Commissione parlamentare per le questioni regionali

Incontro con il consiglio regionale del Veneto

(10 marzo 1998)

(Resoconto integrale redatto a cura del Consiglio regionale)

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Indice degli interventi

Amalia SARTORI *
Guido DONDEYNAZ *
Amalia SARTORI *
Giancarlo GALAN (Presidente della Giunta) *
Mario VALDUCCI *
Valter VANNI *
Luisa DE BIASIO CALIMANI *
Adriano BERTASO *
Luigi VIVIANI *
Roberto BUTTURA *
Amalia SARTORI *
Daniele FRANZ *
Fabrizio COMENCINI *
Carlo Alberto TESSERIN *
Margherita MIOTTO *
Severino GALANTE *
Guido DONDEYNAZ *
Amalia SARTORI *

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Amalia SARTORI

Nel porgere il benvenuto nel Consiglio regionale agli onorevoli componenti della Commissione parlamentare per le questioni regionali, mi è gradito sottolineare il significato di questo incontro che si colloca in un momento cruciale dell'evoluzione istituzionale del Paese che, come noto, è sentito in modo particolare dalla Comunità veneta in tutte le sue espressioni.

Nell'esprimere, quindi, l'apprezzamento per l'iniziativa a cui abbiamo aderito con vivo interesse, mi auguro che la medesima possa far giungere nelle sedi parlamentari le esigenze, le aspettative e le proposte della nostra comunità, in vista di una compiuta ed effettiva riforma in senso federalista dello Stato.

Il messaggio maturato inequivocabilmente nel Veneto è una istanza di forte autonomia regionale, frutto di un processo di consapevolezza e di maturazione, che ha visto coinvolti in modo pressoché unanime tutte le forze politiche che si sono fatte in questi anni promotrici di qualificate e significative iniziative istituzionali. Basti ricordare le richieste presentate, unitamente ad altri Consigli regionali, nel gennaio del 1992 di referendum abrogativi dei Ministeri della Sanità, del Turismo, dell'Agricoltura e Foreste, dell'Industria e Commercio e di numerose disposizioni del DPR 24 luglio 1977, n. 616 in tema di funzioni riservate allo Stato in materia di sicuro interesse regionale quali, beneficenza pubblica, assistenza sanitaria e ospedaliera, istruzione artigiana e professionale, assistenza scolastica, fiere e mercati, turismo e industria alberghiera, agricoltura e foreste, urbanistica, viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti. E inoltre, l'approvazione, nel luglio 1992, di una proposta di legge costituzionale, trasmessa alle Camere ai sensi dell'art. 121 della Costituzione, volta a modificare le norme costituzionali concernenti l'ordinamento delle Regioni; proposta che si inseriva nel processo avviato in sede parlamentare per la modifica del Titolo V° della Costituzione per ridefinire l'autonomia regionale. E ancora, le nuove richieste presentate, unitamente ad altri Consigli regionali, nel settembre 1996 di referendum abrogativi di un complesso di leggi statali concernenti, tra l'altro, l'istituzione del Ministero delle risorse agricole, alimentari e forestali, la disciplina delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport (le due richieste di referendum abrogativo miravano a superare il quadro normativo introdotto a livello statale successivamente ai referendum abrogativi del 1992, ritenuto dalle Regioni non coerente con il livello di competenze rivendicato dalle Regioni); l'istituzione del ministero della sanità; l'istituzione del Ministero dell'industria e del commercio; nonché disposizioni in tema di disciplina dei concorsi in materia di pubblico impiego, in tema di attività promozionali delle Regioni all'estero nelle materie di propria competenza, di partecipazione delle Regioni alle attività dell'Unione Europea, di controlli dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni in tema di segretari comunali e provinciali, di controllo sugli atti di comuni e province.

Infine, l'approvazione, nel gennaio del 1997, di una proposta di legge costituzionale, trasmessa alle Camere ai sensi dell'art. 121 della Costituzione, volta a sostenere la riforma costituzionale in senso federalista della seconda parte della Costituzione, quale contributo ai lavori della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali. Ed è con questa ultima proposta che la regione si è inserita direttamente nel processo di riforma costituzionale in atto. Al riguardo non posso non ricordare che punto qualificante della proposta del Veneto, nella direzione di un federalismo compiuto, è la previsione di un Senato delle Regioni qualificato sia sotto il profilo della competenza, sia sotto il profilo della sua composizione; infatti in tale proposta al Senato federale è attribuito un potere decisionale effettivo in ordine ai rapporti ed alle materie di competenza regionale nonché al sistema delle autonomie. E' evidente la differenza con la proposta licenziata dalla Commissione bicamerale, attualmente all'esame della Camera, che prevede soltanto un'integrazione in sessioni speciali del Senato della Repubblica con consiglieri comunali, provinciali, regionali.

Questa previsione, semplicemente integrando il Senato della Repubblica, non consente neanche sotto il profilo elettorale e della composizione, una presenza che permetta la partecipazione effettiva, e non meramente consultiva, delle regioni nelle decisioni a livello parlamentare. Infatti, la partecipazione del previsto Senato integrato all'attività legislativa appare debole, perché troppo ristretto è il ventaglio delle materie sulle quali quest'organo è chiamato a deliberare; e perché. se il Senato integrato deve garantire la partecipazione delle realtà locali alla legislazione in tutte le materie che direttamente le riguardano, non può immaginassi che in tali materie esso rimanga subordinato alla volontà della Camera dei Deputati competente a deliberare in via definitiva. Per realizzare in uno Stato a centralismo imperfetto, come l'Italia, un ordinamento federale, fondato su un nuovo equilibrio tra ragioni della differenza e ragioni della coesione nazionale, occorre in primo luogo riportare al centro, nella struttura del Parlamento, le stesse ragioni della differenza e dell'unità. All'attuale ed ormai disfunzionale bicameralismo paritario occorre quindi sostituire un bicameralismo specializzato. Specializzato, non solo per funzioni, ma per meccanismi di legittimazione e di composizione delle due Camere. Alla Camera politica va affiancata una seconda Camera (o Senato) non politica, ma rappresentativa delle Regioni. Soltanto lo strumento dinamico della co-decisione può assolvere al compito di salvaguardare gli ambiti di autonomia ed al tempo stesso non irrigidire l'attribuzione delle prerogative di ogni istituzione di governo. Lo stesso appello al criterio della sussidiarietà acquista senso esclusivamente se le valutazioni di efficienza, cui esso rimanda, sono compiute con adeguati meccanismi di codecisione.

In questa ottica il Senato rappresentativo delle regioni diventa la sede naturale di compensazione che tutela le esistenti differenze strutturali tra le regioni e garantisce il necessario vincolo di solidarietà a livello nazionale nella ridistribuzione delle risorse. La Riforma dello Stato in senso regionalista e federalista rappresenta la risposta istituzionale più alta alle istanze espresse dalla società civile, volte a richiedere livelli di responsabilità più diretti e la crescita della nostra democrazia in direzione di una più effettiva capacità di autogoverno e di una più ampia partecipazione. Attraverso una nuova organizzazione degli assetti costituzionali, si tratta quindi di ridefinire compiti e funzioni dello Stato centrale, così che esso assuma un ruolo più incisivo ed efficace sulle materie di grande rilievo nazionale ed internazionale (esteri, giustizia, difesa e finanza) e di valorizzare il ruolo delle Regioni riconoscendo a questo livello la generale potestà legislativa in tutte le altre materie. il modello a cui guarda il Veneto è il modello federale, modello che trova la sua origine nel lontano 1787, allorché la Convenzione di Philadelphia approvò il testo della Costituzione degli Stati Uniti d'America.

E' il modello che permette di ottenere i vantaggi della dimensione regionale in cui i cittadini hanno la possibilità di partecipare più direttamente e attivamente al processo di formazione delle decisioni politiche e i vantaggi della dimensione "federale", garante dell'indipendenza politica (la spada) e delle altre funzioni necessariamente unitarie: la giustizia (toga), la politica estera (bandiera), la politica monetaria (moneta). Anche sotto questo profilo appare distante dalla proposta veneta e non significativamente orientata in senso federale, la proposta all'esame della Bicamerale, che presenta un evidente squilibrio a favore dello Stato che mantiene un livello di competenza ancora vasto e, in ogni caso, non prevede sufficiente flessibilità in relazione a differenziate esigenze territoriali. La stessa previsione dell'ultimo comma dell'articolo 57 della proposta Bicamerale, - secondo cui con leggi costituzionali possono essere disciplinate forme e condizioni particolari di autonomia anche per le regioni a statuto ordinario, - è segno di un'impostazione centralistica e di difficile percorribilità, perché mantiene l'impostazione tradizionale di uno stato che concede autonomia e non di un vero principio di sussidiarietà, che si esprime nella possibilità per ciascuna Regione di riconoscere le proprie peculiarità anche a livello dell'autonomia ordinamentale. Su questo punto è, tra l'altro, all'ordine del giorno dei lavori una proposta di legge (presentata dal Presidente della Giunta e dai consiglieri di maggioranza) volta all'indizione di un referendum consultivo in merito alla proposizione da parte del Consiglio regionale di una proposta di legge costituzionale per l'attribuzione alla Regione Veneto di forme e condizioni particolari di autonomia. Con queste note introduttive, che affido alla considerazione degli onorevoli componenti della Commissione Parlamentare, cedo la parola al Vicepresidente Sen. Dondeynaz.

