Back Forward

Doc. XXIII n. 42


Pag. 188

CONCLUSIONI E PROPOSTE

In considerazione dell'importanza e della attualità delle fenomenologie e delle tendenze evolutive delle organizzazioni mafiose della Calabria e dei loro rapporti con una vasta rete di insediamenti sul territorio nazionale e all'estero, si ritiene di avanzare le seguenti proposte:

1. Una relazione sulla 'ndrangheta.

La Commissione antimafia ha dedicato una specifica relazione a ciascuna delle maggiori e più pericolose organizzazioni mafiose. A Cosa nostra 6.4.1993, e alla Camorra 21.12.1993.
Ora che la conoscenza della 'ndrangheta ha registrato grandi e positivi sviluppi e, contro vecchi e tuttavia resistenti stereotipi, ha rappresentato le ragioni che ne hanno fatto, e non solo in Calabria, una organizzazione mafiosa non meno forte né meno pericolosa di altre, si rende necessario, e anche possibile, dedicare una relazione ai fatti che la hanno configurata e alle tendenze che la identificano come diversa da Cosa nostra e dalla Camorra, come non riducibile né ad una arcaica malavita locale né ad un indistinto nuovo gangsterismo, bensì come una specifica mafia di prima grandezza, e potentissima, nel sistema criminale e nei suoi movimenti economici.
La proposta che la Commissione antimafia produca una relazione sulla 'ndrangheta risponde non solo ad una necessità politico-istituzionale, ma anche all'esigenza di un complessivo elevamento della cultura, esigenza testimoniata dal fatto che nella storiografia della mafia, al di là di poche eccezioni (174), la 'ndrangheta continua a costituire un "buco nero".

2. La mutata collocazione geopolitica della Calabria.

Due fatti hanno cambiato e stanno mutando profondamente la collocazione della Calabria e ne hanno superato e ne stanno bruciando la lontananza e la perifericità.
Il primo è il porto di Gioia Tauro e la conquista di un suo primato nel Mediterraneo.
L'occupazione mafiosa e il "fronte del porto" avrebbero potuto mettere in discussione, e irreversibilmente in crisi, questo primato. Ma


Pag. 189

la capacità di contrasto messa in atto, la scoperta e la messa sotto processo delle connessioni mafiose, sono ora diventate la base, e una condizione di forza, per costruire la migliore difesa della centralità già conseguita nelle rotte e delle prospettive nuove apertesi con il transhipment.
La fine della occupazione mafiosa del porto costituisce una condizione necessaria, e tuttavia non sufficiente, affinché le famiglie della Piana, le 'ndrine insediate e operanti in altre regioni o all'estero, e i capi della 'ndrangheta, cessino di guardare al porto e all'intera area come ad un luogo di riferimento e di attacco, non solo per il transito e lo smistamento di carichi in arrivo e in partenza, ma per le occasioni di intervento e di investimenti nei diversi campi dello sviluppo economico indotto dal porto e dalle movimentazioni di merci.
Il secondo fatto di cambiamento della collocazione della Calabria è costituito dagli sviluppi della "questione adriatica" e del "patto di stabilità dell'Europa del Sud-est", e dai risultati che le scelte per la indispensabile, e tuttavia difficile e assai contrastata, ricostruzione dei Balcani (175) riusciranno a sortire.
Questa dinamica è fortemente segnata dalle nuove tensioni anche militari di prolungamento della guerra del Kosovo, dalle azioni dispiegate dalla criminalità organizzata locale e dalle sue connessioni con le altre mafie, nel campo del contrabbando, del traffico di stupefacenti e di armi, della tratta di esseri umani.
Le coste joniche della Calabria (e della Sicilia) tendono assai rapidamente a diventare una frontiera di prima linea, a causa sia di quanto è avvenuto e sta avvenendo lungo l'altra riva dell'Adriatico (anche per effetto dell'iniziativa e dei rapporti bilaterali e multilaterali dell'Italia con i paesi dell'area), sia di quanto è avvenuto e sta avvenendo sulla nostra riva, in conseguenza dell'escalation militare delle organizzazioni contrabbandiere e della risposta delle forze dello Stato lungo la costa e nell'entroterra della Puglia.


Pag. 190


Questo spostamento verso sud della "via adriatica" e la prospettiva Jonio trovano significative conferme nell'allarme emerso il 7 e 8 marzo scorso durante la missione della Commissione a Crotone (176) nelle presenze brindisine, napoletane e tarantine, registrate sulla costa jonica negli ultimi tre anni, negli arresti di brindisini legati al contrabbando, negli sbarchi di marzo del 2000 sulle coste della Calabria, e nel ruolo di nuova base che pare si sia cominciato a ricercare a Corfù e in Grecia rispetto ai precedenti, e ora troppo esposti e poco praticabili, punti di partenza dislocati dal Montenegro alla Croazia all'Albania.
Con la recentissima operazione "Armonia" della DDA di Reggio Calabria sono state accertate circostanze e sono state rilevate tendenze di raccordo tra lo spostamento del punto focale dei traffici criminali sulla costa jonica e la riorganizzazione mafiosa del controllo dell'entroterra e delle destinazioni e degli sbocchi da garantire agli sbarchi (177). Non sono solo le esperienze già fatte di storici e organici legami, come quello tra lo Stato del Montenegro e la camorra del clan Mazzarella, o come l'estensione al nostro territorio (178) della vicenda delle società finanziarie che furono alla base della disperata rivolta contro il presidente Berisha (che era ad esse collegato o che le aveva avallate), ma si aggiungono gli avvenimenti più recenti a dimostrare l'urgenza di individuare e colpire i referenti italiani delle mafie


Pag. 191

dell'altra sponda e di prevenire e impedire il doppio insediamento: delle mafie balcaniche sul nostro territorio e della 'ndrangheta e delle mafie italiane nell'oltreadriatico.
L'urgenza di una azione combinata, al di qua e al di là del mare, è volta a prevenire e ad impedire che le coste joniche della Calabria diventino ciò che sono già state Brindisi o Bari e che il "carico" dei porti tra il Montenegro e l'Albania possa essere trasferito all'isola di Corfù e alle coste greche e da qui arrivare sulle coste calabre.
L'impiego delle tecnologie e dei mezzi dispiegati per la sorveglianza e gli interventi sulla costa adriatica dovrebbe essere al più presto esteso allo Jonio, mentre, sull'entroterra delle coste calabresi, il dispiegamento di nuove forze dovrebbe esser mirato, assai più che ad una rincorsa militare, alla individuazione, intercettazione, prevenzione della rete di contatti e della organizzazione logistica dei collegamenti.

3. Le risorse da salvare: prevenire e impedire la intercettazione mafiosa dei grandi investimenti pubblici e dei nuovi strumenti finanziari della politica di sviluppo.

La mutata collocazione geopolitica della Calabria tra Mediterraneo ed Europa induce a guardare contemporaneamente a due scadenze: il 2006, l'anno in cui è previsto si concluda il tipo di intervento europeo adottato per i territori del cosiddetto "obiettivo 1", il 2010, l'anno in cui è previsto il conseguimento dell'area mediterranea di libero scambio.
Si tratta di due scadenze che rendono questi anni decisivi come non mai per l'emancipazione e il futuro della Calabria. E ancor più decisivi gli esiti delle scelte che si fanno adesso e i risultati che si sapranno produrre attraverso l'utilizzo e la effettiva destinazione delle risorse 2000-2006 e la capacità di valorizzare in concreto le occasioni nuove e gli strumenti finanziari e di programmazione offerti dal governo e dall'intesa tra il governo e la Regione Calabria. La Calabria riuscirà a garantire la creazione di lavoro, uno sviluppo non più dipendente, e un rapporto nuovo con lo Stato e con l'Unione europea, se riuscirà ad impedire che la mafia intercetti da fuori e da dentro le nuove chances e risorse.
Casi come quello delle movimentazioni mafiose del denaro dell'AIMA nelle banche di Crotone, o come quello del contributo in conto capitale ex Legge 488 erogato alla Babele Publiservice dal Ministero dell'Industria sulla base dell'istruttoria bancaria effettuata da Efibanca, o come quello dei terreni del demanio usati per piantagioni di droga, o come quello delle scelte di assegnazione delle aree da parte del consorzio ASI di Gioia Tauro, ripropongono la urgenza di una rigorosa e sistematica verifica di quali siano stati, e con quali esiti, e di quali dovranno essere, l'uso, ed i destinatari effettivi, di beni, interventi, investimenti, e incentivi, pubblici.
La storia recente e meno recente degli investimenti pubblici in Calabria ci dice che essa è contraddistinta da una continua presenza mafiosa negli appalti, grandi e piccoli, gestiti sia dai privati che dalla mano pubblica. La pluridecennale vicenda di Gioia Tauro - dal quinto


Pag. 192

centro siderurgico fino al porto - è, da questo punto di vista, estremamente emblematica.
Una siffatta verifica dovrebbe dare una misura della coerenza realizzata ovvero contraddetta, e, in ogni caso, da assicurare, tra gli obiettivi che ci si è proposti o ci si propone, gli strumenti che si è scelto o si scelgono per realizzarli, le forze alle quali obiettivi e strumenti sono stati, o vengono, affidati, e dovrebbe anche misurare il funzionamento di quei controlli che la legge 203/1991 (articolo16, comma 3) affida alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti e l'uso che esse hanno fatto delle possibilità loro date dalla legge di effettuare anche a mezzo della Guardia di finanza ispezioni e accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni e i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a destinazione vincolata.
Questa procedura di verifica appare la più utile per dare positiva risposta alla esigenza di definire con la maggiore precisione e di mettere efficacemente in atto i contenuti e le procedure di una politica razionale di prevenzione:
-la concreta organizzazione degli interventi capaci di prevenire e di impedire la intercettazione mafiosa dei grandi investimenti pubblici e dei nuovi strumenti finanziari della programmazione negoziata e della politica di sviluppo;
-l'uso incrociato, o la combinazione, di controllo del territorio, indagini patrimoniali, valutazione delle segnalazioni delle operazioni sospette, e applicazione effettiva della legge Mancino e della informatizzazione e uso delle relative rilevazioni sui movimenti economici;
-il concreto superamento di ogni contraddizione tra la assoluta esigenza di rendere più semplici e più veloci le procedure di accesso delle imprese e la indispensabile vigilanza sui requisiti delle imprese medesime e contro infiltrazioni, taglieggiamenti o condizionamenti mafiosi.
Sia da parte dei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, sia da parte dei 'protocolli di legalità' tra istituzioni associazioni degli imprenditori e sindacati, non ci si può affatto limitare al pure indispensabile (179) intervento sulle attività di cantiere.
Si tratta di risorse molto ingenti da tutelare: la 'ndrangheta deve essere messa nelle condizioni di non poterle più sottrarre alle imprese,


Pag. 193

al lavoro, allo sviluppo, e di dirottarle verso le proprie imprese, verso il suo governo del mercato del lavoro e del territorio, verso le proprie multiformi iniziative di riciclaggio.
Si guardi ai due "contratti di area" di Crotone e di Gioia Tauro, e ai "patti territoriali" di Vibo Valentia (patto di "prima generazione"), dell'Alto Tirreno Cosentino, di Catanzaro, del Cosentino, del Lametino, della Locride (patti di "seconda generazione").
Le risorse in arrivo per i prossimi anni sono sicuramente rilevanti. Esse, prevedibilmente, richiameranno attenzioni non desiderate da parte della 'ndrangheta che, in questo preciso momento storico, sta adottando l'intelligente strategia di operare al coperto, senza clamorose azioni di sangue, per evitare l'interessamento degli inquirenti e per accreditare la tesi fallace di un irrimediabile declino della mafia calabrese.
Per i contratti di area il quadro delle risorse, secondo i dati al 31/12/1999 del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del Tesoro, può così sintetizzarsi: ad un totale di 400,3 miliardi stanziati dal CIPE (e destinati tutti a Crotone dal "protocollo aggiuntivo") si aggiungono i 196,4 miliardi delle altre agevolazioni (di cui 88,2 vanno a Gioia Tauro, e gli altri - 35,9 originari e 72,3 del "protocollo aggiuntivo"- a Crotone), e le erogazioni effettuate al dicembre 1999 (tutte per Crotone) ammontavano a 80,6 miliardi. Per i patti territoriali l'onere dello Stato è pari a 543,1 miliardi (Vibo Valentia 79,7, Alto Tirreno Cosentino 87,7, Catanzaro 91,2, Cosentino 92,5, Lametino 92,3, Locride 99,7), e le erogazioni effettuale al dicembre 1999 ammontavano a 55,2 miliardi (9,7 per il Cosentino, 20,9 per il Lametino, 15,3 per la Locride).
Si guardi poi al Programma Operativo Regionale fondi 2000-2006: le risorse di parte comunitaria, senza cofinanziamento nazionale, sono in milioni di EURO così distribuite (i dati al 31/12/1999 sono del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del Tesoro):
asse 1 530,277
asse 2 130,243
asse 3 411,028
asse 4 604,701
asse 5 150,541
asse 6 158,153
asse tec. 9,303

