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3. L'utilizzo diretto di operatori degli organismi informativi in attività di polizia giudiziaria o di sostegno alle indagini giudiziarie: il quadro che emerge da una recente vicenda disciplinare dinanzi al Consiglio superiore della magistratura.
3.1 Il profilarsi della questione.
Assai più semplice si presenta la ricostruzione delle iniziative istruttorie assunte dal Comitato con riferimento al procedimento disciplinare avviato, su iniziativa della procura generale presso la Corte di Cassazione, nei riguardi del giudice Guido Salvini, procedimento che - è bene precisare sin dall'inizio - non è stato ancora definito, essendo stata impugnata la sentenza di pieno proscioglimento pronunciata
dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura sia dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione sia, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, dal Ministro della giustizia, della cui sensibilità istituzionale ai problemi posti da questa relazione il Comitato intende dare atto.
(2) L'espressione tra virgolette riprende testualmente la descrizione del capo di incolpazione in esame, come risultante dal documento trasmesso dall'ufficio giudiziario sulla base del quale il Comitato ha preso conoscenza della vicenda.
Alla luce di tali presupposti, senz'altro tali da legittimare un intervento dell'organo parlamentare di controllo (ovviamente per i profili di sua specifica competenza), in data 22 maggio 1998 il Comitato ha richiesto al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione copia del provvedimento con cui era stato a suo tempo promosso il giudizio disciplinare nei riguardi del magistrato. La lettura di tale provvedimento, trasmesso tempestivamente con nota del 26 maggio 1998, ha confermato l'esistenza di capi di incolpazione di interesse del Comitato, siccome desunti dal documento trasmesso dall'ufficio giudiziario sopra ricordato.
Ciò premesso ed in considerazione della rilevanza che i fatti posti a base delle incolpazioni, ove rispondenti a verità, avrebbero assunto sul piano della funzione di vigilanza sull'attività degli organismi informativi che la legge attribuisce al Comitato, con nota dell'8 giugno 1998 il Comitato ha chiesto al Vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura di fornire ogni utile informazione circa lo stato del procedimento in parola, con particolare riguardo agli eventuali riscontri agli addebiti contenuti nell'atto di incolpazione emersi medio tempore nonché all'accertamento di nuovi fatti e circostanze rilevanti sul piano delle competenze istituzionali dell'organo parlamentare di controllo.
3.2 La sentenza della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
Prima di dare conto degli elementi maggiormente significativi emersi dalla lettura delle motivazioni poste alla base del proscioglimento del dottor Salvini, non appare inutile precisare che il Comitato non ha inteso in alcun modo valutare nel merito il provvedimento
adottato né tanto meno svolgere alcun sindacato circa la correttezza dell'iter logico che, alla luce dei fatti riportati, la Sezione disciplinare ha inteso seguire nella stesura delle relative motivazioni. Queste ultime sono state anzi assunte nella loro consistenza oggettiva, esclusivamente per le parti recanti accertamenti di fatto o affermazioni di principio rilevanti ai fini dell'analisi che il Comitato ha ritenuto di effettuare con la presente relazione.
dei fatti, e dalle testimonianze concordanti, circostanziate e rigorose sopra riportate si è limitato a fornire, su espressa richiesta del ROS, la sua positiva valutazione sull'attendibilità, utilità e contributi processuali che ci si poteva aspettare dal Siciliano», ritenuto «persona presumibilmente in grado di aprire nuovi spazi in una indagine su fatti eversivi che avevano inciso in modo profondo e drammatico sullo sviluppo democratico dell'Italia». Riporta altresì la sentenza che il dottor Salvini «in tale contesto aveva accettato di buon grado la richiesta del cap. Giraudo e del dott. Madia di incontrare il gen. Siracusa, da poco Direttore del SISMI, per illustrargli direttamente le ragioni della necessità per l'Autorità Giudiziaria di sentire a verbale Siciliano. La visita a Forte Braschi rappresentava null'altro che l'occasione di formulare di persona le valutazioni della attendibilità ed utilità processuale di Martino Siciliano. Tale apporto informativo offerto al SISMI su specifica richiesta del ROS, organismo preposto alle indagini, fu reso necessario dalla doverosa cautela di un Direttore del Servizio da poco insediato e quindi sprovvisto di ogni "memoria storica" e di ogni esperienza specifica nel settore». Su queste premesse, il provvedimento conclude affermando che «le univoche risultanze processuali ora descritte escludono in modo certo che il Salvini abbia promosso o favorito la richiesta di 50.000 dollari, ovvero l'abbia sollecitata in via autonoma di propria iniziativa. Che tale attività sia stata o meno opportuna è profilo che non ha alcun rilievo in sede disciplinare e, pertanto, l'incolpato deve essere assolto per essere rimasto escluso l'addebito».
