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Doc. XXII-bis n. 1


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PARTE II
IL QUADRO GENERALE DELL'ATTIVITÀ DI INCHIESTA DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE

1. L'ATTIVITÀ DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE. AUDIZIONI E MISSIONI

La Commissione ha iniziato i suoi lavori procedendo, in primo luogo, all'acquisizione della documentazione relativa ai procedimenti svolti in seguito alla sciagura, e precisamente: le tre indagini giudiziarie italiane, le due inchieste amministrative militari, italiana ed americana, ed i processi tenutisi negli Stati Uniti, presso la Corte marziale di Camp Lejeune. Ha quindi avviato un fitto programma di audizioni e missioni, per avere il quadro completo dei fatti e dei provvedimenti presi e per approfondire le principali questioni emerse dallo studio della documentazione.
Sono stati ascoltati, in primo luogo, i rappresentanti del pubblico ministero che hanno sostenuto l'accusa davanti al tribunale penale di Trento ed ai tribunali militari di Padova e Bari. Tali audizioni hanno permesso di sentire dalla viva voce dei protagonisti i criteri seguiti nello svolgimento delle indagini, le difficoltà incontrate, le principali questioni emerse e le impressioni che hanno ricavato dall'incontro con i militari coinvolti a diverso titolo nei fatti. È stata poi l'occasione per risolvere alcuni dubbi in merito all'esito dei processi ed al percorso logico-giuridico seguito. Successivamente la Commissione ha sentito in audizione i rappresentanti del Governo, nelle persone del Sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio e del Ministro della Difesa, che hanno contribuito alla comprensione del quadro di accordi che vincolano il nostro Paese sul piano internazionale, in relazione agli obblighi derivanti dall'Alleanza atlantica, nonché del processo di revisione di tali accordi. In tale occasione si è anche discusso delle azioni del Governo successive alla tragedia e dell'adeguatezza dei provvedimenti presi. L'audizione dei rappresentanti delle comunità locali, sindaco di Cavalese e Presidente della provincia autonoma di Trento, e di quelli della società civile, comitato 3 febbraio per la giustizia, ha permesso di avere un'impressione diretta di quale fosse l'impatto dei voli militari sulle popolazioni e di conoscere le azioni da tempo intraprese da parte delle amministrazioni locali per segnalare gli abusi che si verificavano, con grave disagio e preoccupazione della popolazione, e per sollecitare gli interventi delle autorità centrali. È stata poi la volta dei vertici militari: capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica; attuale comandante dell'aeroporto di Aviano; comandante pro tempore della V ATAF; consigliere militare del presidente del Consiglio dei ministri; capo di Stato Maggiore della Difesa; comandante pro tempore dell'aeroporto di Aviano. Tali soggetti, sentiti nella loro duplice qualità di appartenenti all'amministrazione e di esperti in materia di voli militari, hanno permesso di approfondire quale fosse la situazione dei rapporti tra militari italiani e militari alleati, acquisire ulteriori conoscenze in ordine ai fatti che hanno determinato la sciagura, chiarire le complesse questioni legate alla programmazione,


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attuazione e controllo delle missioni aeree, e, infine, avere una sintesi ed una valutazione dei provvedimenti adottati per evitare il ripetersi di fatti del genere. La Commissione ha ritenuto opportuno, inoltre, sentire anche il precedente sindaco di Cavalese per conoscere quale fosse la situazione relativa ai voli militari di addestramento negli anni precedenti al fatto, ed effettuare una missione all'aeroporto di Aviano, per rendersi conto del modo in cui vengono attuate le nuove procedure adottate dopo la sciagura. La Commissione ha quindi svolto una seduta di audizioni libere presso il commissariato del Governo di Trento, al fine di raccogliere in loco ulteriori informazioni sui voli a bassa quota nelle valli del Trentino. Dopo una serie di contatti per il tramite delle autorità diplomatiche, è stata svolta una missione a Washington, per ascoltare le più alte autorità americane esperte nella materia, verificare i provvedimenti presi e formulare alcune richieste istruttorie. Al ritorno da tale missione si è ritenuto opportuno ascoltare nuovamente il comandante pro tempore dell'aeroporto di Aviano, per avere da lui alcuni chiarimenti in ordine alla sua partecipazione alla Commissione militare d'inchiesta istituita dagli americani immediatamente dopo l'incidente.
Passiamo ora ad esaminare sinteticamente l'attività di indagine svolta dalla Commissione, di cui si è appena fornito il quadro d'insieme.
In data 9 febbraio 2000, la Commissione ha svolto l'audizione del dottor Franco Antonio Granero, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento e del dottor Bruno Giardina, sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento che hanno evidenziato i seguenti punti:
dal punto di vista giuridico la base di Aviano è sottoposta alla sovranità italiana, ma è anche una «base americana» in Italia, in quanto vi è rischierato soprattutto il 31o FW di F16, per via di accordi bilaterali. Quindi quella di Aviano non è una base NATO, anche se è stata utilizzata per attività NATO proprio per le operazioni della Bosnia;
gli accordi relativi agli aerei rischierati per le operazioni in Bosnia e precisamente quello del 21 aprile 1997 (messaggio SMA/175) prevedevano il divieto totale di voli a bassa quota sul territorio italiano, anche per via del fatto che le operazioni in Bosnia si facevano sempre ad un'altezza non inferiore a cinque mila piedi, e l'aereo che ha causato l'incidente non era un F16 ma, appunto, un Prowler, rischierato espressamente ed esclusivamente per compiere operazioni in Bosnia e, quindi, soggetto a tale divieto;
si è percepita una certa abitualità a violare le regole sulla quota, sia da parte degli aerei del 31o FW che di quelli rischierati per la Bosnia, con l'acquiescenza delle autorità militari italiane, e si è rilevato che gli aerei americani utilizzavano solo le carte edite dall'apposita agenzia statunitense, in cui non erano segnati né Cavalese né la funivia del Cermis, e non le carte dell'Aeronautica Militare italiane, che però sono risultate regolarmente trasmesse. Si è accertato, inoltre, che non vi era un sistema di qualità adeguato, finalizzato a far sì che gli


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equipaggi che volavano da Aviano fossero sufficientemente preparati ed informati delle normative vigenti e, probabilmente, dello stato dei luoghi che andavano asorvolare. Ad esempio, si è accertato che i NOTAMs, venivano trasmessi ma non venivano notificati ad alcuno. Si è, perciò, configurata una responsabilità in capo al comandante americano della base, al comandante del reparto operativo del 31o FW e al comandante italiano della base, che aveva l'obbligo di informare gli squadroni ospitati in ordine alle normative vigenti e di verificarne l'osservanza;
riguardo alla questione della riserva di giurisdizione, rivendicata dagli USA per l'incidente in questione, molti hanno osservato che anche l'Italia, come gli altri Paesi NATO, si è sempre avvalsa della Convenzione di Londra per rivendicare la propria giurisdizione sui militari incorsi in responsabilità all'estero (il caso più tipico è quello delle Frecce Tricolori). Ma in questi casi vi è una differenza molto profonda dal punto di vista giuridico: non è presente alcun tipo di violazione dell'accordo, mentre nell'incidente del Cermis si assiste a tale violazione, e si è, perciò, fuori dal trattato. La prima tesi del PM è stata, quindi, proprio l'inapplicabilità della Convenzione di Londra. In via subordinata, ammesso che la Convenzione dovesse essere applicata, si è poi ritenuto di ravvisare la giurisdizione esclusiva dell'Italia, non la giurisdizione concorrente, in considerazione del fatto che la vicenda coinvolgeva, in maniera assolutamente preponderante, un interesse esclusivo dell'Italia e l'accertamento di questo reato non avrebbe in alcun modo influito sull'assetto organizzativo delle truppe statunitensi. Ammessa, invece, la giurisdizione concorrente, si è ritenuto che si dovesse attribuire la priorità all'Italia, sempre con riferimento alla valutazione dell'interesse preponderante. Si è comunque ravvisata con certezza l'ipotesi di giurisdizione esclusiva dell'Italia a proposito del reato di attentato alla sicurezza dei trasporti, sanzionato dall'articolo 432 del codice penale, in quanto si tratta di un reato non previsto nella legislazione statunitense, come confermato dal consulente di diritto internazionale nominato dalla Procura di Trento;
la presenza di truppe straniere sul territorio nazionale ha la sua regolamentazione sostanziale non nel Patto Atlantico del 1949 come tale, o nella convenzione di Londra del 1951, che regola le conseguenze del Patto Atlantico sulla giurisdizione, ma in una serie di patti e accordi conclusi a livello di Governo o, addirittura, dagli Stati maggiori, che vanno a «riempire» la convenzione di Londra, come un «contenitore». Tali patti non sono stati approvati con legge, come prevederebbe l'articolo 80 della Costituzione: da ciò sono derivate alcune delle questioni di costituzionalità proposte nella richiesta di rinvio a giudizio, mentre le altre vertevano sul fatto che il meccanismo derivante dalla convenzione di Londra violerebbe il principio del giudice naturale precostituito per legge;
tutti i Paesi della NATO, compresa la Turchia, hanno rinegoziato alcune clausole della convenzione di Londra. Gli accordi rinegoziati tra la Repubblica federale tedesca e gli Stati Uniti stabiliscono che interessi superiori dell'amministrazione della giustizia tedesca (in


