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Doc. XXII-bis n. 1


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PARTE I
IL FATTO E LE REAZIONI DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI ITALIANI

1. L'EVENTO

1.1. Contesto operativo: Bosnia, Jugoslavia e ruolo operativo della NATO e dell'Italia.
Per consentire una più completa comprensione dei fatti che hanno determinato la tragedia del Cermis, è opportuno ricostruire sinteticamente il contesto nel quale si è svolto il volo incriminato. Considerata la situazione nell'ex Jugoslavia, nel dicembre '95 il Consiglio del Nord Atlantico ha autorizzato l'operazione Joint Endeavour, affidando ad una forza multinazionale di 60.000 uomini (IFOR-Implementation Force), diretta dalla NATO, il compito di assicurare l'attuazione degli aspetti militari degli accordi di pace di Dayton, che ufficialmente hanno segnato la fine della guerra (Parigi, 14 dicembre '95). Successivamente, nel dicembre '96 l'IFOR è stata sostituita da una forza di stabilizzazione (SFOR-Stabilization Force) composta da circa 30.000 unità. Dall'estate del '98 la stessa SFOR adotterà una strategia di transizione che porterà a una riduzione graduale e progressiva della struttura per permettere la realizzazione dei profili civili degli accordi, strategia fatta propria dall'Alleanza Atlantica nel dicembre dello stesso anno. Già dal gennaio '98, però, la tensione nell'area balcanica si è spostata, o meglio, si è accentuata nel Kosovo, fino ad indurre la NATO alla decisione di effettuare missioni aeree d'attacco su obiettivi predeterminati della ex Jugoslavia a partire dal 24 marzo 1999.
Al riguardo, si ricorda più in dettaglio che l'operazione SFOR, denominata «Deliberate Guard (DG)», operazione di controllo e monitoraggio della situazione bosniaca nel dopo Dayton, è subentrata all'operazione IFOR «Joint Endeavour», che a sua volta aveva sostituito la «Deny Flight» (operazione aerea e militare nello spazio e sul territorio dell'ex Jugoslavia, precedente gli accordi di Dayton, che dal 12 aprile '93 al 20 dicembre '95 aveva accumulato complessivamente circa centomila missioni, tra voli operativi e addestrativi, svolti prevalentemente nei cieli della Bosnia). L'operazione «Deliberate Guard» avrebbe dovuto concludersi nel luglio '97, ma si decise di prolungarla di un altro anno, vista la precarietà della situazione bosniaca. In totale, come asserito dal Capo di Stato Maggiore della Difesa, gen. Arpino, le Forze aeree dell'Alleanza avevano effettuato circa duecentomila missioni. Per quel che riguarda la «Deliberate Guard», dal 22 agosto '97 al 3 febbraio '98, giorno dell'incidente, il Gruppo di volo VMAQ-2 aveva effettuato 254 sortite totali, di cui 164 in ambito operativo, 69 addestrative di squadriglia e 21 voli funzionali di controllo.
La tragedia del Cermis si colloca in questo contesto: quando è avvenuto il fatto, la NATO stava trasformando una forza di peace enforcing in forza di peace keeping in Bosnia.


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Per consentire alla NATO di svolgere con la richiesta efficacia le missioni aeree nei Balcani, l'Italia, considerata la sua collocazione geografica, aveva concesso la disponibilità dell'uso delle basi aeree esistenti sul territorio, con il relativo supporto tecnico-logistico, a tutti i reparti dei Paesi partecipanti. Nella base di Aviano, già sede del 31o FW dell'USAF (Fighter Wing, Stormo cacciabombardiere, dotato di velivoli F16), si erano rischierati, per periodi a rotazione, velivoli spagnoli, inglesi e anche statunitensi dell'US Marine Corps, con gruppi di aerei F18 e EA-6B Prowler. Le attività operative di questi ultimi, e quelle addestrative propedeutiche concernenti le missioni NATO sulla Bosnia, erano gestite, dal punto di vista dell'impiego dei mezzi assegnati e del loro controllo tattico, direttamente dal CAOC (Combined Air Operation Center) della V ATAF di Vicenza (Allied Tactical Air Force). Diversamente, le attività addestrative degli stessi gruppi, relative, però, ad altre esigenze (a carattere nazionale, quali eventuali voli funzionali o di prove tecniche, di riqualificazione/ riabilitazione degli equipaggi) venivano notificate alle autorità italiane tramite il comando del 31o FW, che provvedeva all'elaborazione del piano giornaliero dei voli (PVG) e ne curava l'inoltro alla competente agenzia, per l'autorizzazione.