Guido DONDEYNAZ

E' con grande piacere che siamo qui tra di voi e sento l'obbligo innanzitutto di portarvi anche il saluto del Presidente della Commissione che per motivi personali non ha potuto essere presente a questo incontro, il Presidente Mario Pepe.

Credo che l'iniziativa della nostra Commissione ci vede fare queste visite nei confronti dei Consigli regionali proprio in un momento delicato, così come la Presidente ha sottolineato, per tutte le questioni che sono in discussione in questo momento in Parlamento. Da una parte, come tutti quanti voi sapete, siamo nella piena fase di attuazione della legge Bassanini che si pone l'obiettivo di realizzare gran parte del decentramento possibile a Costituzione invariata e credo che dall'altra parte sia inevitabile, così come ha f atto la vostra Presidente, parlare della riforma costituzionale in atto in questo momento. Sotto questo aspetto questa è una delle motivazioni proprio per i fermenti che ci sono, le tensioni che in questa realtà regionale esistono, la Regione Veneto è stata presa in considerazione come una delle Regioni da visitare per prime proprio per conoscere da vicino quello che è lo stato e le condizioni che all'interno di questa realtà vivono rispetto ai temi che stiamo discutendo. Ieri abbiamo fatto l'incontro con gli Enti locali e devo dirvi subito che uno degli elementi, credo molto delicati, è questo rapporto molto complesso e difficile che proprio all'interno delle Regioni - tra Comuni, Province e Regioni - è uno degli elementi grandi della discussione che in questo momento si sta sviluppando all'interno della Commissione Bicamerale, e più precisamente all'interno della Camera.

Voi sapete che l'altro giorno è stato votato l'articolo 55, che è il primo articolo, che di fatto ha stabilito quella che sarà la futura organizzazione dello Stato e si prevede all'interno dell'articolo 55 una equiparazione tra quelli che sono i Comuni, le Province, le città metropolitane, le Regioni e lo Stato. Credo che una grossa parte già con questo articolo si è andata a determinare, e permettetemi, proprio qui sul piano personale, molto probabilmente abbiamo già dato un taglio molto preciso a quella che sarà la riforma. Molti di coloro che abbiamo ascoltato come Commissione hanno definito che forse è la prima volta in un Paese che si tende a costituire un Paese di natura federale senza aver stabilito quali sono le entità federate. Mi sembra che di conseguenza il problema è ancora tutto in salita; occorre guardare con attenzione ai processi che stanno avvenendo, ma oggi credo che l'elemento più essenziale è quello di sentire innanzitutto la vostra opinione su questi temi, dopodiché ci riserviamo come componenti della Commissione di chiedervi ulteriori approfondimenti ed altre opinioni.

Il tema lo conoscete e di conseguenza di questo vi ringrazio.

Amalia SARTORI

Io ringrazio il Vice Presidente.

E' previsto adesso l'intervento del Presidente della Giunta regionale e poi ovviamente si apre il dibattito che vede coinvolti tutti i presenti che sono, oltre i componenti della delegazione parlamentare io credo che sia stato distribuito il materiale con i nomi e le presenze di tutti anche i componenti della Regione Veneto. Oltre al Presidente della Giunta e alcuni Assessori, per quanto riguarda il Consiglio regionale gli inviti sono stati rivolti, come lei sa Vice Presidente, all'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, che vede la presenza del Vice Presidente Armano e dei Consiglieri segretari, ai Presidenti delle Commissioni ed ai Presidenti dei Gruppi consiliari. Quindi una rappresentanza il più qualificata possibile che rappresenta sia la politica in senso stretto con i rappresentanti dei Gruppi consiliari, sia l'istituzione con l'Ufficio di Presidenza e le Presidenze delle Commissioni.

Do la parola subito al Presidente Galan e nel frattempo raccolgo le iscrizioni a parlare. Io spero che inizino a parlare i membri della Commissione e poi interverranno i Colleghi, anche per dovere di ospitalità.

La parola al Presidente Galan.

Giancarlo GALAN (Presidente della Giunta)

Io mi soffermerò pochissimi istanti perché è già stato abbondantemente illustrato e già vissuto ciò che riguarda il nostro atteggiamento sulla riforma della seconda parte della Costituzione e sulle iniziative del Veneto, per soffermarmi invece maggiormente su un tema più attuale, in quanto si guarda principalmente al futuro, che riguarda lo schema di attuazione dei decreti Bassanini, della legge 59.

Sul primo punto dirò soltanto che è nota la posizione. Noi attendiamo, chi con maggiore fiducia, chi con minore speranza, gli esiti parlamentari del lavoro predisposto nella Bicamerale, diciamo che non ci soddisfa, cosi com'è, il testo predisposto oggi, ma attendiamo. Sono presenti numerose osservazioni, numerosi emendamenti predisposti da parlamentari non solo dell'Ulivo, come qualche giornale elencava oggi, ma di tutti í Gruppi parlamentari. Ne ricorderò in particolare uno, depositato dall'onorevole Pisanu, che elimina quella necessità di revisione costituzionale per approvare le particolari forme di autonomia, non da concedere in quel caso, non sarebbe più una concessione, ma le particolari forme di autonomia da riconoscere alle diverse Regioni. Noi attendiamo prima di esprimerci definitivamente e prima soprattutto che si esprima definitivamente il popolo veneto nel referendum che comunque vedrà sottoposti i risultati della Bicamerale e poi del Parlamento al giudizio popolare. E qui vorrei rammentare quello che dissi all'onorevole D'Alema ancora cinque o sei mesi fa, sottolineandogli la necessità che le riforme fossero vere, concrete, pesanti, sostanziose, perché non ci si poteva esporre, non può esporsi il Parlamento al rischio di una riforma che veda la bocciatura anche per ipotesi di una sola Regione qualora questa Regione fosse il Veneto. Credo che sia un pericolo ben presente.

Mi soffermerò pochissimi istanti, perché già è stato fatto, sulle iniziative che questa Regione ha insieme ad altre ed anche autonomamente avviato per rendere più concreta la riforma, per rendere anche più vicina ai bisogni e alle esigenze di questa parte d'Italia la riforma dopo mezzo secolo di Costituzione invariata.

Mi soffermo invece di più sullo schema - vorrei usare la dizione esatta - di decreto legislativo sul conferimento delle funzioni e dei compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti locali, legge 59. Qui, devo dire con gran chiarezza, le Regioni hanno respinto al mittente la prima bozza bocciando l'iniziativa del Ministro Bassanini perché c'è scritto in qualche parte della legge, che in questo momento non ricordo, che lo schema debba essere emanato dopo aver riscontrato la previa intesa con la Conferenza delle Regioni e delle autonomie locali sugli argomenti, sui punti di interesse nazionale. Ebbene, la previa intesa non c'è stata. Nell'ultima Conferenza Stato-Regione e poi Stato-Regione-Autonomie locali questa previa intesa non era pronta, anzi, è stato predisposto per le Regioni uno schema da parte del Ministero di qualche centinaio di pagine, ce lo siamo letti, come sempre avviene - ma questa non è una colpa che faccio al Governo - nella notte precedente e le Regioni hanno deciso per la prima volta insieme, concordi dall'inizio alla fine con Province, città, autonomie ed ANCI, per la prima volta hanno proposto su 155 articoli 138 emendamenti, segno che qualcosa che non funzionava c'era. Non elencherò chiaramente qui in questa sede i 138 emendamenti, però cinque punti voglio sottolinearli. Il primo punto è quello di maggiore rilevanza. Punti, lo ripeto, che vedono emendamenti predisposti unitariamente dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dai rappresentanti delle Province, dai rappresentanti delle Comunità montane e dall'ANCI.

Primo punto: la questione finanziaria. Tutti questi trasferimenti, queste deleghe che lo Stato cerca anche, per certi versi, con encomiabile fretta di accollare alle Regioni e ai Comuni - mi fermo alle Regioni per non invadere la competenza altrui - assomigliano ad un federalismo virtuale e non si ha intenzione neppure di valutare la quantità di risorse finanziarie per esercitare le nuove funzioni. Che cosa significa? Significa che le Regioni dovrebbero: primo, emanare le leggi di competenza per trasferire agli Enti locali le competenze di loro materia; secondo, viene un atroce sospetto, che anzi si trasforma in un indizio, trasferire le competenze senza determinare il flusso finanziario necessario. Dirò subito che le Regioni e i Comuni hanno proposto la partecipazione alle grandi imposizioni IRPEF e IVA, ai grandi tributi nazionali per rimediare a ciò, ma trasferire le competenze senza trasferire il fabbisogno finanziario significa una cosa concreta. Questo è il sospetto che è venuto a tutti e venti i Presidenti delle Regioni ed anche a qualcun altro, cioè che lo Stato con questa operazione voglia mettere a posto i suoi conti, trasferendo funzioni, non trasferendo risorse finanziarie, dicendo oggi di trasferirle più avanti ma ad una successiva determinazione, trasferendo quindi parte del suo debito che dovrebbe essere coperto niente meno che con le tasse, con le imposizioni di competenza regionale e di competenza locale. Certo, conti a posto, conti dello Stato sempre migliori, bella figura in campo internazionale, in realtà un trucco contabile. Le Regioni hanno sottolineato che solo a fronte di un emendamento proposto, cioè la partecipazione degli Enti locali ai grandi tributi nazionali - IRPEF e IVA -, che poi è una cosa attuata in alcune Regioni italiane, solo a queste condizioni potranno sottoscrivere un'intesa e dare un parere favorevole.

