8 maggio 1998


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RELAZIONE DEL PROFESSORE TOM R. BURNS a) - EVOLUZIONE DI PARLAMENTI E SOCIETÀ IN EUROPA: SFIDE E PROSPETTIVE b).

«Ci troviamo a fronteggiare una società più mossa ed esigente che non sia mai stata nel corso di questi anni. L'iniziativa politica deve tenerne conto»
(Aldo Moro, discorso pronunciato a Roma, 29 giugno 1969) c).

La società moderna sta vivendo importanti trasformazioni: la globalizzazione, la rivoluzione tecnologica nelle scienze naturali e in medicina, la diffusione capillare della scienza in ogni ambito sociale,

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l'esplosione dei media e della comunicazione, il proliferare delle organizzazioni e dei poteri (authorities), il processo di democratizzazione, eccetera. Tutti questi sviluppi hanno implicazioni profonde per il sistema parlamentare, sulle sue capacità di intervento, la sua autorità, la sua legittimazione. Oggi in Europa occidentale i parlamenti e le assemblee elettive a tutti i livelli incontrano notevoli difficoltà nell'affrontare la crescente complessità e il carattere squisitamente tecnico delle numerose trasformazioni in atto. Vi è quindi un deficit strutturale tra le condizioni e le forze esistenti all'interno della società, da un lato, e le istituzioni di governo e le loro capacità, dall'altro.
Ho individuato una serie di problemi di rilievo che i sistemi parlamentari e il parlamentarismo si trovano oggi ad affrontare non solo in Italia, ma ovunque in Europa occidentale. Tuttavia voglio sottolineare sin dall'inizio che il Parlamento è necessario alla società moderna ed è chiamato a svolgere un ruolo nuovo e di centrale importanza nell'evoluzione della democrazia in questi nostri tempi di grande fermento.
Gran parte dei mutamenti che prendo qui in esame si riscontrano, in una forma o nell'altra, in tutta l'Europa occidentale1. L'Italia, pur avendo una cultura unica, intendo anche una cultura politica, condivide con gli altri paesi europei una cultura e una pratica democratiche in evoluzione. Ciò richiede una riflessione profonda sulle forze e le trasformazioni in atto, di cui non siamo solo testimoni, ma nelle quali siamo direttamente coinvolti, sia pure in diversa misura.

I. Tendenze generali della società moderna.

(1) Complessità. La società moderna è caratterizzata da una crescente complessità, riscontrabile a tutti i livelli (globale, nazionale, regionale e locale): la differenziazione e la complessità dei mercati e degli operatori di mercato; la complessità amministrativa; la complessità tecnica e scientifica; la complessità dei valori sociali e degli stili di vita; la complessità della società civile; la complessità della «funzione di governo» (governance).
(2) Progresso tecnico. Assistiamo ovunque a una crescita esponenziale delle conoscenze sistematiche e delle nuove tecnologie attraverso la ricerca, le innovazioni teoriche e tecniche, gli esperimenti e gli studi.
(3) Specializzazione e differenziazione. Un aspetto della crescente complessità e dell'espandersi delle conoscenze è proprio questa maggiore specializzazione e differenziazione, nei vari tipi di organizzazione, nella varietà dei servizi, nelle conoscenze e nei saperi che devono essere presi in considerazione; ovvero nei vari tipi di leggi e normative, ecc. La specializzazione è un principio fondamentale implicito della vita moderna: acquisire conoscenze e abilità in un particolare settore di attività. Il decentramento dell'attività di governo ne è un esempio: conoscenza concreta e competenza nell'affrontare in modo efficace i problemi concreti che si presentano. Inoltre il decentramento e la specializzazione nella funzione di governo sono ritenuti legittimi e opportuni, persino «democratici». Ne è espressione il «principio di sussidiarietà».
(4) Espertocrazia. Con questo termine intendo riferirmi a un gran numero e varietà di esperti e alla diffusione della loro presenza e influenza in gran parte dei campi della vita moderna, in particolare nelle attività legislative e di indirizzo politico. Con il termine esperto mi riferisco a una persona che abbia conoscenze ed esperienze specialistiche, che si definisca e sia riconosciuto come tale. Questo soggetto può avere o meno legami politici, ma su questo ritornerò in seguito. Gli esperti svolgono un ruolo centrale in tutti i settori della vita moderna: banca e finanze, andamenti di mercato, energia (incluso il petrolio, il gas, l'energia nucleare e quella geotermica); altre risorse naturali come l'acqua che beviamo e l'aria che respiriamo; la sanità, l'istruzione, la ricerca; le nuove tecnologie, ad esempio nella medicina e nelle biotecnologie, il diritto e l'attività di governo. La conoscenza sistematica - professionale, scientifica e tecnica - si applica a una vasta gamma di attività umane, compresa la

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formulazione delle leggi e delle politiche, e la messa a punto di programmi. Ciò è evidente a tutti i livelli di governance, anche a livello dell'Unione europea.
(5) Un mondo di organizzazioni. Il mondo moderno è caratterizzato da un gran numero e varietà di organizzazioni. Non soltanto esistono centinaia se non migliaia di organizzazioni intergovernative, ma molte decine di migliaia di organizzazioni non governative internazionali (ONG) e nell'ambito di ogni società vi sono centinaia di migliaia di imprese, di enti pubblici, nonché un numero imprecisato di organizzazioni non governative, gruppi d'interesse, associazioni di volontariato e di solidarietà. Queste ultime comprendono le associazioni di cittadini, che si occupano di questioni di pubblico interesse, quali ad esempio l'ambiente e le risorse naturali, i pensionati, i disabili, i malati di AIDS, i pazienti in dialisi, lo sport, lo spettacolo, e via dicendo. In generale, molti tipi di gruppi e di organizzazioni risultano più impegnati e più visibili dei singoli cittadini. Questi gruppi mobilitano risorse, conoscenze, impegno; esprimono valori, obiettivi, formulano programmi d'azione. Questi cittadini associati si fanno carico di una parte rilevante dell'attività politica e della funzione di governo. Analogamente esiste un decentramento di fatto della attività di regolazione e di indirizzo politico verso gli enti regionali e municipali, nonché una centralizzazione in alto verso le istituzioni internazionali. C'è anche una diffusione verso l'esterno del processo decisionale, che va a confluire in settori specializzati della società civile, o nei punti di cerniera tra le istituzioni e la società civile. La società civile è fatta da un insieme di soggetti sociali, di contesti di interazione, di ambienti e norme mediante i quali un gruppo o una rete di persone pongono in essere e regolano le loro interazioni. Questi insiemi non sono controllati dallo Stato, anche se possono essere da esso influenzati e regolati in misura più o meno ampia e quindi entrano in rapporto con enti statali.2 Si tratta di soggetti molto diversi: personalità influenti, soggetti collettivi, gruppi di interesse, imprese, movimenti, organizzazioni.3 Ovviamente la società civile non è riducibile a una serie di rapporti di mercato o capitalistici. È fatta anche di rapporti familiari, religiosi, professionali, accademici, e via dicendo. Come chiarirò in seguito, la società civile è complessa e dinamica, non semplicemente una fonte univoca di bene (o di male).
Per non essere frainteso, aggiungo subito che non voglio dire che queste realtà siano una fonte univoca di bene (o di male). Nella migliore delle ipotesi i soggetti e i processi della società civile possono avere carattere positivo perché producono soluzioni creative ai problemi della collettività, risolvono conflitti, creando forme di autogoverno. Interfacciandosi e compenetrandosi con lo Stato democratico moderno, i processi della società civile possono agevolare o produrre un'attività normativa più efficiente, ridurre gli effetti indesiderati della legislazione e delle scelte politiche e aumentarne la legittimazione. In verità alcune componenti e alcuni sviluppi della società civile possono contribuire a migliorare la posizione di molti soggetti, a dare fondamento morale alla vita sociale, alla sua evoluzione democratica. Tuttavia, nella peggiore delle ipotesi, altre componenti - a volte quelle stesse componenti positive della società civile - potrebbero bloccare, intaccare o mutare il corso di questi sviluppi. Talvolta ciò si manifesta in forme aberranti, quali clientelismo di Stato, corruzione, criminologia, erosione delle prassi e delle istituzioni democratiche. Ineguaglianze esistenti nella società civile (incluse la proprietà di capitali, ampie sperequazioni regionali, etniche, formative e sessuali) distorcono la partecipazione alla formulazione delle politiche e delle leggi e la influenzano negativamente. Proprio per questo sostengo che molte delle forme di governance organica richiedono un qualche grado di vigilanza, valutazione e regolazione; e che il Parlamento è il soggetto centrale per svolgere questo ruolo. In passato, il Parlamento aveva un ruolo meno importante nell'esaminare e

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nel legittimare l'ampia gamma di soggetti autonomi o semiautonomi impegnati nella definizione delle regole collettive («leggi») e nel regolare ampi comparti della vita sociale. Questi soggetti, le loro decisioni e il loro operare richiedono un qualche grado di controllo e di responsabilità, a causa della loro stessa portata e dei notevoli rischi che in alcuni settori possono derivare alla collettività. Finora non c'è stata una regolamentazione sufficientemente efficace dei centri di potere della società civile e del loro operato. Questo dovrebbe essere un interesse centrale del Parlamento, competenza in gran parte nuova, quella di agire in qualità di metasovrano, concetto sul quale ritornerò. Infine, nel contesto delle trasformazioni sociali in atto, esaminerò le potenzialità di riconcettualizzazione e ristrutturazione del ruolo del Parlamento moderno, al fine di individuare le possibilità di rinnovare e ristabilire la sua posizione centrale nella dinamica società moderna.

