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Audizione del rettore dell'università La Sapienza di Roma, professor Giorgio Tecce, in relazione ad una trasmissione televisiva sull'omicidio di Marta Russo.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del rettore dell'università La Sapienza di Roma, professor Giorgio Tecce, in relazione ad una trasmissione televisiva sull'omicidio di Marta Russo. Saluto il rettore Giorgio Tecce ed il professor Dario Alfani che lo accompagna.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Onorevole presidente, prima ancora di esprimere critiche alla trasmissione vorrei ricordare le parole della consulta qualità della RAI in merito al programma stesso: «La consulta qualità della RAI ritiene che le critiche esposte non siano infondate e neppure le proteste di chi ha ritenuto che l'inchiesta di Corrado Augias sul caso Marta - trasmessa lunedì 1o luglio da RAIDUE - si configura come un'indebita interferenza nella fase più delicata di un'istruttoria giudiziaria che dovrebbe svolgersi nel modo più riservato in attesa che i vari accertamenti in corso giungano a conclusione.
PRESIDENTE. Il professor Tecce ha dato lettura del parere della consulta qualità della RAI del 3 luglio 1997.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Senz'altro, presidente.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano rivolgere domande al professor Tecce.
MASSIMO BALDINI. Vorrei domandare, cortesemente, quale giustificazione il professor Tecce dà dell'atteggiamento e delle dichiarazioni del professor Gnisci.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Premetto che intervengo all'audizione di oggi con qualche emozione, perché ho frequentato questa sala per nove anni come membro del consiglio di amministrazione della RAI, che ho difeso ...
PRESIDENTE. Quindi sa che, al contrario della trasmissione, qui l'indice di ascolto è basso ...
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Non mi provochi ...
ALDO MASULLO. È basso dal punto di vista quantitativo!
PRESIDENTE. Certo: qui non abbiamo la possibilità di andare in televisione.
ALDO MASULLO. È un criterio che bisognerebbe estendere anche ad altri indici di valutazione.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Sì, e lo stesso vale per l'università. Perché sono qui a difendere non un mega-ateneo e 180 mila studenti, ma coloro che si laureano (che sono ottimi), i professori che insegnano (cinquanta dei quali insegnano anche alla Luiss: il che significa che «esportiamo» un capitale intellettuale notevole), gli addetti.
PAOLO ROMANI. Una domanda, rettore. Lei è stato contattato personalmente, le è stato chiesto di partecipare alla trasmissione? Se così non è stato, si è intrattenuto un rapporto ufficiale fra i preparatori della trasmissione ed il corpo accademico, il senato accademico, l'università? È stata chiesta una sede? In altre parole, vi è stato un rapporto iniziale di preparazione alla trasmissione?
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Vi è stata una telefonata. Io ho risposto che avrei sottoposto la richiesta al senato accademico; quest'ultimo - dietro mio suggerimento e mia chiara indicazione - ha detto di no.
MARIO LANDOLFI. Professore, lei ha testualmente definito la trasmissione condotta dall'onorevole Augias «una trasmissione a senso unico in cui si è voluto mettere sotto accusa la Sapienza». E poi: «Si è voluto prendere a pretesto l'omicidio per coinvolgere l'intera università». Perché, a suo avviso, vi dovrebbe essere questa sorta di congiura, di complotto nei confronti della Sapienza?
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Non ho parlato di congiura né di complotto.
MARIO LANDOLFI. L'ho detto io.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Ne prendo atto.
d'union, Gide) un servizio sulla morte alla Sapienza ad una valutazione dell'attività dell'università. Io non vedo collegamenti. Se li dovessi vedere, sarebbero supposizioni o addirittura insinuazioni.
MARIO LANDOLFI. Perdoni, professore. Questo è l'effetto. Ma qual è la causa che produce l'effetto del coinvolgimento dell'università, del prendere a pretesto un evento tragico per coinvolgere la Sapienza? In sostanza, lei individua un rapporto causa-effetto tra ciò che è accaduto e gli esiti scaturiti da una trasmissione della RAI?
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Mi scusi, ma non posso che ripetere una mia precedente affermazione, non posso fare supposizioni. Naturalmente credo che possano intervenire valutazioni di carattere politico o in relazione a momenti particolari. Tuttavia non mi sento di individuare con precisione queste valutazioni: osservo soltanto i fatti. Non c'è dubbio che le cose stiano così, almeno a mio avviso: tanto che il corpo accademico è rimasto fortemente scosso ed in taluni casi anche indignato dalla trasmissione. Francamente quel servizio non avrebbe dovuto essere trasmesso durante una fase istruttoria: un fatto gravissimo, che in un paese civile non sarebbe mai accaduto; un fatto gravissimo perché in parte è stato anche unidirezionale.
MARIO LANDOLFI. Una tesi.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Esattamente: una tesi. Ma se questa tesi dovesse essere presa a pretesto per parlar male dell'università e - mi sia consentito - del suo rettore, lo riterrei molto grave.
ANTONIO FALOMI. Rettore Tecce, vorrei riprendere una questione posta dal collega Romani, ma che non ho ben compreso.