Voglio scendere non ai 138 emendamenti, ripeto, ma a quattro a cui questa Regione sempre presta un'attenzione particolare. Scorrendo questo consistente malloppo si legge tra le materie di rilevante interesse nazionale, ovvero quelle sottratte agli Enti locali, il seguente comma: "Tra le materie di interesse nazionale la sorveglianza sull'intera laguna di Venezia, nonché la disciplina di tutto quanto abbia attinenza con il mantenimento del regime lagunare di cui alla legge 5 marzo 1963, numero 366, nonché la programmazione e la gestione degli interventi di salvaguardia di cui alla legge 16 aprile 1973". Tutto questo è inserito in un capitolo assai strano. A tutti è venuto il sospetto che ci tenesse un po' più di altri il Ministro dell'ambiente, è inserito in sezione seconda, urbanistica. Io spero che al Ministro Costa sia davvero sfuggito, spero che sia sfuggito e mi aspetto una grande azione di recupero. Spero che sia sfuggito anche al sindaco di Venezia o al Presidente della Provincia di Venezia. Non è sfuggito ai Presidenti della Regione che ne hanno chiesto la soppressione.

Secondo punto: "Consulta per le attività culturali". Dirò che sullo spettacolo c'è la situazione più disastrosa in quanto non è regolamentata sotto alcun aspetto, ma un punto è regolamentato - non è dello spettacolo, è delle attività culturali -: "E' istituita in ogni Regione a statuto ordinario la Consulta per i beni e le attività culturali composta da undici membri, tra i quali il Presidente nominato dal Presidente della Giunta regionale d'intesa con il Ministero per i beni culturali ed ambientali". Può anche essere giusto che la Camera di Commercio sia lasciata all'autonomia dei rappresentanti delle forze produttive, ma ricordo che l'intesa era tra Ministro dell'industria e Presidente della Giunta regionale. Ricorderò che su una cosa di una qualche rilevanza, i porti, c'è l'intesa tra il Ministro e il Presidente della Giunta regionale. Bene, sulla nomina del Presidente della Consulta regionale dei beni culturali è richiesta l'intesa con il Ministro. Gli altri componenti sono nominati tre dal Ministro per i beni culturali ed ambientali, cinque dalla Conferenza unificata, due dalle Università aventi sede nella Regione.

Terzo punto che vorrei sottolineare: nessun accenno al corpo forestale dello Stato. Vedo qui tra i partecipanti, che ringrazio per questa loro presenza, Giulio Camber che viene da una Regione in cui il corpo forestale dello Stato non è più corpo forestale dello Stato, è corpo regionale. Devo dire che da quando, prima fra le Regioni italiane, è partita proprio da qui la richiesta di una regionalizzazione del corpo forestale, notevoli passi in avanti sono stati fatti anche, e ne do atto una volta, dallo stesso Ministro Pinto, il quale è pronto a discutere questa cosa, lo ha dimostrato a me personalmente e lo ha dimostrato anche ai Presidenti delle Regioni che hanno fatto propria questa richiesta che partiva proprio dal Veneto. Bene, è tutto cancellato, un altro prezzo evidentemente da pagare al Ministro Ronchi che di quel corpo sappiamo tutti con precisione che cosa vuole fare.

Quinto punto, l'ultimo e mi fermo. Questo lo dico perché riguarda la materia inserita proprio tra le materie del Ministro Costa veneziano: "Aziende territoriali delle opere pubbliche". Notate bene: "Aziende territoriali delle opere pubbliche", roba nostra. Si trasformano in sostanza, si sopprimono i Provveditorati alle opere pubbliche per farli risorgere come aziende territoriali, queste che vi ho letto. Non un cenno ad un cambiamento reale. Chi è il Presidente, per esempio? I direttori generali del Ministero? Cosa cambia rispetto al passato? Parliamo di opere pubbliche, una delle materie di stretta competenza regionale. Nulla, non cambia nulla. Ci si dimentica in sostanza che le opere pubbliche sono di esclusiva competenza regionale, avrebbero tra l'altro il compito di fare da terminale per gli Enti locali. Tra le argomentazioni con cui si costituirono le Regioni, tra le finalità con cui si costituirono le Regioni c'era proprio questa. Io penso che un Ministro veneziano avrebbe il dovere di essere un po' più attento e anche un po' più federalista. Gli abbiamo offerto, gli offro due occasioni per poterlo fare e spero che questo avvenga.

In conclusione, una forte delusione da parte non di questa Regione, da parte dei venti Presidenti delle Regioni. Forte delusione per un metodo seguito poco rispettoso, mancata ricerca delle previa intesa sulle questioni di interesse nazionale, mancato adempimento di quelle che sono le legittime richieste, le attese di tutte le Regioni italiane, dalla Basilicata al Trentino Alto Adige. Possibilità e grande atteggiamento di disponibilità delle Regioni, compresa questa, di poter rimediare a questa situazione. Noi potevamo mascherarci dietro ad un "no" semplice; siamo stati - lo sono state le Regioni, ma lo sono stati anche i Sindaci e i Presidenti delle Province - propositivi. Abbiamo proposto 138 emendamenti, abbiamo sottolineato quelli di maggiore rilevanza, li abbiamo proposti al Governo e attendiamo la risposta che il Governo ci darà. In base a quella risposta noi daremo o meno il nostro assenso.

Amalia SARTORI

Grazie, Presidente Galan.

Ha chiesto adesso la parola l'onorevole Mario Valducci, Vicepresidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali; ne ha facoltà.

Mario VALDUCCI

Io ringrazio di questo incontro e vorrei nel mio intervento, che è un intervento comunque introduttivo al dibattito, cercare di sottolineare alcune finalità di questi incontri che la Commissione per le questioni regionali fa in base ad un'indagine conoscitiva che la stessa ha deciso di portare avanti in seguito alla legge 59, alla legge Bassanini, che sicuramente rappresenta, insieme alla riforma della seconda parte della Costituzione, una grande riforma di questi anni e quindi una riforma che una Commissione come la nostra, che è attenta a quelli che sono i rapporti tra Stato e Regioni, deve assolutamente tenere in considerazione. Devo dirvi che nello svolgimento del dibattito, cosi come alla fine anche ieri è emerso, dobbiamo abbandonare quelle che sono le posizioni politiche di maggioranza e opposizione all'interno dei vari Enti locali e all'interno delle varie Regioni, perché io penso che quando si approccia una grande riforma come quella costituzionale, o come quella della Bassanini, bisogna guardare avanti perché sicuramente gli schieramenti che oggi ci sono all'interno degli Enti locali e delle Regioni potrebbero variare, ma l'importante è creare una situazione che consenta di dare un servizio migliore ai cittadini sia nell'ambito regionale, sia nell'ambito comunale che provinciale.

Devo dirvi che nell'incontro di ieri quindi questo è uno spunto di riflessione che lancio qui alla vostra assemblea - è emerso il fatto, ad esempio, di aver proceduto, non solamente da parte di questo Consiglio regionale, ma anche da parte di altri Consigli regionali, all'attuazione dell'articolo 3 della 142, che prevedeva tutta una serie di deleghe che le Regioni dovevano dare altre Provincie, con molta lentezza o addirittura questo non è avvenuto in molti settori. Anche su questo argomento sarebbe interessante avere da parte vostra un parere, un conforto per conoscere le motivazioni, che sicuramente ci saranno, per cui questa legge, questo articolo 3, non sono stati attuati in questi anni. Nella riforma costituzionale che noi oggi alla Camera ci troviamo a discutere - devo dire a titolo personale questo - appaiono molti pochi segnali di una grande volontà di rinnovare in modo forte la forma di Stato del nostro ordinamento. Lo dico perché penso anche a segnali che possono magari essere segnali secondari, ma segnali di innovazione ad esempio su quella che è l'impostazione di un Ente territoriale intermedio com'è la Provincia, che è un Ente sicuramente importante per Comuni e Regioni, ma che in cinquant'anni di vita, da quando è nata ed è stata redatta la Costituzione italiana, è un Ente inserito al primo livello della Costituzione come Ente primario e nonostante siano state fatte leggi ordinarie da parte dello Stato per dare a questi organismi funzioni e compiti precisi tutto questo non è avvenuto. Quindi sicuramente una spinta più riformatrice che facesse si che questi Enti territoriali intermedi non venissero vissuti dai Comuni e dalle Regioni come un'intrusione dello Stato centrale, ma come un qualcosa più vissuto e nato da Regioni e Comuni, poteva essere, io penso, un segnale di innovazione senza togliere per questo il livello costituzionale dello stesso ordinamento. Devo dire che anziché snellire i livelli istituzionali - non dimentichiamoci con il nuovo inserimento della realtà italiana nell'Europa il mercato finanziario che ci auguriamo porterà anche ad una situazione politica di maggiore unitarietà a livello europeo - siamo andati addirittura ad inserire un ulteriore livello, che è quello delle città metropolitane, sul quale c'è stato uno spunto da parte vostra, visto che penso, cosa come in altre Regioni, che anche voi abbiate discusso in altre occasioni di quella che è l'area metropolitana, anche questa prevista dalla legge 142, anche questa mai attuata su tutto il territorio nazionale.

