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1. Il caso Gioia Tauro.
"... Si rischia di blindare la mafia.
Quando iniziammo questa indagine (...) portai ad esempio alcune mentine che la pubblicità rappresenta come il buco con la menta intorno.
A Gioia Tauro si era creata la mafia con la polizia intorno che blindava... (133)"
Gioia Tauro si ripropone come un caso emblematico.
E per molte ragioni:
- per la smentita, venuta dai fatti e da tutti i loro protagonisti, di quegli stereotipi che ancora riducono la 'ndrangheta e le organizzazioni mafiose a manifestazione di arretratezza e di sottosviluppo
- per il riprodursi di un avvertimento del pericolo e nel contempo di grandi sordità e incomprensioni di fronte ad esso, nella politica, nella amministrazione, e nella cultura: il pericolo che 'ndrangheta e mafia mirino ai punti più alti e anche nuovi dello sviluppo e tendano ad adeguarvisi e ad organizzare la propria modernizzazione per poterli raggiungere
- per un continuo ripetersi della storia, ora tragico ora farsesco, e di una rimozione, ovvero di una diffusa perdita del senso della storia, nella politica, nella amministrazione, e nella cultura: il riprodursi del dominio di una componente fissa e tuttavia dinamica, la 'ndrangheta, motore immobile di questa storia, di fronte a protagonisti delle scelte economiche politiche e istituzionali, consapevoli o indifferenti e cinici,
o ignari, che si sono resi partecipi, subalterni o comparse di questa storia, dai traffici internazionali degli olii e dei prodotti di una agricoltura ricca a fine ottocento e nei primi del novecento al vai e vieni delle merci sulle rotte internazionali sempre più intenso in questi ultimi quattro anni, dai "maxiprocessi del 1899, del 1903, del 1930 alle operazioni giudiziarie del tempo di cui qui ora ci occupiamo, dal patto scellerato tra grandi imprese nazionali e le 'ndrine della Piana per la costruzione dell'autostrada del sole, a quello per l'impianto del quinto centro siderurgico, a quello per la realizzazione ENEL della megacentrale a carbone, fino alla discesa dell'armatore e capitano di industria Angelo Ravano che per conto della Contship tratta con il "doppio stato": con la democrazia delle istituzioni nazionali regionali e locali da una parte, e, dall'altra parte, con il crimine organizzato di 'ndrangheta e mafia, con i Piromalli e con i Pepè, con le potenti e arcinote famiglie di sempre, per la organizzazione della più grande area attrezzata di transhipment del Mediterraneo
- per i meccanismi di controllo del territorio, di distribuzione e gestione indirette e dirette di appalti e subappalti, di ingresso nelle imprese e associazioni di imprese, e dei relativi rapporti con le diverse istituzioni preposte alle scelte e alle decisioni di politica ambientale e urbanistica, al governo della edilizia e del territorio
- per il modello che fuori da Gioia Tauro, in altre aree, e non solo della Sicilia, della Puglia, della Campania e della Calabria, potrebbe essere usato dalle organizzazioni criminali al fine di intercettare i grandi investimenti pubblici e privati, europei nazionali e regionali, per la modernizzazione e per le grandi infrastrutturazioni
- per i contenuti e forme da dare ai "programmi della sicurezza" nelle aree a grandi e particolari investimenti, contenuti e forme che siano effettivamente e preventivamente capaci di garantire che la sicurezza sia sicurezza dalla mafia e non possa mai essere paradossalmente stravolta nel suo contrario, in sicurezza della mafia: questa è forse la lezione che viene da uno dei più grandi successi nel contrasto alla mafia conseguiti dalla magistratura e dalle forze dell'ordine, quale si è rivelato l'arresto di Giuseppe Piromalli, detto "Pino", successo tanto più significativo e apprezzabile in quanto mette in luce il paradosso della situazione che esso è riuscito a rompere: nel cuore dell'area già protetta, oggetto di un prototipo del piano di sicurezza per il mezzogiorno, viveva, abitava, comandava e teneva fitte relazioni, uno dei capi più forti della 'ndrangheta e della Calabria.
Per tutte queste ragioni che rendono emblematico il caso Gioia Tauro, si ritiene possano diventare paradigmatici ai fini della fase analisi e delle politiche da adottare anche in altri contesti, i risultati della ricostruzione di protagonisti meccanismi e strumenti della occupazione mafiosa del porto di Gioia Tauro, nonché della specifica ricerca sul modo come al masterplan del governo si è cercato di sostituire, e in parte si è sostituito, il masterplan della mafia.
"Dalla mia proprietà, alzando gli occhi in mezzo agli ulivi secolari, io vedo le gru del porto di Gioia Tauro. Non vorrei che si parli di un Masterplan e che siamo lì dentro" (dall'audizione della dr.ssa Maria Giuseppina Cordopatri, in resoconto stenografico della Seduta di martedì 23 febbraio 1999).
L'ultimo e non meno inquietante capitolo della presenza 'ndranghetista (134)-(135) nella piana di Gioia Tauro è quello legato alla vicenda del porto (il cd. terminal-hub).
Dai risultati delle audizioni della Commissione dedicate a Gioia Tauro ed all'esame degli atti dell'inchiesta della magistratura sulle infiltrazioni mafiose nel porto emerge una serie di vicende delittuose. Esse dimostrano sia l'interesse della 'ndrangheta a trarre dall'avvio delle attività di carico e scarico di containers utilità immediate (tangenti), sia la sua scelta strategica di partecipare con imprese "controllate" allo sviluppo delle aree circostanti, ovviamente anche al fine di fruire delle agevolazioni pubbliche, sia la sua prospettiva di organizzare, attraverso l'occupazione del porto, e di garantire, la "sicurezza" ad ogni altro possibile traffico illecito dal mare e verso il mare.
Un primo esempio significativo di tale strategia scaturisce dai risultati delle indagini sulla S.r.l. Babele Publiservice.
Nella motivazione dell'ordinanza 66/98 del GIP di Reggio Calabria si legge infatti che " tra le imprese indicate ... ( ndr.: dalla 'n'drangheta alla Medcenter( vi è la BABELE PUBLI-SERVICE s.r.l., che fa capo a Piromalli Gioacchino cl. ,69 nipote di Piromalli Giuseppe (rappresentato dal prestanome Dal Torrione Mario), che, proprio in virtù del potere criminale da cui è sorretta, ha estromesso la ditta che precedentemente effettuava il servizio di trasporto, specie per le maestranze, da e per il porto di Gioia Tauro" (136).
Dalla relazione degli amministratori giudiziari di questa società, nominati dal tribunale dei Reggio Calabria dopo il sequestro nell'ambito del procedimento di prevenzione n. 12/99 nei confronti di Piromalli Gioacchino (cl.69) ed altri, si legge anche che essa, a fronte di un programma di investimenti per la produzione di "servizi computerizzati per la penetrazione commerciale" di circa lire 500 milioni, ha chiesto ed ottenuto agevolazioni finanziarie ai sensi della legge 488/92 pari a lire 337.200.000 (137), "viste le positive risultanze istruttorie in merito alla domanda (...), trasmesse dalla banca concessionaria EFIBANCA S.p.A." (138).
La BABELE PUBLISERVICE S.r.l. ha avuto in assegnazione dall'A.S.I. un'area ubicata interamente nel Comune di Gioia Tauro.
Questo è solo un primo significativo esempio, e una tessera, di quello che va emergendo come un progetto di politica economica delle cosche, in concorrenza con quello statale, che, se compiuto, avrebbe dovuto definitivamente sancire la presenza sul territorio dell'imprenditorialità mafiosa: un vero e proprio masterplan della criminalità organizzata, articolatosi nell'accaparramento delle aree, nell'acquisizione di posizioni di mercato "protette" (nei rapporti con la Medcenter e con le imprese interessate agli interventi di infrastrutturazione) e nella indebita percezione di incentivi e finanziamenti pubblici.
Tale quadro trova puntuale riscontro negli elementi emersi dalle investigazioni della DIA (139) intese ad individuare le persone fisiche e giuridiche che avevano presentato richiesta di concessione, in uso ovvero in proprietà, delle aree di pertinenza del Consorzio ASI, ubicate all'interno dell'agglomerato portuale della piana di Gioia Tauro.
Gli accertamenti "mirati alla completa disamina delle complessive 48 istanze presentate dalle varie imprese, ai sensi dell' articolo 4 del Regolamento approvato con Delibera nr. 7 del 17.05.96 e succ. mod.,
sono stati indirizzati nei confronti dei soci e dei rappresentanti legali delle stesse società che hanno avanzato richiesta". Essi miravano, tra l'altro, a verificare " se gli assegnatari delle predette aree, persone fisiche o giuridiche, si collochino in gruppi mafiosi ovvero vi siano comunque cointerressenze occulte nelle relative imprese da parte di componenti di famiglie mafiose". La DIA riferisce che " solo nei confronti dei soci di 18 società (pari al 45%), taluni dei quali comunque annoverano precedenti per altri reati, non sono emersi elementi di interesse tali da ricondurli a soggetti legati alle organizzazioni criminali, nr. 13 società (pari al 35%) sono riconducibili direttamente a soggetti nei cui confronti emergono pregiudizi penali di notevole entità (associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, usura e stupefacenti), mentre, in altre nr. 8 società (pari al 20%) sono presenti soci a carico dei quali emergono frequentazioni con soggetti legati alle locali consorterie criminali". E precisa di avere esperito accertamenti su 198 soggetti, e sui rispettivi nuclei familiari conviventi, cointeressati alle nr. 41 imprese esaminate (comprese le due imprese revocate successivamente all' inizio degli accertamenti). Di questi soggetti nr. 11 erano risultati pregiudicati per associazione per delinquere di stampo mafioso, nr. 22 accompagnarsi ad elementi che si ritengono vicini a cosche mafiose mentre, altri 42 con pregiudizi penali per reati minori. In sostanza, a seguito degli accertamenti svolti, solo nr. 123 soggetti erano risultati senza particolare interesse investigativo.
Se questi significativi dati costituiscono la conferma di una strategia "industriale" delle 'ndrine, non può non rilevarsi che le circostanze e le modalità della loro acquisizione attraverso un'indagine penale, denunziano l'assenza - a cominciare dal Consorzio ASI e dalle sue concessioni - di una strategia di prevenzione istituzionale diversa da quella giudiziaria.
Sicché il tema di una politica di prevenzione razionalmente orientata sul piano ammistrativo, specialmente riferita alla gestione delle agevolazioni e dei contributi pubblici (come ad es. quelli della legge 488/92), dovrà essere richiamato ed approfondito in sede di conclusioni, per la sua centralità nel dispositivo di contrasto alla criminalità mafiosa.
Muovendo da questi "reperti", le considerazioni che seguono sulle strategie 'ndranghetiste nella Piana non ripercorreranno i contenuti dell'inchiesta penale, attualmente al vaglio dibattimentale di primo grado, ma trarranno dai documenti giudiziari in regime di pubblicità, nonché dalle risultanze dei sopralluoghi e delle audizioni della Commissione, elementi che - per la loro oggettività - consentono la ricostruzione di taluni significativi accadimenti.
Come è noto nell'inchiesta della magistratura si distinguono due diversi filoni.
Il primo, relativo alle indagini preliminari condotte dalla procura della repubblica presso il tribunale di Palmi (140), il secondo relativo all'inchiesta condotta dalla DDA di Reggio Calabria.
Di entrambi si occupa l'ordinanza del GIP di Reggio Calabria contro Piromalli Giuseppe + 36 dell'11 gennaio 1999
(141), di cui qui di seguito si riporta, per la sua intrinseca rilevanza, il testo delle imputazioni, che sintetizza i contenuti e i momenti essenziali della vicenda:
"Piromalli Giuseppe, nato a Gioia Tauro 04.01.1945;
Molè Girolamo, nato a Gioia Tauro 01.02.1961;
Bellocco Carmelo, nato a Rosarno 04.07.1956;
Bellocco Giuseppe, nato a Rosarno 22.02.1948;
Bellocco Umberto, nato a Rosarno 17.12.1937;
Pesce Francesco, nato a Rosarno 07.04.1954;
Piromalli Gioacchino, nato a Gioia Tauro 01.01.1969;
Stanganelli Carmelo, nato a Rosarno 04.02.1948;
Albanese Girolamo, nato a Rosarno 07.03.1967;
Raso Armando , nato a Taurianova 09.02.1974;
Stanganelli Domenico, nato a Gioia Tauro 10.06.1977;
Sorridente Luigi Emilio, nato a Taurianova 31.05.1966;
Fondacaro Marcello, nato a Gioia Tauro 13.10.1959;
Liberati Giancarlo, nato ad Albano Laziale 24.08.1956;
Zappia Sebastiano, nato a Gioia Tauro 23.10.1959;
Zito Antonio, nato a Gioia Tauro 01.01.1951;
Riso Vincenzo, nato a Castellace di Oppido Mamertina il 18.03.1931;
Pepè Domenico, nato a Rosarno il 17.03.1955;
Fondacaro Gesuele, nato a Palmi il 17.10.1949;
Canerossi Domenico, nato a Taurianova il 9.8.1967;
Pesce Savino, nato a Rosarno ( RC) il 04.01.1963;
Zungri Antonio, nato Rosarno il 07.05.1946;
D'Agostino Francesco, nato a Vibo Valentia il 09.01.1966;
Riso Francesco, nato a Gioia Tauro il 19.02.1942;
Bagalà Letterio, nato a Gioia Tauro il 22.01.1951;
Dal Torrione Mario, nato a Vibo Valentia il 23.02.1969;
Saffioti Fausto, nato a Taurianova il 20.12.1951;
Ruggiero Gianfranco, nato a Gioia Tauro il 15.12.1961;
Ruggiero Giovanni, nato a Gioia Tauro il 29.11.1928;
Ruggiero Vincenzo, nato a Gioia Tauro il 20.8.1959;
Bellocco Domenico, nato a Rosarno l'11.02.1976;
Copelli Francesco, nato a Gioia Tauro il 18.08.1958;
Copelli Antonino, nato a Gioia Tauro il 27.11.1964;
Copelli Salvatore, nato a Gioia Tauro il 30.01.1968;
Sicari Giuseppe, nato a Rosarno il 24.10.1966;
Priolo Giuseppe, nato a Taurianova il 01.09.1960;
Balsamà Carmelo, nato a Seminara il 05.01.1962.