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relazione ai reati dai cui risulta la morte di una persona, rapina, violenza carnale, eccetto casi in cui siano diretti contro membri di una forza armata, un componente civile o una persona al servizio) siano sotto l'esercizio della sua giurisdizione;
i piloti, interrogati, si sono rifiutati di rispondere, mentre altri militari, ascoltati in qualità di persone informate sui fatti, in particolare i membri dell'equipaggio che su quel medesimo aereo avevano volato lo stesso giorno di mattina, hanno reso palese quale fosse la strategia difensiva americana: ipotizzare un cattivo funzionamento del radar altimetro. Ipotesi sconfessata dalle audizioni di altri piloti, dalla ricostruzione della tenuta dei registri di manutenzione dell'aereo e dalle audizioni dei meccanici e di altre persone. In ogni caso, anche l'eventuale cattivo funzionamento del radar altimetro sarebbe stato irrilevante, posto che il manuale BOAT, che disciplina i voli BBQ, impone che in tutti i casi in cui si verifichi un cattivo funzionamento del radar altimetro durante un'operazione a bassa quota, bisogna interromperla immediatamente e volare almeno a 2000 piedi;
rispetto alla responsabilità dei Comandi nella sciagura, alla «prevedibilità» della medesima, e all'abitualità nel non rispettare i limiti stabiliti, si sono accertate, solo nei tre mesi precedenti il fatto, 449 missioni a bassa quota sul territorio nazionale, di cui 46 americane; di queste, 84 (27 americane) hanno interessato la Provincia di Trento. Tra queste, 11 missioni sono state effettuate dagli aerei rischierati per l'operazione DG e, quindi, in violazione dell'accordo che non prevedeva questo tipo di voli di addestramento per quegli equipaggi;
circa l'impatto dei voli a bassa quota sulle popolazioni locali, si sono accertate 73 proteste formali, da parte di vari organi o persone, 13 delle quali hanno comportato denunce di danni a persone o cose. Solo in 34 di questi casi è stato possibile identificare l'aereo. Il dato finale delle 73 proteste, con conseguenti accertamenti da parte dell'Aeronautica, è stato l'emissione di un solo provvedimento disciplinare nei confronti dell'equipaggio;
sono stati accertati diversi casi in cui si sono verificate situazioni molto simili a quelle che hanno occasionato la tragedia del Cermis: nel 1987 è stata colpita la funivia del Falzarego e vi sono stati diversi feriti (per fortuna la cabina era ferma alla partenza); altri casi si sono verificati a Socchieve, in provincia di Udine, a Vallarsa, in Trentino, a Cortina d'Ampezzo (dopo un anno i comandi americani si sono scusati: questo è stato il massimo che si è riusciti ad ottenere). Vi è stato poi il sorvolo di Torbole, del giugno 1997, ad opera di un aereo italiano;
particolarmente interessante la deposizione resa dal parroco di Molina di Fiemme, che ha dichiarato che dalla sede della canonica, in cima ad una montagnola all'imbocco della Val di Fiemme, gli è capitato di vedere aerei che, venendo dal lago di Stramentizzo, entravano nella valle a bassa quota e che lui vedeva dall'alto, nel senso che ne vedeva


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la parte superiore. In base ai calcoli si è stabilito che questi aerei volavano a 30 metri dal terreno;
infine, e si tratta di questione di fondamentale importanza, la richiesta di autorizzazione del volo in questione fu inoltrata, si ritiene consapevolmente, se non dolosamente, in un piano di volo giornaliero che conteneva tutti i voli del 31o FW, quello dell'Aeronautica Militare americana di stanza ad Aviano, i cui voli vengono sottoposti alla procedura di approvazione tramite il COA/COM di Martina Franca, che procede in maniera pressoché automatica e ha compiti di semplice deconflittazione dei voli. Viceversa, i voli delle forze rischierate per l'operazione Bosnia avrebbero dovuto subire un'altra procedura ed essere trasmessi e autorizzati dalla V ATAF di Vicenza, che ha compiti tattico- strategici rispetto agli obiettivi che la NATO si prefigge. Si ritiene con certezza che tale organo, che aveva emanato il divieto dei voli a bassissima quota per i velivoli impiegati per l'operazione in Bosnia, non avrebbe mai autorizzato tale volo. Questo stato di cose trova conferma nella deposizione dell'allora comandante della V ATAF, il gen. Vannucchi.

Il 15 febbraio 2000 la Commissione ha ascoltato in audizione il dottor Maurizio Block, Procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale di Padova, e il dottor Sergio Dini, Sostituto Procuratore militare della Repubblica presso il medesimo Tribunale, che hanno rilevato quanto segue:
l'intervento della Procura militare di Padova ha la sua giustificazione nel fatto che la base aerea di Aviano si trova nell'ambito territoriale di competenza di questa autorità militare; i tribunali militari hanno una competenza limitata; l'articolo 103 della Costituzione indica che hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate italiane. Fin dal principio è emersa l'inadeguatezza della disciplina penale militare, ormai obsoleta: il codice penale militare risale al 1941. Tale inadeguatezza ha contribuito, al momento della conclusione delle indagini, a non far ritenere realizzata l'unica figura di reato configurabile: quello indicato dall'articolo 117 del codice penale militare di pace - omessa esecuzione di un incarico - a carico del comandante della base, col. Orfeo Durigon. L'indagine doveva accertare se il col. Durigon avesse adempiuto agli obblighi stabiliti dalle leggi nazionali e pattizie, nonché dalle tabelle ordinative organiche del 1o agosto 1994, disciplinanti i compiti del comandante della base di Aviano;
in particolare, si è fatto carico a Durigon: di non aver predisposto un sistema a lui facente capo, in base al quale il comando italiano fosse sempre a conoscenza di tutta l'attività statunitense, per poter effettuare un controllo preventivo delle attività programmate, tra cui, appunto, i voli per finalità addestrative; di aver omesso di controllare che non fossero effettuati voli a bassissima quota, secondo quanto stabilito da una disposizione valevole per tutto il territorio


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nazionale, contenuta nel messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997, già citato, e ribadita il successivo agosto, limitatamente all'arco alpino;
è stata acquisita la normativa che regola la materia al fine di valutare i poteri ed i doveri del Comandante della base di Aviano. Dall'analisi di questi testi normativi è emerso che il comandante non ha poteri di controllo sostanziale sui PVG richiesti dagli americani, né, tantomeno, poteri di veto che non siano legati a questioni esclusivamente formali. In particolare, il Memorandum del 1956 prevede l'esistenza di un comandante italiano nell'installazione ma stabilisce poi che il comandante statunitense eserciti il controllo di carattere militare sul personale, l'equipaggiamento e le operazioni di carattere statunitense, prevedendo il solo obbligo di informare il comandante italiano sulle attività e le esigenze di carattere generale degli enti militari statunitensi ubicati nelle installazioni, in quanto tali attività ed esigenze possano rivestire interesse per le autorità civili e militari italiane. Alla Procura militare non è apparso, quindi, conforme a giustizia che, in presenza di un siffatto quadro normativo, il Durigon fosse condannato, e ha chiesto l'archiviazione. Oltretutto, l'insieme dei doveri che la normativa assegna al comandante di Aviano non sono sembrati configurabili come «incarico», ai fini dell'integrazione della fattispecie di cui al citato articolo 117 del c.p.m.p.;
la lacunosità della normativa è alla base anche della contraddittorietà delle dichiarazioni rese dai vari esponenti dell'Aeronautica militare: secondo il gen. Pollice il messaggio del 21 aprile 1997, che faceva divieto di effettuare voli a bassa quota, era immediatamente precettivo anche per il comandante di Aviano, al quale era diretto però per sola conoscenza; invece, secondo i generali Mario Arpino e Andrea Fornasiero, entrambi in successione cronologica Capi di Stato Maggiore dell'Aeronautica, un messaggio inviato per conoscenza e non per competenza non comporta per chi lo riceve l'obbligo di attivarsi per eseguirlo; si segnalano, infine, le dichiarazioni contraddittorie del gen. Vannucchi, secondo il quale il col. Durigon avrebbe dovuto riscontrare l'anomalia della procedura posta in essere per l'autorizzazione del volo, in quanto questo non poteva essere inserito nel piano di volo del 31o FW di Aviano, e dei generali Arpino, Fornasiero e del col. Posocco, secondo cui, invece, la procedura era regolare, in quanto si trattava di un volo addestrativo del singolo reparto 31o FW e da questi eventualmente originato;
una ulteriore complicazione deriva dalla presenza nella base di Aviano di due categorie di aerei: quelli del 31o FW e gli altri, tipo i Prowler dei Marines, rischierati per l'operazione in Bosnia. Il comandante di Aviano aveva qualche potere in relazione agli F16, essendo previsto, ad esempio, che il comandante italiano è responsabile dei servizi del traffico aereo e che le attività addestrative e operative del 31o FW devono essere preventivamente notificate alle autorità nazionali; tutto ciò non è invece previsto per quanto riguarda gli aerei schierati per le operazioni in Bosnia. La disciplina per questa tipologia di aerei è contenuta nel MOU del 1995 che si articola in tre sottoaccordi. Solo il sottoaccordo dell'Aeronautica, mai siglato, avrebbe


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dato effettivi poteri al comandante di Aviano per bloccare eventuali attività pericolose per la salute pubblica sul territorio nazionale.

In data 16 febbraio 2000 è stato sentito il dottor Giuseppe Iacobellis, Procuratore militare della Repubblica presso il Tribunale di Bari che ha riferito quanto segue:
la ragione per cui è stata interessata la Procura militare di Bari deriva dal fatto che, in seguito alle investigazioni condotte dai magistrati trentini, era stato acquisito il messaggio SMA-322/00175/SFOR, datato 21 aprile 1997 dello Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare di Roma, diretto al comando NATO SHAPE/SOPA in Mons (Belgio), e a diversi enti della catena di comando NATO in Italia, nonché, per conoscenza, a vari altri enti tra i quali gli AEROROC di Montevenda e Martina Franca;
riguardo alle procedure per i voli, si distinguono: una predisposizione di programmi di volo giornalieri; la sua trasmissione per la l'autorizzazione al ROC, poi denominato COA/COM, che ha la responsabilità dell'attività logistico operativa del reparto e ha il potere di impartire direttive di carattere generale anche per le dipendenti agenzie. Da questo dipende, tra le altre, l'agenzia ATCC che ha la principale funzione in tempo di pace di deconflittare i voli. Tale agenzia ha una propria competenza tecnica esclusiva ed è responsabile dell'addestramento, disciplina e impiego del personale posto alle sue dirette dipendenze. Il messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997 fu diretto per conoscenza agli AEROROC di Montevenda e, appunto, Martina Franca, che all'epoca operavano per le rispettive aree di competenza. In seguito a vari provvedimenti dello Stato maggiore per la riconfigurazione della linea di comando e controllo delle forze aeree, ha disposto dei cambiamenti, così a partire dal 5 gennaio 1998 fino al 1o settembre 1998, le competenze e responsabilità al COA/COM (ex ROC) di Martina Franca e del dipendente ATCC sono state estese a tutto il territorio nazionale;
nell'ambito di questa temporanea esclusiva competenza, a Martina Franca, in data 2 febbraio 1998, è arrivato dal 31o FW il programma di volo giornaliero di Aviano del 3 febbraio 1998 ed è stato emesso dall'ATCC del comando di Martina Franca il messaggio ASMIX che ha autorizzato, tra l'altro, la missione EASY 01, relativa al volo a bassa quota AV 047 BD, per il giorno 3 febbraio 1998 del velivolo che ha causato la tragedia del Cermis; tutto ciò spiega perché è stata interessata la Procura militare di Bari nel cui circondario rientra il COA/COM di Martina Franca;
la Procura militare di Bari non si è interessata del disastro del Cermis perché non le competeva, ma da quel disastro è emersa la necessità di sapere se chi ha autorizzato quel volo avesse disatteso o meno le disposizioni del messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997, se la natura del messaggio fosse precettiva o informativa, al fine di stabilire se lo stesso introduceva un divieto di autorizzare attività a bassa quota sul territorio italiano. Fatti i debiti accertamenti, si sono svolte indagini nei confronti del ten. col. Celestino Carratù, direttore all'epoca dei fatti