II. Effetti delle nuove tendenze della società sulla funzione legislativa e sul ruolo dei parlamenti.4

Quali conseguenze hanno le nuove tendenze che caratterizzano le società contemporanee sull'attività legislativa e politica? E sulle funzioni pubbliche di regolamentazione e prestazione di servizi? Esiste un deficit strutturale tra le istituzioni dello Stato e le loro capacità, da un lato, e la realtà della società moderna, dall'altro. In primo luogo, esistono limiti cognitivi e di acquisizione del sapere: il Parlamento non è - né ci si può aspettare che diventi - un'istituzione accademica o un'organizzazione per la ricerca. Non migliore appare la posizione dei partiti politici. In secondo luogo, per un'istituzione che opera dal «centro» della società, il monitoraggio, l'indagine e la regolazione anche soltanto di una piccola parte dei processi chiave, decisioni, innovazioni e nuovi traguardi rappresenterebbero un'impresa eroica. Consideriamo alcuni dei caleidoscopici processi che caratterizzano la società moderna nei settori, ad esempio, del commercio, industria, istituzioni economiche e finanziarie, servizi pubblici, ricerca, istruzione, rapporti tra i sessi, sanità, biotecnologie, nuove frontiere della biologia, globalizzazione, tanto per citare alcuni degli esempi più evidenti. In linea di principio il Parlamento dovrebbe essere coinvolto e impegnato su uno o più fronti in ciascuno di questi settori. Generalmente parlando, però, non è previsto che un sistema parlamentare si debba trovare alle prese con questo genere di problemi, o che debba seguire questo tipo di processi e di nuovi sviluppi. La maggior parte dei rappresentanti del Parlamento (anche quelli che fanno parte del Governo) - e lo stesso dicasi per la maggioranza dei cittadini - manca della preparazione tecnica e dell'esperienza necessarie ad affrontare questo nuovo mondo così ricco di specializzazioni e di dettagli tecnici, con la sua complessità, il suo dinamismo, il suo elevato livello di scientificità. Sono tutti aspetti che né un Parlamento né un Governo centrale potranno mai apprendere né ad essi sovrintendere, per quanto alta possa essere la qualificazione di quanti li compongono.
Dati gli attuali parametri costituzionali e istituzionali, la complessità, i rapidi mutamenti e il livello di scientificità della società, nessun Parlamento e nessun Governo è realmente in grado di svolgere efficacemente una serie di funzioni chiave:
(1) Non può considerare né validamente rappresentare la diversità e la complessità del mondo moderno: la varietà dei suoi valori, prospettive, organizzazioni, gruppi e movimenti. Ne consegue un deficit di rappresentanza.
(2) Esiste altresì un deficit di conoscenza e qualificazione dovuto al fatto che i rappresentanti parlamentari (nei partiti politici o nelle Commissioni) non possiedono le conoscenze tecniche settoriali sufficienti a fronte di un mondo sempre più caratterizzato dalla scienza e dalla tecnologia.
(3) Infine riscontriamo un deficit del livello di impegno, imputabile al fatto che

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i rappresentanti parlamentari (ma la stessa cosa vale anche per i partiti politici) sono, per definizione, «rappresentanti generali», non impegnati o interessati in particolare a molti dei problemi e delle istanze che sono all'ordine del giorno di qualsiasi attività politica e decisionale nella società moderna. Tanto è vero che, come diremo più avanti, molti soggetti della società civile preferiscono rappresentarsi da soli o scegliere direttamente chi dovrà rappresentarli (i lobbisti). Un Parlamento privo di sufficienti capacità di rappresentanza, di conoscenza e di impegno, non sarà in grado di monitorare efficacemente, di valutare, di regolamentare la vasta gamma di nuovi sviluppi che la società contemporanea presenta, molti dei quali richiedono un livello, anche minimo, di regolamentazione. Ne conseguono una frustrazione crescente della pubblica opinione e una sempre maggiore vulnerabilità alle facili critiche e a un diffuso scetticismo.
Di fronte alla crescente complessità e dinamismo - nonché ai limiti e ai difetti delle forme parlamentari - stanno emergendo nuove forme di governance e di regolazione. A livello settoriale si riscontrano varie collettività od organizzazioni stabili, subgoverni,5 «governi» privatistici che coinvolgono gruppi di interesse operanti in funzione di tematiche politiche settoriali. Abbiamo già fatto cenno al complesso di queste forme chiamandole governance organica (Andersen e Burns 1992; Burns 1994; Anders e Burns 1996).6 Questa funzione di governo si sviluppa parallelamente alle forme parlamentari e interagendo con esse, in modo a volte cooperativo e a volte competitivo. Queste nuove forme sono ampiamente radicate nella società civile, anche se in molte circostanze compenetrano gli enti statali, ovvero ad essi si connettono. I soggetti della società civile non sono soltanto gruppi di mercato e di interesse economico, ma anche gruppo di interesse pubblico, movimenti sociali, associazioni professionali e di vario tipo, oltre a una serie di organizzazioni solidaristiche. Questi soggetti sono motivati da obiettivi e interessi diversi (economici, politici, professionali, idealistici, ecc.) e si impegnano selettivamente su tematiche specifiche e contesti di rilievo pubblico, che vanno dalla finanza alle banche, dai rapporti industriali al mercato del lavoro, tematiche ambientali, risorse naturali, interessi dei consumatori, servizi pubblici, problemi dei disabili, pensionati, donne, screening genetico, biotecnologie, eccetera.
Il comune denominatore dell'attuale diffondersi di questi sistemi di governance non parlamentare è l'introduzione e l'impiego di soggetti privati e semiprivati nell'agire politico propriamente «pubblico», ovverosia la «riconquista della potestà politica da parte di soggetti che appartengono alla società», elementi solidamente ancorati alla società civile, o da essa emergenti. Sono sempre più diffuse e sempre più penetrano in gran parte delle aree politiche della società moderna nuove forme non parlamentari e non governative di funzione «legislativa» e di regolazione. Esse possono anche interagire con il Governo secondo un'ampia gamma di modalità. Gli esempi sono molti e in molti casi ben noti, soprattutto quando entrano in gioco gli interessi economici. Citerò quattro casi diversi.
(1) Le organizzazioni finanziarie nazionali e internazionali detengono senza dubbio un grande potere, assolutamente in grado di influenzare o determinare l'indirizzo politico senza il coinvolgimento del Parlamento o del Governo. Il peso dei giudizi e delle reazioni della comunità finanziaria verso le decisioni dei Governi - o persino verso le discussioni e le attività preliminari alle votazioni in Parlamento - sono tali che questi ultimi sono costretti a procedere con cautela e a prendere in esame le opinioni e i giudizi della comunità finanziaria: nel timore che essa svaluti la moneta nazionale, riduca il raiting dei titoli pubblici o in generale provochi scompiglio nell'economia del paese. Pertanto le politiche economiche e finanziarie dei sistemi parlamentari risultano spesso fortemente vincolate, se non

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addirittura guidate, dalle previsioni sulle reazioni e le valutazioni degli interessi finanziari internazionali.
(2) In alcuni paesi europei, il mondo degli affari e le istituzioni (ovvero gli imprenditori, i lavoratori e le istituzioni) partecipano alle discussioni e alle decisioni in materia di politica economica, anche macroeconomica, di mercato del lavoro, previdenziale, contro l'inflazione e la disoccupazione, ecc. (Schinitter e Lehmbruch, 1979). In molti casi la funzione del Parlamento si limita alla accettazione implicita o formale di tali accordi o patti politici.
(3) Le organizzazioni ambientali si impegnano ed esercitano la propria influenza in una serie di settori. Alcune di esse, quali Greenpeace e molte altre anche a livello locale, non sono mosse in larga misura dalla politica elettorale, influenzano gli orientamenti politici e legislativi tramite interventi diretti in specifici negoziati e scelte politiche (v. nota 10 su Greenpeace). Potrebbe sembrare paradossale che il movimento ambientalista abbia maggior peso nella società civile e nella definizione di politiche settoriali piuttosto che a livello elettorale (la loro presenza nei Parlamenti europei rimane piuttosto modesta anche in paesi come la Svezia dove hanno influito sui risultati di un referendum nazionale sull'energia nucleare e in molte politiche di settore). Anche i movimenti femministi e per i diritti degli animali nell'Europa settentrionale generalmente trascurano la politica elettorale e si impegnano direttamente, spesso con successo, in una serie di contesti.7 In tutti questi casi, soggetti della società civile aggirano i canali del governo parlamentare.
(4) Un numero crescente di organizzazioni di pubblico interesse si occupano di pubblici servizi, con riferimento agli orientamenti, alla erogazione e alla qualità degli stessi. Una strategia frequente è lavorare direttamente con le unità amministrative competenti a livello nazionale, regionale o locale. Tali organizzazioni, ad esempio, controllano i risultati, raccolgono reclami, organizzano incontri, formulano statuti e proposte di intervento, negoziando direttamente con la pubblica amministrazione, a diversi livelli, al fine di modificare le politiche, le procedure, ovvero specifici comportamenti e programmi. La gamma di queste «attività civiche» è molto ampia. In Italia, ad esempio, si va dal soccorso in caso di catastrofi naturali (terremoti e inondazioni), alla sicurezza stradale, al funzionamento degli ospedali. In quest'ultimo caso, l'impegno di tali organizzazioni si concentra sulle visite ai ricoverati, sulle procedure dell'assistenza medica, ovvero su nuove cure più efficaci. In linea generale, constatiamo che enti e servizi pubblici sono in contatto diretto con le organizzazioni in questione e ne sono spesso influenzati. Le innovazioni negli orientamenti e nelle prassi possono essere formalizzate tramite convenzioni e un rafforzato coinvolgimento delle associazioni.
Altri esempi possono essere desunti da tutta una serie di settori: politica monetaria e banche, biotecnologie, industria farmaceutica, informatica, evoluzione dei diritti di proprietà, ciascuno caratterizzato da una serie di gruppi altamente specializzati che negoziano e decidono. In linea generale, molte delle istanze strategiche di dibattito, negoziato, soluzione dei conflitti e regolazione trascendono il quadro parlamentare. I soggetti principali sono gruppi, organizzazioni e reti all'interno della società civile.
Ogni forma di governo organica, sia che si tratti di una rete specializzata, di un accordo neocorporativistico o a livello «subgovernativo», coagula intorno a sé interessi estremamente rilevanti ed esperti capaci e motivati a dedicarsi in modo costruttivo e tecnico alla soluzione di problemi e istanze specifiche nel settore o rete politica interessati. La rappresentanza è specializzata. I gruppi di interesse o quelli che difendono una stessa causa si rappresentano da soli, ovvero scelgono direttamente i loro rappresentanti. Gli esponenti di interessi particolari si incontrano, trattano e spesso risolvono i problemi. Le soluzioni vengono non di rado raggiunte; non soltanto perché i network o

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i subgoverni hanno configurato strategie istituzionalizzate per risolvere i conflitti, ma anche perché nell'ambito di questi network le problematiche sono estremamente focalizzate e circoscritte. In generale, a un'auto-rappresentanza diretta e specializzata si associa una solida competenza specialistica che consente di mantenere vivi dibattiti organizzati e mirati, negoziati, e formulazione di politiche. Questo tipo di processo viene tipicamente realizzato con modalità più flessibili e sistematiche di quanto non sia possibile fare con forme di governo di tipo centrale o parlamentare. Come faccio notare in altra sede, la flessibilità e la libertà consentite dalle forme organiche di governance costituiscono una faccia della medaglia, il cui rovescio può essere l'abuso di potere, la corruzione e l'irresponsabilità.
In sintesi le democrazie nazionali costituite dai singoli cittadini e dai loro rappresentanti parlamentari tendono ad essere oltrepassate da un democrazia diretta di fatto, fatta di interessi organizzati, lobby e movimenti direttamente impegnati nelle questioni di proprio interesse. Questo sistema di governance è un sistema di organizzazioni e per le organizzazioni. In generale l'evoluzione di un complesso di siffatti processi di governance comporta profonde trasformazioni in alcuni elementi fondamentali dell'ordinamento politico: la sovranità, la rappresentanza, la responsabilità e la sua attribuzione, la natura stessa di leggi e normative.
Qui di seguito tratto brevemente dei limiti delle forme parlamentari e indico molti dei modi in cui la funzione di governo organica, lavorando all'interno o in collaborazione con la società civile, è in grado di superare almeno in parte questi limiti:

(1) Rappresentanza.

