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Doc. XXIII n. 44


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PREMESSA

I) Cenni normativi.

Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, i rifiuti sanitari sono stati classificati come rifiuti speciali in quanto potenzialmente infettivi. Successivamente la delibera del Comitato Interministeriale (DCIM) del 27 Luglio 1984 dettava modalità particolari per il confezionamento, la raccolta, il trasporto e lo smaltimento.
Secondo tali disposizioni, i rifiuti provenienti dai laboratori biologici dei reparti di malattie infettive, dai reparti di chirurgia, dagli atti di medicazione e le parti anatomiche dovevano essere raccolte in contenitori speciali e, previo trattamento di disinfezione o di sterilizzazione, dovevano confluire ad impianti di incenerimento autorizzati.
Nel 1988, alla legge n. 475 del 1988 di conversione del decreto legge n. 397 del 1988, emanato a seguito dei fatti connessi alla «nave dei veleni», fu aggiunto l'articolo 9-decies che non consentiva di assimilare alcuno dei rifiuti prodotti nelle strutture sanitarie ai rifiuti urbani salvo che per l'incenerimento.
Entrarono quindi a far parte dei rifiuti speciali sanitari anche tutti quei rifiuti che non erano prodotti direttamente dai reparti sanitari, quali per esempio quelli provenienti dalle cucine o dalle attività di servizio.
Il decreto fu successivamente abrogato in occasione della conversione del DL 475/88 in legge 45/89; questa prevedeva l'emanazione di un decreto ministeriale (emesso il 25/05/89), che nell'allegato 1 individuava le frazioni di rifiuti sanitari speciali assimilabili agli urbani.
Il decreto in oggetto, attribuisce la qualifica di «speciali» ai rifiuti potenzialmente infettivi; eliminato tale rischio, tramite la sterilizzazione, tali rifiuti potevano essere assimilati agli urbani.
Questa innovazione normativa fu accolta con favore dalle strutture sanitarie, che iniziarono a dotarsi di apparecchiature sterilizzatrici; essa tuttavia incideva negativamente sugli interessi consolidati della categoria dei trasportatori.
Il decreto venne sospeso dal TAR del Lazio nell'ottobre del 1989 a seguito di un ricorso. Una sentenza del Consiglio di Stato, tuttavia annullò il provvedimento del TAR sicché il decreto riacquistò efficacia.
Nel frattempo, l'Unione Europea aveva emanato una serie di direttive sui rifiuti (91/156), sui rifiuti pericolosi (91/689), sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi (94/62) che sono state recepite dal decreto legislativo 5/2/1997 n. 22, che, oltre a introdurre una riclassificazione dei rifiuti, ha prolungato il tempo di immagazzinamento degli stessi da 48 ore a 5 giorni e per quantitativi inferiori a 200 litri sino a 30 giorni.


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Inoltre, tale decreto ha attribuito ai ministeri della sanità e dell'ambiente, di concerto con la conferenza Stato Regioni, la competenza ad individuare ed emanare norme tecniche inerenti alla gestione di rifiuti sanitari, fissando il criterio della termodistruzione come sistema di smaltimento privilegiato, con la possibilità, previa autorizzazione, di utilizzare il trattamento di sterilizzazione e lo smaltimento in discarica in caso di assenza di impianti di termodistruzione.

II) Informazioni di carattere generale sui rifiuti di origine sanitaria.

1) - La classificazione dei rifiuti sanitari.

Il «decreto Ronchi» introduce, all'articolo 7, una classificazione dei rifiuti secondo l'origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo la loro pericolosità, in rifiuti pericolosi e non pericolosi.
Tale classificazione recepisce la normativa europea che classifica il rifiuto in base al luogo di produzione e non più secondo le caratteristiche chimico-fisiche del rifiuto stesso.
Questo nuovo punto di vista di classificazione delle varie tipologie di rifiuto ha reso necessaria, da parte degli operatori, una diversa sistematizzazione delle varie categorie di rifiuti prodotti in ambito sanitario, anche al fine di assegnare loro uno dei codici stabiliti dal Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) che sostituisce il Catalogo Italiano dei Rifiuti (CIR).
Da ricordare, a tale proposito, il lavoro svolto dall'ANPA, la quale ha messo a disposizione degli operatori un manuale di transcodifica che indubbiamente rappresenta un punto di riferimento nell'ambito di un quadro complessivo ancora non del tutto chiaro e dal quale emerge che nel passaggio CIR-CER si sono verificate incongruenze nella classificazione di alcuni tipi di rifiuto.
Secondo la letteratura esistente in materia, ed in attesa che venga emanato il decreto attuativo dell'articolo 45 del decreto legislativo n. 22 per rifiuti sanitari devono intendersi i rifiuti individuati dalla voce 18.00.00. dell'allegato A del medesimo decreto legislativo e successive modificazioni (vedi Allegato 1 del presente testo) che derivano da attività di cura delle malattie degli uomini e degli animali e dalle attività connesse alla ricerca medica e veterinaria svolte da strutture pubbliche e private (vedi legge 23 dicembre 1978, n. 833 e decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni).
Nell'allegato 2 si riporta anche un elenco dettagliato, ma non esaustivo, dei possibili rifiuti sanitari desunto dalla bozza del decreto inerente all'articolo 45 e da alcune tabelle che individuano le diverse tipologie di rifiuto, estratte da un documento inviato alla Commissione dalla regione Lombardia (1).