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del COA/COM di Martina Franca, ipotizzando a suo carico il reato previsto dall'articolo 117 c.p.m.p. (omessa esecuzione di un incarico), poiché, avendo ricevuto l'incarico, con il citato messaggio SMA/175 del 21 aprile 1997, di non autorizzare i voli a bassa quota sul territorio italiano a meno che non fosse stato stabilito diversamente, non ha eseguito l'incarico, visto che non ha impartito disposizioni dirette a non autorizzare i voli a bassa quota;
in sintesi, il messaggio è stato recepito come informativo e non precettivo da parte degli organi competenti, poiché lo SMA si è limitato a proporre al comando NATO le soluzioni individuate (incontro tecnico il 17 marzo 1997 tra lo Stato maggiore e la NATO per evitare impatti ambientali), ma non è stato esplicito nel chiarire che da quell'incontro tecnico derivavano delle disposizioni da eseguire e, comunque, all'AEROROC di Martina Franca è stato inviato per conoscenza. Poiché nel messaggio non è possibile ravvisare il conferimento di un incarico, è stata, quindi, richiesta l'archiviazione del procedimento.

Il 1o marzo 2000 la Commissione ha ascoltato in audizione il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, dott. Marco Minniti, che, dopo aver riassunto i fatti e le diverse inchieste svolte, ha sottolineato i seguenti punti:
la richiesta americana di esercitare la giurisdizione nei confronti dell'equipaggio del velivolo è stata assolutamente legittima, e, al tempo stesso, è stato corretto l'operato del nostro Governo che, nel rispetto della giurisdizione militare americana, ha però rilevato come la decisione assolutoria avrebbe dovuto condurre a verificare l'esistenza di un livello superiore di responsabilità, non essendo accettabile la rinuncia all'accertamento della verità. Il Governo ha mantenuto un atteggiamento di collaborazione nei confronti delle autorità giudiziarie, esemplificato dal consenso ad accedere a parte del testo dell'accordo- quadro bilaterale Italia- Stati Uniti sulle infrastrutture, firmato il 20 ottobre 1954, togliendo il segreto di Stato;
la Commissione bilaterale Tricarico-Prueher, è stata istituita con il compito di definire ogni procedura relativa alle esercitazioni ed all'attività di addestramento a bassa quota delle forze USA in Italia, in modo da consentire il massimo della sicurezza: il risultato fondamentale raggiunto è stato quello di non consentire ulteriormente, se non in casi eccezionali, da valutare di volta in volta da parte delle autorità italiane, l'esercizio del volo a bassa quota sul territorio nazionale da parte di reparti di volo stranieri non stanziali. Tale forma di volo è stata, invece, perentoriamente contingentata per i reparti stanziali;
per quanto attiene alla razionalizzazione della disciplina pattizia, il processo di revisione è già iniziato con la stipula del Memorandum d'intesa tra il Ministero della Difesa e il Dipartimento della Difesa americano nel 1995, denominato Shell Agreement, relativo alle installazioni concesse in uso alle forze americane in Italia. Tale documento stabilisce i termini di riferimento per l'elaborazione dei discendenti accordi tecnici per ciascuna installazione e infrastruttura.


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L'accordo è seguito da due annessi: uno contiene il modello di articoli tecnici per la stesura degli accordi tecnici relativi ad ogni installazione, l'altro riguarda le procedure per la restituzione delle infrastrutture e per il calcolo del valore residuo. I nuovi accordi tecnici, da stipularsi secondo il modello contenuto nello Shell Agreement, tratteranno prevalentemente degli aspetti di dettaglio relativi alla gestione quotidiana, consentendo una loro più semplice applicabilità e una maggiore trasparenza dei rapporti con gli USA, mentre le informazioni «sensibili» saranno contenute nei Protocolli aggiuntivi al citato Accordo del 1954, che saranno sottoscritti dal Ministero della Difesa, essendo parte integrante dell'accordo che legittima la presenza statunitense in Italia;
le iniziative del Governo per indennizzare i parenti delle vittime si sono concluse con la nomina del Commissario liquidatore il 25 gennaio 2000 e con l'emanazione del D.P.C.M. 8 febbraio 2000.

In data 8 marzo 2000 sono stati sentiti il Sindaco di Cavalese, Mauro Gilmozzi, e i rappresentanti del Comitato 3 febbraio per la giustizia di Cavalese, dott. Werner Pichler e avv. Beppe Pontrelli.
Il Sindaco di Cavalese ha rilevato quanto segue:
i voli militari nella Val di Fiemme hanno creato una situazione di profonda insicurezza e paura tra gli abitanti, tuttavia alle frequenti lamentele si rispondeva che i voli erano regolari. La questione è dunque di natura politica, in quanto lo Stato italiano ha permesso che un'attività addestrativa, pericolosa e fastidiosa, si svolgesse in un territorio particolarmente delicato quale è quello delle valli alpine: è lo Stato che stabilisce le regole. Il Comune ha fatto quanto in suo potere per sensibilizzare gli organi competenti.
Vengono, quindi, presentate varie denunce relative a episodi verificatisi dal 1981 ad oggi.

I rappresentanti del Comitato 3 febbraio per la giustizia di Cavalese hanno osservato:
che il Sindaco non ha portato un fondamentale documento riguardante un'interrogazione, presentata nel 1991 da un Consigliere comunale, che pone l'attenzione su questi voli (3); non sembra che l'amministrazione comunale si sia attivata in maniera adeguata e sufficiente, anche se questo non è un conflitto personale con il Sindaco;
le perizie contenute negli atti del procedimento giudiziario dimostrano chiaramente tutte le violazioni commesse e le responsabilità del pilota, si propone inoltre di sentire altri testimoni oculari di cui vengono forniti i nomi;
il Comitato 3 febbraio ha svolto un'intensa attività per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla vicenda e per contribuire all'accertamento della verità: di tale attività viene data una sintetica esposizione.


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In data 15 marzo 2000 è stato sentito il Presidente della Provincia di Trento, dottor Lorenzo Dellai, che ha rilevato quanto segue:
nell'ambito del procedimento giudiziario la Provincia di Trento ha nominato un proprio consulente tecnico che ha affiancato la Procura della Repubblica di Trento;
relativamente all'attività di tipo amministrativo, la Provincia ha cercato di intervenire presso l'ambasciata americana per il Ministero della Difesa perché fossero individuate modalità tali da riconoscere in tempi brevi le relative procedure per il risarcimento dei danni, in particolare per i parenti delle vittime;
su sollecitazione della Provincia, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, il 5 febbraio 1998, ha approvato un ordine del giorno con il quale, oltre ad auspicare che l'inchiesta non fosse sottratta alla giurisdizione italiana e a chiedere al Governo di vietare i voli a bassa quota, «manifesta sconcerto e dolore per una strage che era prevedibile e prevenibile»;
riguardo all'attività svolta dalla Provincia anteriormente alla tragedia del Cermis, sono di particolare importanza alcuni documenti: l'ordine del giorno del Consiglio provinciale di Trento del 9 luglio 1996, con il quale si manifestava la preoccupazione per alcuni incidenti causati da aerei militari e si chiedevano provvedimenti per evitarli nel futuro, e una successiva lettera del Presidente della Provincia pro tempore al Ministro della Difesa, che faceva riferimento a tale ordine del giorno. Il Ministro della Difesa rispose assicurando l'impegno del Governo ad emanare apposite regole per disciplinare l'attività di volo a bassa quota. La Provincia ha quindi fatto proprie le lamentele dei cittadini, portandole a livello di Governo, con l'atteggiamento di fiducia nelle istituzioni che è tipico degli abitanti di queste valli, anche se le risposte ricevute non sono sembrate sufficienti e non hanno tenuto conto in maniera adeguata della gravità della situazione.

In data 29 marzo 2000 è stato audito il Ministro della Difesa, on. Sergio Mattarella, che ha evidenziato i seguenti punti:
la NATO ha svolto un ruolo essenziale nel superamento del confronto est- ovest in cui l'Italia ha sempre avuto una posizione strategica ed è ora impegnata in un processo di sviluppo, contribuendo alla creazione di un nuovo sistema di sicurezza comune in Europa. Pertanto il problema non riguarda l'eliminazione delle forze alleate, in particolare statunitensi, sul nostro territorio, che comunque non può essere intesa come limitativa della sovranità nazionale, bensì una sempre più appropriata regolamentazione delle forme e dei modi che caratterizzano questa presenza;
il quadro degli accordi che regolano la presenza delle forze alleate, ed in particolare di quelle statunitensi, sul nostro territorio, e che discendono dal trattato di Washington del 1949, con il relativo Accordo di Londra sullo statuto delle forze (NATO-SOFA) del 1951, è il seguente: Basic infrastructure agreement (BIA) del 20 ottobre 1954, che ha una elevata classifica di segretezza e che tuttavia il Governo con


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atto innovativo ha messo parzialmente a disposizione dell'autorità giudiziaria competente sul caso Cermis; lo Shell agreement del 2 febbraio 1995, stipulato tra il Ministero della Difesa italiano e il Dipartimento della Difesa USA, che stabilisce le modalità a cui attenersi per la stesura o l'aggiornamento degli accordi tecnici che regolano le modalità della presenza e delle attività delle forze statunitensi nelle singole installazioni ed infrastrutture. Tali accordi tecnici, aventi natura non riservata, saranno rivisti in modo da definire in maniera più puntuale e stringente ed a rafforzare gli ambiti di competenza, responsabilità e controllo delle autorità nazionali preposte a ciascuna infrastruttura concessa alle forze statunitensi, e potranno essere integrati da protocolli aggiuntivi di natura riservata, riguardanti gli aspetti tecnico-operativi, particolarmente delicati dal punto di vista della sicurezza militare. Attualmente, il Ministero è impegnato nell'aggiornamento dell'accordo tecnico relativo alla base di Sigonella, che servirà da intesa pilota per la successiva redazione degli accordi tecnici relativi alle altre infrastrutture;
a seguito della tragedia di Cavalese, il Governo italiano si è mosso con prontezza e decisione nel seguente modo: nomina di una Commissione Italia-USA presieduta per l'Italia dal gen. Tricarico e per gli Stati Uniti dall'Amm. Prueher, che ha definito nuove procedure e vincoli operativi per garantire la massima sicurezza nelle attività di volo; indennizzo ai parenti delle vittime e all'unico superstite; avvio delle procedure per i risarcimenti alla società Alpe Cermis, alla Provincia di Trento e al comune di Cavalese, da parte del Ministero della Difesa.

