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Seduta del 21/4/1999


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Audizione del ministro per la solidarietà sociale, Livia Turco.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro per la solidarietà sociale, Livia Turco.
Il dipartimento per gli affari sociali ha risposto all'emergenza Kosovo con l'istituzione di un tavolo di coordinamento al quale partecipano tutti i ministeri competenti, gli organismi internazionali, le regioni, gli enti locali e circa 70 organismi ed associazioni di volontariato.
In questo contesto è stato istituito un tavolo di coordinamento delle iniziative a favore dei minori. Si è prestata attenzione soprattutto al problema dei minori nella gestione del numero verde della Missione arcobaleno, attivo presso il dipartimento degli affari sociali, sia per il sostegno a distanza dei minori kosovari, sia per la raccolta di beni di specifico interesse dei bambini.
Il dipartimento degli affari sociali opera all'interno del coordinamento governativo stabilito per l'azione del commissario delegato alla gestione dei fondi della sottoscrizione nazionale Missione arcobaleno.
Il ministro Turco è presente al tavolo politico istituito presso la Presidenza del Consiglio per gli interventi italiani nell'ambito della stessa missione. Specifica competenza del dipartimento affari sociali è il coordinamento dei rapporti con le organizzazioni del volontariato, le ONG e la Croce rossa italiana.
In questo quadro, il ministro per la solidarietà sociale, onorevole Livia Turco - che è qui con noi oggi - è chiamata a fornire alla nostra Commissione informazioni specifiche e soprattutto dirette sulla situazione dei minori kosovari, sulle iniziative in corso in ambito governativo e sull'indirizzo politico che il Governo intende seguire, a breve e medio termine, per fronteggiare la drammatica situazione.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Molto volentieri «socializzo» il lavoro che stiamo svolgendo e sono interessata ad avere suggerimenti e a verificare come insieme, pur nelle rispettive competenze, possiamo portare avanti tale lavoro.
Dalle stime effettuate, che cambiano di giorno in giorno, risulta che negli ultimi mesi in Albania sono arrivati circa 300 mila profughi. Il sottosegretario Barberi e le ONG presenti in Albania ci confermano che la presenza di minori da 0 a 18 anni è pari al 40 percento; vi è una grande presenza di donne e un 20 percento di anziani che richiedono interventi particolari (nel tavolo di coordinamento abbiamo predisposto un progetto mirato per le persone anziane e disabili).
Attualmente l'ospitalità al coperto è garantita a 200 mila profughi (come sapete l'Italia si è molto impegnata e ciò è


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stato apprezzato); vi sono sette campi attrezzati ed altri tre sono in via di allestimento. I campi profughi allestiti direttamente dall'Italia coinvolgono 25 mila persone, però il nostro paese offre una prima accoglienza anche a coloro ai quali non riesce a dare un tetto.
Molti sono i campi realizzati dall'Alto commissariato, otto dei quali sono attualmente gestiti da organizzazioni non governative italiane. Lascerò alla Commissione la documentazione relativa alla realtà dei centri di accoglienza e dei campi, dove è molto forte la presenza dei bambini, in quanto tali campi garantiscono per ora l'accoglienza più sicura.
Si è posta attenzione agli aspetti sanitari, soprattutto per quanto riguarda la sorveglianza epidemiologica. In diversi centri sono stati organizzati ospedali da campo gestiti dalla Croce rossa internazionale. Le patologie maggiormente riscontrate risultano essere le infezioni delle vie respiratorie, traumi e ferite di diversa origine, disturbi intestinali. In attività svolte in quattro campi sono state trattate dal punto di vista sanitario oltre 3.600 persone. È significativa la presenza di pediatri, anche se, per quanto riguarda il lavoro futuro, vi è una richiesta pressante di medici pediatri, ginecologi e soprattutto ginecologhe. L'Unicef, con il supporto dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha avviato una campagna di vaccinazioni rivolta ai bambini al di sotto dei cinque anni. Si è stabilito, di concerto con il ministro della sanità e l'ambasciata italiana a Tirana, di prevedere la possibilità di portare negli ospedali italiani per cura le persone che ne hanno bisogno.
Circa l'attività del dipartimento, il presidente ha già detto in modo preciso come si struttura il lavoro: vi sono un tavolo di coordinamento politico che fa capo alla Presidenza del Consiglio, un'unità di crisi operativa che fa capo al sottosegretario Barberi e al ministro dell'interno, un tavolo di coordinamento del volontariato che fa riferimento al ministro per la solidarietà sociale. Quindi, noi gestiamo il rapporto con le ONG, di cui vi parlerò in modo dettagliato, e abbiamo gestito il numero verde al quale, dal 1o aprile ad oggi, sono arrivate 21 mila telefonate di cittadini che volevano fare una sottoscrizione alla Missione arcobaleno o che chiedevano informazioni su come aiutare le famiglie e i bambini o come dare una mano in qualità di volontari.
L'attività più consistente è quella del rapporto con le organizzazioni di volontariato, la cui presenza in Albania è ben radicata e risale almeno al 1991, quando è stata realizzata l'operazione «Pellicano». Vi è stata poi l'esperienza della guerra in Bosnia, nell'ambito della quale molte ONG hanno svolto un'opera egregia ed importante. Le iniziative sono proseguite con la presenza in Albania dove, nell'aprile del 1997, abbiamo istituito un tavolo di coordinamento formale delle associazioni di volontariato che funzionava e funziona nel seguente modo: al tavolo partecipano tutte le ONG italiane interessate a dare un contributo in Albania (scusate se parlo dell'Albania, ma ciò serve per capire l'intervento di oggi) e le amministrazioni dello Stato che hanno un ruolo (Ministeri degli affari esteri, della difesa, della sanità, della pubblica istruzione). Il tavolo ha lo scopo di fare in modo che le ONG possano collaborare tra loro, che sia possibile coordinare le iniziative delle ONG con quelle dello Stato e soprattutto che le amministrazioni statali possano essere di aiuto all'attività delle prime. Intendo dire che le organizzazioni di volontariato, ad esempio, fanno la raccolta dei viveri ma poi chi garantisce loro il trasporto? Questo è uno degli aspetti che vengono affrontati. Si tratta, quindi, non di un tavolo politico, ma di un tavolo di lavoro, nel quale si discutono i progetti, la loro qualità e il modo in cui renderli possibili ed operativi.
L'esperienza dell'Albania ha funzionato, perché il tavolo ha consentito di selezionare le ONG in base alla qualità dei progetti, tra i quali abbiamo scelto tre filoni di lavoro importanti: minori, disabili, donne. Un altro punto della metodologia di lavoro era quello di stabilire subito un rapporto con le ONG albanesi. Alla prima riunione del tavolo istituito in


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quell'occasione, invitammo alcuni rappresentanti delle ONG albanesi per sollecitare la società civile di quella realtà e per fare in modo che le nostre ONG costruissero subito delle partnership.
Il tavolo finalizzato agli interventi umanitari per il Kosovo si avvale delle ONG che già operano in Albania, dei progetti e delle strutture costruite in quel paese ovviamente con risorse dello Stato: avevamo stanziato 20 miliardi che sono stati egregiamente spesi per attivare asili nido, case di accoglienza, centri di aggregazione per ragazzi, centri di incontro per donne, centri per i disabili, tutte strutture che sarebbe interessante sottoporre ad un'azione di monitoraggio e di controllo da parte delle istituzioni.
Il lavoro fatto precedentemente è stato la base di avvio, nel senso che oggi al tavolo «interventi umanitari per i profughi kosovari» si trovano sostanzialmente le ONG radicate in Albania che conoscono bene la realtà locale, hanno acquisito competenze, sanno come muoversi e sono state preziose quando hanno segnalato problemi e una metodologia di intervento adeguata. Ovviamente se altre ONG scegliessero di partecipare al tavolo, non vi è alcuna preclusione se non quella della qualità dei progetti, tanto più in quanto essi sono finanziati con risorse dello Stato.
Circa l'attività rivolta ai bambini, il tavolo è articolato su tre filoni (donne, disabili e anziani, minori), tra i quali il più consistente è proprio quello relativo ai minori. Il programma «minori Albania» è diventato la base operativa per i programmi «minori profughi kosovari»: ne ho dato una copia al presidente. So che ascolterete oggi il dottor Griffini, rappresentante delle associazioni del volontariato, un gruppo delle quali è coinvolto nei programmi «minori Albania» e «minori profughi kosovari». Si tratta di associazioni che hanno lavorato insieme in questi anni alle quali se ne sono aggregate altre, come il Comitato per il sostegno a distanza (è questa una delle modalità di intervento considerate interessanti).
La prima attività che abbiamo avviato, che si conferma però ancora non risolta, è quella di prima assistenza. Ieri, anche in vista dell'incontro di oggi, si è svolta una riunione con alcune associazioni che si occupano di infanzia, dalla quale sono emersi i seguenti dati. Per quanto riguarda la prima assistenza, si cerca di far sì che i campi accolgano il più possibile nuclei familiari con minori; per quanto riguarda i beni di prima necessità (a parte la questione sanitaria, che è molto importante), la situazione non è particolarmente grave, però secondo quanto segnalato sia dalla protezione civile sia dalle associazioni di volontariato gli aiuti in termini di beni di prima necessità incontrano due difficoltà di tipo pratico. La prima è che i materiali per i bambini arrivano in maniera non differenziata, cioè insieme a tutti gli altri, e questo determina problemi nella distribuzione; in secondo luogo vi è la necessità che questi materiali siano distribuiti su tutto il territorio, mentre non tutte le zone dell'Albania sono coperte in modo adeguato, anche perché c'è un problema di collegamento tra i diversi campi di accoglienza.
Proprio per questo uno dei vari «tavolini» operativi di lavoro riguarda il coordinamento tra i campi: l'obiettivo è fare in modo che quelli gestiti dalle ONG abbiano lo stesso aiuto tecnico di quelli gestiti dalla protezione civile. Proprio ieri, inoltre, abbiamo deciso di individuare un magazzino centrale nazionale per la distribuzione dei beni che sarà collocato nell'istituto Don Bosco di Tirana, gestito dai salesiani, che è uno dei punti di riferimento per le attività rivolte ai minori e nel quale confluiranno tutti i beni destinati ai bambini.
Il problema della raccolta dei beni non è ancora risolto. C'è stata una straordinaria generosità, sono stati inviati numerosi convogli ed una parte della sottoscrizione per la Missione arcobaleno dovrà servire a questo scopo, tuttavia la questione della raccolta di beni di prima necessità rimane sul tappeto e nella nostra agenda di lavoro è ancora un problema prioritario. Per questo le associazioni


