Seduta n. 252 del 2/10/97


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Svolgimento di interpellanze sul terremoto in Umbria e nelle Marche (ore 9,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento delle interpellanze Volonté n.2-00680, Giovanardi n.2-00682, Saraca n.2-00683, Parolo n.2-00684, Crema n.2-00685, Sbarbati n.2-00686, Galdelli n.2-00687, Mussi n.2-00688, Tatarella n.2-00689, Merloni n.2-00690, Danieli n.2-00691, Turroni n.2-00692 e Giannattasio n.2-00693 (vedi l'allegato A - Interpellanze sezione 1).
Queste interpellanze, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente.
Ricordo che, secondo quanto convenuto nella Conferenza dei presidenti di gruppo del 29 settembre 1997, lo svolgimento dei documenti all'ordine del giorno inizierà con l'intervento del Governo. Successivamente avranno luogo gli interventi in replica alle interpellanze per i quali è previsto un tempo complessivo di venti minuti per gruppo.
Il Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i beni culturali e ambientali, onorevole Veltroni, ha facoltà di rispondere.

VALTER VELTRONI, Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per i beni culturali e ambientali. Signor Presidente,


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siamo costretti ancora una volta a parlare di nuove e profonde ferite che il nostro paese ha dovuto subire; siamo costretti, ancora una volta, a misurare i danni ed a pensare con sofferenza ad una parte irrimediabilmente perduta del nostro patrimonio comune; a vedere famiglie rimaste prive della loro casa, dei loro oggetti e della loro intimità domestica; a stringerci attorno ad altre famiglie colpite dal dolore della morte. Ed è proprio rivolgendo un pensiero alle vittime del terremoto che intendo cominciare il mio intervento.
Ad Assisi quattro vite sono state spezzate, altre nei comuni colpiti dal terremoto. Ad Assisi in particolare, è stato inferto un danno gravissimo al nostro patrimonio artistico ed una ferita profondissima ad uno dei luoghi più amati dagli italiani e dal mondo.
Per quanto riguarda il nostro Ministero per i beni culturali ed ambientali, si deve anche registrare la perdita di due tecnici che stavano compiendo il loro dovere, i quali - ne sono certo - hanno agito nella convinzione di fare qualcosa, che a loro competeva, senza eroismi ma nella normalità di un lavoro che spesso incontra situazioni difficili, così come avviene ogni giorno per tanti altri loro colleghi, tra molti disagi operativi ed in assenza - bisogna ammetterlo - di particolari riconoscimenti e gratificazioni.
Vorrei allora ricordare Claudio Bugiantella e Bruno Brunacci, morti nella normalità talvolta eroica del loro lavoro, esponendovi i fatti per come mi sono stati riferiti nella relazione che il loro sovrintendente mi ha inviato, relazione che proprio nel suo tono altrettanto normale e piano mi è sembrata la testimonianza più realmente drammatica e contemporaneamente il ricordo più affettuoso dei due tecnici scomparsi: «Una violentissima scossa sismica (poi si sarebbe saputo del nono grado della scala Mercalli) sorprendeva tutte le persone all'interno della chiesa e del convento, senza dare tempo a ciascuno di noi di mettersi in salvo. Il sottoscritto veniva sbattuto contro una parete e veniva colpito da alcune pietre e leggermente ferito ad una gamba. Si alzava un fittissimo polverone che non lasciava vedere niente ed impediva anche una respirazione normale. Camminando ed inciampando sui detriti murari, raggiungevo l'uscita posta verso la facciata, aiutato da alcuni operai. Dopo qualche minuto sopraggiungevano altri in stato di grande agitazione, chiamando i nomi dei due geometri, Claudio e Bruno, che ancora non si vedevano all'intorno. Dopo alcune ore si estraevano le salme dei due frati del convento, periti sotto le macerie in prossimità dell'uscita della chiesa, e dopo altro poco tempo anche i corpi senza vita dei nostri colleghi. Faremo in modo che le famiglie dei due tecnici scomparsi non debbano sommare al dolore che stanno provando il disagio dell'attesa immotivata di quanto a loro spetta di diritto. La scomparsa dei due tecnici e dei due religiosi è stata la conseguenza di un contemporaneo grave pregiudizio alla basilica di san Francesco. I danni subiti dal complesso francescano di Assisi riguardano principalmente la caduta parziale delle vele dipinte che costituiscono la volta nella prima campata della basilica superiore. Si sono persi l'affresco, variamente attribuito, raffigurante san Girolamo, la vela dipinta da Cimabue e raffigurante l'evangelista san Marco ed un'altra vela decorata. A parte queste rilevanti perdite, non si notano per fortuna particolari danni alle altre pitture, se non il riaprirsi di alcune fessurazioni in precedenza stuccate; là dove il supporto murario ha tenuto, gli affreschi sono rimasti saldi sulle loro pareti.
Il sisma ha causato inoltre il riaprirsi di antiche lesioni e l'aggravamento del quadro statico complessivo, che appare ad una prima osservazione particolarmente preoccupante nel punto di raccordo del transetto sinistro dell'abside.
Alcuni ambienti del sacro convento hanno subito dissesti notevoli. Nella basilica inferiore non si sono registrati, ad una prima osservazione, particolari danni ed il complesso delle fondamentali decorazioni murali, da Giotto a Simone Martini, da Lorenzetti al Maestro di san

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Francesco, appare integro. Neppure un minimo frammento è caduto sul pavimento. Ugualmente salve sono tutte le opere conservate nel museo.
Non è possibile, allo stato, stabilire se e quanto possa avere influito sugli effetti del sisma il restauro strutturale realizzato alla fine degli anni cinquanta con la sostituzione delle travi in legno con travi in cemento armato e con la realizzazione di un cordolo lungo i muri perimetrali della basilica. Solo il confronto del quadro preesistente, noto e documentato, con la situazione attuale delle lesioni consentirà agli specialisti di disporre di elementi più precisi sui quali basare valutazioni utili anche per individuare le migliori misure antisismiche da adottare nella fase della ricostruzione.
Le attività che preparano il nuovo restauro sono già cominciate e consistono: primo, nel recupero e nella classificazione delle vele cadute; secondo, nella revisione del manto di coperture e del sistema di smaltimento delle acque piovane per impedire, nel caso prevedibile di un mutamento del clima, che infiltrazioni di acqua possano raggiungere le preziose superfici dipinte, innescando danni gravissimi; terzo, nell'affidamento immediato a due noti strutturisti, che già conoscono l'assetto statico del complesso conventuale, dell'incarico di progettazione e di esecuzione del puntellamento delle volte e dei frammenti di vele non ancora rovinate sul pavimento per impedire la perdita di altre parti dei dipinti e per consentire di poter lavorare in sicurezza all'interno della basilica; quarto, nella realizzazione di percorsi di sicurezza coperti, interni ed esterni al complesso conventuale, per agevolare le azioni di recupero e di salvaguardia agli addetti ai lavori ed alla stessa comunità conventuale; quinto, nella revisione puntuale dell'assetto statico della basilica inferiore e della tomba di san Francesco per poter arrivare a dichiararne l'agibilità in caso positivo entro il 4 ottobre prossimo, festività del santo; sesto, nel trasferimento delle opere d'arte conservate nel museo in locali sicuri dello stesso complesso conventuale; settimo, nel puntellamento e messa in sicurezza degli altri ambienti del convento per consentire la ripresa dell'attività della comunità francescana.
Il crollo parziale della volta della basilica di san Francesco è stato certamente il fatto che ha avuto maggiore risonanza tra quelli riguardanti il patrimonio artistico delle zone colpite dal sisma, che però ha avuto conseguenze ben più estese e che tuttora non sono apprezzabili nelle loro esatte dimensioni. Tutti i dati che riguardano l'estensione delle aree colpite, i danni complessivi al patrimonio immobiliare delle Marche e dell'Umbria vi saranno forniti dal sottosegretario Barberi, il quale in questo momento sta svolgendo al Senato, come io ho fatto prima di lui, risposte ad analoghe interrogazioni.
Mi limiterò però a delineare un quadro sintetico dei danni ad oggi accertati agli immobili di interesse storico-artistico, dandovi alcune rapide indicazioni sui centri più colpiti e sui monumenti di maggior rilievo tra quelli danneggiati. Infatti, se anche nelle interpellanze si è prestata grande attenzione - come è giusto sia - ai danni subiti dalla basilica di Assisi, vorrei ricordare che l'ampiezza del fenomeno sismico ha messo in discussione moltissimo del patrimonio storico, artistico, monumentale ed archeologico concentrato in due regioni straordinariamente importanti da questo punto di vista come sono le Marche e l'Umbria. L'attenzione dell'amministrazione, dunque, in particolare del Ministero dei beni culturali, è rivolta al restauro ed al recupero della basilica di Assisi ma, al tempo stesso, fin dal primo momento si è indirizzata a cercare di capire la dimensione completa e reale delle ferite che il sisma ha provocato all'intero patrimonio di queste due regioni.
In Umbria nessuno dei comuni limitrofi all'epicentro è stato risparmiato. I danni coprono l'intero arco delle possibilità, che vanno dalla distruzione totale di alcuni edifici a lesioni, almeno apparentemente, lievi. In linea generale, tutti i

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campanili della zona hanno subito danni e nella maggior parte dei casi appaiono gravemente compromessi.
Per quel che riguarda i singoli centri, il sovrintendente riferisce che le verifiche effettuate a Montefalco, Gualdo Tadino, Assisi, Spello, Perugia, Spoleto e Bevagna, offrono un quadro dei danni che può essere definito «più grave delle apparenze», in particolare per alcune lesioni da spostamento che, pur relativamente modesto, può essere staticamente grave. Così a Montefalco per il museo di san Francesco e per la chiesa di santa Illuminata; così a Spello per santa Maria Maggiore, Vallegroria e san Claudio; così a Spoleto per la chiave di volta dell'abside del duomo; così a Bevagna per le chiese di san Michele, san Domenico, san Francesco e san Silvestro; così a Perugia per la galleria nazionale, la chiesa di san Pietro, la chiesa del Gesù, il duomo e varie altre chiese.
A Foligno si sono avuti danni gravi al duomo, al palazzo comunale, alla chiesa di san Salvatore; danni gravissimi ad alcuni edifici di Nocera Umbra, tra cui il duomo, san Francesco e san Filippo. Nella zona montana dello stesso comune e dei comuni di Foligno e di Spoleto si sono avuti alcuni crolli totali, come per la parrocchiale di Annifo e per altre chiese minori. Gli edifici di Serrone, Verchiano e Cerreto sono seriamente compromessi o rovinati.
Il sovrintendente dell'Umbria ha confermato che la chiesa di san Pietro d'Isola di Nocera è stata demolita in relazione ad esigenze di riattivazione della viabilità.
Pur essendo particolarmente ampia la documentazione fotografica relativa ai beni culturali della zona e pur essendo disponibile, come riferito dal sovrintendente, anche quella riguardante la struttura e gli arredi della chiesa andata distrutta - il che lascerebbe presagire una possibilità di riproduzione di alcuni degli elementi andati perduti - tuttavia non può non rilevarsi con disappunto che si è registrato, unitamente a quelli determinati dal terremoto, un ulteriore pregiudizio non riparabile, e forse non ineluttabile, al nostro patrimonio artistico.
I danni più rilevanti nella regione Marche hanno interessato principalmente i comuni delle province di Macerata e di Ancona, ma si estendono anche nelle altre province.
Per quanto riguarda il patrimonio architettonico, è stata accertata l'esistenza di gravi dissesti nei comuni di Camerino, Fabriano, Tolentino, San Severino Marche, Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera, Castelraimondo, Fiastra, Fiordimonte, Montecavallo, Montefano, Pievetorina, Serravalle del Chienti e Serrapetrona.
Nel comune di Fabriano nella chiesa di san Claudio ha ceduto la copertura e nel complesso di san Biagio vi sono stati crolli diffusi, oltre a danni ad immobili privati.
In provincia di Pesaro si segnalano lesioni alla volta della chiesa ex convento di san Vittorio in località Fratterosa, dissesti all'eremo di Fonte Avellana e al palazzo comunale in località Serra sant'Abbondio ed infine nel comune di Pergola il palazzo comunale, la cattedrale di san Francesco e la chiesa di santa Maria hanno subito lesioni strutturali e murarie.
Nella provincia di Macerata ha subito forti danni il comune di Bolognola, in cui è stato dichiarato inagibile il palazzo comunale e si sono riscontrate gravi lesioni a chiese, palazzi, mura antiche e al castello. Si è riscontrata un'accentuazione dello stato di dissesto della ex chiesa di santa Lucia in località Sassoferrato, in provincia di Ancona, nella quale si stavano già effettuando opere provvisionali da parte della sovrintendenza.
Nell'ambito della provincia di Ascoli Piceno, i comuni di Amandola e Cupra Marittima hanno subito lesioni più lievi, se pur con successivo aggravamento delle generali condizioni di stabilità.
Per quanto riguarda il patrimonio archeologico, al momento attuale non risulta che esso abbia subito gravi pregiudizi. Danneggiato risulta l'edificio del museo archeologico statale di Cingoli in provincia di Macerata e sia questo museo che le due

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aree archeologiche in località Monte Rinaldo in provincia di Ascoli Piceno sono state comunque precauzionalmente chiuse al pubblico.
Ribadisco comunque che questi dati vanno integrati e sono largamente parziali. Voglio però sottolineare come sin dalla riunione del 27 settembre il gruppo operativo, la cosiddetta unità di crisi, ha convenuto sull'assoluta urgenza di procedere all'inventario dei danni subiti dal patrimonio culturale colpito dal sisma attraverso un rilevamento sistematico che utilizzi i dati e le metodologie del progetto denominato «carta del rischio», la cui conclusione del lavoro in questa circostanza si è rivelata particolarmente utile per conoscere da subito l'entità, la dimensione e la rilevanza degli effetti che il fenomeno sismico poteva aver determinato sul nostro patrimonio. Il rilevamento sistematico deve avvenire con il coordinamento dell'Istituto centrale per il restauro.
La procedura adottata ha permesso ad oggi di individuare sulla base cartografica della regione, centrando sull'epicentro del sisma e con un raggio di 30 chilometri - proprio facendo leva sulla carta del rischio -, l'area interessata, vale a dire i 55 comuni dell'Umbria e delle Marche gravemente coinvolti nel terremoto.
Per ogni comune sono stati redatti gli elenchi dei monumenti e dei beni archeologici presenti nella zona, come base di orientamento per i sopralluoghi necessari per il censimento.
Sono stati contati nelle province di Ancona, di Macerata e di Ascoli Piceno 369 beni architettonici e 19 beni archeologici; nella provincia di Perugia e nella parte del ternano coinvolta 1.066 beni architettonici e 97 beni archeologici.
Questo è dunque il campo di riferimento degli interventi. È presumibile che una rilevante percentuale dei circa 1.600 beni censiti presenti danni più o meno gravi. Le prime sommarie valutazioni indicano tale percentuale in circa il 50 per cento, ma si tratta, come è ovvio, di stime ancora con un largo margine di oscillazione. Per giungere in tempi rapidi ad una rilevazione puntuale dei danni è stata predisposta una scheda di rilevamento dei danni subiti dagli edifici, dalle loro pertinenze decorative e dal patrimonio dei dipinti murali. La scheda è articolata in modo da definire anche le necessità del pronto intervento e delle risorse umane e finanziarie indispensabili per questa prima fase.
I sovrintendenti, utilizzando i propri tecnici e funzionari, quelli provenienti dalle sovrintendenze e dagli istituti delle regioni vicine che abbiamo messo a disposizione, e i volontari qualificati che si sono mobilitati generosamente, stanno organizzando squadre di rilevamento con lo scopo di documentare lo stato di conservazione e i danni subiti dal patrimonio. Le schede saranno raccolte nelle sovrintendenze competenti e una copia sarà inviata all'Istituto centrale del restauro, dove sarà realizzata una elaborazione automatizzata dei dati in grado di fornire un quadro complessivo delle necessità e una prima quantificazione delle risorse umane, finanziarie ed anche di quelle organizzative disponibili. Ciò che mi sento di dire, alla luce dei dati di cui già oggi disponiamo, è che gli interventi necessari per il ripristino del nostro patrimonio culturale saranno risorse ingenti e per le quali sarà necessaria una forte mobilitazione, italiana ed internazionale.
Sarà questa la base-dati che consentirà la redazione del piano degli interventi immediati e che nel contempo fornirà gli elementi indispensabili per l'elaborazione del piano completo dei restauri futuri. È questo l'impegno attuale cui sono sottoposti gli organi tecnici del ministero, sia a livello centrale che a livello periferico. In definitiva, l'amministrazione dei beni culturali è stata in grado di conoscere sin dai primi momenti quale fosse l'ambito qualitativo e quantitativo degli immobili di interesse culturale presenti nelle zone colpite, è stata in grado di determinare in tempi estremamente rapidi il tipo di rilevazione necessaria per disporre dei dati occorrenti per la futura programmazione degli interventi di recupero e, su tali basi, è stata in grado di individuare con estrema celerità alcune possibilità e necessità

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di intervento immediato. Mi è stato ad esempio comunicato dal sovrintendente delle Marche che il prossimo 6 ottobre inizieranno i lavori di consolidamento e restauro di 21 edifici monumentali siti in vari comuni, tra cui Camerino, Fabriano e Urbino, per i quali gli interventi di ripristino sono stati considerati di assoluta urgenza.
A questo risultato è stato possibile giungere anche in base alle misure adottate subito dopo il sisma per far fronte alla fase dell'emergenza, di cui darò rapido riscontro per rispondere alle numerose questioni formulate sul punto.
Nel corso di una riunione tenutasi il giorno stesso del sisma, il 26 settembre, ad Assisi prima e a Foligno poi, si decidevano, insieme ai responsabili operativi dei vari settori interessati, i primi interventi e le più urgenti linee operative. Abbiamo subito nominato un gruppo operativo coordinato dal direttore generale dell'ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici e di cui ho chiamato a far parte, oltre ai sovrintendenti delle regioni interessate, il direttore dell'Istituto centrale del restauro, un funzionario dello stesso Istituto responsabile del progetto «carta del rischio» e infine il professor Paolucci, al quale ho chiesto di interessarsi in particolar modo delle questioni inerenti la basilica di san Francesco di Assisi. Il gruppo operativo ha immediatamente effettuato una prima riunione in Assisi, decidendo, oltre ad alcune misure di dettaglio riguardanti in particolare il recupero e la protezione delle macerie del crollo della basilica superiore, il piano di censimento dei danni dell'area di cui ho già parlato.
A tali provvedimenti ha poi fatto seguito l'ordinanza adottata dal ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, che prevede specifiche disposizioni per il patrimonio storico-artistico delle zone colpite dal sisma, consentendo, attraverso uno stanziamento inizialmente fissato in 7 miliardi e già aumentato fino a 15 miliardi, l'attuazione di due distinte tipologie di interventi urgenti sul patrimonio, da un lato quelli volti ad evitare l'aggravamento dei danni e dall'altro quelli intesi ad avviare la progettazione per il recupero dei monumenti e dei beni artistici danneggiati. Tali interventi saranno attuati da un commissario delegato, che presiederà un comitato tecnico-scientifico.
L'ordinanza consente l'adozione di procedure semplificate di affidamento dei lavori e di spesa per la realizzazione degli interventi urgenti. Commissario delegato è stato nominato il direttore generale dell'ufficio centrale per i beni archeologici, architettonici, artistici e storici, già chiamato a presiedere il gruppo operativo costituito immediatamente dopo gli eventi tellurici. Si tratta di una soluzione che in primo luogo consente il migliore coordinamento tra l'attività di censimento dei danni e di individuazione di alcune delle iniziative da attuare, demandata al gruppo operativo interamente composto di esperti dell'amministrazione dei beni culturali, e l'attività di più generale definizione ed attuazione degli interventi urgenti, affidata al commissario delegato al comitato tecnico-scientifico. In secondo luogo, ma è un aspetto non meno importante, va sottolineato che, una volta cessata la fase di urgenza, il direttore generale dell'ufficio centrale sarà anche responsabile dell'attuazione degli interventi in via ordinaria per il recupero del patrimonio storico-artistico delle zone terremotate e quindi il rischio di disarmonie (sempre possibili in queste circostanze) tra quanto realizzato nel periodo di emergenza e quanto dovrà essere programmato ed attuato successivamente appare oggettivamente ridotto facendo capo allo stesso soggetto la responsabilità decisionale nell'una e nell'altra fase.
Dell'attività di ricognizione dei monumenti danneggiati ho già riferito. È inoltre in corso l'attività per la messa in sicurezza delle opere mobili di interesse artistico e storico presenti nei musei e nelle chiese che risultano più danneggiate, al fine di trasferirle in ambienti più protetti. Alcuni interventi sono stati attuati anche sul fronte del personale. Presso le sovrintendenze delle regioni interessate dal sisma,

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risultano pressoché totalmente coperte le dotazioni organiche dei ruoli tecnici. Tenuto conto della vastità dei compiti che ricadranno nella fase dell'emergenza sul personale tecnico si sta procedendo, secondo le progressive richieste dei sovrintendenti, ad inviare ulteriore personale dalle altre sovrintendenze. Come ho già detto, quelle del Lazio e della Toscana hanno già inviato architetti e geometri. Per le esigenze della fase di emergenza si è provveduto immediatamente ad accreditare alle sovrintendenze delle Marche e dell'Umbria le somme necessarie per le spese di missione, in modo da consentire la più ampia possibilità di movimento ai tecnici impegnati nell'area colpita.
Questo è dunque il quadro delle misure adottate nei primi giorni successivi al sisma. Terminata la fase di emergenza gli interventi rientreranno nella programmazione generale delle attività del Ministero e sarà ovviamente necessario far convergere adeguati mezzi finanziari a sostegno dell'attività di restauro e ricostruzione.
Sempre in risposta ad alcune specifiche questioni rilevo che il commissario delegato, anche nella sua veste di direttore generale, avrà il compito di coordinare anche eventuali iniziative di solidarietà che provengano dall'estero. A questo proposito desidero informare l'Assemblea che ho inviato una lettera al commissario europeo per la cultura Marcelino Oreca sollecitando un'iniziativa a livello europeo per il recupero del patrimonio culturale ed artistico che ha subito danni in questo sisma e già ieri è giunta una prima risposta con una prima disponibilità ed un primo stanziamento che la Commissione ha deciso per gli interventi di emergenza. È allo studio l'opportunità di aprire in tempi rapidi una contabilità speciale ove destinare anche i contributi che dovessero pervenire per il restauro degli edifici storici danneggiati. Eventuali iniziative promosse dall'Italia per coinvolgere nella ricostruzione organizzazioni internazionali, al di là degli interventi di solidarietà, appaiono più facilmente percorribili nella fase di recupero e di restauro che nell'attuale fase di interventi di prima urgenza.
Vorrei fare ora cenno ad un altro tema, quello della prevenzione, su cui ugualmente si sono incentrate numerose questioni poste dagli interroganti. Sulla questione generale esprimerà le proprie valutazioni il dicastero dell'interno e pertanto mi limiterò ad alcune osservazioni specificamente attinenti al Ministero per i beni culturali ed ambientali che sin dal 1984 ha istituito, di concerto con la protezione civile, il comitato per la prevenzione del patrimonio culturale dal rischio sismico, composta da esperti di chiara fama e qualificazione a livello nazionale. Attraverso questo comitato sono state stipulate numerose convenzioni con università italiane che hanno dato luogo ad una serie di ricerche finalizzate all'individuazione delle migliori misure di prevenzione da rischio sismico ed alla previsione di nuovi strumenti legislativi volti a colmare le lacune esistenti nell'ordinamento. Oltre a ciò il comitato ha elaborato una serie di direttive, alcune delle quali specificatamente rivolte alla disciplina delle fasi di emergenza dopo eventi tellurici. In particolare il dicastero ha in corso la concertazione con il Ministero dei lavori pubblici delle norme tecniche per la redazione dei progetti di restauro relativi a beni architettonici di valore storico-artistico in zona sismica predisposti dal comitato. È già da tempo fissata per metà ottobre la riunione che dovrebbe portare all'approvazione definitiva di tale disciplina.
Vorrei infine descrivere brevemente il già menzionato progetto «carta del rischio», che in questi mesi è diventato operativo con lo scopo di raccogliere ed elaborare in un unico centro tutti i dati relativi ai fattori che possono determinare il degrado o la rovina dei monumenti e di misurare l'entità e la tipologia dei rischi gravanti su ciascun monumento, creando le basi per una gestione più efficace delle risorse investite nell'attività di prevenzione e restauro. Presso l'Istituto centrale del restauro è stata quindi realizzata una

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struttura informativa nella quale è stata ricostruita, su base informatica, l'intera cartografia nazionale con i confini amministrativi, le principali strade e ferrovie, i rilievi montuosi, i fiumi, i laghi ed altre informazioni relative al territorio.
È stato realizzato un primo repertorio di oltre 57 mila siti archeologici, monumenti medievali e moderni, tratto dalla bibliografia più dettagliata esistente nel settore: si tratta in pratica di tutti i monumenti che hanno rilevanza dal punto di vista storico-artistico. Sono state acquisite 55 banche dati nazionali e locali, le cui informazioni sono state sintetizzate in tre principali categorie di rischio: statico-strutturale, ambientale e antropico.
La rielaborazione dei dati ha permesso la classificazione di singoli territori comunali, in funzione della diversa incidenza dei componenti del rischio elaborata nelle carte di pericolosità territoriale. Questi dati, incrociati con la reale consistenza del patrimonio sul territorio, consentono di valutare per grandi categorie il grado di esposizione dei monumenti ai rischi. Ad esempio, si possono incrociare i dati sulla sismicità di un comune con quelli relativi a torri e campanili che, come si è visto anche in questa occasione, sono tra le strutture che risentono maggiormente dei terremoti. Oppure si possono incrociare i dati sull'intensità dell'inquinamento atmosferico con la presenza di monumenti nei centri storici.
Tra i risultati di maggiore interesse, ad esempio, si è rilevato che il 51 per cento dei monumenti si trova nei 6.470 comuni con meno di 15 mila abitanti: questo conferma la diffusione capillare sul territorio del patrimonio italiano e dimostra le difficoltà di operare in assenza di un'adeguata base informativa in occasioni di calamità che colpiscano - come è accaduto in Umbria e nelle Marche - un'ampia area di territorio ove insistono numerosi comuni medio-piccoli e piccoli. Ritengo che l'ulteriore sviluppo del progetto consentirà in via ordinaria manutenzioni e restauro mirati e pertanto più economici ed efficaci, con una complessiva minore esposizione al rischio dei monumenti e allo stesso tempo, in caso di calamità, si rivelerà come un efficace strumento operativo nella fase dell'emergenza, come già si sta verificando in quest'ultima occasione.
Il tema della prevenzione, come abbiamo già detto in diverse circostanze, è senz'altro centrale in ogni politica di tutela del patrimonio culturale che voglia essere effettivamente lungimirante ed è realmente centrale - lo dico con piena convinzione - nell'attuale politica del Ministero. Si sta passando da una fase di incertezza a quella della predisposizione di strumenti di analisi e di intervento di considerevole sofisticazione.
In conclusione, non ci sentiamo impegnati solo nell'opera di prevenzione e, come si è visto, di puntuale registrazione degli effetti che un sisma della violenza di quello che abbiamo conosciuto in Umbria e nelle Marche provoca nel nostro patrimonio. Lo sforzo nel quale ci sentiamo concentrati e impegnati è quello della ricostruzione - nella misura del possibile, che ci auguriamo sia la più vicina alla totalità del calcolo probabilistico - del patrimonio storico, artistico e archeologico esattamente come era prima dell'evento del terremoto. Le risorse che saranno necessarie, gli impegni organizzativi, strutturali e normativi che saranno necessari verranno messi in campo, perché la parte del patrimonio nazionale concentrata in Umbria e nelle Marche è una parte consistente del patrimonio culturale dell'umanità.