In data 30 marzo 2000 la Commissione ha svolto l'audizione del gen. Andrea Fornasiero, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, che ha evidenziato i seguenti punti:
la presenza di forze statunitensi in Italia è regolamentata da accordi bilaterali stipulati per la maggior parte negli anni 50-60 ed attualmente in fase di rivisitazione in linea con l'accordo Shell agreement del 1995, stipulato tra il Ministero della Difesa italiano ed il Dipartimento della Difesa USA. Tale accordo rappresenta una svolta nella filosofia dei trattati militari, soprattutto riguardo alla classifica di segretezza, e contiene principi di gestione quotidiana delle basi ed infrastrutture concesse in uso. Sono ancora in corso elaborazioni delle bozze degli accordi militari di dettaglio e non si è pervenuto alla definitiva ratifica in quanto si attende la firma a livello del Ministro della Difesa del protocollo aggiuntivo al Basic infrastructure agreement (BIA), capostipite di nuovi accordi politici che legittimano la presenza USA in Italia;
con l'avvio delle operazioni sull'ex Iugoslavia, nel primo semestre 1993, e della consistente presenza di assetti alleati, lo SMA, con riguardo anche alla problematica dell'impatto ambientale che tale aumento di attività comportava, ha posto ulteriori limitazioni circa gli orari di effettuazione dell'attività, il numero dei voli autorizzati e le quote, che dovevano essere non inferiori a 500 piedi di giorno e 1.000


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di notte; ha poi proceduto ad una revisione restrittiva delle disposizioni applicabili ai velivoli alleati non stanziali, sensibilizzando i comandi NATO sulla necessità di ridurre sia la «finestra temporale» in cui svolgere l'attività di volo addestrativa, sia l'effettuazione dell'attività addestrativa a bassa quota, provvedendo a disciplinare una delicata attività d'istituto per l'addestramento operativo, nel rispetto della sicurezza del volo e del massimo contenimento dell'inquinamento acustico, richiamando i destinatari alla scrupolosa osservanza. Ciò nonostante, vi sono state numerose comunicazioni, pervenute da privati e, talvolta, formalizzate come denuncia, che hanno dato luogo a una laboriosa attività di indagine. Il messaggio del 21 aprile 1997 (SMA/175), che tanta parte ha avuto nella vicenda del Cermis, era in realtà un messaggio informativo; se fosse stato precettivo, sarebbe stato emesso un NOTAM. È stato indirizzato a Vicenza e mandato a Martina Franca solo come informazione, in quanto Vicenza controllava tutti i voli operativi in Bosnia. In base agli accordi i voli addestrativi andavano sulla catena nazionale, mentre quelli operativi sulla catena NATO. Il messaggio, comunque, non riguardava la sicurezza del volo bensì l'impatto ambientale;
si deve, infatti, distinguere nettamente fra l'attività operativa reale e l'attività addestrativa. L'attività operativa reale e quella operativa addestrativa per esigenze prettamente nazionali erano di competenza dei ROC. All'epoca dell'incidente, la Forza Armata era in fase di trasformazione; la struttura di comando e controllo, affidata in precedenza ai ROC della 1 e 3 Regione aerea, si era concentrata nel solo ROC di Martina Franca, in attesa che il COFA-CO di Poggio Renatico prendesse in toto il controllo dell'attività di volo. Diversa è la catena di comando e controllo per l'impiego delle forze aeree della NATO nel contesto delle operazioni in Bosnia, che veniva effettuato dalla V ATAF di Vicenza, per il tramite del «Combined air operation center». Al comando di Vicenza era devoluto il compito di ordinare giornalmente l'attività di volo dei reparti interessati, riguardante sia operazioni reali nell'area di operazioni, sia specifiche missioni addestrative propedeutiche alle operazioni reali in Bosnia. Quindi, Vicenza non poteva autorizzare nessun volo addestrativo: in base agli accordi i voli addestrativi andavano sulla catena nazionale. Il volo incriminato faceva parte dell'operazione DG ma non era stato programmato per una missione DG; quindi non è apparso anomalo che venisse richiesta l'autorizzazione a Martina Franca, che non ha avuto niente da obiettare, essendo stato presentato insieme ai voli del 31o FW. In relazione alle 11 missioni effettuate da aerei rischierati per l'operazione DG, facenti parte delle 449 missioni a bassa quota dei tre mesi precedenti il fatto, di cui 46 americane (di queste, 84 missioni, di cui 27 americane, hanno interessato la Provincia di Trento), non risulta che le 11 formazioni abbiano volato al di fuori delle regole della sicurezza, altrimenti ciò sarebbe stato rilevato. Gli aerei non stanziali, inoltre, potevano compiere un certo numero di missioni di addestramento se inseriti nel normale programma di volo, e quelle missioni venivano accettate o meno a seconda se rientravano nella percentuale entro la quale potevano essere effettuate. Non potevano essere effettuate se il piano di volo veniva inviato alla V ATAF; ma se si seguiva


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la linea normale, si trattava di un aereo rischierato che poteva compiere una missione di addestramento;
in relazione al volo del 3 febbraio, il percorso previsto prevedeva nel tratto interessato una quota di 2000 piedi; non esistevano condizioni meteorologiche che richiedessero una deviazione dalla rotta o un abbassamento di quota per mantenere il controllo visivo del terreno, quindi si deve ritenere che l'inosservanza delle limitazioni non può che ricadere sul personale coinvolto sull'incidente;
circa i compiti del comandante di Aviano, questi aveva il dovere di controllare che i piani di volo si riferissero a quelli pianificati per la zona - c'era una sigla apposita - e che il numero di sortite fosse uguale o inferiore a quelle autorizzate per la base; poi doveva trasmettere tutto ciò al comando ROC di Martina Franca, che deconflittava questi percorsi in funzione di tutti i messaggi ricevuti dagli altri rapporti. Quel giorno il controllo c'è stato; infatti quel volo è stato corretto perché nella compilazione automatica era stato indicato il percorso del volo precedente. Il sergente maggiore ha chiamato il capitano che ha autorizzato la correzione. Martina Franca si è limitata a verificare che il percorso rientrasse nel numero di missioni autorizzate per Aviano e che non intralciasse altri percorsi; dopo di che lo ha autorizzato;
immediatamente dopo il grave incidente, vi è stato un ulteriore intervento che ha imposto altre limitazioni fissando la quota minima di sorvolo su tutto l'arco alpino pari a 2000 piedi (600 metri circa) dal suolo, stabilendo il divieto di sorvolo a quote inferiori a 13.000 piedi (4300 metri circa) dal livello medio del mare in un'area di circa 30 km intorno al comune di Cavalese e raddoppiando le quote minime di volo sul resto del territorio nazionale (ad eccezione delle aree esercitative sul mare). Si è data maggiore efficacia al controllo divulgando capillarmente sul territorio nazionale un «modulo per la segnalazione di sorvolo»; è stata emanata una direttiva finalizzata a creare, a seguito di segnalazioni da parte dei cittadini o delle forze dell'ordine, un ulteriore canale informativo sui sorvoli militari ritenuti non regolamentari. L'incidente del Cermis ha inoltre comportato la necessità di una revisione, affidata dal signor Presidente del Consiglio a una Commissione congiunta Italia-USA (Tricarico-Prueher), che ha consentito di individuare norme più incisive di procedura e vincoli più stringenti per i voli di addestramento a bassa quota dei velivoli statunitensi, estesi successivamente a tutti i reparti stranieri eventualmente schierati sul territorio italiano. Tra questi, il vincolo imposto in merito all'individuazione di un'autorità militare responsabile, anche nei confronti dei comandi italiani, che attesti: la conoscenza da parte degli equipaggi delle regole relative all'attività di bassa quota; che gli stessi possiedano le adeguate qualifiche ed addestramento ad effettuare le missioni assegnate; che la pianificazione sia stata effettuata in ottemperanza ai regolamenti di volo italiani ed utilizzando le carte di navigazione nazionali. Detta autorità, individuata a cura degli Stati Uniti, nel caso di Aviano è identificata con il comandante del 31o WF. I voli dovranno essere inseriti nel programma voli giornalieri del


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comando aeroporto ospitante che viene inviato al COFA-CO per l'approvazione. Le autorità straniere stanziali in Italia possono effettuare attività di volo addestrativa a bassa quota, come previsto negli esistenti accordi bilaterali e NATO, entro il limite massimo del 25 per cento dell'attività di volo settimanale autorizzata e, per i reparti temporaneamente rischierati, qualora autorizzati a svolgere attività a bassa quota, questa non può interessare l'arco alpino. Gli equipaggi, prima di qualsiasi attività di volo sul territorio italiano, ricevono un briefing sulle regole e procedure a bassa quota da un qualificato rappresentante dell'Aeronautica Militare o di altra forza armata o corpo armato dello Stato italiano, nel rispetto delle restrizioni e delle disposizioni contenute nelle direttive e/o emesse a mezzo avviso ai naviganti.

