dollari.
Alla fine del 1996 la partecipazione al fondo era confermata. Venivano anche acquistate obbligazioni emesse dallo stesso organismo con scadenza 31 dicembre 2000 per 150 milioni di dollari, fruttanti un tasso di interesse superiore all'ILOR.
Con riferimento all'esercizio 1997 venivano poi distribuiti all'inizio del 1998 altri 17,2 milioni di dollari come utili per la partecipazione al fondo di 100 milioni e venivano regolarmente erogati gli interessi sulle obbligazioni. Nel 1998 interveniva notoriamente la grave crisi sistemica dei mercati finanziari internazionali.
Tenuto conto del piano di salvataggio del Long term, posto in atto da un gruppo di banche internazionali su sollecitazione della Riserva federale, non sono emersi a tutt'oggi problemi nel regolare servizio del prestito obbligazionario di 150 milioni di dollari.
Per quanto riguarda l'investimento in conto capitale di 100 milioni di dollari, a titolo di utili sono stati incassati al momento dall'Ufficio italiano dei cambi 122,9 milioni di dollari, confluiti nel conto economico dell'ufficio. Sulle obbligazioni, come si è detto, sono stati percepiti fino al 30 giugno 1998 interessi per 17,7 milioni di dollari.
Secondo quanto riferito dal presidente della Riserva federale Alan Greenspan al Parlamento degli Stati Uniti nell'audizione del 1 ottobre 1998, il comitato dei nuovi investitori, che ha proceduto all'intervento sul Long term, lasciando in carica i precedenti amministratori in connessione al loro standing professionale, intende snellire il portafoglio di Long term, così da ridurre il rischio di perdite e rimborsare al più presto possibile il capitale che residuerà. Non è esclusa la possibilità che i nuovi proprietari decidano di lasciare in attività parte del fondo.
Va precisato che il rendimento delle riserve in valuta dell'Ufficio italiano dei cambi è stato, con riferimento all'esercizio 1997, pari al 4,3 per cento, in linea, come gli anni precedenti, con le condizioni prevalenti sui mercati e con il rendimento di analoghi portafogli.
Dal 1 ottobre 1998 le riserve sono state trasferite alla Banca d'Italia. Infatti, il decreto legislativo 26 agosto 1998, n. 319, recante riordino dell'Ufficio italiano dei cambi, a norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 17 dicembre 1997, n. 433, ha sottratto l'Ufficio italiano dei cambi alla vigilanza del Ministero del tesoro per quanto attiene la gestione delle riserve, in ossequio al principio di indipendenza della banca centrale sancito dal Trattato di Maastricht. L'ufficio vi è indicato come ente strumentale della Banca d'Italia e pertanto, oltre a svolgere funzioni ad esso assegnate in materia di antiriciclaggio e antiusura, nonché di statistiche alle bilance dei pagamenti, sulla base di un mandato di rappresentanza, svolgerà compiti attuativi nella gestione delle riserve valutarie della Banca d'Italia.
Peraltro, ai sensi dell'articolo 105, secondo comma, del Trattato dell'unione monetaria, con l'avvio della terza fase della UEM, le riserve del paesi aderenti saranno gestite nell'ambito del sistema europeo delle banche centrali in modo coordinato tra tutte la banche centrali dei paesi aderenti alla UEM.
Per quanto riguarda il riferimento al ruolo del Ministero del tesoro nella vicenda in questione, va precisato che il