1.2. Descrizione del volo del 3 febbraio 1998, impatto e conseguenze.
Il programma di volo del gruppo VMAQ-2 (Marine Tactical Electronic Warfare Squadron 2), del 3 febbraio 1998, predisposto il giorno precedente, prevedeva come secondo evento un volo addestrativo a bassissima quota, con nominativo di missione EASY 01, lungo il percorso denominato AV047 (piano di volo standard a bassa quota del 31o FW USAF di stanza ad Aviano, approvato dalle competenti autorità dell'Aeronautica Militare italiana) con un tempo di volo previsto di un'ora e trenta minuti. Tale volo addestrativo non era attribuibile alla NATO; si trattava, infatti, di una missione nazionale USA, come confermato dal gen. Clark, comandante in capo delle forze americane in Europa, nel respingere la richiesta italiana di rinunciare alla giurisdizione prioritaria.
Il programma di volo era autorizzato e firmato dal comandante del gruppo di volo, ten. col. R. Muegge, mentre la responsabilità della corretta condotta del volo veniva attribuita al pilota, come da manuale di standardizzazione delle procedure operative e addestrative dei reparti di volo degli US Marines (NATOPS- Naval Air Training and Operating Procedures Standardization).
L'equipaggio del volo EASY 01 era composto da: cap. Richard J. Ashby (con 482 ore di volo sull'EA-6B, 783,8 complessive, 7 sortite e 14,5 ore di volo nei trenta giorni precedenti), pilota e comandante del velivolo; cap. Joseph P.Schweitzer (998,9 ore di volo sull'EA-6B, complessive 1157,5, 8 sortite e 18,5 ore nel mese), navigatore e ufficiale numero uno alle contromisure elettroniche (ECMO1); cap. William L. Raney (201,5 ore di volo su EA-6B, complessive 368,2, 11 sortite e 21,9 ore nel mese), ECMO2; cap. Chandler P. Seagraves (355,1 ore di volo su Ea-6B, complessive 523,5, 6 sortite e 10,7 ore nel mese), ECMO3.


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Tutto l'equipaggio era giudicato idoneo al volo, anche se il cap.Schweitzer aveva manifestato anni prima qualche problema fisico. Il cap. Seagraves, appena giunto in Italia per organizzare il rischieramento su Aviano del gruppo d'appartenenza (VMAQ-4), era stato inserito nel programma di volo in un secondo tempo, con l'autorizzazione del ten. col. Muegge, dopo aver ricevuto tutte le istruzioni previste e aver superato il test sulle procedure d'emergenza. Gli altri tre membri dell'equipaggio erano prossimi al rientro negli Stati Uniti. In particolare, per il cap. Ashby si trattava dell'ultimo volo sul velivolo EA-6B, in quanto al suo rientro in patria sarebbe stato trasferito ad un reparto dotato di velivoli F18. Inoltre il suo precedente volo addestrativo a bassa quota risaliva al 3 luglio '97.
Secondo il manuale NATOPS, il responsabile della missione doveva: preparare le carte di navigazione e i giornali di bordo; programmare il consumo di combustibile; controllare gli avvisi agli aeronaviganti (NOTAMs); prendere informazioni sulle condizioni meteorologiche; completare i piani di volo in base alle direttive vigenti, italiane e statunitensi; leggere le schede relative allo stato d'efficienza del velivolo. L'ufficiale ECMO1, addetto alle contromisure elettroniche, era responsabile della navigazione, dei sistemi di navigazione e delle comunicazioni, e assisteva il pilota nell'impiego degli armamenti. Allo stesso competeva, all'occorrenza, la ripianificazione di parti del piano di volo durante lo svolgimento della missione e il compito di assistere il pilota per la corretta condotta del volo a vista. Gli ufficiali ECMO2 ed ECMO3, oltre alle funzioni specifiche relative alle contromisure elettroniche, avevano la responsabilità di contribuire alla sicura condotta del volo a vista, con particolare attenzione alle virate. Tutti gli ufficiali ECMO avevano l'obbligo di restare sempre consapevoli dello stato del velivolo e dell'ambiente operativo e di intervenire sul pilota in caso di pericolo di collisione.
La pianificazione pre-volo era iniziata nel pomeriggio del 2 febbraio, sotto la responsabilità dell'ufficiale addetto al servizio operativo (ODO-Operation Duty Officer) cap. Recce. Quest'ultimo era tenuto al mantenimento e aggiornamento del programma di volo e all'abbinamento equipaggio- velivolo. A lui spettava anche l'accertamento e la valutazione dei rischi (ORM-Operational Risk Management). Si trattava di un programma sviluppato dal 2d MAW (Second Marines Air Wing, reparto sovraordinato al VMAQ) e, data l'assenza di un programma formale, il gruppo VMAQ-2 aveva elaborato di propria iniziativa un prontuario per la gestione del rischio.
Per la missione era stato assegnato il velivolo EA-6B, con numero di matricola BuNo 163045, definito «safe for flight», efficiente per il volo. Aveva volato 5,8 ore in due voli nel mese di febbraio '98, 28,7 ore per 14 voli in gennaio '98, e dall'atto del rischieramento su Aviano al 3 febbraio '98 aveva effettuato complessivamente 245 ore e 36 minuti di volo. Il velivolo il 3 febbraio '98 aveva già effettuato un volo dalle 9,30 alle 12,20 in area operativa (Bosnia). All'atterraggio il pilota aveva riscontrato una disfunzione in quanto il «Cockpit G Meter», misuratore di cabina delle accelerazioni di gravità, non aveva registrato i valori superiori e inferiori. Lo strumento era stato sostituito da uno nuovo, collaudato a terra e perfettamente funzionante. Tutte le operazioni