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vorrebbero farsi promotrici di una raccolta di pacchi di beni mirati (per le donne in gravidanza, che sono molte, per i neonati, per i bambini) e di kit di beni settoriali (alimentari, vestiario, materiale scolastico, eccetera). Pertanto, per arrivare nel più breve tempo possibile a questa distribuzione mirata di beni, pensiamo di avviare nei prossimi giorni una campagna per la raccolta di kit di questo tipo e proprio questa mattina l'Aeritalia ha dato la sua disponibilità a trasportare i pacchi direttamente a Tirana, al magazzino Don Bosco.
Un altro aspetto al quale stiamo lavorando è quello dell'anagrafe, una questione importante e delicata, per la quale però non abbiamo ancora individuato una soluzione dal punto di vista tecnico: quindi siamo interessati anche ad idee e suggerimenti in proposito. Ci sono due tipi di anagrafe: quella che deve ricostruire l'identità della persona e quella per il ricongiungimento familiare. Alla soddisfazione della prima esigenza sono preposti gli organismi internazionali (ACNUR, OCSE), ma dovremo affrontare anche il secondo tipo di anagrafe. È stata avanzata, per esempio, l'idea di utilizzare delle radiotrasmittenti; si stanno comunque raccogliendo idee e predisponendo progetti.
È anche molto importante conoscere il territorio. Grazie ai progetti precedenti, sono previsti 30 osservatori per i minori sul territorio albanese, 14 sono attivi e gli altri si stanno attivando; questi osservatori svolgeranno azione di monitoraggio e saranno utilizzati per il sostegno a distanza, che rappresenta il terzo tipo di azione.
Ai primi di aprile ho ricevuto una lettera dal ministro degli affari sociali albanese il quale chiedeva una forte azione umanitaria italiana per raccogliere beni e per aiutare le famiglie albanesi; segnalava altresì il fenomeno di famiglie che ospitavano spontaneamente nuclei familiari kosovari, in particolare bambini. Il 14 aprile il Governo albanese stimava in 73.438 i profughi ospitati in famiglia e ci chiedeva un sostegno economico e sociale per le famiglie. Ci siamo immediatamente attivati facendo leva sulle ONG presenti sul territorio, perché il sostegno a distanza è molto importante, però va fatto con rigore tenendo conto che non è solo un investimento economico, ma anche un intervento sociale. È stata pertanto prevista la figura di un tutor che segua le famiglie, cerchi di capire i loro bisogni e verifichi l'effettività del sostegno; bisogna infatti evitare che ci siano abusi sia da parte di associazioni non accreditate sia da parte di famiglie che dichiarano di ospitare profughi e poi non lo fanno. Noi confidiamo molto nel sostegno a distanza, però abbiamo posto due condizioni. In primo luogo renderemo chiaro quali sono le associazioni che fanno riferimento al Governo, inoltre abbiamo chiesto al Governo albanese di esserci partner in questa iniziativa dopo avercela chiesta, quindi di farsi garante di un censimento e di un monitoraggio costante delle famiglie per fare in modo che non ci siano abusi.
Un'altra azione importante riguarda i minori orfani o non accompagnati. In primo luogo bisognerà fare un censimento e probabilmente si porrà anche il problema dell'adozione di questi bambini; mercoledì una delegazione del Governo si recherà a Tirana per fare il punto della situazione ed ho intenzione di chiedere al Governo albanese di sottoscrivere la Convenzione dell'Aja, altrimenti non sarà possibile nessun controllo sulle adozioni internazionali. La nostra politica è quella di evitare l'ansia da adozione e di aiutare i bambini a stare nelle loro famiglie, ma poiché sicuramente via via saranno acclarate numerose situazioni di abbandono, di cui conosceremo la consistenza solo dopo il censimento, l'adozione sarà una misura importante. Nel frattempo, però, con le associazioni ci impegniamo a costruire in Albania case famiglia e centri di accoglienza temporanei per eventuali minori non accompagnati; in alcuni casi questo si può fare in tempi rapidi, perché si tratta di un potenziamento delle azioni già avviate.
Un altro punto che viene segnalato è quello degli interventi psico-sociali sui minori. A questo fine è necessaria la


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presenza nei centri di accoglienza di équipes psico-pedagogiche in grado di farsi carico dei traumi subiti da questi bambini e dello svolgimento in tutti i campi di attività di animazione a cura del cosiddetto volontariato sociale. Poiché si prevede una permanenza di lungo periodo, è importante che i profughi possano vivere esperienze positive anche dal punto di vista del rapporto con gli altri. L'altro punto importante è l'attività scolastica. Come avrete sentito, il ministro Berlinguer ha predisposto un programma, ma è emersa la richiesta che nei campi non vadano insegnanti italiani, ma si individuino insegnanti kosovari o albanesi e si solleciti la loro collaborazione. Avevamo previsto un programma di aiuti per il sostegno scolastico utilizzando il personale insegnante, della cui disponibilità abbiamo avuto conferma dal nostro numero verde. La pubblica istruzione, quindi, ha a disposizione un programma di sostegno scolastico nei campi profughi e può avvalersi di insegnanti italiani che hanno già avuto esperienze nei campi albanesi. Ma dalla protezione civile e dalla nostra ONG ci è stato detto di fare attenzione, perché ciò va bene ma è anche importante, ai fini dell'attività scolastica, individuare e coinvolgere le persone lì presenti, anche perché in questo modo si dà valore alle loro esperienze. Diciamo che ci è pervenuto questo tipo di richiesta.
Faccio presente, inoltre, che l'attività ha questo taglio anche per quanto riguarda le donne: il gruppo, il cui slogan è «Dignità delle donne, dignità del Kosovo», vuole essere di aiuto alle donne nella prima assistenza alle gravidanze e ai bambini (credo sappiate che è richiesta la presenza di ginecologi e, in particolare, di ginecologhe donne). Però viene molto sollecitata l'autorganizzazione delle donne kosovare e l'opportunità di valorizzare i loro punti di forza e di protagonismo affinché siano poi esse stesse ad essere protagoniste. Mi sembra un taglio giusto questo delle ONG, e, non a caso, quelle italiane lo hanno appreso e fatto proprio sia in Bosnia sia in Albania.
Credo di aver sottolineato i punti su cui stiamo lavorando adesso. Mi dichiaro ovviamente disponibile ad ascoltare i vostri suggerimenti. Mercoledì andrò in Albania per fare il punto della situazione, ma nell'immediato vorremmo avviare una raccolta di beni da distribuire in modo mirato, visto che questo sembra essere un problema ancora non risolto.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Turco per la sua puntualità e soprattutto per le sue informazioni specifiche sulla situazione attuale dei minori in Kosovo e sulle iniziative del nostro Governo.

ELISA POZZA TASCA. Desidero ringraziarla, signor ministro, in modo particolare perché da circa due anni seguo, da un altro osservatorio, ciò che il nostro paese, in particolare il Ministero per gli affari sociali, sta facendo in Albania soprattutto per i bambini.
Premesso che anch'io ho avuto modo di visitare il centro Don Bosco e altri centri, volevo segnalarle che le suore della Caritas di Durazzo mi hanno chiesto di esprimerle la loro disponibilità ad ospitare bambini. Vedo che il loro istituto non è coinvolto nel piano per l'Albania, ma io che vi ho dormito e che ci sono stata come loro ospite so che è bene attrezzato. Le darò il numero di telefono della direttrice affinché possa contattarla direttamente. Trattandosi di un istituto riammodernato e ben fatto, le suore della Caritas mi hanno detto che potrebbero ospitare bambini con problemi sanitari. Mi premeva dirle che lì c'è spazio ed ospitalità.
Vorrei esprimerle alcune mie preoccupazioni a seguito dell'esperienza che ho avuto a proposito dei minori in Albania. Come sappiamo, questo paese non ha ratificato la Convenzione dell'Aia, per cui sussiste il problema di minori che passano da un paese all'altro non essendo chiara l'idea dell'adozione. Lei ha detto, giustamente, che il Governo deve farsi garante delle famiglie. Ciò a mio avviso è importantissimo, perché nella mia ultima visita di alcuni mesi fa mi è stato segnalato che


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in Albania sono circa 300 i bambini di strada (mi riferisco alle città più importanti, quali Tirana e Durazzo). Ciò è dovuto al fenomeno della migrazione non solo esterna verso l'Europa ma anche interna, cioè dalle zone rurali alla città, dove non vi è reperibilità di abitazioni. Questi bambini sono quindi mandati all'accattonaggio e spesso, per non passare brutti momenti, la sera non tornano dalle loro famiglie perché non hanno soldi da portare a casa. Dunque, dormono per strada o sotto i ponti, come accade a Durazzo.
Ho già fatto presente questo fenomeno al ministro della sanità e degli affari sociali ad ottobre, quando sono stata in Albania. Dobbiamo garantire che non si sommi povertà a povertà, per cui queste famiglie devono essere controllate. Credo che il nostro Governo debba assumersi un ruolo di monitoraggio. Ricordo, essendo stata in Albania in veste di osservatore europeo durante le elezioni, che nella nuova costituzione di quel paese, guidata anche da costituzionalisti italiani, è prevista la figura del tutor, una sorta di difensore civico, che non è nella nostra Costituzione e che invece è quanto mai nuova e comprensibile in una nuova costituzione. Avvalendosi di questa figura garante costituzionale, credo che possiamo pretendere più sicurezza dalle famiglie.
Concludo mettendo a confronto ciò che abbiamo sentito ieri sera nel corso dell'audizione del direttore generale dell'Unicef Italia. Ho riscontrato una differenza di dati e credo che quelli che lei ci ha fornito siano relativi ai campi dove operano gli italiani.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Sì, quelli attivati dal Governo. Ho citato le cifre che mi sono state fornite ieri dalla protezione civile.

