Iniziative ed eventi speciali della XIII legislatura
Il Mezzogiorno nella politica generale del dopo-Euro


Indice Introduzione Scheda di sintesi

Scheda di sintesi


1. La richiesta della Commissione bilancio di un rapporto "nazionale" sul Mezzogiorno

Procedimento per la formazione di un rapporto nazionale
La questione centrale
Un metodo che nasce dalla esperienza parlamentare appena conclusa…
…e che ha una prospettiva nella nuova fase che si apre

2. La linea del rapporto: il Mezzogiorno come oggetto di una politica generale e di una "missione" parlamentare e di governo

Lo sviluppo del Mezzogiorno come obiettivo prioritario di interesse nazionale
Le trasformazioni indotte dall’integrazione europea
L’insufficienza degli incentivi economici a fronte degli ostacoli strutturali allo sviluppo
Le politiche volte a rinsaldare il tessuto socio-economico meridionale
Politiche di contesto specifiche per il Mezzogiorno e politiche di contesto nazionali
La politica generale in Parlamento come metodo per un efficace intervento pubblico per lo sviluppo
Le politiche di missione in Parlamento come strumento per lo sviluppo
Il Mezzogiorno come missione parlamentare


1. La richiesta della Commissione bilancio di un rapporto "nazionale" sul Mezzogiorno

Procedimento per la formazione di un rapporto "nazionale"
La V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione economica) della Camera dei deputati ha avviato da tempo un approfondito dibattito sulla questione dello sviluppo del Mezzogiorno, attraverso iniziative quali la costituzione di un apposito comitato, missioni di studio nei paesi europei e l’avvio di un’indagine conoscitiva. In questo quadro, la Commissione ha richiesto al Servizio studi, all’indomani della decisione sull’avvio dell’Unione monetaria europea nel maggio 1998, di predisporre un rapporto sul Mezzogiorno nel nuovo contesto europeo, che, per la qualità degli apporti, per la visione di insieme di tutti gli aspetti di un quadro profondamente modificatosi negli ultimi anni e per l’obiettivo di mantenere una linea di sintesi rispetto ad una molteplicità di punti di vista, avesse un carattere "nazionale".
Di fronte alla portata dei mutamenti intervenuti in un tempo così breve, non bastano le pur acute interpretazioni di singole parti, ma, in un ambito nazionale, occorre una comune presa di coscienza della nuova situazione, che può aver luogo solo in Parlamento. Il rapporto è uno degli elementi che concorrono in questa direzione.
Il suo complesso procedimento di formazione (compiutamente descritto nell’appendice 1 a questa scheda) riflette questa fondamentale finalità:
  • progettazione della ricerca a partire dall’esigenza del Parlamento di fare il punto su una situazione complessa e profondamente mutata, allo scopo di adeguare il suo metodo di lavoro; verifica dell'impostazione adottata attraverso la consultazione di personalità dotate di una visione di insieme dei problemi dello sviluppo nella economia contemporanea;
  • costituzione in seno al Servizio studi di un gruppo di lavoro guidato da Giuliano Amato, che ha riunito esponenti designati dalle istituzioni che sono state ritenute maggiormente capaci di sintesi nazionale su questo tema (Banca d’Italia, Istat, Ispe, Svimez, Imes);
  • consultazione degli economisti che si sono di recente occupati di questo tema, attraverso il seminario scientifico svoltosi, sotto la guida del professor Amato il 22 giugno 1998, nonchè attraverso successivi incontri individuali e l’invio di contributi scritti (si veda l’elenco degli esperti che hanno in vario modo contribuito alla ricerca, nell’appendice 2 a questa scheda);
  • svolgimento, il 10 luglio 1998, di una giornata di studio diretta ad attivare un confronto diretto, sulla base di una relazione scritta di Giuliano Amato ("Premesse per una politica generale a favore del Mezzogiorno"), tra esponenti politici, parlamentari e di governo (Ciampi e Bassanini), la Commissione europea (Monti) e i rappresentanti di esperienze di sviluppo di altri paesi europei (Irlanda, Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna), esponenti delle autonomie locali (Bassolino, Bianco, Dinardo, Pagliuca, Poli Bortone, Rastrelli) e altre espressioni di realtà positive operanti nel Mezzogiorno in campo economico e sociale;
  • ricomposizione della molteplicità degli elementi acquisiti in una sintesi unitaria e individuazione di una conseguente linea di ragionamento sul metodo da adottare nell’ambito dell’istituzione parlamentare.