PRESIDENTE. Questo riguarda l'audizione successiva ...
ANTONIO FALOMI. Sì. Però io ho visto il programma e devo dire che si è dato spazio - sotto il profilo esclusivamente giudiziario - alle tesi contrapposte. Infatti sono stati interpellati gli avvocati delle diverse parti e ciascuno ha potuto esporre le sue tesi: complessivamente, quindi, a mio avviso si è registrato un equilibrio nell'esposizione delle diverse tesi per la parte giudiziaria.
professor Cotta, fossero individuali; quest'ultima tesi è stata riproposta non solo tra i due contendenti professori, ma anche tra gli studenti intervenuti. Comunque, ripeto, alcuni hanno sostenuto la tesi del professor Gnisci, mentre altri hanno affermato che l'università non è degradata ed anzi funziona bene. Si è registrato, quindi, un equilibrio di posizioni.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Non essendo d'accordo sullo svolgimento del programma, non vi ho partecipato e non l'ho ritenuto opportuno.
PRESIDENTE. Le è stato chiesto se sia stato invitato a parteciparvi.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Adesso questo francamente non lo ricordo, ma penso di sì. Mi avranno detto se volevo parteciparvi. Ho ricevuto due telefonate, ma il problema non è questo, perché comunque non vi avrei partecipato. A me spetta essere il garante della vita accademica e del rispetto nelle autorità che, in una trasmissione del genere, vedevo un po' compromesse. Non sono d'accordo sulla considerazione che i due fatti non siano collegati, perché lo sono. Non è che non si dovesse parlare del delitto della Sapienza: non si doveva fare la trasmissione.
ALDO MASULLO. Vorrei porre una domanda al professor Tecce nella sua qualità di rettore dell'università La Sapienza di Roma, essendo anch'io un vecchio professore universitario che, al di là delle mie attuali funzioni politiche molto meno importanti di quelle che attengono alle ragioni profonde della nostra esistenza, non da oggi, ma per lo meno da venti anni si batte perché in Italia finisca la situazione patologica dei megatenei, posizione che ho assunto nel 1984 in un congresso a Napoli davanti all'allora ministro della pubblica istruzione e, quindi, dell'università.
della consulta qualità sul problema della indebita interferenza nell'attività giudiziaria nella sua fase istruttoria, perché in questo momento non ci interessa. Quello che ci preme evidenziare, e credo abbia destato la maggiore pena nel rettore e nel corpo accademico, è il fatto di aver portato alla ribalta in quella trasmissione, in modo che loro ritengono non adeguato o addirittura offensivo, la situazione dell'università La Sapienza. Il professor Gnisci, che non ho il piacere di conoscere, ha affermato che l'università è un inferno; è stato citato Gide, ma permettetemi, da cattivo filosofo, di citare Sartre, di cui è celebre una frase: L'enfer sont les autres, l'inferno sono gli altri. Questa frase può essere benissimo intesa non tanto con una particolare carica offensiva, quanto come una sottolineatura del fatto che se l'inferno sono gli altri, immaginate quale possa essere la condizione di chi deve insegnare o imparare (e ciò è ancora più difficile), quando questi altri sono circa 200 mila persone; ci si sente cioè come una piccola goccia all'interno di un grande mare tumultuoso. Questa è certo una situazione patologica dal punto di vista degli studi, perché nessuna università al mondo si trova nella condizione (non si tratta solo di quella di Roma) di alcuni atenei italiane.
PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma lei sa che questa domanda non è attinente al tema oggetto dell'audizione. Tra l'altro, il rettore Tecce potrebbe non disporre al momento dei dati da lei richiesti.
ALDO MASULLO. No, la domanda è attinente. Lei ha ragione nell'avanzare tale obiezione, ma mi permetta di farle osservare (Commenti) ...
ADRIANA POLI BORTONE. È attinente! È attinente!
PRESIDENTE. La risposta, non la questione.
ALDO MASULLO. Mi permetta di farle osservare che il vero nocciolo della questione, cui si riferisce il programma (indovinato o sbagliato che sia, noi guardiamo i fatti con occhio un po' meno miope), è quello dell'attuale situazione dei megatenei italiani, dove qualunque cosa succeda, anche solo casualmente, riceve una risonanza negativa, che non deve essere imputata alle singole persone, ma all'obiettività dei fatti.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al professor Tecce, vorrei far osservare, anche in relazione ai commenti dei colleghi di poco fa, che il rettore potrebbe non essere preparato (se lo è, meglio per tutti) a fornire una risposta. Per questo ritengo che la risposta - ripeto - non sia attinente all'oggetto dell'audizione.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Sono preparatissimo, quindi risponderò. Ritengo, per rispetto a lei ed ai membri della Commissione, che questo significhi entrare nell'ottica della trasmissione. Non c'entra niente la questione della sovrappopolazione dell'ateneo, senatore Masullo: la risonanza sì, perché è stata fatta la trasmissione sbagliata, mentre se non fosse andata in onda e si fosse lasciato che la magistratura e gli organi inquirenti, nel rispetto del loro lavoro, completasero le indagini, la RAI avrebbe potuto fare un servizio sulla Sapienza cui avrei partecipato; avrei dato anche la disponibilità dell'aula magna, come ho fatto per una trasmissione radiofonica che si è svolta appunto all'interno dell'ateneo.