In data 5 aprile 2000 è stato audito il Comandante dell'aeroporto militare di Aviano, col. Alessandro Tudini, che ha evidenziato i seguenti punti:
il compito del comandante di Aviano è fondamentalmente quello di sovrintendere alla puntuale e corretta applicazione degli accordi bilaterali in vigore, che sanciscono i limiti ed i vincoli della presenza americana nella base. I settori di intervento sono l'attività di volo in generale, i servizi del traffico aereo (per i quali il comandante italiano è il primo responsabile), il controllo della presenza numerica del personale civile e militare americano stanziale e in presenza temporanea, la difesa locale e la sicurezza delle installazioni, i rapporti con le autorità civili e militari della zona e l'applicazione delle direttive particolari che vengono emanate da una superiore autorità;
dopo il tragico evento sono state raddoppiate le altitudini minime per la condizione del volo a bassa quota; è stata creata una zona di divieto di sorvolo sino a 13 mila piedi nei dintorni di Cavalese per un raggio di 30 chilometri; è stata sottolineata la necessita del contatto radar positivo, dove è possibile per la condizione del terreno, durante tutta la conduzione della missione; è stata sancita l'obbligatorietà per la pianificazione dell'uso di carte italiane; è stato stabilito che qualsiasi gruppo si rischieri sul suolo nazionale debba ricevere un briefing sulle regole che sovrintendono la conduzione del volo a bassa quota in Italia da personale competente dell'Aeronautica Militare italiana. La Commissione bilaterale italo- americana Tricarico-Prueher inoltre ha formulato sette raccomandazioni che sono state fatte proprie dallo Stato maggiore dell'Aeronautica italiana e dallo Stato maggiore degli USA, che sono diventate direttive esecutive;
vi sono due tipologie diverse di attività di volo: quella svolta da un reparto americano stanziale, il 31o FW, la cui presenza è regolata da un accordo bilaterale che stabilisce i limiti e i vincoli del loro spazio; quella dei tre distaccamenti della NATO che operano per l'attività nei Balcani. Mentre i primi sono autorizzati a svolgere attività addestrativa nel suolo nazionale, gli altri non sono autorizzati a farlo: di fatto, decollano da Aviano ma operano al di fuori delle acque territoriali e dello spazio aereo italiano. Per ciò che concerne l'attività


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del 31o FW, il comando dell'aeroporto di Aviano interviene in varia misura e a vario titolo nelle fasi di pianificazione e programmazione; per quel che riguarda invece la parte NATO, le competenze del comando dell'aeroporto di Aviano sono molto marginali, perché questi reparti non svolgono attività sul suolo nazionale, però è nostro obbligo fornire loro il briefing sulle procedure locali, nonché quello sulle regole di ingaggio delle operazioni in corso e sulle istruzioni adottate per le esercitazioni in corso.

Il giorno 3 maggio 2000 la Commissione si è recata in visita all'aeroporto militare di Aviano. Sono stati svolti diversi briefing illustrativi. Il comandante italiano dell'aeroporto, col. Tudini, ha illustrato l'organizzazione dell'aeroporto, i compiti principali di ciascuna struttura e le applicazioni del rapporto Tricarico-Prueher; il gen. Daniel Darnell, comandante del 31o FW, ha trattato sinteticamente della missione del 31o FW ad Aviano; il col. Jeffrey Eberhard, comandante del gruppo operativo del 31o FW, ha descritto le procedure che si seguono per il volo a bassa quota in applicazione delle raccomandazioni che discendono dal rapporto Tricarico- Prueher.

In data 10 maggio 2000 la Commissione ha svolto l'audizione del gen. Arnaldo Vannucchi, generale dell'Aeronautica Militare, il quale ha rilevato quanto segue:
ha assunto la carica di comandante della V ATAF nell'ottobre 1996 ed in tale veste era responsabile, nei confronti del comandante delle forze aeree alleate del Sud Europa, dello svolgimento delle operazioni aeree in Bosnia, svolgimento effettuato tramite il CAOC, che pianificava e ordinava, ai reparti aerei assegnati alla NATO, le missioni operative sulla Bosnia e le missioni addestrative (tipo Cat Flag e LAO - Local aera orientation) propedeutiche all'impiego nel cielo della ex Iugoslavia. Tutte le suddette missioni venivano comprese in un ordine di missione (ATO) emesso giorno per giorno dal CAOC. Nell'ATO venivano comprese anche le missioni a bassissima quota che i reparti assegnati alla NATO e rischierati in Italia richiedevano per mantenere i piloti addestrati a tal tipo di volo, in accordo sia alle regole nazionali per i voli a bassissima quota, sia alle restrizioni imposte dallo Stato maggiore dell'Aeronautica in relazione al numero dei voli da effettuarsi settimanalmente per ogni velivolo rischierato. Qualsivoglia attività di volo riguardante gli assetti aerei rischierati nella basi italiane per l'operazione aerea a supporto della SFOR doveva essere autorizzata dal CAOC. Il CAOC della V ATAF costituiva il punto focale di riferimento per l'attività volativa dei reparti che le varie nazioni avevano deciso di assegnare alla NATO;
il Comandante della V ATAF è un comandante operativo, quindi interviene in operazioni o in esercitazioni con gli assetti che la nazione gli assegna. I mezzi che vengono assegnati in quel momento alla V ATAF o alla NATO ricadono sotto il suo controllo operativo, mentre il comando rimane sempre alla nazione. Il comandante operativo resta fuori da ogni questione riguardante tutte le regole. I velivoli assegnati sanno già, quando arrivano sotto il controllo operativo della V ATAF,


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quali siano le regole per il volo a bassa quota. Il comandante della V ATAF poteva svolgere soltanto, ogni mattina quando vi era il briefing, un'opera di sensibilizzazione verso i rappresentanti delle dodici nazioni, raccomandandosi affinché fossero rispettate tutte le regole;
il contenuto del messaggio del 21 aprile 1997 non poteva che riguardare la V ATAF e solo la V ATAF, in quanto unica depositaria della possibilità di rilascio delle autorizzazioni all'effettuazione dell'attività di volo, comprese quelle a bassissima quota. Per questo, all'arrivo del messaggio, diede subito disposizioni verbali per l'immediata ottemperanza a quanto disposto dallo Stato Maggiore dell'Aeronautica. Essendo la V ATAF il punto focale, di riferimento per tutta l'attività dei reparti aerei schierati in Italia, quando arriva un messaggio per la V ATAF per lui stesso, come comandante, ha valore precettivo, viene interpretato come ordine. Quindi, per il comandante della V ATAF era precettivo, mentre non lo era per gli altri, poiché non erano coinvolti nel processo di autorizzazione. Il comandante non lo ha trasmesso a sua volta alle varie basi militari da lui dipendenti, perché a Vicenza vi erano gli ufficiali rappresentanti nazionali di tutte le unità rischierate in Italia che avevano la responsabilità di applicare l'ordine. Arrivato il messaggio, il Capo di Stato maggiore e il direttore del CAOC hanno chiamato i rappresentanti nazionali e hanno comunicato il divieto di voli a bassa quota. Quindi, dal giorno seguente, sono state vietate le missioni a bassa quota. A seguito dell'incidente del Cermis, quando ha chiamato la sala operativa per capire cosa fosse successo, il direttore del CAOC disse che, nel momento in cui egli stesso gli aveva comunicato il divieto di missioni a bassa quota, avevano interdetto nel computer la cosiddetta training cell, dove finivano le missioni a bassa quota; questa inibizione faceva in modo che non potesse uscire nessuna autorizzazione;
per le missioni in Bosnia, nel CAOC vi sono tre schermi, continuamente aggiornati, sui quali vengono proiettate, secondo per secondo, le posizioni dei velivoli. Facilita l'operazione il fatto che sia nell'andata verso il territorio della ex Jugoslavia, sia sul cielo della ex Jugoslavia, sia sul ritorno i voli sono ad alta o media quota; in più vi è un AWACS che li tiene continuamente sotto controllo. Diversamente, riguardo i voli a bassa quota, data l'orografia dell'Italia, è difficilissimo che i radar possano seguire gli aerei in tutti i tratti. Non è possibile seguirli minuto per minuto. Il controllo è quindi molto aleatorio;
riguardo al volo del 3 febbraio 1998, il comandante americano ha commesso una violazione in quanto, pur sapendo che una richiesta di missione a bassa quota alla V ATAF gli sarebbe stata respinta, l'ha comunque inserita nel piano di volo giornaliero inviato a Martina Franca, che non ha avuto sospetti, in quanto la richiesta proveniva da un reparto stanziale, il 31o FW, che poteva fare tali voli. Fatto questo passaggio, il volo, autorizzato da Martina Franca, appariva ormai come un volo regolare, si trattava di un volo giornaliero autorizzato con una propria sigla, che non destava alcun problema ai controlli radar. Il generale non era a conoscenza di questo «raggiro».