I parlamenti e i partiti politici sono per definizione costituiti sulla base di una rappresentanza territoriale. Nel complesso e dinamico mondo in cui viviamo, questo non basta. Le forme democratiche parlamentari basate sulla rappresentanza territoriale e generale non riescono a rappresentare in maniera efficace i diversi interessi, le comunità che condividono gli stessi valori, le organizzazioni e i movimenti sociali che sono comunque impegnati in una vasta gamma di problematiche e programmi specifici. In generale, una grande varietà di prospettive, valori e interessi non può essere rappresentata efficacemente dai membri del Parlamento, che sono in massima parte «generalisti» (e che devono istituzionalmente essere «rappresentanti generali» dei rispettivi collegi).8 Le realtà contemporanee sono decisamente troppo complesse. Altri tipi e altre forme di rappresentanza vengono alla ribalta e si impegnano nella funzione di governo, spesso desiderando essere coinvolti direttamente in interventi politici o normativi cruciali, o quanto meno rappresentati da chi possiede orientamenti adeguati, conoscenze specialistiche, e manifestano uno specifico interesse per il problema o la questione in oggetto, sia che si tratti della Shell International, di Greenpeace, di movimenti ambientalisti, di associazioni femministe - o, in Italia, della Confindustria, della Fiat, di un'associazione femminista, del Tribunale per i diritti del malato, eccetera.
Nell'iperdifferenziata società moderna esiste una vasta gamma di interessi, di organizzazioni, di gruppi impegnati nella difesa di qualche valore, che si coinvolgono o vengono coinvolti nei processi di governance. Le organizzazioni e i gruppi di interesse sono in grado da soli di esprimere le loro preoccupazioni e le loro esigenze e di partecipare in prima persona piuttosto che cercare di esercitare la propria influenza attraverso i loro rappresentanti generali in Parlamento o tramite i partiti. Nel caso di reti o subgoverni settoriali o specializzati hanno la possibilità di impegnarsi in maniera diretta ed efficace in quei processi politici e legislativi che ritengono importanti. Alcuni parlano di un vero e proprio «nuovo pluralismo»: l'esplosione nel numero e nella varietà dei gruppi di interesse, delle organizzazioni non governative, dei movimenti

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che intraprendono iniziative e si impegnano in un'ampia gamma di attività di governance e di servizio. I rappresentanti eletti e i partiti politici non costituiscono più l'unico o il più importante modo di definire e realizzare le proprie aspettative o le proprie esigenze. Molte organizzazioni e molti gruppi d'interesse non possiedono, se non in misura modesta, legami ideologici o affiliazioni con i partiti politici - e generalmente non si lasciano inquadrare in uno schema rigido di contrapposizione tra la destra e la sinistra. Avanzano richieste specifiche che riguardano settori particolari della vita sociale (a prescindere dallo schieramento politico): gli anziani o i loro portavoce si preoccupano delle pensioni o della qualità e accessibilità del sistema sanitario; ci sono i problemi delle famiglie monoparentali, delle donne, dei portatori di handicap; ci sono le associazioni che si occupano della protezione del consumatore; i gruppi civici locali che si preoccupano dei servizi pubblici o dell'ambiente.
Innumerevoli dibattiti, negoziati, interventi politici e attuativi hanno per scenario migliaia di contesti specializzati o subgoverni, in massima parte estranei ai contesti parlamentari. Ogni processo politico specifico richiede competenze tecniche e scientifiche specialistiche e coinvolge interessi molteplici e gruppi che si dedicano in particolare a quel settore, i quali esercitano una autorappresentanza. Questo modello di rappresentanza si contrappone in modo netto alla rappresentanza territoriale che si riscontra nella democrazia parlamentare.
Per riassumere, esiste una grande varietà di tipi e di forme di rappresentanza. Il concetto di rappresentanza parlamentare e partitica deve essere valutato in modo critico alla luce di questo complesso di rappresentanze che esiste nel mondo di oggi. Ad esempio, i) specifici enti nazionali, talora dotati di un notevole grado di autonomia, rappresentano dei settori quali l'energia, l'istruzione, la sanità o la previdenza; ii) organizzazioni governative internazionali (ad esempio l'Unione europea) ovvero intergovernative o non governative (quali l'OMC, l'FMI, la Banca mondiale, Greenpeace, la Croce rossa, eccetera; iii) organismi locali e regionali, che affrontano problematiche complesse e differenziate al proprio livello, nonché l'erogazione di servizi quali l'istruzione e l'assistenza sanitaria; iv) soggetti non governativi, associazioni di diverso tipo, con caratteristiche di autorappresentanza; v) la rappresentanza parlamentare di collettività territoriali, come pure consigli locali e regionali che rappresentano gruppi di popolazione all'interno di determinate aree; vi) partiti che rappresentano la propria base e se stessi; vii) rappresentanti di saperi, esperti scientifici e sistematici, chiamati a partecipare a determinati dibattiti, negoziati e interventi politici. La rappresentanza nella funzione di governo moderna sarà quindi estremamente eterogenea, specializzata e distribuita. Sarà territoriale soltanto in misura limitata - e i territori potranno essere locali, regionali, nazionali e globali, ma non corrisponderanno necessariamente alle consuete suddivisioni. In questo senso, i Parlamenti e i partiti politici hanno limitate possibilità di «rappresentare» le istanze particolari e tale eterogeneità (a prescindere dal numero di parlamentari o di partiti politici).

(2) Sovranità e autorità.9

Il concetto di sovranità presuppone che una autorità politica o una collettività possieda incontestabilmente il diritto di determinare il quadro di regole normative e politiche in un determinato territorio e di governare su tale base. Un centro politico - ad esempio il Parlamento o il Governo - esercita una sorta di «comando supremo» su una determinata società. In tal senso il Governo - comunque venga definito e nelle sue diverse forme - detiene l'autorità somma all'interno di quel territorio; in linea di principio non esiste una autorità assoluta al di sopra e al di là dello Stato sovrano (nella nostra trattazione, uno stato democratico) (Held, 1989:215). Oggi, tuttavia, emerge una

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nuova sovranità diffusa, stratificata, segmentata, sempre meno legata al territorio. Un soggetto o un insieme di soggetti può detenerla in parte ma non in toto. Se il Parlamento in quanto rappresentanza generale detiene una importante quota di sovranità, non si tratta assolutamente di una sovranità indivisa né assoluta, e questo vale in Italia come altrove. La sovranità in pratica è diventata sempre più differenziata e diffusa (in senso orizzontale oltre che verticale). Esiste una decentralizzazione dell'impegno e dell'autorità politica verso il basso, verso le regioni e le municipalità, accompagnata da una centralizzazione verso l'alto, nei network e nelle istituzioni internazionali; e si osserva anche una diffusione verso l'esterno nei numerosi settori della società civile. Assistiamo a questa diffusione e a un'accresciuta complessità del concetto di sovranità nell'Europa di oggi.
Nella pratica - e nell'evoluzione dei sistemi di potere e governance - scopriamo un complesso di sovranità particolare, che è in parte dovuto alla governance settoriale nell'ambito delle società, e in parte è attribuibile alla diffusione dell'autorità e del controllo nelle regioni e a livello locale, oltre che nelle collettività transnazionali (UE e OIG), per non parlare delle ONG e di numerosi soggetti e associazioni della società civile globale. Il complesso di sovranità in ciascuna società europea tende ad essere specializzato, distribuito e - in misura significativa - sempre meno legato al territorio (o quanto meno è molto difficile identificare i territori specifici). L'autorità è distribuita tra i network della società civile, i subgoverni, i movimenti, e gli organismi e i network governativi internazionali.
Infine, un elemento chiave della cultura politica europea è la tendenza a limitare l'autorità (Parlamento e Governo) con le norme dello Stato di diritto.10 Per riassumere, l'egemonia dello Stato democratico moderno in occidente è da considerarsi più un'illusione che una realtà, sempre meno centralizzata e meno legata al territorio, e sempre più diffusa nella società e nelle istanze a livello globale. Tuttavia, nelle Costituzioni scritte e in buona parte della mitologia politica, la questione della sovranità rimane relativamente ben definita.
(3) La responsabilità - e il criterio della sua imputazione - della formulazione di leggi, degli indirizzi politici e normativi formalmente risiede nel sistema della democrazia parlamentare. In pratica, altri soggetti, con loro proprie modalità, si sono assunti gran parte di questa responsabilità e potere; solo in pochi casi esiste una delega formale verso enti pubblici di regolazione, ma spesso non esistono accordi formali in questo senso. Nella mitologia pubblica, le istituzioni della democrazia rappresentativa e i suoi leader detengono una grossa percentuale di responsabilità. Le aree e le problematiche per le quali il Parlamento (e il Governo centrale) vengono considerati responsabili sono sostanzialmente aumentate e continuano a espandersi. Nello stesso tempo, il potere centrale di regolazione e influenza sta declinando, in parte a motivo della crescita esponenziale di problemi estremamente complessi, in parte a causa della mancanza di competenze specifiche e di altre risorse (per lo meno interne al Governo), e infine per via della diffusione della sovranità e del potere di regolazione. In sintesi la loro autorità pratica - la possibilità che concretamente hanno di controllare e governare - è notevolmente ridotta.
La maggior parte di coloro che effettivamente sono impegnati ed esercitano la propria influenza sulla politica e sulla governance nella società contemporanea non vengono considerati responsabili di fronte alla pubblica opinione: sono invece responsabili nei confronti delle loro organizzazioni e gruppi di interesse specializzati, nonché nei confronti di se stessi. Queste discrepanze o contraddizioni tra responsabilità e potere sono alla base dei più gravi malintesi, della frustrazione dell'opinione pubblica e della delusione nei riguardi degli uomini politici, dei loro partiti, e della democrazia parlamentare in generale. Le aspettative dell'opinione

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pubblica a proposito della responsabilità, del potere o del controllo, sono mal riposte.