ALDO MASULLO. Le nozze con i fichi secchi!
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Abbiamo costituito recentemente la terza università che ha come obiettivo quello che Ruberti chiama lo «smagrimento» della Sapienza. Su questo problema - ripeto - siamo stati sempre attenti, ma lei ha fatto una dichiarazione che io non posso accettare senza replicare brevemente.
ALDO MASULLO. Con i rettori sono amico, ma non vado d'accordo.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Anche questo caso mi sembra confermi la regola, ma spero avrà la bontà di andare d'accordo con me.
ripetiamo al Parlamento, al Governo ed al comune che i mali dell'università italiana e della Sapienza debbono trovare rimedi immediati. Se il ministro mi ascolta sarà d'accordo sul convitto nazionale, perché in 25 mila metri quadrati insistono 900 studenti, il che significa per ogni tre studenti la disponibilità di una sala di grandi dimensioni: questo è uno spreco di denaro pubblico francamente incredibile. Se il ministro mi ascolta, mi auguro emani il decreto per lo sdoppiamento delle facoltà di medicina e di architettura.
PRESIDENTE. La prego di attenersi al tema oggetto dell'audizione.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Credo di aver risposto esaurientemente.
PRESIDENTE. Invito i commissari che intendano intervenire ad attenersi al tema oggetto dell'audizione, altrimenti rischiamo di «sforare», per usare un linguaggio televisivo, il palinsesto.
STELIO DE CAROLIS. Non vi è dubbio che la trasmissione di RAIDUE che ho avuto la ventura di vedere ha destato perplessità non solamente per le argomentazioni espresse, ma soprattutto nel campo molto ampio dei genitori (ho tre figli che frequentano La Sapienza), per tutta una serie di ragioni molto gravi che sono state manifestate.
PAOLO RAFFAELLI. Intervengo molto rapidamente per sottolineare come questa prima parte della seduta di oggi sia l'ulteriore ed eccellente dimostrazione - non lo dico con spirito polemico, perché sapete come la penso in proposito - di come su tutto il tema della comunicazione e delle sue implicazioni politiche, etiche e tecniche si ponga un problema di riassetto dei meccanismi dell'attività parlamentare, del ruolo della Commissione e di quello complessivo tout court dell'organizzazione dei lavori parlamentari rispetto a tali questioni.
esempio, che se il rettore non fosse stato invitato ci troveremmo di fronte ad una scorrettezza di notevole gravità. È necessario quindi che i commissari sappiano se tale scorrettezza sia stata commessa o meno e se di questo si può sgomberare il campo.
PRESIDENTE. Rispondo ad alcune sue osservazioni che non riguardano le domande poste al rettore Tecce.
ADRIANA POLI BORTONE. Professor Tecce, più che una domanda voglio fare una breve riflessione ad alta voce.
assumendo un atteggiamento di grande responsabilità e di rispetto verso l'istituzione università in quanto tale.
PRESIDENTE. Ringrazio fin d'ora il professor Tecce per le ulteriori risposte che ora fornirà.
GIORGIO TECCE, Rettore dell'università La Sapienza di Roma. Vorrei innanzitutto sgombrare il campo: sono stato invitato. Non ricordo se mi ha invitato il direttore della rete o una caposettore che mi ha telefonato, comunque sono stato invitato. Non è un problema: io non ho partecipato. Vorrei però richiamare il fatto che la fase istruttoria è in corso. Tutti i giorni abbiamo richieste da parte dei magistrati e della polizia: potevo andare faccia a faccia con l'impiegata di cui sui giornali è scritto - non cito il nome - che non firma il cartellino? Mi sarei potuto mettere a polemizzare con qualcuno citato durante la trasmissione e le cui critiche magari condivido? Non era possibile, io rappresento l'università, non posso scendere nell'agone. Se si fosse trattato dei problemi dell'università ... Vivaddio lo faccio sempre - stavo per dire da un secolo, ma più o meno è così - ma quando vi è un'istruttoria in corso, quando due studenti sono arrestati, quando un professore è indagato, quando ci sono impiegati dell'università ... francamente, partecipare ad una trasmissione in queste condizioni penso che non era doveroso, non era necessario. Penso che c'è del marcio in Danimarca. Questa trasmissione non è chiara, non è chiara nelle sue motivazioni, non è chiara nella sua conduzione.
PRESIDENTE. Molte grazie, professor Tecce (Commenti del deputato Raffaelli). Le darò la parola, onorevole Raffaelli, permetta però ...
PAOLO RAFFAELLI. Questo è un macigno buttato al termine di questa audizione!
PRESIDENTE. Onorevole Raffaelli, chiedo scusa, lei può dire che questa frase è un macigno e posso anche concordare, ma questo attiene al dibattito che faremo in futuro, perché dovremo decidere se arrivare o meno ad un atto risolutivo su tale questione (Commenti del professor Tecce). Chiedo scusa, professore (Commenti del professor Tecce). Professore, mi consenta:
in questa sede occorre che il presidente le dia la parola.