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precedenti il rullaggio si erano svolte senza che l'equipaggio rilevasse inconvenienti o malfunzionamento delle apparecchiature di bordo.
La missione era stata inserita nel piano di volo giornaliero (PVG) del 31o FW del giorno 2 febbraio per il giorno successivo. Era stata approvata alle 21,57 dal COA/COM di Martina Franca con relativo ASMIX, che prevedeva l'esecuzione di un percorso a bassissima quota standard denominato AV047 BD con i punti di riporto indicati coi rispettivi valori di quota sul terreno (AGL), velocità e rotta: primo tratto Aviano- Ampezzo, 500 ft., 480 kts, 011o prua; secondo tratto Ampezzo-Brunico, 500 ft., 480 kts, 300o prua; terzo tratto Brunico-Ponte di Legno, 500 ft., 480 kts, 240o prua; quarto tratto Ponte di Legno- Casalmaggiore, 2.000 ft., 480 kts, 184o prua; quinto tratto Casalmaggiore- Lago di Garda, 2.000 ft., 480 kts, 025 prua; sesto tratto Lago di Garda- Riva del Garda, 2.000 ft, 480 kts, 015o prua; settimo tratto Riva del Garda-Marmolada, 2.000 ft, 480 kts, 051o prua; ottavo tratto Marmolada-Aviano, 2/3.000 ft, 350 kts, 128o prua.
Il decollo era stato previsto per le ore 13,30 di Greenwich, ed il rientro dopo circa 90 minuti di volo, con termine della parte di missione a BBQ prevista per le 14,20, con continuazione del volo per il rientro secondo le regole del volo strumentale, e atterraggio ad Aviano alle 15,00. Il percorso era inserito nella direttiva SOP ADD-8. Unica diversità rispetto al percorso standard originario, contenuto nella SOP ADD-8, era la prua riportata nella carta di navigazione a disposizione (ritrovata poi a bordo del velivolo) che, nel tratto Riva del Garda -Marmolada, risultava essere di 049o anziché di 051o.
Il giorno 3 febbraio 1998, nell'area interessata dal volo, le condizioni meteorologiche erano molto favorevoli per il volo a bassissima quota: visibilità 7 miglia statutarie (11 chilometri), scarsa nuvolosità a 22.000 ft, vento da 190o intensità 4 kts, temperatura 5oC. Va rilevato che in Val di Fiemme, in base all'ora di svolgimento e alla direzione del volo, l'equipaggio aveva il sole alle spalle.
Dopo il briefing, alle ore 13,12',30" del 3 febbraio, la torre di controllo di Aviano aveva autorizzato la messa in moto. Circa venti minuti dopo «EASY 01» si era dichiarato pronto per il decollo. L'aereo era decollato alle 13,35',50", con un ritardo di circa sei minuti rispetto alla pianificazione. I contatti radio con Aviano erano cessati alle 13,37', con l'autorizzazione concessa alla missione «EASY 01» di contattare l'Ente controllo del traffico di Padova. Data l'impossibilità materiale di tenere sotto controllo positivo radar i velivoli che volano a BBQ in aree montagnose, solo a seguito delle indagini e degli accertamenti effettuati, era stato possibile individuare tre fasi della rotta durante le quali sono state commesse delle palesi violazioni alle regolamentazioni relative al volo a BBQ. In sintesi: nella prima fase, da Aviano a Ponte di Legno, non era stata rispettata né la quota, né la velocità, né, talvolta, la prua; nella seconda tratta, il sorvolo della pianura Padana, come noto densamente popolata e con numerosissimi centri abitati, era stato effettuato a tratti a quote inferiori a quelle autorizzate e fino a cento metri d'altezza; la terza fase, tra l'imbocco della Val di Fiemme, dal lago di Stramentizzo, fino al Cermis, era durata non più di un minuto. L'aereo era entrato in Val di Fiemme ad una quota oscillante


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tra i 260 e i 300 metri, per abbassarsi, poi, fino a circa 110 metri nel punto d'impatto, percorrendo lo spazio che mancava per raggiungere la funivia con punte di velocità intorno ai 540 nodi. Inoltre, nel tratto Riva del Garda- punto dell'incidente, lo scostamento dal percorso previsto dal piano di volo era stato di 8 miglia, chiaramente superiore alle tolleranze ammesse (5 miglia), in quanto il pilota ha seguito l'andamento delle vallate, anziché la rotta prevista al di sopra di esse.
Alle ore 14,13 del 3 febbraio '98, il velivolo aveva impattato e strappato le funi portante e traente zavorra della funivia del Cermis, presumibilmente in virata a sinistra, con una traiettoria verso il basso. La cabina in discesa si trovava a circa 300 metri dalla stazione d'arrivo. Il punto d'impatto era stato stimato a circa 40/50 metri di distanza dalla cabina, a valle della stessa. La cabina era precipitata al suolo, sbattendo prima sul crinale della montagna e, quindi, roteando e ricadendo capovolta.
Morirono gli italiani: Marcello Vanzo, di Cavalese (Trento), manovratore della cabina in discesa, 57 anni, Edeltrand Zanon, nata a Innsbruck, 56 anni, residente a Bressanone e Maria Steiner, 61 anni, di Bressanone; i polacchi: Ewa Strzelczyk, 38 anni, e il figlio Filip, 13 anni, di Gliwice; i belgi: Rosemarie Ian Paul Eyskens, 25 anni di Kalmthout, Sebastian Van den Heede, 27 anni di Brugge, Hadewich Anthonissen, 25 anni di Vechelderzande, Stefaan Vermander, 28 anni di Assebroek, Stefan Bekaert, 38 anni di Leuven; l'olandese Ada Jannetje Elena Groenleer, 21 anni di Apeldoorn; l'austriaco Anton Voglsang, 38 anni di Vienna; i tedeschi: Sonja Weinhofer, 24 anni, nata a Monaco e domiciliata a Vienna, Annelie Wessig, 41 anni, Harald Urban, 41 anni, Michael Poetschke 24 anni, Dieter Frank Blumenfeld, 47 anni, Egon Uwe Renkewitz, 47 anni, Marina Mandy Renkewitz, 24 anni, tutti residenti a Burgstadt e Juergen Wunderlich, 44 anni di Hartmannsdorf. Restò gravemente compromesso a livello psichico e impossibilitato a condurre una vita normale il manovratore della cabina in salita, Marino Costa, rimasto cinquanta minuti nel vuoto, prima dell'arrivo dei soccorsi.
Dopo l'impatto l'aereo si era portato in quota ed aveva proseguito il volo in condizioni di emergenza. La collisione aveva causato danni alla struttura della semiala destra ed alla parte superiore dello stabilizzatore verticale. Era risultato gravemente danneggiato anche il contenitore del radiodisturbatore (POD). La missione «EASY 01» aveva ripreso il contatto radio con la torre di Aviano alle 14,18',10" a 10 miglia nautiche ad ovest del campo, sulla radiale 245o, aveva dichiarato emergenza ed era atterrato, ingaggiando la prima barriera d'arresto, alle 14,26',40". L'equipaggio aveva spento i motori ed aveva effettuato l'abbandono rapido del velivolo. In tale frangente il cap. Raney si era fratturato una caviglia (prognosi trenta giorni). Il cap. Ashby e il cap. Schweitzer avevano abbandonato il velivolo per ultimi.