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro Veltroni.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, professor Barberi, ha facoltà di rispondere.
Informo i colleghi che in questo momento il ministro Napolitano è impegnato al Senato. Questa è la ragione per cui non è qui presente.

FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Onorevoli deputati, alle ore 2,33 del giorno 26 settembre si è verificata una scossa di terremoto di


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magnitudo 5.5, pari all'ottavo-nono grado della scala Mercalli, con epicentro localizzato al confine fra le province di Perugia e Macerata, causando ingenti danni in una vasta area delle regioni Umbria e Marche.
Alla scossa delle ore 2,33 è succeduta una sequenza sismica anomala dal punto di vista scientifico, che in particolare ha fatto registrare alle 11,40 una nuova scossa di magnitudo 5.8, di medesima gravità, con epicentro distante pochi chilometri dal precedente.
La sequenza sismica ha provocato 11 vittime, 8 a causa di crolli di edifici o parti di essi e 3 per infarto, e alcune decine di feriti, per fortuna non gravi.
Alla memoria delle vittime e alle loro famiglie il Governo esprime il suo più profondo cordoglio; alle popolazioni duramente colpite dell'Umbria e delle Marche assicura il proprio pieno impegno per un concreto e rapido superamento dell'emergenza.
Prima di entrare nel vivo delle argomentazioni sottolineate dagli onorevoli deputati nelle loro interrogazioni - con particolare riferimento all'attivazione degli interventi di soccorso, allo stato dei danneggiamenti, agli interventi disposti dal Governo per fronteggiare nel breve e nel medio periodo l'emergenza, nonché in relazione all'attività del Governo in materia di prevenzione del rischio sismico - ritengo necessario fornire all'Assemblea alcune informazioni di ordine scientifico sull'evento sismico verificatosi, fornite al Governo dalla commissione grandi rischi della protezione civile, riunita in seduta urgente la sera del 26 settembre stesso.
L'appennino umbro-marchigiano è caratterizzato da una sismicità frequente e diffusa che si manifesta con periodi di intensa attività che possono durare anche molte settimane, intervallate da periodi di relativa quiescenza.
L'area storicamente è stata colpita da numerosi forti terremoti. Si ricordano ad esempio le sequenze del 1831-1832 della valle del Topino, intensità massima comparabile a quella attuale (ottavo-nono grado), che durò tre mesi; quella più recente della Valnerina del 1979, intensità comparabile all'attuale (ottavo-nono grado), durata molti mesi e quella di Gubbio del 1984, un po' inferiore, massima intensità del settimo grado, durata due mesi. Si ricorda inoltre la scossa sismica che ha interessato il territorio di Massa Martana in questo stesso anno.
Ricordo infine che in tale area il 26 settembre si sono verificate due forti scosse di terremoto alle ore 2,33 ed alle ore 11,40, quest'ultima scossa immediatamente seguita da una forte replica, che ha ulteriormente inasprito l'effetto del fenomeno.
L'intensità complessiva del fenomeno ed il danno cumulativo è stato valutato fra l'ottavo ed il nono grado della scala Mercalli; all'epicentro, il livello di danneggiamento è stato pari al nono grado della scala Mercalli.
Dall'analisi della sismicità storica di questa zona possono essere formulate alcune considerazioni fondamentali. Le sequenze, caratterizzate da un evento iniziale con magnitudo prossima a 4, non mostrano mai eventi successivi di magnitudo maggiore.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI PETRINI (ore 9,50)

FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Tutti gli eventi di magnitudo maggiore a 5, come in questo caso, sono state in tale zona sempre scosse principali seguite da repliche di intensità minore.
La sequenza iniziata il 26 settembre, caratterizzata da due forti scosse ravvicinate nel tempo, rappresenta un elemento del tutto anomalo nelle modalità di rilascio dell'energia accumulata e pertanto scientificamente assolutamente non prevedibile.
È opinione concorde della commissione grandi rischi, sezione rischio sismico, che la scossa delle ore 2,33 aveva tutte le caratteristiche di scossa principale per la zona e mai in precedenza, in oltre mille anni di storia sismica accuratamente ri


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costruita per l'appennino umbro-marchigiano (in proposito rinvio all'atlante nazionale dei terremoti dell'Istituto nazionale di geofisica), si era registrata la ripetizione nelle sequenze sismiche di una seconda scossa ravvicinata di energia pari alla prima.
Questi sono i dati scientifici che hanno motivato le dichiarazioni iniziali del sottoscritto e dei maggiori sismologi italiani relativi alla bassa probabilità che nella sequenza in atto si verificasse una scossa di energia comparabile alla prima.
Ritengo opportuno ricordare che analoghe dichiarazioni, sulla base degli stessi dati scientifici, furono rilasciate in occasione delle ultime tre crisi sismiche dell'area, quella della Valnerina, quella di Gubbio e di Massa Martana. Allora le sequenze furono normali, ma purtroppo questa volta il fenomeno è stato - ripeto - anomalo.
Devo tuttavia precisare che nelle mie dichiarazioni rese nei primi telegiornali del mattino del 26 settembre, trasmessi fra le ore 7 e le ore 7,30, invitavo le popolazioni a non rientrare nelle proprie abitazioni finché le stesse non fossero state oggetto di una valutazione tecnica di agibilità.
A partire dalla scossa delle ore 2,33 del 26 settembre e fino alle ore 13,50 di ieri sono state registrate nell'area interessata oltre 700 scosse, delle quali 21 uguali e superiori al quinto grado della scala Mercalli. Tuttavia nell'arco delle ultime 48 ore, in particolare nelle ultime 24 ore, fino alle ore 13 di ieri, non sono state più registrate scosse di grado uguale o superiore al quinto della scala Mercalli e solo 3 scosse hanno raggiunto il terzo e quarto grado. Quindi questo è l'andamento di marcata decrescita nel rilascio dell'attività sismica; su queste basi il presidente della sezione rischio sismico della commissione grandi rischi (che è anche presidente dell'Istituto nazionale di geofisica) ha dichiarato al comitato operativo della protezione civile che non vi è alcuna possibilità di una nuova ulteriore scossa con magnitudo superiore a cinque. Su queste basi si ritiene che i sindaci possano da subito procedere alla revoca delle ordinanze di sgombero degli edifici che hanno ricevuto un affidabile giudizio di agibilità tecnica.
Ritengo adesso utile fornire una informazione di insieme sulle condizioni del patrimonio edilizio dell'area interessata perché questo dato fornisce un'utile chiave di interpretazione sull'entità del danno complessivo e sulle sue ragioni.
Nell'area più gravemente colpita, risiede complessivamente una popolazione pari a circa 200 mila abitanti. Il patrimonio edilizio complessivo conta oltre 88 mila edifici. La percentuale degli edifici realizzati dopo l'entrata in vigore della classificazione sismica, avvenuta tra il 1981 e il 1983, non supera il 15 per cento e in molti casi è inferiore al 10 per cento. Si tratta quindi di un patrimonio edilizio in gran parte vetusto e realizzato prima dell'adozione delle prescrizioni antisismiche previste dalle vigenti normative.
A titolo di esempio, nel comune di Foligno, che conta circa 53 mila abitanti, il 91 per cento di oltre 21 mila abitazioni è stato costruito prima della classificazione sismica del comune che risale al 1981. Naturalmente i numeri che ho appena ricordato non riguardano né l'entità della popolazione colpita né il numero degli edifici interessati dal terremoto ma servono soltanto a «fotografare» le cause del grave danneggiamento anche per scosse di relativa o modesta energia come sono quelle della crisi in atto.
Desidero dare un'altra informazione. Procedendo alla valutazione della distribuzione dell'intensità abbiamo identificato 17 comuni delle due regioni con un «risentimento» compreso fra il settimo e il nono grado ed altri 32 con un «risentimento» del sesto grado della scala Mercalli.
Darò ora qualche informazione sull'attivazione dei soccorsi. Alle 2,33 del 26 settembre l'Istituto nazionale di geofisica, attuando una procedura ormai consolidata da anni, trasmetteva al centro situazioni del dipartimento della protezione civile la notizia che un forte evento era avvenuto nell'area umbro-marchigiana.

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Nel giro di un paio di minuti l'epicentro veniva individuato al confine tra le province di Perugia e Macerata, nel territorio a cavallo tra il comune di Serravalle di Chienti e la frazione di Colfiorito di Foligno. Nei primi minuti la magnitudo veniva stimata leggermente superiore a cinque (abbiamo poi visto che in base ad ulteriori elaborazioni essa è stata fissata a 5,5).
La sala operativa della protezione civile mi ha immediatamente avvertito; in realtà era il terremoto che per suo conto mi aveva già... avvertito. Ho immediatamente disposto la convocazione dell'unità di crisi e alle 3, sulla base delle informazioni più particolareggiate pervenute, ho convocato, come previsto dall'articolo 10 della legge n.225 del 1992, il comitato operativo della protezione civile che ha il compito di assicurare la direzione unitaria e il coordinamento di tutte le attività di emergenza.
Appena giunta la notizia della scossa, è stato ovviamente mobilitato l'apparato di intervento presente sul territorio, sia i vigili del fuoco, e devo dire che quelli presenti nella zona si erano attivati da soli in un momento immediatamente successivo al terremoto, sia le forze del volontariato e le strutture locali. Le prime informazioni, pervenute nel giro di mezz'ora, ci segnalavano che i vigili del fuoco erano già operativi, insieme ad alcune parti locali dell'organizzazione del volontariato, delle forze dell'ordine e delle altre strutture locali preposte al soccorso.
Il comitato operativo è rimasto da allora riunito in seduta permanente e continua ad esserlo tutt'ora. Sono stati costituiti presso le prefetture di Perugia, Macerata ed Ancona tre comitati di coordinamento dei soccorsi; successivamente sono stati costituiti centri operativi misti in corrispondenza di Foligno, Gualdo Tadino, Assisi, Nocera Umbra, Serravalle del Chienti e Fabriano.
Fornisco adesso dei dati sulla progressione numerica degli interventi di uomini e mezzi, lasciando agli atti della Camera la relazione dettagliata in cui si specificano i dati relativi ad ogni singola forza intervenuta. Mi riferisco globalmente a vigili del fuoco, Forze armate, carabinieri, Guardia di finanza e Polizia di Stato, volontariato, compresa la Croce rossa.
Il primo giorno sono state attivate 2.484 persone e 236 mezzi. A questi, ovviamente, devono essere aggiunti quelli mobilitati dalle strutture locali, dalla regione, dalle province e dai comuni. Il secondo giorno il numero di persone è cresciuto a 3.347, con 725 mezzi e poi è progressivamente aumentato, al punto che ieri avevamo 7.731 unità nella zona colpita dal terremoto.
Ai fini di consentire agli onorevoli deputati una valutazione dell'efficacia dell'intervento di soccorso, fornisco dati globali dei posti letto realizzati a partire dal 26 settembre. Il 26 settembre stesso, vale a dire il giorno del terremoto, si sono realizzati 13.446 posti letto, che sono diventati 25.136 il giorno successivo, 33.704 il 28 settembre e nella giornata di ieri - affido sempre alla relazione i dettagli anche per quel che concerne l'organizzazione dell'assistenza in tende, in roulottopoli ed in altri tipi di soluzioni - i posti letto ammontavano a 40.136.
Per giudicare l'efficienza dei soccorsi richiamo ancora l'attenzione sui seguenti numeri: 13.446 cittadini sono stati assistiti nelle prime 24 ore e 25.138 nelle prime 48 ore. Ciò è avvenuto su un territorio molto vasto, che conta diverse centinaia di frazioni, un numero significativo delle quali in zone montane e con una viabilità tutt'altro che agevole.
Una delle operazioni fondamentali, iniziata fin dai primi momenti del post-terremoto, è consistita nell'attività di rilevamento della agibilità degli edifici danneggiati. Si tratta di una attività assolutamente fondamentale, in prima battuta, per identificare quanti edifici siano effettivamente inagibili, quanti lo siano in misura rilevante, il che li rende non recuperabili in tempi brevi, quanti lo siano solo parzialmente e quanti siano recuperabili invece con interventi leggeri. Questo ci consente di valutare, per quanto attiene alle strutture pubbliche, se possano essere ripristinati i servizi ospitati da

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tali strutture, mentre, per quanto attiene alle strutture private, tale dato ci consente di valutare a quanto ammonti il numero dei senzatetto di lungo, di medio o di breve periodo. Pertanto è stata data una priorità assoluta a tale lavoro.
La relazione cui ho fatto riferimento descrive in modo particolareggiato quale sia l'organizzazione delle squadre di rilevamento. Mi limiterò quindi a ricordare che questa attività è stata svolta in strettissima collaborazione con le regioni e con le strutture tecniche - servizio sismico, gruppo nazionale di difesa dai terremoti - e che sono affluiti tecnici anche da numerose altre regioni. Devo dire, infine, che vi è stata una notevolissima partecipazione, in particolare in Umbria, anche da parte di liberi professionisti.
Un aspetto rilevante da sottolineare è che questo censimento è stato compiuto con schede omogenee, predisposte già da tempo dalle strutture tecniche che collaborano con il dipartimento della protezione civile, sperimentate e verificate in modo che i dati raccolti, oltre a fornire informazioni sull'inagibilità (fondamentali per la gestione dell'emergenza), serviranno per una prima e abbastanza attendibile, anche se non molto precisa, proiezione della valutazione dei danni subiti dalle strutture. A questa attività hanno partecipato, usando le stesse schede, numerosi tecnici dei vigili del fuoco.
Il censimento degli edifici pubblici dell'Umbria è completato; sono stati esaminati 214 edifici. Allo stato stiamo sollecitando, attraverso tutte le amministrazioni, la segnalazione di edifici per i quali occorra una visita di controllo; comunque tutte le visite richieste sono state effettuate. Fra i 214 edifici esaminati non c'è nessuna struttura ospedaliera completamente inagibile; ci sono due ospedali parzialmente agibili, uno ripristinabile con interventi molto modesti e due fin da ora agibili.
Numeri un poco più preoccupanti riguardano le scuole: ne abbiamo, per fortuna, 38 agibili, ma 18 non risultano agibili, 8 agibili parzialmente e 25 possono essere ripristinate con interventi molto modesti e rapidi.
Ugualmente abbiamo ben 63 chiese non agibili sul territorio dell'Umbria e 49 agibili. Abbiamo ancora cinque edifici pubblici non agibili, mentre soltanto tre di quelli esaminati risultano immediatamente agibili.
Per le Marche sono stati esaminati 51 edifici pubblici; non abbiamo particolari problemi per gli ospedali, in quanto i due presenti (il primo un vero e proprio ospedale, il secondo è una semplice struttura sanitaria) sono agibili parzialmente e si stima che possano essere interamente recuperati in tempi brevi.
Anche in questa regione si pone un problema delicato per le scuole, cinque delle quali sono totalmente inagibili e due agibili solo parzialmente. Vi sono poi sette chiese non agibili totalmente. Si pone anche un problema per gli uffici, soprattutto nelle zone epicentrali.
In riferimento agli edifici privati, i dati relativi all'Umbria e alle Marche sono molto diversi dal punto di vista numerico perché la regione Umbria ha organizzato un numero rilevante di squadre e nelle Marche si è registrato all'inizio un ritardo, che è stato recuperato perché ormai numerose squadre stanno battendo il territorio. Nelle Marche sono stati esaminati, in questo piccolo intervallo di tempo trascorso dal terremoto ad oggi, ben 8.852 edifici privati, dei quali 3.059 sono risultati non agibili. Sempre in questa regione sono stati esaminati 572 edifici privati, dei quali 258 agibili (quindi circa la metà). Va precisato che questi dati sono destinati a migliorare percentualmente man mano che dalle zone epicentrali ci si avvicina alle zone periferiche.
Dai dati in nostro possesso emergono problemi dei quali abbiamo cominciato ad occuparci con le amministrazioni dello Stato competenti, i presidenti delle regioni e delle province e i sindaci. In particolare, man mano che le schede di rilevamento affluivano, abbiamo trasferito ai Ministeri della sanità, della pubblica istruzione e

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dei beni culturali ed ambientali le schede relative agli edifici di loro competenza.
Sui danni ingenti al prezioso patrimonio artistico ed architettonico ha già riferito il ministro Veltroni.
A questo punto del rilevamento dei dati sull'agibilità possiamo affermare che abbiamo problemi non gravissimi, ma neppure di semplice soluzione, alle strutture ospedaliere.
Abbiamo problemi seri per le scuole, per le chiese e per alcuni pubblici servizi, tra i quali municipi ed uffici vari. È poi sicuramente molto serio il problema dell'edilizia privata: dai dati fino ad ora raccolti nelle due regioni (il censimento relativo all'Umbria è vicino al completamento, mentre quello delle Marche è ancora abbastanza indietro) risulta che, alla data di ieri, abbiamo già 3.383 edifici non agibili.
Nel corso di alcune riunioni, svolte assieme ai presidenti delle regioni con tutti i sindaci delle zone colpite dal terremoto, abbiamo invitato i sindaci ed i comuni ad identificare i nuclei familiari e la loro composizione numerica che abitano in edifici totalmente o parzialmente inagibili, in modo da quantificare il numero definitivo dei senzatetto di breve, medio e lungo periodo. Sulla base di questi dati, di intesa con i ministeri competenti, i presidenti delle regioni, le province ed i comuni, si è avviata già la seconda fase dell'emergenza che si prefigge il raggiungimento di alcuni obiettivi, ricorrendo, ove necessario, all'istallazione di strutture temporanee ad hoc (e sarà sicuramente molto necessario!).
Gli obiettivi urgenti sono i seguenti: riapertura in tempi strettissimi delle scuole; riattivazione dei servizi ospedalieri e degli uffici pubblici; lo spostamento dei senzatetto in case o appartamenti sfitti ovvero in campi allestiti con moduli abitativi mobili, comprensivi di servizi sociali o in «roulottopoli» riscaldate, con eliminazione rapida delle tende.
Nella zona epicentrale sia del comune di Serravalle del Chienti che del comune di Foligno (è una zona montuosa dove le condizioni climatiche sono le più infelici) cominceranno oggi i lavori di urbanizzazione da parte del genio militare delle aree per l'istallazione di campi mobili. Nei prossimi giorni - è in corso l'identificazione delle aree, ma è già molto avanzata - analoghi lavori verranno iniziati anche nella zona di Nocera Umbra, dove il livello di danneggiamento è particolarmente significativo.
La protezione civile dispone attualmente di 1.274 moduli; altri 430 saranno recuperati entro due settimane. Abbiamo in corso un censimento delle ulteriori disponibilità presso tutte le regioni italiane. Allo stesso modo stiamo verificando che disponibilità di fornitura di questi moduli vi sia da parte delle strutture di protezione civile dei paesi dell'Unione europea; giova ricordare che ad alcuni di questi negli anni recenti la protezione civile italiana ha dato una significativa assistenza in termini di mezzi.
I tempi per completare i campi - il cui lavoro inizia oggi - sono stimati in questa zona, non particolarmente difficile dell'area epicentrale dal punto di vista morfologico, trattandosi di un altipiano, sono stimati in circa venti giorni. Occorreranno più o meno venti-trenta giorni dalla identificazione dell'area all'acquisizione da parte dei comuni o dei prefetti (in questo caso, sono stati i comuni ad acquisire tali dati), fino al completo avvio. Allo stesso modo, stiamo procedendo fin da ora alla installazione nelle «roulottopoli», almeno in quelle che molto probabilmente dovranno rimanere per un periodo di tempo più lungo, di un sistema di riscaldamento in condizioni di sicurezza, per consentire a quella popolazione di affrontare la stagione invernale.
È bene precisare che l'intervento svolto e quello che ci predisponiamo già a svolgere in questa seconda fase esaurisce di fatto interamente le scorte di materiale a disposizione della protezione civile per la gestione delle emergenze. Non avremo presto più tende, roulotte e moduli!
Sottolineo poi che i materiali dei vigili del fuoco sono - come in ogni emergenza - profondamente logorati dalla gestione dell'emergenza. Questa è una preoccupazione che ho espresso varie volte in questi

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giorni. Devo dire, peraltro, che l'incremento dello stanziamento di bilancio sul fondo della protezione civile previsto dalla legge finanziaria 1998 consentirà il ripristino - e stiamo lavorando in questo senso - delle scorte. Siamo vicini, peraltro, alla stagione nella quale nel nostro paese è alta la probabilità di emergenze di altra natura, soprattutto alluvionale.
Devo segnalare, inoltre, che nell'area epicentrale l'evento sismico ha provocato anche qualche frana. La situazione più critica è quella esistente in prossimità di Nocera Umbra, dove una frana minaccia alcune case che sono state evacuate, seppure non danneggiate gravemente dal terremoto. Purtroppo, la frana minaccia di distruggere interamente il cimitero, creando una serie di problemi di grande delicatezza, e incombe sulla strada statale Flaminia, rappresentando un problema rilevantissimo perché si tratta della strada fondamentale per l'afflusso dei mezzi pesanti che devono trasportare ancora roulotte e moduli per la gestione della seconda fase.
Abbiamo problemi non serissimi, comunque neanche trascurabili, per quanto riguarda l'approvvigionamento idropotabile prevalentemente nella zona di Nocera Umbra, a causa dell'impoverimento o intorbidamento e in parte inquinamento di alcune sorgenti ed anche significative distruzioni di parte della distribuzione degli acquedotti. Ad ogni modo, d'intesa con le USL, si stanno controllando tutti i dati ed il problema dovrebbe essere risolto abbastanza rapidamente, al limite installando dei depuratori e dei purificatori in corrispondenza delle sorgenti. Abbiamo appurato che, nonostante le sorgenti servano anche la città di Perugia, non ci sono assolutamente problemi per l'approvvigionamento idrico di quella città.
Per quanto riguarda la viabilità, non ci sono interruzioni permanenti, ma esistono situazioni critiche in almeno un paio di tratti della strada statale 77 e della Flaminia. A parte il problema della frana, che stiamo verificando, la Flaminia è in questo momento in condizioni veramente pietose dal punto di vista del traffico perché ci sono lavori in corso e l'arrivo di mezzi di soccorso causa intasamenti. Abbiamo sollecitato l'ANAS a risolvere questi problemi, sulla Flaminia moltiplicando e triplicando i turni di lavoro, in modo da eliminare il più rapidamente possibile questa parziale interruzione; sulla statale 77 realizzando il più rapidamente possibile alcune piccole varianti indispensabili per facilitare il flusso del traffico.
Abbiamo quasi completato, infine, il rilievo macrosismico, di cui prima ho fornito alcuni dati numerici; abbiamo già disponibili, comunque, i valori di intensità sismica risentiti in circa 200 località della zona colpita. Questi dati, insieme a quelli del rilevamento dei danni, saranno fondamentali per procedere, cosa che avverrà all'inizio della settimana prossima, d'intesa con i presidenti delle regioni, alla classificazione rigorosa dei comuni maggiormente colpiti della zona interessata dal terremoto.
Parlerò ora, in risposta a numerose richieste, dei primi interventi che il Governo ha disposto a favore delle popolazioni terremotate. Credo che a causa della frequenza delle emergenze nel nostro paese molti degli onorevoli deputati qui presenti ormai conoscano a fondo il modello di intervento che la protezione civile ha avviato nel giugno del 1996. Numerosi interpellanti hanno richiamato l'attenzione del Governo sulla necessità di evitare il ripetersi delle discutibili vicende legate a precedenti interventi di ricostruzione postcalamità, in particolare posterremoto. Il Governo ha già fatto propria questa necessità non solo in questa circostanza, avendo sperimentato in occasione dell'alluvione del giugno 1996 in Versilia e Friuli-Venezia Giulia un nuovo modello di intervento ed avendolo applicato successivamente con affinamenti e miglioramenti in tutte le calamità verificatesi a partire da quella data.
Questo nuovo modello è stato discusso ed approfondito anche in occasione della prima conferenza nazionale sulla protezione civile e il servizio sociale dei vigili del fuoco, che si è tenuta a Castelnuovo di Porto nel giugno scorso ed è stato valutato