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controllo di vigilanza espletato dal tesoro, controllo di legittimità e non di merito, non prevedeva l'invio delle deliberazioni del consiglio, anche se l'esame di tale deliberazione non avrebbe consentito di per sé una valutazione della rischiosità dell'investimento.
Per quanto riguarda il professor Giovannini - alludo ad un altro dei documenti oggi in esame -, va precisato che lo stesso non ha avuto alcun ruolo nell'investimento dell'UIC. La sua nomina al consiglio di amministrazione dell'Enel risale al 1993, quando il professor Giovannini era ancora consulente del tesoro (il professor Giovannini è stato poi riconfermato consigliere dell'Enel nel 1996).
In relazione ad altro capo degli atti di sindacato ispettivo al nostro esame, il Ministero del tesoro precisa che non è coinvolto in operazioni aventi contropartite di mercati in swap di interesse BOT contro tasso fisso.
Con riferimento al quesito inteso a conoscere le altre banche o istituti interessati al mercato dei derivati, la Banca d'Italia ha comunicato che nel marzo del 1998 il valore nozionale sottostante al totale dei contratti derivati posti in essere dal sistema bancario italiano ammonta a 3.127.135 miliardi. Non si dispone invece di dati sugli investimenti effettuati da banche su fondi speculativi.
Per quanto concerne, infine, la possibilità di separare il mercato dei derivati da quello tradizionale si precisa che esistono mercati dei derivati regolamentati e accompagnati da sistemi di garanzia che non pongono problemi di sicurezza per il sistema finanziario (in Italia esiste il MIF che, come è stato riferito in questi ultimi giorni, ha in essere trattative integrative con altri mercati dei derivati su scala europea e non). Una regolamentazione completa del mercato dei derivati è difficile per la complessità del fenomeno e deve essere concertata a livello internazionale, dove peraltro sono allo studio alcune ipotesi. Va comunque osservato che esiste anche il rischio di compromettere uno strumento utile al buon funzionamento dei mercati finanziari, sia perché tali strumenti vengono ampiamente utilizzati per la copertura dei rischi sia perché le operazioni di arbitraggio che vengono poste in essere riducono l'inefficenza dei mercati.

PRESIDENTE. L'onorevole Taradash ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-02938.

MARCO TARADASH. Il Governo è molto tecnico in questa sua risposta, non sembra che sia espressione di una maggioranza politica. Dovrebbe farci sapere se questo genere di operazioni è compatibile con le linee di azione che sono alla base delle scelte del Ministero del tesoro.
Nel 1994 il governatore della Banca d'Italia Fazio dichiarava la sua contrarietà nei confronti di operazioni speculative simili a quelle fatte da questi hedge fund e contemporaneamente - non sappiamo per decisione di chi, perché non ci viene comunicato - l'Ufficio italiano dei cambi decideva invece di investire 100 milioni di dollari in tale settore. Alla fine veniamo a sapere dal sottosegretario che l'Ufficio italiano dei cambi ci ha guadagnato, nonostante i 150 milioni di dollari successivamente impegnati siano stati sottoposti al vaglio delle banche che sono intervenute nel salvataggio di questo Long term capital management. Il problema però, signor sottosegretario, è anche che il fondo in questione operava sui mercati internazionali ed anche sul mercato italiano. Ad esempio, risulta - e su questo aspetto vorrei una conferma - che tale fondo abbia investito 50 mila miliardi in buoni del tesoro italiani ed una cifra compresa tra i 15 mila e i 30 mila miliardi in CCT, sempre italiani. È chiaro che se c'è questo strano interscambio, per cui il fondo investe in titoli italiani e l'Ufficio italiano dei cambi, che dipende dal Ministero del tesoro e dalla Banca d'Italia, investe in questo fondo, nasce una situazione quanto meno complessa - vorrà ammetterlo, signor sottosegretario -, per cui diventa legittimo anche il sospetto che si possa usufruire di conoscenze, più che di scienze, per l'investimento


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dei capitali di questo fondo. Per fare un esempio, una rivista internazionale, Institutional investor, fa notare che il fondo avrebbe investito in operazioni presso la Banca centrale di Taiwan ed anche presso quelle di Hong Kong e Singapore. Noi sappiamo che ha investito anche presso la Banca d'Italia; sappiamo che c'è stato un fortissimo investimento sulla differenza tra il tasso di interesse dei BTP ed altri tassi, relativi in particolare alla ritenuta d'acconto del 12,5 per cento. Il fondo ebbe la fortuna di investire proprio nel momento in cui il Governo italiano aboliva la ritenuta d'acconto.
Insomma, sono tutte vicende che credo sollevino alcuni problemi. Non vedo più in aula il sottosegretario, forse è andato a nascondersi...

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. No, no, sono qui, sono presentissimo!

PRESIDENTE. Non era contumace, si era solo alzato un momento.

MARCO TARADASH. Era scomparso dalla sede istituzionale, quindi...

ROBERTO PINZA, Sottosegretario di Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. No, semmai dalla «sedia» istituzionale.

MARCO TARADASH. Dalla «sedia» istituzionale, ha ragione.

PRESIDENTE. Bisogna avere un po' di comprensione per le esigenze del Governo, che ne ha tante.