INDAGATI TUTTI A) per il delitto di cui all'articolo 416 bis commi I, II, III, IV, V, VI C.P. perché si associavano tra loro nell'ambito della 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro operante nel territorio dei comuni di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando - articolantesi nelle 'ndrina "Piromalli-Molè" che esercitava il potere criminale nel territorio di Gioia Tauro, "Pesce" e "Bellocco", che esercitavano il potere criminale nel territorio di Rosarno, e tutte anche nel territorio di San Ferdinando- costituendo un'organizzazione mafiosa che - avvalendosi della forza di intimidazione che scaturiva dalle dette 'ndrine e delle corrispondenti condizioni di assoggettamento e di omertà che si creavano nei citati territori, ove era insediata la potenza criminale delle predette affermatasi nel corso del tempo con la commissione di efferati delitti contro la persona ed il patrimonio e grazie anche alla ampia disponibilità di armi, ed operando anche sulla scorta degli accordi che negli anni '92 e '93, in virtù del controllo che le dette 'ndrine esercitavano sul territorio, con le medesime aveva stretto il Presidente della Contship Italia S.p.a. Ravano Angelo in funzione dello sfruttamento economico del "Porto di Gioia Tauro" che ricadeva nell'area dei menzionati territori - aveva come scopo quello:
di trarre illeciti profitti dalle attività economiche, in gran parte finanziate dallo Stato e da altri enti pubblici nazionali e dalla Comunità Europea, connesse allo sviluppo della detta struttura derivante dall'accordo di programma concluso tra il Governo Italiano e la predetta S.p.a. in data 29.7.94, ed avente per oggetto il completamento del porto, l'inizio della sua attività e l'adeguamento e sistemazione della circostante area;
di influire sulle decisioni della Pubblica Amministrazione relative all'assetto territoriale dell'area interessata e, corrispondentemente, di ottenere il favore e/o la complicità dei pubblici ufficiali competenti;
di conseguire vantaggi patrimoniali dalle imprese operanti nel territorio attraverso affidamenti di lavoro e/o erogazioni di forniture di beni e/o servizi (da distribuire in base a precisi accordi di ripartizione territoriale intercorsi tra le dette 'ndrine) ed assunzione di mano d'opera, ovvero direttamente attraverso la corresponsione di somme di denaro a titolo di compendio estorsivo;
di accaparrarsi fraudolentemente contributi e/o agevolazioni economico-finanziarie da parte dello Stato ed altri Enti pubblici, anche attraverso la partecipazione allo svolgimento delle attività produttive nell'area portuale e nella circostante zona industriale;
e, comunque, infine, di procurarsi ingiuste utilità.
Ed in particolare:
Piromalli Giuseppe, Molè Girolamo, Bellocco Carmelo, Bellocco Giuseppe, Bellocco Umberto e Pesce Francesco per aver promosso, organizzato e diretto la attività criminale dianzi descritta;
Piromalli Gioacchino per aver operato sotto le direttive dello zio Piromalli Giuseppe (latitante) allo scopo di realizzare lo sfruttamento economico delle opportunità offerte dallo sviluppo dell'area portuale, mantenendo i rapporti tra il detto suo congiunto e il complesso economico-imprenditoriale impegnato nell'area portuale anche in funzione estorsiva, promuovendo e favorendo incontri del predetto con terzi, adottando iniziative imprenditoriali per il perseguimento del programma criminoso;
Stanganelli Carmelo, Albanese Girolamo, Raso Armando e Stanganelli Domenico, svolgendo la medesima attività di cui sub b) sotto le direttive di Molè Girolamo (latitante sino al luglio 1997);
Sorridente Luigi Emilio, per aver curato la continuità dei rapporti tra i due nuclei criminali di cui si componeva la 'ndrina di Gioia Tauro (nucleo "Piromalli" e nucleo "Molè"), ed altresì, per conto di entrambi, per avere mantenuto i contatti con il mondo imprenditoriale e politico, il tutto anche in funzione della individuazione delle iniziative economiche più redditizie per la 'ndrina e delle attività estorsive da consumare;
Fondacaro Marcello, per aver cooperato col Sorridente nella attività di cui sub d) e contribuito all'inserimento della 'ndrina nelle attività economiche oggetto del programma criminoso;
Liberati Giancarlo e Zappia Sebastiano, per aver operato nell'interesse del nucleo "Molè", mettendo a disposizione dello stesso le loro capacità imprenditoriali e tecniche, i loro rapporti e contatti con il mondo politico, economico ed istituzionale, nonché qualsiasi prestazione fosse loro richiesta da Molè Girolamo, col quale intrattenevano rapporti e contatti nella di lui latitanza, ivi compresa la disponibilità ad operare entrambi da intestatari fittizi, e per aver operato, in particolare, in funzione della partecipazione del detto nucleo criminale ai lavori relativi alle infrastrutture portuali aggiudicati in appalto alla TODINI S.p.a., e, specificamente, il Liberati per aver in un primo tempo anche promosso la instaurazione di rapporti degli associati con il deputato Matacena Amedeo e la società SOGESCA;
Zito Antonio, per essere stato strumento operativo del nucleo "Piromalli" sia in funzione della partecipazione dello stesso alle attività economiche riguardanti l'area portuale, che in funzione dello svolgimento delle attività estorsive, ad entrambi i fini mantenendo contatti diretti col latitante Piromalli Giuseppe ed il di lui nipote Piromalli Gioacchino;
Riso Vincenzo, per avere operato alle dirette dipendenze del latitante Piromalli Giuseppe, con cui manteneva contatti diretti, e di Piromalli Gioacchino, cooperando nella attività estorsiva, e favorendo la instaurazione di contatti con terzi nella economia del perseguimento delle finalità della associazione;
Pepè Domenico, svolgendo il compito di collegamento tra la 'ndrina di Gioia Tauro e quelle di Rosarno, a tale scopo favorendo anche gli incontri tra i latitanti delle medesime, coi quali aveva contatti diretti, in funzione dello svolgimento delle attività estorsive, cui direttamente partecipava, e dell'incremento delle attività economiche delle imprese direttamente ed indirettamente legate e/o collegate agli associati;
Fondacaro Gesuele, per aver curato gli interessi della organizzazione criminale, cui era legato attraverso rapporti societari precedentemente intercorsi col nucleo "Piromalli", ed altresì instaurati ed instaurandi col nucleo "Molè", avvalendosi della posizione di prestigio assunta nella qualità di consulente della TODINI S.p.a., che gli consentiva di pilotare subappalti e forniture di servizi e beni, nonché delle sue specifiche competenze tecnico - professionali che, unite alla predetta qualità, gli permettevano di operare anche nel campo delle false fatturazioni, sempre in funzione del perseguimento dei predetti interessi;
Canerossi Domenico, operando per conto del nucleo "Molè" con compiti di computo della contabilità e di espletamento di operazioni finanziarie, nonché di promozione di interventi della organizzazione nell'area portuale anche attraverso la partecipazione ad attività imprenditoriali, ed infine di cooperazione nella attività estorsiva;
Pesce Savino, cooperando nella attività della 'ndrina "Pesce" di Rosarno con specifico riferimento alle operazioni estorsive;
Zungri Antonio e Sicari Giuseppe, per aver collaborato con Pepè Domenico nell'espletamento delle attività di cui sub i);
D'Agostino Francesco, per aver operato nell'interesse della 'ndrina Bellocco di Rosarno, nella sua qualità di titolare della BETON MEDMA S.a.s., società che si avvaleva, per assicurarsi la fornitura dei calcestruzzi alle varie imprese operanti nel territorio, del potere criminale della detta 'ndrina (il cui favore e benevolenza esse imprese acquisivano attraverso le richieste di forniture), cui consentiva anche di conseguire i compendi estorsivi spettantile dissimulandoli con attività negoziali;
Riso Francesco e Bagalà Letterio, nella loro rispettiva qualità di Presidente e Vice - Presidente del consiglio di amministrazione della MARIBA Società Cooperativa Navale a r. l., di fatto ricadente sotto il dominio del nucleo "Piromalli" della 'ndrina di Gioia Tauro, per aver determinato una condizione di monopolio di fatto di detta società nell'area portuale di Gioia Tauro nel settore dei servizi portuali, che impediva e/o limitava la libertà di iniziativa e di scelte imprenditoriali sia alla M.C.T. S.p.a., concessionaria del Porto di Gioia Tauro, che alle altre imprese che avessero intenzione di operare nel settore dei detti servizi, così divenendo, in definitiva, essa MARIBA un importante strumento operativo della organizzazione mafiosa all'interno della struttura portuale nel settore del "transhipment";
Dal Torrione Mario, per aver operato, anche quale prestanome di Piromalli Gioacchino, nella sua qualità di Amministratore unico della BABELE PUBLISERVICE S.r.l., la quale, avvalendosi del potere criminale della organizzazione mafiosa (con specifico riferimento al nucleo "Piromalli" della "ndrina" di Gioia Tauro), si accaparrava alcuni servizi all'interno dell'area portuale di Gioia Tauro, tra cui quello del trasporto di persone via terra, anche sottraendoli, per effetto di quel potere, ad altre imprese;
Saffioti Fausto, cooperando con Sorridente Luigi Emilio nell'espletamento delle attività di cui sub d), e ponendo a disposizione della organizzazione criminale le proprie competenze tecniche ed il proprio nome, in funzione anche della costituzione di imprese ed assegnazione di terreni da parte del Consorzio A.S.I. di Reggio Calabria, così consentendo e/o agevolando la penetrazione della predetta nei settori economico - produttivi dell'area portuale e l'accesso alle contribuzioni pubbliche;
Ruggiero Gianfranco, nella sua qualità di amministratore unico della Società Kero-Sud S.r.l., della società Tirreno Petroli s.r.l. e di socio della Inter-Repairs Sud S.r.l., le quali, avvalendosi della appartenenza del predetto alla 'ndrina di Gioia Tauro e, conseguentemente, della forza di intimidazione di quest'ultima nei confronti della concorrenza, si accaparrava il monopolio della fornitura dei prodotti petroliferi all'interno della struttura portuale di Gioia Tauro (Kero-Sud), e quello degli
interventi sui contenitori frigoriferi utilizzati per il transhipment (Inter-Repairs Sud), ed altresì richiedeva la concessione di area demaniale per la realizzazione di depositi costieri di prodotti petroliferi (Tirreno Petroli), così costituendo, per la organizzazione criminale, un ulteriore strumento di penetrazione e controllo mafiosi all'interno della predetta struttura, e di commissione di attività illecite;
Ruggiero Giovanni e Ruggiero Vincenzo, nella loro rispettiva qualità di zio e di cugino di Ruggiero Gianfranco, nonché di cointeressati alle attività imprenditoriali svolte da quest'ultimo, cooperando col detto loro congiunto nello svolgimento della attività delittuosa specificata sub r);
Bellocco Domenico, perché, nella sua qualità di appartenente alla 'ndrina "Bellocco" di Rosarno, cooperava con D'Agostino Francesco nello svolgimento della attività di cui sub n);
Copelli Francesco, Copelli Antonino e Copelli Salvatore, perché, nella loro qualità di soggetti appartenenti al nucleo "Piromalli" della 'ndrina di Gioia Tauro, quali soci della società LAV.I.SUD s.a.s., partecipavano alla percezione delle utilità provenienti dagli accordi di ripartizione territoriale intercorsi tra le 'ndrine di cui al presente capo di imputazione, con riferimento alle forniture da effettuarsi in favore delle imprese appaltatrici dei lavori appaltati dallo Stato e/o da altri Enti pubblici nell'area portuale di Gioia Tauro;
Priolo Giuseppe e Balsamà Carmelo, perché il primo, legato al nucleo "Piromalli" da stretti vincoli parentali e ad entrambi i nuclei della 'ndrina di Gioia Tauro da rapporti operativi in campo criminale, cooperato dal secondo, partecipava alla attività di penetrazione della organizzazione nei settori produttivi della zona portuale e di fruizione anche fraudolenta dei contributi pubblici, occupandosi particolarmente della acquisizione di macchinari e beni occorrenti al superiore scopo a ciò pure destinando il profitto del delitto associativo.
Con le aggravanti specificate nei numeri e nel capo di imputazione. Accertato in Gioia Tauro a decorrere dal 1993 (...);
Nonché, MOLÈ GIROLAMO, ALBANESE GIROLAMO, capo B), del reato p. e p. dagli artt. 81, cpv., 110, 112 II comma, 56, 629 (in relazione all'articolo 628, comma III, nr. 1 e 3 e 61 nr. 7) c.p. e 7, I comma, L. 203/1991, per avere, in concorso tra loro e con Pepè Domenico, Sicari Giuseppe, Piromalli Giuseppe, Pesce Savino, Piromalli Gioacchino, Riso Vincenzo, Zito Antonio e Zungri Antonio (nei cui confronti si procede separatamente per questo reato), ed ignoti, tutti facenti parte di un'associazione di tipo mafioso, il Molè, il Pepè ed il Piromalli Giuseppe come promotori della cooperazione nel reato, con minacce - poste in essere da più persone riunite - di gravi ritorsioni in caso di rifiuto e prospettando protezioni in tutti i settori in caso di accordo (così facendo intendere di gestire il potere mafioso nella zona, dal che derivava ulteriore ragione di intimidazione), compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la società "MEDCENTER", nella persona del suo Vice Presidente Walter LUGLI, e la società "CONTSHIP", in persona del suo Presidente Enrico RAVANO, a versare una tangente corrispondente alla somma di dollari 1,50 per ogni container scaricato, pari al 50% degli effettivi profitti conseguiti dalle Società per ogni container, nonché ad inserire nelle attività dei servizi portuali società dagli stessi imputati segnalate (alcune delle quali facenti
capo ad essi medesimi), e così ponendo in essere una molteplicità di atti diretti a conseguire ingiusti profitti con danni di rilevante entità per la Società.
Senza riuscire in tale intento per cause indipendenti dalla loro volontà e precisamente per l'intervento delle Autorità che interrompevano il protrarsi dell'azione criminosa.
Con l'aggravante di avere commesso il fatto avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l'attività dell'associazione per delinquere di stampo mafioso denominata "Cosca Piromalli - Molè" di Gioia Tauro, e della collegata "Cosca Pesce" di Rosarno. In Gioia Tauro, Rho (MI) fino al 14.4.1997 ".
Dalle indagini condotte dalla DIA calabrese nel giugno 1997 e dalle successive iniziative della Procura della repubblica presso il tribunale di Palmi emergono i contorni di una concertata pressione estorsiva delle 'ndrine per il pagamento di una somma a titolo di "pizzo", in relazione a ciascun container movimentato. In particolare, le intercettazioni ambientali disvelano la determinazione della 'ndrangheta di riscuotere il "pizzo" dissimulandolo in un meccanismo di pagamenti per cessioni di beni o servizi fatturati in eccesso da parte di ditte riferibili all'organizzazione criminale.
Dal contesto investigativo emerge con chiarezza che l'impresa che gestisce l'attività portuale a Gioia Tauro in quel periodo è chiamata dalla criminalità organizzata a negoziare il prezzo della sua integra permanenza in quei luoghi.
E si delinea pure il ruolo che l'organizzazione criminale attribuisce ad un ceto imprenditoriale subalterno (142), incaricato di assicurare le condizioni perché le somme elargite dalla MTC possano passare nelle mani di esponenti della 'ndrangheta. Circostanza, questa, ancor più significativa e inquietante dal momento che il ceto imprenditoriale non appartiene all'area calabrese, ma, al contrario, è espressione di una imprenditoria settentrionale che opera su scala nazionale e internazionale.
Le forme e le modalità dei colloqui tra quanti agiscono in nome e per conto della 'ndrangheta e coloro che agiscono in nome della Medcenter lasciano intuire che la trattativa estorsiva non nasce dal nulla, ma, al contrario, appare finalizzata ad aggiornare precedenti accordi ed intese, da ritenere risalenti all'epoca della stessa ideazione dell'iniziativa imprenditoriale, per il convergere di più elementi (143).
Lo scenario mutato è quello della crescita delle attività portuali, con conseguente incremento dei ricavi aziendali (144).
Le conversazioni tra il vicepresidente della Medcenter Walter Lugli e l'emissario dell'organizzazione, registrate dalla polizia giudiziaria, sembrano provare la perfetta consapevolezza di quest'ultimo di sviluppare ed attualizzare accordi, che avevano impegnato la dirigenza aziendale, risalenti all'insediamento dell'impresa nel porto di Gioia Tauro: le cose dette dal Cantafio, incaricato dalla 'ndrangheta di favorire i contatti con la Medcenter , e dal Pepé, emissario e portavoce delle cosche, nel corso dell'incontro del 16 settembre 1996 sono eloquenti, e meritano di essere richiamate.