(4) Trasformazioni nel «diritto» e nella formulazione delle politiche in ambito pubblico.

In passato si distingueva tra leggi adottate attraverso processi pubblici e le norme e i contratti derivanti dai processi organici della società civile. Oggi ci troviamo di fronte a una grande varietà di norme e di disposizioni di vario tipo, determinate collettivamente, tra cui molte forme ibride. Le norme e le politiche formulate nell'ambito di network politici e di subgoverni possono combinarsi con forme più istituzionali. In alcuni casi, le regole e le politiche informali vengono convalidate e legittimate da atti ufficiali del Parlamento o del Governo. Ad esempio, una politica sanitaria può essere elaborata da operatori professionisti e amministrativi, insieme ad associazioni dello stesso settore. La formulazione di una tale politica può essere sancita non soltanto dal Ministero della sanità o dal Parlamento. Esistono molte politiche, regolamenti e pratiche di governance che non vengono ratificate in modo formale, e trovano anzi opposizione in Parlamento.
Le leggi odierne non soltanto richiedono una sempre maggiore varietà di input tecnici e informativi (indagini conoscitive; analisi); ma, paradossalmente, debbono essere considerate sempre più come testo di massima, i cui effetti e la cui tenuta sono incerti in un mondo complesso e dinamico come quello attuale. In generale, considerate queste condizioni, le leggi appaiono come strumenti normativi rudimentali. Ad esempio, (a) le innovazioni tecniche possono rendere una legge obsoleta in brevissimo tempo. (b) Le leggi, le normative, i programmi sono sempre sperimentali quando vengono inseriti in un contesto complesso, e debbono sempre venire adattati e modificati in considerazione di situazioni complesse e dinamiche. (c) Le situazioni a cui le leggi si applicano sono molto diverse tra loro, in parte a causa di un aumento della complessità, e in parte perché gli attori hanno maggiori conoscenze, sono più consapevoli o sensibili circa le diversità e le differenze (mentre prima veniva prestata maggiore attenzione alla standardizzazione e alla semplificazione di ogni cosa).
In definitiva, le leggi formali non sono l'unico modo, né sempre il miglior modo per strutturare e disciplinare la vita sociale. Le norme e i rapporti organizzativi e collettivi, gli impegni e le identità professionali, i modelli e i rituali del dibattito, la competizione e una serie di altri meccanismi di controllo sociali operano in qualsiasi società, mantenendo o mutando l'ordine sociale. Ne consegue che una maggiore quantità e anche una migliore qualità delle leggi non portano necessariamente a un intervento di regolazione migliore o più efficace. Alcune leggi potrebbero essere in contrasto con norme professionali o collettive consolidate, o con comportamenti e rapporti sociali radicati, contraddicendosi reciprocamente. Uno degli effetti più comuni di un'evoluzione giuridica articolata, specialmente in un mondo così complesso e dinamico, è per ironia spesso una perdita di potere regolamentare. In altre parole, uno stato democratico potrebbe cercare di oltrepassare le proprie capacità o di utilizzarle in modo improprio o inefficace, per cui il risultato finale è inferiore a quello che si sarebbe potuto conseguire con progetti meno ambiziosi. Accordi internazionali, regionali, locali e settoriali per la definizione di regole e normative vengono discussi, negoziati e definiti nelle molteplici istanze della governance organica, collocandosi all'esterno o alla cerniera con i sistemi parlamentari formalmente intesi. Tali accordi vengono attuati tramite un complesso di processi di controllo sociali non collegati strictu sensu con potestà coercitive o amministrative.

(5) La governance delle organizzazioni, fatta dalle organizzazioni per le organizzazioni (invece che dai cittadini o dai loro organi di rappresentanza specifici).

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Gli attori della governance sono solo in minima parte i singoli cittadini (anche se questi ultimi sono necessariamente coinvolti), ma il più delle volte si tratta di gruppi, organizzazioni, associazioni, partiti, fazioni e svariate altre forme di aggregazione che comprendono numerosi ibridi.11 I partiti politici - che hanno rappresentato per un certo tempo i soggetti fondamentali degli ordinamenti democratici - sono diventati organizzazioni come tante altre. Diversamente dai modelli di Governo centrale, di Parlamento e di partito, molte grandi multinazionali come la Shell o la Fiat e molte organizzazioni internazionali non governative come l'Organizzazione mondiale per il commercio, il Fondo monetario internazionale, Greenpeace e Amnesty International sono spesso meglio organizzate, hanno a disposizione un maggior numero di competenze, hanno obiettivi, politiche e programmi molto più accuratamente formulati e influenzano perciò generalmente in modo decisivo le aree politiche in cui si impegnano. Questo vale sia a livello globale sia a livello nazionale e locale (dove si preoccupano delle loro strutture e delle condizioni dei loro dipendenti).12 I gruppi di pubblico interesse e i gruppi civici hanno molto allargato il raggio delle questioni all'ordine del giorno. Nel settore agricolo, l'introduzione della questione relativa alla sicurezza alimentare e ai problemi nutrizionali si scontra con i principi e con i modi di attuazione di diversi sistemi agricoli altamente tecnologizzati e propone altri metodi e controlli della qualità (Jordan e Maloney, 1997:576). Importanti processi di governance sfuggono al controllo dello Stato-nazione: il suo Parlamento, i suoi partiti, il suo Governo quindi, non determinano in via esclusiva quello che è giusto e opportuno per i propri cittadini. (Held, 1993: 25-26; Offe and Schmitter 1994).
L'esplodere del numero di organizzazioni e gruppi il cui compito è definire i propri interessi e valori (riguardo all'economia, alla collettività, allo status, alla religione, alle etnie, ai sessi, ecc.) rappresenta, nella società moderna, una porzione significativa dei rapporti di potere nel quadro dei quali lo Stato, per tradizione «sovrano» e teoricamente super partes, è solo un'élite di potere fra tante e non sempre la più forte (Bobbio, 1987:127).

(6) I poteri della scienza e della competenza.

Oggi assistiamo a una crescita esponenziale delle conoscenze sistematiche di tipo tecnico, scientifico e di altro genere. Solitamente, questo genere di conoscenze si sviluppa in aree altamente specializzate e riveste un ruolo fondamentale nel determinare leggi, politiche e programmi nonché nella attuazione e di analisi di follow-up. Normative di diverso tipo sono modellate, influenzate e legittimate da saperi esperti (cioè diversi dalle conoscenze comuni o di buon senso). I Parlamenti e i parlamentari mancano, in genere, delle conoscenze e delle competenze specialistiche, tecniche e giuridiche che sono essenziali per giudicare, mettere in pratica ed estendere l'uso di queste nozioni. La governance e i meccanismi di regolazione sono così eterogenei e impegnativi sul piano tecnico e procedurale che anche il più preparato dei politici o dei rappresentanti non è in grado di affrontare. Il risultato è che oggi un monitoraggio efficace, la supervisione, la scelta, la decisione concernenti molti se non tutti i settori, risultano essere ben al di là delle capacità del Parlamento tipico (o dei suoi partiti e dei suoi membri in genere) per vasto, capace, ben organizzato e specializzato che sia. Nello stesso tempo, i rappresentanti eletti giudicano impossibile o almeno molto oneroso acquisire un livello minimo di conoscenze tecniche per ciascuna di quelle aree, problemi o questioni di cui essi si occupano o dovrebbero occuparsi. Per ognuno dei problemi che si affronta, dalla moneta alle banche, dalla biotecnologia all'energia nucleare, alle telecomunicazioni, ai prodotti farmaceutici e via di seguito, variano le conoscenze tecniche richieste e varia l'impostazione

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politica e normativa a seconda dei referenti interessati. Nella legislazione e nella politica contemporanea, come a livello della concreta applicazione, oggi sono gli esperti - di ingegneria, scienze naturali, economia, management e giurisprudenza - a godere di un certo tipo di sovranità. La sovranità degli esperti integra ed è in competizione con la sovranità parlamentare e popolare.
Malgrado gli sviluppi individuati e descritti fin qui siano più che evidenti, rimane opinione diffusa in quasi tutta l'Europa che cardine della governance moderna siano e debbano rimanere le istituzioni parlamentari e l'insieme dei cittadini e che i partiti politici debbano mediare i rapporti fra i cittadini e il governo parlamentare. Il tutto avviene nel contesto di una consolidata mitologia politica e di un quadro di assunti culturali che si riferiscono al centro simbolico dell'autorità, al locus deliberandi, alla sede legislativa e politica.13 I rituali e i miti democratici contribuiscono a dare la sensazione che la democrazia parlamentare «funzioni come da copione».
Nel loro ruolo di cittadini, le persone votano per i partiti, eleggono i loro rappresentanti in Parlamento e nelle assemblee locali e regionali. Il Parlamento «delibera» su un certo numero di questioni, il Governo incaricato dà segno di governare, e i Governi si succedono con regolarità, l'uno dopo l'altro, in alcuni paesi anche di frequente, e via dicendo. Nella maggior parte delle democrazie occidentali, in presenza di seri problemi politici o di una crisi, è alle istituzioni parlamentari o alle loro emanazioni che ci si rivolge affinché intervengano. Da loro ci si aspetta trasparenza e senso di responsabilità.