3.3 Le impugnazioni del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione e del Ministro della giustizia.
Come anticipato, la sentenza di proscioglimento è stata impugnata con riferimento proprio ai due capi di incolpazione di maggiore interesse del Comitato. Le considerazioni svolte nei motivi del ricorso presentato dal Procuratore generale presso la Suprema Corte, cui il Ministro della giustizia si è integralmente associato, appaiono di
particolare pregnanza e di grande interesse, ciò che ha indotto il Comitato a darne conto nella presente relazione pure in mancanza di una definitiva decisione sul punto da parte della Corte di Cassazione che valesse a confermarne o a revocarne in dubbio la fondatezza.
(3) Secondo quanto affermato efficacemente nell'impugnazione del Ministro della giustizia, il caso di specie costituisce «all'evidenza» una fattispecie di «delega di indagini al servizio segreto militare».
attività di intelligence, confine che non è superabile in base a considerazioni di utilità per l'istruttoria».
successivo, che spingono verso una maggiore elasticità nell'individuazione in concreto della linea che separa i due ambiti istituzionali.
Il Comitato è venuto infatti a conoscenza dell'avvio dell'azione disciplinare in parola dagli atti acquisiti con riferimento a diversa questione, originata da fatti all'attenzione del Comitato già a partire dalla XII legislatura e della quale non mette conto riferire, risultando estranea all'oggetto della presente relazione.
È qui sufficiente rammentare che, nell'ambito di un documento trasmesso al Comitato da ufficio giudiziario diverso da quello presso il quale presta servizio il dottor Salvini, si è appresa la notizia dell'avvio del procedimento in questione nonché di alcuni dei capi di incolpazione formulati dal Procuratore generale della Cassazione in occasione dell'esercizio dell'azione disciplinare. Poiché questi ultimi avevano riguardo a materia di suo interesse istituzionale, il Comitato ha convenuto circa l'opportunità di seguire con attenzione lo sviluppo del procedimento istruito nei riguardi del giudice Salvini e di acquisire, nei limiti prescritti dalla legge e contando sullo spirito di collaborazione istituzionale delle autorità competenti, informazioni e documentazione in proposito.
Per ciò che più direttamente rileva in questa sede, risultava da uno dei capi di incolpazione il fatto che il magistrato in questione si fosse avvalso per l'espletamento di atti di indagine di un operatore del SISMI, in quanto tale privo della qualità di ufficiale di polizia giudiziaria ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 801 del 1977.
Risultava inoltre da altro capo di incolpazione come il magistrato, avendo formulato al direttore pro tempore del SISMI una richiesta di danaro, da erogare a valere sulle disponibilità del Servizio medesimo per favorire la collaborazione alle indagini da lui svolte di una determinata persona (certo Martino Siciliano, del quale gli sviluppi di indagini giudiziarie avevano evidenziato l'appartenenza a gruppi gravitanti nell'area dell'eversione di destra), avesse violato la legge n. 801 del 1977, «che non contempla rapporti diretti tra magistrati ed appartenenti ai servizi di sicurezza» (2).