Si considerino, ancora, gli importi in milioni di EURO fissati nei due "Accordi" stabiliti secondo la "Intesa Istituzionale di Programma" (i dati al 31/12/1999 sono del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del Tesoro):
Accordo sulla forestazione-manutenzione del territorio
1999 136,345
2000 188,209
2001 145,597
2002 119,162
2003 20,269


Pag. 194

Accordo sul ciclointegrato dell'acqua
1999 37,701
2000 120,171
2001 2,582

Si ricordino, infine, le previsioni di impegno al 31 dicembre 1999 in milioni di EURO (comunicate dai soggetti responsabili delle forme di intervento) del Quadro Comunitario di Sostegno 1994-1999 (i dati al 31/12/1999 sono del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione, Servizio per le politiche dei fondi strutturali comunitari, del Ministero del Tesoro):
- per il POP Calabria (l'autorità responsabile è la Regione Calabria), su un costo complessivo di Meuro 1287,111 (il contributo comunitario è di 582,130), gli impegni sono di 1800,878 (pari al 139,9%)
- per il PO FEOGA Sviluppo rurale Calabria (l'autorità responsabile è la Regione Calabria), su un costo complessivo di Meuro 508,167 (il contributo comunitario è di 243,308), gli impegni raggiungono il 100%
- per la SG Area di crisi Crotone (l'autorità responsabile è "Regione Calabria-Crotone sviluppo"), su un costo complessivo di Meuro 72,649 (il contributo comunitario è di 34,992), gli impegni raggiungono il 100%
- per la SG Area di crisi Gioia Tauro (l'autorità responsabile è "Regione Calabria-Mediterranea sviluppo"), su un costo complessivo di Meuro 40,000 (il contributo comunitario è di 20,000), gli impegni raggiungono il 100%
Agli importi delle suddette previsioni di impegno relative alle forme di intervento regionali vanno aggiunti quelli relativi alla quota - che tocca direttamente o indirettamente la Calabria - delle forme di intervento multiregionali, Sovvenzioni Globali e Programmi Operativi legati a specifiche finalità in aree e settori diversi e Assistenza tecnica UE, e Programmi Operativi Nazionali che impegnano parte dei fondi strutturali 2000-2006 in settori strategici quali la Sicurezza, la scuola, la ricerca scientifica, i trasporti, lo sviluppo locale.
La politica multilaterale di prevenzione che si rende indispensabile per ciascuna di queste risorse da salvare, e attribuite a varii soggetti pubblici, richiede il concorso organizzato di forze e istituzioni locali, regionali e nazionali, il raccordo tra i diversi livelli di governo, la concertazione, l'organizzazione della trasparenza e della pubblicità degli atti e delle verifiche dei risultati. Il quadro di riferimento complessivo da assumere a tal fine è costituito dalla "Intesa Istituzionale di Programma" stipulata tra il Governo e la Giunta della Regione Calabria secondo lo schema approvato con la deliberazione 29 settembre 1999 dal CIPE, in quanto è a tale Intesa che vengono attribuite le risorse ordinarie e straordinarie, nazionali e comunitarie, e che sono riferiti gli atti della programmazione negoziata e gli "accordi di programma quadro" mediante i quali si provvede alla attivazione di tutte queste risorse.


Pag. 195


La "Intesa Istituzionale di Programma" ha già individuato nella "sicurezza e legalità organizzata" il primo dei "settori prioritari" nei quali "focalizzare e valorizzare il partenariato istituzionale" tra la Regione Calabria e le Amministrazioni centrali (gli altri "settori prioritari" sono: "reti e sistemi interregionali di trasporto", "scuola", "ricerca e innovazione", ai quali si aggiungono "due ambiti strettamente regionali che rappresentano altrettante emergenze da affrontare con il supporto del governo centrale": "manutenzione del territorio e forestazione" e "ciclo integrato delle acque"). E alla "sicurezza e legalità organizzata" sarà specificamente finalizzato, così come a ciascuno dei citati "settori prioritari", un "accordo di programma quadro".
Ma questo accordo non potrà essere una mera proiezione del "Programma Operativo Nazionale " sulla "Sicurezza" e della presenza in esso della Calabria (tutte e cinque le province vi sono classificate "a forte condizionamento criminoso o a grave rischio"). La Commissione ritiene si renda necessario che il lavoro di istruzione e di definizione progettuale relativo all'"accordo di programma quadro" per la "sicurezza e legalità organizzata" risponda ad una duplice esigenza:
1) dare centralità agli obiettivi e agli strumenti specifici più adatti a "blindare" le risorse sopra elencate, e a prevenirne e ad impedirne - prima durante e dopo la loro erogazione, e in ogni passaggio - la intercettazione mafiosa, e, perciò stesso,
2) evitare i limiti e i pericoli di una visione, e di una politica, settoriale e separata di "sicurezza e legalità organizzata" (una delle lezioni che vengono da Gioia Tauro non è forse quella che proprio mentre il porto veniva giustamente assunto come luogo primario e prototipo del "progetto sicurezza" e il governo vi destinava un particolare impegno rimase aperto il varco alle connessioni mafiose cui è dedicato un capitolo di questa relazione?).
Di conseguenza, dentro ciascuno degli altri settori o ambiti "prioritari" fatti oggetto di uno specifico "accordo di programma quadro" (forestazione, acque, reti e trasporti, scuola, ricerca e innovazione) dovrebbe essere immessa la "sicurezza e legalità organizzata" e dovrebbe prevedersene la specifica strumentazione. A tal fine lo stesso "accordo di programma quadro" sulla "sicurezza e legalità organizzata" dovrebbe stabilire come connettere in rete i diversi "accordi di programma quadro" e quali coordinamenti stabilire tra loro.
L'insieme di queste esigenze e le proposte prima indicate per il programma sicurezza e per il collegamento stretto "prevenzione" - "accordi di programma quadro" sono rappresentate qui come proiezione, e traduzione in prassi, di alcuni punti contenuti nella "Intesa Istituzionale di programma":
- l'allarme sul "carattere pervasivo" della attività della 'ndrangheta "capace di infiltrarsi in ogni settore dell'economia",
- la analisi di queste infiltrazioni (180).


Pag. 196


- il giudizio sulla elevata mortalità e natalità di imprese: "in considerazione della debolezza strutturale del locale sistema economico, appare come un probabile sintomo del tentativo di penetrazione nell'economia legale da parte della criminalità organizzata"
- la valutazione della sicurezza non quale "costo" ma quale "esplicito fattore di sviluppo", quale "risorsa" ("una risorsa la cui sussistenza è, di volta in volta, da accertare e non da considerarsi implicito componente del sistema e che, pertanto, come qualsiasi altro fattore produttivo, va considerato nella comparazione costi-benefici"),
- la proposta di "una decisa azione di risanamento" come "propedeutica allo sviluppo economico".
È la "Intesa Istituzionale di Programma" a individuare "un terreno eccezionale di intervento, ancora pochissimo arato in Calabria" nelle "politiche civili, dal controllo del territorio a fini di sicurezza, alla certezza dei diritti, alla qualità delle strutture pubbliche, in primo luogo di quelle formative e scolastiche, di sostegno alle fasce deboli. Costruire istituzioni pubbliche trasparenti e autorevoli, portare a standard minimi di efficienza e di efficacia le strutture burocratiche regionali, produrre e manutenere i beni pubblici sono imperativi per lo sviluppo regionale".
Il collegamento stretto prevenzione-accordi di programma quadro riteniamo debba costituire un "banco di prova" della innovazione strategica prospettata dalla "Intesa Istituzionale di programma" per una "discontinuità di metodo e di finalità della spesa pubblica (181), per la fuoriuscita della Calabria dall'insostenibile "modello di dipendenza assistita del passato" (182), per una "transizione dalla dipendenza all'autonomia", a uno sviluppo "endogeno" e non "chiuso e autarchico", a un "riconnettersi con il resto del Paese, con nodi e circuiti centrali, europei e mediterranei", all'entrata "in reti interregionali di cooperazione e complementarità produttiva", alla incentivazione di "patti, gemellaggi, partnership, accordi tra imprese esterne e imprese calabresi, tra territori e distretti industriali extraregionali e aree e distretti in formazione calabresi".

4. Le indagini e le misure di prevenzione di natura patrimoniale: l'urgenza di un salto di qualità.

Il persistente divario tra verità nelle strutture militari e verità nelle imprese economiche acquisite per le organizzazioni mafiose operanti in Calabria, e per le proiezioni nazionali e internazionali della 'ndrangheta, evidenzia la portata dell'impegno che si rende necessario


Pag. 197

per determinare un grande salto di qualità nell'organizzazione della conoscenza, e, quindi, della capacità di prevenire e colpire l'accumulazione e il movimento del capitale dei capibastone.
Superare questo divario è il primo e il più urgente obiettivo di una nuova stagione antimafia che deve vedere impegnati, ognuno nell'ambito delle rispettive competenze, l'apparato repressivo dello Stato e le organizzazioni della società civile.
L'urgenza di questo salto di qualità, e, prima ancora, della consapevolezza delle ragioni che lo rendono ormai indispensabile, trova conferma nei dati che qui si è scelto di rappresentare. sui movimenti del denaro e nei casi emblematici dei limiti del contrasto che si è ritenuto di dover segnalare. Il problema di organizzazione è nazionale e internazionale, e non solo regionale e locale, e la sua soluzione richiede scelte politico amministrative e non solo aggiustamenti e innovazioni nella normativa.
A proporre come primario l'obiettivo conoscenza, non è sufficiente, anche se appare in molti casi e in tante situazioni necessario, invocare la obbligatorietà di indagine sul patrimonio e le attività economiche. Non basta il richiamo, pur doveroso, al cuore della "legge La Torre" e alla necessità di applicarla e di farne valere tutte le potenzialità.
La conoscenza è imposta dalle trasformazioni che hanno investito la "economia mafiosa", e, soprattutto, dal divario che appare crescente tra le stime che si hanno delle ricchezze criminali e il numero e i valori dei beni mafiosi effettivamente individuati, che, a loro volta, risultano essere di gran lunga più alti rispetto, man mano, a quelli proposti per le misure patrimoniali, a quelli messi sotto sequestro, ed a quelli fatti oggetto di confisca.
I limiti ancora strutturali posti alla conoscenza e le insufficienze quantitative e qualitative delle indagini patrimoniali sono confermati dalla grandissima diffusione, quasi generalizzazione, che ha assunto il sistematico ricorso delle organizzazioni mafiose alla pratica dei prestanome ai quali affidare, o tra i quali frazionare, la titolarità di quote del capitale criminale, e alla pratica della dissimulazione nei movimenti del denaro finalizzata ad occultarne prima di tutto le origini, ma poi anche le provenienze e le destinazioni effettive. A rafforzare queste conferme si aggiungono i dati relativi al prevalere - rispetto al totale (pur non elevato, e insufficiente a rappresentare il movimento reale) - delle operazioni sospette segnalate dagli intermediari creditizi a carico di soggetti che non appaiono in possesso dei requisiti economici adeguati al numero e ai valori dei depositi e o dei conti movimentati, nonché delle operazioni segnalate come carenti di giustificazioni plausibili rispetto a come si presentano i loro autori o ai procedimenti giudiziari pendenti a loro carico.
Si rende indispensabile superare una separazione e una gerarchia tra misure di prevenzione personali e misure di prevenzione patrimoniali, e quella prassi che sembra considerare queste ultime solo come una sorta di appendice delle prime. Dovrebbe istituirsi una reciprocità: come la misura patrimoniale è inconcepibile e impraticabile senza quella personale, così dovrebbe ridursi ogni misura personale che prescinda dal patrimonio, e dovrebbe pertanto essere ab