Il rapporto è pertanto completato dai volumi allegati, che ne svolgono ed integrano i contenuti. Il primo raccoglie gli atti della giornata di studio del 10 luglio. Il secondo raccoglie il resoconto stenografico del seminario scientifico del 22 giugno e i contributi scritti inviati da singoli studiosi, solo in parte inediti, ma tutti offerti dagli autori al fine di fornire uno specifico contributo a questo tipo di lavoro.
Il rapporto deve essere considerato come il frutto di questo complesso procedimento di formazione. Si propone una linea interpretativa della nuova condizione del Mezzogiorno nella fase successiva all’ingresso nell’Unione monetaria e delle politiche da adottare per favorirne lo sviluppo sociale ed economico.
L’intreccio tra la novità e la complessità dei problemi reali in uno scenario in rapida trasformazione, da un lato, e i conseguenti problemi istituzionali di metodo e di strumentazione dell’azione politica, dall’altro, costituisce pertanto la caratteristica specifica e l'asse di questo rapporto.
Da questo punto di vista, proprio l’esperienza unitaria compiuta in questi anni in Parlamento, ed in particolare nelle Commissioni bilancio, per il progressivo affinamento dei metodi della politica in tema di finanza pubblica (e cioè della questione cruciale per una intera fase storica) costituisce un importante punto di riferimento.
Proprio per la sua logica istituzionale, all’impostazione del progetto ha partecipato fin dall’inizio e nelle sue diverse fasi il Presidente della Camera dei deputati, che ha conferito alla iniziativa della Commissione bilancio il rango e la portata organizzativa che le occorreva. E per le medesime ragioni sono stati liberamente e gratuitamente offerti, da parte di singoli ed istituzioni, gli alti contributi scientifici e professionali di cui la ricerca si è potuta avvalere.

La questione centrale
La Commissione pone così una questione centrale, sottolineata con forza dalla maggior parte degli osservatori e degli esperti italiani e stranieri: il Mezzogiorno è oggi il punto più critico della politica economica nazionale nella complessa fase di avvio dell’Euro, e allo stesso tempo la più ampia riserva di potenzialità di sviluppo per l’intero paese. In questi termini la questione meridionale si ripropone come uno degli assi unificanti di una nuova politica generale secondo il metodo che nel nostro paese si è rivelato il solo capace, tra quelli fin qui sperimentati, di concentrare la forza della politica su obiettivi così vasti.
Si pone dunque il problema di come trasferire a nuovi obiettivi, in un quadro di maggiore complessità, il metodo della politica generale e le regole che hanno consentito di affrontare con efficacia la sfida del risanamento della finanza pubblica.
Non bisogna nascondersi che il quadro dei problemi con cui ci si confronta è oggi molto più complesso. Per anni la politica italiana si è in certo senso semplificata intorno ad obiettivi quantitativi (come la riduzione del disavanzo in rapporto al PIL) in cui si riassumevano tutte le politiche. Nell'alveo creato da questi obiettivi trainanti si sono sviluppate anche politiche generali di carattere sostanziale, come la riforma della pubblica amministrazione e le privatizzazioni. Oggi, quelli che sono stati per anni obiettivi di risanamento futuro assumono finalmente la veste più propria di un quadro di vincoli finanziari attuali, condizionanti gli obiettivi finali dell’azione politica Questi ultimi dovranno a loro volta recuperare la capacità di organizzarsi autonomamente in priorità autosufficienti.
L’esperienza parlamentare recente è stata così intensa e ricca che vi si possono ritrovare gli elementi di un modello innovativo per affrontare anche i problemi della crescita nel quadro del patto di stabilità. Su questo aspetto sono stati soprattutto gli uffici della Camera a portare al gruppo di lavoro i risultati di una attività interna caratterizzata dalla capacità di realizzare punti di equilibrio tra le diverse parti politiche e da un conseguente alto tasso di innovazione istituzionale fino alla recente riforma del regolamento parlamentare.