Il ragionamento è avviato dal Cantafio, quando presenta il sig. Bianchi, (Pepé). Entrambi, evidentemente, inconsapevoli di essersi recati in un luogo sottoposto ad intercettazioni ambientali: (Cantafio: ... Vede...il signore è, e' quel referente che io le accennavo all'incontro che abbiamo avuto da parte della famiglia ... dove in tempi non sospetti ... almeno così mi diceva ... il dottor RAVANO ... purtroppo oggi defunto ... era rimasto un po' ... incomprensibile ....). L'argomento è prontamente confutato dal Lugli (...Io gliel'ho già detto ... questo lo escludo, finché ragioniamo su tante altre cose ma ... questo lo escludo). Ma è poi ripreso da Pepé ( ... qua scambiamo un discorso da persone civili, non è il caso
di avere un minimo di cosa. Sentivo poco fa che aveva detto che il defunto Presidente ALAIMO [leggasi: Ravano, N.d.R.] non ... non è mai venuto là ... pero' a noi ci risulta di si e' venuto ha avuto qualche incontro con qualche politico eh, poi c'e' stata una stretta di mano con noi altri pure e ci siamo prefissati appuntamento quando il tutto decollava di questo lavoro non che, non e' vero). E, sul punto, ancora Pepé nel corso del colloquio insiste osservando che " ... voglio dire ... c'era stato un socio ... non è che si era parlato di ... del più e del meno, però che era prefissato un ... un incontro a dopo e ... e poi disgraziatamente per lui ... è morto pure l'altro signore là che ... aveva avuto questo incontro con lui e tutti ...", ed indica il rappresentante della cosche in un affine dei Piromalli, poi deceduto, tale Paolillo, che il Lugli ammette di aver conosciuto personalmente.
Ma la consapevolezza di tali intese "originarie", espressamente rivendicata nel corso dei cennati incontri e richiamata nell'ordinanza del GIP di Reggio Calabria, è stata fermamente negata dal Vitale, presidente della Medcenter, nel corso della sua audizione dinanzi alla Commissione antimafia il 23 febbraio 1999 (...non ho mai avuto il minimo sentore, neanche il più lontanamente possibile di un discorso di questo tipo...).
Il tenore complessivo delle intercettazioni ambientali conferma modalità dell'attività estorsiva già acclarate in altre simili circostanze, in cui il mezzo di pagamento consiste in un flusso di trasferimenti alla mafia, attraverso la contabilizzazione di fatture di comodo.
E tale sistema di pagamento, anche per il futuro, sembra essere accettato dalla MTC, che appare interessata a nascondere in contabilità le maggiori somme che in prospettiva, e in relazione all'incremento delle proprie attività, dovrà sborsare.
Dai colloqui intercettati con il metodo ambientale, trascritti integralmente nei verbali, si traggono, in tal senso, elementi assai significativi ed univoci, e al tempo stesso si intende che l'organizzazione 'ndranghetista era in grado di disporre di informazioni privilegiate sull'organizzazione e l'andamento del lavoro nello scalo Medcenter.
Così, nel novembre 1996, durante un colloquio tra il vicepresidente della Medcenter Walter Lugli e l'imprenditore-emissario Dino Cantafio, emerge con chiarezza che nel corso di un altro incontro - di poco precedente - tra lo stesso Lugli ed un esponente della 'ndrangheta (...è venuto questo signore a Milano ..), quest'ultimo aveva affrontato la questione dei "volumi" del traffico nel porto, riferendo al Lugli di avere informazioni proprie inerenti il numero dei containers movimentati (cfr. Verbale di trascrizione del colloquio tra Lugli e Cantafio, del 7.11.1996).
Queste informazioni a disposizione della 'ndrangheta, e in particolare quelle riservate inerenti il regime tariffario praticato dalla società Medcenter, rappresentano la parte più significativa di quel colloquio. Ma in esso viene pure trattata la necessità per l'impresa di coprire gli esborsi con fatturazioni corrispondenti a servizi reali, scaturente dalla preoccupazione per un'indagine condotta dalla procura di Reggio Calabria ("noi siamo appena usciti da un'ispezione ... ci hanno preso tutte le fatture delle varie aziende locali ...").
Significativo appare, soprattutto, l'atteggiamento dell'interlocutore mafioso, inconsapevole dell'intercettazione, che tranquillizza il dirigente Medcenter circa la possibilità del gruppo Piromalli di agire con la Camera di Commercio, la Regione e i sindacati e che, come si è detto, richiama i precedenti accordi intercorsi tra l'organizzazione e Angelo Ravano.
Argomenti questi ulteriormente affiorati anche in successivi colloqui registrati dagli inquirenti.
Ad esempio quello del 9 dicembre 1996, tra lo stesso Lugli ed un tale sig. Bianchi (successivamente identificato per Domenico Pepè). Qui il Lugli, timoroso delle conseguenze che derivano dalla falsificazione dei bilanci ("... un altro oggi qui, una persona che lei sicuramente non conosce, F.Z., un uomo di una rettitudine ... questo è un bresciano, il padrone delle B. , lo hanno arrestato per falso in bilancio perché due anni fa ...") esprime al suo interlocutore la propria personale preoccupazione e quella del "presidente" della sua società nella ricerca di "soluzioni intelligenti", consistenti nell'annotazione di fatturazioni emesse da "società che possono fare dei lavori", lavori reali.
E il colloquio spazia nell'individuazione dei settori e delle ditte controllate dall'organizzazione criminale in grado di emettere fatture maggiorate per consentire il pagamenti della tangente. Esigenza ribadita dal vice presidente della Medcenter, che evidentemente intende anche far scoprire l'interlocutore 'ndranghetista: "... credo che la cosa migliore su queste cose che abbiamo detto, che lei mi tiri fuori tre o quattro possibilità esistenti, se volete subito un po' di quattrini ...".
Nella ricerca dei settori merceologici che meglio si prestano a dissimulare la falsa fatturazione, il Lugli osserva: "una voce forte che ho controllato, che sono due miliardi e mezzo, tre miliardi è la fornitura di gasolio ...", e richiama il rapporto corrente tra Medcenter e Kero Sud, aggiungendo "sono cento milioni a botta" (saranno più avanti ricostruite la dinamica e le forme del rapporto tra Kero Sud e Medcenter, e in particolare la circostanza di false fatturazioni di vendita di carburante e della rappresentazione che la Medcenter ne ha dato, sotto forma di denunzia di tentativo di truffa).
E così via, fino ad individuare ulteriori settori da utilizzare in futuro, come quello della ristorazione "... quando crescerà il volume di affari ..."; il settore delle pulizie "...io ho guardato, saranno tre-quattrocento milioni all'anno", ecc.
A questo punto il Pepé fa osservare che l'organizzazione già opera nel campo delle pulizie ("... già noi siamo sulla scia con una ..."), e il Lugli replica che, attraverso appalti annuali, quel rapporto potrà essere ampliato ( "... si concentra il lavoro su quella") (cfr. Verbale di trascrizione integrale del colloquio tra Lugli e il sedicente Bianchi del 9.12.1996).
Anche quando la Medcenter prepone alla trattativa un altro proprio uomo, tale dr. Rinaldi (in realtà un addetto alla sicurezza aziendale appositamente ingaggiato) le registrazioni ambientali richiamano riferimenti agli avvenuti approcci tra l'organizzazione e il Ravano ( "... noi allora gli abbiamo dato strada libera ..") e i successivi accordi con il Lugli ("... la cifra l'abbiamo definita poi io con il dr. Lugli, perché una volta che mi hanno preparato questo incontro, ... che
il figlio diceva che ve la dovete vedere con il dr. Lugli ..." ). E a questi ragionamenti replica il sedicente Rinaldi, che tenta di individuare una soluzione per il presente ( "... quest'anno chiudiamo a quattrocento milioni ...97 ..").
Nel contesto della "trattativa", elementi di novità - da rimarcare - si desumono dalla prospettazione del Rinaldi di faciltare la contabilizzazione di fatture gonfiate puntando su presunte differenze qualitative delle prestazioni, tali da giustificare sia la scelta del contraente da parte dell'impresa sia il pagamento dissimulato di importi indebiti ( "... sul discorso della qualità noi possiamo anche pagare di più! E allora siamo a posto ...").
Altrettanto significativo è il modo con cui l'esponente della 'ndrangheta - dopo aver sollecitato assunzioni preferenziali di personale - affronta il tema del governo di questi rapporti lavorativi "raccomandati" e si propone come alternativa al sindacato e alla legge sui luoghi di lavoro e nei rapporti di lavoro: "noi con gli operai vi diamo la garanzia che è tutta gente che ha voglia di lavorare e lavora ... e poi chiamate a me, vengo qua e mi dite, guardate che tale operaio non va bene! Noi lo prendiamo da un orecchio e lo mandiamo a casa! Si licenzia lui stesso senza che lo licenziate ...".
Questo nuovo "fronte del porto" rappresenta evidentemente il modello di relazioni sindacali garantito dalla 'ndrangheta.
Da queste conversazioni appaiono i lineamenti di un quadro di condizionamenti che, se sul piano tecnico giuridico propone al vaglio di merito dell'autorità giudiziaria una vicenda di natura estorsiva e associativa, su quello criminologico evidenzia la propensione della 'ndrangheta - oltremodo preoccupante - a sviluppare con l'impresa una relazione "simbiotico-mutualistica"
Il superamento di un atteggiamento meramente parassitario da parte delle organizzazioni criminali e l'offerta di una varietà di servizi, diversi e aggiuntivi rispetto a quello "tradizionale" della sicurezza, evidenzia un momento dell'evoluzione dei rapporti mafia-impresa di estrema delicatezza, che impone una particolare attenzione.
Si delinea infatti uno scenario in cui la 'ndrangheta non ha bisogno dell'esercizio preventivo della forza di intimidazione (attentati, sequestri, ecc.) e tende a saturare l'indotto generato da grandi investimenti privati e/o pubblici con imprese controllate.
Il superamento di atteggiamenti predatori o parassitari da parte dell'organizzazione criminale postula un assetto di rapporti economico-istituzionali segnato da un avanzato stato di accumulazione criminale di capitali ed evidenzia una nuova forma di controllo egemonico del territorio, in cui la componente economica acquista prevalenza.
Dopo l'emissione da parte della procura di Palmi dei provvedimenti di fermo per il delitto di tentativo di estorsione pluriaggravato, l'inchiesta giudiziaria è proseguita dalla DDA di Reggio Calabria competente per materia. E in tal modo si riunificano diversi filoni investigativi, ricondotti ad unità dalle richieste del PM distrettuale al GIP di Reggio e sfociati nella citata ordinanza cautelare dell'11 gennaio 1999. La motivazione delle richieste del PM e quella del provvedimento del GIP consentono di cogliere ulteriori concreti aspetti dell'ingresso
di vari soggetti economici riconducibili alla criminalità organizzata nel mondo del porto di Gioia Tauro.
In particolare l'attenzione della Commissione - anche attraverso dirette acquisizioni di documenti economico-contabili - si è soffermata sulla cooperativa MARIBA, alla quale, come si vedrà, la Medcenter aveva affidato gran parte delle operazioni di movimentazione dei containers.
La MARIBA, Società Cooperativa Navale a.r.l., costituita in data 10.12.1985, ed iscritta alla camera di commercio di Reggio Calabria al n.105027, in data 20.02.1986, con sede legale in Gioia Tauro (RC) , sostanzialmente non aveva operato fino al 1991.
L'attività della cooperativa, "di fatto ricadente sotto il dominio del nucleo "Piromalli" della 'ndrina di Gioia Tauro" (145), è oggetto di espresso richiamo nell'imputazione elevata dalla DDA di Reggio Calabria a carico di Riso Francesco e Bagalà Letterio, nella loro rispettiva qualità di Presidente e Vice - Presidente del consiglio di amministrazione.
Questi ultimi infatti risultano concorrenti nel delitto di associazione mafiosa "per aver determinato una condizione di monopolio di fatto di detta società nell'area portuale di Gioia Tauro nel settore dei servizi portuali, che impediva e/o limitava la libertà di iniziativa e di scelte imprenditoriali sia alla M.C.T. S.p.a., concessionaria del Porto di Gioia Tauro, che alle altre imprese che avessero intenzione di operare nel settore dei detti servizi, così divenendo, in definitiva, essa MARIBA un importante strumento operativo della organizzazione mafiosa all'interno della struttura portuale nel settore del transhipment".
La MARIBA Società Cooperativa Navale a.r.l., con oggetto sociale la gestione di linee marittime commerciali, attività di agenzia marittima, e quant'altro riguarda le attività portuali, risulta anche titolare di una quota di partecipazione nell'agenzia marittima SERPORT S.r.l., che, a sua volta, affida alla MARIBA l'attività di assistenza alle navi.
La società MARIBA è stata così interessata a varie attività, quali quelle esercizio di sollevamento merci, imbarcazioni unità in genere a mezzo di macchine semoventi, servizio di guardiania e vigilanza, rifornimento acqua potabile, e quel che più rileva, ha fornito la manodopera alla M.C.T. per l'attività di rizzaggio e derizzaggio dei containers.
Nell'ordinanza del GIP Santalucia si legge che "per tale situazione è avvenuto che l'assunzione dei lavoratori non ha risposto all'osservanza dei criteri di selezione della MCT e che la società MARIBA si avvale delle persone "consigliate dagli amici", senza alcuna forma di controllo".
Ma in un'informativa della Criminalpol e della Squadra Mobile, già dal 18 settembre 1996, si evidenziava che "il settore delle assunzioni è gestito da una cooperativa di ex portuali denominata MARIBA, il cui esponente principale è tale Franco RISO, zio di Antonio ALAGNA soggetto facente parte della medesima famiglia legata alla consorteria
mafiosa PIROMALLI - MOLÈ, che monopolizzando tale settore potrebbe, tramite assunzioni programmate, effettuare opera di controllo sulle attività portuali".
La società MARIBA è stata fino ai recenti sviluppi giudiziari l'unico organismo che, per disposizioni regolamentari, poteva svolgere all'interno dell'area portuale di Gioia Tauro l'attività di rizzaggio e derizzaggio dei containers.
Il presidente della Contship e della Medcenter afferma, nel corso dell'assunzione di informazioni da parte del Pubblico Ministero in data 21 aprile 1998, che la società Medcenter è stata costretta ad avvalersi dell'opera della società MARIBA per l'attività di rizzaggio e derizzaggio dei container, essendo quella l'unica impresa autorizzata dalla CapitaNeria di Porto ad operare all'interno dell'area portuale.
Il Vitale poi sottolinea che la società MARIBA "è l'unica ditta presente all'interno dell'area portuale ed interessata a difendere tale abnorme posizione, che non si limita solo a quella del rizzaggio e del derizzaggio". E poi precisa che, discutendo con gli imprenditori Montesano e De Masi della possibilità di un loro intervento nell'area portuale per lo svolgimento di servizi quali carpenteria, pulizia, riparazioni container ecc., aveva avuto modo di apprendere la loro preoccupazione per la presenza in quell'area della società MARIBA, per il fatto che "le persone della MARIBA........sono gente di cattivo carattere".
Nel corso dell'indagine preliminare è emerso che anche la collegata SERPORT S.r.l., l'agenzia marittima per la quale ha operato la stessa MARIBA, ha goduto delle stesse condizioni monopolistiche.
Peraltro la Commissione presso la Camera di commercio di Reggio Calabria, che avrebbe dovuto riunirsi per deliberare le autorizzazioni per altre agenzie, è restata inerte: e, stranamente, questa Commissione sarebbe stata presieduta dallo stesso presidente dell'agenzia.