Pag. 198

initio scongiurato il pericolo che la scissione tra misura personale e misura patrimoniale si risolva di fatto in una tutela della ricchezza mafiosa e del suo movimento, e, per questa via, in una possibilità di "riproduzione allargata" della famiglia e dell'organizzazione mafiosa stessa, quella possibilità che il mafioso precostituisce ai propri delitti e organizza con cura tanto maggiore quanto più alto si presenta (e viene da sé medesimo messo in conto) il rischio di pagare il delitto con il carcere, per tanti anni e perfino a vita.
È necessario che all'elevamento della capacità di indagine e di controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine si facciano corrispondere le condizioni tecnico materiali e professionali per l'aumento quantitativo e qualitativo della capacità di proposta di misure di prevenzione patrimoniale (a partire dalla riorganizzazione degli uffici delle Questure deputati alle proposte di misure di prevenzione e alla qualificazione professionale del personale addetto). Il conseguimento di questo obiettivo, e di quello del potenziamento, quantitativo e qualitativo delle DDA, dovrebbe sinergicamente combinarsi con un più forte e sistematico ruolo della DNA, che pur essendo tra i titolari della azione di prevenzione personale, si trova nella paradossale condizione di non potere direttamente e immediatamente tradurre in azione il proprio grande patrimonio di conoscenza internazionale, nazionale e locale aggiornato di continuo. Proprio al soggetto dotato di più input e di maggiori conoscenze e informazioni per ricostruire a unità la mappa quanto mai frastagliata, articolata e mimetizzata del patrimonio di un mafioso, non è ancora formalmente attribuito il potere dell'iniziativa delle misure di prevenzione patrimoniale, e, precisamente, il potere di proposta al Tribunale competente, il medesimo potere di proposta che il Questore e il Pubblico Ministero hanno esercitato e devono continuare ad esercitare.
Le proiezioni nazionali e internazionali della 'ndrangheta, il rapporto tra il reticolo dei suoi insediamenti e i campi dei suoi movimenti economici, dovrebbero indurre a valutare la grande portata di una politica delle misure di prevenzione patrimoniali affidata al concorso dell'iniziativa di Questure DDA e Direzione nazionale antimafia. Questo concorso (non sostituzione, né sovrapposizione di competenze, né gerarchia) appare il solo strumento utile non solo per valorizzare pienamente, in ogni circostanza e in ogni luogo, le informazioni e i collegamenti della DNA derivanti dalla sue esperienze di coordinamento delle DDA e di rapporto con magistratura e polizia di altri paesi, ma anche per razionalizzare il lavoro di ciascuno e di tutti, assicurando ad esso una visione più ampia ed unitaria, e liberandolo dai pericoli di vuoti e o di sprechi cui la singola DDA o la singola Questura sono di fatto esposte anche quando il campo della propria indagine si estenda ad altri territori o a tutto il Paese.
La sinergia e il concorso non devono fermarsi alla fase della individuazione dei beni mafiosi e della proposta delle misure patrimoniali. Tutti i provvedimenti di sequestro, di confisca eccetera, dovrebbero entrare nella rete delle banche delle forze di polizia e degli organi inquirenti, e poter trovare nel coordinamento e nella promozione della analisi e della elaborazione della DNA una occasione di verifica e di conseguimento di standard di qualità della prevenzione


Pag. 199

patrimoniale, e, infine, la possibilità di individuare ulteriori campi e di indagine e di prevenzione.
Per quanto attiene, infine, alla gestione delle misure di prevenzione, e, in particolare, all'affidamento dei beni, alla amministrazione giudiziaria dei patrimoni sequestrati, e alla destinazione dei beni confiscati, il salto di qualità che si rende necessario deve essere indirizzato a due obiettivi: contrastare la artificiosa delimitazione o diminuzione dei beni fatti oggetto della misura di prevenzione, impedire che i mafiosi possano surrettiziamente e con altri mezzi riconquistare i beni perduti.
Il caso Musolino appare paradigmatico a dimostrazione dell'urgenza di una revisione e di un rilancio del sistema delle misure di prevenzione patrimoniali.
Più in generale, per ciascuna zona dove operano i nuovi strumenti finanziari delle politiche europee e nazionali di sviluppo, e sulle "risorse da salvare" analizzate al punto precedente, si rendono necessarie specifiche e stabili forme di coordinamento delle conoscenze e delle strategie investigative di DNA, DDA e Procure territoriali.

5. L'antiriciclaggio deve diventare la grande priorità. Uscire dalla disapplicazione della legge Mancino e combattere le omissioni di segnalazione delle operazioni sospette.

Numerosi e vari sono stati nella relazione i riferimenti a fatti, denunce, documenti, operazioni giudiziarie interne ed esterne alla Calabria, comprovanti la forza e il pericolo della immissione dei capitali criminali nella economia legale. Non altrettanti possono essere i riferimenti a colpi inferti alla economia 'ndranghetista. La contraddizione è nella realtà, ed è tale da imporre che l'antiriciclaggio sia assunto e fatto concretamente assurgere a grande priorità della azione antimafia : si tratta di una priorità dimostrata dalle medesime ragioni che nel paragrafo precedente venivano addotte per proporre l'urgenza di imprimere alle indagini e alle misure di prevenzione di natura patrimoniale un salto di qualità.
Le grandi potenzialità offerte per tutti questi anni dalla legge Mancino non risulta che siano state effettivamente riconosciute, valorizzate e messe in atto. Se le iniziative della magistratura e delle forze dell'ordine che pure sono riuscite a determinare successi rilevanti, e prima impensabili, contro la 'ndrangheta, si fossero combinate, e tuttora si combinassero, con la applicazione diffusa della legge Mancino, ne avrebbero certamente attinto, e potrebbero tuttora ricavarne, non solo ulteriori riscontri, ma l'indicazione dei campi e delle connessioni assai più vaste delle azioni criminali e delle cosche individuate e colpite dai processi. Lo stesso controllo del territorio da parte delle forze dell'ordine e delle istituzioni avrebbe potuto, e potrebbe, scoprire chiavi sconosciute, e trovare nuovi e più efficaci presidii nella mappa dei movimenti della proprietà e dell'economia che la legge Mancino consente di costruire e di aggiornare in tempo reale.
Anche la segnalazione delle operazioni sospette dovrebbe poter offrire opportunità e strumenti grandi di conoscenza e di azione,


Pag. 200

soprattutto se i suoi dati venissero trattati attraverso una lettura incrociata con altri indicatori. Si tratta, tuttavia, di una necessità e di una possibilità tuttora contraddette da una larga disapplicazione della legge. Ricostruire una misura quantitativa e qualitativa delle omissioni di segnalazione delle operazioni sospette è certo difficile. Ma altrettanto certi sono i diversi segnali del fenomeno, che vanno ben al di là di singoli episodi, quale per esempio quello già analizzato delle operazioni in yen giapponesi nella Banca popolare di Crotone, e ben al di là di singole circostanze, come quella (apprezzabile per il collegamento tra attività usuraria, abusivismo finanziario e riciclaggio) del contrasto tra l'allarme sulla diffusione dell'usura venuto il 7 marzo a Crotone dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica e lo zero statistico che contraddistingue questa provincia per denunce di usura e relativi procedimenti. Significativi sono infatti da ritenere dati come quello del numero elevato di istituti di credito dai quali non è stata mai effettuata finora una sola segnalazione (183), o come quello


Pag. 201

del numero del tutto trascurabile degli altri intermediari finanziari che non hanno segnalato e non segnalano, quali per esempio le società finanziarie, le imprese di assicurazione, e, non l'ultimo ma il primo, il più diffuso sul territorio, l'Ente Poste, o come quello del numero irrisorio di informazioni richieste dall'Autorità Giudiziaria, o, infine, come quello della incidenza percentuale della Calabria sul totale delle segnalazioni dal 1o settembre 1997 al 29 febbraio del 2000 (1,07% secondo l'ultima rilevazione semestrale dell'UIC, settembre 1999-febbraio


Pag. 202

2000) da considerare unitamente a quello del rapporto tra il numero delle segnalazioni date dalle banche e il numero degli sportelli bancari presenti nella regione (la Calabria è all'undicesimo posto della graduatoria delle Regioni italiane con lo 0,176 di segnalazioni per sportello: 465 sportelli su 26826 - pari all'1,73% -, 82 segnalazioni su 7187 - questi dell'UIC appaiono tanto più significativi se li si rapportano a quelli che l'UIC medesimo registra per altre regioni, e innanzitutto, per la Campania, dove si registra lo 0,429% di segnalazioni per sportello su 1393 sportelli bancari).
Alla costruzione di stime o di ipotesi della vasta zona di omissione delle segnalazioni possono valere alcuni dati che emergono dalla lettura (comparata tra regioni e condotta in rapporto alle cifre della dinamica nazionale) delle segnalazioni effettuate: la forte incidenza dei versamenti di denaro in contante, i bonifici da/verso l'estero e il resto del Paese (e in particolare verso aree, anche europee, di bassa tassazione o a regime fiscale e a segreto bancario privilegiato), la mancanza, o difficoltà, di giustificazione dell'operazione, il rapporto negativo tra valore e numero delle operazioni eseguite, da un lato, e status del soggetto segnalato e sue garanzie patrimoniali ed economiche, dall'altro lato, il ricorso diffuso alle operazioni frazionate o intestate a soggetti che possano apparire prestanome o intermediari.
Gli indizi molteplici di omissioni assai diffusi mettono in luce la necessità di un intervento capace di incidere sulla cultura degli intermediari e sulla verifica della loro effettiva affidabilità, e capace al tempo stesso di costruire - così come sta facendo efficacemente il servizio antiriciclaggio dell'UIC - modelli di monitoraggio permanente dei movimenti finanziari, in grado di rilevare le anomalie indipendentemente dalla segnalazione del singolo sportello e dal "pericolo" di esposizione del singolo operatore bancario o finanziario, e, infine, capace di istituire all'interno del sistema di intermediazione finanziaria nuovi meccanismi di presidio antiriciclaggio.
Appare indispensabile, a tal fine, eliminare effettivamente e definitivamente ogni residua burocratica sottovalutazione dell'aspetto finanziario nella conoscenza e nell'azione-prevenzione antiriciclaggio. Occorre che il sistema e l'organizzazione pratica della promozione-ricezione-analisi delle segnalazioni superi le rigidità di separazione e le gerarchie tra i momenti e gli strumenti investigativi e i momenti e gli strumenti finanziari, individui nell'UIC il motore della nuova sinergia necessaria e possibile, e, di conseguenza, potenzi e adegui dotazioni e strutture del Servizio antiriciclaggio dell'UIC rispetto al suo ruolo istituzionale che, per come è stato da esso effettivamente esercitato e per come gli è stato da pubblici apprezzamenti riconosciuto, si è già rivelato determinante nel successo di importantissime operazioni antiriciclaggio (peraltro legate proprio al contrasto della criminalità organizzata della Calabria) come quelle effettuate dalla DDA di Milano.
Si rende opportuno che in ciascuna area investita dagli interventi pubblici descritti nel precedente paragrafo su "le risorse da salvare", si adotti uno speciale programma di monitoraggio sul credito e sulla intermediazione finanziaria, affidato alla sinergia della vigilanza della


Pag. 203

Banca d'Italia, del Servizio antiriciclaggio dell'Ufficio italiano dei cambi, della Polizia valutaria della Guardia di finanza, e della DIA.
È necessario, infine, considerare che la previsione di una sanzione amministrativa per chi vìola l'obbligo delle segnalazioni, così come previsto dall'articolo 5, comma 5 del decreto legislativo 143 del 1991 convertito nella legge n. 197 del 1991, non costituisce certamente un deterrente per gli intermediari tenuti all'obbligo della segnalazione. Occorrerebbe, quindi, prevedere, per la violazione dell'obbligo, sanzioni più efficaci sia di natura disciplinare, quale la possibile sospensione dal servizio del funzionario infedele, sia eventualmente di natura penale.