In esito a tale istanza, con provvedimento del 15 giugno 1998 il Vicepresidente pro tempore del Consiglio superiore della magistratura ha riconosciuto l'interesse del Comitato a prendere visione degli atti del procedimento ed ha autorizzato in tal senso il Presidente del Comitato o persona da questi delegata. Tuttavia, dovendo ancora iniziare la trattazione del merito della questione e non avendo la Sezione disciplinare ancora compiuto all'epoca alcun accertamento istruttorio né effettuato alcuna valutazione del materiale acquisito, il Comitato ha ritenuto opportuno attendere la definizione del procedimento in primo grado, intervenuta in data 19 marzo 1999 con la lettura del dispositivo della sentenza in esito all'udienza conclusiva, copia del quale il Vicepresidente pro tempore del Consiglio superiore della magistratura ha tempestivamente provveduto ad inviare al Comitato. Le motivazioni della decisione, che, come detto, ha prosciolto il dottor Salvini da tutti gli addebiti, sono state rese note al Comitato a seguito della trasmissione, con lettera del 13 luglio 1999, di copia della sentenza depositata dal relatore.
Con nota del 21 settembre 1999 la segreteria della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha quindi informato il Comitato circa l'avvenuta impugnazione, da parte del Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, di due dei nove capi in cui la sentenza di proscioglimento si articola. Il ricorso in questione presenta grande interesse dal punto di vista dell'analisi condotta dal Comitato nella presente relazione: i due capi impugnati riguardano infatti proprio le imputazioni relative all'utilizzo diretto di operatori dei servizi di informazione e sicurezza in attività di indagine nonché alla richiesta di somme di danaro nella disponibilità del SISMI per favorire la collaborazione di un soggetto ad un'inchiesta in corso.
Da ultimo, con lettera del 28 ottobre 1999, il Ministro della giustizia ha trasmesso al Comitato copia dell'atto, emanato su sua disposizione, recante l'invito all'Avvocatura generale dello Stato ad aderire alla impugnazione della sentenza in questione proposta dal Procuratore generale presso la Suprema Corte.
Per ciò che riguarda il capo di incolpazione relativo all'utilizzo diretto, da parte del dottor Salvini, di un operatore del SISMI in attività di polizia giudiziaria, la sentenza, dopo aver ripercorso nel dettaglio i rapporti intercorsi tra i soggetti in questione, proscioglie il magistrato dal relativo addebito in quanto i fatti emersi non costituiscono illecito disciplinare.
Da un lato, si rileva infatti che l'incolpazione, definita «assolutamente generica», non indica alcun atto concreto di polizia giudiziaria che sarebbe stato svolto dal SISMI su delega del giudice istruttore, circostanza che - ad avviso del collegio - ha trovato conferma nei fatti. Dall'altro lato, il collegio medesimo - dato atto che lo stesso dottor Salvini aveva dato conto di intensi e proficui rapporti da lui avviati con il SISMI a partire dal 1992 e di numerosi incontri con i responsabili di tale servizio, nominativamente indicati, grazie ai quali «aveva fatto effettuare moltissime "ricerche mirate"», frutto di ciò che lo stesso magistrato ha rivendicato come «un piccolo capovolgimento culturale» realizzato dal momento in cui egli aveva avuto la «precisa sensazione che il clima all'interno del SISMI fosse profondamente cambiato» - rileva l'esistenza di «occasionali e marginali impegni di personale dei servizi in attività di P.G.», che però risultano «ampiamente giustificati dalla imponenza delle indagini in corso e dalla loro particolare urgenza».
Sembra pertanto potersi affermare che la decisione della Sezione disciplinare - mentre non esclude la correttezza di rapporti diretti tra magistrati e responsabili degli organismi informativi, dei quali si limita a prendere atto - mantiene tuttavia fermo il presupposto di principio secondo cui l'ordinamento non consente all'autorità giudiziaria di avvalersi direttamente di operatori dei servizi di informazione e sicurezza in attività di indagine, rimesse invece alla polizia giudiziaria, specificando però che tali attività sono quelle, e solo quelle, indicate dall'articolo 55 del codice di procedura penale.