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Per ognuna delle categorie precedentemente indicate esiste una vasta tipologia di rifiuti che devono essere gestiti con modalità specifiche ed a costi a volte molto differenti tra loro.
Le regioni italiane stanno progressivamente adeguando le normative regionali alle novità introdotte dal «decreto Ronchi». Alcune lo hanno già recepito e, in assenza delle norme tecniche nazionali di riferimento previste dall'articolo 45, hanno emanato dei regolamenti ed in alcuni casi come in Lombardia, delle vere e proprie guide tecniche.
In generale si può osservare che, anche quando non è disponibile una regolamentazione della regione, molte strutture sanitarie hanno predisposto circolari di carattere generale con le quali regolano le modalità della gestione dei loro rifiuti sanitari ed il comportamento degli addetti ai lavori.

2) - Le modalità di smaltimento previste per i diversi tipi di rifiuti di origine sanitaria.

Il regolamento emanato sulla base dell'articolo 45 del «decreto Ronchi» dovrà fissare in modo definitivo le procedure da mettere in atto per lo smaltimento dei rifiuti sanitari, tenendo presente che la via


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indicata dal decreto per il trattamento dei rifiuti sanitari pericolosi è quella della termodistruzione in impianti autorizzati o, solo se il numero degli impianti di termodistruzione non risulti adeguato al fabbisogno, tramite deposito in discarica controllata previa sterilizzazione. Quest'ultima procedura è subordinata all'autorizzazione del presidente della regione d'intesa con i ministri della sanità e dell'ambiente,
Il deposito temporaneo di rifiuti sanitari pericolosi deve essere effettuato in condizioni tali da non causare alterazioni che possono provocare rischi per la salute; esso è di 5 giorni per quantitativi superiori ai 200 litri e di 30 giorni per quantitativi fino a 200 litri.
Ai rifiuti di origine sanitaria, quando possibile, vanno inoltre applicate tutte le norme previste dallo stesso decreto legislativo atte a favorire la diminuzione della produzione dei rifiuti, della quantità di rifiuti da avviare allo smaltimento e quindi quelle relative al recupero.
Fatti salvi questi criteri generali, deve essere stabilita una serie di procedure relative alla raccolta, disinfezione, sterilizzazione, confezionamento e conferimento alla ditta autorizzata, per quanto riguarda la movimentazione interna dei rifiuti, e le procedure relative al trasporto ed allo smaltimento per quanto attiene alla movimentazione esterna.
Come è stato già osservato, la maggior parte delle strutture sanitarie ha messo a punto procedure proprie finalizzate ad una corretta gestione dei diversi tipi di rifiuto prodotto; dall'analisi di alcune di queste procedure si possono trarre delle indicazioni generali che suggeriscono alcune modalità di gestione. Si riportano in nota dati essenziali, che costituiscono una base di riferimento in attesa dell'emanazione del decreto relativo al già citato articolo 45.