III. La funzione di governo organica: una alternativa che emerge dalla società civile.

I rappresentanti parlamentari non sono abbastanza specializzati e preparati da affrontare in modo efficace lo spettro di questioni che, comunque, dovrebbero essere in grado affrontare. Il Parlamento (e il suo governo centrale) non possiede conoscenze specialistiche sufficienti e non rappresenta uno spettro abbastanza ampio di interessi per poter affrontare in modo efficace molti dei problemi di oggi e dei temi che abbiamo individuato. Essi non riescono a rappresentare tutti i singoli interessi, nella loro varie implicazioni, di quanti sono o potrebbero essere interessati alle diverse problematiche, che sono in numero e varietà sempre crescenti. In realtà molti rappresentanti in un Parlamento possono avere scarso interesse o solo un interesse estrinseco rispetto a un data tematica o settore di intervento politico. Anzi, essi possono complicare l'assunzione delle decisioni e l'orientamento politico: possono essere sottoposti a pressione affinché votino secondo diktat o strategie di partito o fare del proprio voto un oggetto di scambio, ma né essi né la maggior parte dei loro elettori hanno un reale e profondo interesse (o conoscenze specialistiche) per i diversi aspetti del problema. Il tema rivestirà invece un interesse reale e profondo per quanti sono investiti direttamente o indirettamente da una politica (o da una mancanza di politica), e dalle sue ramificazioni.
Le forme organiche della funzione di governo funzionano in parte perché i soggetti che vi hanno parte tendono ad essere altamente motivati e competenti; essi trovano e sfruttano opportunità per modellare e porre in essere nuove e opportune modalità di azione legislativa e politica, utilizzando i propri diritti e privilegi, nonché risorse private. Essi hanno accesso e sono in grado di mobilitare notevoli risorse e competenze: scientifiche, tecniche, giuridiche, manageriali. Tali modalità di azione sono soprattutto efficaci per l'individuazione puntuale del problema, la negoziazione, la risoluzione del conflitto e la definizione di politiche. In generale, le molte reti informali, i sottogoverni e le relative forme di governance forniscono una alternativa efficace alla rappresentanza territoriale e parlamentare.

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La robustezza delle forme organiche di governance è basata non solo sulla efficacia specializzata di esse, ma sulla loro legittimità «democratica». Tale legittimità è più debole o più aperta alle critiche rispetto a quella della sovranità/rappresentanza popolare, che è il sacro fondamento della civiltà occidentale (Burns 1994). Tuttavia anche queste forme realizzano, in un certo senso, le idee culturali generali di democrazia, ovvero il diritto di formare gruppi o organizzazioni per portare avanti o per proteggere interessi, il diritto all'informazione, il diritto a dar voce a un'opinione e a influenzare politiche o leggi che abbiano conseguenze per i propri interessi o valori.14
La legiferazione centralizzata e formalizzata all'interno della cornice parlamentare è in generale inferiore dal punto di vista organizzativo e tecnico alle forme organiche di governance:
(1) queste ultime riuniscono molti soggetti che sono più direttamente interessati a un dato settore o a un dato tema nel definire problemi, trovare soluzioni, nella definizione di politiche e nella regolamentazione.
(2) Inoltre, esse permettono la mobilitazione diretta e la partecipazione di una varietà di esperti al processo di formulazione di «leggi» e politiche, il che significa inserire prontamente e impegnare soggetti con competenze specialistiche essenziali per definire i problemi e risolverli nel settore in questione. Tali forme forniscono una base flessibile, con una varietà di forme e procedure, per organizzare la partecipazione e la rappresentanza.
(3) Si può far sì che le conoscenze di settore - e la produzione di conoscenze - incidano sulle diverse problematiche in discussione. Attraverso le loro attività collettive, i soggetti coinvolti in una particolare rete di policy-making o di subgoverno costruiscono o sviluppano norme specifiche e prassi applicabili e utili nell'esercizio della governance. In parte, le forme organiche forniscono un contesto creativo di regole e procedure flessibili, per esempio, per individuare aree comuni e mediare i conflitti, mobilitare conoscenze tecniche e specialistiche. Esse sono meno vincolate rispetto alle modalità formalizzate che nella maggior parte dei casi devono tenere conto e soddisfare definizioni cogenti e uniformi ed esplicazioni di concetti giuridicamente definiti come «iter obbligato», «autorità», «legittimazione», «diritto», «conformità», «responsabilità».
(4) «Politiche» e «leggi» concordate in reti politiche e di sottogoverno sono interpretate e attuate in larga parte attraverso queste stesse modalità. Ciò aumenta la probabilità di un'efficace «integrazione in avanti», che colleghi le forme organiche di definizione di politiche alla loro attuazione (mentre nella normale modalità parlamentare/amministrativa, legge e definizione di politiche sono separate dalla attuazione).
(5) Infine, le forme organiche possono essere considerate democratiche nel senso che si verifica una autorappresentanza e una partecipazione diretta dei gruppi alla disciplina e all'orientamento politico in una certo settore, su cui essi esercitano la loro influenza. In generale, c'è oggi una straordinaria varietà di modalità alternative di governo: sistema parlamentare, varie forme di governance organica, nonché i poteri transnazionali e inoltre gli enti di governo regionale e municipale. Ci sono anche forme e modelli ibridi di compenetrazione tra enti statali e soggetti della società civile.
Sebbene le istituzioni parlamentari siano considerate il cuore dei sistemi politici occidentali, l'erosione sistematica della loro autorità e del loro prestigio è un problema universale. Fondamentali attività di regolamentazione e di definizione di politiche si stanno spostando in modo sostanziale dagli organismi parlamentari ad altri centri: di livello globale, regionale e locale, nonché agli altri livelli presenti in numerosi settori della società moderna. La moderna funzione di governo, sempre più divisa in settori semiautonomi e specializzati, è multipolare. Nella definizione quotidiana delle politiche non esiste un unico centro. In questa caratterizzazione

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si può distinguere tra Governo basato sulla democrazia rappresentativa, da una parte, e «governance» basata su un complesso di diversi processi regolativi, rappresentativi, e di autorità, dall'altra (Hirst and Thompson 1995). Si tratta di un tipo di democrazia diretta. La partecipazione diretta alla definizione delle politiche e alla normazione non è mai stata tanto diffusa e tanto profonda come oggi: si tratta, però, della partecipazione di gruppi e di organizzazioni, non di singoli autonomi cittadini.15
Le attuali modalità di Governo parlamentare mancano della capacità strutturale e della competenza per affrontare la miriade di processi differenziati e di problemi di governance delle società moderne. La complessità e la tecnicità dei problemi e dei temi nel mondo contemporaneo si espandono in modo geometrico. Il sistema rappresentativo non può monitorare, rispondere, analizzare, e garantire una visione d'insieme sistematica e una regolamentazione efficace della vasta gamma di importanti attività e sviluppi della società. Le istituzioni parlamentari e le rappresentanze restano comunque titolari della responsabilità, nella cultura quotidiana media come nella teoria normativa. La loro responsabilità è di tipo aperto. Senza una effettiva ridefinizione del ruolo e della funzione della democrazia rappresentativa, la profonda incapacità e marginalizzazione di essa probabilmente non solo continueranno, ma contribuiranno a una perdita di fiducia e di sostegno verso le istituzioni democratiche. Diventerà sempre più difficile mantenere l'immagine pubblica della centralità della democrazia parlamentare di fronte ai crescenti deficit democratici e all'ampio divario tra responsabilità presunte e reali capacità di Governo.
Lo sviluppo di nuovi livelli e forme di governance non significa che la democrazia parlamentare sia ormai priva di senso, o che non abbia un ruolo in futuro. Essa rimane ancora la base fondamentale per legittimare l'autorità politica e lo Stato nelle società occidentali. Il Parlamento è definito e inteso come simbolo e soggetto attivo della nazione, in definitiva responsabile di fronte alla «gente» delle leggi e delle scelte politiche. I rappresentanti popolari e le loro istituzioni avranno tuttavia spazi limitati per estrinsecare il ruolo che è loro proprio, a meno che non vengano elaborate e sperimentate concezioni e modalità istituzionali nuove.

IV. Sfide e prospettive.

Dopo aver qui discusso della inadeguatezza della democrazia parlamentare nell'affrontare la complessità, le dinamiche e la scientifizzazione del mondo moderno, desidero evidenziare tuttavia che esistono notevoli limitazioni inerenti alle forme organiche di governo:
(1) Abuso di potere e corruzione. In questo tipo di governance, gruppi economicamente forti e ben organizzati come pure movimenti fortemente motivati con interessi ben focalizzati possono concentrarsi su tematiche settoriali di loro interesse. Essi non solo sono motivati e hanno risorse per sostenere i «costi» della partecipazione e i «costi di transazione» del processo decisionale. Essi possono cooptare, comprare, e in vari modi alterare il processo decisionale a proprio vantaggio. I loro interventi possono assumere forme perverse quali la corruzione, iniziative ibride pubblico-commerciali e di governo privatistico, intaccando i principi e le forme di governo democratico.16
Rispetto alle forme specializzate di governance non parlamentare, grandi e poco agili settori della popolazione e gruppi di cittadini con ampi interessi collettivi si trovano in una condizione di evidente svantaggio, mentre nei meccanismi della democrazia parlamentare il loro voto pesa come veicolo per esprimere insoddisfazione e per il ricambio delle élites.17 L'impotenza di ampi strati della popolazione si riscontra particolarmente nel caso di molti settori tecnici nei quali gruppi e organizzazioni specializzate possono mobilitare competenze essenziali e altre risorse e partecipare in modo efficace alla discussione, ai negoziati e alla