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unanimamente in modo molto positivo. Rammento che, nell'attuale quadro normativo, gli interventi di prima assistenza alle popolazioni colpite da un evento calamitoso non sono ancora definiti in modo univoco, ma l'applicazione di questo modello ha di fatto surrogato tale lacuna. Il modello, grazie anche al pieno accordo manifestato in proposito dalle regioni e dagli enti locali, che hanno avuto modo di sperimentarlo, verrà ora organizzato e riprodotto nel disegno di legge quadro sul riordino della protezione civile, che è in fase di ultima elaborazione.
Il nuovo modello prevede sostanzialmente due fasi di intervento; la prima, che possiamo definire di prima emergenza, viene attivata nell'immediato post-evento. Il Consiglio dei ministri proclama lo stato di emergenza nell'area interessata e successivamente viene emanata un'ordinanza, ai sensi dell'articolo 5 della legge n.225 del 1992, con la quale si dispone un censimento rigoroso dei danni e vengono attivati i primi immediati interventi a favore dei nuclei familiari evacuati e per la ripresa dell'attività produttiva delle imprese danneggiate; vengono inoltre assegnate risorse al commissario delegato per la realizzazione del piano dei primi interventi urgenti sul territorio e per il ripristino delle opere pubbliche danneggiate. Tale piano deve essere redatto con la collaborazione di tutte le istituzioni competenti e deve essere approvato mediante apposite conferenze di servizio con procedure accelerate. Per tutti gli interventi vengono fissati limiti temporali stretti. Ormai ha assunto anche carattere di continuità l'affidamento della gestione commissariale al rappresentante dei poteri locali competenti, in particolare, nella quasi totalità dei casi, i presidenti delle regioni. Ai prefetti vengono assegnate le risorse per coprire le spese di prima emergenza da loro sostenute o autorizzate in qualità di autorità provinciali di protezione civile. Le risorse stanziate con l'ordinanza sono ovviamente solo una frazione del fabbisogno complessivo, peraltro ancora non precisato, ma sufficienti a mettere immediatamente in moto gli interventi urgenti per la ripresa.
La seconda fase prevede un intervento legislativo, di regola un decreto-legge, con il quale, non a titolo risarcitorio ma per il ripristino del danno (abitazioni, attività produttive e strutture pubbliche), vengono previste le risorse necessarie per l'attuazione del piano di interventi infrastrutturali o sulle strutture pubbliche compresa la messa in sicurezza ed il ripristino delle opere.
Le risorse occorrenti per ogni tipo di intervento possono, in questa seconda fase, essere quantificate in modo rigoroso con una buona precisione appunto sulla base della stima dei danni disposta con l'ordinanza. Si evita così uno dei problemi dei provvedimenti urgenti adottati in occasione di interventi precedenti, per cui la quantificazione dei danni non aveva alcuna base di riferimento seria.
Nei casi in cui finora la procedura è stata totalmente applicata, anche nella seconda fase ci si attiene a criteri omogenei, disponendo contributi per la ricostruzione delle abitazioni danneggiate in percentuale variabile a seconda della destinazione d'uso, o per la ripresa delle attività produttive con determinati massimali rapportati al danno, e così via.
L'iter che ho descritto è già stato completato per gli eventi alluvionali del giugno 1996 in Toscana e Friuli-Venezia Giulia; per la prima fase è stato applicato in molte altre realtà. Debbo ricordare, giacché di tale problema il Parlamento sarà investito, che abbiamo il dovere di completare la seconda fase in due zone che presentano problemi molto seri: l'Emilia Romagna e Crotone. Tale meccanismo implica una grande serietà da parte del Governo e del Parlamento, altrimenti il trascorrere del tempo necessario al censimento dei danni porta a dimenticare, almeno a livello di partecipazione emotiva, l'evento avvenuto; ma non sarebbe serio dimenticare che gli interventi sono necessari per il completamento della seconda fase in tutte le aree in cui vi sono stati danneggiamenti rilevanti.

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Debbo dire che in Toscana e in Friuli-Venezia Giulia, regioni nelle quali per la prima volta il meccanismo di intervento si è completato, i risultati sono veramente straordinari in termini di efficacia, di qualità e di rapidità degli interventi nonché di uso razionale delle risorse, rispetto a quanto avvenuto in precedenza.
Ricordo un altro aspetto importante relativo agli interventi della seconda fase per quanto riguarda non le popolazioni o le attività produttive, ma le opere infrastrutturali, quindi pubbliche: per la prima volta si è introdotto, in maniera sistematica, il concorso di regioni, province ed enti locali al finanziamento degli interventi. Questo per aumentare le risorse disponibili; si tratta però anche di un meccanismo attraverso il quale gli enti locali vengono responsabilizzati nell'identificazione negli interventi veramente necessari ed urgenti. Anche da questo punto di vista, quindi, otteniamo un grande miglioramento. Nel passato, infatti, gli enti locali, come tutti, andavano alla corsa dell'elencazione degli interventi necessari, essendo tali interventi a totale carico delle risorse dello Stato. La compartecipazione agli interventi consente dunque un'ulteriore responsabilizzazione nell'identificazione delle misure effettivamente occorrenti.
Gli interventi iniziali che abbiamo predisposto dopo il terremoto del 26 settembre seguono esattamente la procedura descritta. Il 27 settembre - all'incirca a 24 ore dal terremoto - il ministro dell'interno, delegato per il coordinamento della protezione civile, ha firmato la prima ordinanza che segue, come dicevo, la procedura appena esposta.
I presidenti delle due giunte regionali di Umbria e Marche sono stati nominati commissari delegati per l'attuazione degli interventi. I prefetti gestiscono - come ho esposto - la fase acuta dell'emergenza, ovviamente ricomprendendo in essa anche gli interventi urgenti predisposti dai comuni o dalle province. In questo caso, tenendo conto del particolare, serissimo e delicato problema del danneggiamento dei beni architettonici ed artistici delle due regioni, si è deciso di nominare un commissario delegato per il coordinamento degli interventi sui beni culturali, ma con le stesse procedure accelerate, almeno una volta che si è identificata e progettata la qualità degli interventi, per l'attuazione degli interventi stessi.
Credo che i parlamentari - certamente quelli delle zone colpite dal terremoto - conoscano a menadito l'ordinanza; lascio comunque a disposizione la descrizione particolareggiata degli interventi che essa predispone.
La cifra stanziata nella prima ordinanza è di 56 miliardi. Al riguardo, ho già detto che abbiamo la piena consapevolezza che si tratta di una cifra molto inferiore al fabbisogno, successivamente innalzata a 76 miliardi. La prossima settimana, d'intesa con i presidenti delle giunte regionali, andremo alla delimitazione dei territori colpiti ed all'aggiustamento dell'ordinanza. Vi sono infatti alcune riflessioni che vanno fatte per migliorarne l'efficacia nel caso specifico del terremoto in questione. Mi riferisco in particolare al fatto che dovremo certamente velocizzare al massimo l'opera in tutte le situazioni - per quanto riguarda gli edifici sia pubblici sia privati - in cui interventi leggeri possano migliorare o ripristinare l'agibilità; ciò ovviamente non perdendo di vista neanche per un secondo l'esigenza degli interventi di adeguamento strutturale per avviare una seria politica di prevenzione nel territorio interessato.
Il 1 ottobre il ministro Napolitano, d'intesa con il ministro Veltroni, ha firmato una seconda ordinanza nella quale viene nominato il commissario delegato per gli interventi relativi ai beni culturali, che è stato individuato nella persona del direttore generale per i beni artistici ed architettonici del medesimo Ministero. I fondi assegnati per questi interventi sono stati accresciuti da 7 a 15 miliardi. Nell'ordinanza della settimana prossima procederemo, d'intesa con i commissari delegati, a ripartire gli ulteriori 12 miliardi immediatamente spendibili tra regioni e prefetti, valutando un po' anche il costo dell'apparato d'emergenza. Ribadisco ulteriormente

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che l'intervento dei prefetti copre anche le spese sostenute dai comuni e dalle provincie nell'attuale fase di emergenza.
Abbiamo anche raggiunto un accordo con i presidenti delle giunte regionali in attesa degli interventi successivi di seconda fase. Comunque, grazie ad un articolo di legge approvato dal Parlamento l'anno scorso, che consente al dipartimento della protezione civile di concorrere con proprie risorse all'attivazione di mutui che le regioni contraggono - così stabilisce la legge - per fronteggiare calamità, procederemo nella settimana prossima ad assegnare d'intesa, quindi con fondi congiunti delle regioni e del dipartimento della protezione civile, cifre consistenti per consentire di gestire in maniera adeguata la seconda fase dell'emergenza.
Fornirò ora alcune informazioni sugli interventi che possono essere attivati con gli stanziamenti previsti nel disegno di legge finanziaria per il 1998.
Come dicevo, il Governo è ben consapevole che i finanziamenti finora stanziati possono solo consentire l'avvio delle prime fasi di intervento. Il fondo della protezione civile che è presente nella Tabella C, «Presidenza del Consiglio dei ministri», della legge finanziaria è stato incrementato, dai 320 miliardi previsti nel bilancio pluriennale varato lo scorso anno, ad una dotazione di 480 miliardi di lire. Per i successivi anni 1999 e 2000 è prevista una dotazione, rispettivamente, di 400 e 410 miliardi.
Sottolineiamo bene che questo stanziamento ha raddoppiato la dotazione di quel fondo rispetto alla legge finanziaria per il 1995, ma è finalizzato solo in parte al potenziamento della protezione civile; in misura consistente (per 100 miliardi nel 1998 e per ulteriori 70 miliardi negli esercizi successivi) questi fondi sono destinati ad attivare gli interventi nelle regioni Umbria e Marche colpite dal terremoto anche attraverso il ricorso a mutui pluriennali.
Questa modifica, intervenuta all'ultimo minuto prima della presentazione al Parlamento della legge finanziaria, consente di riprodurre, con la stessa procedura di copertura delle spese, esattamente il provvedimento adottato un anno fa per la Toscana ed il Friuli-Venezia Giulia. Aver iscritto nei bilanci pluriennali della legge finanziaria questi stanziamenti per il dipartimento della protezione civile, che è un fondo per il quale sono autorizzate proiezioni pluriennali di spesa, consente prima ancora dell'approvazione della legge finanziaria l'approvazione da parte del Parlamento di un provvedimento urgente che, d'intesa con i presidenti delle giunte regionali, che sono adesso commissari delegati del Governo, verrà predisposto non appena - e io confido che sarà molto presto - si avrà un quadro completo del livello di danneggiamento e dei problemi, e quindi una stima attendibile delle risorse necessarie almeno in questa fase. Ovviamente con lo sviluppo degli interventi sarà necessario valutare le risorse aggiuntive.
Le cose che vi ho detto ci consentono di stimare che le risorse complessivamente disponibili nella legge finanziaria ammontano ad oltre 800 miliardi di lire per questo tipo di interventi.
Adesso cambio argomento. Accolgo con molto piacere l'invito che viene da numerosi interroganti ad illustrare le iniziative già intraprese o in corso di definizione da parte del Governo in materia di prevenzione sismica. Lo accolgo veramente con molto piacere, anche perché a qualche parlamentare amico sto distribuendo una pubblicazione che presentai nel dicembre 1980 alle competenti Commissioni del Senato alla presenza del Capo dello Stato Pertini per discutere i problemi della politica di difesa dai terremoti in Italia all'indomani del sisma in Irpinia. Quindi personalmente sono quasi vent'anni che indico quali sono le linee strategiche che il paese deve adottare per difendersi dai terremoti.
Ricordo anche che tutti i componenti il Parlamento hanno ricevuto nel dicembre del 1995 la mappa sismica d'Italia, nella

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quale sono indicate le massime intensità che ci possiamo attendere in ogni angolo del territorio nazionale.
In occasione delle audizioni presso la Commissione ambiente della Camera, dove fummo chiamati insieme al ministro Napolitano per illustrare il programma del Governo in materia di protezione civile, distribuimmo documenti aggiornati sul rischio sismico in Italia.
Anticipammo anche che la protezione civile dispone di un'analisi, effettuata sulla base di molti dati di vulnerabilità sismica relativi a numerose regioni italiane, in particolare grazie ad un progetto di lavori socialmente utili, che ha impiegato 1.500 giovani ingegneri, architetti, geometri e periti edili disoccupati, per fornire informazioni sulla vulnerabilità sismica degli edifici, a cominciare da quelli pubblici e strategici per estendersi progressivamente agli edifici privati, nonché per rendere possibili proiezioni statistiche dei dati ISTAT.
Vi ricordo ancora una volta alcuni dati che già sono stati comunicati al Parlamento. Il territorio italiano è sismico per il 45 per cento della sua superficie; vive nelle zone sismiche italiane il 40 per cento della nostra popolazione. In queste zone, a causa della ritardatissima adozione da parte del Ministero dei lavori pubblici della normativa di classificazione sismica (che, a parte poche zone, è stata adottata sulla base di un progetto del CNR, che allora dirigevo, tra il 1981 e il 1983, quindi con un ritardo pazzesco rispetto al momento in cui avrebbe dovuto essere adottata), circa il 65 per cento degli edifici è in condizioni di non sicurezza sismica. Questo è il dato di riferimento che fotografa la gravità del rischio sismico nel nostro paese.
Devo dire che finalmente, a metà del luglio scorso, il Parlamento ha approvato la prima legge di prevenzione sismica che sia stata adottata nella Repubblica italiana. Mi riferisco alle modificazioni della legge n.433 del 1991, approvate dal Parlamento con la legge n.228 del 1997, che è profondamente innovativa dal punto di vista della cultura della difesa dai terremoti in Italia. Tutti gli interventi effettuati in occasione dei terremoti nel nostro paese sono del tipo di quelli che andremo a realizzare in Umbria e nelle Marche, cioè interventi ad evento avvenuto, e sono sempre stati attuati in questo modo. Per la prima volta, anche grazie alla disponibilità della regione siciliana, titolare dei finanziamenti previsti dalla legge citata, che portavano ingenti residui rispetto alle previsioni di completamento dell'opera di ricostruzione, è stato introdotto il principio che le risorse, completata la ricostruzione, sono utilizzabili per interventi preventivi in una zona ad altissimo rischio come quella della Sicilia orientale. Tali risorse, quindi, possono essere utilizzate prima che si verifichi un terremoto, dando ovviamente priorità alle strutture pubbliche e strategiche, ma attivando anche, attraverso meccanismi di incentivazione, una sistematica serie di interventi sul patrimonio edilizio privato.
È molto importante che il Parlamento abbia approvato la legge che ho richiamato, perché essa ha introdotto per la prima volta, ripeto, e in maniera molto innovativa il principio della prevenzione sismica nel nostro paese. Dobbiamo progressivamente estendere questi interventi a tutte le aree sismiche del territorio italiano, facendoci guidare solo, nella scelta delle priorità, da un parametro oggettivo, il livello di rischio nelle diverse aree nel territorio nazionale.
Da questo punto di vista, devo dire che è molto importante anche il dispositivo contenuto nel capo I, articolo 1, comma 1, del disegno di legge collegato alla manovra finanziaria 1998, con il quale vengono stabilite misure consistenti di incentivazione dell'attività di ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente. Questo comprende anche interventi per l'adozione delle misure antisismiche nelle zone sismiche del paese. Nel costo della ristrutturazione sono cioè compresi anche gli interventi di miglioramento e adeguamento antisismico.
Concordo personalmente con la proposta di alcuni onorevoli interroganti sull'opportunità che nel percorso di esame

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parlamentare del provvedimento collegato alla finanziaria gli incentivi per gli interventi in zone sismiche vengano ulteriormente accresciuti rispetto a quelli per l'edilizia nelle zone non sismiche. Mi auguro che vi sia la possibilità di discutere in Parlamento della legge finanziaria e del relativo collegato.
Affronterò ora due particolari argomenti contenuti in molte delle interrogazioni presentate. La prima è la questione relativa all'individuazione delle aree di ammassamento nei comuni. Fin dal 1987 l'allora ministro per la protezione civile, onorevole Zamberletti, diramò una circolare elaborata dalla commissione grandi rischi a tutti i comuni sismici (che erano stati classificati da pochi anni) affinché individuassero aree di ammassamento per i materiali ed i mezzi di soccorso in occasione di terremoti. Questa direttiva è stata successivamente più volte ribadita dalla protezione civile. In via sistematica, alla fine del 1995 (ero stato nominato da poco sottosegretario per la protezione civile) abbiamo diramato a tutte le strutture di protezione civile previste dalla legge n.225 del 1992 (regioni, province, comuni, prefetture, forze operative) una direttiva sperimentale sulle procedure in caso di emergenza di protezione civile nella quale, oltre a tutte le informazioni e le indicazioni utili per l'attivazione dell'apparato di soccorso, sono raccolte anche direttive e indirizzi per l'attività di preparazione da svolgersi da parte di ciascun soggetto. In tale direttiva è richiamata l'urgenza dell'individuazione di aree di ammassamento per i mezzi in caso di emergenza. La direttiva del dicembre 1995 è stata ribadita, questa volta in forma definitiva, alla fine del 1996 dopo un anno di sperimentazione. Purtroppo l'adeguamento delle varie amministrazioni a quanto in essa prescritto procede con lentezza esasperante.
Colgo l'occasione in questa sede per invitare tutti i parlamentari, ai quali entrambe le direttive sono state a suo tempo trasmesse, a farsi portavoce presso gli amministratori locali dei propri collegi elettorali circa la priorità che gli interventi e le attività di protezione civile debbono avere nella condotta delle rispettive amministrazioni. Il Governo, per parte sua, continuerà in quell'opera di sensibilizzazione ed educazione avviata anche con i corsi di formazione del cosiddetto disaster management, che abbiamo attivato da quasi due anni per la preparazione a compiti di protezione civile di funzionari delegati dalle regioni, dalle prefetture e dagli enti locali. Anche in questo momento in Umbria e nelle Marche è presente un numero consistente di questi funzionari, i quali stanno fornendo un grande contributo perché hanno ricevuto una specifica formazione all'attività di protezione civile.
La mancanza delle aree cui prima ho fatto riferimento in alcuni comuni - anche se una parte di essi le hanno per fortuna immediatamente identificate e messe a disposizione - in occasione dell'evento sismico di cui ci stiamo occupando ha causato un certo rallentamento nella predisposizione dei campi attrezzati di tende e di roulotte. Rallentamenti non gravissimi, ma che in alcuni casi hanno comunque ritardato di 24-36 ore l'organizzazione delle strutture di emergenza. In quell'occasione, valutando le difficoltà, ho richiamato tutti gli amministratori all'applicazione delle norme e delle direttive più volte reiterate. Questo mio richiamo ha causato alcune reazioni - a mio modestissimo giudizio in qualche caso un po' eccessive - da parte di amministratori locali che si sono sentiti personalmente chiamati in causa. Naturalmente, come sempre avviene, questo effetto è in gran parte dovuto alla incompleta illustrazione delle cose che si dichiarano ed alle amplificazioni distorte delle dichiarazioni, nelle quali i nostri mezzi di informazione sono specializzati.
Ho sempre chiaramente evidenziato e voglio farlo anche in questa solenne occasione che il mio è stato solo un invito pressante a tutti i comuni italiani, non ai comuni delle zone colpite dal terremoto, ad uniformarsi alle direttive di preparazione all'emergenza.

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Comunque, devo dire che c'è un clima ottimo di collaborazione con gli amministratori locali, a tutti i livelli, nella gestione dell'emergenza e questo è quello che conta. I mass media danno spesso informazioni estremamente deformate: vi posso assicurare che c'è un'ottima collaborazione fra tutte le competenze istituzionali.

GIULIO CONTI. Anche con le popolazioni?

FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Anche con la popolazione, sì.
Devo naturalmente qui toccare, anche perché alcune delle interrogazioni lo fanno, un'altra questione, quella relativa alle presunte interferenze politiche riscontrate nel COM di Nocera Umbra.
In relazione a tale questione, cioè le presunte interferenze politiche riscontrate nella gestione dei materiali di assistenza affluiti al centro operativo di Nocera Umbra, informo che dai primi accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza emerge che la situazione denunciata è coincisa con un episodio di grave disordine verificatosi all'interno del centro operativo del comune, anche a causa della precaria sistemazione dello stesso, nel corso del quale numerosi cittadini avrebbero inveito contro esponenti politici non meglio identificati coinvolti nella gestione dei materiali di assistenza. I nomi circolati sulla stampa si riferiscono a persone che sono poi risultate essere in possesso di autorizzazioni rilasciate dal sindaco a collaborare alla gestione dell'emergenza.
Anche in questo caso i mezzi di informazione hanno generalizzato ed amplificato in modo abnorme un problema puramente locale, provocando la legittima reazione di alcuni parlamentari nazionali e amministratori regionali e locali. La turbativa nel COM di Nocera Umbra, che comunque c'era, è stata prontamente superata grazie all'intervento delle forze dell'ordine, che da quel momento in avanti hanno estromesso dal COM tutte le persone estranee.
Due brevi considerazioni finali. La gestione dell'emergenza procede con l'impegno incessante delle oltre 7.700 persone del sistema di protezione civile presenti sul territorio, fra le quali i vigili del fuoco e i volontari meritano un apprezzamento particolare, con il fruttuoso concorso dei commissari straordinari, degli amministratori locali e dei cittadini vittime degli effetti del terremoto. L'impegno del Governo, secondo le linee guida poc'anzi enunciate, è volto a ripercorrere le più recenti positive esperienze in materia di gestione delle emergenze e a lasciare alla memoria del passato quelle negative di più remoti interventi postcalamità.
Su questo percorso, il Governo è certo di poter contare sull'attenzione e la disponibilità delle Assemblee parlamentari, che mostreranno nei confronti delle popolazioni colpite il consueto senso di solidarietà. Il Governo è altresì certo che il Parlamento dedicherà grande attenzione e priorità all'esame dei disegni di legge sul riordino della protezione civile, sulla gestione delle calamità e sul potenziamento del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che saranno ad esso molto presto presentati.

PRESIDENTE. La ringrazio, professor Barberi.
Ha facoltà di replicare l'onorevole Sanza.

ANGELO SANZA. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, desidero iniziare questa mia breve riflessione, partendo proprio dalle conclusioni del professor Barberi e richiamando l'inopportunità di alcune sue precedenti affermazioni.
Devo dire che rimasi sorpreso da quelle dichiarazioni, perché considero il professor Barberi persona assai prudente, dichiarazioni peraltro che in quella circostanza hanno aggiunto confusione a confusione in un momento in cui, come egli sa in ragione della sua competenza, chi ha responsabilità deve mantenere il massimo di equilibrio.
Nella parte finale del suo intervento, il professor Barberi ha in qualche modo


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dato motivazione di quelle affermazioni, sorvolando sul merito, senza spiegare con maggiore specificità le sue parole circa le interferenze politiche e le intromissioni nei soccorsi, da egli denunciate alla pubblica opinione. Avremmo invece voluto conoscere più specificamente nomi e circostanze di tali fatti.
Non dubito delle sue affermazioni - non spetta certamente a me rimarcarle, essendo peraltro nota la sua serietà ed impegno - e di quali fossero in quella circostanza le sue intenzioni, ma ha dovuto riconoscere la giustezza della reazione di alcuni parlamentari.
Ciò premesso, ritengo che dietro a quelle affermazioni si celi un malessere del sistema della protezione civile che deve essere ancora adeguato alle nuove esigenze, ai rischi ed a quello che via via viene modificandosi sul piano legislativo e della struttura tecnica.
Vorrei richiamare all'attenzione del professor Barberi su una nostra interpellanza presentata il 18 novembre 1996, che ha come primo firmatario il collega Tassone, con la quale si sollecita la predisposizione di linee strategiche per difendersi dalle calamità e per adeguare le nuove norme legislative, poc'anzi richiamate. Su questo piano riterremmo opportuno lo svolgimento di un dibattito parlamentare più approfondito, cogliendo la circostanza di questa ennesima disgrazia che ha colpito il nostro paese.
Il rischio sismico in Italia è diffuso sul 40 per cento del territorio. Presumo peraltro le avranno comunicato che anche questa mattina, in una zona lontana dall'Umbria e dalle Marche, mi riferisco alla Calabria, sono state registrate scosse di terremoto del quarto grado.
Partendo da queste circostanze è necessario - ripeto - procedere ad una riflessione molto approfondita sulla struttura legislativa, ma anche su tutto il sistema di coordinamento affidato a lei e ad altri ministeri che da lei in qualche modo sono coordinati per le situazioni di emergenza.
Sempre a proposito di emergenza, abbiamo assistito, ancora una volta, alla lentezza dei soccorsi, spesso inadeguati. Basti solo pensare che in alcune zone colpite dal sisma, come risulta da una denuncia che abbiamo recuperato, le prime tende sono arrivate solo dopo un giorno e mezzo dalla prima scossa.
Credo che non sia pensabile che in un paese civile, di fronte a calamità di tali proporzioni, vi siano ancora ritardi ed inadempienze del genere. Ed è ancora più grave sentire da lei, signor sottosegretario, che la protezione civile non ha più mezzi per fronteggiare adeguatamente nuove eventuali calamità...