MARCO TARADASH. Scherzi a parte, signor sottosegretario, ci sono fenomeni di interscambio tra settori dell'apparato istituzionale italiano e questo fondo che destano sospetti.
Il dottor Giovannini, che è stato chiamato in causa dalla mia interrogazione, ha lavorato come consulente presso il Ministero del tesoro, poi è entrato a far parte del consiglio di amministrazione di una società pubblica; nel frattempo ha presieduto anche una commissione di esperti che ha valutato l'impatto dell'euro sul mercato dei cambi. Se dal punto di vista della legittimità di queste operazioni, in mancanza di leggi specifiche, non si può dire niente di preciso, credo che dal punto di vista dell'opportunità delle scelte, invece, qualcosa di più chiaro dovrebbe essere detto: il Governo dovrebbe almeno ammettere di aver agito, con questo fondo, abbastanza avventatamente; oppure dovrebbe, al contrario, rivendicare l'opportunità di investire a rischio. Certo, un fondo che ha visto esposto per 55 volte - si legge dai dati - il suo capitale bisogna dire che presentava un rischio veramente alto.
Credo insomma, signor sottosegretario, che non sia per nulla sufficiente l'elenco di date e di cifre che lei ci ha riferito. Con la mia interrogazione chiedevo una valutazione sull'opportunità e sulle responsabilità di questo tipo di investimenti, non volevo sapere se una persona fosse formalmente fuori da un certo ambito nel momento in cui venivano compiute determinate operazioni. Vorrei anche sapere chi abbia determinato tali operazioni; vorrei sapere se il Governo non riscontri un conflitto di interessi nella presenza così rilevante del fondo negli investimenti istituzionali italiani e nella presenza istituzionale italiana nel fondo. Purtroppo su questi aspetti non ho avuto alcuna risposta, quindi mi dichiaro assolutamente insoddisfatto.

PRESIDENTE. L'onorevole Fiori ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-02938.

PUBLIO FIORI. Signor Presidente, dalla risposta del Governo abbiamo appreso alcuni fatti che aumentano le perplessità e le preoccupazioni; infatti, nel momento in cui, e non da oggi, il paese è impegnato sul versante dello sviluppo, ossia nel reperimento di mezzi finanziari per investire sullo sviluppo e sull'occupazione, abbiamo oggi la conferma dal


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Governo che, di fatto, organi dello Stato hanno utilizzato fondi pubblici per operazioni speculative relative a quei titoli derivati che rappresentano nel mondo la grande incognita del futuro dell'economia, non soltanto quella nazionale.
Nel febbraio 1997 ho presentato un'interpellanza, citata nella mia interrogazione, proprio allo scopo di sollecitare il Governo a fornire un chiarimento sul preoccupante fenomeno dei titoli derivati; il Governo rispose sottovalutando quella che era ed è la portata inquietante di questo tipo di investimenti. Ci disse in sostanza che non vi era alcun rischio perché, non solo per quanto riguarda gli investimenti dello Stato ma in via generale, sulle operazioni di investimento privato e bancario in titoli derivati si operava all'interno di un sistema di sicurezza.
Oggi ci rendiamo conto, invece, che non sappiamo neppure - lo ha dichiarato poco fa il rappresentante del Governo - come le banche siano impegnate. Il Governo non sa, cioè, come il sistema bancario nazionale sia compromesso o impegnato sui titoli derivati, ossia su titoli dietro ai quali non vi è una ricchezza reale, una economia reale, una produzione di beni e servizi; tali titoli, infatti, viaggiano su una sorta di nube speculativa fatta di scommesse, che serve solo ad alimentare la capacità della grande finanza internazionale. È tale finanza a decidere quali paesi devono andare verso una condizione di recessione, quali paesi devono subire la morte per fame (i paesi del terzo e del quarto mondo); è la finanza internazionale a decidere chi si sviluppa e chi no, chi può consumare e chi - lo ripeto - deve morire di fame.
Oggi scopriamo che il Governo italiano non soltanto ha sottovalutato, per i suoi risvolti nazionali, tale fenomeno mondiale, ma in qualche modo si sveglia all'improvviso e constata che un organo dello Stato partecipa a tale scommessa, ossia anziché investire riserve in settori produttivi gioca in borsa su titoli speculativi; in sostanza, compie le stesse operazioni del grande speculatore internazionale Soros: qualcuno, facendo il Soros dei poveri, all'interno delle strutture pubbliche istituzionali gioca sui titoli speculativi.
Sorgono allora spontanee alcune domande, la prima delle quali concerne chi abbia deciso questo tipo di operazione. Credo che il Parlamento e gli italiani abbiano il diritto di sapere chi, all'interno delle istituzioni finanziarie pubbliche, abbia deciso tali investimenti, perché dalla relazione del Governo non si individuano i responsabili. Noi chiediamo quindi nomi e cognomi dei responsabili di queste operazioni anche perché, forse il Governo non lo sa, ma glielo posso comunicare io, la procura generale della Corte dei conti ha aperto un'inchiesta sulla vicenda, perché vuole individuare il responsabile che ha avviato una operazione speculativa ai danni dei cittadini italiani.
Sorge allora anche un'altra domanda: possibile che, dinanzi ad una cosa del genere, il ministro del tesoro non abbia ritenuto di dover aprire un'inchiesta amministrativa? Possibile che il Governo ci venga a dire in aula che non sa quale sia l'entità dell'esposizione bancaria? Non si sa chi sia il responsabile della gestione dei fondi dell'Ufficio italiano cambi finiti a dare man forte alla grande speculazione internazionale; non si sa chi abbia dirottato fondi che potevano essere utilizzati per fini produttivi, di sviluppo e di investimento, e li abbia gettati, in realtà, nel mercato, ambiguo e inquietante, della speculazione internazionale!
Signor Presidente, non posso quindi ritenermi soddisfatto; annuncio, anzi, la presentazione di un'interpellanza sottoscritta da alcune decine di colleghi, perché il Governo torni a darci spiegazioni che, questa volta, siano esaurienti.