1.3. Le reazioni del Parlamento, del Governo e delle amministrazioni locali.
Già prima della sciagura, il 25 giugno 1997, l'on. Olivieri ed altri avevano presentato l'interrogazione n. 4/11163, con la quale avevano


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segnalato il fenomeno del sorvolo a bassa quota delle valli del Trentino da parte di aerei militari, fenomeno che destava grave allarme nelle popolazioni e che aveva suscitato l'intervento degli amministratori locali presso i comandi militari, e per il quale chiedevano l'intervento del Ministro della Difesa. A partire dai giorni successivi alla tragedia, l'attività parlamentare di sindacato ispettivo ha registrato interventi da parte di tutte le forze politiche, talmente numerosi da non poter trovare spazio in questa sintesi. La loro qualità, l'incisività dei contenuti e l'attenzione con cui l'intera classe politica italiana ha partecipato al dramma consumato il 3 febbraio 1998 a Cavalese ha determinato numerose dichiarazioni da parte dei Governi succedutisi dal '98. Si è trattato di risposte ad interpellanze ed interrogazioni, non sempre condivise dai richiedenti ma che rimangono comunque come precise prese di posizione del Presidente del Consiglio, dei Ministri e dei Sottosegretari, a partire dalla prima comunicazione, presentata alle Commissioni Difesa riunite di Camera e Senato dall'allora Ministro della Difesa, on. Beniamino Andreatta, il 5 febbraio 1998.
Dopo aver dichiarato, in apertura del discorso, che «nessun pericolo sarebbe derivato se il velivolo si fosse attenuto alle norme cui era obbligato attenersi e che erano state regolarmente comunicate ai responsabili dell'aviazione alleata su Aviano» e smentito l'esistenza di qualsiasi avaria a bordo dell'EA-6B prima dell'impatto con la funivia, il Ministro Andreatta ha annunciato l'intenzione di costituire un gruppo di lavoro che, in concertazione coi Ministeri dei Trasporti, dell'Interno, delle Finanze e di Grazia e Giustizia, elaborasse un apposito schema di disegno di legge a garanzia della convivenza tra operazioni aeree e salvaguardia della popolazione civile dal rumore. Nello specifico il Ministro Andreatta ha segnalato la necessità di una «suddivisione del territorio italiano in zone in cui vengono effettuati sorvoli a quote minime variabili, in funzione della densità della popolazione; la diminuzione generale dei voli a bassa quota, in relazione alla progressiva introduzione di armamenti laser e delle nuove tattiche di volo; lo spostamento sul mare o all'estero di buona parte dell'attività aerea più rumorosa; la continua e capillare sensibilizzazione del personale di volo presso i reparti; la rinuncia a forme d'addestramento importanti, ma non indispensabili, per la formazione del personale navigante (ad esempio la rinuncia alla maggior parte dei voli notturni estivi d'addestramento)». Lo stesso Ministro ha ricordato che sia il Segretario di Stato della Marina statunitense, sia il Segretario alla Difesa Cohen, hanno assicurato il «massimo impegno ad agire con rapidità ed energia per un esauriente accertamento delle cause e per la conseguente adozione dei più appropriati provvedimenti preventivi» ed ha confermato che gli Stati Uniti hanno sospeso immediatamente tutti i voli a bassissima quota dei reparti statunitensi rischierati in Italia. Il Ministro Andreatta ha preannunciato «ulteriori riduzioni dell'attività addestrativa basica a bassissima quota dei reparti alleati in modo rotativo comunque rischierati sul territorio nazionale. Ciò è ottenibile inserendo chiaramente negli accordi con i paesi alleati che l'unica attività a bassissima quota autorizzata è quella addestrativa avanzata (con esclusione di quelle di mantenimento delle capacità basiche) finalizzata all'esecuzione delle missioni in Bosnia» ed ha