PRESIDENTE. Onorevole Sanza, deve concludere.

ANGELO SANZA. Un'ultima considerazione. Signor sottosegretario, la raccomandazione al Governo e a tutti noi è che non si ripetano le vicende del Belice, del Friuli e dell'Irpinia (Applausi dei deputati del gruppo misto-CDU).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Galati.

GIUSEPPE GALATI. Presidente, le informative che ci ha dato stamane il Governo contribuiscono a fare un po' di chiarezza su questa ingarbugliata vicenda che coinvolge migliaia di famiglie senzatetto e in cui si sono registrati danni ingenti al patrimonio abitativo ed artistico. Rimangono tuttavia alcuni nodi oscuri rispetto alla maniera in cui in Italia si è caratterizzato il modo di affrontare le emergenze.
Certo, queste catastrofi sono imprevedibili; un quinto del nostro paese è soggetto ad alto rischio e ancora molto poco si è fatto rispetto alle possibilità di prevenzione, che abbiamo sottoposto e che intendiamo sottoporre all'attenzione del Governo.
Vi è la necessità, come ha ricordato nell'ultima parte del suo intervento il sottosegretario Barberi, di portare all'attenzione del Parlamento (crediamo che questo sia un percorso che deve essere accelerato ulteriormente) una legge quadro


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sulle calamità, il potenziamento dei vigili del fuoco e in generale tutti i necessari interventi di prevenzione. Ma in questa vicenda vi è un dato che vogliamo cogliere.
Mi riferisco allo scontro fra enti locali e autorità statali, che pone il problema prioritario non solo di evitare questo contrasto, assurdo ed incivile, ma anche di verificare in tempo se vi sia una sovrapposizione di poteri. Certo, vi è bisogno di un forte coordinamento centrale, ma anche la necessità che le strutture regionali siano potenziate, altrimenti si corre il rischio di entrare nella logica dei commissari, una logica che potrebbe essere prevenuta attraverso la responsabilizzazione delle amministrazioni regionali, facendo sì che le risorse siano certamente destinate al risarcimento ma anche a prevenire e riqualificare l'ambiente.
Evidentemente a livello centrale sarebbe senz'altro necessario un fondo di solidarietà nazionale, purché formato sulla base di criteri omogenei ex ante per la riparazione dei danni, affinché su queste tristi vicende non si innestino fenomeni di speculazione.
Sulle questioni che abbiamo posto e sulle pressioni politiche non intendiamo speculare ma certo, sorvolando sul merito, il sottosegretario Barberi non ci ha aiutato a comprendere anche lo sforzo che, come invece è stato ricordato, tanti amministratori pubblici hanno compiuto.
Al di là delle speculazioni, occorre che vi sia il necessario coinvolgimento e il necessario coordinamento, anche perché la protezione civile è parte di una politica di sicurezza non soltanto dal punto di vista dell'ordine pubblico ma anche come sicurezza fisica. In questo senso evidentemente vi deve essere un chiaro coinvolgimento dell'esercito rispetto anche al ruolo delle forze di polizia e dei vigili del fuoco.
Su questa vicenda crediamo soprattutto che vi debba essere una attenzione a livello nazionale. È già stato ricordato quello che deve essere il ruolo dei comuni, che tutti devono aderire alle direttive, anche perché, come prima ha ricordato l'onorevole Sanza, stamane si è registrata un'altra scossa in Calabria. Ciò sta a significare che un quinto di questo paese è «sotto» una possibile, eventuale calamità.
Sarebbe anche necessario, come ha ricordato il sottosegretario Barberi a proposito della mancanza di mezzi e strutture, che vi sia un nuovo sistema di intervento. Sarebbe allora utile che egli consegnasse gli studi di cui è in possesso e che ha ricordato non soltanto ai parlamentari amici ma anche agli altri parlamentari perché se ne possa avere una piena consapevolezza.
Certo, deve scattare l'ora della solidarietà ma soprattutto si deve procedere ad una identificazione esatta delle opere e delle cose da fare per evitare che l'influenza politica rischi di incidere su questa vicenda; si deve procedere alla necessaria restituzione di un patrimonio culturale importante ad una popolazione che è stata colpita, evitando impropri meccanismi di gonfiamento delle spese.
Il nostro gruppo faciliterà tutti i percorsi legislativi necessari perché evidentemente è l'ora di guardare subito e con attenzione a questi problemi, per scongiurare altre vicende simili, nelle quali evidentemente il pianto avrebbe ben poco spazio.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Giannattasio.

PIETRO GIANNATTASIO. Signor Presidente, sono state dette molte cose ed io mi limiterò semplicemente a soffermarmi su alcuni aspetti organizzativi. Soprattutto desidero riallacciarmi a quanto ha detto il sottosegretario Barberi circa la pianificazione. Infatti, le direttive sono state emanate dieci anni fa, ma a distanza di dieci anni, secondo lo spirito della nostra sana burocrazia, è sufficiente mettere a posto le carte facendo un sollecito senza controllare se la pianificazione è stata realmente fatta per ritenere di aver svolto il proprio compito.
Voglio ricordare inoltre che nel 1987 il Ministero della difesa ha prestato molti


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ufficiali alle prefetture per realizzare questa pianificazione e per aiutare i prefetti ad insegnare come si sarebbero dovuti realizzare i piani. Ebbene, dopo un po' questi ufficiali furono messi, per così dire, nei sottoscala e a mano a mano furono allontanati. Controlli, per favore, e vedrà che la verità è questa!

FRANCO BARBERI, Sottosegretario di Stato per l'interno. È vero!

PIETRO GIANNATTASIO. Quindi, oltre all'azione direttiva, vi è anche un'azione di controllo alla quale il sottosegretario e l'intero Governo non si possono sottrarre.
Tornando alle cose pratiche, visto che come militare mi sono occupato di numerosi interventi posterremoto, dal Friuli all'Irpinia e via dicendo, vorrei ricordare che proprio nella zona abruzzese, era stata creata una brigata, la brigata «Acqui», chiamata forza di pronto intervento, la quale era articolata non solo come reparto militare, ma anche come unità di lavoro dotata di attrezzi e materiali. Ebbene, nella ristrutturazione che il signor ministro ha fatto recentemente, la brigata «Acqui» è stata sciolta. Le brigate sono state ridotte da 19 a 13 ed il 50 per cento di queste brigate sta a nord del Po, non so a difenderci da che cosa. Forse una delle tre brigate alpine che sono rimaste nella zona potrebbe recarsi in Abruzzo perché - e mi dispiace che non ci sia il collega Marini, che è abruzzese ed ha portato il cappello con la penna e che potrebbe dire come, in fin dei conti, il reclutamento alpino in Abruzzo e nelle comunità montane marchigiane sia validissimo - disporremmo di un'unità sul posto in grado di soccorrere questa terra ballerina, che continua a tremare da parecchi anni.
Inoltre sarebbe ora che il ministro della difesa emanasse disposizioni per mandare in licenza i soldati originari di quelle terre terremotate e per rinviare la chiamata dei soldati di quelle stesse terre, come è stato fatto in passato per tutte le zone che hanno subito calamità naturali.
Infine, si è parlato di frana sulla Flaminia. Ebbene, devo ricordare che proprio l'Umbria e le Marche sono le due uniche regioni d'Italia non dotate di un'autostrada. L'Abruzzo ne ha due, l'Emilia-Romagna è collegata con l'autostrada del sole e con il versante tirrenico, la Campania e le Puglie sono collegate da un'autostrada, ma l'Umbria e le Marche, nonostante tanti politici di quelle zone, non sono mai riuscite ad avere un'autostrada. E lei mi insegna, signor sottosegretario, che le vie di comunicazione consentono l'arrivo rapido dei soccorsi.
Occorre richiamare l'attenzione anche sulla displuviale appenninica, perché si fa presto a dire che si è affidata una responsabilità ad un centro dell'Umbria e ad uno delle Marche, ma esiste un'esigenza di coordinamento tra i due centri. Non è forse il caso allora di creare questo ente di coordinamento, nella figura di un commissario straordinario o quant'altro? Non si può però pretendere, pur sapendo che non ci sono vie di comunicazione, di avere due enti che agiscono ognuno per conto proprio.
Infine, vorrei ricordare che proprio sabato scorso, partendo dalle Marche, dalle zone terremotate, mentre mi alzavo in volo dall'aeroporto di Falconara, ho visto quante roulotte si trovano nel centro raccolta ubicato proprio nelle prossimità dell'aeroporto di Falconara. Ebbene, sabato sera erano ancora tutte lì.
Vorrei ricordare inoltre il famoso raggruppamento di manutenzione delle roulotte, che fu creato a suo tempo e che aveva il compito di tenere in ordine le roulotte stesse. Vediamo invece che le roulotte arrivano sui luoghi dove si verifica una situazione di emergenza disastrate, sporche, con i topi ed altro dentro.
Devo fare anche presente che non ho sentito fare riferimento ad alcune questione sulle quali vorrei soffermarmi. Infatti, ci siamo riempiti la bocca di opere d'arte dell'Umbria, di san Francesco, di Assisi e via dicendo. Ci fa molto piacere avere tutte queste opere d'arte, però dobbiamo ricordarci che la gente ha bisogno di un tetto, sia pure di stoffa, di


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una tenda, perché le case sono lesionate e la gente non ha il coraggio di passarvi la notte dentro.
Vorrei citare l'alta valle del Potenza - che non ho sentito nominare - dove ci sono Pioraco, Fiuminata, Sefro. A Pioraco il comune, le chiese, la scuola, la stazione dei carabinieri sono inagibili. A Cingoli l'ospedale è stato dichiarato inagibile; a Fiuminata quattro chiese su cinque sono lesionate; la frazione di San Cassiano si è vuotata completamente; l'acqua non è potabile... Ho finito, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Parolo.

UGO PAROLO. Signor Presidente, nell'esprimere la piena solidarietà ed il cordoglio alle popolazioni colpite dall'ennesimo disastro italiano, non possiamo non rimarcare ancora una volta le mancanze e le inefficienze della macchina operativa della protezione civile nazionale. Speculare politicamente sul dramma dell'Umbria sarebbe facile ma di discutibile gusto, e non è questa la nostra intenzione, poiché in discussione non sono l'impegno, la serietà o la capacità degli uomini ma la struttura organizzativa dello Stato.
Il sottosegretario di Stato per la protezione civile, professor Barberi, si è affrettato a dichiarare che il terremoto che ha colpito l'Umbria e altre zone dell'Italia centrale non sarà un'altra Irpinia o un altro Belice. Per il bene di tutti, interessati o no al sisma, si spera che ciò possa corrispondere al vero; per il bene delle popolazioni colpite ci auguriamo anche che non sarà un'altra Valtellina, dove lo Stato italiano si è comportato in maniera diametralmente opposta rispetto all'Irpinia e al Belice: tante promesse, una legge impossibile da attuare, poche risorse stanziate e con il risultato che, a distanza di dieci anni da uno dei più gravi disastri di natura idrogeologica, continua a persistere una situazione di pericolo potenziale, forse anche superiore al 1987.
Un plauso al professor Barberi per aver chiarito da subito quali siano le intenzioni governative, ma anche un monito a non dimenticare che a fianco a lui, purtroppo, siedono ed occupano le più alte cariche dello Stato alcuni di coloro i quali furono i principali artefici dell'«Irpinia-gate», a parte il fatto che la maggioranza che sostiene il Governo vede interessati quei parlamentari che potremmo definire «irpini storici» e che furono i protagonisti di quelle tragiche vicende.
Di fronte a catastrofi come quella che ha colpito l'Umbria, la popolazione esige risposte immediate, certezza finanziaria, chiarezza nelle competenze. Temiamo che, passata l'emergenza, la struttura organizzativa dello Stato ancora una volta porti nel dimenticatoio la tragedia che in questo caso ha colpito l'Italia centrale: ritardi si sommeranno ad inefficienze, sovrapposizioni di competenze, mancata o inadeguata erogazione di risorse finanziarie. È lo specchio - mi spiace dirlo - di quanto sta accadendo nelle province di Lecco, Como e Sondrio, colpite dagli eventi alluvionali di luglio. Ancora oggi non è disponibile neppure una lira per le amministrazioni locali che hanno anticipato risorse ingenti, si sono esposte e rischiano il dissesto finanziario perché le imprese reclamano i pagamenti e gli amministratori non hanno risposte da dare. Lo Stato non può pensare di risolvere il problema dell'organizzazione preventiva ed operativa della protezione civile avvalendosi, da un lato, dei prefetti e, dall'altro, addossando ai sindaci responsabilità enormi. I primi, i prefetti, nella maggior parte dei casi sono funzionari viziati, privilegiati, impreparati, che spesso fungono più da intralcio che da aiuto; i secondi sono caricati di responsabilità senza disporre però di adeguati poteri decisionali e disponibilità finanziarie.
Diamo atto dei notevoli miglioramenti introdotti negli ultimi anni, ma siamo dell'avviso che occorra riorganizzare in modo radicale la macchina operativa dello Stato di fronte alle emergenze. È l'occasione per dimostrare l'effettiva volontà riformatrice del Parlamento. Abbiamo presentato una proposta di legge che mira a mantenere in carico ai comuni e alle


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province colpite dalle catastrofi una quota significativa delle imposte pagate dai cittadini, delegando competenze esclusive agli enti locali. Insomma, lo Stato di fronte ad eventi eccezionali delega poteri eccezionali e garantisce risorse eccezionali e certe agli enti locali. Noi riteniamo invece che solo attraverso la piena responsabilizzazione gestionale e finanziaria degli enti locali si possano garantire efficienza, sicurezza operativa, tempestività e fiducia nelle istituzioni. In tal modo finirebbero per sempre le lamentele di impotenza degli enti locali nei confronti dello Stato centrale e si darebbe un segnale forte di fiducia alle popolazioni, garantendo da subito il riutilizzo delle risorse prodotte nei territori colpiti. Non solo, ma finalmente una quota significativa delle risorse prodotte nelle zone a rischio idrogeologico o tellurico verrebbe destinata alle manutenzioni del territorio o alla messa in sicurezza dello stesso.
In conclusione, invitiamo lo Stato italiano a non perdere anche questa occasione, che potrebbe essere l'ultima (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Crema, al quale ricordo che dispone di quattro minuti.

GIOVANNI CREMA. Signor Presidente, prendo atto, in larga parte con soddisfazione, di quanto ci hanno riferito questa mattina il Vicepresidente del Consiglio e l'onorevole sottosegretario Barberi. Signor sottosegretario, ero presente alla conferenza nazionale che si è tenuta nel mese di giugno e la incoraggio ad andare avanti sulla linea della sua relazione, anche per quanto riguarda le parole di estrema chiarezza che ha utilizzato nei confronti del benemerito Corpo dei vigili del fuoco, in particolare sulla opportunità di portare anche in Italia quella necessaria razionalizzazione, integrazione ed efficienza tra il mondo del volontariato ed il Corpo dei vigili del fuoco. So che vi sono molte resistenze al riguardo, ma lei è stato estremamente chiaro e rigoroso; penso che questo sia un segnale non solo della sua preparazione in materia, ma anche di una linea di comportamento netta e chiara del Governo.
Nel rendermi conto delle difficoltà emerse in questa occasione, vorrei ora richiamare la mia esperienza di assessore nella regione Veneto, tra le altre cose anche per la protezione civile. In quelle occasioni ho avuto rapporti stretti con gli enti locali, con i comuni e le province. Ho constatato che, nonostante molte realtà regionali e molti comuni siano sensibili a tutte le procedure e agli atti necessari alla previsione degli eventi tellurici, molte cose debbono essere riviste e molte sensibilità debbono essere riprese. Signor sottosegretario, credo che altrettanta adeguata preparazione professionale - come la sua - dovrebbe esservi da parte di chi ha il compito, liberamente scelto, di svolgere il ruolo di mediatore tra i pubblici poteri e l'opinione pubblica. Tuttavia, rilevo che anche in questa occasione sono emerse non solo difficoltà ma anche carenze: lei stesso, signor sottosegretario, le ha ricordate, con grande lealtà e con grande onestà, al Parlamento. Del resto, credo che la stessa carenza di mezzi e di possibilità di intervento preoccupino molto l'intero Parlamento e tutti i cittadini della Repubblica, se dovessero verificarsi - ciascuno di noi si augura che mai possa accadere - sul nostro territorio ulteriori eventi tellurici (lei, signor sottosegretario, ci ha richiamato le percentuali di rischio che ha il nostro paese).
Per quanto riguarda il terremoto verificatosi nelle regioni Umbria e Marche, le raccomando vivamente di operare - ovviamente assieme alla Presidenza del Consiglio dei ministri - affinché venga completata la fase di emergenza, reperendo i container necessari e i moduli operativi idonei a consentire alla popolazione terremotata di trascorrere la stagione invernale, che sarà molto dura. Le raccomando inoltre di operare per far sì che vengano immediatamente riaperti scuole e servizi pubblici come i municipi e gli ospedali, attraverso l'utilizzo di container e il ricorso ad interventi di emergenza oppure


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attraverso solleciti interventi e soluzioni alternative, da un lato, e di brevi e rapidi interventi di ripristino «leggeri» delle case che presentano lesioni minute e non strutturali, dall'altro lato. Vi sono infatti molte case private lesionate dal terremoto che non necessitano di interventi strutturali. Occorrerebbe quindi favorire, snellendo al massimo le procedure degli interventi «leggeri», il rientro nelle case di una massa consistente di cittadini che oggi stanno appesantendo notevolmente le amministrazioni comunali e l'opera di primo intervento.
L'altro intervento strategico è quello a sostegno della ripresa delle attività produttive; sappiamo che sul territorio umbro-marchigiano gli artigiani sono numerosissimi, il commercio è diffuso e l'attività turistica ricettiva è fondamentale. Pertanto, occorre mettere in moto anche tutte quelle azioni di promozione internazionale che permettano di segnalare che c'è una ripresa della vita reale su quei territori.
Da ultimo, è necessario interessare gli organismi internazionali. Il Vicepresidente del Consiglio ha ricordato l'intervento presso l'Unione europea. Ciò però deve accadere anche nei confronti dell'ONU, affinché tale organismo intervenga per Assisi così come ha fatto per altre città di interesse mondiale (mi riferisco ad Atene); questo permetterà di alleviare l'impegno finanziario dello Stato nei confronti del resto del territorio.
È stata oggi citata la finanziaria; voglia l'intelligenza umana permettere che siano risolti i problemi politici che oggi abbiamo sotto gli occhi, perché credo sarà difficile spiegare ai terremotati che i giochi politici hanno la prevalenza sugli interventi di estremo rigore (Applausi dei deputati del gruppo misto-socialisti italiani)!

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Testa.

LUCIO TESTA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, sono passati pochissimi giorni dagli eventi sismici che hanno ancora una volta seminato danni, lutto e sgomento. Innanzitutto voglio rinnovare il cordoglio per le vittime, la solidarietà alle famiglie e a tutte le comunità colpite da questo evento.
Voglio anche esprimere apprezzamento per gli interventi di questa mattina del ministro Veltroni e del sottosegretario Barberi; un apprezzamento che però non ci può far dimenticare la gravità dei problemi. Pertanto, l'impegno e la vigilanza che dobbiamo riservare a questo evento deve crescere, non già assopirsi man mano che passano i giorni, i mesi dal terremoto.
Il coordinamento tra le amministrazioni centrali dello Stato, gli enti locali, le regioni è il terreno su cui bisogna ancora lavorare. Occorre che le comunità coinvolte tornino al più presto alla vita ordinaria, alle attività produttive. Sabato prossimo è san Francesco: è una ricorrenza che era meta, anche per me, negli anni passati di una visita. Abbiamo letto che si sconsigliava ai turisti di visitare quei luoghi. Vorrei che il Governo mettesse in atto nell'immediato delle misure affinché, non i curiosi, ma chi vuole anche in questi momenti essere presente nelle zone colpite dal terremoto lo possa fare. È un segno di vita; non le possiamo considerare come zone «appestate» dove se cade un cornicione si rimane vittime. Occorre dirlo con molta chiarezza. Se mi sarà possibile, io andrò ed invito anche altri colleghi ad andare proprio per testimoniare il ritorno alla normalità.
Per il ritorno alla piena normalità, ovviamente, occorrono alcuni passaggi, alcuni interventi immediati. Abbiamo ascoltato il sottosegretario Barberi riferirci una serie di misure dirette ad impiantare strutture di accoglienza per l'alloggio e per le esigenze primarie delle popolazioni. Noi siamo preoccupati; devo dire che, in base all'esperienza diretta nel mio collegio, dopo tredici anni dall'evento sismico (era il 1984), solo quest'anno - e di ciò debbo ringraziare il sottosegretario Barberi - siamo riusciti ad eliminare le ultime baracche. Spero, confido che ciò non debba verificarsi anche per le zone


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dell'Umbria e delle Marche colpite dal terremoto. Occorre pertanto intervenire in questo senso: la legge sulla protezione civile, le occupazioni di urgenza, l'impianto di moduli. A proposito di quest'ultimo, vorrei sviluppare il discorso sugli alloggi temporanei.
Oltre al tema degli alloggi temporanei, vi è la questione dell'inoccupato; vi sono infatti abitazioni di proprietà privata che sono inoccupate. Le esigenze di ordine pubblico impongono che si trovino misure tali affinché questi alloggi siano destinati al ricovero delle famiglie che sono sotto le tende. Il Governo proponga, al di là della requisizione, misure che siano anche di salvaguardia degli interessi dei proprietari, con discipline straordinarie in modo tale che non vengano lesi i diritti degli stessi, consentendo però forse ad alcune migliaia di famiglie se non addirittura a decine di migliaia di nuclei familiari, di trovare negli alloggi sfitti una decorosa soluzione sicuramente meno impegnativa dal punto di vista finanziario, signor sottosegretario, rispetto alla scelta di impiantare per anni moduli prefabbricati. Se tale proposta verrà avanzata, la esamineremo sia in Commissione sia in Assemblea: ma se non dovesse venire, allora la presenteremo noi. Occorre una sintonia di interventi.
Per quanto riguarda gli alloggi temporanei, l'inverno è alle porte e vorrei dunque che il sottosegretario Barberi ci illustrasse le difficoltà relative all'approvvigionamento di prefabbricati; quali tempi siano necessari; quante famiglie potranno giovarsi, in tempi ragionevoli, di tali moduli e quante ne rimarranno escluse; quali interventi prevedere per gli esclusi.
Vi è poi la questione della ricostruzione ed occorre, sin da questo momento, avere le idee chiare. Vi è la legge sulla protezione civile, vi sarà la legge finanziaria; il sottosegretario Barberi ha anche richiamato un provvedimento sulla prevenzione e sugli interventi. In base ai dati ed alle cifre forniti, indubbiamente il patrimonio edilizio preesistente, pubblico e privato, presenta percentuali preoccupanti per quanto riguarda gli interventi. In alcuni casi, il 90 per cento del patrimonio abitativo di comunità e paesi è inagibile. Per renderlo agibile occorreranno anni e serviranno migliaia di miliardi distribuiti nel tempo. Parleremo delle procedure esistenti e di quelle che forse occorrerà rendere più snelle al fine di consentire tali interventi.
Chiediamo al Governo delle quantificazioni perché nella legge finanziaria, come è stato ricordato nell'intervento del collega che mi ha preceduto, vogliamo fare il nostro dovere in rapporto ai programmi di intervento. Stanziamenti risibili non seguirebbero la strada della solidarietà; finanziamenti eccessivi, dati i tempi necessari alla progettazione, agli affidamenti e, soprattutto alla valutazione degli interventi di prevenzione, potrebbero essere sfasati. L'idoneità delle regole e dei finanziamenti dipenderà in gran parte da quanto il Governo potrà suggerire.

PRESIDENTE. Onorevole Testa, deve concludere.