Come i membri dell'ufficio di presidenza ricorderanno, l'odierna audizione si è resa necessaria - ed è stata disposta dallo stesso ufficio di presidenza - a seguito della formale protesta del senato accademico dell'università nei confronti della trasmissione Delitto alla Sapienza, condotta da Corrado Augias su RAIDUE martedì 1o luglio scorso.
Ho avuto modo di incontrare il professor Tecce, il quale mi ha esposto i contenuti della delibera di cui mi appresto a dare lettura. Ricordo che subito dopo l'audizione del professor Tecce si svolgerà l'audizione del direttore di RAIDUE, dottor Freccero, alla quale parteciperà anche l'onorevole Augias.
Il senato accademico, in data 4 luglio 1997, si è pronunciato con le seguenti parole: «Il Presidente ricorda che martedì 1o luglio ultimo scorso alle ore 20,50 la seconda rete della RAI ha realizzato in diretta un programma di due ore condotto da Corrado Augias sul delitto di Marta Russo.
«Il Presidente, considerati i contenuti del programma, propone:
di intervenire presso la Commissione di controllo della RAI per la trasmissione dai contenuti diffamatori, fortemente lesiva della immagine de 'La Sapienza', trasmissione che potrà avere ripercussioni negative anche sul piano finanziario, ed inoltre per l'affidamento della conduzione ad un parlamentare europeo;
di chiedere il risarcimento dei danni;
di iniziare il procedimento disciplinare nei confronti del professor Gnisci per le dichiarazioni rilasciate durante la trasmissione.
Fa presente infine che scriverà una lettera a tutto il personale dell'Ateneo per comunicare che le interviste nell'ambito dell'Università dovranno essere preventivamente autorizzate dal Rettore o dai Presidi interessati.
Il Senato Accademico concorda con le proposte del Presidente».
Ricordo che, durante il colloquio intercorso, il rettore Tecce mi ha comunicato che la decisione del senato accademico è stata unanime.
Do ora la parola al professor Tecce.
«Il rilievo dato ad un'inchiesta televisiva del genere, per giunta diffusa nel prime time ed ampiamente pubblicizzata, non può che creare opinioni fondate soltanto su supposizioni, cioè su pregiudizi che confondono l'opinione pubblica anziché informarla e che difficilmente possono essere corretti quando la magistratura sarà pervenuta alle sue conclusioni. Del resto è noto che oggi è sempre più difficile sceverare l'evento dalla narrazione che di esso viene fatta dalla TV, con tutte le conseguenze che ciò comporta».
Se lo consente, professor Tecce, lo acquisisco per consentirne la riproduzione e la distribuzione ai commissari.
Prima di passare all'analisi della trasmissione, vorrei ricordare che mi sono rivolto alla Commissione parlamentare di vigilanza per rispetto delle funzioni cui essa assolve ed anche per la RAI. Il servizio pubblico deve essere comunque rispettato.
Mi sono perciò molto meravigliato che ad una richiesta così legittima abbia fatto seguito la dichiarazione - resa alla stampa - del direttore di RAIDUE nella quale si chiedono le mie dimissioni perché non ho saputo difendere l'ateneo da chi uccide, un ateneo in cui è maturato un omicidio alla Gide o alla Camus.
Suona male, inoltre, che un parlamentare europeo diriga una trasmissione nella quale si prende in esame il problema della Sapienza non in quanto sede di un evento efferato e di un tragico omicidio, ma per il suo funzionamento. Il parlamentare europeo, onorevole Augias, è membro della Commissione per la cultura, gioventù, istruzione e mezzi di informazione. Egli ha sostenuto che l'immagine della Sapienza è pessima: lo ha detto come giornalista e come membro della menzionata Commissione. È certo che - dati i rapporti internazionali di cui la Sapienza gode e visti i grandi finanziamenti tratti dalle varie agenzie europee - questo comporterà per l'università un danno. L'immagine della Sapienza è ottima. Ricordo che recentemente l'università ha conferito la laurea honoris causa al segretario generale delle Nazioni Unite, ha intessuto una rete di rapporti internazionali, ha istituito l'Università del Mediterraneo (che raggruppa cinquanta università); l'ateneo, inoltre, ha una produzione scientifica e culturale di ottimo livello.
Nella trasmissione ci si è domandati perché non fosse stato possibile organizzare il programma in un'aula dell'università. Io credo che l'università, nella quale è ancora diffuso il dolore per una studentessa uccisa, per due studenti arrestati, per dipendenti - docenti e non docenti - indagati, non sia la sede idonea per questo tipo di trasmissione. Alla tranquillità è subentrato il dolore e si sarebbe potuto dar luogo a contrasti inammissibili tenuto conto delle indagini che si sono svolte, le quali vedono il rettore e tutto il personale dell'università sottoposti a richieste e ad informazioni a cui debbono assolvere.