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annunciato d'aver disposto che «le forze armate incrementino le attività specialistiche di educazione e formazione di appositi quadri, attività che dovrà essere seguita dal personale navigante e da quello di diretto supporto alle attività aeree in tutte le fasi d'addestramento». Quanto alla NATO, in nessun modo si deve invocare l'allontanamento delle forze alleate dal nostro Paese perché «finiremmo col rinazionalizzare la nostra sicurezza e la nostra difesa, con tutte le disastrose conseguenze politiche ed economiche che ne deriverebbero». L'intervento del Ministro si è concluso con un accenno alle intenzioni statunitensi di procedere ad una prima liquidazione dei danni immediata, incoraggiate dal Governo, con la riconferma dell'attribuzione della giurisdizione al Paese di appartenenza dell'equipaggio dell'aereo che ha causato il disastro e con l'osservazione che «la rinazionalizzazione della politica della sicurezza richiederebbe profonde revisioni e forte impegno da parte dello Stato italiano per quanto concerne le dimensioni e l'equipaggiamento del suo modello militare e porterebbe, in una fase in cui i rischi si concentrano nell'area meridionale dell'Europa, un profondo indebolimento della sicurezza nazionale».
Pochi giorni dopo, l'11 febbraio 1998, il Ministro Andreatta ha annunciato di aver dato disposizioni in via cautelativa «di raddoppiare la quota minima per il volo a bassa quota, portandola da 500-750 piedi a 2000 piedi per tutto l'arco alpino, da 500 a 1000 piedi su tutta la pianura padana e sull'arco appenninico, isole comprese, fermo restando che la quota minima di sorvolo di qualsiasi paese non può essere inferiore a 1500 piedi sul terreno. Nelle aere tattiche, da 250, la quota minima è stata portata a 500 piedi». [...] «Su mia disposizione» ha aggiunto l'allora Ministro della Difesa «lo Stato Maggiore dell'Aeronautica ha anche predisposto un modulo per la segnalazione da parte di cittadini, autorità locali e forze di polizia di sorvoli a quote ritenute troppo basse o comunque in violazione delle regole». In tale occasione il Ministro ha affrontato anche il tema del risarcimento dei danni subiti dagli abitanti della Val di Fiemme: «Il Ministero della Difesa nominerà propri esperti che, attraverso contatti diretti con esponenti della comunità locale, studieranno le possibili forme d'intervento. Ciò parallelamente alle iniziative già in atto da parte di un apposito incaricato statunitense, con il quale sarà ovviamente stabilito un collegamento». Sempre per conto del Ministero della Difesa, in data 31 marzo 1998, il Sottosegretario on. Gianni Rivera, riconfermando i contatti in corso con gli Stati Uniti per il risarcimento danni alla comunità locale, ha ricordato che «lo stesso Presidente Clinton, in una pubblica dichiarazione, ha affermato che sarà fatta giustizia in tempi brevi. Per la disponibilità dimostrata dalle autorità americane e per la valenza politica da attribuire alle dichiarazioni del Presidente non si è reputato opportuno inoltrare formali note di protesta al Governo americano».
L'attività di sindacato ispettivo aveva coinvolto, oltre al Ministero della Difesa, anche quello di Grazia e Giustizia. In data 19 febbraio 1998 l'allora Ministro di Grazia e Giustizia, Giovanni Maria Flick, in merito alle questioni sollevate in materia di giurisdizione, ha sottolineato che, sentiti i Ministri degli Affari Esteri e della Difesa, «è irrilevante, ai fini dell'individuazione della norma applicabile sul punto


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della giurisdizione, la circostanza relativa al carattere nazionale statunitense ovvero al carattere NATO del volo di addestramento del velivolo coinvolto nell'incidente». L'argomento è stato approfondito nella riunione delle Commissioni II (Giustizia) e III (Affari Esteri) della Camera del 30 aprile 1998, presente il Sottosegretario alla Giustizia, on. Franco Corleone. Il Sottosegretario, intervenendo nella discussione sulla risoluzione n. 7/00465, presentata il 1o aprile 1998 dall'on. Luigi Olivieri ed altri, con riferimento alla possibilità di incriminare gli autori della tragedia per il reato ex articolo 432 C.P. (attentato alla sicurezza dei trasporti), non previsto dal codice statunitense, e quindi all'ipotesi di doppia incriminabilità, ha affermato che «non è necessario che il fatto costituisca lo stesso reato nell'ambito delle rispettive legislazioni: è sufficiente che esso integri, comunque, un reato, per entrambi gli ordinamenti». Ciò premesso, «con la decisione di non rinunciare all'esercizio della giurisdizione per i quattro militari- per i quali il Governo italiano aveva chiesto invece agli USA la rinuncia al diritto di priorità- si è in realtà perfezionato il meccanismo regolatore previsto dal Trattato di Londra che fa cessare la giurisdizione concorrente e affermare la giurisdizione esclusiva dello Stato di origine. Lo Stato di soggiorno, chiedendo la rinuncia, aveva implicitamente riconosciuto la giurisdizione dello Stato d'origine per il fatto avvenuto in Italia per cui non può assumere oggi alcuna ulteriore iniziativa (salvo che ad esempio risultasse che l'atto criminoso non rientrava nell'attività di servizio del militare ovvero che non si trattava di appartenente alla Forza Armata) diretta a riaffermare la propria giurisdizione prioritaria».
Fin qui i primi interventi ufficiali a pochi giorni dal fatto. Un altro evento, l'assoluzione del cap. Ashby, ha successivamente stimolato l'attività parlamentare. A rispondere è stato il Presidente del Consiglio, on. Massimo D'Alema, il 10 marzo 1999. Nel suo discorso sono state riportate anche le reazioni statunitensi.
Il Presidente D'Alema ha ricordato che l'inchiesta tecnica americana ha parlato esplicitamente di un errore dell'equipaggio: per la precisione di un comportamento di volo «aggressivo», con la conseguente violazione di regole e procedure previste. Non si può parlare, dunque, e per la verità quasi nessuno ha osato farlo, di un'imprevista fatalità, in modo da negare l'esistenza di precise responsabilità individuali. Il Presidente del Consiglio è entrato direttamente nel merito dei colloqui avuti col Presidente Bill Clinton: «Ho apprezzato la sincerità con cui il Presidente degli Stati Uniti ha riconosciuto la responsabilità del proprio Paese in questa vicenda. Sono state parole importanti che hanno contribuito a rendere più franco e diretto il dialogo e la ricerca di una soluzione per i problemi aperti dopo quel tragico incidente. Da parte mia, ho esposto le ragioni di una profonda insoddisfazione per la situazione che si è determinata e per le difficoltà che il perseguimento delle responsabilità sembra incontrare. Né ho ritenuto giusto tacere sul fatto che ogni equa e doverosa azione di risarcimento non può in alcun modo esaurire o rallentare la ricerca delle cause ultime di una simile tragedia e delle eventuali colpe o mancanze che l'hanno determinata. In discussione non è, come evidente, il nostro rispetto verso la giurisdizione militare americana.