LUCIO TESTA. Per quanto riguarda il tema particolare della prevenzione, è vero che esistono delle norme ed è anche vero - lo abbiamo letto sulla stampa - che interventi di nuova edificazione, in particolare quelli degli istituti autonomi case popolari nelle Marche, realizzati da alcuni anni, hanno subito danni irreparabili. Se questo è vero, neanche l'edificazione nuova ha retto all'urto del sisma; è significativo che si tratti di interventi di edilizia pubblica, guidati da regole dell'edilizia pubblica, realizzati da enti attraverso appalti pubblici.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Testa.
Ha concluso?

LUCIO TESTA. No.

PRESIDENTE. Deve concludere.

LUCIO TESTA. Anche per quanto riguarda il patrimonio edilizio dei privati, gli interventi di ristrutturazione, di risanamento e di riqualificazione approvati dai comuni sono tuttora privi di regole di


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ristrutturazione antisismica. Occorre, soprattutto per il futuro e per le zone in questione, che ciò diventi una regola dell'intervento, come oggi, purtroppo, non avviene.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Testa.
Ha facoltà di replicare l'onorevole Galdelli.

PRIMO GALDELLI. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe, il terremoto che ha colpito le due regioni delle Marche e dell'Umbria è stato molto rilevante e man mano che passano i giorni questo dato tende ad accentuarsi. Non so se questo sia un fenomeno già vissuto in altre esperienze simili; comunque, la verifica sul territorio ci dà le dimensioni del sisma che il sottosegretario ha potuto anche riscontrare visitando le zone interessate.
Sono stati interessati centri storici ed edifici pubblici. Anche quartieri nuovi e recenti - in proposito, a mio avviso, va compiuta un'indagine - le cui costruzioni avrebbero dovuto essere edificate con criteri antisismici si sono dimostrati fragili. Ovviamente, questo dato va accertato. Comunque, per l'esperienza e le conoscenze di cui dispongo, emerge un dato, ossia che il cinquanta per cento dei sopralluoghi che vengono effettuati si conclude con dichiarazioni di inagibilità. Se questo dato dovesse essere confermato, le dimensioni del danno tenderanno ad aumentare. Tra l'altro bisogna verificare quale sia il grado di inagibilità, perché mentre vi sono edifici che possono essere ristrutturati, altri dovranno invece essere abbattuti. Ciò creerà problemi non indifferenti per la ricostruzione, anche dal punto di vista urbanistico.
Un altro aspetto che mi interessa evidenziare è quello dell'emergenza, di cui pure si è parlato. Mi pare di aver capito che non tutte le situazioni sono uguali su questo piano.
La legge n.225 attribuisce ai prefetti il compito di coordinare il primo impatto. Sebbene questa disposizione dovrebbe avere il vantaggio di essere chiara, perché definisce i compiti, le funzioni e le responsabilità, una volta applicata sul territorio è apparsa diversa a seconda delle situazioni e - tanto per essere chiaro - a seconda delle province.
Si è visto anche che, purtroppo, non tutti gli enti locali erano pronti ed avevano previsto cosa fare in queste situazioni. Alcuni sono stati colti di sorpresa, nonostante vi fossero stati dei segnali di preavviso: così mi sembra debba intendersi la situazione creatasi con il terremoto del 4 settembre, che però non era stato preso in considerazione, forse perché fenomeni sismici di entità leggera sono abbastanza frequenti, come prima il sottosegretario segnalava. Questo è dunque un elemento che dobbiamo valutare.
Pur essendo eletto in un collegio duramente colpito dal terremoto, non ho partecipato in alcun modo alla polemica politica, anche se ho riscontrato una differenza nell'organizzazione tra le province umbre e quelle di Macerata ed Ancona.
Occorre fare una riflessione sul ruolo delle amministrazioni comunali, dei sindaci ed anche sul nostro ruolo: in situazioni di questo genere bisognerebbe avere un atteggiamento positivo. Le forme di sciacallaggio sono diverse e vi è senz'altro uno sciacallaggio di tipo politico, che andrebbe evitato. Il ruolo che noi possiamo svolgere deve essere quello che l'autorevolezza della carica ci assegna e che consente di mettere in campo le idee e la nostra parola per risolvere i problemi che si creano. Questo non è sempre avvenuto, a mio giudizio.
Un altro elemento al quale pure è stato fatto cenno e che sta emergendo con grande chiarezza riguarda la necessità di passare alla fase successiva rispetto a quella del primo impatto. Finora sono state fornite risposte più o meno valide ed efficienti, sicuramente migliori di quelle date nelle precedenti circostanze. Comunque occorre ancora migliorare.
Adesso abbiamo tendopoli, roulotte non riscaldate, persone che dormono in strutture pubbliche (palazzetti dello sport


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e scuole, per esempio) in una promiscuità che evidentemente non può più essere sopportata. Questo è dunque il problema. A me pare di capire (il sottosegretario Barberi del resto lo ha detto chiaramente) che i mezzi di cui la protezione civile dispone non sono sufficienti, in quanto il numero dei container è notevolmente inferiore rispetto alle necessità esistenti. Se si dovesse verificare un altro evento sismico in questo periodo, ci troveremmo in gravissima difficoltà. È necessario, quindi, dare una risposta in tempi rapidi a questo problema.
Un altro dato che mi interessa evidenziare è che nelle nostre realtà (ma ritengo si tratti di un fenomeno generale) esistono molti alloggi sfitti, che la normativa attuale non ci consente di requisire, sia pure previo equo indennizzo. Ritengo che questo sia uno strumento che si dovrebbe poter utilizzare in tali circostanze, perché esso consentirebbe di alleggerire la situazione occupando territorio e realizzando opere. Per installare i container e i prefabbricati occorrono interventi di urbanizzazione primaria, bisogna predisporre il terreno ed investire risorse. Credo che sarebbe più opportuno se le risorse fossero investite per dare una risposta migliore al problema. Chiedo quindi al Governo di individuare il percorso e gli strumenti che possono essere adottati a questo riguardo.
La terza questione che mi preme mettere in evidenza riguarda la ricostruzione e i relativi percorsi. Gli esempi ci sono e ormai abbiamo avuto esperienze a questo proposito; siamo quindi in grado di definire quale sia il percorso migliore, riferendoci ai casi più recenti, che sono stati citati in quest'aula, e migliorandoli. Sulla base della conoscenza del territorio e della vastità del fenomeno, ritengo peraltro che le cifre indicate nella finanziaria siano di gran lunga inadeguate. Quindi, o aumentiamo tali cifre sulla base di stime e di verifiche rigorose (anche la perimetrazione dell'area colpita dal terremoto deve essere effettuata in modo serio e non come a volte è avvenuto in passato; e all'interno di tale perimetro devono essere definiti con rigore anche i danni e le priorità), oppure vi deve essere un impegno del Governo ad intervenire successivamente, perché la fase della ricostruzione può anche non essere unica ma comportare due momenti di intervento specifico.
A questo proposito, vorrei sapere quali tempi si prevedano per l'adozione del decreto sulla ricostruzione, perché ci sono problemi che riguardano le aziende, soprattutto le piccole aziende artigianali e commerciali. Sarebbe pertanto necessario un intervento di proroga dei termini. Sta per scadere il termine per il pagamento dell'ICI; pensate, colleghi, alla situazione di coloro che, pur avendo una casa non più agibile perché danneggiata dal terremoto, devono comunque pagare l'ICI. Credo che sia necessario un intervento mirato in questa direzione.
Signor sottosegretario, lei ha visto qual è la nostra realtà e sa benissimo che pochi giorni or sono è iniziato l'anno scolastico. L'anno scolastico non è iniziato nelle zone terremotate ed allo stato attuale dei fatti non può iniziare. Non possiamo permetterci ritardi su questo punto ed anche il Ministero della pubblica istruzione deve prevedere interventi straordinari che consentano l'avvio dell'anno scolastico. Le strutture scolastiche sono per lo più vecchie e per la metà sono state dichiarate inagibili; peraltro il grado di inagibilità è diverso e se alcune possono essere rapidamente ripristinate per altre vanno previste soluzioni differenti. È questa una reale emergenza.
Un altro problema che mi è stato sollevato riguarda i giovani che stanno svolgendo il servizio militare o che debbono iniziarlo. Mi chiedo se non sarebbe possibile prevedere il congedo per quanti sono già sotto le armi e vivono nelle zone terremotate ed evitare che partano quanti si apprestano a farlo.
Sull'importantissima questione dei beni culturali interverrà l'onorevole Lenti.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Lorenzetti.


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MARIA RITA LORENZETTI. Consideriamo questo dibattito importante in quanto testimonia l'attenzione e la solidarietà del Parlamento alle popolazioni dell'Umbria e delle Marche colpite dal terremoto, ai familiari delle vittime e dei feriti. Si tratta di comunità locali nelle quali scuole, sede del comune, ospedali, università sono dichiarati inagibili o danneggiati; sono i segni della vita di una comunità che risultano lesionati oltre alle case, delle quali molti cittadini sono rimasti privi. Questo dibattito testimonia la consapevolezza del colpo subìto dal nostro patrimonio storico, artistico, paesistico e monumentale, noto e meno noto, ma sempre diffuso: una risorsa decisiva per il futuro dell'Umbria e delle Marche.
Voglio qui ringraziare tutti coloro che sono impegnati nelle operazioni di soccorso - è falso, onorevole Sanza, che le tende siano arrivate con un giorno e mezzo di ritardo - e voglio ringraziare coloro che sono impegnati nelle prime opere per la ripresa e le istituzioni ed i soggetti sociali che da tutto il paese stanno inviando segni di solidarietà concreta. La prova che abbiamo davanti è durissima, impegnativa per le due regioni, decisiva per il futuro di questi nostri territori. I danni sono rilevantissimi. Non possiamo nascondere che vi è sgomento e vi sono molte famiglie che si stanno chiedendo cosa fare per il proprio futuro, soprattutto nei territori dell'Appennino umbro-marchigiano, caratterizzato da un'economia fragile, fatta di piccole e medie imprese, artigianali, commerciali, agro-industriali e piccole imprese zootecniche. Non possiamo permettere che quei territori vengano abbandonati, che nomi di paesi vengano cancellati. Dobbiamo valorizzare l'orgoglio e la tenacia di chi ha deciso di vivere, pur con fatica, in quelle zone disagiate. È una ricchezza inestimabile, è un pezzo della nostra identità a cui teniamo.
Lunedì riapriremo le scuole; con qualche sacrificio, perché vi sono edifici inagibili e probabilmente saranno necessari doppi turni e l'utilizzo dei container; stiamo togliendo le macerie dalle strade; le attività produttive danneggiate, quelle legate al turismo, stanno cercando faticosamente la strada della ripresa: vanno aiutate; si stanno riaprendo le chiese ed a poco a poco la vita dovrà ritrovare i suoi tempi ed i suoi ritmi normali.
Ce la faremo. I cittadini colpiti dell'Umbria e delle Marche, le istituzioni regionali e locali faranno la loro parte: questo è l'impegno che prendiamo qui in quest'aula, ma con la stessa dignità e determinazione diciamo che da soli non possiamo farcela. L'opera di ricostruzione pretende capacità di governo, una ricostruzione ispirata a principi di programmazione e di governo del territorio, ad interventi integrati sui centri storici e sui nuclei abitativi accorpati, le frazioni, anche di montagna. Quest'opera pretende rigore, coordinamento fra i vari livelli istituzionali e fra i ministeri. Evitiamo - mi rivolgo al Governo - di fornire dati e stime come è successo ad opera del Ministero dei lavori pubblici perché ciò crea solo confusione. Occorrono massima valorizzazione dei poteri locali, che meglio conoscono il territorio e le abitudini, certezza interpretativa delle norme; occorrono procedure snelle, pure in un quadro di garanzia; occorre saper cogliere questa occasione drammatica per attuare il miglioramento antisismico degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali; occorre saper cogliere questa drammatica occasione per investire massicciamente sulla prevenzione.
A questo proposito, siamo d'accordo con il sottosegretario Barberi: usiamo, anche con modifiche, la norma del provvedimento collegato; investiamo massicciamente sui piani di protezione civile, comunali e non solo. L'opera di ricostruzione pretende capacità di responsabilizzazione dei cittadini, non deresponsabilizzazione; non bisogna creare aspettative di assistenzialismo ma responsabilizzazione. Richiede capacità di sostenere e promuovere l'iniziativa dei singoli, nel quadro di una vigilanza dei pubblici poteri e delle attività preposte ai vincoli. Pretende capacità di usare le risorse delle leggi ordinarie di settore; mi

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riferisco alle questioni delle infrastrutture, del turismo, delle attività produttive, dei settori agroindustriale e zootecnico. È una prova di responsabilità a cui sono chiamate tutte le forze politiche e un'intera classe dirigente nazionale. Le popolazioni che soffrono, che pensano al proprio futuro e che stanno affrontando il freddo mal sopporterebbero una precarietà istituzionale e di Governo in questo momento.
Occorre completare rapidamente e rigorosamente i sopralluoghi. Il sottosegretario Barberi ha dato un messaggio rasserenante per le popolazioni, per il loro rientro nelle case, una volta finiti e completati rigorosamente i sopralluoghi. Prima dell'arrivo dell'inverno dobbiamo avere il numero definitivo dei senzatetto, devono essere compiuti i sopralluoghi. Oltre ai moduli prefabbricati, che il Governo ci ha chiarito essere comunque insufficienti, occorre attivare i privati: saranno sicuramente sensibili, ma in ogni caso, controlliamo, perché non ci siano speculazioni.
Bisogna prevedere risorse che consentano di riattare il patrimonio degli IACP, accelerare i piani di edilizia sovvenzionata, rendere agibili gli ospedali, le strutture sanitarie e socio-assistenziali e consentire l'accelerazione delle procedure e l'anticipazione delle risorse finanziarie già previste per quelle strutture ospedaliere i cui lavori sono già iniziati.
Il Governo ha dimostrato una immediata disponibilità: ha fatto la propria parte con un'ordinanza, che avrà bisogno di integrazioni e precisazioni. Mi riferisco alla questione del servizio militare, che è stata già ricordata, e ad altri termini, come quelli processuali e per il pagamento dell'ICI. Così come contiamo, per quanto riguarda il Giubileo, su una maggiore attenzione rispetto a quello che già Umbria e Marche pensavano di aspettarsi. Il Governo ha fatto la sua parte, prevedendo un impegno finanziario pluriennale, che va mantenuto e adeguato nel corso delle prossime finanziarie e che ci consentirà di varare un provvedimento urgente e una legge sulla ricostruzione.
La prova è durissima; serve rapidità per affrontare la seconda fase in montagna, garantendo la vicinanza al proprio bestiame (anche questo è un fatto importante della vita normale). Serve fiducia e la capacità di governo che finora si è dimostrata.
Ai colleghi, a questa Camera chiediamo l'attenzione partecipe ai provvedimenti che saranno al nostro esame (Applausi dei deputati dei gruppi della sinistra democratica-l'Ulivo e di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Benedetti Valentini.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo in una sede squisitamente politica e ci stiamo occupando in questo momento - vorrei sottolinearlo - certo anche delle prospettive della ricostruzione e delle procedure che dovremo mettere in moto a questo precipuo fine, ma soprattutto di quella che è stata la prima risposta all'emergenza di questa calamità. Infatti, vi rendete conto che sarebbe non dico inutile, ma certamente non molto serio e costruttivo, pretendere di risolvere tutti i complessi problemi di sostanza e di procedura, di responsabilità politica e di risorse economico-finanziarie afferenti a quello che non sarà comunque un breve percorso di ricostruzione, data la immane consistenza del danno, liquidandoli in una mattinata o in una giornata di dibattito parlamentare.
Sicché, stiamo al tema. Siamo qui in sede politica soprattutto per sottolineare gli aspetti della gestione dell'emergenza. Credo di essere uno dei non molti che durante questa settimana dal disastro non hanno rilasciato alcuna dichiarazione, ammesso che le mie abbiano un qualche valore, né l'ho fatto a nome della mia forza politica; in quest'ultimo caso ne avrebbero avuto molto di più, dal momento che mi permetto di ricordare che, per quanto attiene in particolare all'Umbria, della quale ho l'onore di essere


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parlamentare, rappresentiamo la seconda forza popolare democratica in termini elettorali, con un 20 per cento di consistenza. Dico tutto questo per farvi rendere conto che certamente abbiamo il dovere, oltre che l'affettuoso istinto, di prendere parte intimamente al dramma che ci ha colpiti.
Abbiamo provveduto a portare una parola di conforto, a far sentire la nostra vicinanza e solidarietà e lo abbiamo fatto senza pronunciare una parola di polemica, senza intorbidare le acque. In questo momento bisogna dare alla gente, ai nostri fratelli colpiti - ed è giusto che così sia - un segno di grande solidarietà e di grande partecipazione.
Ringrazio i nostri giovani, insieme a tutti i volontari che dall'Italia sono affluiti nel territorio e tutti coloro che hanno speso le proprie energie fisiche e morali, per il contributo dato. I nostri giovani, che sono stati inseriti, senza alcun distintivo, nelle squadre di soccorso e di assistenza, hanno cercato di alleviare le sofferenze dei cittadini dell'Umbria e delle Marche, rispetto alla grande sciagura che su di essi si è abbattuta.
Dunque, tutt'altro che un atteggiamento che desse spazio o priorità alle polemiche o che indulgesse a qualcosa del genere, tutt'altro! Ribadisco in questa sede che se il Governo adotterà misure che vanno nella direzione auspicata ed agognata dalla popolazione (misure peraltro che la gente esige), finalizzate ad un soccorso correttamente ed efficacemente gestito ed al pronto avvio della fase della ricostruzione senza pregiudiziali, non mancheremo di dare il nostro sostegno, consenso e collaborazione.
Non sarebbe certo un atteggiamento da opposizione nazionale - quale noi ci onoriamo di essere - responsabile, con alto senso dello Stato e della solidarietà sociale, assumere un comportamento diverso.
Ci troviamo in questa sede per dedicare una giornata di dibattito essenzialmente alla questione dell'emergenza. Siamo riuniti in questa sede, onorevoli rappresentanti del Governo, fino a prova contraria, per esaminare le interpellanze sul terremoto in Umbria e nelle Marche, strumenti parlamentari che, come è noto e tautologico, pongono interrogativi cui devono essere date risposte.
Mi permetto di sottolineare ai rappresentanti del Governo che, per quanto riguarda almeno l'articolata interpellanza presentata dal gruppo di alleanza nazionale, che reca tra le altre anche la mia firma, non è stata fornita alcuna soddisfacente ed analitica risposta. Agli interrogativi posti si replica per dichiarare la propria soddisfazione o meno ed io ho il dovere di farlo, anche se alcuni colleghi non lo hanno fatto.
Voglio sottolineare che siamo molto insoddisfatti delle risposte forniteci e questo sarebbe nulla se non fossero - credo - pesantemente insoddisfatti i destinatari primi delle risposte e cioè i cittadini, le comunità locali, che non possono certo essere soddisfatti, essendo piuttosto sconcertati e comunque in uno stato di preoccupata attesa.
In sede di replica, onorevoli rappresentanti del Governo, voglio dunque ricordare che abbiamo chiesto di sapere quale fosse stato il grado di coordinamento e di efficacia tra Governo, struttura della protezione civile ed organi locali tra di loro e con i comuni interessati in ordine alla gestione dell'afflusso delle risorse per affrontare l'emergenza. Il fatto che sia mancato il coordinamento e vi sia stato un grande marasma in molti casi, non lo diciamo solo noi ed i nostri occhi che hanno constatato la situazione quando abbiamo visitato le varie frazioni, in particolare i centri frazionari, ma anche in taluni casi i centri storici principali, lo dicono le realtà locali, i diversi livelli di governo, le autorità, le articolazioni operative sul territorio, la stampa.
Il grande sforzo ed il grande afflusso di mezzi e di volontari che pure si è registrato, ha rischiato e rischia per molte parti e per molte circostanze di rivelarsi molto inefficace rispetto a quanto avrebbe dovuto e potuto essere.
Abbiamo chiesto se sia vero che autorità, anche di livello governativo centrale

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e periferico, abbiano scoraggiato la partecipazione di reparti delle Forze armate, dell'ordine e l'opera di soccorso: non c'è stata fornita alcuna risposta. È vero che si è disincentivato l'intervento di reparti militari, che pure avevano posto a disposizione uomini e mezzi: questo non lo dico io, non lo diciamo noi. Lo dicono autorità di questi corpi operativi! Nessuna risposta a tale riguardo.
Abbiamo chiesto se sia vero che esponenti parlamentari, anche di area governativa, si siano di fatto assunto un compito direttivo e coordinativo degli interventi, anche all'interno di strutture ufficiali, su mandato di chi e con quali risultati. È cosa di poco conto? Il Governo non risponde; ha parlato di intrusioni, di intromissioni politiche; ha fatto discettare e polemizzare i giornali partendo da banalissimi episodi originati dalle gravissime carenze, dai gravissimi ritardi e dalla esasperazione della gente a cui tutti si cercava, sulle prime, di poter dare una risposta. Ha fatto questo! Poi la stampa ha strumentalizzato, ha amplificato Non lo so, può darsi, ma certo le è stato dato il destro e non lieve! Nessuna risposta ci è stata data anche a tale riguardo.
Si è chiesto perché non si sia fatta della prevenzione: il sottosegretario ci ha illustrato il problema della prevenzione ed anche tutto ciò che essenzialmente intende fare o il percorso che si è avviato. Ci mancherebbe altro che non si dia il sostegno a questi percorsi ed anche, all'occorrenza, la nostra approvazione e il nostro incoraggiamento! Parliamo di zone già più volte colpite dal sisma e non soltanto in anni passati ma nei mesi e nelle settimane scorsi. Stiamo parlando dell'altipiano, della montagna folignate; c'era già la gente accampata e in condizioni di emergenza e non ci è stato detto con quali misure si sia fatto fronte a ciò che sarebbe potuto accadere.
Il sottosegretario ci ha detto - e a tale riguardo egli è invero anche un'autorità - che dal punto di vista scientifico non era facile prevedere la replica di un sisma di grande intensità. Non sono certo io in grado o attrezzato per replicare a queste sue argomentazioni che rispetto; mi pare tuttavia che anche il profano si renda conto che la previsione rientra nell'umano scientifico del possibile, che, come abbiamo visto, viene smentita da «sonori» e drammatici episodi.
Dunque, la campagna di tranquillizzazione che ciascuno di noi ha udito per bollettini televisivi e per bocca di autorità costituite, nelle ore successive alla prima grave scossa di terremoto, mi pare che abbia sicuramente concorso, che sia stata cioè una concausa, all'impossibilità di evitare la gravità delle conseguenze successive. Quale consistenza hanno le polemiche incrociate tra Governo, prefetture (queste ultime hanno fatto tutto ciò che rientra nelle loro incombenze, nelle loro possibilità), organizzazioni di soccorso, regioni, forze dell'ordine, spesso con ingenerose accuse alle forze dell'ordine, che, esorbitando talvolta da quelle che sono le loro normali attitudini professionali, hanno dovuto prodigarsi, come ciascuno di noi ha constatato?
Tutto ciò non lo diciamo noi ma queste autorità costituite. Lo stesso sottosegretario ed altre autorità di Governo hanno detto che è forse sbagliato il coordinamento perché sarebbe più giusta una forma, come l'hanno chiamata (cito a braccio come di solito soglio fare), di federalismo organizzativo e direttivo per cui andrebbe sottratto alle prefetture, oppure no «Sciabolate» di principio su quella che deve essere l'organizzazione di questa opera di soccorso, senza maggiori precisazioni!
Abbiamo poi rivolto un quesito sullo stato d'uso dei materiali, sulla loro quantità e sul loro afflusso. No! È inutile replicare, avete parlato più volte di Nocera Umbra. Uno scandalo il ritardo! Le frazioni completamente abbandonate a se stesse e perfino il centro storico largamente abbandonato a se stesso. Ciò non di meno questo ha innescato polemiche con il sottosegretario ed altri esponenti del Governo. E per quale ragione?

PRIMO GALDELLI. Ma non è vero!