ELISA POZZA TASCA. Lei ci ha detto che il 40 per cento è costituito da minori, mentre secondo l'Unicef rappresentano il 50 per cento. Quindi, c'è indubbiamente una differenziazione.
È vero che noi italiani stiamo svolgendo nel modo migliore il nostro compito nei nostri luoghi, ma può esserci correlazione con gli altri? È vero che il discorso che portiamo avanti è quello della responsabilità italiana, ma in che modo possiamo correlarci con gli altri paesi dell'Europa affinché vi sia altrettanta organizzazione negli altri campi e negli altri posti (parlo della Bosnia e della Macedonia, dove sono arrivati altri profughi)? Per realizzare il censimento o l'anagrafe, quindi il ricongiungimento familiare, abbiamo bisogno di pari dignità e pari condizioni in tutti i campi, altrimenti possiamo essere organizzati e in grado di dare risposte ma dalle altre parti non troveremo corrispondenti in grado di consentire il ricongiungimento familiare o, comunque, il recupero di minori non accompagnati.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Non ho capito se il raccordo dovrebbe essere con gli altri paesi europei o con i campi....

ELISA POZZA TASCA. Il raccordo va fatto partendo da chi ha responsabilità negli altri campi di accoglienza (cito la Macedonia e la Bosnia perché sono i più evidenti; non so se ve ne sono altri) e coinvolgendo i partner europei che li gestiscono. Per dare risposte adeguate è necessario individuare canali diretti, altrimenti la nostra può essere una soluzione ottimale alla quale non corrispondono condizioni di pari dignità in altri campi.
Ringraziandovi per tutto ciò che state facendo, sottolineo la nostra massima disponibilità.

MARIA BURANI PROCACCINI. Anzitutto grazie, signor ministro, per la sua relazione, che leggeremo attentamente.
Le cose che vorrei chiederle sono soprattutto legate alle notizie di cui veniamo a conoscenza magari dai giornali. Sono notizie che ci fanno soffrire perché descrivono fatti che sembrano abnormi. Cosa fare, per esempio, per arginare un fenomeno già evidenziato dalle esperienze dei campi di accoglienza in Bosnia e in Africa? Mi riferisco al fatto che, purtroppo,


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le violenze avvengono anche all'interno dei campi. Sembrerebbe strano, perché questa gente che scappa dovrebbe essere solidale nel dolore, invece c'è una forma di abbrutimento che porta a fenomeni che mi sconvolgono perché chi ci rimette sono sempre i più deboli, cioè i bambini e le bambine di 11 o 12 anni che diventano facili prede, in quanto non sono sotto gli occhi dei genitori, ammesso che siano così fortunati da averli ancora.
Non so se abbiate già preso in considerazione questa emergenza, però la sottolineo perché già come idea fa soffrire.
L'altra questione che voglio evidenziare, a proposito della quale abbiamo avuto contatti in Commissione affari sociali, è relativa alla prostituzione di giovani ragazze albanesi trascinate via dai loro villaggi o raggirate. Siamo pronti a tutto, anche all'eventuale protettorato sociale - lo chiamo in questo modo perché non mi piace il termine «protettorato» tout court - però come fare per evitare che il fenomeno dello sfruttamento della prostituzione che pesa sulle spalle di questa povera gente sia ulteriormente aggravato?
Devo dire che mi ha sconvolto la notizia che ho letto sui giornali, cioè che bambini dai 10 ai 15 anni, anch'essi requisiti, assieme agli uomini fino a cinquant'anni, dalle milizie serbe, siano utilizzati come una sorta di magazzino del sangue. È la prima volta che ho notizia di una cosa del genere, e di orrori di guerra ne abbiamo sentiti a non finire! Solo l'idea che sia vera mi fa impazzire. Credo che tutti siamo disposti a fare qualcosa di veramente forte, perché bisogna ribellarsi a fatti come questo.
In Bosnia, chi si è attivato nel volontariato ha constatato che nei campi una delle cose più indispensabili è realizzare una sorta di piccole palestre. Ricordo che anche attraverso la Camera dei deputati a Sarajevo aiutammo a trovare il materiale per costruire una palestra, perché tenere le persone occupate e in buona salute era importantissimo e per ottenere questo scopo non era sufficiente solo il cibo. Ai giovani, in particolare, faremmo un grosso regalo se dessimo loro qualcosa che li attiri dal punto di vista dello sport.

TEODORO BUONTEMPO. A me sembra, da quanto ha riferito il ministro, che si stia mettendo in piedi una macchina estremamente complessa, ma ritengo anche che, alla fine, i risultati saranno purtroppo inferiori ai sacrifici e ai mezzi investiti. Per esempio, fare eccessivo affidamento sulle autorità albanesi, a me pare un clamoroso abbaglio. Dall'Albania, infatti, fuggono anche in l'Italia bambini figli di albanesi e sappiamo che poi è un dramma identificarli.
Abbiamo avuto un'esperienza il mese scorso in Puglia, dove abbiamo incontrato il procuratore generale della Repubblica, il magistrato per i minori, il prefetto e il questore e abbiamo scoperto un dramma che ci pare incredibile: nonostante i soldi, i mezzi, le presenze, gli aiuti, se un'autorità italiana cerca di verificare l'identità di una persona, non rispondono né la nostra ambasciata, né il nostro consolato, né le autorità civili albanesi, né quelle militari. Vi è quindi il rischio che accogliendo una richiesta di asilo politico ufficializziamo una schiavitù, perché non vi è la possibilità di sapere se chi accompagna i bambini sia realmente il genitore.
Intanto segnalo questo aspetto per capire se si stia facendo qualcosa: mi pare impossibile che tra le mille cose che si fanno non si possa avere in loco un nucleo che consenta di accertare l'identità delle persone, nei limiti del possibile, considerato che se in Albania continuano a non registrare i bambini all'anagrafe, diventa difficile risolvere il problema. A tutt'oggi il Governo che viene da noi assistito non iscrive all'anagrafe le nascite, per cui il clan - la cultura del clan è più forte della legge e del senso umanitario - si sostituisce allo Stato ed è garanzia di alcune cose impropriamente chiamate «diritti» e si crea una sorta di schiavitù, che dobbiamo cercare di evitare.
Di fronte alla tragedia dei bambini kosovari, affidare la realizzazione di alcuni interventi a strutture albanesi incapaci


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di tutelare i propri figli ci fa correre il rischio di arricchire alcune persone.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Non è così. Forse mi sono spiegata male. I nostri volontari, il nostro esercito e le nostre strutture sono presenti in loco. L'accordo con le autorità albanesi è politico. Credo, infatti, che sarebbe sbagliato andare in Albania senza tenere conto che vi sono uno Stato ed un Governo. L'accordo è politico e le forze e le risorse sono italiane.

TEODORO BUONTEMPO. Ho capito.
Quando lei parla di adozioni a distanza si riferisce all'ipotesi di dare contributi alle famiglie che assistono un bambino, ma ho il dubbio che al bambino arrivi poco, per cui occorre creare strutture in grado di fare delle verifiche, per evitare che si faccia dei bambini un espediente per avere introiti a basso costo.
Sono del tutto contrario, almeno in questa fase di emergenza, al discorso dell'adozione a distanza. Si parla degli 8 mila comuni, province e regioni, ma si rischia di avere una sovrabbondanza di mezzi e di strutture, perché tutti sono spinti dalla generosità di fronte a tanta disperazione. Mi sembrerebbe invece più utile tentare di realizzare un'ipotesi vera, reale, gestibile e controllabile con le regole che dettiamo noi. Proprio perché lei rappresenta il Governo e noi il Parlamento, dobbiamo evitare di ripercorrere le vecchie strade che hanno creato ulteriore emarginazione.
Anziché richiamare l'attenzione sull'adozione a distanza, dovremmo tener conto che addirittura tra un campo e l'altro non vi è possibilità di comunicazione. Ho letto l'elenco degli strumenti che costituiscono la struttura tecnica di un campo e ho notato che non vi è una radio, che sarebbe utile non solo per eventuali emergenze. Non si comprende come mai a 27 giorni dall'inizio dei bombardamenti non sia stato fatto ancora un censimento. Signor ministro, lì un giorno vale un anno e un giorno in più o in meno non è indifferente. Vi sono migliaia di bambini che cercano i genitori e migliaia di genitori che cercano i propri bambini e il fatto che non si possa comunicare da campo a campo, nel 2000, mi pare incredibile. Da questo punto di vista vi sono gravissime responsabilità. È proprio nel momento dell'emergenza che avvengono la fuga o il trafugamento dei bambini; tra due mesi - se Dio vorrà che questa guerra finisca - l'intervento necessario sarà diverso, ma oggi vi è il pericolo della sottrazione dei minori, della loro scomparsa. Occorre quindi predisporre una scala delle priorità, perché vi sono interventi urgenti ed altri che invece possono essere diluiti nel tempo. Cosa può fare questa Commissione? Potrebbe avviare il censimento. Non capisco perché la Commissione bicamerale per l'infanzia, nata come osservatorio internazionale, debba solo apprendere, come se si trattasse di una notizia giornalistica e non di un dramma reale, che a 27 giorni dai primi bombardamenti non abbiamo ancora i nomi e i cognomi dei bambini soli e dei genitori che li cercano.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO GUIDI

TEODORO BUONTEMPO. So che vi state dando da fare, però il fatto che quando si è dato l'assenso alla NATO il Governo italiano e soprattutto quegli europei non abbiano avviato subito le strutture d'emergenza sanitaria, alimentare e di accoglienza dei profughi mi pare irresponsabile se non criminale (mi assumo la responsabilità di quello che dico). Mi pare evidente che, di fronte a milizie che sgozzavano le famiglie, le donne e i bambini, con i bombardamenti il fenomeno si sarebbe moltiplicato, per cui il fatto di non pensare ad un corridoio di fuga e a predisporre i campi e le tende dall'inizio dei bombardamenti è di una gravità enorme e sta costando un prezzo inaudito a quelle popolazioni.
Per quanto riguarda l'accertamento delle identità, quali strutture siamo in grado di apprestare, con nostri funzionari