6. La prevenzione antimafia negli appalti.

La prevenzione e l'intervento antimafia sugli appalti, e la organizzazione stessa di specifici "osservatori" (184) sugli appalti in rete nazionale e regionale tra loro, richiedono che gli atti specifici su bandi, procedure e aggiudicazioni di gara, contratti e convenzioni, sui rapporti tra concedenti e concessionari, sui cantieri, non siano ritenuti autosufficienti e non vengano separati dagli atti relativi ai vari campi della intercettazione mafiosa del denaro pubblico, già messi in evidenza nei punti precedenti.
A dimostrare il "nesso obbligato" da stabilire tra gli uni e gli altri concorre la manifestazione di una documentata consapevolezza da parte del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica di Reggio Calabria (seduta del 19 novembre 1999): la consapevolezza del fatto che la criminalità organizzata "in considerazione del notevole afflusso di denaro per opere pubbliche da realizzare nel capoluogo ha acquisito imprese 'pulite' che vengono gestite da persone incensurate con il fine di eludere la normativa antimafia ed entrare così a pieno titolo nell'economia legale". Su questa circostanza, segnali convergenti si trovano nelle dichiarazioni rese ancor prima dai sindaci di Polistena, Rosarno e Siderno alla Commissione. Il problema è quello posto dal sindaco di Rosarno: se è vero, come è vero, che "vi possono essere delle imprese con tutte le certificazioni in regola, ma che in realtà nascondono forze criminali", noi non vogliamo "fare da palo agli interessi mafiosi". Il problema è confermato dalle opere e dai lavori pubblici del c.d. "decreto Reggio", finanziati con la legge 246/1989, sui quali la DDA di Reggio Calabria ha aperto una inchiesta che investe anche il Comune: si tratta di una vicenda dove, nonostante un sindaco che ha


Pag. 204

combattuto contro la mafia e che ne è stato combattuto, e al quale la Commissione antimafia è andata a esprimere unanime la propria solidarietà in piazza dopo l'attentato, qualche impresa mafiosa è riuscita ad entrare negli appalti. Il problema e la contraddizione risaltano con ancor più forte evidenza nella ricca documentazione che il Sindaco di Reggio Calabria ha inviato alla Commissione antimafia (185).
La preoccupazione è ancora più marcata se solo si pensa al ruolo svolto dal sindaco Falcomatà nel tentativo di far rinascere la città di


Pag. 205

Reggio dalla situazione precedente, quando anche sulla città dello Stretto, si era abbattuta la locale Tangentopoli che aveva portato all'arresto del Sindaco dell'epoca, Agatino Licandro, che successivamente raccontò, da protagonista, le vicende del malaffare reggino.
Dalla circostanza che imprese mafiose siano penetrate negli appalti pur in una situazione politicamente mutata, si possono far discendere alcune considerazioni che hanno un valore più generale.
È necessario verificare e rimuovere le condizioni per le quali :
- le prefetture non dispongono delle informazioni necessarie e possibili sui soggetti che partecipano alle gare e non sono pienamente in grado di rispondere alle "riservate" dei sindaci.
- questi soggetti possono avvalersi dell'attestato e delle credenziali di una prefettura dopo che altra prefettura l'ha loro negato (cfr. la circostanza emersa nell'incontro con il comitato dell'ordine e della sicurezza pubblica a Catania).
- si rende perfino possibile il caso di un nulla osta antimafia rilasciato dalla Camera di Commercio ad una impresa dopo che i suoi titolari sono stati arrestati per associazione mafiosa.
È necessario eliminare le disfunzioni del CED e superarne la inadeguatezza dei flussi informativi.
Se è rilevante la innovazione che si è introdotta con il prescrivere alle imprese partecipanti a gara l'attestato di una società di certificazione, deve tuttavia essere rimarcato come essa non sia affatto sufficiente a far vedere a chi davvero appartenga il capitale dei medesimi partecipanti a gara, e come dovrebbe essere comunque soddisfatta l'esigenza di conoscere proprio questo, p. es. con il dare alla società di certificazione l'accesso e la partecipazione alla vita dell'impresa o con l'indurre o incentivare l'impresa medesima a sottoporsi a un esame interno. A questo rilievo si ritiene necessario aggiungere una indicazione su come organizzare il monitoraggio generale che la legge Merloni prescrive sulla struttura delle imprese e la certificazione di qualità: in essi dovrebbero essere citate tutte le partecipazioni avute dall'impresa ad associazioni temporanee di imprese, e le imprese alle quali sono stati affidati subappalti. Ciò al fine di conoscere quanti e quali casi si siano verificati di associazione con ditte (e o di affidamento di subappalti ad aziende) che risultino essere state della mafia o inquinate dalla criminalità organizzata, e di derivarne determinazioni coerenti nella attribuzione del punteggio e nella valutazione della stessa praticabilità di ulteriori affidamenti di lavori pubblici.
L'insieme di queste misure si può rivelare assai utile alla tutela della libertà e della autonomia delle imprese e della loro capacità di resistere ad ogni pressione o condizionamento della mafia : ad evitare il riprodursi delle difficoltà e dei danni gravi subiti dall'imprenditore


Pag. 206

onesto ed efficiente per il rapporto istituito in "associazione temporanea di imprese" con società mafiose o inquinate dalla mafia (senza che questi lo sappia o essendo vittima di "costrizione" da parte loro), perché non verificare l'opportunità di estendere gli "accessi", di prevedere per i "consorzi" di imprese ora previsti dalla legge Merloni che la singola impresa abbia il diritto-dovere di accesso alle informazioni che i sindaci o altre stazioni appaltanti chiedono anche in via riservata alla prefettura e il dovere per la prefettura di rispondere a tale istanza, nei limiti, ovviamente, legati all'imperativo di non rivelare contenuti e circostanze di indagini ancora in corso?
Ulteriori considerazioni si rendono necessarie contro il difetto di trasparenza e la carenza dei controlli.
La prefettura, attraverso l'organizzazione della apposita unità preposta, dovrebbe effettuare i controlli - innanzitutto quelli preventivi, ma senza fermarsi ad essi - oggetto della specifica delega (DM 23 dicembre 1992) già in capo all'Alto commissario antimafia.
È poi indispensabile elevare al massimo il tasso di trasparenza degli atti amministrativi e dei dati contabili al fine di assicurare la massima e più veloce possibilità di verifica di tutte le operazioni economiche e finanziarie connesse alla realizzazione dell'opera pubblica. Dovrà in tal modo esser reso possibile ripercorrere contabilmente i flussi finanziari, il che evidenzia l'opportunità di rendere obbligatoria l'utilizzazione di forme di pagamento attraverso banche.
Il sistema della trasparenza documentale dovrà in ogni caso integrarsi con una metodologia di intervento e di controlli all'interno dei cantieri da parte non delle sole stazioni appaltanti bensì delle diverse istituzioni pubbliche interessate alla verifica anche di singoli elementi e circostanze. E ciò non solo in forza degli eventuali ed auspicabili "protocolli di legalità" e attraverso l'azione di quanti ne siano stati i soggetti contraenti, ma prima di tutto nell'ambito del coordinamento che la normativa vigente vorrebbe affidato ai prefetti e in particolare a quel Comitato provinciale della pubblica amministrazione (articolo 17 legge 12 luglio 1991, n.203) che non risulta essere funzionante. Un ruolo convergente deve essere esercitato dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti che si rende necessario utilizzino le possibilità loro date dalla legge di effettuare anche a mezzo della Guardia di finanza mediante ispezioni e accertamenti diretti presso le pubbliche amministrazioni e i terzi contraenti o beneficiari di provvidenze finanziarie a destinazione vincolata (l. 203/1991, articolo 16, comma 3).
Si rende, infine, opportuno che tra le istituzioni preposte alla applicazione della legge Merloni, la Direzione nazionale antimafia e le Direzioni distrettuali antimafia, la DIA, i Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, i comandi delle tre forze preposte alle attività di indagine e di prevenzione antimafia, il servizio antiriciclaggio dell'Ufficio italiano dei cambi, si elabori un programma comune e coordinato sulla attuazione della legge Merloni, adeguato alle particolari condizioni della Calabria, alle specifiche caratteristiche della aggressione e infiltrazione 'ndranghetista rispetto agli appalti e delle collusioni e disfunzioni registrate all'interno della pubblica amministrazione, alla necessità di rimuovere le condizioni che in tutti questi anni si sono opposte (e ancora si oppongono) ai tentativi di risanamento e di rinnovamento del settore quali per esempio l'Osservatorio regionale deliberato dall'allora presidente della Regione Donato Veraldi.


Pag. 207

7. Eliminare l'abuso mafioso del gratuito patrocinio.

Dalle audizioni dei magistrati delle Direzioni distrettuali antimafia di Torino e di Milano, nonché dalla relazione trasmessa dalla Direzione nazionale antimafia, è emerso come le organizzazioni criminali calabresi facenti capo alla 'ndrangheta abbiano iniziato, almeno a partire dal 1996, ad utilizzare sapientemente una legge dello Stato a fini di autofinanziamento.
Si fa riferimento alla legge 30 luglio 1990, n. 217, che istituisce il patrocinio gratuito ai non abbienti, al fine, certamente condivisibile, di assicurare in concreto il diritto di difesa ai cittadini che, in relazione alle proprie comprovate condizioni economiche disagiate, non siano in grado di sostenere le spese, ormai divenute ingenti, relative alla propria difesa nel processo penale.
La legge ha innovato la precedente disciplina in materia, abrogando le commissioni che avevano il compito di valutare le richieste di ammissione al gratuito patrocinio ed ha introdotto una disciplina assai più agevole per chi intende accedere ai benefici economici previsti.
In sostanza, è ormai competente a decidere il giudice procedente, sino alla Corte di Cassazione, e la decisione è vincolata (il giudice ammette...), una volta che risultino presentate le certificazioni e le dichiarazioni di cui agli artt. 3 e 5 della predetta legge. Il giudice non ha alcun potere di svolgere indagini o accertamenti sulle effettive condizioni economiche dell'interessato, né di richiedere informazioni ad organi di polizia, ad uffici tributari o ad altri enti (camere di commercio, conservatorie, ecc.).
La legge prevede inoltre che solo dopo l'emissione del provvedimento ammissivo, il giudice trasmette il proprio provvedimento e la documentazione allegata all'Intendente di Finanza del luogo (oggi Direzione Regionale delle Entrate), il quale ha il compito di verificare l'esattezza delle dichiarazioni e della documentazione esibita, con facoltà di richiedere alla Guardia di finanza la verifica della posizione fiscale dell'istante, del coniuge e dei familiari conviventi. Nel caso di comprovata falsità dei dati dichiarati l'Intendente di Finanza potrà richiedere la revoca o la modifica del provvedimento, ma non oltre cinque anni dalla data di definizione del procedimento nel corso del quale è stato concesso il gratuito patrocinio (artt. 7 e 10).
Sarebbe interessante accertare in quali e quanti casi l'Intendente di Finanza ha richiesto la revoca e che tipo di accertamenti ha operato, ma è da ritenere che non si sia in presenza di dati statisticamente apprezzabili. Il fatto è che le Direzioni regionali delle entrate e i Nuclei di polizia tributaria delegati a svolgere gli accertamenti, interpretano, a loro volta, in maniera restrittiva e formale, la normativa vigente (articolo 6, comma 3), sicché il controllo effettuato da tali organi rischia di ridursi anch'esso ad una verifica meramente cartolare della posizione fiscale e patrimoniale del soggetto (consultazione dell'anagrafe tributaria, visure catastali, ecc.) senza procedere invece a controlli sui redditi di fatto posseduti, compresi quelli di provenienza illecita o comunque non dichiarata.
Da tutta la procedura resta esclusa la figura del P.M., cui non deve essere richiesto alcun parere sulle richieste e cui non è concesso alcun potere di impugnativa dei provvedimenti in questione (in sostanza il