Tuttavia, sul principio - pur così delimitato - la stessa Sezione disciplinare introduce in via interpretativa una sorta di causa di giustificazione, per altro non prevista dalla legge, che in qualche modo rimanda alla nozione di stato di necessità come fonte del diritto sovraordinata a tutte le altre disciplinate dall'ordinamento, ammettendo in tal modo nel caso in esame la liceità in via straordinaria di siffatto impiego, a condizione per altro che esso rivesta carattere marginale nell'ambito di un contesto di tendenziale correttezza e legittimità e sia determinato da circostanze eccezionali.
La Sezione disciplinare assolve poi il dottor Salvini dal secondo capo di incolpazione per essere rimasto escluso il relativo addebito. Secondo quanto si legge testualmente nel provvedimento, il dottor Salvini, «come provato dai documenti ufficiali formati nell'immediatezza
Come ripetuto, non è compito del Comitato sindacare il giudizio della Sezione disciplinare in ordine alla configurazione ed alla portata dei doveri dei magistrati. Oltretutto, il giudizio della Sezione medesima è all'esame delle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione, cui spetta in ultima istanza pronunciare de iure condito sulla deontologia dei magistrati, mentre, de iure condendo, sono da tempo presenti in Parlamento varie proposte di legge (tra cui un disegno di legge di iniziativa governativa) su cui questo Comitato - in quanto tale - non ha titolo a pronunciarsi, appartenendo la relativa competenza istituzionale ai singoli parlamentari, alle Commissioni di merito e, in ultima istanza, alle Assemblee.
Ciò che per altro rientra nei doveri, prima ancora che nelle attribuzioni, di questo Comitato, è lo scrutinio sulla conformità ai princìpi stabiliti dalla legge n. 801 del 1977 dei comportamenti tenuti dai servizi di informazione e sicurezza a fronte di richieste provenienti dall'autorità giudiziaria, quando queste fossero prive di base legale.
Occorre ricordare in primo luogo come la decisione di ricorrere contro i due capi sopra richiamati è stata assunta «avuto riguardo al rilevante interesse che presenta, ai fini della deontologia giudiziaria, il tema dei rapporti tra i magistrati e gli operatori dei Servizi per la Informazione e la Sicurezza dello Stato».
Con riferimento specifico quindi alla motivazione per cui l'affidamento occasionale e marginale di incarichi al personale degli organismi informativi (3) può essere giustificato dalla imponenza delle investigazioni e dalla necessità di procedervi con urgenza, tale da risultare non compatibile con l'impiego degli ordinari strumenti di procedura, il Procuratore generale osserva che ciò varrebbe ad affermare, in altre parole, che «la bontà del fine, non altrimenti attingibile, giustificherebbe la violazione delle regole processuali, come una sorta di stato di necessità». Il ricorrente sottolinea al riguardo come «questa affermazione di principio non solamente contrasti con il disposto dell'articolo 154 cod. proc. pen. 1930 (articolo 124 cod. proc. pen. vigente) ma abbia una pericolosa capacità espansiva». Ricorda ancora il Procuratore generale che «la violazione ascritta al dott. Salvini non era violazione di una regola formale di scarsa importanza, tale da trovare giustificazione nella gravità del processo, nella imponenza delle indagini e nella urgenza degli atti da compiere: l'Ordinamento impone una netta separazione tra attività giudiziaria ed attività di intelligence proprio a garanzia della ricerca della verità non perché il personale dei Servizi di Informazione e Sicurezza non sia degno della massima stima e considerazione, ma perché il detto personale è soggetto a regole ed a vincoli, che non solamente ne limitano l'indipendenza operativa, ma che, anzi, ne fondano la lealtà verso Autorità diversa da quella Giudiziaria». A riprova di quanto testé affermato, il ricorso delinea il quadro normativo che già il Comitato ha avuto modo di illustrare in apertura della presente relazione, concludendo che da esso «risulta un quadro di separatezza totale» tra autorità giudiziaria ed apparati di sicurezza. Conclude sul punto il Procuratore generale rilevando