Io ho una visione anche molto storica e pragmatica delle cose. Ritengo che quando parliamo di seconda Camera, come è in discussione nella seconda parte della Costituzione, noi dobbiamo trarre anche insegnamento da quella che è stata l'esperienza di questa Commissione di cui oggi sono Vice Presidente, che è l'unica Commissione Bicamerale vera prevista dalla Costituzione all'articolo 126. Vi ricordate che nel corso della discussione anche della riforma di questa seconda parte della Costituzione è emersa una Commissione analoga a quella che già esiste e funziona da cinquant'anni? Cioè quando si parlò della famosa Bicameralina, oltre alle due Camere si parlò durante il percorso della Bicamerale di costituire una terza Camerina dove ci fosse la presenza della rappresentanza territoriale, quindi di Regioni, Province e Comuni, come elemento, come cinghia di trasmissione tra quello che è il Parlamento nazionale e quelli che sono i Parlamenti periferici. Devo dirvi che questa cinghia di trasmissione, che nell'ottica dei costituenti doveva essere anche questa Commissione per le questioni regionali, in realtà ha sempre poco funzionato come tale perché è sempre stata azzerata, se così possiamo dire, dall'attività svolta dalle due Aule primarie e quindi questo ruolo che la Costituzione dava a questa Commissione alle questioni regionali non è mai stato pienamente sviluppato ed attuato. Nasce oggi un ruolo importante che viene dato a livello istituzionale a questa Commissione perché la legge 59 prevede che tutti i decreti legislativi che la 59 una volta emanata prevedeva, vedano il parere consultivo da parte di questa Commissione. Quindi il ruolo di questa Commissione devo dire anche nel dibattito, nella discussione - quindi qua adesso mi trasferisco dal dato della riforma costituzionale al dato della riforma della legge Bassanini - ha avuto sempre un dibattito intenso e un dibattito che ha portato anche a rivedere in parte, in alcune occasioni in modo sostanziale, i decreti legislativi fatti inizialmente dal Governo e poi rivisti in base anche ai pareri che sono stati dati dalla nostra Commissione e dalla Commissione costituita ad hoc a seguito della legge 59.

Quindi io mi auguro che anche su questo decreto legislativo che la nostra Commissione ha all'ordine del giorno questa settimana e la prossima settimana - quindi siamo proprio nel vivo di questo dibattito che è quello recante: "Conferimento alle funzioni dei compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali in attuazione della legge 59" - possa vedere sicuramente raccolti tutti o una parte di quegli emendamenti che la Conferenza Stato-Regioni e autonomie locali ha presentato già nel dibattito su questo provvedimento. Devo dirvi che anche in occasione, per esempio, della legge sul commercio il parere che è uscito da questa Commissione per le questioni regionali è stato quello di dare una delega molto ampia alle Regioni e ai Comuni, quella di definire la metratura dei negozi di vicinato di medie e grandi dimensioni. Evidentemente il nostro è un parere consultivo, il Governo poi è l'attore principale, l'attore finale della legge che penso a giorni verrà emanata anche nell'ambito del commercio, quindi anche in questo ambito bisognerà vedere quanto e come recepirà il Governo le nostre osservazioni. Noi abbiamo pensato che fosse non corretto dal livello centrale definire in termini di metratura specifica quello che è un negozio di vicinato di medie e grandi dimensioni, perché la tipologia è tale del territorio nazionale italiano per cui in alcune Regioni, in alcune città quello che potrebbe essere un negozio di vicinato a Cortina potrebbe essere inteso diversamente in termini oggettivi di metratura in altre città, magari come Milano, come Roma, come Napoli. Quindi penso che il lavoro che si possa fare anche su questo decreto sia un lavoro che possa portare ad avere delle modifiche che portino soddisfazione anche alle Regioni che devono sicuramente avere dei poteri delegati a fronte evidentemente delle risorse finanziarie. Penso che delegare funzioni e compiti senza un necessario apporto finanziario sia la cosa peggiore che un Ente superiore può delegare ad un Ente inferiore. Forse questo è stato anche uno dei motivi per cui non solamente forse nel Veneto, ma anche in altre Regioni italiane, la delega prevista dall'articolo 3 della 142 non è mai avvenuta. Fondamentalmente penso di poter dire che quasi tutti i componenti della nostra Commissione per le questioni regionali, proprio perché avente questo titolo e proprio perché in qualche modo portavoce delle esigenze delle Regioni nei confronti del Parlamento nazionale, veda nell'ambito della riforma costituzionale una priorità nell'interlocuzione con le Regioni. Pensare ad un federalismo municipale penso voglia dire voler mantenere uno Stato fortemente centralistico. Quello che noi evidentemente vogliamo è che non si ricrei a livello regionale quel centralismo statale di Roma che sicuramente è stata una delle cause, della necessità oggi di dover rivedere il funzionamento della nostra Costituzione e dei nostri livelli istituzionali.

Io sono un ampio fautore di quelle che sono le autonomie speciali, anche qui bisognerà cercare poi di contemperare quelle che sono le necessità delle autonomie speciali con le problematiche di natura finanziaria. Penso che sia ineludibile oggi un processo che porti a una trasparenza dei flussi finanziari tra periferia e centro e viceversa; penso che sia fondamentalmente riconosciuto da parte di tutti il concetto della solidarietà che è quello di prevedere dei modelli di perequazione a favore di quei territori più poveri del nostro territorio nazionale. Però penso sia indispensabile arrivare ad una trasparenza dei conti pubblici perché questo è quello che ci chiedono i nostri cittadini, per cui questo è quello a cui noi dobbiamo rispondere se vogliamo essere una classe politica che torni ad essere al centro dell'attenzione della nostra società. Personalmente penso che non sia federalismo quello, per esempio delle Regioni, di prevedere per ognuna di loro una forma di Governo e un sistema elettorale proprio; penso sia federalismo invece consentire ad ogni Regione di avere una propria forte autonomia, tranne poche funzioni che devono rimanere allo Stato centrale.

Concludo dicendo che lo sforzo che sta facendo il Ministro Bassanini è notevole. Ho notato in questi due anni alcuni suoi colleghi avere una visioni centralistica dello Stato molto forte, mi riferisco soprattutto al comparto dell'ambiente. L'ambiente è l'unico Ministero che in questi anni si sta incrementando in termini anche di organici e di risorse finanziarie a livello nazionale; lo vedo anche nella volontà, in tutte le leggi in discussione ed emanate in questo periodo, di una presenza forte e diciamo decisionale finale da parte di questo Ministero su compiti e funzioni che dovrebbero essere proprie di livelli istituzionali sul territorio. Devo dire che un altro Ministero che penso non capisca quella che è l'importanza dell'aspetto della cultura che oggi rappresenta il nostro Paese, oggi ci sia. Noi oggi abbiamo nel settore della cultura uno dei settori di sviluppo primari anche della nostra economia - passatemi anche questo termine - perché io lo ritengo tale, perché io ritengo che il patrimonio artistico culturale che l'Italia ha sia superiore sicuramente alla media di tutti gli altri paesi mondiali; non per niente le statistiche dicono che un terzo del patrimonio artistico culturale di tutti i beni culturali del mondo stesso è presente sul nostro territorio; questo potrebbe avvenire attraverso delle leggi, attraverso una gestione dell'Ente più vicino a questi beni che quindi è in grado di curarli. Qui non possiamo sempre ritenere che non ci sia la maturità da parte degli Enti territoriali di essere in grado di gestire in modo forte questi beni culturali, perché se non c'è questa maturità in questo settore, allora io penso che sia inutile pensare ad una riforma della Costituzione e penso che forse sia inutile anche pensare ad una vera riforma dello Stato così come la legge 59 sulla carta potrebbe prevedere. Se manca la maturità in questo, come ad esempio da parte di altri esponenti c'è stata l'accusa per quanto riguarda il settore urbanistico, che nel momento in cui si lascia ai Comuni, alle Regioni, alle Province una forte autonomia in questo settore si distrugge il territorio, qui è una mancanza di maturità e di crescita. Allora partendo da questi presupposti non si può pensare di fare nessun tipo di innovazione vera in quelli che sono i poteri  che invece devono essere dati al territorio.Tornando ai beni culturali, sono necessarie leggi che prevedono quindi una forte possibilità da parte delle Regioni e dei Comuni di poter gestire e di poter dare anche una forte mobilità a questi beni culturali. Noi oggi abbiamo beni artistici di grandissimo valore, di grandissimi scultori, di grandissimi pittori della nostra storia che spesso quando non sono in musei - e di solito accade nel ciclo di vita di un bene artistico nell'80% dei casi - rimangono nelle cantine o nelle soffitte anziché fare il giro del mondo, con tutte le cautele del caso cosi come avviene per i beni culturali che altri Paesi hanno.