(1) Tali rifiuti sanitari possono a loro volta essere classificati in:
a) rifiuti sanitari non pericolosi quelli non contenuti nell'allegato D del «decreto Ronchi»; b) rifiuti sanitari pericolosi non a rischio infettivo: quelli compresi nell'allegato D del «decreto Ronchi» che presentano almeno una delle caratteristiche di pericolo individuate dall'allegato 1 dello stesso decreto con l'esclusione di quella di rischio infettivo individuata dalla voce «H9» dello stesso allegato;
c) rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo: i rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03 e 18.02.02 dell'allegato D del decreto n.22 che presentano la caratteristica di pericolo indicata dalla voce «H9» dell'allegato I dello stesso decreto e che sono di seguito specificati:
1) rifiuti che provengono da reparti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea accertato dal direttore sanitario.
2) i rifiuti indicati nell'allegato I che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:
provengano da reparti di isolamento infettivo e siano venuti in contatto con qualsiasi liquido biologico
siano venuti a contatto con feci o urine potenzialmente infetti, con sangue e altri liquidi biologici che contengano quantità visibili di sangue o con liquido seminale o secrezioni vaginali o con liquido cerebrospinale o con liquido sinoviale o con liquido pleurico o con liquido peritoneale o con liquido pericardico o con liquido amniotico.
3) rifiuti provenienti da attività veterinaria che:
siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico;
siano contaminati da agenti patogeni per i quali sussista un rischio infettivo;
d) rifiuti da esumazione ed estumulazione;
e) rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali;
f) rifiuti sanitari assimilati ai rifiuti urbani;
g) rifiuti sanitari che richiedono particolari sistemi di smaltimento:
farmaci scaduti o inutilizzabili;
parti anatomiche non riconoscibili;
animali da esperimento e lettiere a rischio non infettivo;
sostanze stupefacenti e altre sostanze psicotrope.

Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo.

a) Materiali non taglienti e non percolanti.
Devono essere inseriti in un contenitore rigido in cartone contenente un sacchetto in polietilene.
Il contenitore deve essere di tipo omologato per il trasporto di merci pericolose.
Il contenitore deve essere di norma, riempito per 3/4 al fine di evitarne la rottura.
Il contenuto deve essere disinfettato. Dopo disinfezione il sacco deve essere chiuso e sigillato all'interno del contenitore rigido.
I contenitori più utilizzati possono avere capacità di:
40 litri (riempimento da 3 a 5-6 kg di peso);
60 litri (riempimento da 4 a 7-8 kg di peso);
La destinazione finale è la termodistruzione in impianti autorizzati.
b) Materiali taglienti o acuminati.
Devono essere inseriti in appositi contenitori rigidi in materiale plastico, muniti di sistema di deconnessione dell'ago, all'esterno del contenitore deve essere posta la dicitura o la simbologia che indica rischio biologico.
Il contenuto deve essere disinfettato.
Ai fini dello smaltimento, i contenitori dei rifiuti taglienti e delle parti anatomiche non riconoscibili vengono immessi all'interno di uno stesso contenitore rigido di cartone o di plastica. La dichiarazione di avvenuta disinfezione deve essere effettuata dal responsabile sanitario della struttura.
c)Materiali percolanti sangue, liquidi biologici a rischio o altri liquidi contenenti sangue.
Devono essere inseriti in contenitori di plastica rigidi all'interno dei quali deve essere posizionata una busta in polietilene che una volta riempita, viene chiusa con un laccio a strangolo; all'interno della busta deve essere inserito del disinfettante. All'esterno del contenitore di plastica deve essere posta la dicitura o la simbologia che indica il rischio biologico.
La raccolta interna può essere effettuata da personale dipendente o attraverso appalto, sempre nel rispetto di tutte le norme di sicurezza.
Il trattamento consiste generalmente nella disinfezione che viene usualmente effettuata tramite l'inserimento nel contenitore di disinfettanti in polvere o in pasticche; per i rifiuti destinati alla termodistruzione, è importante che si utilizzino disinfettanti non contenenti cloro se il forno inceneritore lavora ad una temperatura inferiore ai 1200 oC, al fine di evitare la formazione di sostanze nocive. Se il forno inceneritore lavora ad una temperatura minima di 1200 oC, si può utilizzare qualsiasi tipo di disinfettante in quanto a questa temperatura tutti i disinfettanti si decompongono senza dar luogo a prodotti tossici.
Ai fini del trasporto, i contenitori devono possedere i requisiti di sicurezza richiesti dalle norme vigenti ed essere omologati da istituti all'uopo preposti.
Per il trasporto e il conferimento agli impianti di termodistruzione, i rifiuti devono essere accompagnati da idonea documentazione che ne attesti la natura, la provenienza ed i trattamenti di disinfezione o sterilizzazione cui è stato sottoposto.