PRESIDENTE. L'onorevole Paissan ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-02952.

MAURO PAISSAN. Signor Presidente, mi permetta di sottrarmi all'alternativa secca di dichiararmi soddisfatto o non soddisfatto e di rifugiarmi, invece, nella formula, un po' più neutra, del prendere


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atto della risposta del Governo, fornita dal sottosegretario Pinza. Mi riterrei, infatti, soddisfatto del dettaglio informativo che l'onorevole Pinza ci ha fornito: una ricostruzione della vicenda, di date e di dati che appaga, da un certo punto di vista, la nostra curiosità. Mi riterrei, invece, mi permetta sottosegretario Pinza, insoddisfatto per l'assenza totale di una valutazione da parte del Governo, non dico sulla legittimità (che nessuno contesta), ma sull'opportunità di un certo tipo di operazioni speculative, effettuate dall'Ufficio italiano cambi ed indirettamente dalla Banca d'Italia, con le riserve nazionali.
La vicenda, a mio avviso, non ha fatto bene alla credibilità delle nostre istituzioni monetarie, perché si è ritenuto (l'opinione è stata manifestata su vari organi di stampa), secondo me in modo fondato, che le riserve nazionali non possano essere utilizzate in questo genere di fondi speculativi: da qui deriva la richiesta di una valutazione da parte del Governo. Nello scorso mese di ottobre, quando uscì la notizia del quasi fallimento dell'hedge fund LCTM, sono state espresse alcune considerazioni al riguardo: ne cito in questa sede solo due, per osservare che, in realtà, episodi di questo genere si pagano anche in termini di opinione diffusa. La prima è stata espressa dal professor Claudio Demattè, attuale presidente delle Ferrovie dello Stato, ma soprattutto economista; egli ha detto: «Vi è stata una sottovalutazione non solo dell'Ufficio italiano cambi, ma generale, che non riguarda tanto un rischio singolo, quanto l'effetto sistemico cumulato a livello mondiale, che diventa un rischio esplosivo». La seconda considerazione è stata formulata sul Financial Times, un giornale della Gran Bretagna che, come sappiamo, va spesso sopra le righe nei giudizi ma che talvolta esprime opinioni diffuse negli ambienti economici internazionali: ebbene, su quel giornale si è osservato che l'operazione effettuata dall'Ufficio italiano cambi, di cui stiamo qui discutendo «getta un'ombra sull'autorità morale della Banca d'Italia». È un giudizio forse eccessivo, ma a mio avviso significativo. Ricordo che in Svizzera, sull'onda della stessa vicenda relativa al fondo LTCM, che ha riguardato il nostro Ufficio italiano cambi, si è arrivati alle dimissioni del vertice dell'UBS, cioè del suo presidente Mathis Cabiallavetta e del suo vicepresidente Alex Krauer.
Signor sottosegretario, vi è stato uno sconcerto diffuso sulla natura di queste operazioni. Lei ha detto che il rischio ha prodotto anche un rendimento molto alto, tanto è vero che un investimento di 100 milioni di dollari ha prodotto finora un rendimento superiore al capitale, per cui è implicito che, se fosse a rischio il capitale, il saldo risulterebbe attivo. È ovvio che ad un rendimento eccessivo corrisponda un rischio eccessivo, poiché nessuno regala nulla. Ripropongo, quindi, la domanda iniziale, cioè se questo genere di operazioni speculative sia, non dico illegittimo, ma semmai inopportuno se attuato dalle nostre istituzioni monetarie.
Concludo, citando un passaggio di un commentatore economico riguardante questa vicenda, che adatterei al ruolo e all'operatività delle nostre istituzioni monetarie nel mercato finanziario internazionale. Questo commentatore ha detto: «Spostare il barattolo della Nutella su uno scaffale più alto è un'evidente limitazione alla libertà dei bambini, ma per la loro salute si fa questo ed altro». Forse questa indicazione potrebbe essere adatta sia all'Ufficio italiano cambi, sia alla Banca d'Italia.