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e non con le autorità albanesi? Considerato ciò che avviene normalmente, immaginiamo cosa possa accadere in un momento in cui i bambini arrivano a migliaia privi di documenti e senza familiari.
Il sostegno a distanza, specialmente da parte degli enti locali, non deve portare ad una commiserazione generica e ad un pietismo che non produce effetti. Le regioni possono farsi carico di un asilo o di un orfanotrofio in modo concreto, alleggerendo così il carico delle autorità albanesi e macedoni e anche quello del Governo italiano.
È possibile che non riusciamo a svolgere un'azione forte di stimolo nei confronti degli altri paesi della NATO? È entrato in funzione - e sappiamo chi dobbiamo ringraziare - un campo per tremila persone, ma vi sono oltre un milione 200 mila profughi. Basti pensare che questa notte vi era una fila di 50 chilometri. Mi fanno ridere quelli che danno i numeri e riescono a quantificare una popolazione braccata in mezzo ai boschi che non sa più chi sia il nemico, se il serbo, la bomba NATO o il macedone che fa sparire un campo in tre giorni sotto gli occhi della NATO e delle organizzazioni umanitarie!
Mi pare ottima l'idea del kit per bambini per evitare una distribuzione generica. Il kit, infatti, è di facile individuazione e quindi anche di facile recapito. In questo senso è necessario intervenire sulla pubblicità volta a sollecitare la solidarietà, che non può più essere generica; dobbiamo cominciare a inviare messaggi specifici in cui si chiede ciò che occorre. Non dobbiamo dimenticare che viene speso molto tempo nel selezionare i prodotti che arrivano. Ad esempio, quali medicinali occorrono? Bisogna evitare che le aziende farmaceutiche facciano azioni di buonismo, per dire che le hanno fatte e ciò è possibile solo chiedendo il tipo di medicinale necessario. Quindi, l'idea del kit va estesa anche in riferimento agli anziani e alle donne. Infatti, se gli aiuti partissero già selezionati e suddivisi in base al destinatario (bambino, anziano, donna), la velocità dell'intervento sarebbe moltiplicata.
Evitiamo in questi momenti di parlare di affidamento e di adozione: si tratterebbe di una violenza nella violenza. Come tutti sosteniamo, occorre assistere i bambini nella loro terra, nella loro comunità, senza sradicarli.
L'intervento deve essere mirato. Intendo dire che, ad esempio, tre regioni potrebbero assistere un paese, anche perché il senso della comunità, delle regole e delle tradizioni fa molto di più di cento assistenti. È importante che il bambino si trovi in una comunità in cui si parla la sua lingua e si mangia ciò a cui è abituato. D'altro canto è difficile per gli assistenti, con tutta la buona volontà, comprendere appieno chi ha subito traumi come quelli.
Ribadisco, quindi, l'idea di adottare non un bambino, ma un comune, un paese, un villaggio, un gruppo di case. In questo modo si risolverebbero il problema del controllo ed anche il 50 per cento dei drammi psicologici, assicurando una qualità della vita che il campo, dove le identità scompaiono, non può garantire.
Abbiamo assistito, in una casa di accoglienza, ad un episodio significativo e terribile nello stesso tempo: un bambino nomade raccolto in condizioni terribili, sicuramente bastonato, probabilmente violentato e in condizioni igienico-sanitarie precarie, dopo essere stato assistito ha fatto di tutto per fuggire e tornare dal padre che lo picchiava, probabilmente lo violentava e sicuramente lo utilizzava per la schiavitù. Voglio dire che con la nostra lente a volte, nonostante la buona volontà, rischiamo di non vedere bene i problemi: per quel bambino la noia, l'emarginazione, la solitudine, la non comunicazione di quella casa, che comunque era accogliente e pulita, non era preferibile alle condizioni miserevoli e al trattamento ricevuto dal padre perché probabilmente nella sua famiglia si sentiva comunque più vivo.
Ecco perché, nei limiti del possibile, il campo deve rappresentare la prima accoglienza,


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la prima doccia, il primo vestito, ma poi dobbiamo eliminare la cultura del campo perché non conosciamo gli sviluppi della guerra e non sappiamo quali condizioni si determineranno. I campi rischiano di diventare strutture stabili nelle quali si va a fare elemosina, mentre si tratta di far scoccare nuovamente la scintilla della vita e questo può verificarsi meglio in una comunità. Attenzione anche alla cultura dell'adozione perché l'assistenza da lontano mirata direttamente ad un bambino crea aspettative e sogni; chi sostiene un bambino per anni, poi lo vuol conoscere e magari pensa di poterlo adottare, invece è necessario ricostruire le comunità.
È necessario studiare un'iniziativa a livello europeo. Mi chiedo, per esempio, se questa Commissione non possa incontrare deputati europei di tutti i partiti per promuovere nello stesso Parlamento europeo un'iniziativa forte su questi temi. È incredibile che l'alto senso di umanità di Blair gli ordini di sparare con le bombe e poi si disinteressi completamente della comunità civile e dei bambini serbi - che non hanno meno diritti degli altri bambini - ma addirittura di quelle popolazioni che con l'intervento umanitario si volevano tutelare e di cui invece, purtroppo, si sono aggravate le condizioni.
Ci sono diverse sedi europee in cui sono presenti rappresentanti italiani: dobbiamo fare un'iniziativa forte non solo perché non è giusto che questi aspetti ricadano solo sulle spalle degli italiani, ma anche perché non vorrei che il Governo italiano, di fronte all'impossibilità di un intervento a fondo, partecipi a qualche iniziativa che, al di là della propaganda, incida meno dell'1 per cento sulla drammaticità della situazione.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Aprea, insisterei su un concetto importante: ogni commissario ha tanto da dire....

TEODORO BUONTEMPO. Presidente, lei è stato assente fino a questo momento, quindi ci risparmi questa storia della sintesi....

PIERA CAPITELLI. È una questione di rispetto.

TEODORO BUONTEMPO. Io manifestato il mio rispetto parlando e rispettando gli altri che parlano. Se voleva intervenire prima poteva farlo, comunque non accetto censure né da lei né dal presidente.

PRESIDENTE. Sono felice che l'onorevole Buontempo sia affetto da telepatia: è un caro amico, ma non sa cosa stavo per dire. Io la ammiro molto, ma la scortesia non è mai pagante....

TEODORO BUONTEMPO. Potrebbe essere scortesia la sua, che invita alla sintesi appena uno ha finito di parlare. Comunque adesso può inventarsi qualcos'altro da dire.

PRESIDENTE. Ne daremo conto in un verbale successivo. Sono entrato a metà seduta....

TEODORO BUONTEMPO. Allora cominci a presiedere, invece di fare la morale.

PRESIDENTE. Lei non può sapere cosa stavo per dire, ma....

TEODORO BUONTEMPO. Se ho sbagliato le chiedo scusa, adesso però la faccia finita.

PRESIDENTE. Non accetto scuse perché non c'è lite, dico solo che sono felice di avere un commissario che ha telepatia.

VALENTINA APREA. Ministro Turco, abbiamo potuto cogliere le tensioni di un Governo che deve rispondere alle emergenze e in questo credo debba trovarsi la giustificazione dei tentativi e anche degli errori che si commettono; quando poi si hanno certezze e consapevolezze, però, è giusto intervenire ed il mio contributo vuole andare in questa direzione.


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Vorrei un chiarimento sulle modalità che intendete adottare per il sostegno a distanza e per gli aiuti differenziati per donne e minori. Credo che il sostegno a distanza sia una cosa molto importante: non stiamo parlando di adozione di singoli bambini o di affidamenti, ma di sostenere economicamente le famiglie albanesi che intendono ospitare gruppi familiari kosovari e in questo modo dare anche un tetto a chi diversamente sarebbe ospitato, nel migliore dei casi, in un campo profughi. Io credo che una famiglia e una casa siano sempre da preferire ad un campo profughi: abbiamo visto case affollatissime, ma credo che il fatto stesso di stare insieme al coperto possa aiutarli a superare questa emergenza.
In sostanza, vorrei capire con quali modalità verrà effettuata questa campagna, se per esempio sarà indicato un codice specifico per i versamenti destinati a questo scopo. Per quanto riguarda gli aiuti differenziati per donne e minori, vorrei sapere se saranno indicati con precisione i materiali che dovranno essere contenuti in questi kit e da chi dovranno essere composti. Si potrebbero, per esempio, sensibilizzare nelle scuole i bambini ed i ragazzi a contribuire in modo attivo alla preparazione dei kit di materiale scolastico.
Resta poi il dovere di questa Commissione di essere protagonista di un'iniziativa autonoma, che mi auguro il Governo vorrà sostenere anche perché, trattandosi di interventi in zone colpite dalla guerra, la nostra azione potrà avere effetto solo attraverso il Governo.

ATHOS DE LUCA. Ringrazio il ministro per la sua puntualità e sensibilità nell'essere qui con noi a cercare di dare un contributo a questo dramma. Mi è però doveroso sottolineare che all'opinione pubblica nazionale ed anche a me è parso esservi fin dall'inizio uno scarto significativo tra il grande potenziamento di mezzi militari e le grandi difficoltà dell'intervento umanitario vero e proprio, affidato in gran parte al volontariato. Mi pare un punto politico molto importante, che il Governo italiano ha capito, essendo in prima fila nell'intervento umanitario per riequilibrare e dare un senso politico all'intervento stesso. Questo non è secondario per dare il senso di un'azione politica coerente e finalizzata.
Fatta questa premessa, penso che le cose bisogna farle sul posto per rispetto verso queste persone e per incoraggiarle a rimanere lì. Investendo lì ed ora diamo fiducia anche per il futuro; per molti, del resto, il dopo è già cominciato, nel senso che sono fuori dalla loro terra e stanno già cercando di ricostruirsi un'altra vita. L'Italia è prima in questa azione umanitaria e ne prendiamo atto con soddisfazione, ma forse in questa fase non deve accontentarsi, deve rendersi conto che è necessario essere leader rispetto agli altri paesi per far sì che anche da parte loro vi sia un intervento più importante da questo punto di vista: se siamo alleati nell'intervento umanitario, dobbiamo esserlo per tutti gli aspetti.
Per quanto riguarda le risorse, mi sembra che l'esperienza vissuta con terremoti e calamità ci abbia fatto capire molte cose, non a caso tutti stiamo apprezzando l'iniziativa della distribuzione dei materiali in kit che consente di dare alle persone esattamente quello che serve. Vorrei sapere se le grandi multinazionali dell'infanzia (tutti sappiamo quanti miliardi hanno realizzato nel mondo del consumismo) siano entrate in qualche modo in questa partita. Se non lo hanno fatto, dobbiamo cercare di provvedere, perché questo evidenzia una grande contraddizione: chi nel mondo opulento ha avuto grandissimi guadagni spesso anche sfruttando l'infanzia come oggetto di consumo, forse oggi dovrebbe fare qualcosa ed in questo senso il Governo e le associazioni devono rivolgere un appello forte.
Da ultimo, mi pare che la vicenda dell'anagrafe sia importante anche dal punto di vista della sensibilità: pensiamo che ci sono persone che si cercano e non si trovano. Bisogna fare subito qualcosa, anche perché i mezzi tecnologici ci sono


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e credo che la nostra Commissione potrebbe dare un contributo in questo senso.
Noi abbiamo in animo, ministro, di recarci in Albania e queste audizioni ci servono anche a fare in modo che il nostro viaggio non sia una passerella ma possa rappresentare un contributo concreto. Le chiedo perciò se possa darci qualche suggerimento. La delegazione del Governo si recherà i primi della prossima settimana, noi andremo successivamente. In questo senso chiediamo al ministro di darci qualche spunto perché si possa dar vita ad un intervento, ad una presenza importante.