Vedere in trasmissione la lettura dei verbali - a cui il rettore non ha diritto - mi ha un po' stupito, anche perché da questa lettura si potrebbero trarre spunti doverosi per indagini di carattere amministrativo che in questo momento da parte mia non sono possibili.
Fin dall'inizio della trasmissione si è voluto sottoporre il corpo accademico non dico ad una accusa, ma certamente a velate critiche o al discredito. Ma non si è detto che il rettore ed il senato accademico sono stati in testa al corteo, fondamentale, che ha visto studenti di destra e di sinistra uniti. Un contrasto avrebbe potuto portare ad incidenti gravissimi, anche perché in quei giorni un organo di stampa aveva riferito l'ipotesi che forse alla vittoria degli studenti di destra era seguito un atto irresponsabile e gravissimo.
L'onorevole Augias, parlando del livello abbastanza basso delle reazioni da parte della Sapienza, non ha citato la solenne cerimonia che si è svolta in omaggio di Marta Russo, con il conferimento di una laurea in onore ed a ricordo della vittima, alla quale avevano partecipato il Presidente della Repubblica, il Presidente della Camera, il Presidente della Corte costituzionale, vari ministri ed autorità dello Stato. In quell'occasione il rettore ed il preside della facoltà di giurisprudenza, professor Angelici, hanno letto un messaggio in ricordo ed in onore della studentessa.
È stata una trasmissione a senso unico, nella quale si è voluto mettere sul banco degli accusati la Sapienza senza argomenti. Prendendo come pretesto - stando agli atti conosciuti dell'indagine istruttoria - la mancanza apparente di una motivazione per un'azione tanto criminosa, si è voluto trasferire l'attenzione da un momento di riflessione sui fatti ad una valutazione coinvolgente l'intera università, quasi che una sorta di motivazione o comunque di giustificazione sorgesse da questo ambiente e dalla collegialità dei docenti, dei non docenti e degli studenti. Un delitto alla Gide, è stato detto, cioè senza motivazione, ma tuttavia in un contesto che poteva portare ad un'azione del genere.
Quando gli studenti hanno parlato bene della Sapienza, si è ironizzato sulle loro parole perché avevano preso trenta all'esame (quasi che ciò fosse uno svantaggio, anziché un merito). Quando il professor Cotta - persona di grande rilievo morale ed accademico - voleva controbattere adeguatamente alle affermazioni del dottor Augias e di qualcun'altro, è stato zittito; così la trasmissione è finita proprio con le proteste del professor Cotta.
Gravissime sono state le dichiarazioni - ripetute due volte - del professor Gnisci: «L'università è un inferno». Ma mai è stato chiesto perché fosse un inferno e quali fossero i motivi che lo spingevano ad una affermazione così grave (banale, se volete, in un contesto diverso). Ma un inferno genera mostri, genera eventualmente omicidi. Ed è egli stesso a suggerirlo: o è da questo inferno che nasce e matura il delitto oppure questo inferno lo consente (mi sembra ricordi vagamente una dichiarazione alla quale ho fatto cenno). Non un intervento, non una parola per spiegare il dramma di questa università, la quale senza alcuna responsabilità e senza colpa ha dovuto patire una situazione a cui, devo dirlo, ha reagito con dignità e fierezza (salvo qualche eccezione, che purtroppo è sempre presente).
Allora, ciò che oggi io porto di fronte alla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi non è tanto una protesta, non è soltanto un'espressione di indignazione: è un'invocazione al rispetto delle istituzioni. Entrare in Europa con un'università ormai gravemente lesa, con una Sapienza - che tutti rispettano e tutti ammirano - ridotta ad un focolaio di infezione, è di una gravità la cui entità sottopongo ai membri di questa Commissione, ma anche a tutti i miei colleghi, affinché riflettano.
Per venire alla sua domanda, onorevole Baldini, le critiche del professor Gnisci - se esposte con dovizia di argomentazioni e di dettagli - sono sempre ben accette. Se invece si tratta di affermazioni solenni quanto gratuite ed offensive, allora il discorso è diverso. Il professor Gnisci non è nuovo, forse, a qualche eccesso nel suo dire: mi riferisco, per esempio, a quando sostiene che il preside Paratore è umanamente incapace di tatto e di ascolto. Questa è soltanto una brevissima citazione. Io credo che il professor Gnisci, quando sarà da me interrogato, giustificherà le sue affermazioni. Non voglio esprimere critiche, anche perché - dovendo procedere disciplinarmente - non intendo precostituire alcun giudizio né alcuna valutazione a suo carico.
Ho già sottolineato che mi sembrava quanto mai improprio che una trasmissione del genere avvenisse in aula magna: non ne vedevo alcun motivo, essendo oltretutto contrario al contenuto della trasmissione stessa.
Io penso che si sia voluto collegare (anche prendendo come pretesto, come traite
Io difendo la memoria di Marta Russo, ma debbo difendere anche i diritti degli imputati. E credo che quella trasmissione abbia favorito non la verità, ma qualcosa di ben diverso ...