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DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Qui ci sono ragioni politiche? Si vuole forse deprimere l'immagine di qualche amministrazione municipale meno gradita? Spero di no, dal momento che sono state anche amministrazioni municipali riferentisi all'ambito politico dell'Ulivo (si veda quelle di Gualdo Tadino, di Foligno, ma potrei citarne altre) che hanno detto che semmai vi sono state, a tale riguardo, grandi disorganizzazioni e carenze proprio ai livelli governativi. È questa la realtà!
Per quanto attiene allo stato d'uso dei materiali, delle roulotte, delle coperte e degli altri oggetti utilizzati per prestare il primo soccorso ed il primo conforto, si è segnalata la presenza di materiali inutilizzabili. Ebbene, anche questo è un problema da affrontare nella specifica sede politica in cui ci si occupa del primo soccorso e dei primi interventi. E questa è la sede in cui parliamo delle responsabilità di ordine politico in questa vicenda, responsabilità che sono prima di tutto del Governo.
Per quanto attiene agli aspetti finanziari, non si può non osservare come i mezzi stanziati siano inadeguati ed insufficienti. Ci auguriamo pertanto che il Governo preveda ulteriori finanziamenti già nelle prossime ore. Valuteremo inoltre l'opportunità di varare una legge speciale al riguardo o di limitarci ad uno stanziamento nella legge finanziaria.
Valuteremo altresì quanto vengano responsabilizzate le comunità locali o se ci si avvalga di strumenti che reputiamo poco tranquillizzanti. Temiamo infatti che, in nome dell'accentramento, si sottraggano competenze agli amministratori locali, che hanno una diretta conoscenza delle necessità della zona e che potrebbero intervenire in modo più proficuo.
Non ci è stata data inoltre alcuna risposta allo specifico quesito che avevamo posto circa le agevolazioni fiscali e gli interventi da effettuare a sostegno delle attività economiche e produttive della zona. Queste si trovano in una situazione di grave emergenza e non possono pertanto attendere. Se, ad esempio, non si mette chi aveva un forno per panificare o un'azienda zootecnica in condizione di riprendere la propria attività quanto prima, con un indispensabile aiuto economico, non potremo creare le condizioni per tornare a condurre una vita non dico normale, ma che si avvii sulla strada della normalità.
Quali misure si intendono adottare a tale riguardo, quali sgravi, quali esoneri si prevedono? Non ci viene data risposta, anche se noi non chiediamo cose straordinarie, ma interventi calibrati e proporzionati all'entità del problema. Eppure, tutto quello che abbiamo ascoltato sono stati generici auspici. Ma noi non vogliamo tranquillizzazioni, bensì concreti impegni. Desideriamo che non vengano stornate risorse per altre finalità e vogliamo che per rispondere alle esigenze determinate dai nuovi terremoti, non ci rimettano coloro che hanno subito i danni dei vecchi terremoti.
Dobbiamo vigilare che i cittadini di Massa Martana non vengano «scippati», come è invece accaduto, forse a causa di qualche «intrusione» effettuata da esponenti governativi o politici. Sono questioni di cui potremmo dibattere, signori rappresentanti del Governo, perché quei cittadini rischiano di essere «scippati» di una parte delle pur magre risorse necessarie per ricostruire Massa Martana o altri centri dell'area circostante.
Dato il grande rilievo morale abbiamo deciso di trattare per ultima la questione della morte di alcuni cittadini, religiosi, operatori del settore, anziani. Chiediamo che tipo di indagine venga effettuata al riguardo, al di là di quella che doverosamente spetta alla magistratura. Che tipo di indagine amministrativa si sta effettuando? Si sta verificando se ci siano state delle responsabilità e di quale genere siano state? È necessario accertarle con partecipazione emotiva, ma anche con rigore. Non possiamo certo agire con lo stesso stato d'animo dei congiunti che, pur essendo rispettabile, è inevitabilmente caratterizzato da una notevole esasperazione. Ad ogni modo, per quanto rientra nella nostra responsabilità, bisogna chiarire

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a livello amministrativo se vi sono state imprevidenze ed azioni irresponsabili tali da rappresentare una concausa nelle morti che si sono verificate.

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, la prego di concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Purtroppo dobbiamo dire con fermezza, facendo riferimento a fatti precisi e non a chiacchiere generiche, che non sono state date risposte adeguate per quanto riguarda la fase dell'emergenza. Ci sembra di dover dire con la popolazione che, in questo caso, l'intervento è stato peggiore per efficienza, quantità e qualità rispetto a quello effettuato a fronte di altre tristi circostanze analoghe che ci avevano visti all'opera sia a livello governativo che a livello di strutture periferiche.
Sottosegretario Barberi, lei può anche fare gesti di sufficienza...

PRIMO GALDELLI. Non è vero!

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...ma questo non muta la drammaticità della situazione...

PRESIDENTE. Onorevole Benedetti Valentini, la prego nuovamente di concludere.

DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...che io, con dati di fatto, mi sono permesso di denunziare. Ci auguriamo tutti insieme che sia possibile, fin dai prossimi giorni e dalle prossime ore, porre un rimedio alla situazione che ho denunziato nel mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Merloni.

FRANCESCO MERLONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome dei deputati del gruppo del partito popolare desidero innanzitutto rivolgere un pensiero reverente e commosso alle vittime del terremoto che ha colpito e devastato l'Umbria e le Marche. Desidero anche esprimere la viva costernazione per i gravissimi danni subiti dal patrimonio storico ed artistico di queste regioni.
Abbiamo ascoltato questa mattina le relazioni, lunghe ed in gran parte esaurienti, del ministro Veltroni e del sottosegretario Barberi. Vorremmo riconoscere oggettivamente che, a fronte di questa grave ed improvvisa calamità, gli interventi di emergenza predisposti dal Governo e dalle autorità locali sono stati sufficientemente adeguati e tempestivi. Certamente dobbiamo rilevare le difficoltà di tali interventi, che hanno incontrato gravi difficoltà a causa dell'ampiezza del fenomeno, della dispersione delle localizzazioni e della struttura del territorio, prevalentemente in zone collinari e montane. Ciò che però vorrei mettere particolarmente in luce è la dignità, lo spirito di iniziativa e la collaborazione con cui le popolazioni colpite hanno reagito al disastro, confermando la forza di carattere che è loro propria.
Dobbiamo evitare che questo atteggiamento costruttivo e collaborativo venga deluso e scoraggiato da aspettative troppo lunghe, da esitazioni, da ritardi. È urgente il ripristino di condizioni normali di vita nei luoghi colpiti dal sisma. Anche se non si dispone ancora di dati certi e definitivi, la dimensione del disastro si va dispiegando man mano che vengono accertati i danni che colpiscono in modo particolare le abitazioni civili, ma anche strutture fondamentali, come le scuole, le sedi comunali, gli ospedali, le chiese. Sono danni che richiedono ancora purtroppo interventi d'emergenza e soprattutto interventi di ricostruzione rapidi ed organici.
Diamo atto al Governo della prontezza con cui ha posto a disposizione del fondo per la protezione civile la somma che è stata aumentata fino a 76 miliardi; apprezziamo altresì la decisione di prevedere nella prossima finanziaria uno stanziamento di 800 miliardi a favore delle popolazioni colpite.
In particolare vorrei dire che viene considerata estremamente opportuna l'ordinanza


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del Ministero dell'interno che consente l'avvio immediato dei lavori di ricostruzione attraverso l'erogazione di un contributo sino a 30 milioni in conto anticipazione ed aiuta anche l'allocazione in affitto delle famiglie disastrate, con un contributo di 600 mila lire al mese per dodici mesi.
Io credo che dovremmo soprattutto - mi rivolgo al sottosegretario Barberi - favorire nelle città la cessione in affitto degli appartamenti liberi, favorire cioè lo spirito di collaborazione, di solidarietà che si è installato nelle nostre zone e che può portare, anche senza ordini imperativi, al raggiungimento dello scopo prefisso. Tuttavia vorrei rilevare che, quasi a giustificazione dei danni subiti dalle abitazioni, il sottosegretario Barberi ha indicato che il 65 per cento degli edifici delle zone terremotate non sono a norma antisismica. Come il sottosegretario ha potuto rilevare personalmente (ad esempio a Fabriano, dove è stato in visita) in tali località vi sono edifici nuovi, nuovissimi, che sono stati colpiti e disastrati dal terremoto. È quindi evidente che o le norme antisismiche non sono adeguate, oppure che nelle costruzioni non si è tenuto conto in modo sufficiente delle stesse.
Riguardo alle occorrenze finanziarie, vorrei dire che sarà possibile accertarle solo quando si avrà un quadro completo dei danni provocati dal terremoto. Per questo noi, come tutti i gruppi parlamentari in quest'aula, chiediamo che si accelerino le operazioni di accertamento, anche aumentando il personale tecnico addetto. Ci sembra inoltre opportuno porre allo studio sin da ora una norma di legge specifica per le aree dell'Umbria e delle Marche colpite dal sisma; una norma che possa affrontare in modo organico il problema della totale ricostruzione.
Ritornando alle esigenze del presente, vorrei sottolineare alcuni aspetti critici.
Credo innanzitutto che sia necessario garantire la tranquillità - gravemente provata dal sisma - delle popolazioni che sono state costrette ad abbandonare la loro casa e i loro averi, rafforzando la presenza delle forze dell'ordine. Quest'ultima è stata molto utile e molto importante in questi giorni, ma deve essere rafforzata e continuata in modo da impedire il verificarsi di atti criminosi, che purtroppo sono sempre conseguenza di tali cataclismi.
Dobbiamo poi tenere conto che ci troviamo alla soglia dell'inverno (ed il sottosegretario lo sa bene) e che il freddo si è già manifestato; i disagi, infatti, vanno aumentando in particolare nelle zone montane.
Appare difficile, anzi non corretto, permettere l'allontanamento delle popolazioni dalla loro attività agricole e di allevamento, che richiedono una presenza continua e costante. A tal fine è necessario in tutte le frazioni colmare i tempi della ricostruzione, approntando sul posto strutture prefabbricate che offrano ricoveri con un minimo di comfort e di abitabilità. A questo fine, non ritengo che situazioni provvisorie come tende o anche roulotte riscaldate - come ha indicato il sottosegretario Barberi - siano sufficienti. È necessario invece predisporre con urgenza strutture prefabbricate per tutte le frazioni e per le zone collinari e montane, contando sul fatto che nelle città si potranno ricercare alloggi in affitto. Se certamente disporre di un'abitazione decente è un'esigenza primaria, esistono altre esigenze alle quali far fronte e che sono indispensabili alla vita civile: mi riferisco all'agibilità delle strutture pubbliche, quali gli edifici comunali, le scuole e gli ospedali. Su questo piano esistono in alcune località situazioni di pesante crisi che vanno affrontate con estrema rapidità.
Per ciò che riguarda le attività produttive, vorrei dire al sottosegretario Barberi che non abbiamo ascoltato indicazioni adeguate. Le lavorazioni negli stabilimenti principali sono riprese, ma non dappertutto questo è stato possibile. Sottolineo che il sisma ha colpito duramente una parte importante di quella struttura di piccole e medie imprese che sono il vanto e la fonte principale di reddito delle nostre regioni ed ha colpito in modo

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particolare le attività artigiane collocate nei centri storici e quelle commerciali.
In un momento in cui l'economia sembra stia riprendendo, non possiamo permetterci di far perdere alle attività dell'Umbria e delle Marche questa importante occasione. È necessario far presto per ristabilire le condizioni di operatività in tutti i settori della nostra economia.
Infine, vorrei richiamare l'attenzione sui problemi degli edifici di culto, che in quasi tutte le località hanno subito danni estremamente gravi. Gli organi di informazione certamente si sono soffermati a lungo su quelli che sono stati i danni ad Assisi ed al patrimonio storico e artistico degli edifici, ma dobbiamo considerare che le chiese, anche le più povere e le meno pregiate, sono innanzitutto luoghi di preghiera e punti di riferimento per la vita civile delle comunità. Un gran numero di queste chiese è stato gravemente colpito e richiede, anche in via provvisoria, una decorosa sistemazione. In un impegno di ristabilimento della normalità dobbiamo tener conto anche di questa esigenza.
Concludendo, vorrei rilevare come le genti dell'Umbria e delle Marche siano da lungo tempo abituate a fare da sole. Con questa tradizione hanno costruito con le loro mani il loro sviluppo fino al momento presente; questa tradizione è certo di riferimento anche per il loro futuro. Colpite profondamente da questa tragedia, esse non chiedono nulla di più di quanto non sia necessario a riprendere in serenità, con il loro lavoro, con il loro impegno civile, il cammino temporaneamente interrotto (Applausi dei deputati dei gruppi dei popolari e democratici-l'Ulivo, della sinistra democratica-l'Ulivo e di deputati di rifondazione comunista-progressisti).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Turroni.

SAURO TURRONI. Signor Presidente, voglio ringraziare il Vicepresidente del Consiglio Veltroni e il sottosegretario Barberi per le risposte che ci hanno fornito, ma ancor più per l'impegno profuso in questa circostanza.
Gli onorevoli Lorenzetti e Galdelli hanno già detto molto a proposito degli interventi, delle necessità e delle urgenze; io desidero aggiungere come per la prima volta, in modo così compiuto, sia venuta da parte del ministro Veltroni una risposta molto precisa a proposito del patrimonio storico-artistico del nostro paese così duramente colpito.
Devo altresì rilevare, con una punta di orgoglio, che solo il nostro gruppo ha posto domande precise, chiedendo di conoscere le cause di tanti danni, molto spesso attribuibili, a nostro avviso, ad interventi assolutamente contrari alla buona tecnica, alla buona scienza, alla cultura, ma soprattutto contrari alle esigenze di tutela degli edifici. C'è in questo istante una rivolta nei confronti dei beni culturali. Qualcuno ha detto che vengono prima le persone; certamente vengono prima le persone, ma insieme alle persone viene ciò che le rende diverse da tutto il resto del creato, cioè la loro capacità di creare opere d'arte e di mantenere la memoria, l'identità, la ragione stessa della loro esistenza. Sono quindi soddisfatto di quanto il ministro ha riferito a questo proposito, anche se in questa fase non ci ha detto ancora nulla sulle cause delle vicende che hanno provocato questi danni, così come da noi richiesto.
Ho ascoltato in quest'aula da parte di un collega il tentativo di scaricare le responsabilità dovute, personali, individuali, limitate ad una zona del territorio molto precisa, quella di Nocera, a tutti i politici, a tutte le forze, alla maggioranza, al Governo, e così via. Ebbene, le cose non stanno in questi termini. Lasciamo chi ha compiuto quelle azioni, consuete in passato, alle proprie responsabilità; credo sia già stata avviata un'inchiesta. Le colpe gravi risiedono in quel luogo ed alle pratiche che sono state poste in essere.
Ciò detto, non so se dichiararmi soddisfatto o insoddisfatto rispetto alle richieste avanzate. Certo, rileviamo un grande impegno per quanto riguarda l'emergenza. Le azioni che vengono poste in essere


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saranno sicuramente efficaci e tempestive. Sottolineo anch'io, come hanno fatto altri colleghi, la necessità di pensare ad utilizzare per le popolazioni alloggi non occupati; ritengo che tale questione verrà affrontata adeguatamente ed in tempi ragionevoli. Dobbiamo evitare le baraccopoli ma anche l'abbandono del territorio, costringendo - ho sentito avanzare tale proposta nei giorni scorsi - coloro che abitano nelle zone rurali o collinari al trasferimento.
Se dunque rileviamo un grande impegno per quanto riguarda l'emergenza, non notiamo altrettanto impegno - non mi riferisco al sottosegretario né al ministro Veltroni bensì all'azione complessiva del Governo e del Parlamento - per quanto concerne la prevenzione. Le politiche di prevenzione mostrano tutto il loro ritardo. Le morti, a cui deve andare il nostro rispettoso omaggio, la distruzione del patrimonio storico-artistico, la rovina di tanti edifici potevano e dovevano essere evitate. Ed è di questo che, nei pochi minuti che mi restano, voglio parlare.
Le morti toccano il problema della sicurezza, il patrimonio storico-artistico rappresenta anche la storia e l'identità del nostro popolo, gli edifici danneggiati; tutto ciò richiede che vengano ripristinati controlli efficaci e non con la burla del loro trasferimento a livelli sempre più bassi. Da tempo ormai si sa - il sottosegretario faceva riferimento al 1980 ed io posso confermare quanto affermato per mia esperienza diretta - come si deve intervenire, quali strategie devono essere adottate per mettere in sicurezza il territorio e quindi come garantire protezione adeguata agli abitanti. Un evento sismico di intensità limitata, qual è stato quello che si è verificato nei giorni scorsi, ha colpito duramente una zona; ma se avesse investito un'area metropolitana, le limitate risorse, che sono disponibili adesso e che consentono di affrontare in qualche modo l'emergenza, non sarebbero state assolutamente sufficienti a fronteggiare una catastrofe di proporzioni non quantificabili. Tutto ciò (la modalità di intervento e le strategie), è stato senza dubbio definito dal punto di vista tecnico e scientifico, ma vale per i pochi giorni in cui i riflettori sono accesi sulle emergenze. Trascorso questo tempo, spenti i riflettori, tutti i buoni propositi verranno abbandonati e posposti ad altri obiettivi, legati a miti effimeri quali la velocità, l'urgenza, la snellezza, la deregolamentazione, l'eliminazione di lacci e lacciuoli e così via.
Ebbene, dobbiamo renderci conto che è nostro primario compito far sì che ospedali, scuole, comuni, caserme e tutto ciò che è necessario alla struttura dello Stato nelle sue varie articolazioni nazionali e locali, possano funzionare sempre e comunque, in qualsiasi momento, e siano posti in assoluta condizione di sicurezza, senza che rischino di diventare inagibili neanche per poco tempo. Dobbiamo ridurre il rischio di quel 66 per cento dell'edilizia situata nelle zone con perimetrazione sismica, nel quale vive il 40 per cento della popolazione. Occorre occuparci dei capannoni nei quali si svolge gran parte dell'attività produttiva, spesso costruiti, fino al 1984, con strutture prefabbricate connesse con semplici agganci metallici. Infatti, in presenza di un piccolo terremoto, tali strutture possono crollare, prive come sono di capacità di resistere.
Ebbene, il sottosegretario ha parlato di ritardi da parte dei lavori pubblici nel pensare e programmare interventi che abbiano questa capacità e questa portata. Il primo articolo del provvedimento collegato alla finanziaria sottolinea ancora una volta questi ritardi, perché pospone all'imbiancatura delle parti comuni degli edifici, alla cosiddetta rottamazione, agli interventi relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, alla cablatura degli edifici gli interventi per l'adozione di misure antisismiche. Chiediamo allora un'inversione di queste disposizioni, perché il primario interesse del nostro paese è la sicurezza del territorio, dei suoi abitanti e delle sue attività produttive.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Turroni.


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SAURO TURRONI. Sto davvero concludendo.
Per intervenire bisogna conoscere, programmare ed evitare che vengano ridotti i controlli sugli edifici in zona sismica ed effettuati interventi sulle strutture verticali ed orizzontali degli edifici sulla base di semplici dichiarazioni di disattività. Tutto ciò è irresponsabile (Applausi dei deputati del gruppo misto-verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Saraca.

GIANFRANCO SARACA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, abbiamo fatto e stiamo facendo, credo ampiamente, la nostra parte. Non abbiamo criticato per non interferire, disturbare o limitare l'efficacia dei soccorsi e degli interventi. Abbiamo dato disponibilità per agevolare i percorsi legislativi dei provvedimenti necessari per i primi interventi per l'assistenza ai terremotati e poi per la necessaria ricostruzione. Non per questo possiamo tuttavia esimerci dal chiedere conto delle responsabilità - se ce ne sono - sia per le carenze dei soccorsi sia per la determinazione di situazioni che hanno causato perdite di vite umane.
Chiediamo pertanto di conoscere ancora i numeri ed i seguenti dati precisi. Vogliamo conoscere in quali tempi si conti di fornire un ricovero adeguato per l'inverno che non sia ad eccessiva distanza dai centri distrutti. Ricordiamoci infatti che per la maggior parte quelle interessate sono popolazioni di montagna, costituite da agricoltori, allevatori ed artigiani che hanno bisogno di continuare a vivere ed operare accanto al bestiame, alla terra ed al laboratorio.
Vogliamo sapere quando si concluderà la verifica di stabilità degli alloggi lesionati per un sicuro rientro. Ascoltiamo e valorizziamo le professionalità disponibili negli ordini (ingegneri, architetti, geometri, geologi, agronomi), utilizziamo i vigili del fuoco, ma evitiamo di impiegare persone che si rendono disponibili - ciò è apprezzabile - senza però essere dotate di sicura professionalità. Ho avuto riscontro di ciò di cui vi parlo direttamente e personalmente nella giornata di sabato.
Vogliamo conoscere inoltre quali siano le interferenze politiche che hanno portato a distorsioni nella distribuzione dei primi soccorsi. Non abbiamo mai creduto, come ci ha specificato il sottosegretario, che queste fossero rappresentate da un fantomatico consigliere di Nocera o da pochi agitati. Si deve dissipare piuttosto un sospetto. Dalla relazione del Vicepresidente del Consiglio e ministro dei beni culturali si ha l'idea di un terremoto di bassa «sensibilità» culturale e religiosa: se l'è presa principalmente con i beni culturali e religiosi. Abbiamo il sospetto che qui possano esservi state delle interferenze e che si sia voluto forse enfatizzare questo aspetto del terremoto. L'aspetto drammatico era costituito dalle persone che ho trovato sgomente, dignitose e piangenti, fuori dai casali in montagna. Questo, come dicevo, è un dubbio che va dissipato.
Vogliamo ancora sapere perché non sia stato fornito un adeguato presidio di forza pubblica per le piccole frazioni di montagna, al fine di garantire assistenza, informazioni e collegamenti alla popolazione sparsa.
In varie di queste frazioni e in alcuni casolari l'unico presidio che ho trovato era costituito da un nastro di plastica bianco e rosso, che consentiva comunque alla gente di accedere mentre ancora erano in atto scosse di assestamento e si verificavano crolli. Anche questo è stato da me constatato nella giornata di sabato.
Perché non si sono utilizzati l'esercito e le forze dell'ordine? Raccomando che ciò sia fatto nel tempo a seguire per qualsiasi altro evento che si dovesse verificare.
Domandiamo ancora come si intenda operare per evitare che l'assistenza si trasformi in assistenzialismo, calibrando gli interventi sia in relazione ai danni effettivamente subiti sia alle perdite di reddito conseguenti a tali danni. Infatti gli impiegati della pubblica amministrazione o quanti sono addetti ai servizi non


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subiscono perdite di reddito, mentre gli artigiani e gli agricoltori subiscono perdite non solo di reddito ma anche di lavoro e di fonte di reddito. Quindi gli interventi devono essere calibrati in maniera diversa ed immediatamente in modo differente.
Oggi si danno interpretazioni scientifiche del fenomeno, a giustificazione di una leggerezza forse usata nelle dichiarazioni. Noi rileviamo che i telegiornali della mattina hanno dato inequivocabilmente una segnalazione di cessato pericolo e di possibilità di rientrare alle attività normali. Vogliamo sapere se i telegiornali abbiano distorto le dichiarazioni del sottosegretario, che è persona di elevata competenza (ho quindi forti dubbi che in effetti vi sia stata tale distorsione), o se gli esperti abbiano fornito al sottosegretario indicazioni che lo hanno indotto a dichiarazioni che si sono rilevate quanto meno incaute, visto che qualcuno si è recato per verificare la stabilità delle strutture e questo qualcuno - lo ricordo - nel caso della basilica superiore di Assisi erano due frati e due geometri della sovrintendenza: non erano dunque né vigili del fuoco, né persone esperte di queste problematiche.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Saraca.

GIANFRANCO SARACA. Vorremmo anche chiedere se in questa fase di emergenza sia stato predisposto un piano di protezione civile per gli handicappati e se esista un piano logistico all'interno della protezione civile che affronti la problematica in modo organico.
Questo chiediamo di sapere e riteniamo altresì importante conoscere, signor Presidente, in caso di un altro evento calamitoso sul territorio nazionale con quali mezzi ed in quali modi saremmo in grado di intervenire.
Ecco dunque le risposte che questo Parlamento chiede, le risposte che la gente terremotata ed il paese aspettano.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Ciapusci.

ELENA CIAPUSCI. Nell'esprimere cordoglio e solidarietà alle popolazioni colpite dall'ultimo terremoto, non posso assolutamente ritenermi soddisfatta delle risposte fornite dal Governo.
Da parte del Vicepresidente del Consiglio dei ministri non vi è stata una sola parola di conforto e di rinfranco ai superstiti del terremoto, alle persone senza tetto, soltanto un grave rammarico per i danni subiti dai monumenti, pur importanti ma comunque sempre monumenti, dai beni storici e dal patrimonio artistico.
Il sottosegretario per la protezione civile, professor Barberi, ci ha illustrato il metodo di intervento che teoricamente prevede criteri ineccepibili per i primi soccorsi e per quelli successivi, nonché per gli interventi di seconda fase. Ma nella pratica non è così.
L'inefficienza che lo Stato sta dimostrando anche in questo caso, così come nell'alluvione lombarda dello scorso giugno, deriva dall'assoluta inapplicabilità di leggi volute da una gestione centralistica del paese. Lo Stato non riesce ad essere immediatamente presente sul territorio, poiché le direttive per la protezione civile sono mosse da una volontà accentratrice, che non presuppone conoscenza diretta dei territori colpiti.
Agli enti locali vengono lasciate le sole competenze burocratiche, come dei passacarte, e le responsabilità che tutti conosciamo - di natura anche penale - ma non viene riconosciuta loro alcuna possibilità di valutazione e di intervento immediato.
Questo Stato, con le sue non risposte alla cittadinanza - padana, del centro, insulare o meridionale - è uno dei principali motivi della completa inefficienza dei primi soccorsi in caso di eventi catastrofici. Muovere le forze di soccorso da lontano o da vicino è poco importante se il detonatore è troppo distante, se le scelte vengono prese nella più elementare ignoranza dello stato dei luoghi e se le valutazioni derivano da completa incompetenza. In questi casi arrivare subito significa comunque arrivare sempre tardi.