GIUSEPPE MAGGIORE. Signor ministro, ho apprezzato la panoramica che ci ha voluto fare, anche se sono arrivato leggermente in ritardo - me ne scuso - perché impegnato in altra Commissione.
Anzitutto, mi preme sottolineare come sia necessario che l'Italia fornisca l'assistenza nel modo più ampio in relazione alle necessità, ma anche alle richieste degli interessati, in modo che ci sia un'intesa con le autorità albanesi che ospitano questi centri di raccolta.
Anch'io sono dell'avviso che l'ospitalità in famiglia, il sostegno a distanza sia un «toccasana», se si può esperire con quelle attenzioni cui il ministro ha fatto correttamente riferimento. Indubbiamente esiste il rischio che viceversa non sia raggiunto lo scopo, ma l'obiettivo va perseguito perché in questo modo i bambini restano in un ambiente familiare più consono ed adeguato alla loro crescita.
Sotto questo profilo, mi collegherei a quello cui lei ha accennato a proposito delle richieste - mi pare di aver inteso - circa un'attività di animazione e di assistenza scolastica. In relazione anche alla pericolosità della violenza sui minori, è necessario che i bambini siano impegnati attraverso l'animazione e quindi come interesse, ma principalmente con l'assistenza scolastica, in modo che non si distacchino da questo impegno che la loro età deve comportare.
Sottolineerei poi la necessità di un collegamento - indubbiamente il Governo sta tentando di averlo - con le altre iniziative, con gli altri centri di accoglienza, proprio per l'importanza di una sinergia ai fini sia dell'anagrafe sia del ricongiungimento dei bambini alle proprie famiglie. Se vi è questa sinergia, è possibile attuare una rilevazione e si possono poi individuare le possibilità operative; diversamente ogni iniziativa resta nel nulla.

FRANCESCA CHIAVACCI. Vorrei ringraziare il ministro per la sua esposizione e ricordare a tutti come questa volta l'impegno umanitario sia molto più difficile rispetto ad altre situazioni, perché indefinibile nel tempo e nello spazio. Anche rispetto alla tipologia degli interventi, alla realizzazione o meno dei campi, non sappiamo fino a quando arriveranno profughi, soprattutto fino a quando essi dovranno rimanere in questi territori, partendo dall'idea condivisa da tutti che dovranno tornare nel loro paese; in questi giorni si parla di un'equa distribuzione sul territorio albanese, dal momento che sono concentrati in piccole aree. Sappiamo che è diverso parlare di tende, di containers, di interventi di breve e di lungo periodo.
Mi sembra che il modello di rapporto con il volontariato che il Governo ci ha proposto sia da valutare positivamente. Si tratta di un intervento mirato che soprattutto cerca di non sovrapporre gli interventi, perché talvolta si fanno in più cose che non servono e poi mancano elementi essenziali.
Vorrei comprendere meglio - ma forse potrebbe rispondere a questo proposito più propriamente la Protezione civile - il rapporto con gli aiuti provenienti dagli altri paesi. Dalle parole del ministro mi sembra che in particolare sulla questione dei minori sia stata posta grande attenzione e siano stati compiuti interventi mirati, ma da quanto vediamo abbiamo l'impressione che il nostro Governo agisca in una condizione di solitudine. Vorremmo se possibile suggerire - lo ha già fatto l'onorevole Pozza Tasca - una sorta di coordinamento, un rapporto stabile con gli altri paesi negli aiuti umanitari.


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Desidero inoltre rivolgere una domanda specifica sul rapporto con gli enti locali. L'onorevole Buontempo faceva riferimento alle iniziative delle regioni, che in realtà, almeno per quanto riguarda la mia, so già esserci. Penso al tema specifico dei minori, alla questione sanità, ad alcune competenze di aziende ospedaliere di varie regioni; sarebbe forse opportuno un coordinamento su questo piano, che riguarda interventi non solo di prima accoglienza ma anche - come sappiamo essere avvenuto nel caso dell'ex Jugoslavia - volti a risolvere problemi sanitari (per esempio cardiopatie) di realtà in cui lo sviluppo del sistema sanitario era inferiore al nostro anche prima del conflitto.
Non mi soffermo sull'adozione a distanza. È giusto aver rivolto determinate domande al ministro, ma fra breve ascolteremo l'AIBI, la quale per prima si è occupata di questo fenomeno che tra l'altro è in corso da molto tempo. Credo sia l'atto di generosità maggiore che si possa fare, trattandosi dell'adozione di un'intera famiglia, in questo caso di una famiglia che si è fatta carico di questi bambini.
In merito alla fase della prima accoglienza, chiedo al ministro di tenerci informati sulla selezione delle necessità materiali. Credo che le cifre non ci parlino di sovrabbondanza degli interventi, come osservava l'onorevole Buontempo; anzi, la sensazione personale è che purtroppo, per quanto ci si possa sforzare, siano una goccia nel mare rispetto alle reali necessità.
Per quanto riguarda il medio e lungo periodo, non so se siamo troppo in anticipo, ma, visto che altri hanno trattato questo aspetto, mi permetto di dire che la questione del censimento è fondamentale, non solo per il ricongiungimento, ma anche per la ricostruzione dell'identità trattandosi di persone cui è stata negata l'anagrafe. Livia Pomodoro in un suo intervento ne sottolineava l'importanza per i bambini sotto questo profilo; pensiamo a persone che non hanno più la targa della macchina, la carta d'identità e via dicendo (il teorema della pulizia etnica consiste in questo).
Fra qualche mese bisognerà pensare ad un intervento di sostegno psicologico, cui credo molto, in bambini provenienti da esperienze drammatiche, soprattutto di guerra interetnica. In termini estremamente sintetici, bisogna favorire - il compito non riguarda solo il nostro Governo - la ricostruzione dell'identità kosovara, escludendo dalla stessa l'odio verso i serbi. Diversamente da quanti considerano inutile il sostegno psicologico, credo occorra - vi è stata un'assenza da parte dell'Italia, dell'Europa, di chi ha dimenticato la grande questione dei Balcani - ricostruire in quelle zone un'idea di convivenza tra etnie diverse. So che la questione è di lunghissimo periodo, ma occorre intervenire attraverso la scuola, l'educazione, gli scambi, un intervento formativo molto difficile da svolgere, perché destinato ad incidere su un vissuto e su un'esperienza difficilmente rimovibile, da elaborare con grande fatica da parte di chi aiuterà questi bambini.
So che questo intervento non riguarda il domani. In ogni caso per molto tempo dovremo occuparcene e in tal senso chiedo al ministro in che modo sarà possibile far rimanere nell'immaginario di tutti gli italiani la necessità di intervento per molto tempo ancora.
Ho apprezzato molto la campagna che il Governo aveva messo in piedi la volta precedente rispetto alla Bosnia, non solo nel momento della necessità emergenziale, ma anche quando i titoli dei giornali non parlavano più di quella vicenda, che pure era fortemente presente. Credo che fin da ora noi come istituzioni insieme al Governo dobbiamo preoccuparci del modo di far rimanere viva nella coscienza di tutti questa situazione quando non sarà più evidenziata dai giornali.

PRESIDENTE. Devono ancora intervenire gli onorevoli, Capitelli, Valpiana e Scantamburlo, mentre l'onorevole ministro alle 16 dovrà allontanarsi essendo stata «precettata» dalla XII Commissione.


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Ogni contributo dei commissari è importante, ma se fosse possibile, considerati gli impegni del ministro e l'impegno morale nostro di non far diventare le audizioni delle «ascoltazioni», pregherei i colleghi di tener conto della situazione. Lo dico senza alcuna polemica; credo sia utile per tutti, dato che stiamo parlando non di partiti, non di persone, ma di bambini che hanno gravi difficoltà.

PIERA CAPITELLI. Presidente, lei ha anticipato il problema che avrei voluto porre del rispetto dei tempi, dell'organizzazione dei lavori di questa Commissione.
Credo che il ministro ci abbia dato un esempio di come si riesce a fare un intervento strutturato, utile e centrato sulla comunicazione, un intervento onesto, nel quale viene messo in evidenza quanto di positivo si sta facendo ed anche i bisogni. Il quadro non è risolto ed è fortemente in evoluzione.
Dobbiamo porci il tema del ruolo e dell'utilità che possiamo avere come Commissione. Se ci collochiamo in quest'ottica, occorre essere tempestivi, senza essere frettolosi; dobbiamo quindi accelerare i nostri lavori.
Rivolgo quindi un appello perché si rispettino i tempi. Pur avendo moltissime cose da dire non entro nel merito. Sarebbe stato molto meglio, a mio avviso, terminare questa settimana di lavori parlamentari con un ufficio di presidenza allargato, non rinviandolo alla prossima settimana. Mi sembra che la maggior parte dei presenti si sia espressa informalmente in modo diverso, ma ritengo che se si vuole essere utili bisogna essere tempestivi.
Credo sia nostro compito ascoltare in modo critico ma anche cercare di fare una sintesi non solo di quelli che in generale sono i bisogni del mondo. Abbiamo bisogno di pace, fondamentalmente, alla quale vorremmo tutti appellarci, ma dobbiamo soprattutto fare una sintesi di ciò su cui noi possiamo incidere. È questo che chiedo al Governo, ma rivolgo anche un appello ai colleghi affinché si faccia mente locale alle iniziative concrete, perché è questo l'unico modo per dare un ruolo alla nostra Commissione.