In data 24 maggio 2000 è stato sentito il gen. Leonardo Tricarico, Consigliere militare del Presidente del Consiglio dei Ministri, Capo


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della delegazione italiana della Commissione bilaterale italo-statunitense Tricarico-Prueher in materia di sicurezza, che ha evidenziato i seguenti punti:
la Commissione bilaterale Tricarico-Prueher è stata istituita nel marzo 1999 a seguito dell'accordo tra il Presidente D'Alema e il Presidente Clinton, che dettero mandato ai rispettivi ministri della Difesa di procedere ad una revisione critica delle norme regolanti l'esercizio del volo sul territorio italiano, al fine di stabilire criteri di sicurezza e provvedimenti che avrebbero meglio tutelato il rispetto dei canoni irrinunciabili della sicurezza del volo;
per quanto riguarda il contenuto del rapporto, in esso sono proposte alcune misure di carattere operativo ed organizzativo che modificano in modo sostanziale il quadro normativo che regola l'attività di volo degli aerei stranieri sul territorio nazionale;
sotto il profilo operativo, la Commissione ha proposto l'adozione di nuove procedure per l'addestramento al volo a bassa quota di aerei USA nello spazio aereo italiano, prevedendo la sospensione, salvo casi da autorizzare di volta in volta, dell'attività a bassa quota di reparti non stanziali, e fissando un tetto per tale forma di addestramento sino ad un limite massimo del 25% dell'attività di volo settimanale autorizzata per le unità stanziali, questo è senz'altro il provvedimento più significativo perché, di fatto, ha sospeso l'attività di volo a bassa quota sul territorio nazionale per i reparti stranieri non residenti nel nostro Paese;
sotto il profilo organizzativo, la Commissione ha proposto: di identificare presso ogni reparto USA rischierato in Italia la figura di un responsabile che certifichi che l'attività di volo delle unità statunitensi nel nostro paese siano svolte nel pieno rispetto delle regole e delle normative del volo italiano (tale previsione è particolarmente significativa in quanto responsabilizza un soggetto unico e agevola l'attività di controllo italiano, aumentando al tempo stesso la conoscenza da parte italiana del pieno rispetto delle regole in materia di pianificazione ed esecuzione dei voli); di prevedere presso ciascuno di questi reparti la presenza di ufficiali italiani per ottimizzare il flusso di informazioni e facilitare le comunicazioni (questa previsione ha voluto rendere meno burocratico e formale lo scambio di informazioni e direttive e agevolare la collaborazione tra componente italiana e statunitense, per facilitare l'integrazione dei reparti sul nostro territorio); di costituire un comitato congiunto italo-statunitense per l'esame periodico di tutte le problematiche inerenti alla sicurezza del volo; di prevedere una revisione periodica delle procedure di volo in vigore, al fine di assicurare la rispondenza ad eventuali nuove esigenze; di attivare un sito Internet dove rendere disponibili informazioni aggiornate circa il teatro operativo e le norme che regolano l'attività di volo sul nostro spazio aereo (tale misura non ha avuto ancora attuazione); infine, la Commissione ha raccomandato la revisione e l'aggiornamento degli accordi bilaterali Italia-USA che regolano l'uso da parte statunitense di basi in territorio italiano, al fine di rendere gli accordi più rispondenti alle attuali esigenze dei due Paesi;


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le raccomandazioni formulate dalla Commissione sono state quasi tutte applicate, si deve perciò ritenere che oggi il sistema sia maggiormente blindato rispetto all'eventualità che possano accadere incidenti connessi all'esercizio del volo sul territorio nazionale;
riguardo alla sovranità, il problema in realtà non è mai esistito: infatti, quando il nostro Paese nel suo complesso, senza incertezze nella struttura, ha fatto presente la propria sovranità, non ci sono stati mai casi in cui questa non sia stata rispettata;
riguardo alla situazione precedente l'incidente del Cermis, le regole già esistevano; il fatto che non siano state rispettate non vuol dire che non fossero buone. La Commissione di cui egli ha fatto parte ha cercato di individuare, alla luce di quanto accaduto, delle ulteriori regole che rendessero più remota l'eventualità del verificarsi di un altro fatto simile. La sospensione dei voli per i reparti non stanziali, in particolare, è giustificata dal fatto che non è possibile ad alcuno, in un territorio così difficile e complesso come quello italiano, acquisire quel patrimonio di conoscenze ma anche di cultura che gli consenta di volare da professionista sul territorio italiano. I provvedimenti presi rappresentano quindi un miglioramento di regole che erano comunque già buone;
per quanto riguarda la catena di comando, non c'è dubbio che fosse debole, la struttura era permeabile, e infatti è successo che il volo del 3 febbraio sia stato inserito in un piano di volo giornaliero, quando invece doveva essere inserito in un task order gestito dal comando NATO con sede a Vicenza. Se il fatto è successo, evidentemente la struttura lo ha accettato, quindi proprio per questo una sorveglianza più puntuale sulla base di accordi chiari, dettagliati e aggiornati, con livelli di supervisione intermedi e con la responsabilizzazione degli equipaggi, non può che favorire una maggiore sicurezza per il futuro;
riguardo al messaggio del 21 aprile 1997 (SMA/175), l'indirizzo per conoscenza comporta la non precettività del medesimo. Si può poi cercare di interpretare per quale motivo si sia ritenuto di mandare il messaggio ad alcuni per competenza e ad altri per conoscenza.

In data 31 maggio 2000 è stato sentito in audizione il gen. Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore della Difesa, che ha evidenziato i seguenti punti:
essendo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica all'epoca dei fatti, ribadisce come già dichiarato in sede di colloquio con il Procuratore militare di Padova, che il telegramma del 21 aprile 1997 (SMA/175), che ha assunto un ruolo centrale nella vicenda, non aveva alcuna natura precettiva nei confronti delle autorità NATO cui era indirizzato né, a maggior ragione, degli enti nazionali cui era stato esteso solo per conoscenza. Con tale messaggio venivano unicamente proposte soluzioni volte a diminuire l'impatto ambientale causato dal proliferare dell'attività addestrativa a bassa quota: non si intendeva in alcun modo affrontare i problemi legati alla sicurezza del volo ma soltanto venire incontro alle esigenze delle popolazioni. Qualora ci


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fosse stata l'intenzione di dare degli ordini, avrebbe richiesto espressamente al COA/COM e al Comandante di Aviano, in deroga a quanto previsto dalle tabelle ordinative organiche, di provvedere direttamente a respingere qualsiasi attività di volo a bassa quota;
subito dopo l'incidente, in seguito dell'ondata di emozioni che ne è seguita, è emersa un'interpretazione precettiva del messaggio, probabilmente per un forte senso di colpa per non averne dato un'interpretazione più restrittiva, magari forzandone il senso e lo spirito. In effetti tali interpretazioni sono state date da vari ufficiali, anche di rango elevato. Tale interpretazione deriva probabilmente da una visione parziale dei problemi. Si devono infatti tenere nettamente distinte due grandi categorie: le missioni NATO per la Bosnia, che potevano essere sia della NATO sia nazionali e che pertanto passavano attraverso il CAOC di Vicenza, e tutte le altre che nascevano per esigenze diverse (voli di controllo o di addestramento periodico) che non avevano niente a che vedere con la NATO e con la Bosnia, e venivano regolarmente inserite nel piano di volo giornaliero, che veniva autorizzato dal COA/COM di Martina Franca. Probabilmente Vannucchi e Tricarico, essendo ex comandanti NATO, hanno ragionato in una prospettiva NATO: loro dovevano gestire non missioni di PVG, ma solamente missioni di CAOC, non essendo la missione incriminata una missione CAOC, dal momento che se fosse acceduta, attraverso i programmi informatizzati, il loro computer l'avrebbe respinta. Da qui discende il fatto che non l'avrebbero mai autorizzata. Il fatto poi che tale volo sia stato inserito tra i voli del 31o FW trova spiegazione nella circostanza che tutte le missioni di Aviano venivano coordinate dal 31o FW;
quindi, si ribadisce che la responsabilità va ricercata nella carenza di controllo, da parte del 31o FW statunitense, sul livello di conoscenza delle regole e delle normative che gli equipaggi rischierati erano e sono tenuti ad applicare. La mancanza di applicazione puntuale delle procedure non va sottaciuta, anche se la causa immediata della tragedia sia stata l'indisciplina del pilota;
le carenze degli accordi sui poteri del comandante italiano di Aviano sono state individuate a posteriori dalla Commissione Tricarico-Prueher che ha elaborato ulteriori azioni volte a incrementare l'attività preventiva di controllo e di sicurezza del volo, ma ciò non era individuabile in precedenza, quando le regole e le norme di sicurezza del volo a cui attenersi erano comunque precise e puntuali. Se chi doveva si fosse attenuto a queste norme, anche a quelle minime, la tragedia non si sarebbe verificata;
riguardo al quadro normativo, si devono tenere presenti i seguenti accordi: Shell agreement del 1995, che deriva dal Basic infrastructure agreement (BIA), stipulato nel 1954, che regola i rapporti Italia USA in relazione all'uso delle basi italiane concesse alle forze americane in Italia, e non prevede sottoaccordi per le tre Forze armate, bensì la stesura e la revisione dei Technical agreement (TA) per ciascuna base utilizzata. Tali accordi tecnici non possono essere formalizzati prima del competente avallo politico che si concretizzerà,


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secondo l'attuale orientamento, tramite la stesura di protocolli aggiuntivi (PA) al BIA. Il BIA è quindi l'accordo fondamentale, ed è proprio attraverso la revisione, prima da parte politica dei protocolli aggiuntivi al BIA e poi, a cascata, da parte militare dei TA discendenti dallo Shell agreement, che sarà effettivamente sostanziato il principio ed il modo con cui deve essere applicata la sovranità nazionale. Questi protocolli e i TA dovranno contenere, recependoli, anche gli esiti della Commissione Tricarico-Prueher, ovvero regole più stringenti e responsabilità più precise sia per i comandi USA sia per i comandi nazionali. Tuttavia, viene chiarito che tutta questa attività normativa se migliora la capacità di controllo nazionale sulle basi stanziali USA, non cambia, perché non necessario, quanto era già sancito a chiare lettere nel BIA, e cioè che l'attività volativa dei reparti permanenti sul territorio debba uniformarsi alle regole e alle norme nazionali. Questo già era previsto e bastava ai fini di evitare la tragedia;
il secondo accordo da tener presente è il Memorandum of understanding (MOU), stipulato il 15 dicembre 1995 fra il Ministero della Difesa e il comando supremo delle forze alleate in Europa (SHAPE) riguardante la fornitura di supporto logistico alle forze esterne in transito o temporaneamente stanziate sul territorio italiano. Questo MOU, necessario a formalizzare soprattutto gli aspetti logistici e finanziari delle attività dei reparti di tutte le nazioni partecipanti alle operazioni in Bosnia e operanti nel territorio nazionale, è stato reiterato ed applicato nel tempo a copertura anche delle successive operazioni, fino alle attuali SFOR e KFOR, rispettivamente in Bosnia e in Kossovo. A cascata, derivanti da questo MOU sono stati effettivamente elaborati tre sottoaccordi per le tre forze armate, che sono andati a compimento per l'esercito e la marina, in quanto molto limitati e circoscritti, invece quello predisposto per l'Aeronautica, di maggiore complicazione, non è stato ancora firmato. La vera motivazione della mancata firma da parte dell'Aeronautica è stata ed è la sistematica difficoltà delle controparti straniere ad accettare le proposte italiane che prevedono oneri non sempre e non del tutto condivisi. Tale situazione è stata parzialmente risolta attraverso dei local arrangements tra il comandante italiano e il comandante del reparto ospitato, per definire presso le varie basi le esigenze logistiche e finanziarie. Ciò è avvenuto per tutte le basi, ad eccezione di Aviano, per il semplice motivo che i velivoli aggiuntivi o rischierati per l'operazione Bosnia si sono appoggiati alle strutture americane stanziali già regolamentate dal BIA. Da ciò le diverse responsabilità del comandante italiano di Aviano rispetto a quelle degli altri comandanti nazionali. Dunque, la mancata firma degli accordi non è derivata da una più o meno accentuata subordinazione dell'Aeronautica agli americani, e se è vero che la loro definizione avrebbe dato una qualche maggiore autorità al comandante italiano di Aviano, tuttavia trattandosi di accordi a carattere prevalentemente logistico non avrebbe comunque impedito un grave atto di indisciplina, quale è stato quello che ha determinato la tragedia;
riguardo alla segnalazione dei voli a bassa quota, spesso si basano sulle impressioni dell'uomo della strada, che si affida alla sua