Il Vitale racconta, infine, che non appena si era diffusa la notizia dell'assunzione di centoventi unità lavorative da parte della MCT, il che avrebbe comportato la diminuzione dell'intervento operativo della società MARIBA per lo svolgimento diretto dei servizi in capo alla prima società, si assisteva ad una manifestazione di protesta sindacale, con attività di volantinaggio, inscenata dai lavoratori della società MARIBA, al fine inequivoco di esercitare indebite forme di pressione per il mantenimento dell'ingiusta situazione di monopolio di fatto.
Ulteriori significativi elementi scaturiscono dalle dichiarazioni rese al PM da Walter Lugli il 2 ottobre 1998.
In tale occasione il Lugli riferisce di aver discusso con l'imprenditore Carlo Montesano, a lui legato da un buon rapporto di amicizia, "argomenti riguardanti l'ampliamento della sua attività nell'area portuale", e precisa che "il Montesano non aveva accettato l'allettante proposta della MCT, che già aveva favorito l'ingresso nell'area portuale per l'attività di riparazione dei containers della S.r.l. CRGT, di una partecipazione a pari quota con la MCT ad una impresa con l'esclusiva attività di rizzaggio e derizzaggio containers: il Montesano aveva rifiutato di occuparsi della "attività prestigiosa e remunerativa", in ragione della "notevole paura che lo stesso aveva a iniziare un'attività
che era svolta dalla Società MARIBA", perché notoriamente "a quest'ultima società erano interessati personaggi pericolosi".
Anche Sorrenti Angelo, esaminato dal Pubblico Ministero in data 5 agosto 1998, fornisce utili elementi per ritenere che importanti beni strumentali posseduti dalla MARIBA siano riconducibili ad esponenti del crimine organizzato.
In particolare sull'"appartenenza di gru alla società MARIBA", il Sorrenti dichiara di avere avuto una conversazione con Pino Piromalli, poco tempo prima che la società MARIBA installasse una gru bianca all'interno dell'area portuale, esternandogli la sua intenzione di acquistare una gru per intraprendere un'attività di lavoro in ragione delle nuove opportunità create dal porto. Ma il Piromalli gli aveva risposto di desistere da quel proposito "perché una gru era da loro già stata ordinata, mediante la sottoscrizione di molte cambiali": e infatti la società MARIBA aveva posto la gru nel porto.
Il GIP evidenzia come un'ulteriore conferma della partecipazione delle organizzazione mafiose nella società MARIBA si tragga dalle dichiarazioni rese il 15 maggio 1998 al PM dal De Bonis, direttore generale della M.C.T., richiamando testualmente in ordinanza interi e significativi brani di quel verbale, che anche in questa sede appare utile riportare: "la questione MARIBA è una di quelle più delicate che la MCT si trova ad affrontare anche in considerazione del fatto che trattasi dell'unica impresa alla quale noi ci possiamo rivolgere per determinati servizi visto che, come dicevo prima, è l'unica autorizzata.
Ed in proposito debbo dire che io stesso ho prospettato delle soluzioni alternative ed attuabili parlando con il Comandante DE LUCA della possibilità in generale di rilasciare autorizzazioni ad altre imprese nel rispetto delle leggi vigenti, senza peraltro ottenere risposte chiare e complete.
In merito a questa questione debbo dire che la MARIBA svolge in atto per nostro conto la attività di rizzaggio e derizzaggio dei container.
Questa è una attività che in atto può essere svolta solamente o dalla nostra società o dalla loro, essendo entrambi autorizzati per legge a svolgerla.
Ed in effetti anche oggi, ma parzialmente nell'ordine del 30-40 per cento della complessiva attività, viene svolta dalla MCT mentre il resto la svolge la MARIBA e ciò in particolare a decorrere dall'inizio dell'anno 1997, in principio in termini ridotti e poi via via in maniera più intensa fino a raggiungere quella percentuale di cui prima dicevo.
Aggiungo che fino alla fine del 1997 la attività in questione è stata svolta in assenza di un contratto, mentre dal dicembre 97 in poi per iniziativa del vertice della società ed anche per evitare di incorrere nelle previsioni della legge cosiddetta sul caporalato, si è deciso di ricorrere alla stipula di un contratto di fornitura di servizi.
Abbiamo deciso che fosse un contratto a termine cioè della durata di 6 mesi fino al 30 maggio 1998.
Alla controparte abbiamo spiegato tale nostra decisione circa il termine del contratto, facendo presente che era nostra intenzione procedere alla assunzione di ulteriore manodopera MCT con la conseguente possibilità per la società di operare direttamente.
Ed in effetti la società, dopo aver superato un periodo di perplessità circa la assunzione di nuova manodopera nella seconda metà dell'anno 1997, con l'inizio del nuovo anno ha portato avanti questa politica di ulteriori assunzioni di dipendenti che si è concretizzata con le selezioni del nuovo personale nel febbraio-marzo 98 e avviamento ai corsi dall'aprile del corrente anno.
D.R. - Effettivamente il 6 aprile del corrente anno si sono verificati quegli episodi che abbiamo prontamente denunziato agli organi di polizia consistiti in quelle condotte meglio descritte nella denunzia pervenuta al Commissariato PS di Gioia Tauro. Ovviamente questo allarmante fenomeno ci ha indotto a delle considerazioni circa le ragioni del suo verificarsi. Abbiamo pensato a due possibili causali: la prima da collegarsi al tentativo di formazione di un sindacato autonomo ed in concorrenza con sindacati CIGL-CISL-UIL; la seconda è quella di una manovra esterna proveniente proprio dalla società MARIBA determinata dalla nostra volontà di assumere quelle 120 persone che poi di fatto, una volta addestrate avrebbero svolto e svolgeranno la attività di rizzaggio e derizzaggio.
La ragione di tale ipotesi riposa anche nel fatto che quella stessa mattina la MARIBA, in persona di suoi dipendenti regolarmente entrati all'interno del terminal, a differenza dei nostri dipendenti che non entravano, ci rappresentò che sarebbe stata in condizioni di svolgere anche altre attività connesse al procedimento di sbarco ed imbarco dei container.
Ovviamente la nostra risposta fu negativa.
Di fatto la attività quella mattina al 90 per cento non si è svolta.
In merito a queste questioni ho di recente parlato con il dott. MAURO, Dirigente del Polo di Polizia di Gioia Tauro, della nostra volontà di ridurre sostanzialmente l'utilizzo di MARIBA in tempi rapidi, attraverso le seguenti soluzioni: la costituzione di una nostra società con lo specifico compito di svolgere la detta attività; l'impiego della nuova manodopera assunta e l'assunzione di ulteriore manodopera oltre alle nuove 120 assunzioni, nuova assunzione che peraltro è già in corso.
Nel contempo ho consegnato al dott. MAURO un elenco di soggetti che la MARIBA ha dichiarato come suoi dipendenti perché ne verificasse la affidabilità. Debbo dire che l'esito di tale mia richiesta non è che sia stato rassicurante.
D.R. - la S.V. a questo punto mi dà lettura di parte di una conversazione telefonica intercorsa in data 28.11.1997 tra il sig. Carlo MONTESANO ed il dott. Walter LUGLI, e precisamente quella contenuta nelle pagine 62 e 63 sino alla metà di quest'ultima pagina della informativa della Polizia di Stato del 6 aprile 1998. Debbo subito dire che ho avuto contatti col MONTESANO, la cui figlia è responsabile della società CRGT che opera all'interno del terminal per la riparazione dei container e per la attività di monitoraggio rifer, cioè controllo della temperatura dei container frigorifero; quest'ultima è l'attività di maggior rilievo dal punto di vista economico. Ciò posto è vero che il MONTESANO più volte mi ha parlato della intenzione della CRGT di estendere la sua attività non al rizzaggio e derizzaggio come pare emergere da
quella conversazione, bensì alla attività di riempimento e svuotamento di container, pulizia piazzali, smaltimento rifiuti, forniture acqua, riparazioni a bordo navi, ecc., buona parte della quali attività è svolta in atto dalla MARIBA.
Ed è per questo che nel corso dei nostri contatti il MONTESANO mi ha parlato del pericolo MARIBA usando la espressione "lei sa chi c'è dietro la MARIBA". In buona sostanza il discorso del MONTESANO era questo: desiderava che fossimo noi ad iniziare a svolgere tali attività in maniera tale da fare da sponda alla CRGT perché potesse poi essa inserirsi nello svolgimento delle stesse.
E questo in pratica perché non si sentono in condizioni di svolgere alcuna attività senza la "protezione" della MCT, a suo dire per via della presenza della MARIBA e "altri" che non so chi siano.
Infatti quando nel dicembre dello scorso anno abbiamo notificato alla CRGT la nostra intenzione di non rinnovare più il contratto che consente alla stessa di fruire del nostro capannone e di occupare la nostra area, ivi compresi alcuni nostri uffici, il MONTESANO ci ha pregato di concedergli del tempo perché altrimenti avrebbe dovuto tornarsene a Reggio Calabria."
Alla stregua delle suddette risultanze la Commissione ha ritenuto opportuno procedere ad un approfondimento dei fatti ed ha acquisito copia integrale della documentazione societaria relativa alla MARIBA presso la camera di commercio di Reggio Calabria.
Tenuto conto di quanto scritto dal GIP nell'ordinanza cautelare sopra richiamata, l'obiettivo di questa autonoma indagine documentale della Commissione antimafia, avviata dopo l'audizione di Marco Vitale, era l'esame dei dati economico-contabili esposti nei bilanci della cooperativa, al fine di verificarne entità e modalità della capitalizzazione e delle immobilizzazioni della Mariba.
In sostanza, la Commissione ha ritenuto che dai bilanci e dai verbali depositati potessero trarsi elementi ulteriori e meritevoli di considerazione al fine di acclarare le modalità del richiamato controllo di quell'impresa da parte di esponenti della 'ndrangheta ed, eventualmente, la circostanza della sua funzionalizzazione a trasferimenti di denaro alla 'ndrangheta, dissimulati contabilmente come corrispettivi di cessioni di beni e servizi, o altro.
E, alla stregua delle prime risultanze, questo indirizzo dell'inchiesta è apparso meritevole di particolare attenzione, attesa la particolare significatività delle considerazioni rassegnate dal GICO della Guardia di finanza nella nota di accompagnamento alla trasmissione degli atti a questa Commissione, che ora verranno esaminati.
Il capitale sociale della MARIBA Società Cooperativa Navale a.r.l., pari, all'atto della costituzione, a lire 600.000, è rimasto invariato fino al 1995: in tale esercizio è stato aumentato a lire 700.000.
Gli elementi economico-contabili esposti nei bilanci di esercizio, la cui dinamica è descritta in nota (146), evidenziano ulteriori interessanti elementi, sia per quello che essi stanno ad indicare, sia per quanto di non chiaro e non veridico essi possano evidenziare.
I dati relativi alle voci passive dei bilanci, se da un lato non consentono una puntuale ricostruzione delle condizioni economiche della cooperativa, per la loro indeterminatezza impongono una puntuale verifica del contesto in cui si formarono le significative passività esposte e richiamate: ciò al fine di conoscere le controparti negoziali di MARIBA, l'oggetto delle prestazioni di beni e servizi ad essa resi da terzi e l'identità dei destinatari dei pagamenti: e su questa prospettiva appare necessario investire l'A.G. ordinaria.
Tali considerazioni trovano peraltro un primo riscontro in una relazione degli amministratori giudiziari, nominati dal tribunale di Reggio Calabria dopo il sequestro di prevenzione della società. La relazione dice che " risulta di tutta evidenza che la mancata indicazione nei bilanci di competenza dei beni strumentali ha determinato la mancata rilevazione delle rispettive quote di ammortamento e la evidenziazione di un risultato di esercizio e di un patrimonio che non rispondono ai criteri di verità e di correttezza espressi dall'articolo 2423 del cod. civile", e soggiunge che " in una delle tante bozze sottoposte all'attenzione dei sottoscritti custodi si è rilevata la mancata imputazione del debito per imposte a carico dell'esercizio ..." (147).
La presenza di soggetti legati ad organizzazioni mafiose tra i dipendenti della MARIBA è desumibile dalle inequivoche dichiarazioni del direttore generale De Bonis, in precedenza richiamate. E, tenuto conto che la MARIBA ha avuto mediamente 12 soci, deve essersi trattato di maestranze esterne.
In argomento, particolarmente significativo appare il verbale di ispezione congiunto del Servizio Ispezione Lavoro- Inps e Inail, datato 19 luglio 1999, pertanto successivo di vari mesi all'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti degli amministratori della società e al decreto di sequestro (148) di prevenzione della società del tribunale di Reggio Calabria, che risale al 28 marzo 1999.
Nell'atto si diffida la ditta Mariba , nella persona del presidente, a reperire entro il 31 agosto 1999 e a tenere a disposizione degli ispettori incaricati, tutta la documentazione prevista dalla legge per l'instaurazione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato e tutta la documentazione relativa alle prestazioni previdenziali erogate ai dipendenti" e si contesta " che la società (...), negli anni 1997, 1998 e 1999, non ha tenuto fogli di presenza regolamentari e vidimati ...ha tenuto, per ciascun lavoratore, fogli di presenza mensili non regolamentari ed, in parte, compilati a matita, dei quali è in corso l'acquisizione in copie conformi all'originale ..." (149).
Dal tenore di quest'ultimo documento e, in particolare, dalle specifiche contestazioni testé richiamate, appare con tutta evidenza
che la cooperativa Mariba non aveva subito - prima degli arresti - alcuna significativa attività ispettiva da parte degli organi competenti, sebbene nella seduta del 10 novembre 1998 della Camera dei Deputati, il rappresentante del governo, onorevole Soriero avesse dichiarato che "occorre caratterizzare un'azione di ulteriore attenzione sulla società Mariba nonché su altre società che operano già all'interno del porto nel campo dell'organizzazione dei servizi affinché quest'ultima possa essere garantita nella massima trasparenza. Nata come società cooperativa di soli nove soci, la suddetta società invece di attuare i principi della cooperazione, della solidarietà e della partecipazione, ha affrontato il bisogno di lavoro attraverso forme che io chiamo di moderno "caporalato" ... (150)"
Deve inoltre essere rilevato che nel porto di Gioia Tauro sembra che anche la distribuzione dell'acqua ad uso potabile abbia costituito un affare interessante per la mafia.
Nell'ordinanza del GIP Santalucia risulta richiamata una conversazione tra Chiara Montesanto e Walter Lugli, avvenuta in data 27.2.1997, in cui la giovane imprenditrice "esterna la preoccupazione per possibili attentati alla vita per il caso che decidesse di contrastare l'invadente presenza della società MARIBA, impegnata fra l'altro nella fornitura, all'interno del porto di Gioia Tauro, di acqua potabile, che peraltro non è attinta da un pozzo autorizzato".
Sul punto il GIP richiama ulteriori circostanze che confermano l'impiego "all'interno dell'area portuale di una autobotte in pessime condizioni", adoperata dalla società MARIBA per la fornitura di acqua potabile, che peraltro prelevava "l'acqua da un pozzo non rientrante tra quelli sottoposti a controllo dalle competenti Autorità" (151).
Negli atti giudiziari si parla anche di attività di guardiania effettuate dalla MARIBA.
È lo stesso GIP di Reggio Calabria che fa vi fa riferimento richiamando quanto evidenziato dalla polizia giudiziaria.
L'argomento è stato anche affrontato nel corso dell'audizione del dr. Marco Vitale, Presidente del consiglio d'amministrazione della MEDCENTER nella seduta della Commissione antimafia del 23 febbraio 1999.