È chiara la ragione per cui non è stata consentita la trasmissione all'interno dell'università. Ma mi sembra che il collega Romani tendesse a porre anche un altro problema: cioè se lei, come rettore dell'università, fosse stato invitato a partecipare in studio alla trasmissione per esporre la sua posizione. È questa la mia prima domanda.
Sicuramente si può discutere intorno a diversi aspetti che riguardano la trasmissione, ma in realtà il senato accademico ha formulato obiezioni sull'opportunità di tenere una trasmissione del genere mentre è in corso una fase istruttoria ...
Sulla questione più specifica che una parte della trasmissione fosse dedicata al clima ed al contesto in cui è avvenuto il delitto di Marta Russo, non ho capito se voi contestiate il fatto che l'argomento non dovesse essere trattato nell'ambito del programma, o se invece si critichi, pur ritenendo legittima la trattazione dell'argomento, peraltro oggetto anche nell'informazione giornalistica di molte valutazioni ed articoli, che esso sia stato trattato male ed in forma unidirezionale.
Ho ascoltato le valutazioni espresse e non vi è dubbio che una parte delle considerazioni critiche del professor Tecce sono riscontrabili nell'ambito del programma, anche se per onestà e per verità dei fatti devo rilevare che si è dato spazio anche alle tesi opposte, sia tra i professori sia tra gli studenti, tra chi sosteneva, come il professor Gnisci, che l'università è un inferno e chi al contrario riteneva che le responsabilità, come giustamente ha detto il
Vorrei però capire bene se quella era una parte che non andava trattata o se in realtà la critica riguarda solo il modo in cui è stata affrontata.
Quando l'onorevole Augias ha domandata della pistola, è stato risposto che la pistola può essere buttata in mare, è vero. Ma la motivazione di ciò che è accaduto? Manca la motivazione. È lì che è scattato ... I problemi, quindi, sono connessi. Il problema della Sapienza è stato tirato fuori in un contesto unitario. Certo che non doveva essere trattato, ma non poteva non essere trattato se l'ipotesi era quella alla Gide, il fatto che alla Sapienza entrano, come è stato detto, 10 mila pistole ogni mattina. Lei sa questo da parte di autorevoli rappresentanti della stampa, mentre in realtà su mia richiesta il prefetto ha precisato che sono poco più di una decina. Quando però si afferma che entrano 10 mila pistole al giorno, lei comprende che si compie un atto di destabilizzazione dell'istituzione di una gravità senza precedenti.
I problemi, ripeto, erano connessi e altro è chiedere ad una persona, senza interromperla, di motivare la sua affermazione. Se io faccio un'affermazione come quella del professor Gnisci (l'università è un inferno), è dovere del giornalista (anche se non lo sono) chiedere il perché, i motivi, avere una spiegazione: di tutto ciò non è stato chiesto nulla, lo si dava per acquisito, perché era congeniale all'affermazione di Gide ed al passaggio alla trait d'union tra l'inchiesta giudiziaria e quella sulla Sapienza.
Lei sa quanto sono distante dalle posizioni ideologiche del professor Cotta, ma sa anche quale rispetto umano egli ha in tutta l'università ed in tutto il mondo della cultura intellettuale. Non è stato trattato con dignità, non gli è stato consentito di esporre compiutamente il suo pensiero, salvo alla fine, quando affrettatamente ha fatto una dichiarazione che è risultata essere più emotiva che esaustiva. Francamente, non solo come rettore, ma anche come professore della Sapienza, mantengo tutta la mia contrarietà.
Premesso che ogni incontro è sempre un momento di comunicazione reciproca e va sempre salutato come atto non soltanto di civiltà, ma anche di promozione morale, dovremmo mettere da parte l'osservazione
Vorrei sdrammatizzare la questione del programma per richiamare, viceversa, l'attenzione di tutti, anche dei responsabili della RAI, non sul delitto, che può avvenire ovunque, ma sulla realtà organizzativa dei nostri atenei, che effettivamente gridano vendetta rispetto alle esigenze fondamentali dell'attività educativa e formativa, così come oggi la possiamo concepire.
Poiché questo problema pesa come un macigno su tutti noi che lavoriamo ed abbiamo lavorato nell'università, vorrei domandare al professor Tecce se si sta cominciando ad ipotizzare qualche risposta. Ricordo che la legge 23 dicembre 1996, n. 662, autorizza il ministro dell'università a provvedere nel termine di cinque anni alle procedure per la scomposizione dei megatenei, secondo modalità concordate con gli atenei stessi. In proposito, ho già svolto qualche inchiesta in altre università, ma dal rettore Tecce vorrei sapere se La Sapienza di Roma, in accordo con il ministro o di propria iniziativa, intenda avviare i lavori preparatori per dare attuazione quanto meno a questa norma di legge.
Al contrario di ciò che legittimamente ritiene il senatore Masullo, la Commissione deve esprimere anche un giudizio sulla trasmissione televisiva, altrimenti non si capisce quale sia il nostro ruolo.