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sensazione, al rumore e alla velocità, e fa stime che più volte sono risultate errate, non avendo né dispositivi né esperienza per misurare le quote dei sorvoli o discriminare fra 500, 750 o 1000 piedi, in un contesto orografico difficile. Comunque l'Aeronautica è fortemente coinvolta con uomini e mezzi per dare riscontro in termini di indagini e di inchiesta a tutte le segnalazioni di possibili incidenti, e, per gli aspetti didattico-formativi, è stato costituito nel 1995 l'Istituto Superiore per la Sicurezza del Volo, che provvede alla formazione e alla qualificazione del personale militare e civile per la prevenzione e per la sicurezza del volo e anche per l'investigazione;
rispetto al grado di applicazione degli accordi Tricarico-Prueher non è stato ancora istituito il sito Internet e deve essere ancora completato l'aggiornamento degli accordi tecnici (TA). Finora non si è ancora provveduto a rinegoziare l'accordo a livello militare in quanto è in via di definizione quello di Sigonella che farà da capostipite a tutti i ventuno accordi relativi alle basi americane.

In data 7 giugno 2000 la Commissione ha svolto l'audizione del col. Orfeo Durigon, dell'Aeronautica Militare, il quale si è soffermato sui seguenti punti:
ha svolto l'incarico di comandante italiano presso la base di Aviano dal 29 settembre 1997 al 29 luglio 1999, con il compito, soprattutto, di sovrintendere all'applicazione degli accordi bilaterali: il Technical agreement e il Memorandum of understandig, documenti risalenti rispettivamente al 1994 e al 1993. Aveva inoltre i seguenti compiti: garantire la sicurezza dell'aeroporto, integrandone le risorse sia italiane sia americane per la difesa del sedime aeroportuale; esercitare la funzione di collegamento fra le autorità militari alleate, le autorità civili e le forze dell'ordine che sono fuori dall'aeroporto; esercitare il controllo con dei team misti americani e italiani nel piccolo spazio aereo attorno all'aeroporto, chiamato CTR di Aviano; fornire l'eventuale supporto che le unità chiedono, se è in grado di darlo, rivolgendosi altrimenti ai superiori; assicurare la funzionalità di tutti i servizi generali dell'aeroporto. I suoi compiti erano prettamente di natura logistica, non aveva compiti operativi, che sono responsabilità del comandante americano, che aveva un reparto volo. Il comandante italiano non aveva reparto volo, non aveva il compito di addestrare equipaggi alleati, compito affidato al comandante americano. È stato nominato membro della Commissione internazionale che ha indagato sui fatti del Cermis, e le funzioni che ha svolto erano soprattutto di osservatore, collaboratore, interprete; poteva inoltre rivolgere qualunque domanda e prendere visione di qualunque documento. La Commissione ha tentato di porre domande al pilota, il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere, ha reso solo una dichiarazione di cordoglio ed ha affermato che non stava volontariamente trasgredendo alle regole. Ricorda che, nell'ultima pagina del riassunto dell'elaborato della Commissione d'inchiesta degli Stati Uniti, si sostiene che il pilota abbia volutamente violato le quote minime, in ben due tratte;
riguardo allo strumento in dotazione dell'aereo, non si trattava di una scatola nera nel senso moderno della parola, ma di uno


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strumento di vecchia generazione che fornisce soprattutto informazioni tattiche circa l'acquisizione di dati elettronici durante la guerra elettronica. Il tracciato fornito al suolo da questo strumento non era preciso, per cui era sempre necessario calcolare per poter determinare l'altezza relativa al suolo;
circa i rapporti tra i Marines ed il comando del 31o FW, qualunque velivolo americano che atterrava ad Aviano rientrava immediatamente sotto le competenze del comandante americano del 31o FW, quindi dipendeva direttamente da lui per ricevere le informazioni, anche se apparteneva ad altro corpo. Questi poteri sono stati rafforzati dalla Commissione Tricarico- Prueher, ma è già scritto nel Memorandum of understanding che il comandante USA è responsabile di tutta l'attività di volo americana. Comunque, la sovranità della base è italiana; ciò non è mai stato messo in dubbio; c'è sempre stato un clima di massima cooperazione tra comando italiano e comando americano. Tanto è vero che il comandante americano, nel briefing in cui presenta lo stormo ai diversi ospiti, ad un certo punto mostra la fotografia del comandante affermando che questi è il comandante italiano della base di Aviano ed illustra brevemente quale sia l'organizzazione della base;
ricorda come non avesse alcun rapporto con la V ATAF e quindi non era a conoscenza degli ordini che essa dava ai reparti rischierati. Come comandante della base, apparteneva ad un'unica catena di trasmissione informatica nazionale; uno dei suoi compiti era quello di trasmettere le informazioni sulla attività addestrativa nazionale per l'approvazione al COA/COM di Martina Franca. Quella catena è stata rispettata. Se vi fossero altri ordini egli non ne sarebbe stato comunque a conoscenza, non facendo parte della catena informatica della NATO e non ricevendo nulla della V ATAF. Sapeva però che, fin dal 1991, l'attività addestrativa dei reparti rischierati era stata autorizzata e doveva seguire le normali procedure italiane: i voli dovevano essere inseriti nel PVG e questo è ciò che è avvenuto, per cui hanno seguito la catena italiana;
nei quattro mesi precedenti l'incidente vi sono state quattro richieste di informazioni su eventuali sorvoli irregolari da parte delle superiori autorità. In base alla procedura, il ROC mandava al reparto la richiesta di informazioni; il reparto verificava i programmi di volo del giorno indicato per capire chi potesse passare in quell'area. Se si verificava che qualcuno a quell'ora poteva essere in quella zona, il reparto interessava immediatamente gli americani chiedendo un rapporto su quel determinato volo. Gli americani fornivano il rapporto che veniva inviato al ROC. Nei quattro mesi in cui è stato comandante prima dell'incidente, non ha avuto segnalazioni telefoniche né da cittadini né da autorità Non ha avuto alcuna informazione correlabile con l'attività americana fino al giorno dell'incidente. Dopo, gli americani hanno sospeso le attività a bassa quota per quasi un anno.

In data 9 giugno 2000 una delegazione della Commissione, guidata dal Vice Presidente, on. Luigi Olivieri, e composta dai deputati


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onn. Boato, Saonara, Fontan, Mitolo e Detomas, si è recata in missione a Trento ed ha ascoltato in audizione libera Giovanni Trettel, Sergio Vanzo e frate Angelico Boschetto, che hanno riferito in merito a vari episodi di voli a bassa quota sulla Val di Fiemme. Il viceprefetto del commissariato del Governo di Trento, Stelio Iuni, anch'egli sentito in audizione libera, ha consegnato alla delegazione documentazione relativa a segnalazioni di voli a bassa quota, successivi all'incidente del 3 febbraio 1998. Sono emersi i seguenti elementi:
nella sua deposizione, Giovanni Trettel, amministratore della Società Alpe del Cermis sin dalla costituzione, ha segnalato un episodio tra il '67 e il '68 di cui è stato testimone oculare. Un aereo da caccia era passato sotto le funi dell'impianto, al momento fermo. La protesta formale inviata al Comando Nord-est di Padova non aveva avuto alcun esito;
Padre Angelico Boschetto ha riferito che, nell'autunno 1997, dalla finestra della canonica della parrocchia di Molina di Fiemme, posizionata a 50 metri sopra al paese, aveva visto la parte superiore delle ali di un aereo militare. Un episodio simile, di cui era stato testimone oculare, risaliva a un anno prima, ma i voli a bassissima quota (tra i 50 e i 100 metri) erano frequenti (circa due al mese) soprattutto dopo periodi di maltempo. Padre Boschetto ha riferito anche l'episodio- riportatogli da una parrocchiana, deceduta di recente, Valeria Perghel- di un aereo passato a volo radente sul lago di Stramentizzo;
Sergio Vanzo, consigliere comunale a Cavalese dal 1978, è stato autore nel '91 di un'interrogazione al Sindaco Gilmozzi con la quale segnalava la pericolosità dei voli e le lamentele della gente del luogo. Dopo la tragedia del Cermis ha presentato un esposto in Procura, in quanto il Sindaco era stato avvisato del pericolo, ma non vi era stato alcun intervento. Vanzo ha sottolineato inoltre che già con la precedente amministrazione nel 1987- 88, Sindaco Fontana, era stato affrontato il problema dei voli a bassa quota ed erano stati inviati uno o più telegrammi al Comando Nord-est dell'Aeronautica Militare;
Stelio Iuni, Viceprefetto di Trento, dopo aver riconfermato di essere a conoscenza, anche diretta, dell'esistenza di voli a bassa quota nelle valli del Trentino, ha esibito documenti (due fotocopie di lettere e quattro di telegrammi) inviati dai Carabinieri alla Prefettura in seguito alle denunce presentate dai cittadini.