Pag. 208

potere di impugnativa è concesso solo al richiedente in caso di rigetto dell'istanza o di revoca, totale o parziale, del provvedimento).
Resta esclusa inoltre la possibilità di utilizzare i precedenti giudiziari e processuali, i dati eventualmente rilevabili dalle misure di prevenzione applicate, o da procedimenti pendenti e così via.
I tentativi compiuti da qualche organo giudiziario di procedere ad un minimo di attività istruttoria sono stati ritenuti illegittimi e la Corte Costituzionale ha ribadito la legittimità dell'attuale impianto normativo che esclude ogni ambito di discrezionalità da parte del giudice chiamato a decidere sull'ammissione al beneficio (186) .
Le conseguenze della concessione del gratuito patrocinio sono notevoli, in quanto non si limitano al pagamento (a titolo di anticipazione) delle spese legali, ma comprendono le spese relative al rilascio di copie degli atti processuali, il pagamento di consulenze tecniche di parte e di ufficio, le imposte di bollo e così via (articolo 4).
L'articolo 18 della legge prevede infine che, a partire dal secondo anno di applicazione della legge, il ministro della giustizia presenti al parlamento, ogni due anni, una relazione circa lo stato di applicazione della legge, anche al fine di consentire la verifica degli effetti prodotti e della necessità di tempestive modifiche.
Dimostrando grande duttilità e lungimiranza numerosi boss della 'ndrangheta hanno chiesto (ed ottenuto) di essere ammessi al gratuito patrocinio, producendo l'autocertificazione di cui sopra e, al più, una copia della dichiarazione dei redditi (nella quale non sono di regola dichiarati i proventi delle attività illecite), con la conseguenza che lo Stato destina attualmente centinaia di milioni per ciascuno dei processi nei quali sono coinvolti i boss destinatari del suddetto beneficio. Ed è stupefacente rilevare come l'utilizzazione del beneficio sia avvenuta, quasi simultaneamente, in varie sedi giudiziarie e precisamente a Torino, a Milano, a Reggio Calabria (ma analogo fenomeno è stato segnalato con riferimento ai processi pendenti a Palermo a carico dei boss di Cosa nostra), quasi che si sia in presenza di una strategia coordinata. Accade così, come rileva efficacemente il responsabile della DDA di Torino, che tale meccanismo rischia "di sommergere lo Stato di spese e di ridicolo", e che "nel processo Cartagine, a coloro ai quali sono state applicate misure di prevenzione e sui quali pendono imputazioni di traffico internazionale e importazione di cocaina dalla


Pag. 209

Colombia, si stanno pagando ogni mese, alcune centinaia di milioni" (187).
Analoga peraltro la situazione segnalata dal P.M. Spataro della DDA di Milano, secondo il quale "la legge sul gratuito patrocinio sta diventando un meccanismo con il quale lo Stato finisce per pagare gli avvocati alla mafia. È bene che questo si sappia...Sta diventando - ed in progressione geometrica - l'escamotage con cui in tutta Italia - ne ho parlato anche con altri colleghi - gli imputati per delitti di mafia si fanno pagare gli avvocato dallo Stato. Non so se si possa escludere l'applicabilità del gratuito patrocinio ai processi di mafia; non abbiamo pensato a quali rimedi attuare, ma di sicuro la legge costituisce la strada con la quale i mafiosi si assicurano la difesa a spese dello Stato" (188).
Nel distretto di Reggio Calabria, è stato segnalato dalla DNA che hanno beneficiato del gratuito patrocinio personaggi come Libri Domenico, Imerti Antonino, Rosmini Bruno, Belfiore Salvatore, Gallico Domenico, Gullaci Salvatore. Si tratta di personaggi di rilevo della 'ndrangheta reggina, capi delle omonime cosche o con ruoli di rilievo nel settore del traffico degli stupefacenti e delle estorsioni.
Si impone dunque, a parere della Commissione, una revisione normativa che, almeno con riferimento ai processi di criminalità organizzata, preveda la possibilità di interventi e di controlli più stringenti idonei ad evitare l'uso, o meglio l'abuso, di un istituto a fini del tutto opposti a quelli per i quali era stato introdotto.
A questo proposito possono assumersi come ipotesi di lavoro le proposte formulate dalla DNA e trasmesse anche a questa Commissione, sempre con riferimento ai reati di cui all'articolo 51, comma 2 bis, c.p.p.:
A - Previsione dell'intervento del P.M. nel procedimento di ammissione al gratuito patrocinio, mediante parere motivato. Per la formulazione del parere il P.M. potrà richiedere agli organi di polizia dettagliate informazioni circa la situazione economica "effettiva" del richiedente, anche alla luce del tenore di vita, del possesso di beni mobili, come auto, telefoni mobili, gioielli, ecc, e di ogni altro segnalatore di ricchezza.
B - Previsione che anche il giudice, al quale è presentata la richiesta di ammissione, possa, di ufficio, richiedere informazioni con la previsione di un termine per il compimento dell'attività istruttoria e per il deposito del parere del P.M. e di un termine massimo (ad esempio trenta giorni) per la decisione.
C - Previsione per il P.M. della facoltà di proporre ricorso (o reclamo) avverso il provvedimento di ammissione, analogamente a quanto previsto dall'articolo 6, comma 4 L. 217/90, per il richiedente in caso di rigetto.
D - Previsione della facoltà di richiedere la revoca o la modifica del provvedimento di ammissione di cui all'articolo 10, comma 2, L. 217/90, tuttora riservata al solo Intendente di Finanza (oggi direttore


Pag. 210

della Direzione regionale delle entrate) anche al P.M., allorché vengano meno o, comunque, si modifichino, le condizioni che avevano consentito l'ammissione al beneficio, ovvero in tutti gli altri casi in cui risulti accertata una situazione incompatibile con il beneficio accordato.
E - Previsione tra le condizioni di ammissibilità al beneficio della circostanza di non avere mai avuto misure di prevenzione di carattere patrimoniale, di non avere mai nominato un secondo difensore, di non avere mai goduto di periodi di latitanza, di non avere mai posseduto auto blindate, di non avere mai avuto ricoveri in cliniche private (o almeno in un periodo antecedente un quinquennio alla richiesta).
Va infine rilevato che, proprio alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata e della normativa vigente, sarebbe possibile che gli Uffici finanziari e la Guardia di finanza dispongano, in sede di accertamento successivo al beneficio, controlli più incisivi , ai fini dei quali "assumono rilievo anche i redditi che provengono da attività illecite, poiché anche con riferimento a questi l'intendente di finanza può proporre al giudice la revoca o la modifica del beneficio e provocare gli effetti di recupero stabiliti dall'articolo 11 in favore dello Stato e l'applicazione delle sanzioni penali previste dall'articolo 5 comma 7 a carico dell'indebito beneficiario" (189).

8. Una task force sul raddoppio dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria.

Gravi e ravvicinati devono ritenersi i pericoli di inquinamento 'ndranghetistico, mafioso e camorristico delle opere di raddoppio e ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e di quelle relative all'impianto delle strutture e delle tecnologie previste per applicarvi quelle speciali condizioni di osservazione, controllo, e sicurezza che il programma sicurezza per il mezzogiorno predisposto dal governo prevede.
Questo allarme non deve limitarsi a una mera proiezione della esperienza storica, peraltro assai istruttiva, della costruzione della Salerno-Reggio Calabria, di cui è sufficiente qui richiamare l'autorevole sintesi che da tutti i suoi documenti è stata tratta : "L'autostrada che doveva servire a rompere un antico isolamento della regione fu utilizzata dai mafiosi calabresi per arricchirsi e per accrescere il loro potere. Contribuì a ciò il singolare comportamento delle imprese del nord le quali, prima ancora di iniziare i lavori, avvicinarono i capibastone e trattarono direttamente con loro le mazzette da pagare in cambio di protezione, la guardiania sui cantieri, eccetera (190).
L'allarme va tratto soprattutto dai diffusi esempi più recenti di tentativi di infiltrazione nelle opere pubbliche messi in atto dalla criminalità organizzata e deve essere riferito sia alle migliaia di miliardi programmati sia alla specifica natura dei lavori previsti. Infatti il campo dove è stata già diffusamente segnalata e comprovata


Pag. 211

la insistenza di imprese legate ad organizzazioni criminali direttamente o indirettamente - attraverso intermediari e prestanome- , e in varie forme - anche, all'apparenza, ineccepibili sotto il profilo della legalità e del rispetto di ogni regola del procedimento di gara -, è proprio quello degli sbancamenti e del movimento terra, del trasporto e dell'impiego di inerti, del commercio e del trattamento dei prodotti cantieristici e innanzitutto del cemento. A questi elementi un altro se ne aggiunge ad accrescere l'allarme per il prevedibile attacco mafioso: il controllo 'ndranghetistico e camorristico del territorio in cui vanno, e andranno, a dislocarsi i cantieri costituisce un contesto particolarmente adatto ad organizzare l'intimidazione, l'atto estortivo, il caporalato, l'imposizione (ovvero la messa in pericolo) di mezzi meccanici e di lavoratori, il lavoro nero, il sottosalario, la negazione delle norme che tutelano la vita , la salute, e i diritti nei luoghi di lavoro.
In considerazione tanto della grande rilevanza dell'opera quanto della estensione e della storia del territorio investito, si propone:
1) una verifica delle misure programmate dalla stazione appaltante per la prevenzione e, almeno per la loro fase iniziale, già oggetto dell'esame compiuto due anni fa dalla Commissione parlamentare antimafia con i vertici dell'ANAS in occasione del sopralluogo a Salerno.
2) la costituzione di una task force che guardi alla gara, alla aggiudicazione, alla esecuzione delle opere. Una task force formata da personale qualificato da particolari professionalità o specializzazioni, dotata di supporti tecnologici ed informatici adeguati, attrezzata al monitoraggio continuo dell'insieme dei lavori (e di ogni loro fase), e a quel particolare monitoraggio mirato previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 252/1998 sulle "situazioni a rischio". Una task force preposta sia alla analisi di alta qualità dei dati relativi ad ogni impresa a qualsiasi titolo interessata ad essi o a parte di essi, sia alla individuazione dei pericoli e della prevenzione di presenze, interventi o condizionamenti mafiosi, sia all'organizzazione dell'intervento diretto nei cantieri. Non una speciale autorità o un alto commissariato, né altra entità amministrativa che richieda una normativa nuova. Soltanto, e semplicemente, un organismo riferito a due strutture già collaudate ed operanti, quali le prefetture territorialmente competenti e la DIA, e, più precisamente, un gruppo interforze, multidisciplinare, e di alta professionalità, operante nell'ambito della DIA (o del suo Reparto Investigazione Preventiva) e alle dipendenze del suo direttore:
- delegato dai prefetti ad esercitare non solo i loro ordinari poteri di verifica antimafia ma soprattutto quei penetranti poteri di accesso già dell'Alto commissario, loro delegati dal ministro dell'interno con il DM del 23 dicembre 1992
- collegato con le articolazioni territoriali della DIA, con le prefetture e i comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica
- dotato delle informazioni e collaborazioni che dovranno ad esso assicurare gli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria, l'anagrafe tributaria e il suo sistema informatico, le diverse strutture territoriali di tutte le forze di polizia, e, in particolare, le questure, con particolare riferimento alla conoscenza da queste acquisita, e man mano aggiornata, delle risultanze sia dell'applicazione della legge


Pag. 212

Mancino sia del lavoro svolto dalle Sezioni misure di prevenzione personali e patrimoniali
- aperto alle forme di collaborazione che si riveli via via più opportuno o necessario avere con magistrati della Corte dei Conti o dare alla Direzione distrettuale antimafia (o alla DNA per l'eventuale coordinamento delle DDA quando intelligence e prevenzione dovessero determinare indagini di polizia giudiziaria).
Le opere e i lavori relativi alla realizzazione o all'ammodernamento dei collegamenti dell'interno e della costa con la Salerno-Reggio Calabria si propone vengano ricompresi nel campo della intelligence e della prevenzione che si è fin qui indicato di affidare alla task force.