PRESIDENTE. Anche ad altri.
L'onorevole Gramazio ha facoltà di replicare per la sua interrogazione n. 3-03153.

DOMENICO GRAMAZIO. Signor Presidente, sono assolutamente insoddisfatto; faccio mie - così abbreviamo i tempi - le dichiarazioni dei colleghi Taradash e Fiori e mi rivolgo al sottosegretario per quanto riguarda la parte relativa alla mia interrogazione. Egli ha dato una risposta complessiva a tutte le interrogazioni, ma alcune richieste specifiche da me avanzate - mi dispiace doverlo dire - non hanno avuto alcuna risposta.


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Se è vero che stiamo parlando di una grossa speculazione, è altrettanto vero che il dottor Pierantonio Ciampicali, direttore dell'Ufficio italiano cambi, ha dichiarato, nell'ottobre 1998, di non sapere che si trattasse di un investimento ad alto rischio e che, anzi, lo riteneva un normale investimento. Vorrei sottolineare, quindi, che vi sono una serie di responsabilità, o irresponsabilità, da parte di coloro che gestiscono il denaro pubblico, perché - come ha ricordato prima il collega Paissan -, se è vero che ad un alto rischio corrisponde un alto guadagno, in questi casi, tuttavia, occorre sapere chi ha disposto tale tipo di investimenti e chi ha protetto tali scelte. Se poi vi è stata, da parte del responsabile di un ufficio, una dichiarazione specifica nella quale si dice di non sapere che si trattasse di un investimento pericoloso, ad alto rischio, mentre i responsabili americani affermano, al Senato, che quell'investimento era ancora più pericoloso e chiedono alla Banca centrale americana di intervenire, ciò non significa che qualcuno abbia giocato, ma che egli o era incapace di dirigere tali operazioni finanziarie o era in stato di completa incoscienza nel momento in cui agiva in tale direzione.
Siccome vi sono dei precisi responsabili e siccome ho ricordato nella mia interrogazione che, dal 1994 ad oggi, si sono succeduti in quell'importante carica, tra gli altri, il dottor Dini, il dottor Ciampi e il dottor Fazio, che tuttora ricopre tale incarico, vorrei conoscere le risposte di chi è preposto alla garanzia dei nostri fondi e dei nostri investimenti. Mi permetterò, gentile sottosegretario, di ripresentare l'interrogazione proprio per evidenziare questi aspetti e per ottenere una risposta precisa sulle responsabilità. La Banca d'Italia potrà dire che non ci sono state responsabilità e che le coperture erano totali: ma è necessario che ciò sia riferito alla Camera, con una risposta precisa.
Nel contesto generale ritengo di fare mie le dichiarazioni di altri colleghi, sollecitando dal Governo maggiore chiarezza. Quelle che abbiamo ascoltato oggi sono parole vaghe, come acqua che scorre sui vetri, mentre non sono state indicate quelle precise responsabilità di cui avevo parlato chiaramente nella mia interrogazione, con nomi e cognomi.
In definitiva, signor sottosegretario, la mia sollecitazione è tesa ad ottenere risposte precise.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta fino alle ore 15.

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