Io sono stato ieri sera a vedere Nefertari; ci sono tantissimi beni del British Museum che fanno il giro del mondo, che hanno possibilità quindi di avere tantissime persone che vanno a visitarli. La mostra di Nefertari ha visto 600 mila spettatori nelle quattro città che ha girato in Italia. Pensate cosa potrebbero essere i nostri Caravaggio, i nostri Canaletto, tutti i altri grandi artisti che l'Italia ha prodotto, se questi beni facessero anche loro il giro del mondo, dei musei e quali potrebbero essere le entrate finanziarie a fronte di questo investimento sulla cultura. Quindi io credo che anche in questo dobbiamo superare a livello centralistico questa prevenzione di mancanza di maturità da parte dei nostri Enti territoriali periferici per far sì che questa azione, che secondo me può essere veramente una propulsione importantissima dello sviluppo nel nostro Paese nell'ambito europeo e mondiale, possa continuare e progredire.

Amalia SARTORI

Grazie, all'onorevole Valducci-

Ha chiesto la parola il consigliere Valter Vanni, Capogruppo del P.D.S.; ne ha facoltà.

Valter VANNI

L'occasione è preziosa perché forse si può discutere fuori dalle qualche volta troppo stringenti necessità della polemica tra le forze politiche, tentare di dare a questo incontro il tono, che è quello che potrebbe avere, di un confronto tra le istituzioni, tra livelli istituzionali. Faccio due osservazioni, una relativa alla riforma della Costituzione e l'altra alle questioni aperte a Costituzione invariata.

Sulla riforma della Costituzione. Io sento la necessità di ribadire un punto: il successo della riforma costituzionale dipende da un'intesa parlamentare tra i poli. Dev'essere un'intesa capace di ottenere il consenso referendario dei cittadini, quindi implica una ricerca ulteriore rispetto a quella che la Bicamerale ha messo di fronte al Parlamento. ora a me pare che il contributo di voi parlamentari che lavorate sulle Regioni, di noi che lavoriamo nelle Regioni o nelle autonomie locali, in questi vostri giri, potrebbe essere quello di far emergere un punto del dibattito parlamentare sulla riforma che non è emerso a sufficienza, perché noi sappiamo tutti che le questioni fondamentali che si sono discusse sono state: come garantire ai cittadini il diritto di scegliere chi governa? Come garantire a chi governa la possibilità di realizzare il programma su cui ha vinto le elezioni? Come garantire all'opposizione la possibilità di controllare? Questa è stata la questione fondamentale del dibattito nella Bicamerale e anche adesso. C'è stata una seconda questione che è quella intorno alla giustizia, diritti dei cittadini, certezza dell'amministrazione della giustizia che ha fatto perno sul terzo tema. Ora un'occasione come questa è utile intanto, secondo me, se riusciamo a stabilire di comune intesa se il terzo tema, cioè come coniugare i vantaggi di vivere in un grande Paese unito con il vantaggio dell'autogoverno in ragione della nuova complessità sociale e territoriale del Paese, assume finalmente il rilievo che deve assumere e che finora nel lavoro della Bicamerale e del Parlamento non ha. Se questo fosse un obiettivo condiviso di questi incontri, di quelli che svolgete qui e di quelli che svolgerete in altre Regioni, c'è un punto che va sottolineato. Le forze, le persone, quelli che lavorano nelle sedi istituzionali devono svolgere una funzione particolarmente costruttiva sotto questo profilo, altra cosa è appunto il necessario dibattito politico. Come può essere tradotto operativamente questo maggiore impegno che richiede anche uno forzo di creatività, perché poi chi lo fa questo sforzo se non lo fanno quelli che conoscono le cose, che hanno una responsabilità diretta di sovrintendere al funzionamento delle istituzioni? A me pare che questa sia l'occasione per sottolineare che su questo terreno bisognerebbe riuscire a fare rapidamente dei passi avanti.

Il Presidente del Consiglio regionale ha ricordato come si è lavorato in questa Regione dal 191 in qua, io voglio risottolinearlo un'altra volta. In questa Regione si è lavorato su questo tema cercando un'intesa tra diverse ispirazioni, che ha prodotto vari atti, alcuni dei quali hanno inciso in questa battaglia per la riforma, vedi i referendum abrogativi dei Ministeri promossi da questo Consiglio regionale. Oggi questo clima di collaborazione che nel Consiglio regionale del Veneto c'è stato è in qualche modo inclinato. Lo vogliamo ricostruire? Riteniamo necessario ricostruirlo? Questa è la prima questione. Seconda: su che basi lo ricostruiamo? Qui il Presidente del Consiglio regionale ha detto una cosa precisissima che io condivido, quando ha rilevato che il punto decisivo su cui si gioca la partita del vivere in un Paese unito, dove si ha il vantaggio di stare in un Paese unito, e il vantaggio dell'autogoverno è la questione della seconda Camera delle Regioni e delle autonomie locali, cioè dell'incardinamento dei poteri locali al centro. Su questo punto nel dibattito parlamentare va fatto uno sforzo ulteriore di creatività e di risoluzione del problema perché, io voglio dirlo fuori dai denti, la soluzione che è stata trovata finora è una soluzione che non solo non soddisfa l'esigenza di unità e di autogoverno, ma non soddisfa nemmeno l'istanza di garantire ai cittadini il diritto di scegliere chi li governa e il diritto a chi ha vinto le elezioni di portare in fondo il proprio programma, perché la soluzione che è stata trovata tocca anche questo punto, cioè mette in discussione l'evoluzione bipolare del sistema politico italiano e anche sotto questo profilo va corretto. Io credo che questo potrebbe essere un terreno su cui esercitare un'ulteriore ricerca, proprio perché ha queste caratteristiche, per far uscire la discussione che finora è stata quella dei polli di Renzo tra Presidenti delle Regioni e Sindaci delle grandi città più regionali meno municipali; usare una sede come questa per dire la nostra anche sul punto di quale bipolarismo deve avere questo Paese. Io lo riassumo così: il diritto dei cittadini di eleggere chi li governa e il diritto di chi governa, di chi ha vinto le elezioni di fare, di portare a termine il proprio programma. La soluzione Bicamerale finora trovata non garantisce questo punto e su questo si potrebbe avviare un lavoro in vista delle prossime scadenze parlamentari.

La seconda questione è il federalismo a Costituzione invariata, questo Bassanini. Io non mi ero mai illuso, Presidente Galan, che fare i provvedimenti Bassanini fosse una passeggiata, anzi, sono convinto che è un percorso di guerra. Percorso di guerra che fa i conti anche con un soggetto politico esistente ma non responsabile, intendo dire che il monopolio di informazioni, di potere, di cose che sono nelle amministrazioni centrali, sono nelle amministrazioni periferiche, dal Comune grande, alla Regione, alla Provincia, al Ministero, all'Azienda speciale e alla municipalizzata; poteri politici, abituati ad esercitare poteri politici senza assumerne la responsabilità sanno come fare a trasformare un'ipotesi di decentramento amministrativo a Costituzione invariata in un percorso di guerra, in una linea di trabocchetti anche per vanificare e per fare in modo che si possa dire che in Italia tutto cambia, ma tutto resta com'è. Quindi nessuna illusione che le cose non siano difficili; però io chiederei che l'esame dei provvedimenti Bassanini vada fatto e senza sconti, osservazioni critiche, valutazioni di merito, atteggiamenti precisi per portare a casa il migliore risultato possibile. Mi interessa sottolineare in questa sede con quale spirito fare questo lavoro di ricerca ed anche di critica. Il Presidente del Consiglio regionale nella seconda pagina dell'intervento che è stato distribuito, ad un certo punto scrive: Lo strumento dinamico della codecisione può assolvere al compito di salvaguardare gli ambiti di autonomia e al tempo stesso non irrigidire l'attribuzione delle prerogative di ogni istituzione di Governo". Se l'atteggiamento con cui si discute dei Bassanini è questo, cioè quello di individuare meccanismi anche amministrativi di codecisione dinamica al fine di fare il risultato più efficiente, alcune delle osservazioni che il Presidente della Giunta regionale ha fatto ai provvedimenti sotto un certo profilo cadono. Di chi è Piazza San Marco dal punto di vista delle attribuzioni e delle competenze? Ci conviene dire di chi è, o ci conviene dire che su Piazza San Marco tutti devono esercitare un particolare livello di responsabilità e di impegno codecidendolo e garantendo la codecisione? Poi si può perfezionare, se non va bene, la formulazione adottata dal decreto legislativo. E' un esempio. Io invece sarei più netto; anch'io sono più netto nel dire che, nonostante la legge speciale per Venezia attribuisca all'articolo 1) la competenza sulla laguna, il decreto legislativo parla invece di: "preminente interesse nazionale"; sono anch'io per valutare il fatto che non è coerente dire che il Magistrato del Po va alle Regioni e il Magistrato alle acque di Venezia resta allo Stato; è una cosa che non va bene. Quindi se anche con il vostro aiuto, della Commissione, è possibile correggerla, la si corregga, perché ci deve essere anche una par condicio amministrativa e una tenuta complessiva dei provvedimenti che non può scendere sotto una certa soglia di coerenza, almeno per come la vedo io.