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formulazione di politiche per ciascun settore specifico. Il problema non è solo la mancanza di risorse adeguate per poter concorrere nelle diverse materie, o settori particolari, con le aziende multinazionali; il fatto è che a larghi strati della popolazione mancano le capacità e risorse necessarie per potersi mobilitare, articolare i propri obiettivi ed esigenze, e negoziare quindi i cambiamenti politici (Held, 1989:45).
(2) Non trasparenza. Le forme organiche, per il loro carattere informale, sono meno visibili e accessibili. Le mani occulte del potere non sempre sono pulite: concetto che qui non c'è bisogno di sottolineare.
(3) Regolamentazione normativa e responsabilità. Mentre le forme organiche di governance potenziano al massimo la flessibilità - onde la varietà di forme che vanno dalle reti e collettività orientate alla politica, ai subgoverni, ai modelli neocorporativi - esse espongono al rischio di abusi di potere, elusione o violazione delle leggi, azioni occulte rispetto alla pubblica opinione e in genere a una mancanza di responsabilità, il che contraddice il principio fondamentale della democrazia, secondo il quale i «governanti» - cioè coloro che prendono decisioni di grande portata che influiscono sulla vita delle persone - dovrebbero rispondere dinanzi ai «governati» (Held, 1989).
(4) Problemi di integrazione e di collegamento. Sebbene le forme organiche di governo tendano ad aggirare o limitare l'influenza del Parlamento in settori specializzati del processo decisionale, in particolare quelli che riguardano l'applicazione di competenze specialistiche, esse non sono immediatamente applicabili o efficaci nell'affrontare molti problemi globali delle società come quelli relativi a sviluppi tecnologici radicalmente nuovi, per esempio le rivoluzioni che stanno avvenendo nelle biotecnologie e nella medicina. L'esclusione di un gran numero di persone dall'accesso all'istruzione, ai computer e ad altre tecnologie informatiche, come pure dal lavoro e da altre condizioni della vita moderna sono problemi fondamentali, per il quale né i Governi parlamentari nazionali né quelli delle regioni e delle città né l'Unione europea hanno ancora trovato soluzioni. Le forme organiche non sono neanche particolarmente adatte ad affrontare l'attuale frammentazione del processo di formulazione delle politiche, in cui la moltitudine di eventi distinti, ma allo stesso tempo correlati, possono portare - involontariamente o inaspettatamente - a conseguenze economiche, sociali o ecologiche gravi, addirittura catastrofiche (in buona misura ancora non riconosciute e non analizzate).
(5) Problemi di legittimazione. Una ulteriore debolezza della funzione di governo organica sta nel fatto che le forme organiche specializzate non sono generalmente adatte a legittimarsi in modo pieno ed efficace attraverso, ad esempio, riti e cerimonie pubbliche. Generalmente i meccanismi democratici formalizzati, in particolare il Parlamento, continuano ad essere sotto questo aspetto fondamentali.
Una rivitalizzazione della democrazia in Europa occidentale richiede che siano portati all'attenzione e alla discussione dell'opinione pubblica i mutamenti qui individuati. Quali attori prenderanno l'iniziativa, assumeranno la responsabilità, si mobiliteranno e si organizzeranno a tal fine? Il non farlo comporta un reale rischio di una progressiva, invisibile erosione della democrazia. Molti comuni cittadini continueranno a perdere fiducia nel fatto che essi (o i loro rappresentanti) possano esercitare un influsso sullo Stato, o che possano chiamare i propri leader a rispondere delle politiche e delle azioni, in una situazione in cui neanche ai governanti eletti democraticamente è possibile fare molto!
C'è speranza? Si, ma con alcune riserve. Anzitutto esiste in Europa - e in Italia - una serie di principi democratici ampiamente condivisi, una cultura politica vitale. Esiste anche una notevole disciplina sociale, attori razionalizzati e processi di governance solidi e

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funzionanti. È importante a questo proposito anche la rete diffusa di controlli sociali che permette a tutti noi di partecipare a esperimenti moderni in varie forme di «anarchia disciplinata» (che non è assolutamente caos!). Questa moderna anarchia in effetti funziona. Ovviamente questo ordine riesce a funzionare con determinati limiti, come accade per qualunque ordinamento sociale. Una importante precondizione in questo caso è il principio saldamente accettato che esclude l'uso delle armi come mezzo per risolvere i conflitti. Una condizione correlata è il fatto che la maggior parte (anche se non tutti) degli attori in Europa come in Italia operano nel contesto di una cultura politica e istituzionale comune relativamente allo Stato di diritto, ai diritti di proprietà, eguaglianza, razionalità e procedura democratica. L'Europa occidentale gode di una grande vantaggio in quanto, finora, molte delle istituzioni europee funzionano più o meno efficacemente. Inoltre, ad alcuni livelli e in alcuni settori le società europee hanno sviluppato e acquisito notevole esperienza nel funzionamento di modelli istituzionalizzati che permettono processi di tipo analitico (giornalismo, mass media, centri di ricerca di scienze sociali), in grado di individuare e esaminare criticamente fallimenti, trappole, vicoli ciechi, circoli viziosi e cose del genere (Burns e Engdahl, 1998). Questo insieme di modelli è un capitale sostanzioso, essenziale per il futuro dello sviluppo democratico. Essi costituiscono un solido fondamento a partire dal quale lanciare la riforma.
Una conclusione fondamentale della analisi a questo punto è che le società moderne si trovano davanti a due sfide fondamentali, a cui si deve rispondere se si vuole affrontare la minaccia di un crescente deficit democratico: (I) sviluppare principi normativi e orientamenti che definiscano, regolino efficacemente e chiamino a rendere conto i soggetti impegnati nella governance organica; e (II), riconsiderare e ridefinire il ruolo degli organismi parlamentari.
(I) La base morale di un nuovo ordine. Esiste un evidente divario tra la esplicita teoria normativa della democrazia (ovvero parlamentarismo rappresentativo basato sulla sovranità popolare) e la prassi contemporanea di governance organica con i diversi interessi, associazioni, lobby, organizzazioni che rappresentano se stesse e sono direttamente impegnate in varie forme di regolamentazione e formulazione di politiche. Molti leader politici come pure gruppi di cittadini riconoscono che c'è qualcosa di profondamente sbagliato - c'è un senso di crisi istituzionale e morale. Che tipo di teoria normativa è necessaria per definire attori «appropriati», per regolare la varietà dei processi di governance? Si dovrebbe procedere verso una efficace regolamentazione pubblica e una maggiore legittimazione delle forme organiche e dei loro attori, per esempio attraverso la loro esplicita autorizzazione da parte del Parlamento. In primo luogo, è necessario rendere esplicito il concetto di cittadinanza delle organizzazioni, e definire dal punto di vista costituzionale il ruolo, i diritti e i doveri delle organizzazioni nella funzione di governo contemporanea. Dovrebbero essere formulate leggi esplicite che regolino l'accesso delle organizzazioni, il loro comportamento e le loro responsabilità, in modo che siano inserite nel più ampio contesto del diritto pubblico. Analogamente, il ruolo degli esperti deve essere definito e regolato (Burns e Ueberhorst, 1987). Ciò significa formulare in modo esplicito in una nuova Costituzione il ruolo, i doveri e le responsabilità delle competenze specialistiche nella vita democratica. Attualmente lo status di tali partecipanti e il modo, diretto o indiretto, in cui essi esercitano un influsso sulle politiche e i processi legislativi, è notevolmente ambiguo. Invero una delle motivazioni del coinvolgimento degli esperti nei processi di governance è che

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essi contribuiscono a prendere le decisioni «giuste», a fare leggi e politiche «giuste» (anche se esse possono essere incompatibili con i desideri dei cittadini o del Parlamento). Inoltre il loro ruolo non è fondato su di una teoria normativa della democrazia, ma su principi di razionalità (componenti chiave della modernità).18 Le Costituzioni democratiche in genere dicono poco o nulla in merito al ruolo degli esperti, ai loro poteri, alle loro responsabilità nei processi di governance, ed è una lacuna che va colmata.
Queste considerazioni sollevano la questione della architettura di un nuovo ordine politico legittimato, in grado di combinare le forme parlamentari di governo con quelle organiche e le loro interrelazioni. Una Costituzione adeguata allora non dovrebbe soltanto fare riferimento al Parlamento, al Governo formale e ai cittadini ma alle organizzazioni, ai soggetti della società civile, agli esperti. Essa inoltre dovrebbe articolare e legittimare le forme organiche di governo in termini di norme e valori di democrazia, definendo, tra l'altro, diritti, limiti, compiti, garanzie di trasparenza e chiare attribuzioni di responsabilità (ne parlerò tra poco). In tal modo le forme di governo organiche riceverebbero una definizione e una regolazione costituzionale, e si troverebbero quindi a essere più sicuramente legittimate in un nuovo ordine politico (in parte già operante).
(II). Il Parlamento come metasovrano nel regno della sovranità diffusa. Quale può essere, eventualmente, il ruolo del Parlamento nel nuovo ordine? In un mondo di sovranità, rappresentanza e regolamentazione differenziate e diffuse, corriamo il rischio di una crescente frammentazione, disordine e non trasparenza. Ciò ci espone a ogni tipo di situazioni estreme, un rischio questo che non possiamo accettare, dati «i moderni poteri di distruzione e mutamenti indesiderabili». Le forme parlamentari di democrazia possono essere ri-orientate verso nuovi compiti e poteri, ma ciò richiede una ridefinizione del ruolo delle istituzioni rappresentative, e in particolare dei parlamenti nel contesto della funzione organica di governo. Uno dei più importanti ruoli potenziali del Parlamento dovrebbe essere quello di vigilare sulle forme organiche di governo e i loro attori, chiamandoli a rispondere del loro operato. In tal modo la democrazia rappresentativa formale, in particolare il Parlamento, si occuperebbe meno della moltitudine di questioni pratiche di governo e di formulazione delle politiche in settori specializzati, che vengono in misura maggiore o minore trattati più efficacemente nell'ambito dei governi regionali e locali come della governance settoriale. Varrà la pena prendere in considerazione i seguenti principi (si tratta soltanto di un abbozzo, che viene qui presentato allo scopo di stimolare l'analisi e la discussione):
(a) Dovrebbe essere sottolineata la funzione integrativa globale del Parlamento - il suo ruolo come rappresentante di un popolo, che si occupa delle problematiche che riguardano la società nel suo insieme, nonché delle tematiche di lungo termine, piuttosto che di una miriade di temi e di politiche altamente specializzate (come ho già detto, vi sono scarsissime possibilità che un qualsiasi Parlamento possa raggiungere le necessarie conoscenze e competenze necessarie per valutare i dettagli correlati alla maggior parte delle trasformazioni oggi in atto). Non è possibile - né ci si può aspettare - che il Parlamento competa con la specializzazione tecnocratica e pragmatica insita in molte forme organiche, o con le capacità dei governi locali o di quelli globali.19
(b) Esso dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di agire come metasovrano, costituendosi come la fonte generativa della sovranità e dandosi l'autorità di delegare e regolare l'attribuzione di sovranità ai vari attori nei settori chiave dell'autogoverno e dell'autoregolazione. Ciò significa che il Parlamento assumerebbe una più alta autorità e più alti compiti in un mondo complesso e differenziato con