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Tale del resto è l'atteggiamento proprio di un'autorità politica nei confronti della magistratura in ogni democrazia. Noi, dunque, attendiamo l'esito dei procedimenti in corso uno dei quali, nei confronti dello stesso pilota, muove dall'accusa grave di avere ostacolato il corso delle indagini; siamo consapevoli che, in ogni caso, il compiuto accertamento dei fatti ed il perseguimento delle responsabilità non potranno dipendere esclusivamente dai procedimenti attualmente in corso. È chiaro, infatti, che la sentenza di assoluzione per il pilota del velivolo non può che spostare il livello della responsabilità. Accertato infatti che l'incidente non fu il frutto di una terribile fatalità ma dipese da un complesso di errori umani, è chiaro che l'assoluzione dell'ufficiale che si trovava fisicamente ai comandi dell'aereo rimanda ad altre responsabilità. Ho sottolineato, nel corso del colloquio con il Presidente Clinton, l'esigenza irrinunciabile che eventuali responsabilità superiori a quelle finora indagate possano venire accertate prontamente, con il massimo di completezza, anche in conseguenza delle risultanze definitive dei procedimenti penali tuttora in corso negli Stati Uniti. L'adesione convinta del Presidente degli Stati Uniti a questa nostra richiesta significa che i nostri due governi convengono che le responsabilità della tragedia debbano essere accertate in tutta la loro interezza, senza alcuna zona d'ombra. Ciò corrisponde al nostro interesse nazionale e a quel contesto di lealtà e collaborazione indispensabile tra Paesi alleati e fondamento della stessa Alleanza Atlantica. Per questo complesso di ragioni non intendo commentare nel merito il verdetto della Corte marziale statunitense che lo scorso 4 marzo ha prosciolto da ogni accusa il pilota dell'aereo. Né mi attendevo che il Presidente Clinton, nel corso del nostro incontro ufficiale a Washington, potesse assumere nei confronti della Magistratura militare del proprio Paese un atteggiamento diverso. Mi limito a ripetere, anche in questa sede, che quella sentenza è stata per molti ed anche per me, un fatto sconcertante. E non perché molti fossero alla ricerca di un capro espiatorio. Non era di questo che si trattava. Lo sconcerto nasceva dal fatto che dopo quel giudizio - il quale, è bene ricordarlo, in base alla normativa vigente in quel Paese è da considerare definitivo e non motivato - si è accresciuta la preoccupazione che la verità sui fatti del Cermis possa allontanarsi, offuscarsi ulteriormente. Insomma, dopo quella sentenza, in una parte dell'opinione pubblica non solo italiana ma anche americana è cresciuto il timore che la possibilità di fare piena luce su quegli eventi si riduca e - ciò che è peggio - che si indebolisca la volontà di andare fino in fondo e di svelare ogni aspetto di quell'incidente: cause, responsabilità, livelli di comando eventualmente coinvolti. Il nostro compito è rispondere a tale preoccupazione».
Il Presidente D'Alema ha poi annunciato la decisione del Governo di desecretare, almeno parzialmente, il documento relativo all'accordo BIA e quella di rendere pubblico il Memorandum del '95, nonché la volontà di affrontare in modo congiunto con gli Stati Uniti, il problema della sicurezza dei voli, annunciando la nascita della Commissione Tricarico-Prueher. «Il Governo ha stabilito, di fronte alle richieste della Procura militare di Padova che indaga sulle eventuali responsabilità del comando italiano della base, e della Procura della