Io dico che anche sui Bassanini che non saranno una passeggiata né da Roma a qui, né da qui agli Enti locali, se si adopera il criterio della codecisione e non della spaccatura secca delle competenze si fa meglio e ci si mette nella condizione di controllare dinamicamente un processo nel quale nessuno di noi può dire con precisione quale sarà l'esito ottimale finale e quanto soddisfacente sarà quell'esito, ma possiamo dire con certezza fin d'ora che sul sentiero della spaccatura secca delle competenze la possibilità dei poteri irresponsabili di mettere tagliole, trappole e di creare inconvenienti si moltiplicherà. Quindi se questo incontro non è uno spot, ma è l'avvio di un lavoro tra la Commissione e il Consiglio regionale che vuole approfondire queste questioni e tentare di arrivare a qualche soluzione che aiuti le grandi decisioni politiche, che consigli, suggerisca, agevoli le grandi decisione politiche, noi a fare questo lavoro ci stiamo.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Valter Vanni.

La parola all'onorevole Luisa Calimani-

Luisa DE BIASIO CALIMANI

La visita che stiamo compiendo dimostra già dagli interventi che si sono susseguiti finora una grande utilità per questa Commissione, che ha il compito di valutare i provvedimenti sotto l'aspetto delle attribuzioni di funzioni e compiti che lo Stato affida poi ai vari Enti locali. Quindi è proprio conformemente a questa sua funzione che è estremamente interessante sentire, e lo sentiremo anche più avanti dagli interventi che si susseguiranno, le osservazioni che vengono fatte, cosi come è avvenuto ieri nella consultazione fatta con l'ANCI e l'UPI che mette direi in risalto - è una questione emersa anche negli incontri che la Commissione ha avuto in sede parlamentare a Roma -, il richiamo a difficoltà di rapporto che gli Enti locali hanno con le Regioni. Questa è una questione italiana, non è specifica del Veneto, ma il veneto a questa non si sottrae. Quindi condivido, se non ho interpretato male, le richieste formulate dal collega Valducci in questo senso, perché noi dobbiamo valutare un assetto istituzionale attraverso le leggi ordinarie, i decreti e la legge costituzionale e non ritenere ottimale un assetto istituzionale perché una Regione è meglio governata di un'altra; non deve essere solo questo. Tutti auspichiamo che tutte le Regioni siano governate nel migliore dei modi, però deve già la struttura dei vari livelli istituzionali essere di per sé ottimale indipendentemente poi dal fatto ch e sia governata dall'uno o dall'altro. Quindi dobbiamo scardinare un po' di più questo aspetto che è stato peraltro trattato dagli interventi precedenti, sia del Presidente Galan, sia adesso del Capogruppo del P.D.S., ed è anche la domanda che pongo e a cui io per mio conto credo di aver già dato una risposta: se questo obiettivo si raggiunga meglio, anziché attribuire dallo Stato alle Regioni tutti i poteri, perché a loro volta le Regioni le distribuiscano agli altri Enti territoriali sottordinati, o se invece non sia bene, come questi Enti sottordinati chiedono, che già lo Stato preveda una distribuzione di funzioni, di competenze e di poteri e che già adotti degli orientamenti tali per cui i cittadini poi alla fine si trovino ad avere delle garanzie fondamentali. Questa è una delle domande che voglio porre.

Non dobbiamo inoltre confondere il peso che hanno le riforme a livello costituzionale e quelle a Costituzione invariata. Le une hanno un procedimento tale per cui una volta fissati alcuni principi a nessuno sfugge quanto difficile sia la loro modifica, le altre invece sappiamo che attraverso delle forme molto più snelle si possono anche cambiare. Ecco perché è bene che facciamo una grande attenzione ai primi, non perché i secondi non abbiano importanza, ma perché il procedimento di modifica è ben diverso.

Pertanto suggerisco che con grande attenzione si vada verso un esame delle modifiche che si richiedono al' testo costituzionale così come varato dalla Bicamerale e che ora è all'attenzione della Camera. Vi faccio un esempio: le aree metropolitane che interessano anche questa Regione, che interessano Venezia. La richiesta formulata dalle città e Regioni chiede che sia messa all'articolo 55 fra i vari livelli istituzionali anche la città metropolitana. Il Parlamento ha accolto questa richiesta - ebbene vi confesso le mie forti perplessità - venendo incontro ad uno specifico emendamento formulato da Regioni e città. Non so se il Presidente Galan ha partecipato a questo. L'articolo 55 dice: et La Repubblica è composta dallo Stato, Regioni, Comuni, Province e città metropolitane". Quando già l'articolo 56 diceva che è possibile istituire aree metropolitane ad ordinamento differenziato era proprio necessario metterlo anche all'articolo 55, che ora impone di definire città ed aree in maniera specifica correndo poi il rischio - che credo voi non vogliate - di dire anche magari, come abbiamo sentito dire, che deve essere soltanto superiore al milione di abitanti?

Mi pare a Napoli abbiano avuto un incontro giorni fa con il Comune di Venezia, Torino, Milano, Napoli, Bologna, Genova ed erano un po' sgomenti per quanto potrà accadere poi, perché, voi capite, all'articolo 55 abbiamo città metropolitane, all'articolo 56 aree metropolitane. Verrà il momento in cui qualcuno, la Costituzione stessa, dovrà definire cos'è l'una e cos'è l'altra e a qualcuno non verrà la tentazione di dire che le città metropolitane devono essere tre in tutta Italia e che sono già troppe e che devono almeno avere oltre un milione di abitanti? Allora questa rincorsa a chi è più bravo per inserire tutto in Costituzione senza lasciare che poi siano le leggi ordinarie a definire alcune cose, leggi che peraltro possono essere modificate con maggiore facilità, perché questo è un processo. Dopo sette anni ancora le città metropolitane non si sono istituite e ci sarà bene un motivo, quindi hanno tutto un percorso da fare. uò esserci un'evoluzione che impone di essere anche la legge stessa modificata nel corso della loro attuazione. Io vi chiedo di riflettere su questo prima che sia concluso questo nostro lavoro, che come sapete passerà dalla Camera al Senato e procederà poi nuovamente ad una rilettura- Condividendo e ritenendo ragionevoli tutte le osservazioni poste dal Presidente della Giunta regionale sullo schema di decreto legislativo di conferimento agli Enti locali delle funzioni, che noi abbiamo in questo momento all'esame nella nostra Commissione. Ne cito uno, quello del corpo forestale dello Stato. Già nella relazione dell'indagine conoscitiva fatta dall'Ottava Commissione sulle aree protette, c'è una richiesta di questo tipo, cioè di trasferirlo alle Regioni dopo aver fatto parecchie audizioni con tutti i soggetti interessati; c'è questa richiesta, quindi c'è anche una condivisione in molte delle questioni. Faccio anche riferimento all'ultima, che riguarda le aziende territoriali delle opere pubbliche, poiché bisogna fare una grande attenzione affinché Enti statali che questo decreto sopprime poi non diventino aziende, ovvero che non ci sia un riciclaggio di quello che oggi è.

Questo è un pericolo che dobbiamo valutare con attenzione, quindi sono estremamente importanti le vostre osservazioni di cui ovviamente terremo grande conto; su alcune poi sapete ognuno ha un'opinione diversa, non possiamo pensare di trovare l'unanimità. Sui beni culturali penso che f orse qui pongo la questione - si potrebbe anche valutare beni culturali di un certo livello che possono essere mantenuti alla supervisione dello Stato e altri che invece possono essere demandati ai livelli locali. Perché se noi attribuiamo ai Comuni, una pazzia di qualche ente - non per avere sfiducia - potrebbe essere tale da far si che una villa palladiana lasci il posto magari a qualche magnifico condominio. Io penso che nessuno di noi arriverebbe a supporre questo; un po' di prudenza, credo stia a cuore a tutti questo grande bene che l'Italia possiede e che ha subito nel corso di tutti questi anni, anche con la complicità delle Sovrintendenze, delle manomissioni che poi non trovano più possibilità di recupero. Quindi direi valutiamo dal punto di vista soprattutto dell'interesse del bene.

Chiedo altre due cose. Non mi pare che sia possibile non riconoscere il forte impegno che questo Governo, questo Parlamento hanno avuto per decentrare funzioni e poteri anche a Costituzione invariata, quindi è ingeneroso non attribuire questa volontà che dopo tanti anni si manifesta in maniera forse parziale, forse incompleta, non sufficientemente matura, ma intanto questo processo si è avviato con grande forza. Chiedo però se la Regione, a cui è attribuito il compito di legiferare, di programmare, di pianificare voglia anche quello di gestire, o se invece non ritenga che questo compito di gestione non debba essere affidato assolutamente agli enti locali sottordinati.