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sovranità multiple e diffuse; esso definirebbe le regole fondamentali, in base alle quali vigilare su costituzione, legittimazione, monitoraggio e regolamentazione degli attori di sovranità nelle più importanti sfere della governance organica, sia a livello nazionale che locale. A livello internazionale, potrebbe negoziare bilateralmente e multilateralmente con altri governi per regolamentare settori di importanza strategica. Questo può farsi in parte mediante la definizione dei principi e delle regole generali riguardanti la partecipazione e i ruoli nei processi di governance organica. Sarebbero qui comprese le norme e gli orientamenti volti a organizzare la negoziazione, il dibattito e la responsabilità pubblica. Il Parlamento vigilerebbe anche sulla conformità delle azioni a regole e principi fondamentali, sanzionando eventuali infrazioni, ad esempio quelle riguardanti l'accesso, la trasparenza e la pubblicità dei rendiconti. In alcuni settori tecnici di importanza chiave potrebbe costituire delle autorità speciali, enti indipendenti, con il compito di verificare ed assicurare che i processi di governance si svolgano in conformità con le norme e i parametri stabiliti dal Parlamento.
(c) Il Parlamento formulerebbe regole e procedure riguardo alle modalità di «rendiconto» sull'esercizio delle funzioni di governo, alle decisioni più importanti, ai livelli e modi di partecipazione (analogamente agli obblighi imposti alle imprese e organizzazioni di volontariato di fornire rendiconti finanziari del proprio operato). Rendiconti periodici verrebbero forniti sulle attività e le modalità di formulazione di politiche nei diversi settori; per alcuni settori particolarmente importanti o critici - settori strategici, che si trovano in situazioni di particolare gravità - il Parlamento potrebbe decidere di svolgere delle audizioni o altre indagini. Ciò comprenderebbe naturalmente i settori di particolare rilevanza pubblica, ad esempio quelli correlati all'evoluzione della società sul lungo periodo, come i progressi tecnologici nel campo della medicina o delle comunicazioni. Comprenderebbe anche settori di rilevanza sociale come assistenza e previdenza, occupazione, ruolo della donna, ambiente. Il Parlamento definirebbe così il macrocontesto all'interno del quale affrontare le tematiche di maggior respiro, in senso spaziale e temporale, della vita contemporanea.
(d) Il Parlamento perciò nel proprio ruolo di metasovrano contribuirebbe a definire e applicare i requisiti fondamentali della funzione di governo, le procedure perché un soggetto si costituisca attore della governance e le modalità con cui debba rendere conto del proprio operato. Riforme strategiche di questo tipo aumenterebbero la trasparenza e contribuirebbero a consolidare la fiducia dei cittadini in questi e altri analoghi meccanismi. In questo modo in Parlamento riprenderebbe il suo ruolo di rappresentante generale e voce della gente, esercitando un controllo sull'esercizio delle funzioni organiche di governo da parte degli attori in gioco. Il Parlamento dovrebbe poter determinare quando ritirare agli attori la delega di sovranità loro concessa (allo stesso modo in cui le imprese e molte organizzazioni di volontariato hanno l'obbligo di render conto del proprio operato e possono essere assoggettate a sanzioni e persino sciolte d'autorità se violano norme essenziali, tra cui l'obbligo di presentare regolare rendiconto economico). Naturalmente tribunali indipendenti potrebbero fungere da istanze per giudicare, su ricorso dei soggetti esclusi o di partecipanti a particolari forme organiche di governo, se il Parlamento abbia agito correttamente e responsabilmente nelle proprie decisioni.
In tal modo, un Parlamento moderno - in quanto rappresentante della sovranità collettiva - affronterebbe i mutamenti di lungo termine e ampia portata, tra cui i mutamenti a livello di sovranità, rappresentanza e responsabilità che caratterizzano le forme organiche di autogoverno. Ciò richiede una funzione costituzionale attiva e lungimirante per rispondere alla complessità e al dinamismo della società moderna e alla sua costante esigenza

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di adattamento e ristrutturazione, determinata dalla compresenza di una serie di grandi trasformazioni in atto. Misconoscere questo stato di cose, rinunciare ad agire o agire impropriamente comporterebbe conseguenze molto più gravi di quelle che si sarebbero potute verificare cento o anche cinquanta anni fa. Dobbiamo continuare a far fronte alle nuove sfide e prepararci a entrare nel secolo venturo a livello istituzionale, democratico ed etico 20.


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a) Seminario di Teoria di Uppsala, Dipartimento di Sociologia, Università di Uppsala, Svezia; Professore invitato, Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Istituto Universitario Europeo, Firenze; Senior Fellow, Istituto di Politica Pubblica, Università George Mason, Virginia, USA.
b) Questo testo è stato preparato come base per una relazione, da tenersi dinanzi alla Camera dei Deputati l'8 maggio 1998, sul futuro della democrazia parlamentare. L'occasione è data dalla commemorazione di Aldo Moro, già Capo del Governo italiano e Presidente del partito della Democrazia Cristiana, rapito e assassinato venti anni fa. Per la preparazione di questo intervento sono particolarmente grato ad Alfonso Alfonsi, Luciano D'Andrea, Mark Jacobs, Nora Machado, Patrick McCarthy, Philippe Schmitter, Carlo Trigilia e Nina Witoszek per i loro pareri e suggerimenti. Voglio ringraziare anche Agnese Moro, Alessandro Pizzorno, Gianfranco Poggi e Bo Strath, nonché i partecipanti al seminario tenuto presso l'Istituto Universitario Europeo il 29 aprile 1998, per le loro osservazioni. Questo contributo è basato su precedenti lavori con Svein Andersen e Reinhadt Ueberhorst.
c) Aldo Moro, L'intelligenza e gli avvenimenti. Testi 1959-1978. A cura di G. Quaranta, Milano, Garzanti, 1979.


1 Prendere in esame i paesi ex comunisti in Europa, così come un'analisi della evoluzione della democrazia in altre parti del mondo mi porterebbe al di là della portata di questa relazione.
2 Il concetto di «società civile» è stato interpretato in diversi modi (v. Held 1989:180). Alcuni potrebbero sostenere che la società civile non possa mai essere disgiunta dallo Stato; quest'ultimo, creando il contesto normativo generale della società, costituisce la società civile in misura significativa (Held, 1989:180), ma questa è una concezione estrema e poco sostenibile. La società civile è costituita da una serie di ambiti di vita sociale: il mondo della famiglia, dell'amicizia e di altri legami, la maggior parte della sfera economica, inoltre una gran varietà di attività culturali, che sono organizzate e regolate da accordi di tipo morale e privato o volontario tra soggetti che esulano dal controllo diretto dello Stato (Held, 1989:180).
3 Tra l'altro, vi sono incluse sfere di produzione, scambio e consumo, nonché di creazione e tutela di princìpi e valori normativi, regole e significati etici, siano essi di carattere universale o particolare, o, addirittura, di carattere criminale.
4 Esistono ovviamente notevoli diversità tra le democrazie europee: nel modo di far politica, nella cultura, nella prassi. Le regole dei giochi politici sono diverse, i soggetti e le configurazioni di soggetti variano considerevolmente. Tuttavia, le tendenze evidenziate qui sopra valgono per tutti; i problemi che questi sviluppi pongono per la funzione di governo e i processi regolativi sono da tutti condivisi. Mentre esistono importanti differenze nelle risposte istituzionali e politiche ai problemi contemporanei in Scandinavia rispetto a Inghilterra, Francia, o Italia, vi sono comunque le analogie che ho individuato qui.
5 I subgoverni sono gruppi di operatori, al di fuori del governo formale, che si specializzano nella definizione di politiche e nella regolamentazione relativamente a temi o ambiti specifici. Essi coinvolgono soggetti non pubblici ma talvolta anche pubblici, e naturalmente esperti, con modalità organizzate e relativamente ben definite. I rappresentanti pubblici sono in genere funzionari, ma possono comprendere anche politici e ministri (v. Jordan e Maloney, 1997).
6 Gli osservatori della politica italiana non hanno bisogno di una introduzione all'idea della organic governance e della compenetrazione tra Stato e società civile. Come in molti altri paesi, compresi quelli scandinavi, sono esistiti ed esistono in Italia molti accordi di tale tipo, legali ed illegali, non corrotti e corrotti. Mentre tali accordi sono efficaci nell'affrontare un'ampia gamma di problemi contemporanei, come ho affermato altrove, essi non sono esenti da rischi, per esempio rischi di illegalità e corruzione (si veda la discussione più avanti).
7 Il movimento per i diritti degli animali deve ancora affermarsi in Italia, ma una sua nascita o affermazione è probabile. Roma ha già un ufficio per i diritti degli animali, che ha contribuito a trasformare lo zoo in un bioparco senza gabbie. Se ci si basa sull'evoluzione nell'Europa settentrionale, ci si può attendere la nascita di un movimento che influenzerà i comportamenti dei laboratori di ricerca, con riferimento agli esperimenti su animali, o in agricoltura riguardo all'allevamento, ecc. L'influenza che viene esercitata sui processi legislativi e politici si colloca in larga misura al di fuori del contesto elettorale.
8 I problemi della rappresentanza sono stati oggetto di ampio interesse da parte degli operatori e degli studiosi di scienze sociali.
9 Un principio fondamentale sotteso alla mia argomentazione in questo come in altri lavori è che la sovranità contemporanea è sempre più diffusa e relativamente fluida. Esiste non solo una concezione, ma pratiche collaudate in cui molteplici soggetti godono (e si aspettano di godere) di diritti e doveri nella partecipazione a processi di governance esistenti e potenziali nella misura in cui accettano le regole o, se le rifiutano, lo fanno in modo coerente rispetto a principi e prassi democratiche più generali. Questo modello è un risultato diretto dello sviluppo di una cultura e di prassi