Sono molto preparato, senatore. Per quanto riguarda la facoltà di giurisprudenza, lei sa che nel 1936 l'allora rettore, peraltro di nomina governativa, lamentava con il ministro dell'educazione nazionale Bottai lo svolgimento di 1.500 esami di diritto penale. Rispetto ad oggi l'unica differenza è che questi grandi numeri sono diventati un po' più grandi, ma la sofferenza esisteva già allora. Da questo punto di vista, siamo stati sempre molto attenti: abbiamo creato l'università di Tor Vergata, pur con le ostilità, che lei ricorderà, per i famosi vigneti (che poi di fatto non esistevano) e con la carenza dei mezzi di trasporto, che l'hanno un po' penalizzata; per questo poi ha impiegato del tempo per decollare.
La legge cui lei ha fatto riferimento rappresenta una violazione dell'autonomia universitaria e del resto anche il suo rettore (se mi è consentito il «suo») non era di opinione dissimile.
Sono molto favorevole allo sdoppiamento della facoltà di medicina. Abbiamo accettato con una certa sofferenza di andare al San Raffaele, una struttura privata di grande livello scientifico. Abbiamo chiesto lo sdoppiamento della facoltà di architettura, ma, come può leggere sui giornali di oggi, incontriamo difficoltà.
Il problema dello «smagrimento», termine che rende bene l'idea della situazione alla Sapienza, e del peso-forma non si realizza tagliando un braccio o una gamba. Questo è un metodo cruento, mentre io preferirei un sistema incruento, cioè il potenziamento di tutti gli atenei a suo tempo creati per motivi più politici che formativo-didattici; l'incentivo al diritto allo studio, che può portare ad una distribuzione sul territorio degli studenti, ed il potenziamento degli atenei locali.
Abbiamo creato una consulta tra università statali, private e pontificie proprio per porci di fronte al comune, ma anche al Governo, con una posizione unitaria di difesa dei valori culturali. Siamo quindi in attesa di una risposta e nel frattempo abbiamo potenziato la struttura di Latina.
Vogliamo la progressiva diminuzione della popolazione studentesca da realizzarsi dando agli studenti ed ai professori quei mezzi e spazi che sono loro necessari. Ecco quindi che la sua domanda, dal punto di vista dell'attualità del tema oggetto dell'audizione, è perfettamente pertinente, e io condivido le sue preoccupazioni. Dubito tuttavia che altri conoscano la frase di Sartre, così come non la conoscevo io, ma ne conosco un'altra di Sartre: si dice sempre la stessa cosa, nessuno ascolta, bisogna ripetere. Sono anni che
Ero fermamente convinto che si fosse chiusa la stagione nella quale, per le tante vicende oscure del nostro paese, era abituale prima individuare il colpevole da dare in pasto all'opinione pubblica e poi con grande calma e pazienza trovare le prove.
Credo, professor Tecce (me lo deve consentire), che anche lei abbia commesso un errore, perché personalmente sarei andato di fronte al senato accademico a portare la richiesta avanzata dall'onorevole Augias, sapendo l'ansia che c'è in tutto il paese di conoscere cosa sia successo all'università, avvalorando la tesi di una partecipazione vostra e non di una diserzione alla trasmissione televisiva. Questa è l'unica nota negativa che desidero farle presente.
Non staremmo a discutere in questa sede di quanto è accaduto se quella trasmissione non fosse stata realizzata da una rete del servizio pubblico. È bene comunque che sia così, perché credo che il servizio pubblico abbia, proprio in quanto tale, qualcosa di più in termini di responsabilità.
Ritengo che un paio di temi non possano essere evasi e lo dico da appartenente alla corporazione dei giornalisti (uso la parola corporazione in termini di accentuazione), che conta qui alcuni rappresentanti, anche se cerchiamo di spogliarci di questa nostra veste.
Dal caso Montesi a quello di Ustica il ruolo interferente di informazione nelle indagini giudiziarie è un dato di fatto. Non credo peraltro che sia questo l'argomento in discussione e forse siamo tutti d'accordo sul fatto che la riflessione di oggi non vuol dire porsi il problema di smettere di fare cronaca giudiziaria o cronaca tout court, dal momento che disponiamo di mezzi tecnologici talmente potenti (la televisione ormai interviene in tempo reale), che scompaginano il modo di recepire gli avvenimenti. Non credo sia questa la materia - ripeto - della nostra riflessione odierna.
La domanda adesso reiterata circa l'invito al rettore Tecce, prima formalizzata dal collega Falomi, ritengo non sia - mi perdoni, rettore, se insisto - una questione di poco conto. Non vi è dubbio, per
Non entro nel merito di una valutazione già espressa da altri colleghi, ma credo che un modo per difendersi dallo strapotere dei mezzi di comunicazione sia quello di garantire il massimo possibile di contenuto, di consapevolezza e di indirizzo articolato. Mi pare del tutto ovvio che sarebbe stato giusto e opportuno, ma il giudizio non compete a me, che in questo dibattito le ragioni dell'università La Sapienza, che oggi vengono qui ragionevolmente difese, fossero tutelate al più alto livello di rappresentanza. Io tuttavia vorrei affrontare un altro tema, avviando una discussione che non credo possa proseguire oggi.