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La gente ha bisogno di aiuto immediato e lo Stato, così come è attualmente ordinata la protezione civile in Italia, non è in grado di dare questa risposta.
Sono sindaco del comune maggiormente colpito dagli eventi alluvionali di giugno che hanno interessato la zona alpina lombarda ed ero personalmente in prima linea in occasione dell'alluvione in Valtellina nel 1987. Ho ancora negli occhi lo sguardo della gente che di notte ho fatto uscire di casa! Le stesse persone che sono scampate alla disgrazia oggi mi domandano che cosa si è fatto per metterle in condizioni di sicurezza. La velocità nel giungere sui luoghi dimostrata allora come oggi dal Capo dello Stato, dai nostri politici, dai consiglieri regionali e dai membri del Governo è stata impressionante. Uno spiegamento di forze ha accompagnato il Presidente della Repubblica, i prefetti, gli assessori regionali, i ministri e i sottosegretari; le autorità (e non sempre quelle competenti), pur di fare passerella, hanno comportato un ritardo di tempi e distolto forze già scarsamente disponibili a prestare soccorsi, hanno posato per i giornali e per i mass media gettando fumo negli occhi della gente che ha bisogno di aiuto. Dopo queste sceneggiate, in cui ci si è scrollati di dosso le proprie responsabilità nei confronti dell'opinione pubblica, quali sono i risultati?
Si emettono ordinanze piene di contenuti ma prive di coperture finanziarie, cioè si fanno promesse. La finanziaria, nella quale neanche la maggioranza crede, non dà una disponibilità finanziaria immediata, quindi non è una risposta. Sappiamo bene che quando si parla di ricostruzione, soprattutto nel Mezzogiorno (abbiamo molteplici esempi di finanziamenti plurimi per i terremoti di inizio secolo, e non soltanto), le opere di ricostruzione vengono valutate ai fini di taluni business del malaffare. Dall'altra parte, però, ci sono persone semplici che hanno bisogno di risposte immediate e che vivono con uno stipendio mensile di un milione e mezzo o anche meno.
Il responsabile del COM di Sondrio negli eventi alluvionali del giugno scorso si è dimostrato completamente inefficace; è stata pertanto chiesta la sua destituzione e sostituzione, che però non è avvenuta. Con la finalità di tutelare i cittadini e l'incolumità pubblica nel caso dovesse verificarsi un disastro analogo a quello di cui si parla, è stata chiesta la rimozione del prefetto di Sondrio. La possibilità che i giovani di leva delle zone colpite possano tornare alle loro case per dare maggiore disponibilità operativa, intervento che allo Stato non comporterebbe alcuna spesa, non è stata presa in considerazione. Questi sono due esempi di latitanza del Governo: non è solo negligenza, è arroganza!
Con le buone intenzioni, che comunque questo Governo non dimostra di avere, non si mette la gente in condizioni di sicurezza. I cittadini hanno diritto ad una risposta concreta.
Il decentramento delle cariche e delle responsabilità, il trasferimento di maggiori facoltà ai sindaci sul territorio, anche e soprattutto nella gestione della ricostruzione: sono questi i provvedimenti che mettono la gente in condizioni di sicurezza. Solo la tutela del territorio a livello locale può consentire di pianificare interventi seri e duraturi; diversamente, si avrebbe soltanto il perdurare della connivenza tra politica e mafia, da sempre esistente in questa agonizzante prima Repubblica.
Onorevole ministro dell'interno, il metodo usato dal Governo per rispondere alle esigenze derivanti dalle calamità è solamente di facciata. Le possiamo assicurare che, mentre per voi i cittadini sono solo voti, quindi numeri, e la maggiore perdita è costituita dai monumenti, per i padani la vita umana è ancora il più alto gradino della scala dei valori. Per l'ottusità con cui vengono effettuati i primi interventi di soccorso, ministro Napolitano, gli undici morti che ci sono stati sono sulla sua coscienza (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania).


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PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Bastianoni.

STEFANO BASTIANONI. Signor Presidente, insieme al collega Testa e alla collega Sbarbati (che oggi è assente perché in missione), il gruppo di rinnovamento italiano ha rivolto un'interpellanza al Governo per avere informazioni e notizie sullo stato della situazione venutasi a determinare all'indomani del 26 settembre dopo l'evento sismico che ha colpito le Marche e l'Umbria.
Debbo riconoscere che il Governo, nelle persone del Vicepresidente del Consiglio e del professor Barberi, ha fornito una puntuale e dettagliata informativa sulla situazione, sulle procedure che sono state adottate e sulla ricognizione relativa al censimento dei danni, agli uomini ed ai mezzi impiegati. Siamo stati quindi in parte rassicurati, anche perché i danni si sono dimostrati di gran lunga superiori rispetto alla valutazione del primo momento, quando le notizie erano ancora frammentarie. Disponiamo così di un quadro, di una fotografia della situazione che ci è sembrata esauriente e nitida.
Restano tuttavia alcune preoccupazioni per quanto riguarda le misure future. Come diceva anche il professor Barberi sono largamente insufficienti gli interventi che sono stati predisposti per fare fronte all'emergenza. Vi è poi il problema dei tempi, tenuto conto anche del periodo dell'anno in cui ci troviamo. Si tratta infatti di zone appenniniche in cui fa molto freddo già ora e dove le condizioni climatiche sono estremamente sfavorevoli; il fattore tempo è dunque molto importante nel predisporre soluzioni dignitose per la qualità della vita di queste persone, spesso molto anziane e sole, bisognose quindi di assistenza anche per le esigenze della vita quotidiana. Invito dunque il Governo a tenere conto della necessità di intervenire per fare fronte a queste esigenze.
La preoccupazione riguarda sia le misure sia i tempi. Un collega affermava prima che non si chiedono solo soldi. Certamente non si possono operare interventi senza adeguate risorse, senza impegnare i necessari stanziamenti; tuttavia è importante anche agire per via legislativa, per esempio attraverso interventi di carattere creditizio, come mutui agevolati per ripristinare le abitazioni e le attività produttive e commerciali. Sappiamo che queste zone sono caratterizzate - parlo soprattutto delle Marche, che conosco - da una intensissima e diffusissima rete di piccole imprese artigianali e commerciali, che sono la fonte di reddito per le persone che vivono in quel territorio. È dunque importante che vengano assunte misure di carattere creditizio ed agevolazioni fiscali che tengano conto degli eventi che si sono determinati. Si tratta, come si diceva, di persone abituate a non chiedere ciò che non è dovuto. Sarebbe bene però (in un primo tempo vi sono state anche polemiche in tal senso) che non si riproducessero situazioni di disagio e di malessere tali da far pensare che per qualcuno è possibile dare risposte in un certo modo ed entro certi tempi mentre per altri le risposte possono venire entro tempi più lunghi o non venire affatto. Molto c'è da fare ed occorre contare sul senso di responsabilità di tutti. Ho ascoltato gli interventi di molti colleghi e posso dire che non vi è stato accanimento, ma una viva preoccupazione di tutti; quella che viene rappresentata in quest'aula è l'esigenza che queste persone non vengano dimenticate. Finita l'eco dei mass media, finiti i servizi degli inviati speciali che trasmettono da quelle zone sappiamo che si verifica poi una sorta di oblio; non vorremmo però che queste persone vivessero per mesi o anni sotto le tende e nelle roulotte.
Le istituzioni devono e possono dare un segnale forte ed importante. Per questo chiediamo al Governo di assumere tutte le misure necessarie che possono essere adottate anche attraverso l'azione parlamentare e l'intervento legislativo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Lenti.

MARIA LENTI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi e colleghe,


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entro subito in medias res: i danni al nostro patrimonio artistico e storico-architettonico e urbanistico, anche delle scuole, sono enormi. Nessuna retorica mi muove, in verità, ma la manifestazione di un dolore, sì, che non vanifica, né sommerge, né diminuisce - anzi, tutt'altro - quello per le perdite di vite, per il disastro economico, per il disagio delle popolazioni delle Marche e dell'Umbria, da sempre laboriose, attente, aperte alla costruzione nella loro relazione con la vita, con la comunità socio-politica, con il lavoro, con la propria esistenza. Questo dolore si pone accanto ed è il sintomo di una solidarietà che va alle comunità che da subito hanno raccolto le energie proprio per salvare il salvabile, per ricominciare. Parlo dei sindaci come dei singoli, degli amministrazioni come dei proprietari di laboratori e attività lavorative, più che altro artigianali, dei giovani come dei più grandi, impegnati nel volontariato; parlo degli uomini di chiesa, che cercano di salvare il loro patrimonio; parlo anche di quei volontari che filtrano e setacciano i detriti e la polvere dei soffitti per recuperare affreschi o pareti sbriciolate.
Questo dibattito è una parte - io credo - di quella e questa solidarietà. Ma credo che il dibattito non basti, a meno che non serva a dare le linee di interventi che, anche nei beni culturali, devono partire da subito; altrimenti questo dibattito diventerebbe politicistico, nemmeno accademico.
Questo patrimonio è il senso non solo di una storia, di una civiltà, di un tempo lungo, che vale a dare radici e bagagli, ma di un paesaggio culturale ed economico, di un godimento estetico e di un tessuto, anche indiretto, di lavoro. Sui beni culturali Marche ed Umbria hanno investito energie ed orgogli: se si chiede a un cittadino qualsiasi di queste regioni chi è il tale o talaltro pittore oppure si chiedono notizie su questo o quel palazzo, ci si sente rispondere spesso con un sentimento pieno di proprietà - dico di proprietà e non di possesso - e di appartenenza. Allora, chiediamo al Governo che questa proprietà e questa appartenenza siano ricostituite, ripristinate prima possibile.
Attorno ad esse, come dicevo prima, ruotano tra l'altro turismo, crescita e stabilità economica, distensione e discussione culturale: dai più grandi centri e dai maggiori beni culturali ai più piccoli, a quella chiesa di un paesino che ha ancora sepolta sotto le macerie una tavola di un grande pittore (ma per me sarebbe potuto essere anche un piccolo pittore o un anonimo: è comunque un bene culturale).
Non desidero fare nomi di artisti e di centri, di città o paesi, non voglio privilegiare, perché questo patrimonio artistico è diffuso dappertutto ed è ricchezza di tutti, riserva inesauribile; naturalmente, se tutelata, se recuperata, se ripristinata.
Ecco, signori del Governo, chiediamo che sia capillare la ricognizione dei danni dei beni colpiti; che i fondi stanziati siano subito a disposizione di chi deve recuperare questo patrimonio; che altri fondi possano essere prestissimo disponibili (perché i danni sono davvero ingenti, da nord a sud, da est a ovest), affinché questi beni siano recuperati; che siano da subito definite e stabilite le competenze (chi deve entrare, chi ha la responsabilità di recuperare e con quali modalità) e che quindi siano evitati i conflitti tra i ministeri, i sovrintendenti vari, archeologici, artistici, eccetera, conflitti che rallenterebbero, più gravemente impedirebbero gli interventi. Sappiamo che i beni sono dei comuni, delle province, delle regioni e dello Stato: vorremmo che fossero da subito definite le competenze, proprio per evitare ritardi.
Chiediamo che sia evitata la pesantezza della burocrazia e delle carte, facendo leva proprio sulla essenzialità della legge e non sulla somma delle disposizioni vigenti. Chiediamo ancora l'intervento per proseguire e completare celermente quel catalogo dei beni culturali iniziato da tempo, sempre in itinere, che il ministro Veltroni, in Commissione, rispondendo ad un mio intervento, si era impegnato a portare avanti.
Se è vero che il terremoto è una forza a sé stante, minimamente controllabile, è

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pur vero che tutto ciò che possiamo fare per contenere i danni lo dobbiamo fare prima del suo verificarsi e subito, intervenendo nella tutela, nella prevenzione, nelle attività conservative e di recupero, a norma di quelle leggi fisiche antisismiche vigenti in tutto il mondo. Ritengo che potremmo rimproverarci di meno ed avere meno rimpianti se questo fosse stato fatto per tempo. Tutto ciò lo deve fare il Governo per la popolazione umbra e marchigiana, per i centri colpiti, per gli amministratori e per tutta la cultura italiana ed internazionale. Il Governo lo deve fare per tutte quelle persone che, con un amore davvero forte e con senso di responsabilità sia pubblico sia personale, hanno ripreso subito a lavorare, pur con il dolore nel cuore. Non vorrei peraltro che quest'ultima espressione fosse sentita come retorica, perché è reale.
Il Governo dunque deve essere consapevole di ciò, presente, attivo e fattivo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Giacco.

LUIGI GIACCO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho apprezzato le esaurienti e dettagliate risposte fornite all'interpellanza, di cui sono firmatario, dal ministro Veltroni e dal sottosegretario Barberi.
Il nostro paese è costretto periodicamente a fare i conti con il terremoto, che mette alla prova le migliori qualità delle nostre popolazioni e rivela la necessità, anche se non possiamo contrastare gli eventi sismici, di interventi di prevenzione, di programmazione e di governo del territorio, al fine di attenuarne le tragiche conseguenze.
La gravità dell'evento sismico del 26 settembre, che ha colpito i territori delle Marche e dell'Umbria, ha provocato 11 morti e 150 feriti, alle famiglie dei quali esprimiamo la nostra partecipe solidarietà. Tale terremoto ha causato pesanti danni e sofferenze alle popolazioni, distruzioni e lesioni gravi alle abitazioni civili ed agli edifici pubblici (ospedali, case di riposo, scuole, residenze municipali, strutture giudiziarie, caserme, università e teatri), nonché alle attività produttive e commerciali, artigianali, professionali, agricole, turistiche e di servizi.
Per evitare che si ripetano le scene strazianti che si sono viste in questi giorni nei servizi televisivi dalle Marche e dall'Umbria di persone che nello spazio di una notte e di un mattino hanno perduto tutto quello che avevano (la casa, i mobili e gli oggetti quotidiani, che oltre al valore reale avevano l'incalcolabile valore dell'affetto e della memoria), dobbiamo prendere l'impegno solenne di non dimenticare. Non dobbiamo scordare che, se non attueremo nel territorio corretti principi di edificazione antisismica, le vicende di queste giornate rischieranno di ripetersi in futuro.
Un ringraziamento particolare va espresso a tutti coloro (amministratori locali, volontari, medici, infermieri della Croce rossa italiana, vigili del fuoco, Forze armate, personale dipendente delle varie amministrazioni della protezione civile) che si sono prodigati in modo encomiabile per alleviare i disagi della popolazione.
Si sono registrate, al di là di qualche polemica dilatata più del necessario, importanti manifestazioni di solidarietà concreta da parte di istituzioni e di soggetti sociali da ogni parte d'Italia e si è evidenziato il pregio della tenacia e della buona volontà delle popolazioni colpite, che conoscono concretamente un solo modo per prosperare: il lavoro.
Al Governo chiediamo, anche a nome delle popolazioni che rappresentiamo (io sono marchigiano, ma credo di poter parlare anche a nome degli umbri, con cui condividiamo tante caratteristiche umane e ambientali), provvedimenti tempestivi e validi per tornare alla normalità della vita produttiva e più in generale della vita quotidiana.
È indispensabile che i due commissari nominati, individuati opportunamente nei presidenti della Marche e dell'Umbria, possano disporre prontamente di un'adeguata dotazione di cassa per gli interventi più urgenti. Si tratta di due piccole


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regioni che non possono attingere ai propri modesti bilanci ed è quindi necessario l'intervento dello Stato.
Un'altra particolare richiesta che proviene dalle popolazioni e dalle istituzioni riguarda la necessità che l'ordinanza n.2668 del 26 settembre 1997 del Ministero dell'interno, già modificata il 1 ottobre del 1997, venga ulteriormente integrata cosicché possa prevedere anche l'intervento nelle attività agricole e zootecniche, come già richiesto dalle regioni Marche ed Umbria per il tramite del Ministero dell'agricoltura.
Inoltre si ritiene utile predisporre misure per concedere licenze o esenzioni dal servizio militare di giovani residenti nei comuni terremotati, in modo che la loro presenza possa facilitare la ricostruzione e sia segno di speranza per le comunità locali.
La normalità da ripristinare passa prioritariamente per il completamento della fase dell'emergenza, con particolare riferimento alle popolazioni rimaste senza abitazioni, alla ricostruzione e al recupero dell'immenso patrimonio abitativo danneggiato, a rendere agibili le strutture scolastiche e sanitarie e gli edifici pubblici, alla ripresa delle attività produttive, agricole e al recupero dello straordinario patrimonio artistico e ambientale.
I provvedimenti richiesti nell'interpellanza presentata dal gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo permetteranno di ricominciare a sperare da subito nel futuro, dopo queste giornate di lutto e sofferenza (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Conti.

GIULIO CONTI. Signor Presidente, a nome del gruppo di alleanza nazionale e mio personale, abitando in quelle zone e quindi conoscendo alla perfezione la situazione, mi rendo conto come il terremoto sia uno di quei fenomeni che non riusciamo a spiegarci con la ragione nell'età della tecnologia che stiamo vivendo.
Siamo abituati a controllare tutti i fenomeni, di qualsiasi natura e vorremmo poter controllare anche i fenomeni naturali, ma ovviamente questo è ancora impossibile e ciò vale soprattutto per il terremoto.
Partendo da questa premessa un intervento critico, che poi farò, non sarebbe giustificabile. Ma io ritengo che invece lo sia perché le risposte date alle nostre interpellanze non sono esaustive in quanto, signor ministro, signor sottosegretario, sono state nascoste alcune cose di fondamentale importanza.
Anzitutto non è vero, come sa l'onorevole Giacco e come sanno tutti coloro che sono marchigiani, che la prima scossa si è verificata il 26 settembre. La prima scossa di un certo rilievo, infatti, si è verificata il 6 settembre e le scosse di terremoto sono proseguite per venti giorni nell'indifferenza delle autorità, senza che nulla sia stato fatto in nome della cosiddetta prevenzione.
Gli abitanti di quelle zone spesso hanno dormito all'addiaccio nelle proprie auto o in altre strutture, prima della scossa registrata nella notte del 26 settembre. Ritengo che questa imprevidenza debba essere attribuita a qualcuno; certamente non la possiamo attribuire ai parlamentari, agli uomini dell'opposizione, che invece sono stati accusati proprio dal sottosegretario Barberi di strumentalizzare la situazione, cosa che non abbiamo fatto.
È vero, fino ad oggi si sono registrate 700 scosse, ma molte di esse si sono verificate prima del 26 settembre. Per dovere di onestà ciò andava detto.
È altresì vero che vi è stata una responsabilità degli uomini dell'opposizione; avremmo potuto scatenare delle vere rivolte popolari in montagna, in quanto alcune strutture alberghiere di quella zona sono piene di profughi albanesi che vi pernottano mentre i profughi italiani dormono in roulotte o in tenda, ma non l'abbiamo fatto.
Le dichiarazioni superficiali rilasciate da alcuni membri del Governo valgono per chi le ha fatte, ma non valgono in nome dell'obiettività e della serietà.


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Io ritengo che queste speculazioni di natura demagogica sarebbero state in qualche misura giustificate se ci fossimo trovati di fronte ad atteggiamenti canaglieschi da parte di chi si è voluto criminalizzare, ma simili atteggiamenti non ci sono stati.
Ho visto un sottosegretario di questo Governo - di cui non faccio il nome, ma lo farò se me lo richiederete - che è arrivato nella zona di pronto intervento del comune di Serravalle del Chienti, ha apposto la firma nel registro, consegnandola all'addetto della prefettura, ha reso una intervista radiotelevisiva e se ne è andato dopo mezz'ora. Questa è una speculazione vera e propria sul terremoto!
Se vicende del genere, che non abbiamo evidenziato in sede locale, dove avrebbero potuto determinare dei contraccolpi molto gravi tra la popolazione, se simili comportamenti di sfacciata demagogia continuassero, anche i parlamentari ed i partiti dell'opposizione si troverebbero costretti a mettersi sullo stesso piano. Come in precedenza l'onorevole Benedetti Valentini evidenziava, i parlamentari ed i partiti dell'opposizione hanno invece contribuito a rendere più vivibile e più rapidamente recuperabile la situazione.
Ho ascoltato alcune delle proposte avanzate da taluni colleghi e dal Governo sulla agibilità delle costruzioni. Reputo si debba dare inizio ai lavori di recupero ed alle opere murarie quanto prima, altrimenti corriamo il rischio di trovarci di fronte ad un secondo Belice. Infatti, se prima si portano le roulotte, successivamente le tende, quindi i container ed infine i prefabbricati, si finisce per rendere stabile una situazione che dovrebbe essere soltanto di transizione. È per questo che giudico una simile scelta completamente errata.
Sono molto preoccupato anche per la proposta - peraltro anche giustificata - di rendere agibili le scuole, avanzata da un deputato marchigiano. È giusto cercare di aprire le scuole quanto prima, ma non vorrei che nelle zone montane, dove la gente dorme nelle tende e di notte già ora muore di freddo, le scuole riattate venissero trasformate in alloggi, perché ciò sarebbe inevitabile se venissero recuperate solo le strutture scolastiche. Si tratta quindi di una questione da valutare con attenzione.
Vorrei svolgere altre note di natura critica.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Conti.

GIULIO CONTI. Nel giorno in cui si sono verificate le due scosse di terremoto molte scuole vicino all'epicentro sono rimaste aperte ed erano piene di ragazzi. Inoltre sono state deviate colonne di roulotte dalle zone montane e portate in zone di pianura prima del passo di Col Fiorito. Ebbene, giudico tali decisioni poco serie e reputo necessario individuarne le responsabilità al fine di impedire che abbia a ripetersi quanto è già accaduto.
Ritengo opportuno inoltre avanzare una proposta. Non credo che i finanziamenti possano essere elargiti in modo cumulativo per recuperare tutto quello che è stato danneggiato. Come si fa a quantificare in termini economici i danni arrecati dal terremoto ai beni artistici e culturali, all'edilizia abitativa e a quella pubblica? Credo che queste voci debbano essere classificate in modo diverso e distinto in occasione dell'esame della legge finanziaria, altrimenti si corre il rischio di innescare conflitti di competenza e determinare ritardi. È opportuno, invece, destinare le somme in base ai dati quantificati caso per caso, separando i beni artistici dall'edilizia abitativa e da quella pubblica (Applausi dei deputati del gruppo di alleanza nazionale).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Scaltritti, il quale dispone di tre minuti di tempo.

GIANLUIGI SCALTRITTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, il 25 e il 26 settembre la violenza del terremoto ha colpito


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duramente la popolazione marchigiana ed umbra e con essa un territorio che racchiude un grande patrimonio storico ed artistico.
Questa gente, con bambini, anziani, invalidi, malati, donne in stato di gravidanza, si trova oggi fuori dalle proprie case, in condizioni precarie e, prevalentemente, in zone di montagna, mentre il freddo dell'inverno si avvicina e la speranza, insieme a loro, non sembra trovare asilo. Certamente non è con le polemiche, con la disorganizzazione, con le roulotte inagibili, con la mancanza di container o con gli stanziamenti irrisori che si può alimentare la speranza di chi vede sconvolta la propria vita, il proprio lavoro e si aspetta che il Governo assolva ad uno dei suoi compiti fondamentali: quello di aiutarli nel momento del bisogno con fatti e non con parole.
Di parole ne sono state spese molte. È il caso della promessa dello stanziamento di 800 miliardi in finanziaria, ma le anticipazioni sulle modalità tecniche di questo stanziamento, già di per sé insufficiente rispetto ai reali danni, lasciano perplessi sulla sua immediata spendibilità.
Quello che serve nelle Marche e nell'Umbria è uno stanziamento di risorse di entità ragionevole, proporzionate ai danni subiti, in grado di essere spese subito con trasparenza ed equità, non solo per ripristinare le condizioni preesistenti ma anche per rilanciare un territorio ricco di possibilità e che merita un'attenzione che fino ad oggi non ha mai avuto.
I fondi destinati alla ricostruzione devono essere attribuiti con metodi semplici e diretti solo a chi ha avuto danni reali ai beni e alle attività. È necessario puntare sulla laboriosità delle genti marchigiane ed umbre, favorendo la diminuzione della pressione fiscale e l'alleggerimento degli oneri sociali previsti in misura minima negli articoli 13 e 14 dell'ordinanza del 28 settembre, che consentirebbero di dare all'attività un'immediata disponibilità di risorse.
Le vite umane e le sofferenze dei cittadini senza tetto contano molto più di qualsiasi impagabile bene artistico ed è per questo che non si deve ingannare l'opinione pubblica (anche se i danni alla basilica di san Francesco rappresentano una grave perdita) dimenticando, come è già avvenuto in passato, la gente nelle strutture di primo intervento dopo aver provveduto ai danni più vistosi. Non si devono commettere errori già fatti in Irpinia, in Friuli, nel Belice; si devono definire tempi di intervento certi ed immediati, soprattutto perché le migliaia di persone senza casa abbiano qualcosa di più confortevole di una tenda da campo e perché si avvii e si concluda entro un ragionevole numero di anni la ricostruzione delle abitazioni distrutte. È necessario applicare un'attenta equità nel distribuire gli interventi, non solo su una scala di gravità, ma anche valutando la vastità territoriale dell'evento perché anche le zone più lontane dall'epicentro hanno subito danni gravi, come parecchi comuni del Piceno. Ne cito solo alcuni: Montalto delle Marche, Ripatransone, Amandola, Comunanza, Cupra Marittima, dove, a seguito dei sopralluoghi, sono stati dichiarati inagibili antichi importanti edifici adibiti anche a servizio pubblico.
L'entità dei manufatti di interesse artistico distrutti dal terremoto su tutta l'area umbro-marchigiana purtroppo è notevolissima e, poiché riguarda un patrimonio universale, occorre che la comunità internazionale, attraverso la CEE e l'Unesco, venga sensibilizzata nell'operazione di finanziamento della ricostruzione.
All'inizio del mio intervento ho fatto riferimento alla speranza; ma non ne vedo alcuna, soprattutto per la crisi che sta minando questo Governo e questa maggioranza. È per tale motivo che, in nome di quelle migliaia di persone che nel territorio delle Marche e dell'Umbria rischiano di essere, dopo il terremoto, vittime anche dei giochi di Palazzo, chiedo che si diano garanzie immediate affinché i ministeri competenti possano predisporre quanto è necessario affinché i soccorsi e le risorse occorrenti alla ricostruzione non subiscano soluzioni di continuità,

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ma vengono accelerate, a prescindere dalle sorti di questa legislatura.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Guido Dussin.