Alla specifica domanda di un membro della Commissione: "La Mariba esercita anche attività di guardiania all'interno del porto ...?", il Vitale rispondeva testualmente: "Vorrei chiederle innanzitutto cosa intende per servizi di guardiania? Di guardia dei cancelli? Se intende sorveglianza del porto la risposta è negativa".
Il carattere obiettivamente parziale di siffatta risposta e la sua contraddizione con quanto riferito dalla p.g., e sostenuto dal GIP, ha reso necessario evidenziare anche questa specifica circostanza.
Per una più completa valutazione di questa parzialità e contraddittorietà, è necessario considerare che, all'esito dell'istruzione dibattimentale del procedimento relativo ai fatti dell'occupazione mafiosa del porto di Gioia Tauro, il pubblico ministero ha richiesto in requisitoria la trasmissione al suo ufficio di copia delle dichiarazioni rese dal Vitale, ritenendovi ipotizzabile il reato di falsa testimonianza.
Se questi, in sintesi, sono i fatti relativi alla Mariba, desumibili dagli atti giudiziari e dalla documentazione acquisita dalla Commissione, è opportuno ricordare che ancora il 3 novembre 1998, nel corso della riunione del Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro, presieduto dall'onorevole Giuseppe Soriero, il prefetto di Reggio Calabria dr. Rapisarda, così testualmente si esprimeva: "... ovviamente, nonostante i sicuri riscontri positivi che sta dando il porto ... alcune smagliature si sono verificate. Si fa riferimento alla vicenda del monopolio della MARIBA che pare, tuttavia, in via di superamento anche per l'iniziativa assunta dalle OO.SS che starebbero dando vita ad una nuova cooperativa sotto il loro diretto controllo ed in collaborazione con la lega delle cooperative ..." (152).
Non altro sulla "smagliatura" è dato desumere dalla relazione prefettizia al Comitato presso la presidenza del consiglio dei ministri. In questa relazione del 3 novembre 1998, il "superamento" del "monopoli della Mariba" è inserito in un giudizio complessivo del Prefetto sull'intervento antimafia: "Si è voluto creare intorno al porto un'area di fattivo intervento e, in collaborazione con questa prefettura, con la magistratura e le forze dell'ordine, un vero e proprio «cordone sanitario» nei confronti della malavita organizzata che con ogni mezzo tenta di infiltrarsi nelle attività del porto. Proprio nei giorni scorsi è iniziato a Palmi il processo per il tentativo di estorsione ai danni della Medcenter. Il controllo è costante e continuo su ogni tipologia di attività e la collaborazione, sempre ai massimi livelli, è stata sancita dal patto di legalità firmato in questa prefettura". Dopo la presa d'atto della relazione, nel resoconto sommario della riunione del 3 novembre 1998 del Comitato si legge che l'onorevole Soriero "esprime preoccupazione per i rischi di infiltrazioni mafiose nelle attività connesse al porto e per le tensioni che si registrano nell'area" e informa "di avere assunto iniziative nei confronti della Procura nazionale antimafia (153) e di aver sollecitato ...un'audizione in Commissione parlamentare antimafia".
È da osservare che queste preoccupazioni e queste iniziative denotano un forte allarme e l'esigenza di una adeguata azione antimafia da parte della competente dell'autorità prefettizia, come ribadito dallo stesso Presidente del Comitato per il coordinamento nell'udienza dibattimentale del tribunale di Palmi del 4 febbraio 2000 (154).
Né agli atti della Commissione altro è risultato circa l'esercizio da parte del Comitato medesimo (nel quale si confrontavano forze edistituzioni diverse) di concrete azioni di prevenzione (155) e circa l'esercizio da parte dell'autorità prefettizia dei poteri di controllo preventivo di cui al trasferimento delle deleghe già attribuite all'Alto Commissario antimafia del dicembre 1992 o di specifiche iniziative dei comitati provinciali dell'ordine pubblico e della PA.
Il riferimento è ad un sistema della prevenzione non adeguatamente attuato nel territorio nazionale, e ancor più in Calabria, e precisamente:
* all'attività del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, previsto dall'articolo 20 della legge 1 aprile 1981, n. 121;
* all'esercizio delle specifiche competenze conferite ai Prefetti in relazione al pericolo di infiltrazione da parte della delinquenza organizzata nel settore delle opere pubbliche e dei pubblici appalti;
* alle determinazioni del Comitato provinciale della P.A.
(156), previsto dall'articolo 17 del DL 13 maggio 1991, n. 152 (G.U. 13-5-1991, n. 110) convertito con modifiche in Legge 12 luglio 1991, n. 203 (G.U. 12-7-1991, 162).
Il mancato controllo del territorio ha avuto conseguenze particolari: da un lato perché non è stata assicurata un'adeguata vigilanza sulla movimentazione dei containers, che potevano nascondere merci di varia natura comprese armi, droga, scorie, con un'altissima probabilità di transitare nel porto senza verifica alcuna; e, dall'altro lato, perché il master plan ha subito varie modifiche, e , nelle diverse stesure, reca i segni evidenti di vari condizionamenti, compreso quello mafioso (157).
Tanto premesso, va detto che della Mariba si legge anche nel "dossier informativo" a firma Vitale, datato 27 gennaio 1999 e pervenuto il 2 febbraio 1999 alla Commissione antimafia (classificato come Esposto n. 1706) (158).
Di tale dossier, per molti aspetti degno di interesse, occorre pertanto dare ora contezza.
Il primo dei documenti del dossier trasmesso dal dr. Vitale è il verbale del consiglio di amministrazione della società, tenutosi il 19 gennaio 1999, con all'ordine del giorno "Informazione e valutazione degli eventi in relazione alla recente azione della magistratura nella piana di Gioia Tauro".
Nella sua relazione introduttiva a questa riunione del C.d.A., il presidente Vitale sottolinea la necessità di "distinguere tra MCT e le altre società che operano nel porto" e, richiamate "le difficoltà ambientali incontrate da MTC ... dall'inizio dell'attività ad oggi", evidenzia sia "l'impossibilità, in alcuni casi, di reperire per alcune tipologie di servizi, una pluralità di fornitori" sia la circostanza che "tutti i fornitori che operano nel porto sono esplicitamente autorizzati a ciò dalle autorità competenti".
Da ciò, secondo Vitale, la difficoltà, "se non l'impossibilità", da parte di MTC, di effettuare una verifica sulla compagine societaria dei fornitori, "finalizzata a conoscerne l'appartenenza o meno ad aggregazioni sospette".
Il presidente della MTC richiama poi le "azioni decise ed importanti" rivolte a diminuire il ricorso a quei fornitori che "da indiscrezioni fornite dalle autorità competenti", venivano individuati "come aventi azionisti con connessioni personali pericolose«/I»".
In particolare, riferendosi a MARIBA, "unica società autorizzata a fornire nel porto di Gioia Tauro servizi di rizzaggio e derizzaggio", Marco Vitale aggiunge che appena la MTC "venne a sapere, informalmente, dei sospetti che gravavano su detta società, iniziava una decisa e rischiosa azione di riduzione dei servizi richiesti", azione ritardata dall'intervento di "organismi statali, locali e sindacali che avevano fatto pressioni su MTC a sostegno di MARIBA", mentre il ministero dei trasporti riteneva non praticabile il ricorso al lavoro interinale. E partendo da tali premesse, Vitale stigmatizza la generalizzazione dell'informazione giornalistica.
All'esito della riunione del 19 gennaio 1999, il consiglio di amministrazione della società decide di rendere "ancora più rigorose le procedure degli acquisti, subordinando l'inserimento nell'albo fornitori ad uno specifico monitoraggio".
Viene quindi approvata una apposita ed articolata delibera (159).
Durante l'audizione del VITALE, nel corso degli interventi di alcuni parlamentari, si evidenziava come il VITALE e la sua società avessero ben chiara da tempo la consapevolezza degli interessi mafiosi nel porto, con i quali avevano convissuto, e si chiedeva quale fosse stata la ragione di tale mutato atteggiamento.
In effetti una delle vicende che il VITALE aveva denunziato - e che qui di seguito si riporta - alimentava questi sospetti. Anomali apparivano i rapporti tra la MEDCENTER ed altre compagini non propriamente limpide operanti nel porto di Gioia Tauro: il riferimento è alla cosiddetta "truffa del gasolio".
Nel dossier Medcenter è inserito infatti un comunicato (160) dello stesso Vitale, nella qualità di presidente MTC-Contschip, che, tra l'altro, richiama la vicenda dei lavori interinali e divulga un episodio di tentativo di truffa a mezzo di falsa fatturazione.
Su queste vicende, così testualmente egli riferisce:
"4. MTC ha avuto un solo autentico episodio di tentativo di estorsione un paio di anni fa.
In quella occasione denunciò la cosa, il che portò al rapido ed efficace intervento delle forze dell'ordine e alla denuncia dei responsabili.
Nel corso del 1998 ha poi subito una truffa nella fornitura di combustibile (fatture per merce non ricevuta) anche questa prontamente denunciata. Ma si tratta di un tipo di truffa non tipica che poteva verificarsi ovunque.
A seguito di questo fatto abbiamo fatto compiere un'indagine a tappeto su tutti gli acquisti dall'inizio della società, anche con la collaborazione dell'Arthur Andersen, indagine sia sulle procedure che sulla sostanza e non sono emerse anomalie.
Nessun altro evento, che possa alimentare sospetti o pericoli, si è verificato nella gestione della società.
Le assunzioni, i grandi investimenti, le operazioni sostanziali sono gestiti e controllate da uomini e con modalità di assoluta sicurezza ed affidabilità".
La tematica della cd. truffa del gasolio è oggetto anche della note datate 22 maggio e 20 novembre 1998, inviate al sostituto procuratore Pennisi, della DDA di Reggio Calabria e delle relazioni ad essa allegate (161), entrambe inserite tra la documentazione trasmessa alla Commissione antimafia il 27 gennaio 1999.
Dall'esame di questi atti si evince che la vicenda del gasolio sarebbe giunta a conoscenza dei vertici aziendali (162) con la nota interna (163) trasmessa dal responsabile amministrativo Maria Rosaria Alfi al direttore generale ing. Francesco De Bonis.
Questa informativa, che ha ad oggetto i "rapporti tra MTC e fornitori di carburante", richiama , in primo luogo , l'andamento dei rapporti con la Kero Sud S.r.l. (164), che risulta "regolamentato a
mezzo contratto stipulato in data 1/1/1996" ( non dà alcuna notizia sul periodo precedente al gennaio 96, ma evidenzia che quel contratto è stato risolto dalla MTC in data 8/7/1997 a seguito delle notizie, "apprese a mezzo stampa", del sequestro di prevenzione subito dal fornitore, "per connessioni di tipo mafiose").
Il comportamento fraudolento lamentato dalla MTC si sarebbe sostanziato con l'emissione di 8 fatture emesse dalla Kero Sud per apparenti forniture di combustibile, con datazione compresa tra il 3/5/97 e il 13/6/97, per un importo di complessive lire 144.750.000.
La nota della Alfi evidenzia anche che, dopo l'interruzione del rapporto con la Kero Sud (165) (il testo non ne precisa la forma e il contenuto), dal 8/7/97 la MTC si era rifornita di gasolio direttamente dalla filiale di Catania della società Atriplex S.r.l. (indicata quale società del gruppo AGIP Petroli per attività di commercializzazione e distribuzione): tuttavia le consegne erano state comunque effettuate dalla Kero Sud, commissionaria del nuovo fornitore, anche se "i rapporti interni, le richieste di approvvigionamento e la conseguente fatturazione avvenivano ... direttamente tra MTC ed Atriplex".
Ma anche questo rapporto avrebbe comportato analoghe anomalie, tanto che erano state contestate ulteriori 10 fatture, emesse dal 16/2/1997 al 31/1/1998, per un importo complessivo di lire 239.096.124.
Pertanto sarebbero circa 400 milioni di lire i pagamenti per forniture di gasolio "anomali": anche se non risulta descritto il quadro completo degli acquisti di carburante relativo al periodo, dal tenore della nota Alfi deve desumersi che tutta la fatturazione "contestata", emessa dai citati fornitori, sarebbe stata contabilizzata e pagata dalla MTC a fronte di operazioni in tutto o in parte inesistenti.
Il documento richiamato evidenzia inoltre che, dal 18/2/1998, "non essendo la Atriplex in condizioni di continuare a fornire il carburante richiesto direttamente (cioè non utilizzando la Kero Sud) a condizioni economiche vantaggiose, la MTC si rifornisce direttamente dai depositi di Vibo Valentia, tramite il rivenditore autorizzato Esso ed AGIP (Perretti Petroli)".
Dalla documentazione trasmessa si evince comunque che per acquisti carburanti la MTC ha speso lire 2.243.833.000 nel 1996 e lire 5.681.513.000 nel 1997 (166).
Venivano pertanto disposti dei controlli interni (167). Dopo i controlli interni l'azienda costituiva una commissione per "per individuare
le cause di quanto accaduto ed implementare le necessarie azioni correttive", che, analizzate le varie fasi di controllo presso gli uffici interessati all'acquisto del gasolio, rilevava i seguenti punti critici della procedura:
1) Assenza di una procedura acquisti effettiva e cogente per la gestione degli ordini aperti/contratti quadro;
2) Iter di acquisto del gasolio affidato di fatto alle consuetudini;
3) Circolazione di documenti non originali (fotocopie e fax);
4) Inesistenza di controlli sistematici e procedimentalizzati a tutti i livelli;
5) Non ben specificata definizione delle responsabilità;
6) Per quanto riguarda l'ultimo fornitore, mancanza di un contratto formalizzato, ordini effettuati solo a fronte di offerta (168).
La vicenda veniva di nuovo formalmente considerata dai vertici aziendali in una riunione tenutasi il 30 aprile 1998, oggetto di una formale verbalizzazione, "per esaminare il primo verbale del lavoro svolto dalla Commissione" istituita il 7.2.1998 (169).
La "truffa del gasolio" e la successiva "approfondita indagine amministrativa" effettuata da una commissione interna MTC, "supportata dalla società di revisione e certificazione Arthur Andersen" su tutti gli acquisti effettuati dall'avvio della società sono oggetto della
citata nota trasmessa in data 20 novembre 1998 al dr. Pennisi, sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria.
Ad essa sono allegati due documenti: la relazione finale "Audit acquisti MCT", datata 29 ottobre 1998, a firma De Bonis (170) (direttore generale, Martini, direttore amministrativo di gruppo e Ciulli responsabile qualità LSCT/MTC) e una relazione Arthur Andersen S.p.A. sugli acquisti MCT, datata 16 settembre 1998 (171).
Il tema dei rapporti Medcenter, Kero Sud, e, in particolare della sostituzione della Kero Sud con la Atriplex per la fornitura di carburanti è stato oggetto di specifiche trattazione nelcorso dell'audizionen del Vitale da parte della Commissione. Tuttavia ai rilievi mossi circa l'apparenza della sostituzione medesima (di fatto l'Atriplex utilizzava comunque la sua concessionaria Kero Sud) il prof. Vitale ha risposto in maniera incerta "non ricordo francamente questi dettagli..." (172).
Quanto ricostruito a proposito delle false fatture consente l'ipotesi che non di truffa si tratti, ma di pagamenti impropri che sarebbero stati effettuati da MTC a soggetti economici controllati da organizzazioni mafiose: ma i profili di merito, attualmente oggetto di indagine giudiziaria non consentono anticipazione di conclusioni.
Tra le numerose conferme e i tanti riscontri che potrebbero portarsi sul quadro fin qui delineato della resistibile occupazione mafiosa del porto di Gioia Tauro, appare, qui, indipensabile citare per la sua emblematicità la vicenda relativa alla confisca e alla assegnazione di un bene il cui valore va ben al di là della sua cifra patrimoniale in quanto appartiene al potere mafioso e ne è anche uno dei simboli.