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democratiche che vanno molto oltre gli accordi parlamentari e il fatto che i cittadini votino. Questa cultura nel contesto di una società sempre più complessa, differenziata e dinamica è sempre più articolata nelle forme organiche della rappresentanza e della partecipazione diretta alla definizione delle politiche di cui si tratta in questa relazione.
10 Sono qui comprese non solo le norme e i vincoli costituzionali dello Stato, ma anche le dichiarazioni internazionali dei diritti, come la Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo dell'ONU (1947) e la Convenzione Europea per la protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, come pure le disposizioni della UE. Queste norme potenzialmente impediscono allo Stato di trattare i propri cittadini a suo arbitrio. Le decisioni della Corte Europea di giustizia hanno portato a degli importanti cambiamenti nella legge britannica, ad esempio riguardo alla discriminazione sessuale e alla parità salariale (Held, 1989:235).
11 Un'ampia varietà di organizzazioni e di gruppi di interesse pubblico è coinvolta, ad esempio, nei «servizi pubblici» contemporanei (v., per esempio, Alter e Hage, 1993; Hood e Schrippert 1988:7): ministeri nazionali, uffici governativi, uffici degli enti locali; enti pubblici indipendenti, ad esempio l'amministrazione nazionale dei farmaci, l'ente per le telecomunicazioni, o una banca centrale; oppure aziende pubbliche; imprese indipendenti o private, ad esempio una associazione nazionale per l'aiuto ai disabili; un gestore locale di un servizio pubblico, ecc. In altre parole, servizi di una certa importanza offerti al pubblico, oppure dati in concessione dall'autorità, non sono offerti solo dalla amministrazione pubblica nella modalità uniforme della pubblica amministrazione.
12 Il braccio di ferro tra la Shell - la più grande multinazionale dell'Europa occidentale - e Greenpeace nel 1995 sulla eliminazione nel mare profondo (affondamento), di una grande piattaforma per il carico del petrolio, denominata Brent Spar, illustra il modo in cui i processi e i negoziati relativi alle politiche si svolgono in effetti fuori dal controllo del Parlamento o del Governo centrale (Jordan e Maloney, 1997, 577-578; la discussione seguente è basata in larga misura sul loro resoconto). La Shell ottenne il permesso di gettare la struttura al largo nelle acque del nord dell'Atlantico, dopo negoziati che coinvolsero il Dipartimento del commercio e dell'industria, lo Scottish Office, rappresentanti dei pescatori e dei gruppi ambientalisti britannici. Un documento della Shell fa riferimento al fatto che gli scienziati dello Scottish Office avevano scelto il luogo per la eliminazione, suggerendo una stretta cooperazione con questa specifica collettività. Greenpeace, che rappresenta un movimento ambientalista internazionale, mise in discussione la decisione, in parte impegnandosi in una occupazione di larga risonanza della piattaforma del Brent Spar. Dopo un efficace boicottaggio da parte dei consumatori in Germania e in altre parti d'Europa, la Shell del Regno Unito fu costretta da altre parti della multinazionale a mutare la propria politica. L'annuncio del voltafaccia della Shell giunse esattamente nel momento in cui il primo ministro John Major difendeva alla Camera dei Comuni la politica di smaltimento al largo scelta dalla Shell (la politica del governo continuava ad approvare lo smaltimento in alto mare come migliore opzione a livello ambientale). In una riflessione critica sull'incidente, il vicepresidente della Shell (comunicazione personale), diede la colpa alla arroganza della divisione britannica (giuristi esperti e scienziati avevano fornito input importanti), e alla indifferenza per la dimensione internazionale della decisione; in conseguenza di ciò, emersero alla Shell una nuova filosofia e un nuovo approccio - e ciò portò a una rimodellazione della comunità interessata (vedi sotto).
La Shell affermava che le decisioni non erano state prese né all'improvviso né in segreto. Secondo la valutazione della Shell, le informazioni erano state messe a disposizione della opinione pubblica e dei media, ma nessuno aveva mostrato interesse (almeno in Gran Bretagna!). L'approvazione data alla decisione di far affondare il Brent Spar era stata riportata dalla stampa, ma in articoli di poche righe, perché i media avevano deciso che si trattava di una notizia noiosa. Greenpeace entrò dall'esterno della comunità politica ufficiale in Gran Bretagna e conquistando l'attenzione dei media definì in modo efficace a livello pubblico la questione come riguardante l'inquinamento e l'egoismo della multinazionale. Nel corso dell'anno seguente, dopo una riflessione e un ripensamento da parte dei vertici aziendali, avvennero una serie di discussioni dirette, personali e di alto livello tra la Shell e Greenpeace,

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con entrambe le parti impegnate nella organizzazione di conferenze, cui partecipava anche l'altra parte. Greenpeace espresse la volontà di partecipare al programma Way Forward della Shell, attraverso il quale veniva riconsiderata la politica aziendale. Greenpeace fece delle valutazioni relative al dialogo con l'industria, mentre la Shell ammise che l'«arroganza tecnologica» aveva portato a valutazioni sbagliate. Il presidente e l'amministratore delegato della Shell affermarono che «organismi come Greenpeace hanno chiaramente il diritto di affermare che la eliminazione al largo è sbagliata in linea di principio. Dovremmo ricordare il debito che abbiamo nei confronti degli ambientalisti per avere risvegliato la società alle sfide ambientali che dobbiamo affrontare» (citato in Jordan e Maloney 1997, 578). Così emerse una comunità politica ridefinita, con un nuovo soggetto, nuovi rapporti e nuovi concetti e orientamenti generali. Inoltre in questo caso possiamo vedere i vari ruoli e gradi di coinvolgimento dei gruppi di interesse, come pure il ruolo centrale di quanti avevano un forte impegno e una disponibilità a investire attenzione e risorse. Possiamo inoltre osservare la relativa perifericità del Parlamento e del partito conservatore allora al potere.
13 Proprio perché lo Stato nazione è stato in misura maggiore o minore un soggetto fondamentale, un centro simbolico, è difficile riconoscere in quale misura il vero potere e la vera autorità si siano spostati altrove. Sempre più i veri poteri sono esercitati dagli interessi economici, esperti, gruppi nati intorno a temi pubblici, movimenti sociali, e infine dalla moltitudine di organizzazioni - parte della nuova sovranità diffusa.
14 Altri «principi della democrazia» sono più logici, o più facili da attuare:
C'è una autorappresentazione dei gruppi di interesse e dei movimenti sociali, cioè il principio della partecipazione diretta e della «democrazia diretta» di interessi coinvolti in determinati settori politici. Al tempo stesso la rappresentanza di esperti è una caratteristica essenziale e può associarsi prontamente con le forme di rappresentanza globale, nazionale, regionale e locale di cui dicevamo sopra, nonché a livello di gruppo di interesse.
15 Held (Held, 1989:26) sostiene che John Stuart Mill evidenziasse come la partecipazione alla vita politica (il voto, il coinvolgimento nella amministrazione locale e in qualità di giurati) fosse fondamentale per creare un interesse diretto nella vita dello Stato, e quindi come base per una cittadinanza impegnata moralmente, informata e in evoluzione. In tal senso la politica democratica doveva essere meccanismo primario della crescita morale della persona. La presente relazione sottolinea l'importanza delle organizzazioni, anche se i singoli svolgono ovviamente il proprio ruolo.
16 Il clientelismo è un esempio di una forma di organic governance, che naturalmente funziona in un mondo dove la distinzione tra pubblico e privato è sempre più sfumata. Esso implica, in parte, la espropriazione privata delle risorse pubbliche e l'utilizzo di agenzie statali per espropriare risorse private - e varie combinazioni di esse. Così un funzionario pubblico può attribuire risorse o fornire finanziamenti a imprese private, capi di partito ecc. Allo stesso tempo, il funzionario può prendere tangenti dalle imprese in cambio di contratti, sussidi o certificazioni per i loro prodotti, ecc. Il clientelismo è diverso dalla corruzione ordinaria in quanto è un complicato gioco tra la sfera pubblica e quella privata. La semplice corruzione è puramente un sottoprodotto dell'esercizio del potere pubblico (McCarthy 1995, 62).
17 Le forme specializzate di governance hanno anche una capacità molto limitata di affrontare questioni costituzionali di grande portata, come la scelta tra Stato unitario o federale, o la scelta tra un modello di società inteso come mercato, rispetto a uno schema istituzionale statalista, oppure uno schema istituzionale misto. Queste visioni o modelli alternativi della società si basano su differenti valori fondamentali, quali la libertà e l'iniziativa personale rispetto ai vincoli e alla responsabilità collettiva.
18 Ovviamente il principio di razionalità non è particolarmente coerente con un principio di sovranità dei cittadini. Il contesto culturale occidentale è caratterizzato da una contraddizione tra il valore fondamentale della democrazia e quello della razionalità, impersonato, ad esempio, dalla competenza professionale degli esperti (Burns 1994).
19 In questo contesto uno dei problemi maggiori che si pone è la breve durata del mandato dei rappresentanti parlamentari (un problema che mi è stato indicato da Philippe Schmitter). Chiaramente insieme a qualsiasi ridefinizione del ruolo del Parlamento - specialmente in connessione con un

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sostanziale decentramento dei poteri a favore delle regioni e dei comuni e una centralizzazione a livello di UE - si dovrà considerare con attenzione la durata del mandato, necessaria perché esso possa adempiere il nuovo ruolo e i nuovi compiti, e porre anche la questione di ridefinire i criteri e le ripartizioni della base elettorale per la elezione dei parlamentari (rinunciando forse, anche solo in parte, a un modello di rappresentazione geografica e creando un sistema di circoscrizioni più diversificate e complesse).
20 Il nuovo ruolo dei Parlamenti richiede qualcosa di più di una considerazione sistematica degli sviluppi di lungo periodo della società, inclusi quelli relativi alla governance. Richiede anche un impegno morale nell'affrontare le principali questioni contemporanee. Lo Stato non si colloca al di là della morale a prescindere dalle proprie credenziali democratiche. Non dovrebbe limitarsi ad essere responsabile, da un punto di vista morale, ma, in quanto simbolo collettivo, dovrebbe essere moralmente esemplare. In altri termini, il nuovo principe, sia pur democratico, deve essere un principe morale. In quest'ottica la concezione dello Stato formulata da Nicolò Machiavelli è stata chiaramente infelice e fuorviante da diversi punti di vista. Naturalmente i cinici reagiranno subito al solo suggerimento che la politica o lo Stato possano o debbano essere morali, o che i politici debbano o possano essere virtuosi ed esercitare una guida morale, (sebbene in passato siano esistite comunità in cui ciò era richiesto). I cinici potrebbero invocare delle tendenze storiche e sostenere che il mondo è sempre lo stesso, o che non si può far nulla rispetto a situazioni particolarmente negative, ovvero che una situazione difficile non sia negativa, o che le cose comunque non cambiano. Essi offrono argomenti per rimanere inattivi, per continuare nella routine. Tuttavia nel mondo moderno tale passività comporta rischi troppo elevati.