9. Giustizia e sicurezza, prevenzione e repressione - la domanda sociale di una presenza nuova dello Stato.

L'operazione "Armonia" ha messo in luce gli straordinari risultati di conoscenza, di prevenzione e di repressione, che possono essere conseguiti, e il ruolo sempre più determinante dell'impiego di più alte e appropriate professionalità e tecnologie. Ciò rende ancora più urgente la necessità di superare le gravi carenze opportunamente denunciate dal dott. Ledonne che, nell'incontro con la Commissione antimafia a Crotone il 7 marzo, riferendosi alla mancanza di strutture investigative adeguate, della strumentazione necessaria ad aggiornare le mappe delle organizzazioni criminali, a effettuare intercettazioni e a registrare e localizzare i movimenti delle cosche gli spostamenti, e, perfino, proponendo "perché non cambiare frequentemente le macchine di copertura?", ha chiesto: "metteteci in condizione di fare il nostro dovere".
Sono proprio i successi della azione di conoscenza e di contrasto a mettere in evidenza le arretratezze e le inadeguatezze del controllo di legalità, e della organizzazione complessiva delle forze e degli strumenti di prevenzione e di repressione.
Il primo imperativo è uscire dalla emergenza giustizia non più sostenibile in cui sta precipitando la Calabria. Una emergenza che minaccia di risolversi in crisi della legalità e della democrazia.
Si è arrivati ad un punto tale che non sono più possibili, e si rivelerebbero del tutto inefficaci, provvedimenti di "congiuntura". È necessario andare alla radice del riprodursi strutturale della emergenza, e considerare la spesa per la giustizia nella Calabria non come un costo ma come un abbattimento di costi economici e sociali sempre più elevati e come eliminazione di ostacoli gravi allo sviluppo.
Le condizioni e i tempi della giustizia civile si confermano, infatti, come una delle remore più forti a investire o a impiantare o a mantenere attività produttive in Calabria. È tra i primi handicap segnalati nelle propensioni/preoccupazioni manifestate dai possibili investitori esterni alla Calabria, di altre regioni o di altri paesi. La crisi della giustizia civile, le disfunzioni e i tempi della giustizia del quotidiano, spingono alla giustizia privata e a quel "far da sé" che aprono il campo alla mafia, o in quanto sono i mafiosi ad esserne indotti a intervenire direttamente, o in quanto i cittadini non tutelati


Pag. 213

nei propri diritti dallo stato vengono rigettati nel sistema di compravendita dei diritti, nello scambio diritti / favori«/I», nella ricerca della protezione o dell'intermediazione mafiosa. Per queste ragioni le innovazioni e gli interventi indispensabili al funzionamento della giustizia civile devono programmarsi come prioritari e non possono più ritenersi di seconda linea o di secondo tempo rispetto a quelli necessari alla effettività e alla efficacia della azione penale.
Alla valutazione e alla scelta del "che fare" occorre procedere sulla base di una verifica critica di quale scarto si sia determinato (e per quali ragioni) tra gli interventi degli ultimi cinque anni sugli uffici giudiziari calabresi e gli esiti della specifica ricognizione effettuata in Calabria dal Consiglio Superiore della Magistratura nel 1995 :"...La Commissione criminalità organizzata, recentemente istituita, individua come primo
campo di intervento gli uffici giudiziari di Reggio Calabria" in quanto essi "versano in una situazione drammatica e allarmante a causa di una così grave carenza di risorse umane e di strutture materiali da far paventare il rischio che diventi impossibile l'espletamento della fase dibattimentale di importanti processi contro la «'ndrangheta», alcuni dei quali di importanza storica per le connessioni, che per la prima volta portano alla luce, tra crimine organizzato, massoneria e settori del mondo politico-istituzionale" (delibera adottata nell'adunanza plenaria del 21 settembre 1995).
La verifica critica della inadeguatezza degli interventi effettuati rispetto ad un giudizio e ad un allarme così gravi, dovrebbe con particolare attenzione considerare come, a circa un anno e mezzo di distanza, risultava pienamente confermata, e perdurante, la gravità estrema della situazione, come attestano tanto la Commissione parlamentare antimafia, con l'audizione, l'11 marzo 1997, del vicepresidente e dei presidenti della terza, settima e decima commissione del CSM, quanto la risoluzione sulla 'ndrangheta adottata due mesi dopo dal CSM medesimo.
Il quadro degli interventi successivi e della loro assoluta insufficienza rispetto all'aumento effettivo della straordinaria domanda di giustizia della Calabria, è stato tracciato nella "relazione sui problemi posti alla amministrazione della giustizia dalla criminalità organizzata in Calabria" approvata dall'assemblea plenaria del CSM il 21 luglio 1999.
L'analisi della situazione dei distretti di Reggio Calabria e di Catanzaro è drammatica, non solo per la "complessiva grave carenza di magistrati con una media statistica di scopertura ben superiore alla media nazionale", ma soprattutto per il triplice confronto delle strutture e degli organici di ogni ufficio requirente e giudicante (le piante e il grado della loro copertura/scopertura) sia con le strutture e i movimenti della criminalità organizzata, sia con le nuove inchieste e i processi in corso, sia con la necessità di "rendere stabili i positivi risultati che la magistratura, con la fattiva collaborazione delle forze dell'ordine ha ottenuto negli ultimi anni" : "la fisionomia e l'andamento del fenomeno criminale sono ben chiari nella loro complessiva articolazione - la criminalità organizzata opera in Calabria ad alti livelli di forza economica e politica - e nell'evidente tendenza ascendente. La risposta della magistratura, ammirevole per l'impegno complessivo


Pag. 214

che la sostiene, e pur approdata a risultati che confortano per la inversione di tendenza che esprimono, non tranquillizza se vista nella proiezione temporale in cui vanno realisticamente collocate le distinte complessive «forze alternative in campo»".
Da questa sintetica, e dal quadro analitico ricostruito attraverso le vive testimonianze che la Commissione ha raccolto direttamente in Calabria e che sono state qui ampiamente citate nel capitolo dedicato a "la risposta degli apparati dello Stato", la prima conclusione che appare indispensabile è l'urgenza di un consistente aumento degli organici, di una loro rideterminazione coerente con l'analisi delle dimensioni e della pericolosità della rete 'ndranghetistica, con la valutazione dei carichi di lavoro effettivi, dei problemi nuovi posti dai dibattimenti, dagli squilibri tra requirenti e giudicanti, dal sottodimensionamento del GIP e della struttura amministrativa del suo ufficio rispetto a contenuti e ritmi del lavoro investigativo delle DDA e delle Procure ordinarie. Alla revisione degli organici devono accompagnarsi un aumento di incentivi e benefici non solo per gli uditori giudiziari con funzioni, ma soprattutto per i magistrati esperti, nuovi investimenti nelle strutture di supporto, nella professionalità e nelle dotazioni del personale, nella sicurezza (191).
Urge una risposta ai problemi posti e alle indicazioni date al governo e al parlamento nella relazione del CSM del 21 luglio, una risposta non "di emergenza" ma mirata a conferire all'intervento "ordinario" quella straordinarietà imposta da una realtà straordinaria che non può essere affatto minimizzata e che a ragione viene proposta come una questione nazionale e democratica : "non si esagera affermando che l'accertato tasso di pericolosità delle cosche criminali che operano nella regione calabra non solo impedisce la compiuta affermazione della legalità ma mette in discussione la stessa tenuta dell'articolazione democratica del sistema sociale considerato e nelle sue dinamiche interne e nei rapporto con le istituzioni pubbliche".
Verifica critica, revisione ed elevamento del numero e della qualità di forze e strumenti di controllo del territorio, di prevenzione e di repressione devono, allo stesso modo, evitare di essere l'ennesimo "aggiustamento" degli assetti precedenti delle forze di polizia, e guardare piuttosto ai nuovi effettivi carichi di lavoro così come sono definibili attraverso la valutazione combinata:
- dei compiti nuovi e dai traguardi impensati posti proprio dai successi che esse stesse hanno conseguito,
- del movimento reale e delle tendenze della criminalità organizzata,
- dei patrimoni, degli investimenti, e dei movimenti finanziari inesplorati,


Pag. 215


- della rete dei collegamenti da e per la Calabria tra le cosche operanti nelle cinque province e gli insediamenti di 'ndrangheta disseminati sul territorio nazionale e all'estero
- dei pericoli cui sono esposte le ingenti risorse e i nuovi strumenti di intervento pubblico che il governo ha attivato.
Si ritiene infine che la metodologia e le misure proposte per gli uffici giudiziari e per le forze dell'ordine debbano comprendere l'area dello Stretto e Messina. La ragione di questa esigenza (da soddisfare insieme all'indispensabile opera di "risanamento" degli uffici) non sta solo nelle recenti denunce e richieste avanzate dal procuratore della Repubblica di Messina dott.Luigi Croce e in alcune connessioni mafiose messe in luce nella operazione "Armonia" qui più volte citata. La ragione sta anche e soprattutto nella estrema gravità delle questioni, e del "sottodimensionamento" di strutture giudiziarie e apparati investigativi, che la Commissione parlamentare antimafia ha avuto modo di riscontrare in occasione del suo ennesimo recente sopralluogo a Messina, a conferma di come questo territorio sia al tempo stesso una riserva e un prolungamento delle cosche reggine e si sia venuto configurando quale "zona franca" della 'ndrangheta e luogo di migrazioni e riciclaggi degli "uomini d'onore" di Palermo (192).
Si è già detto che le maggiori criticità appaiono riconducibili alla sostanziale mancata attuazione della legge Mancino, tuttora priva di adeguata "copertura amministrativa", per la constatata mancanza di specifiche istruzioni ministeriali, di adeguate procedure informatiche e di sufficiente sensibilità da parte degli operatori (Questori).
Ma anche l'azione di organismi come il Consiglio provinciale della pubblica amministrazione è apparsa incerta, se non inesistente: le conclusioni della relazione (approvata con voto unanime dalla Commissione) sulle infiltrazioni mafiose nei cantieri navali di Palermo sembrano puntualmente confermate dalla vicenda del porto di Gioia Tauro, che pure sembra testimoniare l'inadeguatezza dell'azione degli organismi periferici dell'amministrazione dell'Interno.
Inoltre, nel corso dei lavori, si è andata sostanziando la percezione che i particolari e penetranti poteri delegati ai prefetti dopo lo scioglimento dell'Alto Commissariato antimafia non siano stati mai effettivamente esercitati, forse perché privi di un'adeguata considerazione.
Pur senza volere giungere a conclusioni generaliste, può dirsi che, in plurime circostanze, si è percepito un non sempre perfetto aggiornamento


Pag. 216

professionale (salvo significative eccezioni) da parte delle autorità preposte all'attuazione del dispositivo antimafia.
Ferma restando la necessità di approfondire adeguatamente, nel contesto dei futuri lavori della Commissione, le problematiche appena toccate, in via preliminare e su di un piano eminentemente collegato all'azione politica del Governo, si delinea l'opportunità di avviare in Calabria un programma straordinario di formazione professionale, specificamente orientato all'aggiornamento pratico e teorico delle conoscenze e delle prassi applicative nel settore della legislazione antimafia, e destinato, prioritariamente, alle forze di polizia e al personale dell'amministrazione dell'Interno.
Il carattere straordinario e contingente dell'iniziativa imporrebbe l'adozione di un apposito autonomo modulo organizzativo (una vera e propria task force), facente capo al Ministro.
Un'apposita procedura di auditing dovrà accompagnare tutta l'iniziativa e valutarne i risultati e l'impatto presso gli uffici interessati.
Questa proposta si caratterizza per la straordinarietà dell'intervento (il tema della formazione ad hoc potrà essere progressivamente riaffidato alle ordinarie strutture), ma soprattutto per l'urgenza, ponendosi, in riferimento ad arco temporale non superiore a dodici mesi, l'obiettivo dell'aggiornamento professionale di tutto il personale operativo nelle province calabresi.
Particolare attenzione dovrebbe essere dedicata agli uffici periferici coinvolti al fine di assicurare le necessarie dotazioni in termini di retribuzione lavoro straordinario e di apparecchiature informatiche e didattiche.
Infine, nell'ottica del contrasto all'accumulazione e alla circolazione di capitali sporchi, appare altrettanto necessaria la messa in campo di programmi specifici (193) - e straordinari - di addestramento e formazione del personale degli intermediari finanziari operanti in Calabria.
Un tale intervento, in una moderna e razionale pianificazione di sinergie tra Stato e società civile (si pensi, ad esempio ai contributi che sul tema possono provenire dall'ABI), può notevolmente concorrere allo sviluppo di un progetto di liberazione dal crimine dell'economia della regione.