In data 18 luglio 2000 la Commissione ha svolto l'audizione di Giorgio Fontana, già Sindaco di Cavalese dal 1978 al 1990, il quale si è soffermato sui seguenti punti:
il 14 ottobre 1981 alle ore 15 e 15, essendo lui testimone oculare, un aereo da caccia è transitato a non più di 100 metri dall'abitato della frazione Masi di Cavalese, passando sotto i cavi della funivia del Cermis. Su suggerimento della locale stazione dei Carabinieri, ha inviato una protesta al V Comando territoriale di Padova, senza ricevere risposta. Due anni dopo, luglio 1983, è accaduto un episodio


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analogo, segnalato dal capo cantiere del Comune. Il Sindaco Fontana ha contattato la I Regione Aerea di Milano, che ha risposto che nessun aereo militare era transitato per la Val di Fiemme quel giorno e all'ora specificata. Dopo questo episodio, comunque, fino al 1990 non vi erano più stati passaggi a volo radente in Val di Fiemme.

La Commissione, a conclusione degli impegnativi lavori sopra descritti, ha ritenuto opportuno compiere ulteriori attività istruttorie negli Stati Uniti, avviando, a tal fine, una serie di contatti informali con l'Ambasciata americana, culminati con l'incontro tra il Presidente Iacobellis, il Vicepresidente Olivieri e l'Ambasciatore Thomas Foglietta, il 19 ottobre 2000.
La notevole complessità dell'organizzazione della missione ha fatto emergere la necessità di prorogare l'originario termine di dieci mesi, previsto dall'articolo 6, comma 1, della deliberazione istitutiva, per il completamento dei lavori della Commissione, che altrimenti sarebbe scaduto il 10 ottobre 2000. È stata, quindi, presentata una proposta di proroga di tre mesi, sottoscritta da quasi tutti i componenti della Commissione, sia di maggioranza che di opposizione, approvata a larghissima maggioranza il 10 ottobre 2000.
Una delegazione della Commissione, guidata dal Presidente Ermanno Iacobellis e composta dai deputati Luigi Olivieri, Cesare Rizzi, Marco Boato e Giuseppe Detomas, si è quindi recata a Washington ove ha svolto, nei giorni 20 e 21 novembre 2000, una serie di incontri con autorità politiche e militari americane, secondo un programma precedentemente concordato.
Il 20 novembre la Commissione ha tenuto un incontro con il Ministro della Marina (Secretary of the Navy), Richard Danzig ed il Sottosegretario dello stesso dicastero, Robert Pirie.
Gli ulteriori componenti della delegazione americana erano: il generale Michael Williams, assistente comandante (Assistant Commandant) del Corpo dei Marines; il generale Fred McCorkle, vice capo dell'Aviazione (Deputy Commandant Aviation) del Corpo dei Marines; colonnello Bruce Albrecht, dell'Aviazione del Corpo dei Marines (USMC Aviation); generale Joseph Composto, procuratore militate (Justice Advocate General) del Corpo dei Marines; colonnello Kevin Winters, procuratore militare (Justice Advocate General) del Corpo dei Marines; colonnello Gary Sokoloski, procuratore militate (Justice Advocate General) del Corpo dei Marines; capitano Jim Norman, procuratore militare (Justice Advocate General) della Marina; capitano Jane Dalton, esperto legale dello Stato Maggiore (Comander Joint Chiefs of Staff); luogotenente Steve Williams, ministero della difesa (OSD, Italian Desk) ufficio affari italiani; John Reidy, EUCOM, operazioni aeree (Air Operations); maggiore Maria Carty, EUCOM, ufficio affari italiani (Italian Desk).
La Commissione ha rilevato con un certo rammarico che sia gli atti della Commissione d'inchiesta amministrativa americana «DeLong», sia gli atti del processo contro Ashby, hanno lasciato diverse zone d'ombra, soprattutto con riferimento alla questione dell'osservanza in via ordinaria da parte delle forze aeree statunitensi di adeguati parametri di sicurezza.


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Essa ha espresso, inoltre, la propria consapevolezza circa il fatto che il corpo dei Marines ha reagito con attenzione e decisione alla tragedia, ritenendo, nel contempo, di non poter considerare completo il proprio lavoro senza tenere conto dell'apporto di conoscenze e di valutazioni costituito dalle inchieste amministrative disposte dal medesimo.
La Commissione, quindi, ha richiesto alle autorità americane di poter avere copia delle citate inchieste amministrative e di poter incontrare il MajGen M.D. Ryan ed il BGen W.G. Bowden che le hanno svolte, per avere direttamente da loro una valutazione dei fatti accertati; ha ribadito la richiesta degli atti relativi ai processi per ostruzione alla giustizia nei confronti di Ashby e Schweitzer; ha chiesto altresì che le autorità americane volessero valutare l'opportunità di effettuare un'inchiesta sulla sicurezza del volo a norma dell'accordo di standardizzazione NATO (STANAG 3531), con la rinuncia, possibilmente, alle riserve a vantaggio della parte americana, contenute nell'accordo stesso.
Le autorità americane hanno ribadito il loro rincrescimento per il fatti del Cermis, rinnovando il cordoglio per le vittime, e la loro disponibilità a collaborare per fare piena chiarezza sulla vicenda, riservandosi di esaminare le richieste presentate e di rispondere in tempi rapidi. In tale spirito di collaborazione, hanno comunicato di avere già trasmesso alla nostra ambasciata a Washington gli atti dei processi citati nei confronti dei capitani Ashby e Schweitzer.
Quindi i rappresentanti americani hanno illustrato distinte relazioni riguardanti: l'incidente di Cavalese e le azioni intraprese per individuare e punire i responsabili; i problemi connessi al risarcimento delle vittime, la normativa vigente ai sensi del Trattato di Londra e le procedure avviate per effettuare i pagamenti; le misure adottate subito dopo l'incidente per garantire la sicurezza dei voli ed un migliore coordinamento tra le autorità militari italiane e le truppe americane, l'istituzione e la metodologia di lavoro della Commissione Tricarico-Prueher; i contenuti delle raccomandazioni formulate dalla Commissione Tricarico-Prueher per incrementare la sicurezza dei voli e le azioni svolte da parte americana per dar loro concreta attuazione.
A proposito delle raccomandazioni formulate dalla Commissione Tricarico-Prueher, la Commissione parlamentare ha ribadito la richiesta di includerle nell'ambito dello Shell Agreement relativo alle basi militari in cui sono presenti truppe americane.
Il 21 novembre la Commissione ha incontrato il vice Capo di Stato maggiore della difesa (Joint Chiefs of Staff) Richard Myers che ha ribadito il ruolo essenziale svolto dall'Italia nell'ambito della NATO, come ha evidenziato la recente vicenda del Kosovo. Ha quindi sottolineato, come aviatore, il suo dolore per l'incidente del Cermis, e si è impegnato a fornire in tempi rapidi le risposte alle richieste della Commissione, tenuto anche conto dei tempi ristretti derivanti dalla imminente conclusione della legislatura.
Con lettera del 14 dicembre 2000, l'Ambasciatore americano Thomas Foglietta ha comunicato la risposta del suo Governo alle richieste formulate a Washington. Rinnovando la piena disponibilità a garantire l'assistenza tecnica e legale per l'esame della documentazione


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già trasmessa alla Commissione, ha escluso l'eventualità di fornire altra documentazione, ostandovi la legislazione americana, in particolare quella in materia di protezione dei dati personali. Ugualmente ha escluso la possibilità di svolgere un'inchiesta sulla sicurezza del volo a norma dell'accordo di standardizzazione NATO (STANAG 3531), visto che si era già valutata questa possibilità e si era poi deciso di condurre un'indagine che permettesse la partecipazione italiana ai lavori. Quindi, a parere del Governo americano, non sarebbe produttivo svolgere ora questo tipo di indagine.

Il 12 dicembre 2000 la Commissione ha ascoltato nuovamente il colonnello Orfeo Durigon, comandante della base di Aviano all'epoca del disastro. Dopo la missione negli Stati Uniti, infatti, si è ritenuto opportuno convocarlo per avere alcuni chiarimenti in merito alla sua partecipazione alla Commissione amministrativa militare americana che ha indagato sull'incidente immediatamente dopo i tragici fatti.
Il colonnello Durigon ha precisato quanto segue:
è stato chiamato a far parte della commissione dal Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, generale Mario Arpino, e ha partecipato ai lavori con pari dignità e piena libertà;
ricorda che subito dopo l'incidente gli americani hanno avviato un'inchiesta privilegiata, a cui non ha preso parte e della quale non conosce le informazioni raccolte, con il compito di iniziare ad assumere le prove, in attesa dell'inizio dell'inchiesta principale. Ritiene, comunque, che, per il poco tempo a disposizione, ci si sia limitati a raccogliere le dichiarazioni a caldo;
immediatamente dopo l'incidente, quando fu dichiarata l'emergenza, i piloti non dissero di avere impattato il cavo della funivia ma si limitarono a comunicare genericamente una emergenza idraulica. Accorso a visionare l'aereo insieme al capo ufficio operazioni americano, si è reso conto che il velivolo aveva colpito un cavo e si è preoccupato di metterlo al sicuro, dato che sembrava che stesse per prendere fuoco perché perdeva carburante ed olio idraulico. Il colonnello ha appreso del disastro del Cermis dal Televideo, circa un'ora dopo. Durante i lavori della commissione amministrativa, i piloti non hanno risposto alle domande, limitandosi a pronunciare dichiarazioni e scuse molto generiche e molto simili tra loro, senza fornire informazioni valide per l'indagine;
in merito all'attività svolta dalla commissione, durata circa un mese, inizialmente con riunioni anche tre volte al giorno, ha ricordato che tutti avevano pari dignità ed esprimevano apertamente le loro opinioni, e ritiene che il generale DeLong abbia gestito molto bene i lavori. Il convincimento del generale DeLong e quello di tutta la commissione era che l'equipaggio avesse volutamente violato le regole. Esclude di aver ricevuto pressioni di qualsiasi tipo durante la sua attività, né ha mai saputo che altri commissari siano stati oggetto di indebite interferenze. Riguardo al suo contributo all'inchiesta, ha ricordato di aver rilevato, in particolare, l'alta velocità del volo, pari a 550 nodi, come confermato dai calcoli successivamente effettuati.


(3) Nel corso dell'audizione, il Sindaco Mauro Gilmozzi, a seguito della contestazione dei rappresentanti del Comitato 3 febbraio, ha consegnato alla Commissione copia dell'interrogazione.

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