Quando il Ministro delle Finanze consegna al Sindaco di Gioia Tauro il complesso immobiliare "Euromotel", confiscato alla cosca Piromalli- Molè da parte della Autorità Giudiziaria, e questi ne mette in atto la destinazione sociale decisa dal Comune, la reazione eversiva non si fa attendere: si tenta di colpire, di eliminare, il governo del Comune attraverso le dimissioni di diversi consiglieri comunali
(173). Questo gesto si combina con l'attacca mosso alla Commissione antimafia attraverso la querela contro il Presidente Del Turco, che ne aveva "offeso la reputazione", salutando la confisca alle cosche e la destinazione sociale dell'Euromotel, e osservando, a proposito delle dimissioni dei consiglieri, come poteva darsi, forse, che si trattasse di una "coincidenza", ma che "a Gioia Tauro non è certo il «caso» a decidere il corso delle cose" (marzo 1999).
L'analisi qui condotta del caso Gioia Tauro è precedente alla conclusione del processo presso il tribunale di Palmi, che, in data 23 maggio 2000, si è risolto in una sentenza.Per la sua rilevanza se ne riproduce qui integralmente il dispositivo:
"..... Proc. N. 290/98 + 239/99 R.G. Trib.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale, visti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara:
- Piromalli Giuseppe colpevole dei reati ascrittigli e, ritenuta la continuazione fra gli stessi, lo condanna alla pena di anni 26 (ventisei) di reclusione;
- Molè Girolamo colpevole dei reati ascrittigli e, ritenuta la continuazione fra gli stessi, lo condanna alla pena di anni 20 (venti) di reclusione;
- Bellocco Carmelo colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 17 (diciassette) di reclusione;
- Fondacaro Gesuele colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 14 (quattordici) di reclusione;
- Piromalli Gioacchino colpevole dei reati di tentata estorsione aggravata e di partecipazione ad associazione di stampo mafioso ascrittigli e, ritenuta la continuazione fra gli stessi, lo condanna alla pena di anni 14 (quattordici) di reclusione e lire sei milioni di multa;
- Sorridente Luigi Emilio colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 13 (tredici) di reclusione;
- Copelli Antonino colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 11 (undici) di reclusione;
- Ruggiero Gianfranco colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 11 (undici) di reclusione;
- Sappia Sebastiano colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 10 (dieci) di reclusione;
- Liberati Giancarlo colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 10 (dieci) di reclusione;
- D'Agostino Francesco colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 9 (nove) di reclusione;
- Bellocco Domenico colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 9 (nove) di reclusione;
- Albanese Girolamo colpevole del reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 9 (nove) di reclusione;
- Stanganelli Domenico colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 9 (nove) di reclusione;
- Zito Antonio colpevole dei reati di tentata estorsione aggravata e di partecipazione ad associazione di stampo mafioso ascrittigli e, ritenuta la continuazione fra gli stessi, lo condanna alla pena di anni 8 (otto) e mesi 6 (sei) di reclusione e lire quattro milioni di multa;
- Sicari Giuseppe colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 6 (sei) di reclusione e lire due milioni di multa;
- Zungri Antonio colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 5 (cinque) e mesi 4 (quattro) di reclusione e lire due milioni di multa;
- Cantafio Dino colpevole del reato ascrittogli e lo condanna alla pena di anni 3 (tre) di reclusione.
Condanna tutti i predetti imputati, in solido, al pagamento delle spese processuali e pro-capite di quelle di custodia cautelare.
Visto gli artt. 29 e ss c.p. dichiara tutti i predetti imputati, ad eccezione di Cantafio Dino, interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e legalmente per la durata della pena.
Visto l'articolo 29 c.p. dichiara Cantafio Dino interdetto dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Visto l'articolo 32 quater c.p. dichiara tutti i predetti imputati, ad eccezione di Sicari Giuseppe, Zungri Antonio e Cantafio Dino, incapaci di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata della pena.
Visto l'articolo 240 comma 1o c.p. ordina, con riferimento alle quote sociali degli imputati condannati, la confisca delle società:
- Lavisud s.a.s.;
- Babele Publiservice s.r.l.;
- Beton Medma s.a.s.;
Kero-sud s.r.l.
Confisca di quant'altro in sequestro.
Visto gli artt. 538 e ss. c.p.p. condanna i predetti imputati, in solido, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, nei confronti delle costituite parti civili;
- Comune di Gioia Tauro in persona del sindaco pro-tempore;
- Lavorato Giuseppe, nella qualità di sindaco del Comune di Rosarno;
- Comune di San Ferdinando in persona del suo rappresentante legale;
- Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria;
- Regione Calabria, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro-tempore, e altresì al pagamento delle spese processuali in favore delle suddette parti civili che si liquidano:
- per il Comune di Gioia Tauro in lire 24.000.000 (ventiquattromilioni) di cui quattro milioni per spese e venti milioni per onorari;
- per Lavorato Giuseppe, nella qualità di sindaco del Comune di Rosarno in lire 8.730.000 (otto milioni settecentotrentamila) di cui tre milioni settecentotrentamila per spese e cinque milioni per onorari;
- per il Comune di San Ferdinando in lire 7.000.000 (sette milioni) di cui due milioni per spese e cinque milioni per onorari;
- per l'Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria in lire 5.960.000 (cinquemilioni novecentosessantamila) di cui novecentosessantamila per spese e cinque milioni per onorari;
- per la Regione Calabria in lire 8.000.000 (otto milioni), oltre rimborso forfettario, IVA e CPA;
Rigetta le richieste di risarcimento delle altre parti civili, nonché la richiesta di provvisionale avanzata dalla Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria.
Visto l'articolo 530 c.p.p. assolve:
Bellocco Giuseppe, Priolo Giuseppe e Balsamà Carmelo dal reato loro ascritto per non aver commesso il fatto;
Visto l'articolo 530 comma II c.p.p. assolve:
Bellocco Umberto, Pesce Savino, Saffioti Fausto, Copelli Francesco, Copelli Salvatore e Fondacaro Marcello dai reati loro rispettivamente ascritti per non aver commesso il fatto.
Visto l'articolo 530 comma II c.p.p. assolve Riso Vincenzo dal reato di tentata estorsione aggravata ascrittogli perché il fatto non costituisce reato.
Visto l'articolo 530 comma II c.p.p. assolve Piromalli Gioacchino, Riso Vincenzo e Zito Antonio dal reato di porto e detenzione illegale di armi comuni da sparo loro ascritto per non aver commesso il fatto.
Visto l'articolo 530 comma II c.p.p. assolve Albanese Girolamo dal reato di tentata estorsione aggravata ascrittogli per non aver commesso il fatto.
Ordina l'immediata scarcerazione degli imputati Peiolo Giuseppe, Balsamà Carmelo, Pesce Savino e Copelli Salvatore se non detenuti per altra causa.
Revoca la misura cautelare della custodia in carcere emessa l'11 gennaio 1999 dal G.i.p. di Reggio Calabria nei confronti di Bellocco Giuseppe nel procedimento n. 35/96 N.R. DDA.
Dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica in sede e alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria.
Visto l'articolo 304 comma 1 lett. c) c.p.p. dispone la sospensione dei termini di custodia cautelare durante il termine di deposito.
Giorni 90 per il deposito della motivazione.
Palmi 23 maggio 2000
Firmato: Il Presidente"
Come si evince dalla lettura del testo e, in maniera particolare, dalla confisca di alcune delle società su cui si è approfondita la nostra analisi, la sentenza conferma pienamente la ricostruzione e i giudizi della relazione. Attenzione dovrà essere posta dalla Commissione e nella relazione sulla 'ndrangheta alle motivazioni di questa sentenza e ad ogni altra risultanza processuale e di specifiche attività di indagine, quali potrebbero p.es. essere i documenti richiesti dalla Commissione alla DDA di Reggio Calabria relativi ai rapporti di polizia giudiziaria del maggiore De Donno, che il dott. Boemi ha risposto di non poter trasmettere a tutela di indagini ancora in corso (lettera del dott Boemi del 26 giugno prot. n. 12710 e successivo decreto del 17 luglio 2000 prot. n. 13037). La Commissione auspica che la DDA di Reggio Calabria possa in tempi rapidi proseguire e portare a compimento i propri sforzi per accertare e perseguire, a 360 gradi, ogni responsabilità che riguardi esponenti delle istituzioni, uomini politici, pubblici amministratori, imprenditori, liberi professionisti, colletti bianchi, capibastone e picciotti.
DECRETA
DECRETA
(133) RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA 43 SEDUTA, 23 febbraio 1999, pag. 47, Audizione del sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria dr. Pennisi. Il magistrato spiega che si "blindava" un fenomeno che "si era verificato a monte, prima che intervenisse questo cordone sanitario attorno agli accordi che si erano definiti Ravano sui recava a Gioia Tauro nella seconda metà del 1993. Nel giugno del 1993 la cosca mafiosa Piromalli-Molè era stata colpita da una raffica di ordinanze di custodia cautelari. Questo avveniva mentre l'AG procedeva nei confronti di queste persone, dichiarando al mondo che Piromalli Giuseppe, Molé Antonino, ecc., erano dei mafiosi e qualcuno scendeva a Gioia Tauro per guardarsi attorno e stringere rapporti con esponenti di quelle stesse persone che non potevano venire all'esterno perchè latitanti. Stretti questi accordi, mandato avanti tutto il discorso successivo, alla fine si blinda questa situazione. Questo può essere il passato dal quale si possono trarre insegnamento per evitare che nel futuro fenomeni di questo tipo possano ripetersi".
(134) Il tema delle legalità e dello sviluppo nella piana di Gioia Tauro è stato oggetto di una vasta ricerca a cura del Censis (www.svileg.censis.it/ inizia/patti-leg/gioia-tauro/sit-soc-gt.htm) che, tra l'altro, analizza una serie di significativi indicatori statistici e affronta le problematiche della capillarità della presenza mafiosa nel territorio, della capacità di infiltrazione nell'ambito economico e nelle istituzioni e della capacita di interazione delle "locali".
Per una puntuale ricostruzione storica della presenza mafiosa cfr., per tutti, E. CICONTE, 'ndrangheta, politica e imprenditorialità in un'area del mezzogiorno: la piana di Gioia Tauro, in Giornale di storia contemporanea, Roma,1, 1999, p. 89 ss. e la bibliografia ivi citata.
(135) Sull'attualità dell'infiltrazione mafiosa nelle attività economiche della piana di Gioia Tauro, compreso il porto, vedasi, da ultimo, PREFETTURA DI REGGIO CALABRIA, COMITATO PROVINCIALE PER L'ORDINE E LA SICUREZZA, Seduta del 18. 11. 1999, ove si evidenzia che vi " gravitano interessi della criminalità organizzata anche di altre province".
(136) TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA, UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARE, Ordinanza misure cautelari n. 66/98, in DOC 1250, p. 14. Sempre nella citata ordinanza del Gip Santalalucia, si legge (p. 114) che "Altra società riconducibile ai Piromalli è la BABELE Publiservice s.r.l. costituita in data 1 febbraio 1996 ed indicata da Pepè Domenico come impresa da utilizzare per il pagamento delle somme estorsivamente richieste.
L'amministratore unico di tale società è Dal Torrione Mario nato a Vibo Valentia il 23.02.1969, mentre i reali proprietari sembra possano individuarsi nei componenti della famiglia Piromalli, atteso che Cantafio Dino ebbe a dire, nel corso dell'interrogatorio reso al GIP in data 13 giugno 1997 e riferendosi all'intercettazione ambientale del 7 novembre 1997: "mi sono rivolto alla Cooperativa Babele su esplicita richiesta dell'avvocato Piromalli" cioè di Piromalli Gioacchino, classe 69.
Ed è poi da rilevare che, in occasione di una perquisizione svolta dalla DIA nell'ambito delle indagini preliminari per la cd. operazione "Gatto persiano", è stata rinvenuta e sequestrata una fattura emessa dalla Babele Pubbliservice s.r.l. il 4 aprile 1997 in favore di Gioacchino Piromalli (fattura n. 1 del 4 aprile 1997), il che attesta, come evidenzia il Pubblico Ministero nella nota di integrazione alla richiesta cautelare, il legame tra l'indicata società e Piromalli Gioacchino.
Non va trascurato che l'indicata società ha avuto in assegnazione dall'A.S.I. un'area ubicata interamente nel Comune di Gioia Tauro e posta nei pressi del fondo di proprietà di Piromalli Giuseppe cl. 1945, zio di Piromalli Gioacchino cl. 69, titolare occulto della Babele Publi-Service S.r.l.: in sede di investigazioni per l'applicazione di misure di prevenzione, erano svolti accertamenti su Piromalli Gioacchino cl. 69 ed il cugino Piromalli Antonino cl.65, anch'egli, ovviamente, nipote del latitante Giuseppe (che a conclusione del noto procedimento penale n. 1/95 R.G. Assise Palmi è stato condannato tra l'altro, insieme coi due fratelli Antonio e Gioacchino per il delitto di cui all'articolo 416 bis c.p.)".
(137) G.BARRECA-A. DE SIMONE SACCÀ-S. CRUCITTI-F. CREA, Relazione Mariba coop. Arl al tribunale dui Reggio Calabria- sezione misure di prevenzione, in DOC 1748/2, pagg. 4-5.
G.BARRECA-A. DE SIMONE SACCÀ-S. CRUCITTI-F. CREA, Relazione ex articolo 2 septies L.575/65 "Babele Publiservice Srl." al tribunale di Reggio Calabria- sezione misure di prevenzione, in DOC 1748/4, pagg. 6 ss. e in DOC 1748/15 p. 1 ss.
(138) Cfr. MINISTERO DELL'INDUSTRIA DEL COMMERCIO E DELL'ARTIGIANATO, Direzione generale della produzione industriale, Decreto Ministeriale n. 34276 del 30 giugno 1997, in DOC. n. 1748/4, p. 124 ss.
(139) Il riferimento è alla cd.operazione Gatto Siamese alle investigazioni relative alla delega n. 682/97 del 4.12.1997 e successive integrazioni, del Procuratore della Repubblica di Palmi.
(140) PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALMI, FERMO DI INDIZIATI DI DELITTO A CARICO DI PEPÉ DOMENICO + 6, per il delitto di tentata estorsione aggravata ed altro in danno della società Medcenter, n. 1018/96 RG, in data 13 giugno 1997.
(141) TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA, UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARE, Ordinanza misure cautelari n. 66/98, in DOC 1250, emessa sulla richiesta depositata in data 19 ottobre 1998 (e le integrazioni della indicata richiesta depositate in data 7 dicembre 1998 e 8 gennaio 1999) dall'Ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale in sede - Direzione Distrettuale Antimafia -, nel procedimento n. 35/96 R.G.N.R. D.D.A. (+ 54/96 + 143/96 + 42/98 + 114/98 R.G.N.R. DDA).
(142) E proprio questo ruolo tanto diffuso, che la vicenda di Gioia Tauro conclama, è messo in evidenza significativamente dalla disciplina delle misure di prevenzione (articolo 10, comma 4, legge 31 maggio 1965, n.575) che prevede l'ipotesi dell'estensione dei divieti e delle decadenze previsti dalla legge anche ad imprese, associazioni, società e consorzi di cui la persona sottoposta a misura di prevenzione sia amministratore o determini in qualsiasi modo scelte e indirizzi.