Un metodo che nasce dalla esperienza parlamentare appena conclusa…
Nel 1984 la Commissione bilancio richiese al Servizio studi di predisporre un rapporto sui meccanismi di formazione del debito pubblico.
Il "rapporto Spaventa" sulla formazione del debito pubblico in Italia, e l’ampia discussione parlamentare che ne seguì, furono uno dei passaggi fondamentali verso un approccio globale al tema della finanza pubblica, già avviato con riforme allora a metà strada - come la legge n. 468/1978, sulla contabilità pubblica (1978-1988) e l’istituzione della sessione di bilancio (1983-1989) -, ma ancora tutt’altro che radicato nella cultura politica e nei comportamenti delle istituzioni di governo. Il "rapporto Spaventa" ha contribuito a consolidare in Parlamento l’idea della enorme dimensione che il problema del debito stava assumendo e della necessità di adeguare i metodi della politica.
Attraverso lo sviluppo della sessione di bilancio come metodo per l’impostazione e il coordinamento delle politiche legislative, le Commissioni bilancio di entrambe le Camere sono state uno degli snodi non evidenti, ma concretamente fattivi della politica italiana in tutti gli ultimi venti anni.
Nel corso di essi, parallelamente a una tormentata vicenda politico-istituzionale, si è gradualmente organizzato un sistema (fatto da un lato di metodi e regole condivisi e dall’altro di politiche anche in forte contrapposizione tra loro) capace di concentrare il confronto politico e sociale su obiettivi globali di finanza pubblica, determinando l'ambito proprio di una politica generale.
Questo metodo è stato contrassegnato da alcuni aspetti completamente nuovi nella politica italiana:
  • la preventiva discussione e deliberazione in Parlamento di una politica generale basata su una analisi verificabile della situazione del paese (DPEF);
  • il primato di un obiettivo globale di politica generale preventivamente deliberato sugli obiettivi parziali delle politiche settoriali (riduzione del disavanzo);
  • la supremazia del risultato (per la quale gli effetti reali contano di più dei progetti e dei programmi) con la conseguente alternatività tra opzioni politiche e strumenti diversi;
  • l’obbligo imposto al governo di dare dimostrazione della coerenza e della efficacia delle misure proposte rispetto ai risultati globali preventivati;
  • la costante verifica dei risultati globalmente ottenuti, anche attraverso l’esame critico delle politiche e la loro correzione;
  • la concentrazione della dialettica parlamentare e della funzione critica delle opposizioni sulla coerenza delle politiche e sulla loro sostanziale efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati.

Di fronte ai radicali cambiamenti culminati nell’avvio dell’Unione economica e monetaria, la richiesta di un rapporto sul Mezzogiorno, che, negli intenti, avesse la stessa portata del "rapporto Spaventa" sul debito pubblico, ha il preciso significato di chiudere un ciclo storico e di aprirne uno nuovo proprio con riferimento al ruolo del Parlamento nell’impostazione di una politica generale in campo economico.

...e che ha una prospettiva nella nuova fase che si apre
Non è casuale né irrilevante il fatto che il termine effettivo assegnato dalla Commissione bilancio per la conclusione del lavoro (gennaio 1999) coincida con l’inizio di un nuovo esercizio finanziario, il primo dopo l’avvio dell’Unione economica e monetaria europea.
Il ciclo di decisione programmatica per il prossimo triennio si sta infatti per aprire in uno scenario completamente nuovo. La discussione parlamentare intorno al primo DPEF dopo l’ingresso nell’Euro dovrebbe trovare, prima della sua presentazione, l’asse strategico e metodologico per una nuova politica generale.
La transizione in questo senso si è già aperta con il dibattito parlamentare sul precedente DPEF, nel quale sono stati unitariamente individuati come prioritari gli obiettivi dello sviluppo economico e della lotta alla disoccupazione.
In questo quadro il rapporto sul Mezzogiorno tenta di offrire la base di conoscenza utile per lo svolgimento del compito più alto tra quelli unitariamente svolti in questi anni dalla Commissione bilancio: quello di progettare metodi e regole della dialettica parlamentare capaci di incanalarla sui massimi problemi del paese, evitando di disperderla su quelli parziali e minori. Si tratta di un dibattito che si è sempre svolto nelle fasi preliminari e in sordina, trovando poi una via di emersione nell’impostazione del documento di programmazione economico finanziaria, nelle premesse e nelle parti metodologiche della risoluzione programmatica, quasi sempre frutto di intese molto più ampie della maggioranza che votava la risoluzione stessa.
Allo stesso tempo, le diverse opzioni di merito del rapporto offrono alla Commissione e a tutti i parlamentari spunti specifici e una visione organica dei problemi che il Mezzogiorno (e con esso tutto il paese) si trova oggi ad affrontare, e dei concreti interventi che sembrano in grado di avviarli a soluzione.
Per affrontarli concretamente, proprio la passata esperienza consiglia l'adeguamento delle stesse procedure del ciclo annuale di bilancio alle esigenze di una politica generale per lo sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno. Le modifiche possibili potrebbero ad esempio riguardare una ristrutturazione del contenuto tipico del DPEF, adeguamenti della riforma del bilancio dello Stato, che si appresta ad essere "regionalizzato", e una più incisiva gestione dei flussi informativi tra governo e Parlamento, con la valorizzazione della relazione annuale sull’attuazione delle politiche di sviluppo già prevista dalla legislazione vigente.
Il Rapporto si pone dunque come uno degli elementi utili dell’istruttoria preliminare per una decisione così importante come il primo DPEF dopo l’ingresso nell’Euro, come complemento delle diverse fonti da cui il Parlamento può recuperare la comprensione di fenomeni che hanno assunto una complessità e una dinamica così accentuata da non essere più alla portata della conoscenza "naturale" degli organi parlamentari.
Secondo l'impostazione oramai acquisita nella recente riforma del regolamento della Camera (del resto in gran parte derivata dal metodo della sessione di bilancio), l’istruttoria è una componente necessaria di ogni procedimento parlamentare e dev’essere proporzionata all’ampiezza della decisione. Il suo effettivo svolgimento come parte del dibattito politico è essenziale, se il Parlamento non vuole lasciarsi confinare su aspetti parziali, ma intende restare un punto di sintesi capace di farsi carico dei massimi problemi del paese, nonostante la grande rilevanza assunta dall’attività normativa e gestionale di centri ad esso esterni (Unione europea, Governo, autorità indipendenti, autonomie locali).