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Repubblica di Trento di accedere al testo dell'Accordo quadro bilaterale Italia-Usa del 20 ottobre 1954, di porre tali documenti a disposizione di quell'autorità giudiziaria. Si tratta dell'Accordo, finora secretato, che ha disciplinato, anche in virtù di successive integrazioni, l'uso da parte delle forze armate statunitensi delle infrastrutture concesse loro in uso nel nostro territorio. Noi non solo non opporremo il segreto, ma metteremo tali documenti a disposizione dell'autorità giudiziaria. È di fatto l'impegno comune ad aggiornare gli accordi particolari tra Italia e Stati Uniti per quanto attiene agli aspetti operativi del funzionamento delle basi presenti sul territorio italiano. Aggiornamento del resto già avviato con il Memorandum d'intesa firmato dai Ministri della Difesa italiano e statunitense nel febbraio del 1995 (denominato «Shell agreement»), e che introduceva nuove normative e vincoli per ogni singola base presente sul nostro territorio. Tale documento, coperto fino a questo momento da riservatezza, il Governo ha deciso di mettere a disposizione del Parlamento e, cioè, delle Commissioni Difesa del Parlamento, perché possano prenderne piena conoscenza». Ed ha concluso con precise indicazioni sugli Accordi NATO del 1951: «In questo quadro sarà necessario aprire una riflessione all'interno dell'Alleanza sulle modalità con cui gli Accordi del 1951 trovano oggi applicazione. Ho visto che in questo senso si è espresso anche il Parlamento Europeo in un documento approvato proprio oggi. Ho parlato di modalità con cui quegli Accordi trovano applicazione. È evidente infatti che, pur rimanendo fermi i principi della giurisdizione così come sono formulati in quegli Accordi, è possibile in primo luogo che nella pratica se ne pretenda l'applicazione soltanto in casi straordinari; in secondo luogo, che quando la giurisdizione venga attuata dal Paese che invia possano esservi determinate garanzie per il Paese nel quale è avvenuto il presunto reato, compresa quella di potersi costituire in giudizio. Vorrei aggiungere che è del tutto evidente che- se alla fine dei procedimenti penali in corso negli Stati Uniti- le responsabilità della tragedia di Cavalese non venissero accertate, (e questo ho detto con assoluta franchezza al Presidente degli Stati Uniti e, ancora in queste ore, al Segretario Generale della NATO, che ha voluto chiamarmi ed esprimermi la sua solidarietà) tanto più si accentuerebbe la necessità non solo di una discussione circa le modalità di attuazione di quegli Accordi ma la necessità di un adattamento e di un aggiornamento degli accordi stessi perché risulterebbe evidente la loro inadeguatezza».
Il 12 marzo 1999 il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Sergio Mattarella, riconfermando quanto già espresso dal Presidente del Consiglio, è intervenuto per sottolineare il ruolo della NATO e quello dell'Italia all'interno dell'Alleanza Atlantica. «La NATO è, probabilmente, la struttura internazionale che, dopo la fine della guerra fredda, ha, con maggior prontezza, adeguato finalità e strumenti al nuovo contesto internazionale, svolgendo un ruolo chiave per fronteggiare i nuovi rischi per la pace e la sicurezza nel continente europeo. L'Italia, va sottolineato, non ha in alcun modo subito tale trasformazione ma, al contrario, ha svolto al riguardo un ruolo di rilievo contribuendo, tra l'altro, in modo assai significativo alle missioni di pace promosse dall'Alleanza. Nell'ambito della NATO, inoltre,


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è all'ordine del giorno, come è noto, la costruzione di una forte identità europea nel quadro dell'Alleanza, al fine di realizzare, al contempo, una maggiore integrazione politica e militare e una assunzione di responsabilità superiore, più alta, da parte dei Paesi europei. Identificare nella NATO un'espressione dell'egemonia americana risulta, anche sotto questo aspetto, decisamente anacronistico».
Il lavoro della nostra Commissione ha portato poi ad altre importanti prese di posizione da parte del Governo italiano. Nell'audizione del 1o marzo 2000 il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, dott. Marco Minniti, ha dichiarato: «Penso - su questo vi è un'iniziativa concreta e diretta da parte del Governo italiano - che quei trattati (cioè quello di Londra del 1951 e il BIA del 1954) vadano modificati soprattutto in un punto, cioè in quello della perseguibilità, anche nel territorio in cui si è concretamente operativi, di fronte ad evidenti, palesi ed immotivate trasgressioni». Ed ha aggiunto: «La revisione del trattato di Londra del 1951 "può" - e lo dico tra virgolette - dare una risposta alla nostra sete di giustizia, ma deve essere attentamente valutata al fine di non creare difficoltà ai militari italiani impegnati in operazioni della NATO». Il Sottosegretario Minniti ha anche sottolineato che «vi è una parte relativa al governo delle singole basi che ha bisogno di una nota aggiuntiva riguardante la specificità di ogni singola base» e ricordato «il significativo passo avanti che si sta facendo, perché passiamo da regolamenti classificati segreti a regolamenti che noi auspichiamo siano il più possibile declassificati, soprattutto per quanto riguarda l'interrelazione tra la base e l'ambiente circostante».
Va, infine, segnalata la risposta data il 26 gennaio 2000 dal Sottosegretario alla Difesa, On. Paolo Guerrini, all'interrogazione presentata il 25 febbraio 1999 dal senatore Giovanni Russo Spena, Gruppo misto-Rifondazione Comunista. Invitando l'interrogante ad attendere il pronunciamento della Commissione sulle responsabilità relative alla tragedia del Cermis per avere una risposta più esauriente alle sue richieste (il senatore nella sua interrogazione riprendeva la deposizione del col. Luigi Stracciari al Tribunale militare di Padova, in cui questi, in passato a capo della componente italiana della base di Aviano, aveva sostenuto che il personale militare italiano di Aviano era scarsamente qualificato e sotto numero per poter controllare i PVG), l'On. Guerrini ha ricordato che l'amministrazione della Difesa aveva da tempo predisposto il potenziamento degli addetti al controllo del traffico aereo della base. Il massiccio esodo di personale in possesso della necessaria abilitazione professionale (CTA, Controllo Traffico Aereo) aveva impedito di soddisfare le esigenze organiche, anche se «dal 19 maggio 1999, al termine dei previsti corsi di qualificazione, si era provveduto ad assegnare alla base di Aviano tre nuovi sottufficiali abilitati al controllo del traffico aereo. Un ulteriore incremento -ha ricordato l'On. Guerrini- è previsto nel corso di quest'anno, sia rivedendo le attribuzioni organiche che ha l'ente nello specifico settore, sia destinando alla base altre due unità della stessa categoria».
In parallelo all'attività dei due rami del Parlamento e del Governo, la tragedia del Cermis ha suscitato numerosi interventi delle amministrazioni locali, in particolare di quelle del Trentino.