che «la Sezione Disciplinare, ritenendo giustificata la esorbitanza del dott. Guido Salvini dai limiti segnati dall'Ordinamento in punto di utilizzazione del personale dei servizi, abbia, pur comprensibilmente, privilegiato i motivi di necessità e urgenza che a quella esorbitanza lo avevano indotto, ma abbia fondato la sua decisione su una erronea considerazione della funzione e dei poteri del giudice istruttore, sostanzialmente utilizzando per fini assolutori una causa di giustificazione - il fine perseguito avrebbe legittimato lo strumento prescelto - non ammessa dall'Ordinamento». Da ultimo viene ribadita «la esistenza di un confine ben chiaro e netto tra la giurisdizione e la
In merito al secondo capo di incolpazione, il ricorso osserva che l'esclusione «in modo certo che il dott. Salvini abbia promosso o favorito la richiesta di 50.000 dollari, ovvero l'abbia sollecitata in via autonoma», appare in netto contrasto con i fatti accertati. Questi ultimi, ad avviso del ricorrente, danno invece ragione «di una piena coincidenza di valutazioni tra il dott. Salvini ed il ROS, quanto alla opportunità e necessità della operazione», volta alla dazione della somma sopra ricordata in favore del soggetto di cui si intendeva favorire la collaborazione alle indagini. Il Procuratore generale ricorda per altro che «la sentenza impugnata, in obiter, aggiunge una affermazione in ordine alla irrilevanza in sede disciplinare di ogni valutazione di opportunità del detto comportamento del dott. Salvini; ma ciò non toglie che la pronuncia di esclusione - in fatto - dell'addebito poggi su una palese contraddizione tra la attiva partecipazione dell'incolpato all'operazione e la affermazione della sua estraneità ad essa».
In coerenza con tali argomentazioni, ma in maniera più esplicita, nell'atto di impugnazione del Ministro della giustizia si afferma che «ciò che la Sezione non spiega è la rilevanza, ai fini dell'esclusione dell'addebito, del carattere non autonomo dell'iniziativa (...). Una tesi secondo la quale una condotta del genere sarebbe rilevante sul piano disciplinare solo se posta in essere "in via autonoma di propria iniziativa" e non invece se sollecitata da altri avrebbe forse meritato una maggiore esplicitazione».
Se le considerazioni del Procuratore generale e del Ministro della giustizia sopra riportate investono direttamente la deontologia giudiziaria, le affermazioni di diritto poste a fondamento delle stesse - in particolare per quanto riguarda il «quadro di separatezza totale» tra autorità giudiziaria e servizi di informazione e sicurezza e l'esistenza di un confine ben chiaro e netto tra la giurisdizione e l'attività di intelligence - non possono non rifluire anche sul versante dei servizi. Se quelle osservazioni sono fondate, è difficile sostenere che gli organismi informativi non abbiano il dovere di mantenere, per quanto sta in essi, la linea di separatezza totale che li divide dall'autorità giudiziaria, eventualmente sottraendosi a richieste o sollecitazioni di quest'ultima che, sia pure per ragioni di giustizia, quella linea tendessero a forzare. Va da sé che, in tal caso, i servizi dovrebbero immediatamente - se non addirittura previamente - informare il Governo di tale, per altro doveroso, atteggiamento.
Il Comitato ritiene in conclusione che la decisione della Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in una con le considerazioni svolte nell'atto di incolpazione del Procuratore generale della Corte di Cassazione e nei ricorsi successivamente presentati avverso la ricordata parte della sentenza di proscioglimento, rappresentino testimonianza ulteriore del fatto che la separazione tra la sfera di competenza dell'autorità giudiziaria e quella degli organismi informativi posta dalla legge n. 801 del 1977 costituisce un dato normativo con il quale occorre tuttora inderogabilmente confrontarsi. Il Comitato ha per altro rilevato come gli argomenti svolti dalla Sezione disciplinare per fondare la decisione ricordata diano contestualmente ragione di «aperture» interpretative che sembrano riconducibili a quegli orientamenti di pensiero, di cui si dirà più diffusamente nel paragrafo