2. La linea del rapporto: il Mezzogiorno come oggetto di una politica generale e di una "missione" parlamentare e di governo

La richiesta di presentare alla Commissione bilancio un rapporto sul Mezzogiorno ha alle spalle tutte queste impegnative premesse.
In questi termini è chiaro che il tema del rapporto deve essere doppio: il Mezzogiorno come oggetto di una politica generale di carattere nazionale, nonché la strategia istituzionale che può determinare l’ambiente adatto a generarla, a cominciare dal Parlamento.
Conseguentemente, il rapporto segue questa linea.

Lo sviluppo del Mezzogiorno come obiettivo prioritario di interesse nazionale
All’indomani dell’ingresso nella moneta unica, il Mezzogiorno rappresenta il cuore di una questione nazionale e può essere l’asse prioritario per l’impostazione di una strategia nazionale di crescita nell’interesse dell’intero paese.

Con l’ingresso nell’Euro, il Mezzogiorno, ancor più che in passato, è divenuto al tempo stesso il punto più critico e la più vasta riserva di opportunità dell’economia nazionale. Completare la modernizzazione dell’Italia significa, prima di tutto, colmare il divario che separa il Sud dal resto del Paese e dell’Europa in termini di condizioni economiche e sociali.
Solo garantendo l’efficace messa a frutto di tutte le risorse nazionali, l’Italia può sperare di rispondere con successo alle sfide imposte dalla concorrenza europea e globale. Ed è nel Mezzogiorno che si concentrano attualmente le più vaste potenzialità di sviluppo.
Le condizioni di arretratezza di vaste aree del Sud determinano infatti un enorme spreco di risorse umane, materiali e finanziarie, pubbliche e private, sottratte al circuito produttivo per essere utilizzate nei settori dell’economia irregolare e illegale o semplicemente abbandonate a se stesse.

Le trasformazioni indotte dall’integrazione europea
Dopo la profonda trasformazione nelle condizioni del sud indotta dalla riduzione dell’intervento pubblico e dall’esposizione alle regole della competizione europea, occorre delineare il nuovo scenario in cui si colloca il Mezzogiorno, non ancora pienamente percepito, in tutte le sue implicazioni, al di fuori degli ambiti specialistici.

Le regioni meridionali presentano una situazione molto più complessa, problematica e insieme ricca di opportunità di quanto non fosse nel passato anche recente. Non possono essere sottovalutate le difficoltà e i rischi della nuova situazione, che si riflettono nel sostanziale aggravamento del divario tra Centro-Nord e Sud nel loro complesso, in termini sia macro-economici (prodotto interno, produttività, occupazione) che sociali (impoverimento di ceti direttamente dipendenti dall’intervento pubblico, lavoro nero, criminalità giovanile).
Ma la riduzione dell’intervento pubblico ha costituito un potente stimolo alla valorizzazione delle autonome risorse delle diverse aree del Sud, favorendo il sorgere di alcune significative realtà produttive, con piccole e medie imprese organizzate per distretti e caratterizzate talora da un buon dinamismo sui mercati internazionali. Conseguentemente, è anche cresciuta in modo significativo la diversificazione interna al Mezzogiorno. Proprio per questo, però, non sono sufficienti le pur sane spinte concorrenziali che sono emerse con il regredire dell’assistenzialismo.