TIZIANA VALPIANA. Anzitutto, chiedo scusa alla ministra perché tra poco dovrò lasciare la Commissione. Forse non potrò ascoltare le sue risposte, ma le leggerò domani sul resoconto stenografico.
Ringrazio la ministra Turco per la sinteticità e, soprattutto, per l'intervento che lei, in particolare, sta portando avanti all'interno della compagine governativa. Anch'io voglio comunque sottolineare quanto diceva il senatore De Luca, in quanto trovo stridente la grande quantità dei mezzi anche economici che il nostro Governo sta impiegando per spese belliche, armamenti e materiale distruttivo rispetto a quanto si impiega, invece, per l'intervento umanitario. Aggiungo anche che ci piacerebbe conoscere le cifre giornaliere riferite a ciò che viene speso per l'intervento NATO e per l'intervento umanitario.
Ciò premesso, trovo estremamente interessante quanto detto dalla ministra sull'attivazione delle forze locali, che, anche a mio avviso, dovrebbero riguardare tutte le categorie di operatori di cui abbiamo necessità in questa circostanza: gli albanesi e i kosovari stessi dovrebbero essere autori e protagonisti del proprio tentativo di rinascita, che credo sia difficile per tutti in questo momento di grande emergenza.
Mi sembra che una delle cose da sottolineare riguardi il comportamento del popolo albanese: fino a qualche settimana fa pensavamo che in gran parte fosse composto da mercanti di droga, scafisti, prostitute, eccetera; oggi sappiamo che ospita 73.438 kosovari, per cui sta dimostrando una grandissima capacità e un altrettanto grande civiltà, che non so quanto sia patrimonio di tutte le popolazioni. Diciamo che almeno la guerra è servita a farci capire che anche gli albanesi sono un popolo dignitoso e generoso.
Voglio anch'io richiamarmi alla necessità di educare alla convivenza: sicuramente in questo momento di emergenza è


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difficile fare qualcos'altro rispetto agli interventi di emergenza umanitaria, ma ritengo che il dicastero per la solidarietà sociale debba anche educare il popolo kosovaro alla solidarietà e alla convivenza. Mi chiedo, quindi, se in un secondo tempo verranno attivati progetti specifici sulla convivenza interetnica, che è assolutamente necessaria se vogliamo che i kosovari tornino a vivere sul loro territorio insieme alle popolazioni serbe e a tutte le etnie; altrimenti andremmo agli Stati etnici divisi, che purtroppo vedo come la conclusione più probabile di questa vicenda.
Per quanto riguarda il sostegno, mi sembra che la ministra abbia detto che si sta lavorando solo con le associazioni che fanno riferimento direttamente al Governo. Forse ho capito male, perché ci sono varie associazioni che svolgono un buon lavoro pur non avendo aderito alla Missione Arcobaleno perché non condividono la politica del Governo sulla guerra.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Al tavolo di coordinamento del volontariato sono presenti tutte le associazioni, comprese quelle, come le CS, che peraltro mi sono anche care, che non condividono la Missione arcobaleno. Il tavolo del volontariato, quindi, non coincide esclusivamente con la Missione arcobaleno, tant'è che abbiamo fatto uno spot per sottolineare la soggettività politica di questo tavolo, che ha per oggetto l'intervento umanitario in Albania. Al tavolo del volontariato stanno le associazioni con la loro identità e con la loro autonomia, indipendentemente dal fatto che condividano o meno l'azione del Governo. Ciò che devono condividere è l'iniziativa umanitaria. Ciò che devono garantire è la disponibilità alla collaborazione e la qualità dei progetti.
Ripeto: non c'è nulla di governativo; le associazioni che lavorano sui minori hanno storie diversissime, sono cioè cattoliche e di sinistra, per esempio. Ma siccome rispondiamo dei soldi che chiediamo agli italiani, abbiamo detto che i nostri referenti sono quelle associazioni di cui conosciamo l'esperienza, l'operato e il radicamento in Albania.

TIZIANA VALPIANA. La ringrazio per la risposta precisa e puntuale.
La ministra parlava prima della necessità, che io condivido, di disporre di una struttura organizzativa anche in loco, oltre che in Italia, per organizzare il sostegno a distanza. Poiché parlava di tutor, vorrei capire se si tratta di persone inviate dall'Italia o se anche in questo caso si tenta di attivare le capacità locali.
Per quanto riguarda la paventata missione della nostra Commissione, devo dire che mi trova molto critica perché credo che in questo momento di grandissima emergenza, non ancora sotto controllo, potremmo essere di intralcio e poi perché non vorrei che la nostra visita si trasformasse in una sorta di passerella. Preferirei, dunque, che questa missione avesse luogo quando i riflettori si saranno spenti, cosa che mi auguro avvenga al più presto. Credo anche che sia necessario andare con obiettivi precisi, perché se ci muovessimo solo per vedere di persona, credo sia già sufficiente la televisione.
Vorrei che la ministra ci desse il suo parere, se può farlo, sulla necessità e sull'opportunità di questa missione. Nel caso la ritenesse opportuna, può aiutarci a delineare obiettivi operativi concreti?

DINO SCANTAMBURLO. Anche secondo me è opportuno che la presidenza stabilisca, per la prossima volta, il tempo massimo di cinque minuti per ogni intervento.
Ciò premesso, desidero anch'io ringraziare il ministro per la sua attività, che mi sembra si intrecci con quella delle altre componenti di Governo (penso, per esempio, al Ministero dell'interno, a quello dell'istruzione e della sanità).
Stiamo vivendo un'emergenza terribile e disperata nell'ambito di un'altra emergenza che esiste da tempo e che presumo continui, cioè quella di tutta la gente che dall'Albania è venuta e continua a venire in Italia. Vorrei sapere se il fenomeno sia in corso tuttora o se, invece, risulti ridotto.


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Inoltre, le strutture pugliesi, in particolare, come reggono a questi arrivi?
Per tutta la gente che è giunta in Albania ma anche in Macedonia, nel Montenegro e in Bosnia la scelta saggia che abbiamo fatto è stata quella di fare in modo che non fosse sradicata dalla propria terra, di assisterla quindi nel posto più vicino dicendo no all'emigrazione forzata, eccetera. È stata una scelta giusta che condivido. Non sappiamo i tempi di questo ritorno, ammesso che sia possibile per tutti o per una parte, ma dal suo osservatorio e dagli elementi che ha in mano, signor ministro, è ragionevole pensare che questa gente possa rientrare o comunque trovare in quelle zone una qualche stabilità? Può accadere che parte di queste persone, prima o dopo, soprattutto se l'emergenza e la precarietà dovessero continuare, sia invogliata, come è successo per gli albanesi, a scegliere altri approdi, nel momento in cui i controlli e la vigilanza esterna dovessero ridursi? Le rivolgo questa domanda, che credo sia da porsi in un quadro più generale, perché gli elementi di cui voi siete a conoscenza vi consentono senz'altro una visione dei fatti più lungimirante della nostra.

DAVIDE NAVA. La ringrazio in modo convinto, signor ministro, per le cose che ci ha detto, per l'impegno che sta dimostrando e per le iniziative ancora più vaste e articolate che intende assumere all'interno del Governo.
Intervengo solo per chiedere alla presidenza di organizzare un grande appello che, riferito al patto civile di solidarietà, tramite una mozione all'interno del Parlamento trovi l'unità delle forze che rappresentano la civiltà italiana. È necessario intervenire con un'azione solenne che mobiliti tutte le energie e tutte le rappresentanze, comprese quelle istituzionali; ci si deve muovere dal segmento locale a quello provinciale, da quello regionale a quello nazionale, oltre che europeo e comunitario. Il Parlamento italiano deve essere promotore di una grande iniziativa di pace, di soccorso e di solidarietà.
In Parlamento abbiamo votato o non votato le mozioni per la guerra; in questo momento, anche per dare un esplicito incoraggiamento alle iniziative politiche, che sono al di là e più in alto di quelle militari purtroppo in atto, dovremmo esprimere con decisione la volontà di riproporre il meccanismo della pace all'interno dei Balcani e dell'Europa. Credo anche che in questo appello debba rientrare la costruzione di una grande iniziativa di servizio civile all'interno dell'Albania, della Macedonia e, perché no, del Montenegro, come elemento di riferimento politico più incisivo rispetto alle difficoltà e alla dissociazione da un ex Jugoslavia centrata sul primato di Milosevic.
Con le nostre forze e con la condivisione europea dobbiamo organizzare un grande servizio civile che si articoli poi in funzioni e ruoli a livello alimentare, sanitario, sociale, scolastico e civile. La richiesta che rivolgo alla presidente della Commissione e al Governo è di svolgere questa funzione non come momento marginale o particolare dell'unica iniziativa per la pace, ma come elemento fondamentale affinché l'equilibrio europeo torni ad esprimere una grande iniziativa contro la guerra.

MARIA PIA VALETTO BITELLI. Ringraziando anch'io il ministro per i dati puntuali che ci ha fornito, vorrei soffermarmi brevemente sul tema della raccolta di beni di necessità, avanzando una proposta concreta. A me sembra infatti, come sottolineava la collega Chiavacci, che ci sia la sensazione di un problema per quanto riguarda la quantità della raccolta dei beni. Premetto che la mia proposta concreta non riguarda direttamente il suo ministero, ma potrebbe riguardare quello delle finanze.
Sappiamo che tutte le aziende hanno la possibilità di fare offerte che sono detraibili dalle imposte. In casi di emergenza gravi come questo del Kosovo, mi chiedo se non sia possibile prevedere un'estensione della norma che permetta di ridurre le giacenze dei magazzini delle


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aziende produttrici o commerciali con offerte equiparate ad offerte in moneta e quindi deducibili. Gli stock di abbigliamento non venduti perché fuori moda potrebbero essere utilizzati, per esempio, per persone che ne hanno bisogno; in questo modo consentiremmo di svuotare i magazzini di prodotti che non possono più essere immessi sul mercato normale.