(143) Sul punto vedasi: le dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da Cantafio Dino e da Biacca Giuseppe (e da quest'ultimo confermate in dibattimento), nonché dall'incontro storicamentamente accertato sulla base di concordi dichiarazioni rese dai testi Biacca, Lugli e A.Costa in ordine ad un incontro riservato, avvenuto intorno al settembre 1993 a bordo di una barca tra Ravano Angelo e Paolillo Enrico.
Paolillo Enrico - nato a Genova il 7.8.1959, residente in Gioia Tauro, deceduto in data 23.12.1993 per cause naturali, in vita coniugato con Violante Vincenza, nata a Reggio Calabria il 3.10.1963, sorellastra del latitante Piromalli Arcangelo, classe 1972 - è risultato in rapporti con la Contship, come emerge dalle risultanze investigative (esame dei tabulati telefonici).
(144)
(145) Cfr. ante la formulazione del capo di imputazione.
(146) Il primo anno di reale attività della cooperativa è stato il 1992.
In tale anno si registra l'acquisizione di immobilizzazioni tecniche, costituite da impianti, macchinari "specifici" ed automezzi con la relativa sottoscrizione di un leasing.
A fronte di ricavi per lire 765.000.000 risultano "costi per il personale" per lire 103.000.000, costi per "servizi effettuati da terzi" pari a lire 323.000.000 e "costi per trasporti vari e corrieri" per lire 156.000.000.
L'utile ottenuto ammonta a lire 26.776.000.
Nel 1993, chiuso con un utile di esercizio di lire 54.138.000, la società ha registrato un incremento delle immobilizzazioni immateriali, a seguito delle spese di riparazione e manutenzione (che "non incrementano il costo dei beni ai quali si riferiscono") e del maxicanone leasing concernente l'acquisto di una gru.
Anche le immobilizzazioni materiali hanno subito un significativo incremento, e sono risultate pari a lire 356.636.000, a seguito dell'acquisto di 2 muletti e del "potenziamento di strutture già esistenti".
Sempre nell'esercizio 1993 si individuano immobilizzazioni finanziarie pari a lire 5.000.000, concernenti la quota di partecipazione della MARIBA nella SERPORT S.r.l., corrente in Reggio Calabria, alla via Roma 5. Detta SERPORT, come è noto, è l'agenzia marittima operante nel porto di Gioia Tauro.
Nel 1993, a fronte di ricavi per lire 1.118.994.000 sono stati sostenuti, "costi per servizi effettuati da terzi" pari a lire 303.423.000, costi per "godimento di beni appartenenti a terzi" pari a lire 361.835.000 e "costi per il personale" pari a lire 204.788.000.
Nel 1994 viene esposta una perdita di lire 84.204.000. Le immobilizzazioni immateriali risultano diminuite a seguito delle quote di ammortamento, quelle materiali sono risultate sostanzialmente invariate.
Le immobilizzazioni finanziarie hanno subito un incremento di lire 20.000.000, costituito dalle quote di partecipazione acquisite dalla MARIBA e concernenti la NAVALCONSULT S.r.l..
Pertanto le società partecipate sono: SEARPORT (lire 5.000.000) e NAVALCONSULT (lire 20.000.000)
A fronte di ricavi per lire 451.353.000 sono registrati "costi per servizi effettuati da terzi" pari a lire 33.000.000, "costi per beni appartenenti a terzi" pari a lire 116.000.000 e " costi per il personale" pari a lire 328.000.000.
È risultato allegato al bilancio un elenco dei soci.
Nel 1995 la società ha conseguito una perdita di lire 287.176.000.
Le immobilizzazioni immateriali hanno subito un decremento a seguito delle quote di ammortamento, le immobilizzazioni materiali sono ridimensionate a lire 300.000.000, a seguito di una non meglio identificata cessione di impianti specifici.
Le immobilizzazioni finanziarie sono risultate pari a lire 30.000.000 e costituite dalle quote di partecipazione della MARIBA in SERPORT e NAVALCONSULT per 15.000.000 ciascuna.
A fronte di ricavi per lire 599.556.000 sono stati registrati "costi per servizi effettuati da terzi" pari a lire 175.389.000, "costi per il godimento di beni appartenenti a terzi" pari a lire 166.731.000 e " costi per il personale" pari a lire 257.346.000.
Nel 1996 la società ha riportato un utile di lire 58.559.000.
Le immobilizzazioni immateriali hanno subito un incremento a seguito di spese di manutenzione, riparazione e ad un maxicanone leasing non ben specificato. Anche le immobilizzazioni materiali hanno subito un aumento, a seguito dell'acquisto di non meglio specificati beni strumentali. Un lieve incremento è altresì registrato nelle immobilizzazioni finanziarie a seguito dell'acquisto di un'ulteriore quota di partecipazione in SERPORT, pari a lire 583.333.
A fronte di ricavi pari a lire 699.024.000 sono stati registrati "costi per servizi effettuati da terzi" pari a lire 74.604.000, "costi per il godimento di beni appartenenti a terzi" pari a lire 126.000.000 e " costi per il personale" pari a lire 338.976.000.
Nel 1997 la società ha conseguito il significativo utile di lire 432.954.000.
Le immobilizzazioni immateriali hanno subito un incremento per spese di manutenzione, riparazioni ed ammortamento di un non meglio specificato software applicativo. Le immobilizzazioni materiali hanno registrato nel complesso una diminuzione e sono risultate costituite principalmente da impianti e macchinari specifici pari a lire 57.052.000, autocarri pari a lire 37.412.000 e carrelli elevatori pari a lire 53.800.000.
Le immobilizzazioni finanziarie sono rimaste invariate a lire 30.583.333.
A fronte di ricavi per lire 3.636.832.000 sono stati registrati "costi per servizi effettuati da terzi" pari a lire 194.407.000, "costi per il godimento di beni appartenenti a terzi" pari a lire 60.778.000 e "costi per il personale" per lire 2.641.734.000)
(147) G.BARRECA-A. DE SIMONE SACCÀ-S. CRUCITTI-F. CREA, Relazione "Mariba coop. Arl" al tribunale di Reggio Calabria- sezione misure di prevenzione, in DOC 1748/2, pagg. 4-5.
(148) Il questore di Reggio Calabria, in data 23 gennaio 1999, avanzava al tribunale proposta di sequestro e successiva confisca della Mariba soc. coop. arl.
(149) Ulteriori criticità in ordine a versamenti previdenziali relativi al saldo 1998 si evidenziano nel verbale di riunione del collegio sindacale del 15 ottobre 1999, in DOC 1748/13, p. 61.
(150) ATTI PARLAMENTARI-CAMERA DEI DEPUTATI, XIII legislatura, Resoconto sommario e stenografico della seduta di martedì 10 novembre 1998, n. 433, p. 15.
(151) Apparirà pertanto necessario verificare quali controlli, e con quali esiti, vennero effettuati sulla distribuzione dell'acqua potabile nel porto ed acquisire dal Nucleo antisofisticazione dei Carabinieri uno specifico contributo, per accertare tutti i fatti e le circostanze pertinenti e verificare la congruità e l'effettività dei controlli amministrativi e preventivi richiesti dalla normativa vigente.
(152) In precedenza, e precisamente il 27 giugno 1997, in un "appunto" al Comitato il Prefetto riferiva, tra l'altro, testualmente: " La Procura della Repubblica di Palmi, avvalendosi prevalentemente della Direzione Investigativa Antimafia, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza, ha sottoposto e sottopone ad un continuo screening le società e le ditte che gravitano intorno al Porto ed alle sue attività indotte, nonché quelle che hanno chiesto all'A.S.I. la concessione di lotti edificatori nell'ambito della circostante area di sviluppo industriale.
Si tratta di un'attività molto importante e delicata che, sulle risultanze delle investigazioni condotte dal Centro DIA, ha portato alla già cennata operazione "gatto persiano" che ha messo in luce i tentativi di estorsione perpetrati ai danni della Medcenter da Domenico PEPÈ ed altri sotto la regia delle principali cosche della zona.
È un risultato di particolare rilievo, che potrebbe non restare un fatto isolato.
All'attività investigativa della Procura della Repubblica di Palmi va, infatti, affiancata quella - altrettanto penetrante - posta in essere dalla Procura distrettuale antimafia che, avvalendosi del Centro interprovinciale Criminalpol della squadra mobile della Questura di Reggio Calabria, conduce un'indagine ad ampio spettro sulle attività portuali e su quelle di completamento della infrastrutture, delle assegnazioni di suoli da parte del Consorzio per l'Area di sviluppo industriale (ASI), delle varie forniture, appalti e sub-appalti connessi alle medesime.
È, certamente, l'indagine più importante, che dovrebbe portare a conclusioni significative e rilevanti.
In definitiva, esiste un ombrello di copertura ampio e polifunzionale, che accoppia all'attività di prevenzione e controllo dell'area articolate attività investigative e di intelligence, da cui è possibile trarre, al momento, le seguenti indicazioni di massima:
- pur operando in un contesto assai inquinato la Medcenter, ad oggi, sembra aver saputo interagirvi con accorta linearità, resistendo ai tentativi di infiltrazione; nella sua attività economica l'azienda ha certamente dovuto effettuare forniture o acquisti anche da ditte locali che, come tali, non sempre possono ritenersi assolutamente pulite, ma si è trattato - per quanto dato conoscere - di fatti occasionali e necessitati;
- gli appalti pubblici per le opere di completamento del terminal sono stati aggiudicati a ditte di livello nazionale (Todini e Ventura) che, anche nell'affidamento dei sub-appalti, non hanno al momento evidenziato attività rilevanti sotto il profilo della speciale normativa antimafia, anche se è in atto una opportuna attività di controllo.
Quanto precede però non significa assolutamente che tutto possa ritenersi a posto e, quindi, far restare tranquilli.
Se il tentativo di "estorsione frontale" posto ora in essere è stato neautralizzato, non vi è certamente da ritenere che le consorterie mafiose si fossero affidate solo a tale tentativo e non avessero avviato, o non contino di avviare, anche altre forme di penetrazione, più subdole ma altrettanto pericolose.
Dal complesso degli accertamenti finora svolti emerge chiaro un dato: l'assalto al porto di Gioia Tauro sarà anche di tipo economico e verrà dato insediandovi società ed aziende collegate alla famiglie che contano le quali, sotto la parvenza di legalità, potranno profittare della duplice veste di mafiosi - imprenditori (tale ultima qualità esercitata da opportuni prestanome) per inserirsi con la forza della intrinseca intimidazione nel complesso delle attività industriali della zona.
Del resto uno degli arrestati - di spicco - dell'operazione testé conclusa, aveva un ruolo di primo piano in una delle neo-costituite società indotte dall'attività del porto".
Per quanto riguarda quindi forniture e acquisti della Medcenter, lo stesso prefetto ammette - e addirittura giustifica ("...si è trattato - per quanto dato conoscere - di fatti occasionali e necessitati") - l'inquinamento mafioso.
(153) È dell'8 ottobre la richiesta dell'on.le Soriero di un incontro al procuratore nazionale antimafia con una lettera, in cui, riferendosi ai "colloqui intercorsi", esprime preoccupazione per alcuni "recenti episodi ... tra cui l'incendio degli 8 autobus delle Ferrovie della Calabria ...".
(154) Cfr. verbale dell'udienza del 4 febbraio 2000, p. 98 ss. ove si legge: "... avv. Orlando (Tema certificazione antimafia). La preoccupazione del prefetto è che non poteva operare nell'area portuale di Gioia Tauro una impresa che non aveva, appunto, non era in possesso della documentazione antimafia. Lei sa la Mariba per quanto tempo ha goduto della certificazione antimafia e qual era ... chi era il Prefetto che aveva rilasciato questa certificazione antimafia prima del 1998?". Soriero: "No". Avvocato Orlando "E non si è preoccupato di informarsi in tal senso? Non lo ha chiesto a nessuno? Soriero: "No, ho chiesto al Prefetto di aggiornarmi sulla situazione, e lui mi ha detto che l'azienda non aveva la certificazione antimafia". Avvocato Orlando: " Ma non rientrava quell'anno o non era mai rientrata?". Soriero:"Il prefetto Rapisarda si riferiva all'azienda nella configurazione formale che si presentava in quel momento". Avvocato Orlando:"A proposito di configurazione formale. Lei si è mai interessato di capire chi sono ... di sapere chi sono i componenti ... i soci, appunto, della società Mariba e quindi anche della configurazione formale della Mariba? ...". Soriero: "Non rientrava ...". Avvocato Orlando:" ...Ha chiesto chi, per esempio, rivestiva la qualità di presidente, di vice presidente, di segretario o chi erano i soci che appartenevano a questa società?. Soriero: "No, ma non rientravano nelle mie funzioni, avvocato" il mio compito era quello di assicurare il funzionamento della pubblica amministrazione nei confronti del porto".
Per una migliore valutazione delle risposte che l'on Soriero ha dato durante il dibattimento si riproduce integralmente il testo del decreto istitutivo del Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro":
"....... Il Presidente del Consiglio dei Ministri
Visto l'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241;
Visto il Protocollo d'intesa per lo sviluppo di iniziative nel porto di Gioia Tauro del 2.12.1993;
Visto l'Accordo di Programma del 29.7.1994, previsto nel già citato Protocollo d'intesa, sottoscritto dal Ministero del Bilancio e della Programmazione economica, dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione, dalla Regione Calabria e dalla Contship Italia S.p.a.;
Considerato che permane l'indifferibile necessità di consolidare e portare a regime lo sviluppo economico ed occupazionale, nell'area di Gioia Tauro e del Porto, accelerando e definendo gli interventi nel campo infrastrutturale, dei servizi e delle attività amministrative proprie degli Enti Locali, anche al di fuori di quanto previsto nel suddetto Accordo di Programma del 29.7.1994;
Considerato che, a fronte della tendenza fortemente espansiva delle attività del porto, per cui gli obiettivi di sviluppo del traffico e occupazione previsti nel citato Protocollo d'intesa, sono stati conseguiti in tempi dimezzati rispetto a quelli previsti, si rileva la necessità di accelerare le attività delle Amministrazioni e degli Enti sottoscrittori del Protocollo d'Intesa e dell'Accordo di Programma;
Atteso che si pone l'esigenza di proseguire ed intensificare le azioni già avviate per rimuovere i condizionamenti di ordine strutturale ed istituzionali che limitano le potenzialità di sviluppo che fanno capo al sistema portuale di Gioia Tauro e dell'area ad esso collegata;
Preso atto che le Amministrazioni e gli Enti locali interessati, nella riunione dell'11 luglio 1996, hanno concordato sulla urgente necessità di seguire in modo coordinato le fasi restanti per l'attuazione del progetto complessivo ed in particolare del sistema portuale, di individuare gli strumenti utili per accelerarne i processi ed i provvedimenti necessari alla definizione della iniziativa e recuperare la tempistica prevista dall'Accordo di programma del 29.7.94, attraverso la costituzione di un organismo di coordinamento generale e di impulso dei soggetti istituzionalmente coinvolti;
Art. 1
È istituito il Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro, con sede presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Affari Economici - Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione, composto da:
a) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Affari Economici;
b) due rappresentanti del ministero dei Trasporti e della Navigazione;
c) un rappresentante del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica;
d) un rappresentante del Ministero delle Finanze;
e) un rappresentante del Ministero dell'Interno;
f) un rappresentante del Ministero dei Lavori Pubblici;
g) un rappresentante della Regione Calabria.
I rappresentanti dei Ministeri sono designati dai Ministri competenti ed il rappresentante della Regione è designato dal Presidente della Giunta Regionale.
Al Comitato è preposto un Coordinatore che verrà nominato con successivo decreto.