L’insufficienza degli incentivi economici a fronte degli ostacoli strutturali allo sviluppo
Nella situazione attuale le politiche di incentivazione (anche se opportunamente riformate in base a nuovi indirizzi) non sono sufficienti ad avviare un autonomo sviluppo, a causa di ostacoli di carattere strutturale e culturale che vi si oppongono in tutte le diverse aree del Mezzogiorno (gli stessi che costituiscono i punti di maggiore debolezza del nostro paese nel confronto con gli altri paesi occidentali).

Il Sud non potrà comunque fare a meno delle politiche di incentivazione direttamente rivolte alle attività produttive, fino a quando permarranno gli attuali differenziali di produttività e redditività delle attività localizzate nel suo territorio.
Tali differenziali dipendono però da un insieme complesso di fattori, di ordine non solo economico, ma anche sociale e culturale, cui gli incentivi monetari offrono un rimedio sostitutivo e imperfetto. È d’altronde convinzione oramai prevalente che il fallimento dell’intervento straordinario sia derivato principalmente proprio dall’eccessivo peso dato alla componente strettamente economica, che ha fatto sottovalutare l’importanza dei fattori di contesto socio-culturale.
In prospettiva, il regime di qualificata concorrenza che contrassegna l’Unione europea impone di pensare a promuovere in primo luogo le condizioni primarie che consentono alla società di trovare le vie del suo sviluppo. Nel nuovo contesto europeo è prioritario intervenire sui fattori strutturali (e in primo luogo sulla ricostituzione e il rafforzamento del capitale sociale), le cui carenze impediscono alle risorse umane, imprenditoriali ed economiche del Mezzogiorno di esprimersi pienamente e che disincentivano gli investimenti dall’esterno.

Le politiche volte a rinsaldare il tessuto socio-economico meridionale
La natura degli ostacoli individuati conduce a valorizzare soprattutto le politiche volte a sostenere il contesto sociale e le risorse della comunità: la qualità delle infrastrutture fisiche e civili e la dinamica delle autonomie territoriali (capitale sociale e capitale fisico).
Sono cioè necessari specifici interventi per irrobustire il contesto in cui si esplica l’attività economica dei soggetti produttivi e ricostituire il capitale sociale che è alla base di un sviluppo economico duraturo e corretto, in grado di affrancarsi dal sostegno pubblico, e in grado di assicurare rispetto dei diritti dei lavoratori, delle regole di convivenza civile e delle esigenze di compatibilità ambientale.
Tali interventi non sono necessariamente di lungo periodo se si realizza una effettiva e costante concentrazione dell’attenzione politica sul buon funzionamento e sull’attività ordinaria delle pubbliche amministrazioni a cominciare dai risultati effettivamente ottenuti.

Politiche di contesto specifiche per il Mezzogiorno e politiche di contesto nazionali
Le politiche "di contesto" devono esplicarsi in parte a livello territoriale (politiche di contesto specifiche per il Sud), in parte a livello nazionale (politiche di contesto generali).
Le politiche di contesto sono in parte di ambito nazionale, poiché molti dei problemi strutturali che ostacolano lo sviluppo del Sud gravano, sia pure in misura minore, sull’intera comunità nazionale: è quindi necessario individuare con precisione i problemi di portata generale e attivare le opportune politiche nazionali (sicurezza, giustizia, riforma amministrativa, riqualificazione dell’offerta formativa, ecc.). L'emergenza Sud può divenire il fattore trainante per l'ammodernamento di tali settori in tutto il territorio.
Alcune politiche di contesto dovranno invece assumere una particolare concentrazione territoriale, date le condizioni di emergenza che alcuni problemi assumono al Sud (carenze dell’istruzione e abbandono scolastico, inadeguatezza delle infrastrutture civili e produttive, degrado territoriale, peso dell’economia illegale ed irregolare, ecc.).