Concludo infine con la questione più interessante e più spinosa - se volete - che riguarda l'autonomia speciale della nostra Regione Veneto e la richiesta al Veneto a statuto speciale. Ebbene, abbiamo già nella Costituzione che è stata presentata alla Camera la proposta recepita da questo impulso che viene da questa Regione ed anche dai parlamentari di questa Regione. Giustamente si è detto che questa spinta al federalismo non viene da tutte le parti del Paese in modo uguale; "Con legge costituzionale possono essere disciplinate forme e condizioni particolari di autonomia anche per le altre Regioni". Questa è una possibilità che si dà alle diverse Regioni di avere diversi livelli di autonomia; non è detto che la Calabria voglia la stessa autonomia che vuole il Veneto, noi non possiamo imporre a tutte le Regioni le stesse condizioni, c'è proprio chi preferisce diversamente. Quindi questa è anche una forma di democrazia, questa è anche un modo di tenere conto delle diverse realtà e delle capacità che le diverse Regioni hanno di appropriarsi di funzioni e di risorse che non sono soltanto finanziarie, ma sono anche di personale. Questo se volete è il lavoro più difficile: quello di trasferire personale dove è necessario perché le funzioni si sono trasferite. Nel momento in cui una scelta viene costituzionalizzata, a differenza delle leggi ordinarie che possono essere modificate, - uno dice: "Il Bassanini mi va bene, ma fino ad un certo punto perché poi lo Stato si può riprendere ciò che ha delegato" l'inserimento sotto forma costituzionale, anche attraverso lo Statuto, è scelta diversa, perché è una cosa che si dà e poi non si può togliere ad ogni vento che spira e che spira diversamente.

Quindi io vorrei sottolinearvi questa diversità, per cui pensiamoci bene. Noi abbiamo chiesto anche di rafforzare questo punto soprattutto dal punto di vista della fiscalità e dei tributi erariali, ma senza un referendum che appesantisce particolarmente questo processo. Però pensiamoci un po' prima di dire: "Lo facciamo con legge ordinaria e basta", perché può esserci questa tentazione di ripresa poi. Contestualmente dovrebbero essere armonizzati gli Statuti delle Regioni a Statuto speciale per uniformarsi a questo processo costituzionale che si sta compiendo, in modo da far sì che le Regioni a Statuto ordinario e quelle a Statuto speciale un po' alla volta si armonizzino sempre con le caratteristiche che ognuna di loro ha. Grazie.

Amalia SARTORI

Grazie, onorevole Calimani.

Ha chiesto la parola il consigliere Bertaso del Gruppo Misto; ne ha facoltà.

Adriano BERTASO

Un saluto cordiale ai Senatori e Deputati della Repubblica presenti.

Io voglio entrare velocemente nel dubbio che mi dà questa riforma istituzionale e mi soffermo solo a parlare in termini della riforma istituzionale più che dei decreti Bassanini o, come li ha definiti il consigliere Vanni, il federalismo a Costituzione invariata". Ci sono stati dei passaggi, li ho colti, dal senatore Valducci e nell'ultima relazione del deputato Calimani; però non c'è stato quello che come cittadino veneto e come rappresentante in questo momento di un elettorato veneto volevo sentirmi dire. Perché è chiaro che se oggi siamo qui, siamo qui perché in questa terra c'è una grande fibrillazione che va oltre il richiedere lo Statuto speciale, va molto oltre. Il cittadino si chiede: "Ma questo Stato che a me chiede dei sacrifici, questa istituzione che a me chiede dei sacrifici e mi dà degli obblighi, che cosa mi dà in cambio? Quanto io conto in questa istituzione?". questa la grande domanda che si pone il cittadino che è nella strada, la massaia che va a fare la spesa e si rende conto di giorno in giorno che conta sempre meno. Si è inventata la formula dello Statuto speciale come risoluzione che può placare gli spiriti, però c'è confusione su questo, c'è confusione anche perché c'è una cattiva informazione da parte di noi politici verso il cittadino. Si pensa che lo Statuto speciale risolva il problema, ma non risolve niente, non risolve assolutamente niente, perché, appunto, uno dei problemi essenziali, di cui non ho sentito parlare qui oggi, del rapporto tra territorio e istituzioni, è proprio la grandezza del territorio. Quando si parla di autonomia non bisogna dimenticare che si è autonomi quando economicamente si è autosufficienti, altrimenti parlare di autonomia è solo un termine virtuale, bello, è bello sentirlo dire, è bello parlare di specialità e poi ci troviamo in una situazione diversa.

Prima stavo uscendo per andare a prendermi i dati precisi, però sono sicuro che gli onorevoli Colleghi li hanno sicuramente più di me. Si parla di trasferimenti dello Stato alle Regioni procacciate, 21 milioni 300 mila lire circa al Trentino Alto Adige e 8 milioni e 600 mila lire al Veneto, per andare ai 16 milioni della Calabria.

E' chiaro che la Regione Calabria non ha nessuna voglia di avere uno Statuto speciale. Ha trasferimenti che le garantiscono quei servizi e che qualcun altro paga. Il Trentino Alto Adige, vado agli estremi proprio per essere il più possibilmente onesto, ha già la specialità, non vuole perderla, non vorrebbe che nessun'altra l'avesse perché 21 milioni procacciate gli permettono di fare alcune cose, probabilmente di dare dei buoni servizi, cosa che non si riesce nel Veneto con 8 milioni e 300 mila lire, più le tasse che si pagano proporzionalmente.. Certo, il Veneto ne paga di più, perché ha più prodotto interno lordo, però il cittadino proporzionalmente paga le stesse tasse che paga il cittadino della Calabria eppure ha la metà, ha un terzo di quello che paga il cittadino di Trento. Ecco che qui nasce proprio il problema di dire: "Ma a cosa ci servono gli Statuti speciali?". Facciamo l'ipotesi che 20 Regioni in Italia chiedano tutte lo Statuto speciale, chi è che paga? Sempre quelle, quattro, cinque , sei. Quindi vuol dire che il sistema così com'è non funziona, bisogna pensare ad una riforma strutturale diversa, cosa che non state facendo a Roma. A mia impressione, a mio parere, come prestato in questo momento alla politica ed attento osservatore della politica, non state facendo riforme strutturali, state facendo dei trasferimenti di competenze, costruendo delle scatole belle dove si scambiano le targhe, però riforme strutturali del sistema Italia non ce ne sono. Le riforme strutturali del sistema Italia partono quando si cominciano a mettere in discussione le unità territoriali così come sono. Faccio un'ipotesi: venti Regioni sono troppe, tre possono essere poche, dieci può essere una cosa che va bene, ma perché riarticolare il sistema? Per ritrovare un equilibrio economico, per pensare a ristrutturare il Paese in funzione a un'Europa, per creare delle Regioni europee italiane che possano colloquiare in Europa sia con il peso di una ricchezza interna, sia con la presenza certa di uno Stato che gli è alle spalle, il sistema Italia, che però ha capito che così non va più, altrimenti non ha nessun senso. Stiamo qui, faremo, farete, io sono convinto che voi state lavorando bene, sono certo che ogni singolo Deputato dia il meglio di se stesso, sono meno certo che ogni forza politica lavori per il cittadino. Mentre sono sicuro che ogni Deputato lavora con coscienza, sono meno certo che le forze politiche, i partiti, lavorino per il cittadino e non lavorino più per la loro struttura oligarchica.

Quindi pensare ad una riforma dello Stato, pensare ad una riforma della Costituzione senza pensare di riarticolare lo Stato in maniera diversa non ha nessun senso. Quindi è l'ipotesi di riaggregazioni territoriali diverse da quelle che sono oggi, cioè un'ipotesi può essere il Triveneto, Trentino, Veneto, Friuli, una sola Regione, possono essere altre aggregazioni territoriali che diano anche forza economica, che diano degli equilibri economici tra entrate e uscite che non siano solo alle dipendenze dello Stato. Chiaramente una Regione che dipende solo dai finanziamenti dello Stato non ha nessuna intenzione di autoresponsabilizzarsi perché quando ha bisogno tira, scusate il termine, le "braghe" - come si dice in Veneto e viene giù qualcosa, e si va avanti. Però non si va avanti in questa maniera. Il Parlamento europeo nel progetto europeo 2000 ha già riarticolato il sistema europeo dal punto di vista economico e probabilmente guardando quella cartina di riarticolazione economica del sistema europeo, così come lo vediamo oggi noi, formato da questi Stati, dovrebbe farci pensare a qualcosa, dovremmo pensare se qualcuno ha fatto questi ragionamenti cosa sta succedendo in questo Paese e che cosa sta succedendo fuori dal nostro orto Italia.

Di tutto questo comunque vi sarà dato un progetto di legge che personalmente il mio Gruppo ha redatto e tutto quello che ho detto, in maniera tecnica migliore, avrete modo se volete di leggervelo sennò sarà sempre come tutto parole al vento. Poi riforme concrete, pesanti e sostanziose. Sono d'accordo con il Presidente Galan. Certo che chiedere ai cittadini veneti se sono d'accordo che i Consiglieri della Regione Veneto presentino un disegno di legge per contrattare le autonomie, è un eccesso di zelo visto che i Consiglieri nella loro podestà giuridica possono già predisporre; comunque va bene anche questo eccesso di zelo, ma mi sembra di prenderla un po' alla larga. Comunque va bene anche quello.