Rifiuti sanitari speciali, non pericolosi.
In questa categoria rientrano diverse tipologie di rifiuto, quali:
a) Rifiuti solidi taglienti e non, parti anatomiche non riconoscibili
Questi rifiuti sono identificati dagli stessi codici utilizzati per i rifiuti a rischio infettivo.
Pur essendo rifiuti non pericolosi, essi vengono trattati allo stesso modo e con le stesse modalità di confezionamento, trasporto e smaltimento dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo.
b) Medicinali di scarto
Devono essere inseriti in contenitori analoghi a quelli utilizzati per i rifiuti a rischio infettivo. All'esterno del contenitore deve essere posta la scritta «Farmaci Scaduti».
La raccolta interna può essere effettuata da personale dipendente o attraverso appalto, sempre nel rispetto di tutte le norme di sicurezza.
Non viene generalmente effettuato alcun tipo di trattamento.
Per quanto riguarda il deposito, se il quantitativo non supera i 20 metri cubi, il termine di durata del deposito temporaneo è di un anno mentre se esso raggiunge o supera i 20 metri cubi, il deposito non può superare i tre mesi.
Il trasporto deve essere effettuato da trasportatori autorizzati o anche in conto proprio in quanto si tratta di rifiuti non pericolosi; la documentazione che accompagna il rifiuto deve comprendere la dichiarazione di assenza di farmaci stupefacenti per i quali è prevista una procedura differente (articolo 25 decreto del presidente della Repubblica n. 309 del 1990)
Lo smaltimento (termodistruzione) va effettuato in impianti autorizzati
c) Rifiuti provenienti da attività di servizio.

Rientrano in questa categoria tutti quei rifiuti non pericolosi prodotti nelle strutture sanitarie che possono essere smaltiti senza particolari precauzioni e che possono essere avviati alla raccolta differenziata, al recupero o ai consorzi obbligatori.

Rifiuti pericolosi a rischio chimico.
In questa categoria rientrano prevalentemente rifiuti di tipo liquido che provengono da attività di laboratorio, di analisi e di diagnosi (radiologia), di disinfezione di farmacia o di attività di servizio che non possono essere immessi nella rete fognaria.
Sono classificati come rifiuti pericolosi a rischio chimico anche altri tipi di rifiuto non solo liquidi quali, per esempio:
rifiuti contenenti mercurio
accumulatori a piombo
pile e batterie
lampade fluorescenti
oli esausti
rifiuti contenenti amianto

Per i rifiuti liquidi, vengono generalmente utilizzati per la raccolta ed il trasporto, contenitori di plastica (taniche) di dimensioni variabili a seconda delle esigenze dei vari reparti. Anche questi contenitori devono essere omologati.
La raccolta può essere effettuata dal personale interno o data in appalto, ferme restando tutte le norme atte a garantire la sicurezza degli operatori.
Per quanto riguarda il trattamento, non è prevista alcuna disinfezione ma in qualche caso si procede all'inertizzazione. Sussiste il divieto di miscelazione tranne che per i rifiuti codificati come 090101 e 090104 (Soluzioni di sviluppo e attivanti a base acquosa, soluzioni di fissaggio) in base all'allegato G1 del decreto legislativo 389 dell'8 novembre 1997.
Lo smaltimento viene effettuato da ditte autorizzate; alcuni tipi di rifiuto possono essere consegnati ai consorzi obbligatori.
Lo smaltimento dei rifiuti liquidi (reflui e liquami) sanitari mediante scarico in fognatura può essere effettuato solo se tali rifiuti hanno caratteristiche equivalenti a quelle delle acque di scarico (legge 10 maggio 1976 n. 319) e siano convogliati nella fognatura tramite un impianto interno dotato di depuratore, o in assenza di depuratore, previa disinfezione. In quest'ultimo caso, i reflui vengono raccolti in cisterne e sottoposti a disinfezione.
In particolare, feci, urine e sangue possono essere immessi in fognatura previa disinfezione o altri trattamenti.
Se la struttura sanitaria è dotata di un proprio depuratore, il direttore sanitario dovrebbe accertarsi che il prodotto chimico impiegato per la disinfezione e le altre sostanze chimiche che vengono convogliate nello stesso depuratore, non interferiscano con la flora microbica dello stesso.

Rifiuti radioattivi
I rifiuti radioattivi costituiscono il risultato inevitabile dell'impiego in campo sanitario di radionuclidi non sigillati o di sorgenti sigillate in campo terapeutico e diagnostico.
I rifiuti radioattivi costituiti da radioisotopi con tempo di dimezzamento fisico inferiore a 75 giorni possono essere immagazzinati temporaneamente in condizioni controllate fino a che la loro radioattività sia decaduta a livelli di concentrazione indicate dal detto decreto legislativo n. 230 del 1995.