(174) Cfr. , per tutti, E.CICONTE , 'ndrangheta dall'unità ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 1992 e la bibliografia ivi contenuta.
(175) 1 La struttura ed i lavori del Patto di stabilità si articolano in tre "Tavoli": 1) democrazia e diritti umani; 2) ricostruzione e sviluppo economico;3) sicurezza (articolato, a sua volta, in due "sottotavoli": 1) giustizia e affari interni; 2)sicurezza e difesa).Anche se la questione della lotta contro la criminalità è devoluta in particolare all'agenda del "Tavolo" dedicato alla sicurezza, a presidenza della Svezia, e al suo "sottotavolo" giustizia e affari interni, a presidenza della Francia, la definizione degli obiettivi e degli strumenti capaci di garantire l'interdipendenza tra ricostruzione dei Balcani e liberazione dell'intera area dagli insediamenti e dai traffici della criminalità organizzata dovrebbe diventare oggetto trasversale di tutti e tre i "Tavoli" del Patto, così come già è per la questione della lotta alla corruzione non riservata ad un singolo "Tavolo". La Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli affari esteri dovrebbero affidare ai propri rappresentanti nel Patto di stabilità il compito specifico di fare assolvere all'Italia, anche per la responsabilità particolare che le deriva dal presiedere il "Tavolo" ricostruzione e sviluppo economico, il ruolo di rendere la priorità della lotta contro le mafie una condizione degli obiettivi internazionali della sicurezza, della stabilità, dello sviluppo dei Balcani e della prospettiva della loro integrazione nell'Unione Europea. Sicurezza, stabilità, e sviluppo dell'intera regione non potranno infatti aversi se il confine tra le istituzioni e le organizzazioni mafiose padrone dei traffici, delle rotte e delle dogane continuerà ad essere così labile e incerto come si è rivelato in ciascuno degli stati, che sono emersi dalla sanguinosa disgregazione della Jugoslavia e che si sono sempre più rivelati come dipendenti da un sistema di economia criminale . Le mafie d'oltreadriatico sono state l'unico soggetto unificante della regione che, lungi dall'essere colpito dai conflitti etnici, ha usato le guerre e lo stesso regime delle sanzioni e ha dimostrato grande interesse alle guerre e alla economia di guerra, ai nazionalismi e alle secessioni (per es. del Kosovo e del Montenegro), al fine di potere arricchirsi e rafforzare la organizzazione dei propri doppi legami con le mafie ucraine, russe, turche, e di altri paesi orientali, e con le mafie italiane.
(176) Nell'incontro della Commissione con il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, la relazione svolta dal Prefetto di Crotone ha espresso questa valutazione: "la fascia costiera del crotonese, soprattutto in conseguenza della maggiore vigilanza delle coste pugliesi, potrebbe diventare la via alternativa degli sbarchi clandestini e dei traffici di stupefacenti". Ciò appare sufficiente a ritenere più che fondate e urgenti le richieste argomentate nella relazione del Prefetto per il potenziamento dei presìdi (in particolare nei territori di Isola di Capo Rizzuto-Cutro e di Cirò Marina, e nella frazione di Papanice) e per il rafforzamento dell'attività investigativa.
(177) Assai indicative sono due delle tante intercettazioni ambientali che sono alla base della operazione "Armonia" della DDA di Reggio Calabria e che sono riferite alla organizzazione di sbarchi. In una di esse, che registra un colloquio tra due mafiosi accusati, si sentono (novembre 1998) due affermazioni significative da uno dei trafficanti di cocaina, il pluripregiudicato Versaci, alias "u Principinu" o "u Marchesinu", rivolto a un altro pluripregiudicato, e accusato di appartenere alla struttura di comando della 'ndrangheta denominata "Crimine", Leo Zappia, nipote di Giuseppe Morabito detto "Tiradritto" : "...non ci sono problemi, noi possiamo scaricare DOVE VOGLIAMO. Qua l'impegno per scaricare ce l'ho io....", e "...me ne vado in JUGOSLAVIA e porto un paio di chili....". Due giorni dopo, sulla costa antistante le case di Africo la Guardia di finanza trovava una imbarcazione abbandonata nella notte e in perfetta efficienza dalle medesime caratteristiche di quella che si era sentito richiedere nel colloquio intercettato (cfr. p 17 e pp.587-594).
La seconda intercettazione ambientale registra un dialogo (gennaio 1999) tra Pansera e Priolo dal quale si evince "un imponente traffico d'armi e di stupefacenti" e si hanno riferimenti diretti ad "uno sbarco da organizzare" e ad un imminente arrivo di Uzi, le mitragliette di fabbricazione israeliana, già oggetto di un altro dialogo registrato nei giorni precedenti tra il Pansera e un altro interlocutore. Le pistole mitragliatrici sembravano servire da "merce di scambio per l'acquisto dello stupefacente" (cfr. p.144, e pp.138-144).La zona dello sbarco era quella di Capo Spartivento ("...lo sbarco si faceva a Capo Spartivento!", e "a Capo Spartivento SONO SEMPRE SBARCATI") e a loro ne era assegnato il controllo lungo il segmento corrispondente della strada statale 106 (cfr p 134).
(178) Un esempio viene ricordato nel documento dello SCICO della Guardia di finanza su "I»Le società finanziarie "piramidali" albanesi nel contesto della crisi economico-sociale e istituzionale dell'Albania«/I" (n.11304, 10 febbraio 2000) : la Vefa Holding e la corrispondente Vefa Italia S.r.l. già indagate dalla DDA di Lecce nell'ambito di procedimenti penali per associazione mafiosa e riciclaggio.
(179) A proposito dei finanziamenti pubblici relativi a contratto d'area e a sovvenzione globale, nell'incontro della Commissione con il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 7 marzo 2000, la relazione svolta dal Prefetto di Crotone ha avvertito che le conseguenti attività saranno «oggetto delle interessate attenzioni dei clan locali, particolarmente nell'ambito delle attività di cantiere», ed ha in questi termini illustrato l'organizzazione del contrasto: «Al fine di fronteggiare lo specifico pericolo, la Prefettura, d'intesa con la DDA di Catanzaro e la Procura della Repubblica, ha costituito un gruppo di controllo interforze, integrato con funzionari e ispettori dell'ASL n. 5, del Servizio Ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro, delÌINPS e dell'INAIL, il quale provvederà ad effettuare verifiche globali sulle attività di cantiere via via che le stesse saranno attivate». Questo controllo tocca un luogo, un momento, una forma, assai diffusi e certamente decisivi e determinanti per come dentro l'attività di cantiere l'intervento mafioso si materializza attraverso il subappalto, il movimento terra, le forniture, il caporalato, la confusione tra nolo a caldo e nolo a freddo. Ma i luoghi, i momenti e le forme della intercettazione mafiosa dell'investimento pubblico sono assai vari, e da contrastare tutti, anche al fine di evitare che mentre si cerca nel cantiere, dove potrebbe anche non trovarsi nulla, l'intervento mafioso è fatto in banca, come proprio a Crotone è avvenuto per il denaro dell'AIMA.
(180) "la diffusione di forme di controllo criminale del territorio e delle attività economiche fanno sì che le imprese locali siano «costrette» ad internalizzare mercato, ossia ad aumentare il loro grado di autoreferenzialità produttiva e organizzativa, sia per far fronte alle incertezze e alle ostilità ambientali, sia per ridurre i costi di transazione connessi ad un eventuale maggior grado di apertura interaziendale delle loro imprese."(p.31).
(181) "Così come in passato l'intervento pubblico ha sostenuto e rafforzato la riproduzione della separatezza sociale, istituzionale e produttiva - la 'via alla solitudine' - per i prossimi anni la spesa pubblica dovrà giocare il ruolo di catalizzatore e facilitatore del gioco cooperativo, dell'utilità sociale degli investimenti infrastrutturali, dell'interazione infra e inter-regionale, del potenziamento delle capacità di fare da sé, della domanda sociale di sviluppo" (p. 45).
(182) "I trasferimenti assistenziali alimentano la passività sociale e imprenditoriale, il circolo vizioso della bassa produttività, la deresponsabilizzazione istituzionale, la precarietà occupazionale, il clientelismo, la marginalità economica e sociale".
(183) Elenco delle banche che risulta non abbiano effettuato alcuna segnalazione di operazioni sospette alla data del 3 marzo 2000 (Fonte UIC)
1 ALLEANZA ASSICURAZIONI S.P.A.
2. ASSITALIA SIASI
3. AXA ASSICURAZIONI S.P.A.
4. B.C.C. DI MONTEPAONE
5. B.N.C. ASSICURAZIONI S.P.A.
6. BANCA DI CRED. COOP DI CARLOPI
7. BANCA DI CRED. COOP. DI MAIERATO
8. BANCA DI CRED. COOP ALTO TIRRENO DELLA CALABRIA - VERBICARO
9. BANCA DI CRED. COOP CARLO DE CARDONA - CALOPEZZATI
10. BANCA DI CRED. COOP DELLA MEDIA MAGNA GRECIA SCRL
11. BANCA DI CRED. COOP DELLA SILA PICCOLA - TAVERNA
12. BANCA DI CRED. COOP DI ALBIDONA
13. BANCA DI CRED. COOP DI DIPIGNANO
14. BANCA DI CRED. COOP DI SAN VINCENZO LA COSTA
15. BANCA DI CRED. COOP DI SPEZZANO ALBANESE
16. BANCA DI CRED. COOP DEL TIRRENO - SAN FERDINANDO
17. BANCA DI CRED. COOP DI COSENZA
18. BANCA DI CRED. COOP DI ISOLA DI CAPO RIZZUTO SCRL
19. BANCA DI CRED. COOP DI SCANDALE SCRL
20. BANCA DI CRED. COOP DELL'ALTO CROTONESE SCRL
21. BANCA DI CRED. COOP DI CITTANOVA
22. BANCA DI CRED. COOP DI ROTA GRECA SCRSL
23. BANCA DI CRED. COOP DI FILI
24. BANCA DI CRED. COOP DI TARSIA
25. BANCA DI CRED. COOP DI VILLAPIANA
26. BANCA DI CRED. COOP JONICA SCRL
27. BANCA MERCANTILE ITALIANA
28. BANCA POPOLARE DI CALABRIA
29. BANCA POPOLARE DI CASTROVILLARI E CORIGLIANO CALABRO SCRL
30. BANCA REGIONALE CALABRESE S.P.A.
31. BAYERISCHE S.P.A.
32. BERNESE VITA S.P.A.
33. BN FINRETE SIM S.P.A.
34. BNL INVESTIMENTI SIM S.P.A.
35. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI PERTRAFITTA
36. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI DASÀ
37. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI LUZZI
38. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI PIANOPOLI
39. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI SAN CALOGERO
40. CASSA RURALE E ARTIGIANA DI SCIGLIANO
41. CASSA SOVV. RISP. FRA PERSONALE B. ITALIA
42. COMMERCIAL UNION INSURANCE S.P.A.
43. CREBER S.P.A.
44. DIVAL VITA S.P.A.
45. E. TR. ESAZIONE TRIBUTI S.P.A.
46. EUROMOBILIARE INVESTIMENTI SIM S.P.A.
47. F.A.T.A. S.P.A.
48. GAN ITALIA S.P.A.
49. GAN ITALIA VITA S.P.A.
50. GENERALI ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A.
51. I.N.A. IST. NAZIONALE ASSICURAZIONI S.P.A.
52. IL DUOMO ASSICURAZIONI
53. ITALIANA ASSICURAZIONI S.P.A.
54. L'ITALICA.
55. LA FIDUCIARIA S.P.A.
56. LA FONDIARIA ASSICURAZIONI S.P.A.
57. LA NATIONALE ASSICURAZIONI
58. LA PREVIDENTE VITA S.P.A.
59. LAVORO E SICURTÀ
60. LEVANTE ASSICURAZIONI S.P.A.
61. LEVANTE NORDITALIA S.P.A.
62. LLOYD ADRIATICO S.P.A.
63. MEIE ASSICURAZIONI S.P.A.
64. MEIE RISCHI DIVERSI S.P.A.
65. MEIE VITA S.P.A.
66. MERCURY S.P.A.
67. MILANO ASSICURAZIONI
68. NUOVA MAA ASSICURAZIONI
69. NUOVA TIRRENA S.P.A.
70. POLARIS ASSICURAZIONI S.P.A.
71. POLARIS ASSICURAZIONI S.P.A.
72. POSTE ITALIANE S.P.A. - DIVISIONE SERVIZI FINANZIARI
73. PRUDENTIAL VITA S.P.A.
74. RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTÀ RAS
75. S.I.A.D. S.P.A.
76. SAI SOCIETÀ ASSICURATRICE INDUSTRIALE S.P.A.