GUIDO DUSSIN. Signor Presidente, innanzi tutto esprimo la nostra solidarietà ai popoli delle Marche e dell'Umbria colpiti da lutto e calamità.
Le polemiche che si accendono in questi giorni sugli aspetti del terribile terremoto che ha interessato le due regioni dell'Italia centrale sono causate anche dal contributo negativo di taluni politici, locali e non, nel cambiare le liste di priorità dei soccorsi in base a meschini calcoli di collegio elettorale. Non ultima anche la presenza di numerosi politici che stazionano - impropriamente - in prossimità delle numerose telecamere operanti nei luoghi decisori dell'amministrazione centrale, creando molteplici difficoltà al sottosegretario. Mi riferisco a politici con l'esclusiva funzione di rappresentanza personale. Che dire poi degli «sciacalli» del consenso pro vanità del paese Italia, i quali approfittano di un disastro naturale per perseguire il proprio fine politico? Guai se andassimo a verificare i compiti assegnati dal Parlamento a costoro nei precedenti disastri, come nell'«Irpinia-gate»!
Le calamità naturali sono tali e si possono prevenire in alcuni casi, altrimenti bisogna essere organizzati per alleviare i danni e passare alla riorganizzazione in modo pianificato, efficiente ed efficace. Quale ruolo è stato affidato ai sindaci, che dovrebbero essere i coordinatori primari? Questa è la prima domanda che rivolgo al sottosegretario. La risposta è fondamentale per comprendere quali compiti dovranno svolgere gli amministratori locali per portare a termine la ricostruzione.
I popoli colpiti dal sisma sapranno riprendersi perché enorme è la loro volontà di ricostruzione e la loro laboriosità; l'importante è che non si intervenga con metodo «politico». Lo spirito deve essere quello tecnico, la volontà quella dei volontari, per esempio quella degli alpini. L'efficacia deve essere pianificata da un piano di emergenza che non può essere diretto dai prefetti, figure sempre impegnate nella burocrazia di tutti i giorni, bensì da manager specializzati. A tutt'oggi i migliori rimangono i comandanti dei vigili del fuoco, esperti in tutti i casi di emergenza, e soprattutto i sindaci che conoscono molto bene il territorio.
I piani di emergenza sono oggi soltanto degli isolati adempimenti che qualche comune appronta per dare lustro al proprio programma all'inizio dell'anno, al fine di approvare meglio i propri bilanci. Sono isolati adempimenti anche qualora siano «consortili» e coordinati dalla provincia e dalla prefettura, perché poi la pianificazione non dà seguito ad una reale strutturazione e messa in prova periodica, con esercitazioni tipo. I piani territoriali debbono invece prevedere i rischi e le successive azioni, nonché norme aderenti alle realtà dei territori (si veda il caso della provincia di Trento).
La riforma dello Stato non arriverà a compimento, né ora né mai, in questo paese che non vuole cambiare in meglio. Toccherà quindi sempre alle prefetture intervenire quando si verificano quelle calamità; il loro intervento servirà soltanto ad elevare i ritmi della burocrazia dove, invece, bisognerebbe essere «puliti», lucidi ed efficaci.
Nella fase di ricostruzione è importante che le condizioni di emergenza - mi riferisco agli alloggi provvisori - consentano una ricostruzione accorta e rispettosa del patrimonio architettonico ed ambientale della zona colpita dal sisma. Bisogna procedere con cautela: non è necessario abbattere case per realizzare successivamente edifici costruiti con criteri antisismici; alcune costruzioni si possono recuperare anche ricorrendo a tecniche «sismiche», non alterando così i consistenti patrimoni che quelle zone hanno conservato nei tempi. Crediamo quindi che ci si dovrebbe affidare alle esperienze già fatte nel Friuli in analoghe situazioni!


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Vorrei ora porre una domanda al Governo, senza fare alcuna polemica. Dove sono finite le 3 mila roulotte - di cui 2.500 sono tutt'oggi impegnate - occupate dai nomadi, soprattutto nella regione Lazio?
Riteniamo che siano positive e finanziabili tutte le norme finalizzate all'adeguamento strutturale dei fabbricati, secondo il livello di sismicità delle zone. Tutto ciò permetterebbe anche il rilancio dell'edilizia, non solo delle facciate, ma anche delle strutture.
Noi diciamo «no» ai tagli alle amministrazioni locali e proponiamo una revisione dei compiti e dei finanziamenti per pianificare correttamente e per prevenire determinati fenomeni. Non mi pare, peraltro, che la finanziaria di quest'anno vada in tale direzione!
Noi diciamo «no» ad esborsi tributari locali e proponiamo degli esoneri a compenso di eventuali contributi. Sappiamo però che, eliminando l'ICI e l'ICIAP dalle risorse delle casse comunali, gli stessi comuni si troverebbero in gravi difficoltà.
Crediamo che una risposta sicuramente positiva - tra le tante - ai problemi delle zone colpite dal sisma sarebbe quella di congedare i militari di leva locali.
Un'ulteriore proposta che avanziamo in materia - lo faccio anche a nome del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania - è quella contenuta in una risoluzione presentata presso l'VIII Commissione ambiente, la quale prevede che il 50 per cento dei fondi stanziati per il Giubileo dell'anno 2000 - al di fuori e all'interno del Lazio: si tratta quindi del Giubileo di Roma! - vengano impegnati per la ricostruzione delle zone terremotate. Questo sì sarebbe un bel segno di solidarietà sia da parte della Chiesa che della stessa città di Roma (Applausi dei deputati del gruppo della lega nord per l'indipendenza della Padania!).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Mariani.

PAOLA MARIANI. Signor Presidente del Consiglio, colleghi, il 26 settembre due scosse di terremoto di devastante intensità hanno provocato vittime e danni enormi nei territori dell'Appennino umbro-marchigiano. Le Marche - voglio parlare in particolare di questa regione dalla quale provengo; ciò sicuramente senza voler togliere nulla all'Umbria, che è stata ugualmente colpita - sono state colpite in maniera drammatica, in particolare nelle zone montane dell'alto Maceratese dove è stato localizzato l'epicentro del terremoto, così come nel Fabrianese. Danni ingenti al patrimonio si sono però verificati anche nelle province di Ascoli e di Pesaro-Urbino. Intere località sono state rase al suolo e polverizzate da una forza del sisma impressionante.
Io ho visitato quei luoghi e posso dire che lo sconcerto che assale a chi si reca in quelle località non è riferibile né riportabile da immagini televisive o da resoconti di stampa. Purtroppo, un territorio molto frazionato e dislocato in situazioni di difficoltà dovute alla situazione geografica è stato completamente cancellato. Parliamo infatti di zone di montagna, spesso isolate, che già pagano il prezzo di collegamenti viari difficili. Si tratta di terre poco generose dove solo la caparbietà, l'ostinazione e la tenacia degli abitanti ha permesso il mantenimento di un'economia fragile, in prevalenza rurale, dove però non mancano attività legate al turismo, al commercio ed alla presenza di istituzioni scolastiche prestigiose come antiche università (faccio riferimento all'università di Camerino). Sottolineo che sono stati danneggiati anche gli ospedali e le strutture sociosanitarie. È vero, prima si diceva che sono piccoli ospedali; ma sono ospedali di montagna che sono vitali per quelle popolazioni, specie nel periodo invernale quando le condizioni climatiche e meteorologiche impediscono gli spostamenti nelle zone con ospedali più attrezzati. In questa zona quasi tutte le strutture scolastiche sono state dichiarate inagibili. Addirittura Camerino rischia di diventare una città fantasma per le lesioni agli edifici pubblici, alle scuole di ogni ordine e grado. Voglio anche far riflettere sulle ripercussioni che potrebbero aversi


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in queste zone sull'economia, legata, appunto, all'università; molte persone, infatti, vivono dell'indotto creato da queste istituzioni antichissime.
Occorre quindi intervenire presto, non solo per i primi aiuti, come è stato detto, ma per passare dalla prima alla seconda fase dell'emergenza perché in quelle zone, oltre tutto, già ora fa molto freddo e possiamo immaginare quali saranno i disagi tra qualche tempo, quando l'inverno sarà nel suo pieno vigore. È giusto intervenire con i primi aiuti, ma bisogna programmare fin da ora, perché parta subito, la ricostruzione, quella vera, che deve riportare soprattutto la normalità quotidiana. Apprezziamo quello che il Governo è venuto a dire questa mattina in aula; apprezziamo l'esposizione puntuale, precisa e rigorosa degli interventi in programmazione, ci aspettiamo però che questi interventi siano con la stessa precisione e con lo stesso vigore messi in atto al più presto.
I danni devono essere determinati con chiarezza, senza alcuna speculazione; dobbiamo farcene carico tutti, il Governo, i sindaci, le regioni, gli stessi parlamentari eletti in quelle zone. Non vogliamo finanziamenti a pioggia. Qualcuno ha anche parlato di distorsioni e di distrazione di finanziamenti; questi non hanno mai interessato le nostre zone, le Marche e l'Umbria non hanno mai goduto di finanziamenti statali. Forse le nostre popolazioni hanno saputo andare avanti bene anche da sole, sono state abituate a tirarsi su le maniche quando c'era da fronteggiare un'emergenza, ma in questo momento non è possibile chiedere loro uno sforzo ulteriore; in questo momento c'è bisogno di un intervento dello Stato, chiaro, preciso, ma soprattutto equo. Una disattenzione nel ricostruire, ritardi o lentezze burocratiche sarebbero devastanti quanto il terremoto, ma ancora più colpevoli perché prevedibili ed evitabili.
Noi chiediamo una ricognizione seria dei danni, ma soprattutto che si dividano in questa prima fase gli interventi a carico del patrimonio artistico e culturale, che sono ingenti, inestimabili, ma che non debbono confondersi con quelli che sono i danni alla vita di tutti i giorni delle persone, agli edifici pubblici, agli edifici privati, alle scuole, a tutte le comunità. È importantissimo distinguere queste due fasi perché altrimenti l'onda emotiva potrebbe portare ad individuare interventi magari in tempi diversi, comunque non rispondenti alle necessità di queste popolazioni. Chiediamo quindi rigore e, soprattutto, equità: a parità di danno deve corrispondere una parità di risarcimento in tempi rapidi, brevissimi.
Concludo dicendo che agli obiettivi che ho indicato, ed anche a quelli indicati questa mattina dal Governo, dobbiamo sentirci obbligati tutti, le forze parlamentari senza alcuna distinzione di responsabilità di maggioranza o di minoranza per quello che riguarda il Parlamento, ma anche tutte le comunità locali, i sindaci in prima persona, le autorità regionali, perché a questi obiettivi non è possibile dare risposte evasive. La gente che sta soffrendo in questo momento nelle Marche e nell'Umbria aspetta dai politici delle risposte chiare, senza strumentalizzazione (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Bertucci.

MAURIZIO BERTUCCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il terremoto che ha colpito vaste aree delle Marche e dell'Umbria, causando notevoli perdite di vite umane e pesantissimi danni al patrimonio abitativo e a quello artistico-monumentale rappresenta la prova inconfutabile dell'assoluta inadeguatezza, o addirittura dell'assenza, di qualsiasi prevenzione antisismica in zone del paese che sono da sempre caratterizzate da un alto livello di sismicità.
È universalmente noto che praticamente tutto l'Appennino è soggetto a frequenti ed anche disastrosi movimenti tellurici; malgrado ciò non sono state fatte rispettare per le nuove costruzioni le norme antisismiche, né soprattutto è stato


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consolidato il patrimonio edilizio preesistente in funzione di tale rischio. Si tratta di una politica miope, che oltre a non evitare o quanto meno a limitare gli effetti dei terremoti ha determinato oneri pesantissimi per la finanza pubblica.

PAOLO RAFFAELLI. Ci sei mai stato in Umbria tu?!

MAURIZIO BERTUCCI. Nel nostro paese si spendono 6-7 mila miliardi l'anno per riparare i danni dei terremoti e se si considerano i costi cumulativi delle ricostruzioni in Irpinia, nel Belice e nel Friuli, si supera abbondantemente la cifra di 100 mila miliardi. Queste carenze, le cui responsabilità possono essere equamente ripartite tra Stato ed autonomie locali, sono alla radice della fragilità e vulnerabilità del nostro patrimonio edilizio ed abitativo, che anche il recente evento sismico sull'Appennino umbro-marchigiano ha messo chiaramente in luce. È per questo che oggi ci troviamo a contare i morti, a dover fronteggiare l'emergenza di oltre 100 mila senzatetto in zone anche di media montagna, ed a dover registrare perdite gravi di un patrimonio artistico e culturale che rappresenta la testimonianza di un momento fondamentale dell'evoluzione della civiltà occidentale.
L'opera di soccorso ha avuto notevoli ritardi e sfasature: la protezione civile purtroppo non ha funzionato come avrebbe dovuto, gli aiuti sono giunti in ritardo, come ha riconosciuto anche il sottosegretario, ed ancora dopo diversi giorni dal terremoto mancano tende, roulotte, sistemazioni varie per gli sfollati, generi di prima necessità. Occorrerà, attraverso l'operato di un'apposita Commissione parlamentare, analizzare le responsabilità del Governo. Si è poi data un'enfasi eccessiva alla pur dolorosa perdita del patrimonio artistico rispetto alla perdita di vite umane ed all'immenso disagio personale ed economico in cui si trovano numerosissimi cittadini.
Bisogna mettersi nei panni di chi non ha più una casa, di chi dorme in macchina o in roulotte, di chi non sa dove lavarsi, spogliarsi, vestirsi, sfamarsi. È necessario mettersi nei panni di chi, non da un giorno all'altro, ma da un minuto all'altro, ha perso tutto.
Vi è stata anche - ed è doloroso constatarlo - una sottovalutazione dei danni e dei problemi per quanto riguarda il versante marchigiano, in particolare le province di Macerata e di Ancona. I danni nelle Marche, secondo le prime stime ufficiali, ammonterebbero a 5 mila miliardi, 1.200 solo nella provincia di Macerata. Oltre quaranta sono i centri che hanno subito danni gravissimi. A Fabriano, episodio grave che probabilmente nasconde fatti di rilevanza penale, sono state lesionate case popolari in cemento armato di recentissima costruzione; 2.500 sono finora i senzatetto, mille dei quali nella sola zona del Fabrianese. Molti ospedali sono stati lesionati ed evacuati ed i ricoveri di fortuna per i senzatetto (tende, roulotte) sono stati concentrati solo nelle vicinanze dei centri maggiori, per cui chi non ha un'abitazione nelle numerose piccole località di montagna, rase al suolo dal sisma, ha trovato ricovero solo al prezzo di allontanarsi dalle proprie case, abbandonando le proprie attività. È indispensabile una distribuzione più capillare degli interventi, tenendo conto del fatto che proprio nelle zone di montagna si sono verificate le maggiori distruzioni, con una percentuale che arriva fino all'80 o al 90 per cento di edifici distrutti o danneggiati in modo irreparabile.
Abbiamo assistito a dispute inaccettabili fra i responsabili della protezione civile e gli amministratori locali, le azioni dei quali avrebbero dovuto essere coordinate al fine di alleviare i gravissimi problemi della popolazione.
Abbiamo visto anche la grande sottovalutazione da parte del sottosegretario Barberi del rischio sismico residuo dopo la prima scossa, il che ha ingenerato nella popolazione e nei soccorritori un ingiustificato senso di sicurezza, cosa che ha contribuito a determinare nuove perdite di vite umane in conseguenza della seconda e più grave scossa tellurica.


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Abbiamo assistito, inoltre, alle polemiche fra il sottosegretario alla protezione civile ed i sindaci dei comuni investiti dal terremoto. Si è trattato di polemiche che non sono servite a nulla, ma che hanno rallentato l'intervento.
Il quadro che si ricava da un'attenta valutazione degli interventi di soccorso fino ad oggi effettuati non è incoraggiante: parte della popolazione è ancora sostanzialmente senza tetto, gli alloggi in tenda sulle montagne, con l'autunno che avanza, non rappresentano una soluzione accettabile, tenendo conto soprattutto del fatto che gran parte della popolazione in questi piccoli borghi e casolari è costituita da anziani. È dunque indispensabile che tutti i senzatetto, nel giro di pochi giorni, ricevano un alloggio di fortuna adeguato alle condizioni climatiche della zona e quindi con esclusione degli attendamenti.
È poi necessario che si verifichino, con grande rapidità, le condizioni statiche degli alloggi solo parzialmente danneggiati, in modo da consentire il rientro nelle case in buone condizioni di sicurezza di tutti coloro che se ne sono allontanati. È necessario soprattutto intervenire con provvidenze economiche e calibrate ai danni effettivamente subiti ed alle perdite di reddito conseguenti a tali danni, evitando qualsiasi forma di assistenzialismo ed in particolare circoscrivendo le provvidenze solo alle aree di cittadini che sono stati veramente colpiti dall'evento sismico.
Pesantissime sono le ripercussioni sulle attività produttive, commerciali, artigianali, professionali ed agricole in un territorio, come quello marchigiano, caratterizzato dalla presenza qualificata di una piccolissima, piccola e media impresa. Dall'emergenza occorrerà passare subito alla fase di riparazione dei danni e di ricostruzione di ciò che è recuperabile; a tal fine occorrerà individuare metodologie trasparenti e semplici che facciano tesoro dei tanti errori ed abusi che si sono verificati nelle ricostruzioni passate, con particolare riferimento a quella dell'Irpinia. Le varie amministrazioni pubbliche responsabili debbono provvedere in tempi rapidi alla riparazione ed al consolidamento di tutti gli edifici istituzionali (gli ospedali, le scuole) ed al ripristino di tutte le comunicazioni interrotte e degli acquedotti. La ricostruzione, insomma, deve essere effettuata nei tempi più rapidi possibili tenendo conto delle caratteristiche tipologiche del patrimonio edilizio andato distrutto e soprattutto imponendo l'attuazione di rigide norme antisismiche (Applausi dei deputati del gruppo di forza Italia).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Giulietti.

GIUSEPPE GIULIETTI. Sono un deputato eletto nella zona forse più colpita, quella di Assisi, Gualdo, Nocera, ma non credo - mi rivolgo al Governo e questo riguarda noi parlamentari - che vi sia un'interpretazione maggioritaria del terremoto. Non è una vicenda da collegio, ma un terremoto che ha colpito Marche ed Umbria ed ho trovato molto infelici le contrapposizioni in cui ciascuno tende a dire quale sia l'area più esposta. Si tratta di una grande questione nazionale ed internazionale e come tale va affrontata, senza dimenticare - come ha ricordato molto opportunamente il sottosegretario Barberi in quest'aula - la seconda fase di altri eventi e, come sta accadendo dopo alcune incertezze, per usare un'espressione forse ormai dimenticata, con grande senso dello Stato, con unità di intenti, con celerità e rigore.
Le riunioni dei parlamentari di ogni schieramento in Umbria e nelle Marche non hanno portato ad alcuna contrapposizione, come invece ho sentito talvolta in quest'aula, ma ad una grande unità di intenti nel lavoro e nella ricostruzione. Per questo ritengo indispensabile - a ciò tengo molto - che, crisi o non crisi, i provvedimenti relativi al terremoto siano approvati e che si trovi il percorso legislativo, concordandolo tra tutti i gruppi. Si sottragga però il terremoto ai tempi ed agli effetti della crisi. Questa mi sembra la priorità ed a questo riguardo credo che avremo un consenso generale.


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Allo stesso modo è necessario concentrare tutte le risorse sull'emergenza, come è stato detto. Quella dei prefabbricati e dei tempi è oggi la vera questione. Quando arrivano i prefabbricati, in quali tempi e quale sforzo le organizzazioni centrali e periferiche concentrano sul tema del tetto, dei pasti e del tempo che rischia di peggiorare alla fine della settimana: questa mi sembra l'emergenza.
Accanto ad essa, mi permetto di sottolineare che non bastano solo i provvedimenti ordinari, pur rilevanti, od eventualmente straordinari, ma è necessario, nell'insieme del bilancio dello Stato (ecco perché una crisi in qualche modo determinerebbe dei ritardi), lavorare su tutta la partita che riguarda le scuole, i beni culturali, ma soprattutto - a questo riguardo rivolgo un appello - le defiscalizzazioni, gli incentivi al lavoro ed alla ricostruzione delle aziende, questione che non sta soltanto nella tabella C della finanziaria, ma deve essere oggetto di concerto tra il Ministero delle finanze e quello del lavoro.
Richiamo poi l'attenzione sul tema della casa e del lavoro. Non servono solo i soldi, ma una grande semplificazione, pur nel rispetto delle procedure, e velocità nell'intervento, così come un'esaltazione del ruolo delle regioni, delle provincie e dei comuni, come sta accadendo senza distinzione di parte. Si sta lavorando, infatti, dovunque, là dove i sindaci siano dell'Ulivo o del Polo; non ho colto elementi di differenziazione.
Per i beni culturali dell'Umbria e delle Marche - mi rivolgo al sottosegretario Bordon - occorre un piano di ricostruzione capace di sollecitare tutti i fondi disponibili. Il primo impegno, non c'è dubbio, è dello Stato, ma vanno ricercate tutte quelle collaborazioni internazionali di cui ha parlato l'onorevole Veltroni. Penso all'UNESCO, alla Comunità europea, alle fondazioni pubbliche e private. Va promossa una vera e propria campagna internazionale di adozione di singoli monumenti, borghi e luoghi come fu fatto negli anni sessanta con l'operazione Save Venice, che portò alla costituzione di un fondo apposito, di un comitato internazionale di grande rigore. Penso che sarebbe meglio coordinare questi interventi e non che ciascuno promuovesse raccolte di fondi, finalizzandoli insieme al lavoro che si incentrerà sulle case e sul lavoro. Ecco perché vi sono problemi di tempestività, legati anche alla scadenza giubilare.
L'Umbria e le Marche - ma in particolare Assisi - vivranno comunque l'evento del Giubileo. Occorre quindi ricostruire, sapendo però che si svolgerà quell'evento. Ecco perché, forse, occorre meglio concentrarsi sulla legge già approvata e finalizzare gli interventi con intelligenza, sapienza e rigore.
Concludo rapidamente. Si è avuto un dibattito francamente insultante in taluni momenti per le persone presenti nelle tendopoli delle Marche e dell'Umbria: valgono di più Giotto e Cimabue od una vita? Questa mi è parsa veramente il tipo di polemica che non serve. È un falso dilemma. L'Umbria e le Marche hanno una grande impresa che è anche la loro terra, l'ambiente ed il turismo; hanno bisogno del loro patrimonio e della loro impresa e questo patrimonio ha bisogno a sua volta di Cimabue e di Giotto. Questi ultimi, però, senza comunità vive, senza una basilica viva, come dire, perderebbero anche il loro valore.
Ecco perché mi permetto, anche in conclusione - e mi rivolgo a tutti i gruppi della Camera, alla Presidenza della Camera ed al Governo - di sottolineare che il giorno 12 ottobre ci sarà, come sempre, la grande marcia Perugia-Assisi che termina davanti alla basilica, trasformata anche in marcia di solidarietà con i terremotati delle Marche e dell'Umbria.
Mi pare un grande evento, un evento che dovrebbe trovare una grande rappresentazione unitaria, e penso che il Parlamento può svolgere il suo ruolo. Le Marche e l'Umbria non sono distrutte: sono in piedi con i loro sindaci, i loro amministratori, con lo Stato centrale che ha reagito! Sono comunità che hanno dimostrato autosufficienza ed

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autorganizzazione! Credo che questi elementi di positività abbiano bisogno da parte di questo Parlamento non di polemiche di collegio, ma di una grande capacità di rispondere tempestivamente con quello che a noi spetta: le leggi, la serietà ed il rigore. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della sinistra democratica-l'Ulivo).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze sul terremoto in Umbria e nelle Marche.
Colleghi, a questo punto, apprezzate le circostanze ed anche a seguito di una consultazione informale con i presidenti dei gruppi, la Presidenza ritiene di dover rinviare ad altra seduta lo svolgimento dei residui punti all'ordine del giorno.

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