TEODORO BUONTEMPO. Così si moltiplicherebbero le guerre!

MARIA PIA VALETTO BITELLI. Limitandoci a casi di necessità come questo, si potrebbe verificare se il ministero sia intenzionato a fare delle deroghe equiparando questo tipo di offerte a quelle in moneta. Ciò per agganciarmi al discorso del collega De Luca sulle aziende produttrici di beni per l'infanzia, discorso che allargherei alle aziende produttrici di tutti i beni di prima necessità.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i commissari e prima di dare la parola al ministro mi permetto, nella mia qualità di commissario, di portare avanti una istanza che considero fondamentale, che il ministro ha già recepito in tante occasioni ma che ritengo comunque necessario rimarcare.
Beni di prima necessità, salute, ricostruzione dell'identità, kit e scuola. All'interno di questo mondo di sofferenza, di dare ed avere così complesso (e chissà quanto sarà lungo) vi è un argomento fondamentale che sembra in contrasto con la realtà dura che questi bambini stanno vivendo, ma che da neuropsichiatra ogni volta rimarco in maniera ossessiva: la necessità del gioco.
Il gioco se fatto non solo in maniera spontanea, ma da animatori che abbiano una lunghissima esperienza delle situazioni di emergenza, come quelle che si riscontrano nelle guerre, nei terremoti, o nelle altre catastrofi naturali è molto importante. Ho presieduto una associazione che si è occupata moltissimo della ludoterapia (come intervento mirato, non certo casuale o folkloristico) e quindi sottolineo come sia molto importante che nell'agenda delle cose essenziali non sia trascurato il bisogno del gioco e del sogno del bambino che ha vissuto violenze fisiche e psicologiche e, situazioni di sdradicamento di straordinaria negatività. Non si tratta - ripeto - solo dell'attività spontanea, perché questa i bambini la trovano anche nei campi di concentramento. Purtroppo bisogna usare ancora questo terribile termine, che dovrebbe essere invece abolito non dalla memoria ma dal vocabolario. È essenziale, dicevo, che nelle associazioni che saranno coinvolte si dia importanza non ultima a chi conosce in maniera esemplare queste tecniche.
Ringrazio nuovamente i commissari ed il ministro per quanto ci ha detto e per quanto vorrà ancora dirci.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Sono io a ringraziare la Commissione perché dalla discussione ho tratto non solo sollecitazioni politiche ma anche suggerimenti concreti. Chiederei però alla Commissione di dare, se possibile, continuità a questo incontro nel senso che ho registrato una serie di suggerimenti e, salvo imprevisti, mercoledì dovrebbe esserci questa andata operativa in Albania per fare il punto in loco; quindi anche alcune questioni che sono state poste, tra cui l'utilità di una visita della Commissione, potranno essere verificate direttamente. In questo senso, se l'incontro di mercoledì è confermato, sarei favorevole a riferire, anche in modo informale, con un appunto, alla Commissione per rappresentare gli elementi emersi nell'incontro stesso. Questa Commissione, come è stato giustamente sottolineato, è uno strumento molto importante se ha una sua operatività e ciò può essere assicurato anche in maniera informale. La mia proposta, quindi, è quella di relazionarvi rapidamente, dopo mercoledì, sull'agenda delle cose utili.
A questo punto vorrei fare una duplice premessa. La prima mi è suggerita dall'intervento dell'onorevole Aprea. Io l'ho dato un po' per scontato, ma ci troviamo


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di fronte ad un evento talmente inedito per quantità di persone coinvolte e per drammaticità della situazione.... parlo come membro del Governo, per il ruolo istituzionale che ricopro, ma so bene come in questo momento, soprattutto pensando a quella che è l'iniziativa umanitaria, non abbiano senso le appartenenze partitiche; almeno io non le sento. Questo, dicevo, era in qualche modo scontato, ma è giusto esplicitarlo e ringraziare per la collaborazione di cui credo vi sia assoluto bisogno.
Vede, onorevole Buontempo, ho raccolto alcuni dei suoi suggerimenti, ma rispetto alla sua premessa avrei molti elementi per fare l'elogio dell'Italia. Lo ha fatto anche un rappresentante dell'opposizione, ma non mi sembra questa l'occasione per farlo nel senso che insieme possiamo dire che l'Italia ha affrontato bene una emergenza drammatica ed inedita. Detto questo, è molto meglio fare l'elenco delle cose che ancora mancano perché - ripeto - ci troviamo di fronte ad una vicenda drammatica ed inedita rispetto alla quale ciò che serve è quella comunità di intenti senza la quale non ce la caviamo. Possiamo avere idee diverse sulla guerra, ma di fronte all'iniziativa umanitaria penso che tutti possiamo convergere sul trovare ciò che possiamo fare insieme.
La seconda questione sollevata sia dall'onorevole Valpiana che dal senatore De Luca, riguarda lo scarto di impegni e risorse. Ovviamente nei vostri interventi vi è una valutazione politica; voglio però - a titolo informativo - riferirmi alla quantità di risorse stanziate dal Governo, al di là delle iniziative del volontariato (è proprio il caso di parlare di Italia solidale, di questo paese che ha risposto in modo così positivo e straordinario: anche questa è una grande risorsa). Per quanto riguarda, dicevo, il Governo italiano, non sono in grado di dire a quanto ammontino le risorse stanziate finora - ma potrò ovviamente fornire questo dato - perché dovrei mettere in conto non solo il provvedimento varato in Consiglio dei ministri questa mattina per la missione umanitaria in Albania, che prevede circa 200 miliardi, in grande maggioranza destinati al sostegno umanitario, ma anche le risorse stanziate dalla protezione civile, dal Ministero dell'interno, dalla sanità, dalla pubblica istruzione, eccetera. Per attivare quanto è stato già fatto vi è stato uno stanziamento di risorse abbastanza significativo e questa mattina, dicevo, abbiamo varato un provvedimento che fornisce le risorse per gli interventi da qui a giugno. Poi si dovrà ritornare sull'argomento; la missione umanitaria comunque ha un'incidenza notevole sul bilancio dello Stato italiano. Dobbiamo quindi essere consapevoli che, insieme al volontariato, insieme alla Missione arcobaleno, insieme all'Italia solidale, questa operazione umanitaria ha un costo significativo per il nostro paese.
Voglio poi raccogliere quanto è stato detto in moltissimi interventi, a partire da quello dell'onorevole Pozza Tasca, sul coordinamento di tutti gli interventi, assicurando che questo è uno dei crucci costanti del Governo, in particolare dei ministri dell'interno e degli esteri. Proprio recentemente vi è stato un incontro fra il Presidente del Consiglio ed il commissario Bonino per coordinare al massimo gli interventi, il che vuol dire anche chiedere agli altri paesi di fare fino in fondo la loro parte, anche sul piano finanziario. Inoltre, al di là del fatto che ciascuno metta il proprio contributo, vi è il dato qui richiamato del fare in modo che le esperienze che si attivano in loco e che vedono il ruolo attivo di una pluralità di soggetti (protezione civile, ONG, Alto commissariato delle Nazioni Unite ed altri paesi europei) trovino indirizzi comuni ed offrano standard comuni. Questa preoccupazione mi sembra assolutamente giusta.
Il rapporto con l'Europa, così come il coordinamento con le ONG, è stato un punto di forte lavoro del ministro dell'interno come di quello degli affari esteri. Abbiamo poi anche l'aiuto del commissario Bonino che, come sapete, è una personalità molto attiva e significativa. Per cui penso che da questo punto di vista un primo risultato importante sia la scelta fatta dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite con una personalità come De Mistura,


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che lavora in stretto contatto con il nostro paese e vanta esperienze e competenze molto significative. Questa scelta delle Nazioni Unite ci sembra che dovrebbe favorire anche l'azione di coordinamento.
Affrontati così i punti più generali ricorsi in molti interventi, vorrei ora accennare ad alcune singole questioni, iniziando dal fenomeno dei bambini di strada e dal rapporto con il Governo albanese, che è una scelta obbligata - è un rapporto tra Governo e Governo, tra Stato e Stato - ma serve anche a far crescere quel Governo. Per esempio, con riferimento alle politiche sociali, il nostro accordo di cooperazione con il Governo albanese prevede - ed in questo senso stiamo operando - che, oltre a stanziare le risorse per le ONG, perché attivassero tutta una serie di progetti (abbiamo scelto le ONG perché più attive, più flessibili e più rapide nell'intervento), aiutiamo il Governo albanese a costruire una legislazione ed una strumentazione in campo sociale, di cui attualmente quel Governo dispone in modo assai ridotto. Si tratta di una collaborazione che presenta indubbiamente degli interrogativi, ma è dovuta ed è importante anche ai fini di realizzare la crescita di quel Governo.
Debbo dire che abbiamo avuto un rapporto di grande lealtà. Ad esempio, per quanto riguarda il fenomeno dei minori di strada, che parte dall'Albania ma coinvolge anche l'Italia, abbiamo posto il problema al Governo albanese, sottolineando il pericolo che i ragazzi di quel paese finiscano sulle nostre strade, siano sfruttati e facciano accattonaggio. All'inizio vi è stata diffidenza, non ci hanno creduto, ma poi di fronte ai dati della realtà ed al fatto che da parte nostra non vi era una condanna nei loro confronti ma solo il tentativo di porre un problema per risolverlo insieme, è iniziata su questo punto una fattiva collaborazione. Ci siamo offerti di tenere ed aiutare i loro ragazzi orfani o privi di casa, ma abbiamo anche detto che dovevano aiutarci ad accertare che la mancanza di una famiglia fosse effettiva. Se ritengono che debbano essere accolti in Italia, noi siamo disposti ad accoglierli e a garantirli, ma se si accerta che hanno una famiglia in Albania, abbiamo chiesto loro di aiutarci a provvedere insieme al rimpatrio assistito. Essi ci aiutano ad individuare la famiglia di provenienza e noi, con il Servizio sociale internazionale e la Croce rossa, ci impegniamo a riportarli a casa e ad aiutare la famiglia, affinché non vi sia più il fenomeno dei bambini sfruttati. All'inizio, dicevo, è stato difficile, mentre ora la collaborazione si è attivata e sul fenomeno anche loro hanno istituito un comitato. La collaborazione, dicevo è iniziata, ma il fenomeno presenta le caratteristiche che dicevo e la crescita è ancora più forte, tanto più che adesso, con il sommarsi dei problemi degli albanesi e dei profughi, i rischi di sfruttamento qui denunciati sono ancora più elevati. Su questo aspetto del problema, comunque, si sono registrate una sensibilità ed una disponibilità di crescita anche da parte del Governo albanese.
All'onorevole Buontempo, a parte le considerazioni politiche che ha fatto, limitandomi alle questioni più di merito, per quanto riguarda in particolare la raccolta mirata di beni, dico che noi vorremmo insistere in questa direzione; debbo però precisare che anche quando la raccolta è stata la più indifferenziata, abbiamo sempre dato un elenco delle necessità, sulla base delle indicazioni pervenute dall'Albania.
Abbiamo sempre indicato alle nostre ONG o alle aziende, che hanno molto contribuito, quali medicinali fornire (vi è una lista che fa riferimento al Ministero della sanità) e quali generi alimentari, perché una raccolta indistinta crea molti problemi. In questa fase intendiamo mirare ulteriormente la raccolta soprattutto rispetto ai bambini; comunque, faccio presente che abbiamo sempre messo a disposizione e continuiamo a mettere a disposizione una lista di generi di prima necessità.
Mi sembra giusta l'idea della comunità e di incentivare gli enti locali ad adottare