77. SARA ASSICURAZIONI S.P.A.
78. SARA VITA.
79. SERI ASSICURAZIONI S.P.A.
80. SOCIETÀ CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SRL
81. SOCIETÀ REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI
82. TORO ASSICURAZIONI S.P.A.
83. UAP ITALIANA S.P.A.
84. UAP VITA S.P.A.
85. UNIASS ASSICURAZIONI S.P.A.
86. UNIONE SUBALPINA DI ASSICURAZIONI TORINO
87. UNIPOL S.P.A. SERV. SW ARCA ASS. LIQUIDATIVA
88. UNIVERSO ASSICURAZIONI
89. UNIVERSO VITA
90. VITTORIA ASSICURAZIONI S.P.A.
91. WINTERTHUR ASSICURAZIONI S.P.A.
92. WINTERTHUR VITA S.P.A.
93. ZURIGO COMPAGNIA DI ASSICURAZIONI S.A.
(184) Ai fini di una più attenta valutazione e del superamento delle resistenze che ancora si oppongono agli "osservatori" e alla rete tra loro è di interesse generale, ma anche più diretto della lotta contro le organizzazioni mafiose nella Calabria, segnalare una grave denuncia fatta dal Prefetto di Messina in occasione dell'ultimo sopralluogo lì fatto dalla Commissione (.....): la stragrande maggioranza delle stazioni appaltanti del messinese - prime tra tutte il Comune capoluogo e la Provincia, e il Provveditorato regionale alle Opere Pubbliche - non hanno dato risposta alla lettera del .... Gennaio 1999, con cui il Prefetto chiedeva loro i dati relativi agli appalti elencati in un allegato semplice questionario. In considerazione dei poteri di accesso dell'Alto Commissario trasferiti al Ministro dell'interno e da questi delegati ai prefetti con DM del 23 dicembre 1992, la illegalità denunciata dal Prefetto di Messina è di particolare gravità , appare come un atto di sovversivismo dall'alto per come si risolve in una difesa o copertura di fatto delle condizioni e dei meccanismi di permeabilità degli appalti, e per come svuota e vanifica la rete istituita tra le prefetture della Sicilia.
(185) Il Sindaco di Reggio Calabria ha fornito alla Commissione i seguenti atti:
* l'invito a comparire di persona indagata (art 375 cpp) del 14 dicembre 1999 ricevuto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria;
* una richiesta di notizie da parte della Polizia Giudiziaria (Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria) del 26 novembre 1999 sulle opere del progetto Urban già realizzate e su quelle ancora in corso, e la risposta data il 13 dicembre 1999 dal Settore lavoro sviluppo risorse UE del Comune di Reggio Calabria (con allegati della Stazione di soggiorno e turismo, dell'Assessorato alle politiche sociali, del Comitato interassessoriale di attuazione), contenente l'elenco delle opere previste e relativo stato di realizzazione attestato dai tecnici;
* una richiesta del progetto Urban e di ulteriori notizie da parte della medesima polizia giudiziaria del 3 gennaio 2000;
* il verbale della seduta del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica del 19 novembre 1999;
* tre lettere relative alle gare di appalto per i lavori del Progetto Integrato Centro Trasporti Pubblici e Servizi Annonari (importo L.42.500 milioni), vinta dalla A.T.I.C.G.P- CO.FO.R. :
1) del Sindaco al Prefetto e alla Commissione per il decreto Reggio" a Roma, dell'11 dicembre 1998;
2) del Prefetto al Sindaco del 9 gennaio 1999;
3) del curatore del fallimento dell'impresa Costruzioni Generali C.G.P. s.r.l. al Sindaco;
4) un appunto relativo alla partecipazioni di undici ditte di Favara (su un totale di 39 partecipanti) alla gara d'appalto per la realizzazione della rete di distribuzione idrica Rm 06 bandita il 25 Gennaio 1996, e le allegate rettifiche dei bandi di gara del 16 e del 19 febbraio 1996, contenenti un "accorgimento" finalizzato ad "impedire alle imprese di nome e non di fatto interessate alla gara e non a vincere la gara, di potervi partecipare;
5) il carteggio tra associazione industriali e Sindaco (lettere del 6 Ottobre 1995, 25 Gennaio 1995, 2 febbraio 1995), una lettera dei progettisti al coordinatore per conto del sindaco del 23 febbraio 1995, una lettera di informazione del Sindaco al Dipartimento Aree Urbane del 7 aprile 1995,documenti tutti relativi alle ragioni della suddivisione di un'opera pubblica del Decreto Reggio in lotti funzionali;
6) un decreto di sequestro della Direzione Distrettuale Antimafia del 4 gennaio 2000 dei seguenti documenti "presumibilmente depositati presso il Comune di Reggio Calabria negli uffici adibiti al Decreto Reggio":
7) due note del coordinatore ing.Alletti ai progettisti sui prezzi;
8) due analisi dei prezzi dei lavori di Parco Caserta e delle opere fognarie di alcuni quartieri;
9) il nulla osta della Edilizia asismica della Regione per costruzione di alloggi;
10) il contratto di appalto con l'impresa di Carriego Oliva per completamento di rete di distribuzione idrica
11) una richiesta della polizia giudiziaria (Comando provinciale dei Carabinieri) del 5 gennaio 2000 rivolta ad un dirigente di un settore dell'ufficio di ragioneria del Comune per notizie e documenti sul "recupero delle somme dovute dalla società Reggina Calcio";
12) una nota di stampa a firma del Sindaco Falcomatà del 7 gennaio 2000 che informa delle prima citate richieste di documentazione fatte in gennaio dalla polizia giudiziaria, del citato decreto di sequestro della Direzione Distrettuale Antimafia, e della richiesta degli inquirenti al Segretario generale del Comune di u n dettagliato elenco degli incarichi progettuali disposti dal Sindaco per lavori pubblici superiori a 200.000 ECU dall'1 giugno 1994 ad oggi, nota stampa a proposito della quale la Gazzetta del Sud del 9 gennaio 2000 commenta : "il tempo dirà se questo Sindaco è stato il Sindaco della svolta sul terreno della legalità oppure no. Ma una cosa è certa: che Italo Falcomatà è un uomo di coraggio tra una moltitudine di pavidi";
13) una corposa (62 fogli) rassegna stampa sulla inchiesta relativa alle opere del "decreto Reggio" dal 16 dicembre 1999 al 9 gennaio 2000.
14) Il parere pro veritate espresso dal prof. Aldo Tigano su richiesta del Sindaco di quale avrebbe dovuto essere "l'atteggiamento da tenere per il migliore interesse dell'Amministrazione".
Sulla controversa questione della suddivisione in lotti di alcune grandi opere, è da osservare che tale scelta era stata invocata dalle organizzazioni imprenditoriali e dai sindacati e che una opzione diversa avrebbe precluso in partenza alle imprese locali di partecipare agli appalti. A proposito della documentazione inviata alla Commissione dal prof. Falcomatà è da osservare come la Associazione degli industriali che ha chiesto al Sindaco la suddivisione in lotti di alcune grandi opere non risulta abbia fornito al Comune quelle informazioni e collaborazioni necessarie e utili ad una vigilanza contro le possibili infiltrazioni mafiose nelle imprese, nelle associazioni temporanee di imprese, nelle gare, e nella gestione degli appalti successiva alla aggiudicazione della gara.
(186) È manifestamente infondata, con riferimento agli articolo 3 e 24 Cost., la q.l.c. dell'articolo 3 1. 30 luglio 1990 n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti) nella parte in cui fissa come condizione per l'ammissione al beneficio la titolarità di un reddito risultante dall'ultima dichiarazione non superiore ad un determinato limite, senza prevedere la possibilità di accertamenti in ordine alle reali condizioni economiche e patrimoniali dell'istante e senza che sia consentito al giudice verificare se i suoi redditi siano alimentati da proventi di attività illecite desumibili anche dal suo tenore di vita. Invero (.) il pericolo che, a causa della limitatezza dell'accertamento che il giudice è chiamato a compiere in sede di ammissione al beneficio, possano prodursi le situazioni denunciate dal remittente è scongiurato dall'articolo 6 comma 3, in forza del quale l'istanza dell'interessato e il decreto di ammissione, unitamente alle dichiarazioni e alla documentazione allegate, devono essere trasmesse all'intendenza di finanza, perché possa verificare l'esattezza dell'ammontare del reddito attestato dall'imputato e disporre eventuali controlli anche a mezzo della Guardia di finanza; ed inoltre, in sede di successivo accertamento assumono rilievo anche i redditi che provengono da attività illecite, poiché anche con riferimento a questi l'intendente di finanza può proporre al giudice la revoca o la modifica del beneficio e provocare gli effetti recuperatori stabiliti dall'articolo 11 in favore dello Stato e l'applicazione delle sanzioni penali previste dall'articolo 5 comma 7 a carico dell'indebito beneficiano. (Corte costituzionale 27 novembre 1998, Ord. n. 386).
(187) Dalla audizione del P.M. dott. Marcello Maddalena nella riunione pomeridiana del 5 marzo 1998, pagg. 12-15.
(188) Dalla audizione del P.M. dott. Armando Spataro del 5 marzo 1998, p. 38.
(189) CORTE COSTITUZIONALE 27 NOVEMBRE 1998,Ord. n. 386.
(190) E. CICONTE, Processo alla 'ndrangheta, Bari, 1996, p. 40.
(191) Un particolare allarme è dato dalla citata relazione del CSM: «reteratamente sono stati verificati progetti di attentati a danno di magistrati da realizzarsi con mezzi micidiali», «circa l'imminente pericolo di attentati, un collaboratore ha fatto rinvenire un quantitativo impressionante di armi, anche pesanti, oltre ad esplosivo e a tre congegni per comandare l'esplosione di un ordigno a distanza», «per l'inizio di un processo che avrà luogo presso la Corte di Assise di Cosenza contro 105 imputati sono stati segnalati dalla polizia e confermati da collaboratori progetti di attentati».
(192) Numerose persistono le condizioni dell'"impunità oltre il traghetto" già oggetto della relazione del Presidente Del Turco. Il lungo tempo che passa tra le richieste di custodia cautelare e la decisione del gip anche per reati assai gravi e indagati di alta pericolosità sociale, il tempo ancor più lungo, perfino di anni, tra richiesta di rinvio a giudizio e decisione, il decorso di anni per il deposito delle motivazioni di sentenze o la anomala durata di dibattimenti costellati di rinvii in processi di mafia, le attese quasi interminabili in Corte di Assise di procedimenti a carico di mafiosi già condannati a pene elevate in primo grado e tuttavia in libertà di delinquere per decorrenza dei termini di custodia cautelare, il totale disarmo della Sezione misure di prevenzione del Tribunale dove le richieste di misure personali e patrimoniali attendono da anni una decisione, processi per omicidio o per gravi violazioni delle norme urbanistiche condotti e decisi da giudici onorari a causa dell'astensione quasi sistematica dei magistrati togati.
(193) Non mancano tracce di "politiche antiriciclaggio" all'interno del sistema bancario calabrese, anche agli albori della legislazione antiriciclaggio, quali ad esempio, alcune circolari del Comitato di Gestione della Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania (circ. 15 e 80 del 1989) riferite ai rapporti con soggetti inquisiti o sottoposti a misure di prevenzione.
Si trattava comunque di approcci isolati, avulsi da quel coordinamento indispensabile (vedasi, in argomento, la previsione di cui al comma 9 dell'articolo 3 della l. 5 luglio 1991, n. 197 e succ. modific.), a renderli adeguati alla gravità diei pericoli derivanti dall'inquinamento n'dranghetista del sistema finanziario locale.

Back Forward