Successivamente questa tipologia di rifiuti può essere smaltita come rifiuto convenzionale speciale nel rispetto dell'attuale normativa. In generale tali rifiuti possono esser consegnati a ditte autorizzate o depositati temporaneamente presso gli stessi ospedali che li producono in attesa di decadimento.
In particolare, i rifiuti radioattivi liquidi, con caratteristiche radiologiche di cui sopra, possono essere raccolti in vasche o cisterne ubicate all'interno della struttura ospedaliera o consegnate a ditte autorizzate che li detengono sino al loro decadimento. Successivamente l'ospedale o le stesse ditte, previo parere dell'esperto qualificato, provvedono al loro smaltimento che deve avvenire nel rispetto della normativa vigente in materia di rifiuti speciali.
L'ANPA, le ARPA, le provincie autonome o gli organi del servizio sanitario nazionale competenti per territorio possono richiedere i dati relativi ad ogni smaltimento (sia per i solidi che per i liquidi) al fine di verificare il rispetto dell'avvenuto decadimento del radionuclide.
I rifiuti radioattivi liquidi e solidi costituiti da radioisotopi con tempo di dimezzamento fisico superiore a 75 giorni, (e concentrazione superiore a 1 Bq/g) devono essere raccolti ed immagazzinati in depositi temporanei e/o consegnati a ditte o enti autorizzati che dovranno provvedere a custodirli in forma adeguata e sicura per tempi lunghi in attesa che l'Italia si doti di un sito di smaltimento.
Alcune strutture sanitarie in passato ed ancora oggi, impiegano sorgenti sigillate di alta attività per scopo terapeutico o diagnostico; in tal caso queste apparecchiature necessitano di una attenta e adeguata manutenzione e devono essere collocate in locali sufficientemente schermati.
Nel caso di sorgenti sigillate obsolete o di apparecchiature che abbiano esaurito la loro utilizzazione, la direzione della struttura provvede a custodirle in ambienti opportunamente autorizzati ed attrezzati o restituirli alle case produttrici.
In un recente passato, parte di queste apparecchiature sono state trasferite presso i depositi del centro Enea della Casaccia; in allegato 3 si riporta un elenco non esaustivo di queste apparecchiature ancora giacenti presso le strutture che le hanno utilizzate, evidenziando due casi urgenti, del Policlinico di Palermo e dell'Ospedale di Barletta. A tal proposito, si rammenta che le sorgenti di Cesio 137 (tempo di dimezzamento fisico circa 30 anni) ancora oggi hanno una radioattività molto elevata, circa 3,7x10E13 Bq corrispondente a 1000 Ci e che il composto chimico è cloruro di cesio, materia friabile e solubile.
In caso di evento accidentale, pertanto, la diffusione della sostanza radioattiva sarebbe facilitata dalle sue caratteristiche chimico-fisiche.
Tra le sorgenti sigillate non più utilizzate nella pratica terapeutica meritano una particolare menzione per la loro pericolosità gli aghi e i tubi di radio impiegati in passato in campo oncologico.
Anche per tali sorgenti l'Enea ha svolto una campagna di raccolta fino ad esaurimento del deposito che aveva predisposto allo scopo. Una residua quantità di queste sorgenti risulta ancora oggi custodita sia presso strutture sanitarie pubbliche che presso strutture private; la mancanza di un deposito nazionale di smaltimento è ancora il motivo principale di stoccaggi distribuiti sul territorio.
È anche da rilevare che l'allontanamento delle sorgenti dismesse, utilizzate in passato per la cobalto e cesio terapia è piuttosto onerosa, circa 200 milioni per sorgente.
Visto il rischio radiologico associato a questo tipo di apparecchiature ed in considerazione del fatto che non sempre le stesse sono oculatamente custodite, sarebbe auspicabile che il ministero della sanità si facesse carico specificatamente di finanziare, in attesa di un deposito nazionale, la realizzazione di un deposito temporaneo e la raccolta di tutte le sorgenti sigillate sanitarie dismesse.
Su questo argomento, la Commissione ha ascoltato (18 dicembre 1997) il sottosegretario di Stato Monica Bettoni la quale ha ricordato l'attività svolta in materia dall'Istituto Superiore di Sanità ed in particolare lo schedario informatizzato predisposto dallo stesso Istituto per gli aghi di radio. Lo stesso sottosegretario ha fatto comunque presente che un analogo schedario non esiste per le apparecchiature di cobalto e cesio terapia.
A tale proposito vale la pena di portare il testo dell'articolo 112 del decreto legislativo n. 230 del 1995:

«1. Le regioni e le province autonome, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, effettuano l'inventario delle apparecchiature radiologiche ad uso medico e odontoiatrico nonché' di quelle di medicina nucleare, rilevandone caratteristiche tecniche, data di installazione, stato di conservazione. Le regioni e le province autonome sono altresì' tenute ad aggiornare detto inventario con frequenza almeno biennale.
2. Le apparecchiature funzionanti di cui al comma 1 devono essere oggetto di rigorosa sorveglianza. Le competenti autorità' adottano i provvedimenti necessari al fine di correggere le caratteristiche inadeguate o difettose di dette apparecchiature. Esse provvedono, non appena possibile, affinché' tutte le apparecchiature e gli impianti che non rispondono più' ai criteri prefissati di accettabilità' siano messi fuori uso o sostituite.
3. Con decreto del Ministro della sanità', sentiti l'Istituto superiore di sanità' e l'ISPESL, entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri minimi di accettabilità' per le apparecchiature di cui al comma 1, nonché' le direttive per la predisposizione dei piani periodici di adeguamento elle apparecchiature e degli impianti alle necessita' di impiego o all'evoluzione tecnologica. [(vedi note)].
4. Le regioni e le province autonome sono tenute a trasmettere al Ministero della sanità', nell'ambito del servizio informativo sanitario e con cadenza almeno biennale, le informazioni rilevate ai sensi del presente articolo ed a comunicare i provvedimenti adottati e programmati».

Rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani
In questa categoria rientrano tutti quei rifiuti di origine sanitaria individuati e classificati come rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani.
In base all'articolo 21 del decreto Ronchi la gestione di tali rifiuti è affidata ai comuni che possono effettuarla in proprio o affidare il servizio ad aziende municipalizzate o ditte autorizzate.

Altri tipi di rifiuto
Le parti anatomiche riconoscibili, sono avviate alla camera mortuaria. La polizia mortuaria procede al trasporto ed alla loro inumazione.
I rifiuti da esumazione e estumulazione vengono raccolti separatamente dai rifiuti urbani e smaltiti tramite termodistruzione; i rifiuti derivanti da altre attività cimiteriali (materiali lapidei, oggetti metallici, eccetera), possono essere riutilizzati all'interno della struttura cimiteriale o smaltiti come rifiuti inerti.
Per ognuna delle categorie di rifiuti identificate lo smaltimento comporta una serie di adempimenti amministrativi.
Il Direttore generale, o figura analoga, in quanto rappresentante legale della struttura aziendale ospedaliera, è il primo responsabile degli atti amministrativi che attengono alla corretta gestione dei rifiuti sanitari.
In questo contesto è suo compito sia emanare le direttive inerenti alle problematiche connesse alla corretta gestione dei rifiuti sia curare la stipula di convenzioni o di contratti di servizio con ditte autorizzate alle attività di smaltimento
Il Direttore Generale si avvale all'interno dell'Azienda ospedaliera o dell'Azienda sanitaria locale, di un direttore sanitario; ogni struttura nosocomiale dispone poi di un proprio direttore sanitario ed è a questo soggetto istituzionale che compete la sorveglianza ed il rispetto delle normative circa il deposito temporaneo dei rifiuti sanitari pericolosi.
Questa responsabilità decade al momento del conferimento dei rifiuti all'operatore autorizzato al trasporto verso l'impianto di smaltimento.
Il trasporto effettuato da enti o imprese deve essere accompagnato da un formulario di identificazione del rifiuto, con l'eccezione dei rifiuti assimilabili ai rifiuti urbani, che deve contenere anche l'indicazione dell'eventuale trattamento di disinfezione o sterilizzazione.
Le imprese che svolgono l'attività di raccolta e trasporto devono essere iscritte all'albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti.
Il produttore deve assicurarsi che colui che effettua l'attività di raccolta e trasporto sia iscritto all'Albo e deve ricevere copia del formulario di identificazione datata e firmata che certifichi l'arrivo e/o l'avvenuto smaltimento del rifiuto.
Gli enti o le imprese che producono rifiuti pericolosi
sono obbligate alla comunicazione al catasto dei rifiuti e soggette all'obbligo della tenuta dei registri di carico e scarico.

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