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un villaggio o un comune, perché è importante sostenere il contesto comunitario.
Condivido le osservazioni dell'onorevole Burani Procaccini sugli episodi di violenza. Si tratta di un aspetto che, nel corso della visita in Albania, dovremo sottoporre ad una verifica, considerato anche che la presenza del nostro esercito ha una duplice funzione: collaborare agli interventi umanitari e garantire la sicurezza.
Rispetto ai rischi di sfruttamento - a parte i casi orribili segnalati dalla televisione - credo sia giusto chiedere in che modo ci si stia attivando e che risposte si intendano dare.

TIZIANA VALPIANA. Le risulta che vi siano 700 famiglie che cercano i rispettivi figli?

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. No, non mi risulta.

ATHOS DE LUCA. Lo ha detto ieri il direttore generale dell'Unicef.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. L'ho annotata come notizia da verificare. Non abbiamo avuto né la segnalazione di episodi di violenze....

ELISA POZZA TASCA. Parlava dei campi in Macedonia.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Mi sembra importante non sottovalutare queste notizie che saranno verificate nel momento in cui si farà un monitoraggio.

TEODORO BUONTEMPO. Il dato sarebbe emerso da una riunione dell'Unicef con le altre organizzazioni umanitarie internazionali.

TIZIANA VALPIANA. Si paventa il rischio che questi bambini vengano utilizzati in qualche modo.

ELISA POZZA TASCA. Si parla di 251 bambini non accompagnati.

MARIA BURANI PROCACCINI. Tutto ciò farebbe pensare ai bambini utilizzati nel modo orribile di cui si parla.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Ho annotato questi dati come oggetto di verifica in Albania. Intanto ne parlerò con il ministro dell'interno e con il sottosegretario Barberi, per vedere se nel frattempo si possano attivare.

ELISA POZZA TASCA. Sembra che il prelievo di sangue riguardi ragazzi trattenuti in Kosovo insieme con gli adulti. È un fenomeno questo che si avvicina molto a quello dei ragazzi soldato. Qui vi è anche uno sfruttamento fisico.

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. Credo sia doveroso accertare questi dati e sottoporli ai ministri degli esteri e dell'interno e alle nostre autorità in Albania che hanno la possibilità di fare una verifica immediata.
Per quanto riguarda il sostegno a distanza, il Governo albanese ci ha inviato una lettera in cui afferma che molte famiglie albanesi ospitano famiglie kosovare, per cui il modo migliore di intervenire è dare loro un aiuto economico perché versano in condizioni di grave povertà. Questa indicazione è stata confermata dalle associazioni presenti sul posto. In che modo questo fenomeno consistente può essere sostenuto? In primo luogo dando un aiuto economico alle famiglie e poi facendo in modo che vi siano una verifica e un sostegno di tipo sociale. Abbiamo chiesto al Governo albanese di aiutarci, insieme con le associazioni di volontariato, a fare un elenco delle famiglie che ospitano. Inoltre, poiché il sostegno a distanza presuppone che le associazioni di volontariato siano in Albania, conoscano le famiglie albanesi e siano in grado di effettuare una verifica, rendiamo pubbliche le venti associazioni che ci danno queste garanzie. Si tratta di associazioni che si trovano in Albania,


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hanno attivato osservatori, comunità alloggio e microstrutture e sono in grado di svolgere un'azione di monitoraggio. L'idea - che vi spiegherà meglio il dottor Griffini - è quella di accompagnare questa azione di sostegno economico con un intervento sociale attraverso la figura del tutor.
La raccolta mirata dovrebbe funzionare nei seguenti termini: la Plasmon, la Chicco e altre aziende predispongono dei kit, cioè dei pacchi di beni mirati nei confronti delle donne in gravidanza, dei neonati, dei bambini da 0 a 3 anni, oppure pacchi alimentari, di vestiario, di materiale scolastico, eccetera. Cito alcuni esempi specifici: il kit per neonati comprende biberon infrangibili, pannolini, crema protettiva, sapone di marsiglia; il kit alimentare contiene vitamina DE, omogeneizzati di frutta, eccetera. Questi kit dovrebbero essere preparati o dalle aziende cui ci si rivolge oppure dalle associazioni di volontariato che operano nel campo dei minori e dovrebbero essere acquistati dai cittadini con un tagliando.

TIZIANA VALPIANA. Le aziende non fanno profitto?

LIVIA TURCO, Ministro per la solidarietà sociale. No, in genere lo fanno gratuitamente o a costo molto basso. Posso dirvi che aziende come la Parmalat hanno mandato gratuitamente quantità enormi di prodotti. Le aziende che hanno partecipato alla missione umanitaria sono moltissime.
Circa l'attività scolastica, vorremmo che fosse caratterizzata dalla valorizzazione delle realtà locali, ovviamente con il sostegno del ministero.
A proposito degli enti locali, vi è stata una conferenza unificata nella quale sono stati confrontati i programmi del Governo con quelli degli enti locali che hanno scelto di adottare una serie di campi profughi che gestiscono direttamente. Comunque vi è un tavolo permanente di lavoro e gli enti locali partecipano al tavolo del volontariato.
Rispetto alle questioni poste dall'onorevole Scantamburlo, non sono in grado di rispondere a quelle che coinvolgono a uno scenario ampio. Circa gli arrivi di profughi nel nostro paese, posso dire che si sono intensificati nell'ultimo periodo, anche se non si tratta di cifre elevatissime. La prima iniziativa del ministro dell'interno è stata quella di dichiarare lo stato di emergenza per creare le condizioni per l'accoglienza. La Puglia ed altre regioni d'Italia già si erano attrezzate perché ci si aspettava che avvenisse quanto era già avvenuto con la Bosnia. Comunque, in questo senso il ministro dell'interno ha svolto un lavoro molto importante.
L'indirizzo fondamentale del Governo, condiviso da tutti, è quello di fare in modo che le persone siano aiutate sul posto. Comunque, accoglieremo coloro che verranno nel nostro paese, in base all'articolo 20 della legge sull'immigrazione. Tra l'altro, le strutture sono già state predisposte, soprattutto per la prima accoglienza nelle regioni più interessate.
Sulla proposta di defiscalizzazione avanzata dall'onorevole Valetto, non sono in grado di rispondere.
Circa la massima operatività e collaborazione della Commissione, vi ringrazio e vi chiedo di potervi riferire, subito dopo il viaggio. Potrei chiedere sul posto se si ritenga utile un'eventuale visita della Commissione. Personalmente credo che la presenza e l'attivazione della Commissione sia molto importante, per cui svolgerò una verifica a proposito di come e quando andare. Il sottosegretario Barberi ha sollecitato tutti noi, Governo e Parlamento, ad evitare una presenza massiccia nel breve periodo, perché il lavoro sarà lungo e sarà utile continuare a recarsi sul posto quando il tema non sarà più al centro dell'attenzione.

TEODORO BUONTEMPO. Signor presidente, mi dispiace se ho interpretato frettolosamente e male il suo pensiero, però vorrei chiarire che noi non siamo l'arciconfraternita di via del Seminario; siamo stati eletti, rappresentiamo dei partiti e non mi pare che vi sia stata una contrapposizione politica con il ministro. Si stabiliscano delle regole! Ciò che non


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accetto sono le censure a posteriori, specialmente da colleghi che definiscono la guerra una guerra giusta e che proprio ieri sera, rispetto alla visita in quelle zone, hanno parlato di passerella evidentemente rispecchiando la propria coscienza e non quella degli altri.
Mettiamo le regole: si stabilisca per quanto tempo si deve parlare e poi, proprio perché non siamo l'arciconfraternita, ciascuno si assuma la responsabilità di ciò che deve dire. Sono il primo a chiedere le regole ed a rispettarle quando ci sono, ma non accetto che chi ha la cultura dell'intolleranza possa fare il censore nelle riunioni di una Commissione parlamentare.

PRESIDENTE. Mi dispiace che continui questa polemica assolutamente non voluta da me: io non sono arrivato a metà riunione, sono venuto a sostituire il presidente perché sono stato chiamato. C'era stata una richiesta del ministro di accelerare i tempi per poter prendere parte ai lavori della XII Commissione; non conosco «arciconfraternite» se non quella di casa mia e mi dispiace non aver potuto esprimere qualcosa che non riguardava affatto la lunghezza del suo intervento: volevo solo dare notizia che alle 16 era richiesta la presenza del ministro presso la XII Commissione. Non c'è quindi alcun problema da parte mia e non ho sentito alcuna intolleranza se non la predittività di cose che non avrei detto.

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