Quali sono le concrete possibilità che la Commissione ha di intervenire per fornire elementi di indirizzo (i paletti, tanto per intenderci) su cui operare? Non si deve discutere di un determinato tema finché è in corso l'attività istruttoria? In quale sede non se ne deve discutere? Nelle trasmissioni di rete, oppure si smette di parlarne anche nei telegiornali? Questa seconda ipotesi - mi sembra del tutto evidente - significherebbe fare telegiornali di regime, che non avrebbero più nulla a che vedere con l'attuale sistema democratico e sarebbero completamente fuori dalle cose.
Per quanto riguarda il giudizio della consulta qualità, credo che dovremmo procedere ad un approfondimento e ad una riflessione. Se posso permettermi un suggerimento, sperando di avere presto un confronto in questa sede con la consulta qualità, dovremmo trovare, indipendentemente dal giudizio che è argomentato, momenti di comunicazione e di riflessione per capire come nell'attuale provvisoria - secondo me - organizzazione dei lavori parlamentari ci si coordina e si interagisce.
Vorrei evitare il più possibile che la preoccupazione, qui avvertita con grande forza e che è fondata, di aver in qualche modo diffamato - uso questo termine - l'università, sovrasti il resto. Questa è una preoccupazione sempre presente, purtroppo, nel lavoro informativo; certo, se si diffama un ateneo in cui operano 200 mila persone ci si assume una responsabilità. Spesso peraltro gli elementi di diffamazione gratuita nella comunicazione quotidiana sono tanti e siccome il soggetto non è portatore di un potere passano abbastanza in secondo piano. Vorrei che questo elemento, sicuramente pesante, venisse in una certa misura depotenziato, compiendo, se necessario, gli atti riparatori ritenuti utili per venire alla sostanza dei problemi indicati anche da questa discussione. Si tratta, secondo me, di problemi molto forti che pongono anche quello dell'organizzazione dei lavori parlamentari rispetto all'insieme delle questioni.
Per quanto concerne gli indirizzi da dare, l'onorevole Falomi ha suggerito in ufficio di presidenza di dare vita ad una sorta di sottocommissione che si preoccupi anche del lavoro istruttorio degli indirizzi; peraltro, i nostri indirizzi sul pluralismo concernono una gamma limitata. L'altro aspetto, che affronteremo domani, riguarda il tema donne e televisione, ma dovrebbe essere adottata una politica anche per i minori e per la giustizia, perché ogni tanto si sente parlare di intercettazioni telefoniche e di nomi che vengono sbattuti sui giornali. Rispetto a tutto ciò, dovremmo comunque arrivare a fissare un nostro indirizzo e questo sarà uno degli argomenti che mi permetterò di suggerire all'attenzione della Commissione, una volta che avremo deciso di avviare tale lavoro.
Ritengo che lei, ed il senato accademico, abbiate fatto benissimo a non partecipare alla trasmissione in questione,
Personalmente non condivido tantissimo di ciò che lei ha fatto e fa, ma il problema di cui ci occupiamo oggi va senz'altro condiviso, anche perché il programma in questione è stato brutto non soltanto per il modo in cui è stato condotto, ma anche per come è stato propagandato nel tempo. Si è voluto, infatti, creare da parte del servizio pubblico radiotelevisivo una sorta di aspettativa, sempre crescente, anticipando la messa in onda di una trasmissione che probabilmente è stata enfatizzata, al di là del desiderio degli italiani di conoscere il pensiero di chi è all'interno dell'università. Che un'istituzione sia messa in quel modo alla berlina è veramente pericoloso per la democrazia ed io mi sarei aspettata che, da parte dei colleghi della sinistra, vi fosse una sottolineatura del genere, che probabilmente in altra epoca ed in altro momento avrebbero fatto, ma forse sia la conduzione della trasmissione, sia il momento in cui essa è caduta, sia la volontà, sottesa o meno, perché se dovessi concludere debbo dire veramente che non saprei come farlo.
La trasmissione è stata determinata dal cinismo di chi voleva destare il massimo dell'aspettativa? Un fatto del genere è spregevole. La trasmissione è stata determinata dal desiderio di mettere in cattiva luce l'università La Sapienza? Una cosa del genere è ugualmente spregevole. Di pregevole questa trasmissione non ha avuto assolutamente nulla e - ripeto - sono veramente meravigliata del fatto che un qualche accento non vi sia stato da parte dei colleghi che pure in altre circostanze hanno avuto grande attenzione al sistema pubblico radiotelevisivo. Forse il collega Masullo ha fatto venire fuori, in qualche maniera freudianamente, la verità di ciò che si trovava sotto la trasmissione.
Vi sarà sicuramente un dibattito, immagino, perché l'esame dell'argomento è stato abbastanza vivace e sulle tesi che si sono confrontate avremo modo di esprimere successivamente il nostro parere. Prego quindi i colleghi di soprassedere a richieste di interventi, anche per dar modo ora alla controparte, anche se il termine è improprio, di esporre le proprie tesi.
Ringrazio nuovamente il professor Tecce ed il professor Alfani.