La politica generale in Parlamento come metodo per un efficace intervento pubblico per lo sviluppo
Il complesso delle politiche necessarie richiede dunque interventi fortemente finalizzati in tutti i settori dell’attività pubblica, per collegare le politiche di contesto con forme di incentivazione mirate. Occorre dunque una politica generale e nazionale che abbia di mira lo sviluppo del Mezzogiorno in tutti i versanti dell’attività pubblica.
Il metodo della politica generale fin qui adottato in campo finanziario può essere riorientato a ricomprendere nuove finalità o, secondo la terminologia qui adottata, nuove "missioni", ma ciò richiede una nuova strumentazione adatta a perseguire obiettivi e risultati misurabili connessi non solo a valori di carattere finanziario, ma anche a tassi di migliore rendimento di tutte le politiche pubbliche rispetto alle finalità assegnate a ciascuna.
L’opportuno mix di politiche da attivare (generali e specifiche, nazionali e territoriali, di contesto e di incentivo economico) può così essere finalizzato a obiettivi complessivi della politica nazionale. Ciò richiede un disegno generale unitario, che superi la separatezza degli interventi settoriali e sia ricondotto all’esplicita responsabilità del Governo, come organo unitario, sotto il controllo puntuale e consapevole del Parlamento, in cui si deve esaltare la funzione critica delle opposizioni. Il Parlamento deve dunque potersi avvalere di flussi adeguati di informazioni e valutazioni ( tecnicamente verificabili anche da parte degli ufci parlamentari) sia nella fase di formazione che in quella di attuazione delle politiche.

Le politiche di missione in Parlamento come strumento per lo sviluppo
Per sostenere una politica generale è necessaria una forte motivazione di carattere strategico, qui indicata con il termine di "missione", che deve radicarsi innanzitutto in Parlamento per concentrare l’attenzione di tutte le parti politiche sulla coerenza complessiva e i risultati effettivi dell’azione politica (secondo il metodo già seguito in materia di politica finanziaria).

  • Il metodo di una politica integrale di missione tende a:
    individuare il fattore decisivo e primario nella volontà politica di fare della questione del Mezzogiorno il cuore di una politica generale al servizio dell’interesse nazionale e orientata al risultato;
  • concentrare l’attenzione sulle possibilità di migliorare i risultati complessivi degli interventi compresi nelle più diverse politiche settoriali a legislazione vigente, a cominciare da quelle volte a rinsaldare il capitale umano e sociale e ad accrescere l’efficienza dei mercati;
  • integrare impegno politico, attuazione amministrativa e controllo dei risultati in un ciclo continuo, utilizzando lo strumento legislativo solo per abbandonare o correggere rapidamente le politiche che non funzionano e potenziare quelle che funzionano;
  • orientare tutte le priorità dell’azione politica e amministrativa verso l’effettivo e rapido funzionamento degli interventi, vincolando i responsabili intermedi e finali a conseguire risultati misurabili in tempi determinati e privilegiando la ricerca della fattibilità degli obiettivi a legislazione vigente.


Il Mezzogiorno come missione parlamentare
Il Parlamento ha la forza politica e l'autorità costituzionale per esercitare la pressione necessaria allo sviluppo di una politica di questo genere fino al conseguimento di risultati reali. È indispensabile che si concentri su questo terreno sostanziale e concreto la più forte competizione tra le forze politiche. Ciò non esclude ma anzi richiede una convergenza "istituzionale" tra la maggioranza e le opposizioni per costruire il quadro in cui questa positiva dialettica può esercitarsi (nel caso concreto, individuando gli strumenti per convertire il metodo e le procedure adoperate in campo finanziario verso meccanismi capaci di guidare una politica generale di carattere nazionale per lo sviluppo delle aree arretrate).

Alla base di questo metodo vi è innanzitutto quel cambiamento di mentalità a favore dei risultati, che, nel caso delle politiche di bilancio, è stato imposto da un vincolo esterno, e che può stabilizzarsi di fronte alla evidenza di grandi problemi accompagnata dalla definitiva percezione del mutamento delle aspettative dei cittadini verso la politica. In una situazione di alta complessità normativa, di crescente articolazione dei bisogni sociali e di evidente difficoltà delle pubbliche amministrazioni, i cittadini chiedono innanzitutto obiettivi chiari e risultati corrispondenti.
Sul tema del Mezzogiorno questo salto di qualità risponde ad uno stato di necessità oggettivo, ad una condizione nuova che la politica si trova ad affrontare. L’interconnessione tra i molteplici e complessi fattori che ostacolano il suo sviluppo e le politiche necessarie per affrontare ciascuno di essi, e la gravità delle conseguenze che ricadrebbero altrimenti sull’intero paese, impongono nell’immediato l’elaborazione di un metodo, dei suoi contenuti, e il raggiungimento di concreti risultati.


APPENDICE 1


Il percorso di formazione del rapporto
Il Servizio studi della Camera dei deputati ha impostato il progetto di ricerca secondo le modalità proprie della documentazione parlamentare basate sulla trasparenza dei metodi e sul pluralismo delle fonti. Sulla base della richiesta della Commissione bilancio, il Servizio ha preordinato un procedimento costituito da passaggi distinti e diversamente organizzati secondo le proprie specifiche finalità. La ricerca ha così sperimentato nuovi metodi di lavoro nel rapporto tra amministrazione parlamentare e centri esterni allo scopo di ricollegare ed applicare ad un tema di massimo interesse parlamentare il sistema delle conoscenze espresse dalla comunità nazionale.