Art. 2
Ai fini della puntuale e tempstiva realizzazione delle iniziative finalizzate allo sviluppo dell'area di Gioia Tauro, ed in particolare di quelle relative al sistema portuale, il Comitato ha il compito di coordinare e promuovere ogni ulteriore azione delle Amministrazioni di cui all'articolo 1, degli altri Enti e soggetti pubblici, comunque interessati, favorendo anche, nel rispetto delle disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, la conclusione di accordi e l'acquisizione di intese, concerti, nulla-osta o assensi comunque denominati integrando le competenze delle Amministrazioni e degli Enti interessati e del Comitato previsto dall'articolo 7 dell'Accordi di Programma del 29 luglio 1994.
Art. 3
Il Comitato si riunisce periodicamente su convocazione del Coordinatore e può essere integrato dai rappresentanti di altri soggetti interessati, nonché da esperti incaricati a norma dell'articolo 29 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Il Coordiantore si avvale, per le necessità del Comitato del personale in servizio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Comitato di Coordinamento delle iniziative per l'occupazione, anche secondo quanto previsto dall'articolo 6 del Protocollo d'Intesa del 2 dicembre 1993.
Il Comitato stabilisce con proprio atto le modalità della sua organizzazione e del suo funzionamento.
Roma, 14 febbraio 1997
Visto il proprio decreto del 14 febbraio 1997, con il quale è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro, con il compito di seguire le fasi conclusive per l'attuazione del progetto ed accelerare i processi necessari secondo i tempi previsti dall'Accordo di programma del 29 luglio 1994;
Ritenuta la necessità ai sensi dell'articolo 1 dello stesso decreto, di nominare un Coordinatore del suddetto Comitato;
Articolo unico
L'On. Giuseppe SORIERO, Sottosegretario di Stato per i trasporti e la navigazione, è nominato Coordinatore del Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro.
Roma, 7 aprile 1997.
(155) Risalgono infatti al 2 ottobre 1998 e al 19 novembre 1998 le lettere inviate alla Commissione parlamentare antimafia dal presidente del Comitato per il coordinamento e lo sviluppo dell'area di Gioia Tauro (in ESP. 1538). Nella nota 19 novembre 1998, a cui sono allegati il resoconto della riunione del comitato Gioia Tauro del 3 novembre 1998, il resoconto della discussione Camera dei Deputati del 10 novembre 1998, il verbale di riunione presso il Comitato Occupazione dell'11 novembre 1998, viene confermata disponibilità ed interesse ad un incontro "per verificare insieme le iniziative più utili in difesa dello sviluppo sano del territorio dell'area di Gioia Tauro")
(156) Il Comitato provinciale della pubblica amministrazione è istituito presso ciascuna prefettura ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 203/91 per assicurare il buon andamento, l'imparzialità e l'efficienza dell'azione amministrativa affidata agli organi decentrati dello Stato e agli enti pubblici.
Il Comitato provinciale della PA è presieduto dal prefetto ed è composto dai rappresentanti degli organi decentrati delle amministrazioni statali, comprese quelle ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici non territoriali aventi sede nella provincia. Può essere integrato da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, nonché degli enti locali e degli organismi interessati ai problemi da trattare. Laddove ravvisi "carenze, inefficienze o disservizi" può impartire direttive allo scopo di accertarne le cause ed eliminarne gli effetti anche richiedendo che siano eseguite ispezioni negli ambiti degli uffici decentrati delle amministrazioni statali, ecc.
Il prefetto vigila sull'esecuzione delle determinazioni adottate dal Comitato.
(157) A questo proposito l'on. Soriero ha documentato nel corso della sua testimonianza resa all'udienza del 4.2.2000 del Tribunale di Palmi nel corso del procedimento penale n. 290/98 RGTP contro Sicari Giuseppe + altri come il master plan abbia avuto una vita molto travagliata e come l'ASI si sia comportata in modo tale da determinare non pochi ostacoli. A questo proposito l'on. Soriero ha detto: "C'è stata una collaborazione molto leale e molto forte da parte della Prefettura di Reggio Calabria, da parte delle amministrazioni locali, i sindaci di Gioia Tauro, di Rosarno, di San Ferdinando, il comitato dei sindaci della Piana di Gioia Tauro, con dichiarazioni anche molto coraggiose in alcune riunioni del comitato, anche esponendosi sollecitavano a fare chiarezza su alcuni fatti. E invece ho sempre verificato una linea non trasparente da parte dei rappresentanti dell'ASI, e in qualche misura anche mi sono preoccupato di una eccessiva tolleranza da parte dei responsabili pro tempore della Regione Calabria nei confronti di questa linea non trasparente, che i responsabili dell'ASI conducevano, tra l'altro in conflitto tra di loro, il presidente e il direttore". Nella stessa udienza l'on. Soriero ha aggiunto che "... io riferisco l'esito di riunioni rispetto alle quali ho dovuto registrare una forte preoccupazione da parte dell'azienda Contship, da parte delle organizzazioni sindacali, da parte del commissario, e del commissario aggiunto, e condivise anche dal prefetto del tempo... informai anche dettagliatamente... che in maniera riservata singoli imprenditori mi esprimevano preoccupazioni perché altri imprenditori volevano costruire delle strutture di servizio che potessero concorrere alla gestione dei servizi del porto, ed erano molto intimoriti dal clima di tensione che si determinava loro attorno". Quindi, su domanda del PM, precisava: "... io sono tenuto ad un vincolo di riservatezza che hanno chiesto per motivi di sicurezza quegli imprenditori...quei signori mi hanno detto che...era a rischio la loro vita... io non voglio nuocere alla incolumità di altre persone".
(158) Il dossier prodotto dal dr. Marco Vitale consta di 6 documenti:
1. Verbale del Consiglio di amministrazione di Medcenter Container Terminal S.p.A. del 19 gennaio 1999 e relativa delibera;
2. Dichiarazioni di Marco Vitale del 14 gennaio 1999;
3. Lettera del 15 gennaio 1999 al Ministero dei trasporti e della navigazione, con allegati nota dell'Autorità Portuale di Gioia Tauro del 22/12/1998 reiterante il tentativo di impedire il ricorso al lavoro interinale.
4. Lettera del 18 gennaio 1999 al Prefetto di Reggio Calabria;
5. Lettera del 20 novembre 1998 al sostituto procuratore della Repubblica, dr. R. Pennisi, con relativi allegati (rapporti con MARIBA e lavoro interinale);
6. Lettera del 20 novembre 1998 e del 22 maggio 1998 al sostituto procuratore della Repubblica, dr. R. Pennisi, con relativi allegati sull'esame degli acquisti a seguito di truffa gasolio.
(159) Cfr. Allegato al verbale del C.d.A. di MTC del 19 gennaio 1999, alle pp.9-11 del doc. E/1706.
(160) Cfr. : Dichiarazioni di Marco Vitale, in DOC 1706, p.12.
(161) Cfr.: DOC 1706, rispettivamente, p. 49 ss. e p. 31 ss.
(162) Cfr. Verbale della riunione dei vertici aziendali tenutasi a Gioia Tauro il 7 febbraio 1998, in DOC 1706, p.55.
(163) Cfr. loc. ult. cit., p.56.
(164) Tra i soggetti raggiunti dall'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Reggio Calabria nel procedimento n. 35/96 DDA, citata, Ruggiero Gianfranco, nella sua qualità di amministratore unico della società Kero-Sud S.r.l., della società Tirreno Petroli S.r.l. e di socio della Inter-Repairs Sud S.r.l., le quali, avvalendosi della appartenenza del predetto alla 'ndrina di Gioia Tauro e, conseguentemente, della forza di intimidazione di quest'ultima nei confronti della concorrenza, si accaparrava il monopolio della fornitura dei prodotti petroliferi all'interno della struttura portuale di Gioia Tauro (Kero-Sud), e quello degli interventi sui contenitori frigoriferi utilizzati per il transhipment (Inter-Repairs Sud), ed altresì richiedeva la concessione di area demaniale per la realizzazione di depositi costieri di prodotti petroliferi (Tirreno Petroli), così costituendo, per la organizzazione criminale, un ulteriore strumento di penetrazione e controllo mafiosi all'interno della predetta struttura, e di commissione di attività illecite; Ruggiero Giovanni e Ruggiero Vincenzo, nella loro rispettiva qualità di zio e di cugino di Ruggiero Gianfranco, nonché di cointeressati alle attività imprenditoriali svolte da quest'ultimo, cooperando col detto loro congiunto nello svolgimento della attività delittuosa specificata.
(165) La KERO SUD S.r.l. ha ad oggetto sociale l'attività di imbottigliamento e commercio all'ingrosso di GPL uso domestico, l'esercizio per il commercio all'ingrosso di Kerosene, Gasolio ed Olii minerali, lubrificanti automezzi ed autovetture:
La società ha sede in Gioia Tauro via Statale 18 s.n.c. ed ha quale amministratore Ruggiero Gianfranco, nato a Gioia Tauro il 15.12.1961; sino al mese di luglio dell'anno 1997 era fornitrice del carburante necessario ai mezzi meccanici della MCT, rapporto commerciale che venne meno in seguito al sequestro patrimoniale disposto dal Tribunale - sezione Misure di prevenzione -.
(166) Cfr. Allegato I alla Relazione finale audit acquisti MTC, in DOC 1706, p. 42.
(167) Sempre sulla questione del gasolio, il verbale di "Verifica ispettiva presso MTC", datato 18 febbraio 1998, redatto da Daniele Ciulli, responsabile qualità LSCT ed Ernesto Lanzillo, Revisore Arthur Andersen, evidenzia, nel diagramma di flusso (Flow Chart) allegato, "i punti deboli" che, secondo i suddetti funzionari, possono aver favorito la truffa:
"1) La richiesta di approvvigionamento avveniva con un form cartaceo facilmente falsificabile e non con una proposta di acquisto;
2) Non vi era un ordine formalizzato ma la richiesta era telefonica (peraltro registrata su di un file excel);
3/4) Il buono entrata merci (BEM) era costituito unicamente da un timbro apposto sul documento accompagnatorio semplificato (DAS), e quindi riproducibile. Nei casi in cui il gasolio non veniva effettivamente consegnato, il buono entrata merci veniva contraffatto e apposto sui moduli DAS con firma del magazziniere falsa;
5) Il registro BEM era un brogliaccio utilizzato unicamente dal magazziniere. L'ufficio acquisti non lo utilizzava per verificare che il numero di BEM corrispondesse effettivamente alla fornitura di quella tipologia di merce;
6) Per la trasmissione sia della richiesta di fornitura che della BEM veniva utilizzato il canale interno Segreteria tecnica (r) Ufficio Acquisti: "è plausibile che le BEM false possano essere state inserite in questo canale".
7) La responsabilità del controllo fattura/documentazione deve essere diversa da quella dell'ente che effettua l'ordine".
(168) Cfr. Verbale di lavoro svolto dalla commissione incaricata presso l'area acquisti MTC, in DOC 1706, p. 50 ss.
(169) In questa occasione, il prof. Marco Vitale, presidente CSI e MTC, dopo l'approvazione delle proposte presentate dalla commissione (azioni correttive relative alla ridefinizione della procedura di acquisto, alla predisposizione di una serie di controlli fisici e a modifiche ed implementazione della struttura organizzativa) "fa comunque notare" che fin dalla riunione del 16/2/1998 aveva chiesto che l'ufficio acquisti MTC, in attesa della creazione di un ufficio acquisti a livello di gruppo o della individuazione di un nuovo responsabile, riportasse temporaneamente direttamente all'amministratore delegato".
Replicavano i due amministratori delegati Alberghini (CSI) e Iacono (MTC) che "per evitare problemi di demotivazione del direttore generale De Bonis, avevano deciso di affidargli la responsabilità temporanea dell'ufficio acquisti".
Sulla struttura e le funzioni del più volte citato ufficio acquisti di MTC, va rilevato che nel febbraio 1998 esso risultava anche deputato al controllo della fatturazione passiva.
Ne era a capo tale Michele Mammoliti. Ma, dal 4 marzo 1998, in attesa dell'individuazione di un nuovo responsabile, la direzione di tale ufficio veniva assunta direttamente dal direttore generale.
(170) Nella relazione De Bonis si dà atto che l'apposito comitato di lavoro costituito il 7 febbraio 1998 aveva il compito di individuare ed analizzare i "principali acquisti di beni e servizi effettuati dalla MTC nel corso di tutto il 1996/97 evidenziando eventuali irregolarità e proponendo conseguenti azioni correttive.
Secondo De Bonis, l'attività di analisi ha interessato "tutti i conti di beni e servizi economicamente più rilevanti" e , in specie, acquisto di beni per il magazzino, servizi di manutenzione, carburante e spese generali. L'analisi delle fatture di acquisto e dei documenti pertinenti non avrebbe consentito di rilevare irregolarità "nella documentazione", mentre i prezzi fatturati e pagati sono risultati congrui. Sarebbero invece emersi alcuni casi di irregolarità formali. Pertanto, fatta eccezione "per i noti episodi che hanno riguardato una presunta truffa nella fornitura di gasolio", la relazione conclude che "non sembra essere state condotte azioni irregolari nella sostanza"1, ma solo "una non sempre diligente osservanza delle procedure in vigore", ascrivibile alla circostanza della concentrazione nella stessa funzione di diverse funzioni (richiesta, autorizzazione e controlli).
Nel 1998 è stata potenziata la funzione acquisti con la rotazione del personale già in forza e con l'inserimento "dall'esterno" di un nuovo responsabile, mentre è stata avviata la funzione di controllo di gestione.
(171) Da parte sua la società di revisione ha riferito gli esiti dell'analisi di fatture di acquisto "selezionate" sulla base dei criteri indicati dalla committente Medcenter S.p.A. e della relativa documentazione di supporto.
In relazione agli acquisti di gasolio (fornitore Kerosud) è stato rilevato che la proposta di acquisto veniva effettuata su formulistica non standard, mentre in generale è stata osservata l'esistenza di casi in cui la descrizione della fornitura nella proposta di acquisto è risultata generica e tale da non consentirne l'accoppiamento all'ordine e alla fattura in modo certo ed inconfutabile.
"In casi non sporadici" la società di revisione ha osservato la mancata apposizione del timbro BEM sulle forniture, che farebbe ritenere non sistematico il passaggio dal magazzino.
Sono poi stati rilevati casi in cui la fattura non risultava archiviata in originale ma in copia conforme e, con prevalenza nel 1996, casi in cui la documentazione contabile ( fattura, ordine, bolla e proposta di acquisto) non era assemblata e, infine, casi in cui le quantità o i costi unitari presenti in fattura e nell'ordine non corrispondevano.
Sui costi unitari di acquisto, l'Andersen ha segnalato che le tipologie di acquisto esaminate non avevano permesso di comparare i costi di fornitura per mancanza di comparabilità dei beni acquistati. Nei casi in cui ciò era avvenuto (gasolio, pneumatici, pulizia) erano state identificate "fluttuazioni" nel tempo e tra i fornitori, delle quali, in ogni modo, era stato possibile ottenere "ragionevoli spiegazioni".
(172) Cfr. RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA 43 SEDUTA DELLA COMMISSIONE, 23 FEBBRAIO 1999, pp. 37-38.
(173) I consiglieri comunali sono M. Albanese, GG. Cento, F. Condello, F. Costa, D. Dalbis, G. Febbraro, P. Fondacaro, A. Guerrisi, G. Macrì, G. Pedà, G. Pisano, appartenenti otto all'opposizione (An, Ccd, Udr, Ri, Cdu), uno ai Ds, uno al Ppi, uno, (già di Rifondazione), ai Comunisti italiani.
Il Presidente Del turco rinunciò pubblicamente all'immunità parlamentare.