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La storia del ritrovamento del Satiro Danzante


Il Satiro Danzante
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Il Satiro Danzante
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Anche se è passato tanto tempo ricordo bene quella notte in cui il peschereccio "Capitan Ciccio" fece il suo ingresso nel porto di Mazara del Vallo, lento in un mare nero e piatto. Dal molo guardai a poppa e nel buio risplendevano due occhi bianchissimi; guardai meglio – nel frattempo la barca si era avvicinata – e vidi che quegli occhi erano piantati su di una testa selvaggia rivolta verso di me. Pensai: "Non è possibile! Non è possibile che sia toccato a me".


Era la notte fra il 4 e il 5 marzo del 1998 e il Satiro Danzante usciva dal fondo del Canale di Sicilia dove si era perso in chissà quale naufragio e rientrava nella storia.


Le storie di mare e dei grandi rinvenimenti sottomarini hanno sempre un grande fascino per chi le vive per chi ne ascolta il racconto. Questa vicenda era cominciata circa un anno prima quando nel Museo civico di Mazara del Vallo mi era stata mostrata, avvolta in una tela di sacco, una grande gamba di bronzo, flessa recuperata in mare dallo stesso peschereccio "Capitan Ciccio".


Non potevamo fare a meno di tentare di rintracciare la statua a cui quella gamba apparteneva! Nel luglio del 1997 organizzai, quindi, in collaborazione con la Capitaneria di Porto di Mazara del Vallo una ricognizione tramite sonar nel punto indicato dal comandante del peschereccio. Fu una grande avventura. Partii nel cuore della notte da Pantelleria su una pilotina della Capitaneria e raggiungemmo in alto mare la nave attrezzata per la ricognizione sulla quale già si trovavano i miei colleghi provenienti dal porto di Trapani.


Ricordo ancora con terrore l’onda lunga che ora separava ora avvicinava la fiancata della pilotina a quella della nave sulla quale sarei dovuta passare. Un giovane marinaio mi mostrò i movimenti che avrei dovuto compiere in sincronia con quelli del mare. Io li eseguii e rotolai sul ponte della nave.


Passammo due giorni e due notti a esplorare un tratto di mare che sul computer di bordo appariva pesantemente arato dalle reti a strascico. Su questo fondo piatto si identificavano alcuni "target" non altrimenti definibili se non come elementi non pertinenti al fondo marino stesso.


Che fare ora? Iniziammo spasmodiche ricerche di mercato per effettuare una più analitica ispezione degli oggetti identificati sul fondo marino e un loro eventuale recupero. Ma l’eccessiva profondità del mare (m. 490 ca.) avrebbe richiesto mezzi tecnici, e finanziari, che non erano assolutamente alla nostra portata.


Ma era scritto che la gamba si dovesse ricongiungere alla statua. Mi hanno spiegato che il mare è praticamente lottizzato e che ogni peschereccio ha il suo "campo" di pesca, dei limiti ben precisi e definiti, segnati sul libro di bordo, che viene lasciato in eredità di padre in figlio. "Capitan Ciccio" continuava ad arare il suo campo, in su e giù, finché le reti si impigliarono in qualcosa di grande e pesante. Le tirarono a bordo e i marinai videro anche loro uscire dall’acqua due occhi bianchi piantati su di una testa selvaggia. La statua piena di limo e di fango era pesantissima; lo sforzo degli uomini fu immenso. Grande f la loro rabbia, che traspariva nella nostalgia del racconto, quando un braccio si ruppe e scivolò giù per sempre: "Dottoressa trovammo la statua della gamba! Ma persimo un braccio!" Il satiro ricevette a bordo le prime cure: adagiato su un letto di reti venne accuratamente svuotato del fango con getti di acqua dolce.


Dal peschereccio ci avevano comunicato le dimensioni della statua e con colleghi della Soprintendenza di Trapani – Gaspare Bianco, Luigi Lentini e Salvatore Calamusa – ci eravamo attrezzati per riceverla e trasportarla in un luogo sicuro. Con una gru montata su di un camioncino la statua venne sollevata, collocata su un carrello e trasportata al Museo Civico di Mazara del Vallo. Appena arrivati prendemmo la gamba ritrovata in precedenza e verificammo subito che apparteneva alla nostra statua.


All’una di notte del 5 marzo 1998 sottoscrivevo il verbale di consegna del reperto che venne lasciato in deposito temporaneo presso il Museo Civico di Mazara del Vallo. Intanto le agenzie di stampa di tutto il mondo divulgavano la notizia dell’eccezionale ritrovamento che, suggestivamente ma impropriamente, venne denominato dai mass medi "Eolo". E iniziarono giorni di follia: problemi di conservazione, interviste, televisioni, giornali, commissioni, perizie, sopralluoghi, polemiche...


Il primo problema fu quello di approntare una vasca per la desalinizzazione della statua. Si costruì subito un precario contenitore in tela cerata su di un’anima di carpenteria; poi la statua venne deposta in una vasca di vetroresina fornita dal Comune.


Sin dall’inizio le operazioni furono portate avanti in stretto raccordo con l’Istituto Centrale per il Restauro che da un lato ci fornì le indicazioni per gli interventi di lavaggio; dall’altro ci inviò i suoi tecnici per i primi esami, il completamento del lavaggio e le operazioni di stabilizzazione.


Intanto, il Satiro Danzante, immerso nella sua vasca piena di acqua dolce – nella quale venivano anche buttate delle monetine – divenne mèta di un incessante pellegrinaggio di curiosi, studiosi, personalità politiche, militari, civili.


Per circa sei mesi la mia vita venne perentoriamente invasa dal Satiro Danzante venuto dal mare. Ed io pensavo, e continuo a pensare, a quel braccio scivolato giù, a quelle costose ricerche che si sarebbero potute fare, e che non si sono fatte, per recuperare il resto del gruppo di cui la statua faceva sicuramente parte.


Le nostre strade si sono divise una sera del settembre 1998. Dopo avere percorso mezza Italia al seguito della Statua bronzea che il Canale di Sicilia ci aveva restituito, preceduti da una volante della Polizia con le sirene spiegate, traversammo tutta Roma fino al San Michele dove consegnai il Satiro alle cure del compianto amico prof. Michele Cordaro, allora Direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro.


Questa breve cronaca vuole essere la testimonianza diretta di chi ritiene di avere avuto un privilegio, al di là delle fredde relazioni che ho depositato agli atti dell’Ufficio.


Rosali Camerata Scovazzo

Direttore del Museo Archeologico

Regionale di Palermo "A: Salinas"

(già Sovrintendente ai Beni Culturali

e Ambientali di Trapani, 1991/1999)


Testo pubblicato sul Catalogo della Mostra