Il percorso di formazione del rapporto si è così articolato nelle seguenti tappe:
  1. progettazione delle diverse fasi della ricerca, individuandone metodo e finalità tramite la consultazione di personalità dotate di una visione di insieme dei problemi dello sviluppo nell'economia contemporanea (a questo fine si è svolto, per il tramite del Presidente della Camera, un incontro con il premio Nobel per l’economia Amartya Sen, e sono stati ripetutamente consultati, in qualità di esperti, i deputati Antonio Marzano e Michele Salvati);
  2. individuazione del responsabile della direzione del progetto in una personalità capace di riassumere il complesso delle esperienze di ordine istituzionale, politico ed economico-sociale da portare a confronto con il tema del Mezzogiorno, dotata dell’autorevolezza necessaria a catalizzare e guidare la molteplicità degli apporti necessari (la scelta del Servizio studi, verificata anche attraverso la consultazione del Presidente della Camera e della Commissione bilancio, è caduta sul professor Giuliano Amato);
  3. costituzione di un gruppo di lavoro formato da un nucleo di esperti in rappresentanza dei centri istituzionali oggettivamente dotati di una visione nazionale, e perciò capaci di raccogliere una molteplicità di apporti. Tali esperti sono stati designati in ragione della loro esperienza ed autorevolezza nella conoscenza della condizione meridionale, anche in considerazione dell’apporto che ciascuno di essi poteva portare alla ricerca (per la Banca d’Italia ha partecipato ai lavori il Condirettore del Servizio Studi, dott. Salvatore Chiri; per l’Ispe il Presidente, prof.ssa Fiorella Padoa Schioppa Kostoris; per l’Istat il Presidente, prof. Alberto Zuliani, che ha quindi incaricato il dott. Giovanni Barbieri, responsabile del Servizio statistiche strutturali sulle imprese dell’industria e dei servizi, di farne parte; per la Svimez, principale centro di ricerca economica sul Mezzogiorno, il direttore dott. Riccardo Padovani ed il consulente generale ed ex direttore dott. Salvatore Cafiero; infine, per garantire un adeguato approfondimento dei risvolti non strettamente economici, è stato coinvolto l’Istituto meridionale di storia e scienze sociali – Imes, per il quale hanno seguito i lavori il prof. Piero Bevilacqua e il prof. Maurizio Franzini, che ha curato, insieme agli altri esperti menzionati, la stesura di parti del rapporto);
  4. definizione del compito del gruppo di lavoro, che non e’ diretto a svolgere una sua autonoma ricerca, ma ad agire come centro istituzionale capace di promuovere un vasto confronto in ambito nazionale e di riportarne i risultati verso un punto di sintesi conoscitiva sufficientemente condivisa. Da qui trarre una linea di ragionamento sui metodi da adottare in sede politica e in sede parlamentare;
  5. svolgimento di una serie di consultazioni informali allargate ai rappresentanti più qualificati delle esperienze della scuola e dell’Università, dell’associazionismo e del volontariato, della giustizia minorile, e più in generale a quanti si confrontano direttamente e quotidianamente con i problemi della crescita civile della società meridionale, per mettere a fuoco la dimensione non solo economica, ma più compiutamente storico-sociale, del problema dello sviluppo del Sud;
  6. svolgimento, di un seminario scientifico presso la Camera dei deputati (il 22 giugno 1998), guidato dal prof. Amato, nel quale i componenti del gruppo di lavoro hanno discusso i temi centrali (ed in particolare gli elementi di novità intervenuti nella situazione del Mezzogiorno) con numerosi specialisti in materie economiche di recente intervenuti sulla questione meridionale (vedi l'elenco nell'Appendice 2, nel quale sono compresi anche studiosi che hanno inviato contributi scritti). Le basi economiche e scientifiche delle ipotesi del gruppo di studio sono state così sottoposte a una verifica collegiale di tipo tecnico, e sono emersi con maggiore chiarezza i punti fermi ormai pienamente acquisiti all’interno del dibattito scientifico in corso nel nostro paese, al di là delle contrapposizioni tra le tesi delle varie scuole di pensiero e dei singoli studiosi;
  7. rielaborazione in una relazione scritta del prof. Amato ("Premesse per una nuova politica generale a favore del Mezzogiorno") delle idee emerse nel corso delle consultazioni. La relazione è stata previamente distribuita ai partecipanti della giornata pubblica di studio presso la Camera dei deputati, promossa dalla Commissione bilancio, con interventi di tutti i suoi massimi esponenti e presieduta dal Presidente della Camera dei deputati;
  8. svolgimento della giornata di studio a Montecitorio organizzata dalla Commissione bilancio, intitolata "Politiche per il Mezzogiorno e l’Unione europea" (10 luglio 1998). Anche grazie alla conduzione attiva di Alan Friedman, la giornata di studio è stata impostata come effettiva discussione della Relazione Amato. La scelta dei partecipanti è stata accuratamente mirata all'obiettivo di mettere la politica a confronto con tutti gli elementi di novità emersi. Nella prima parte della giornata le tesi illustrate da Amato nella relazione di apertura sono state poste al vaglio dei protagonisti del dibattito politico nazionale sulle politiche di sviluppo, a cominciare dai Ministri Ciampi e Bassanini e dai rappresentanti delle opposizioni. In questo ambito si sono intrecciate anche le esperienze portate da esponenti dei Paesi europei protagonisti di esperienze di successo nel campo dello sviluppo territoriale. Nella seconda parte della giornata le medesime tesi sono state discusse da una platea rappresentativa dell’intera realtà socio-economica del Sud (sindaci e presidenti di regioni meridionali, rappresentanti delle parti sociali, imprenditori di successo, esponenti di imprese del Nord che investono al Sud, esperti dell’economia e della società meridionale, parlamentari e membri del Governo, esponenti delle amministrazioni competenti);
  9. elaborazione del rapporto attraverso l'impegno collegiale del gruppo di lavoro sotto la direzione di Giuliano Amato, secondo una distribuzione di compiti funzionale alle attitudini di ciascun centro. Il lavoro collegiale si è concluso il 10 ottobre. Successivamente il Servizio studi ha curato la redazione del rapporto e dei volumi allegati.