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A poche ore dalla tragedia, il Presidente della Provincia autonoma di Trento Carlo Andreotti e l'Assessore alla Protezione Civile, Gianpietro Vecli, si sono recati a Cavalese. Presenti i Ministri Andreatta e Flick e la Giunta comunale di Cavalese, il 4 febbraio '98 si è tenuto il primo confronto con l'allora Presidente del Consiglio, Romano Prodi. La Provincia autonoma di Trento si è costituita prima parte offesa, poi, il 13 luglio 1998, parte civile nell'indagine avviata dalla Procura della Repubblica di Trento. Nell'ambito del procedimento, e in particolare dell'incidente probatorio relativo alla perizia sull'impianto e sulle funi, ha nominato un proprio consulente di parte. La Provincia, il Comune di Cavalese e la società privata Funivie Alpe Cermis SpA, che gestisce gli impianti, hanno richiesto il risarcimento dei danni ai sensi della Convenzione di Londra.
Il 5 febbraio '98 il Capo dell'esecutivo trentino ha chiesto alla Conferenza delle Regioni a Roma di far proprio l'auspicio che l'inchiesta non fosse sottratta alla giustizia italiana. Il 27 marzo '98 la Provincia ha deciso di coinvolgere anche il Ministro degli Esteri, Lamberto Dini. Il 22 aprile '98, a Roma, il Presidente Andreotti e l'Assessore provinciale al Turismo, Francesco Moser, sono stati ricevuti all'Ambasciata americana: l'Ambasciatore Thomas Foglietta ha ribadito che la giustizia americana sarebbe stata veloce e severa ed ha confermato la grande disponibilità, a tutti i livelli, degli Stati Uniti. Il 26 maggio '98 il Presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha incontrato l'assessore Moser ed ha ribadito che «Clinton ha assicurato al governo italiano che gli americani faranno la loro parte sino in fondo». I primi di giugno il Presidente Andreotti e l'Assessore Vecli si sono recati a Washington per tre confronti: al Pentagono, al Dipartimento di Stato ed all'Ambasciata italiana.
L'8 giugno 1998 un comunicato stampa del Ministero della Difesa ha ricordato che «In un recente incontro del Pentagono con l'Ambasciatore americano in Italia Thomas Foglietta, il Segretario della Difesa William Cohen ha ribadito l'impegno che gli Stati Uniti adempiranno in maniera veloce la loro responsabilità di rifondere il 75% dei risarcimenti derivanti dal tragico incidente del 3 febbraio a Cavalese in conformità con l'accordo NATO (Convenzione di Londra). L'Ambasciatore Foglietta ha evidenziato questo impegno in un incontro del 4 giugno con il Primo Ministro Prodi e il Ministro della Difesa Andreatta, in cui gli ufficiali dei due Governi hanno riesaminato gli sforzi per aiutare coloro che hanno perso i loro cari nell'incidente [...]. Hanno anche riesaminato la possibilità di assistere l'area coinvolta nella ricostruzione e il recupero dalle conseguenze dell'incidente. Essi hanno convenuto che i Governi degli Stati Uniti e dell'Italia devono continuare a lavorare insieme e fare tutto quello che è possibile a sostegno delle famiglie delle vittime [...]. I Governi di Italia e Stati Uniti plaudono lo sforzo del Governo e della Provincia Autonoma di Trento nel fornire fondi in anticipo per la ricostruzione e per facilitare i permessi necessari. Il Governo Italiano darà le approvazioni richieste. Ufficiali veterani del Dipartimento di Stato americano e del Dipartimento della Difesa hanno avuto utili scambi di vedute con il Presidente della Provincia Autonoma di Trento nella visita del 3/5 giugno a Washington. L'Ambasciatore degli Stati Uniti a Roma e il Console del


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Consolato Generale degli Stati Uniti a Milano saranno punti di contatto per le società private americane incluse quelle specializzate in pubbliche relazioni e nell'ingegneria che potranno offrire assistenza nel ripristinare il turismo a Cavalese».
Il 10 giugno '98 si è tenuto un nuovo confronto fra i vertici della Giunta provinciale, dell'amministrazione di Cavalese e della società Funivie Alpe Cermis SpA. Il 9 luglio '98 a Cavalese è arrivata una delegazione americana guidata dallo stesso Ambasciatore Foglietta e dal deputato Bill Young, Presidente della Commissione Bilancio: in quell'occasione gli Stati Uniti hanno fatto sapere che il Congresso aveva intenzione di prevedere uno stanziamento straordinario di venti milioni di dollari, poco meno di 40 miliardi di lire, per il dopo Cermis. Alla fine di ottobre '98, il nuovo Console generale americano, la signora Ruth Van Heuven, ha comunicato di persona al Presidente Andreotti che il Presidente Clinton aveva dato il via libera ai venti milioni di dollari di stanziamento straordinario.

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