APPENDICE 2


Gruppo di lavoro coordinato dal prof. Giuliano Amato

Dott. Giovanni Barbieri, responsabile del Progetto interarea Sistemi informativi per le politiche territoriali (ISTAT);
Dott. Salvatore Cafiero, consigliere di amministrazione dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ);
Dott. Salvatore Chiri, condirettore del Servizio Studi della Banca d’Italia;
Prof. Maurizio Franzini (Università di Siena), vicedirettore dell’Istituto meridionale di storia e scienze sociali (IMES);
Prof.ssa Fiorella Padoa Schioppa Kostoris, Presidente dell’Istituto di studi e analisi economica (ISAE);
Dott. Riccardo Padovani, Direttore dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ).

Elenco degli esperti consultati

Dott. Fabrizio Barca (Capo del Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica)
Prof. Piero Bevilacqua (Università di Roma "La Sapienza")
Prof. Patrizio Bianchi (Università di Ferrara)
Dott. Andrea Bollino (componente dell’Unità di valutazione degli investimenti pubblici Dip. per le politiche di sviluppo e di coesione del Ministero del tesoro)
Prof. Renato Brunetta (Università di Venezia)
Prof. Raimondo Catanzaro (Presidente dell’Istituto Cattaneo di Bologna)
Prof. Marco Causi (Università Roma tre)
Prof. Mario Centorrino (Università di Messina)
Prof. Domenico Cersosimo (Università della Calabria)
Prof. Salvatore Cinà (Provveditore agli studi di Napoli)
Prof. Michele Colasanto (Presidente dell’ISFOL)
Prof. Mariano D’Antonio (Università Roma tre)
Prof. Adriano Giannola (Università di Napoli)
Prof. Massimo Lo Cicero (Centro studi industria e finanza di Napoli)
Prof. Luca Meldolesi (Università di Napoli)
Dott. Andrea Naldini (ISMERI Europa)
Dott. Franco Occhiogrosso (Presidente del tribunale per i minorenni di Bari)
Prof. Luigi Paganetto (Università di Roma Tor Vergata)
Prof. Emilio Reyneri (Università di Parma)
Prof. Angelo Rizzo (Rettore dell’Università di Lecce)
Prof. Carlo Trigilia (Università di Firenze)
Prof. Gianfranco Viesti (Università di Bari)
Dott.ssa Fiona Wishlade (Università di Glasgow)
Prof. Enrico Wolleb (ISMERI Europa)
Prof. Alberto Zuliani (Presidente dell’ISTAT)