Invece non sono in linea su quella che con rispetto, cerchiamo di capirci, l'equiparazione Comuni, Province, Regioni, città metropolitane e zone metropolitane, è un gran "casino", permettetemi il termine, è solo confusione. La n. 142 era, è stata una buona legge, non è mai stata applicata. L'area metropolitana è interessante, è un progetto politico territoriale socio-economico che in Europa è già stato sperimentato ed ha funzionato. Però pensare di continuare a tenere le Province così come sono è pura follia. Pensare di creare le aree metropolitane, successivamente le città metropolitane, mantenere il carrozzone della Provincia, dare forza ai Comuni, vuol dire non dare niente a nessuno. Per cui proviamo a pensare in maniera semplice come fa la massaia quando va a fare la spesa, proviamo a pensare all'aggregazione di piccoli Comuni, proviamo a porre il limite: "Non possono esistere Comuni sotto le 20 mila persone", punto e basta. Questa è una legge che voi dovete fare. Non possono esistere Comuni sotto le 15 mila persone, 20 mila sono troppe. E' vergognoso che ci sia un Comune con 800 abitanti a con 89, leggevo ieri, è vergognoso, non può garantire nessun tipo di servizio. Siamo in pieno 2000, non siamo nel periodo savoiardo, con rispetto per i biscotti e non per il Re. Quindi l'Ente strutturale Provincia deve modificarsi e con il tempo annullarsi in funzione della crescita di quella che è la città metropolitana e a quello che è un possibile consorzio tra Comuni, e quindi successivamente un Comune con un minimo di 15 mila abitanti. E' solo sulle economie di scala che riusciamo a far quadrare i conti, perché questo Paese non ha un problema etnico di nord e di sud, ha un problema economico, di conti. La gente veneta non ce l'ha con il siciliano, con il calabrese, ha un rapporto perfetto quando la troviamo fuori dall'ambiente del lavoro, quando la troviamo sulle spiagge, ha un rapporto perfetto. Si riconoscono tutti cittadini del sistema Italia o cittadini italiani. Il problema è il sistema economico che non regge più e i veneti - come tanta gente del centro-nord - non sono leghisti, sono autonomisti. Anche se il mio percorso è passato dalla Lega, sono e resto autonomista; tanto per essere chiari, la gente di quest'area territoriale è stanca di pagare soldi e di non vedere ritorni; gli 8 milioni e 300 mila procacciate contro i 21 milioni, contro i 16 milioni e contro il resto.

Quindi direi che ho chiuso e mi scuso se mi sono sfogato, però credo che se non mettiamo mano a riforme strutturali forti, pesanti che possono anche non trovare il consenso partitico, ma hanno sicuramente il consenso della gente, cioè se non facciamo questo tipo di riforme, siamo qua che perdiamo tempo per niente. Grazie.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Bertaso.

Ha chiesto adesso la parola il senatore Luigi Viviani; ne ha facoltà.

Luigi VIVIANI

In materia di riforme costituzionali il Veneto, la Regione Veneto in particolare attraverso una serie di iniziative, ha assunto un ruolo di punta. Qualche tempo fa i Presidenti delle Regioni e i Sindaci dei grandi Comuni hanno presentato alla Commissione Bicamerale una serie di proposte su questa materia. Mi pare che la Regione Veneto ha ritenuto opportuno presentare una sua proposta specifica che va oltre, evidentemente, immagino, non ritenendo sufficienti quelle proposte.

La domanda che io faccio seriamente, valutando le cose, è: questo ruolo di punta come si concilia con la realtà della nostra Regione? Mi spiego meglio. Ieri abbiamo fatto l'incontro con l'ANCI e con l'UPI e abbiamo sentito una critica generalizzata sul centralismo e sui ritardi della Regione nel conferire le deleghe già previste dalla 142 e leggi successive agli Enti locali. Di fronte alla obiezione fatta da qualcuno di noi dell'eccessivo numero di livelli istituzionali di rango costituzionale, cioè Comuni, Province, Regioni, al di sotto dello Stato, alcuni Presidenti o comunque rappresentanti di Regione hanno detto: "Beh, se ne facciamo due eliminiamo la Regione". Voglio dire che esiste anche in questa Regione una situazione di contraddizione che credo sia un problema serio per questa Regione. Come si concilia questo ruolo di punta di andare oltre avendo all'interno una serie di contraddizioni? Lo dico non polemicamente, ma come problema che è opportuno a mio avviso chiarire.

Seconda domanda. In materia di specialità noi parlamentari dell'Ulivo abbiamo presentato quella proposta di raggiungimento dell'obiettivo con tempi e modalità diverse attraverso anche un negoziato che poi dovrebbe trasferirsi in. una legge costituzionale con lo Stato centrale. Ho sentito il Presidente del Consiglio regionale dire che questa è una procedura centralistica che non va bene. Io ritengo, alla luce della realtà del nostro Paese, della realtà del nostro Parlamento, l'ipotesi del Veneto sesta Regione a Statuto speciale obiettivo anche condivisibile, ma dal punto di vista dei rapporti istituzionali, dei rapporti parlamentari, francamente - lo dico per esperienza e senso di responsabilità - la vedo di difficile attuazione ed anzi tende in qualche modo a far cadere sul Veneto una serie di atteggiamenti di diffidenza, talvolta anche di opposizione, da parte degli altri parlamentari.Le riforme istituzionali bisogna farle, non solo rivendicarle e proclamarle; dobbiamo trovare una strada che ci consenta effettivamente di raggiungere questo obiettivo, fermo restando che come è stato ricordato su questa strada c'è da superare una contraddizione enorme rappresentata dal diverso livello dei trasferimenti esistente tra Regioni a Statuto speciale e Regioni a Statuto ordinario.

Terza questione: seconda Camera, Senato. La proposta uscita dalla Bicamerale non va bene. Io ritengo che la stragrande maggioranza dei parlamentari oggi è convinta di questo, quindi quella proposta a composizione variabile a seconda dei problemi da affrontare è da cambiare. Io ritengo, vista anche la proposta formulata dalla Giunta regionale, che ci siano però alcuni problemi. Primo, si propone, come è stato detto, un nuovo bicameralismo, un bicameralismo specializzato, estendendo anche quantitativamente gli ambiti di intervento legislativo della seconda Camera. Io ritengo che per fare questo ci sia necessità certamente di trovare forme di rappresentanza più dirette da parte della Regione. Mi solleva una perplessità e un problema non secondario dire che ogni Regione stabilisce le modalità di elezione o comunque di rappresentanza dei propri rappresentanti, nel senso che la seconda Camera è comunque un organismo di carattere nazionale e io ritengo, sia pure in rappresentanza delle autonomie, che ci dovrebbe essere un sistema comune di rappresentanza e, a mio avviso, deve essere un sistema di elezione diretta da parte dei cittadini.

Francamente una elezione di secondo grado, non perché sia sbagliato quello che fanno all'estero, ma nella nostra situazione italiana, vorrebbe dire, a mio avviso, fare di questa seconda Camera oggettivamente una Camera di serie B, non dotata di quel potere di rappresentanza analogo a quello della prima Camera. Io ritengo in altre parole, da un punto di vista generale che su questa materia delle riforme istituzionali una Regione come la nostra, che ha il peso che ha nel contesto nazionale, possiamo dire europeo, deve partecipare da protagonista a definire il nuovo patto costituzionale; e un patto costituzionale non si stabilisce solamente in termini di puro rapporto di scambio - do tanto e ricevo tanto - ma si stabilisce in base alla convergenza con un progetto di assetto dell'insieme del nostro sistema istituzionale diverso da quello attuale.

Ultima questione sulla Bassanini. Nel momento in cui si decide di invertire l'articolo 117 della Costituzione, le modalità con cui definire le competenze e si parte dallo Stato, è chiaro, se questa operazione è fatta dallo Stato, che c'è una vischiosità che tende a mantenere forse più competenze di quelle che sarebbero necessarie allo Stato, quindi è giusto un rapporto dialettico, di verifica, ecc., ed anche di cambiamento, così come è stato richiesto. Io ritengo in particolare che questo ultimo decreto legislativo Bassanini, è un decreto che definisce le competenze, ma sarebbe del tutto incompleto se non sarà accompagnato, come dovrà essere, innanzitutto da decreti che ristrutturano conseguentemente al trasferimento di competenza i Ministeri. Vuol dire che bisogna alleggerirli, bisogna rimpicciolirai quantitativamente e strutturalmente e vuol dire che ci deve essere un trasferimento di risorse corrispondenti. Ma se non avviene, questo certo che sarebbe un imbroglio. Io ritengo invece che affidarsi alla cultura, in qualche modo, del sospetto, sì debba affrontare questo problema, che è aperto, nel senso che non è ancora stata fatta la ristrutturazione dei Ministeri, tranne il caso dell'unificazione Ministero del bilancio e Ministero del tesoro; questo è un problema aperto senza del quale anche il provvedimento Bassanini sarebbe del tutto parziale e del tutto insufficiente. Quindi affrontiamo questi problemi, e sono d'accordo che ci deve essere una piena corrispondenza tra trasferimento, conferimento delle risorse, conferimento delle funzioni e dei poteri e relative risorse.

Per quanto riguarda la questione della laguna di Venezia immagino che sia collegata alla specialità della legislazione esistente su quest'area, però anch'io ritengo che la cosa vada modificata. Per quanto ci riguarda lavoreremo, nel parere della nostra Commissione sul provvedimento, affinché venga cambiato questo punto.

Amalia SARTORI

Grazie al senatore Viviani.

Ha chiesto la parola il consigliere Buttura; ne ha facoltà.

Roberto BUTTURA

Intervengo, molto brevemente, intanto per ringraziare la Commissione di essere venuta a Venezia a sentire anche alcune considerazioni da parte del Consiglio regionale del Veneto su una materia, come quella dei rapporti tra i vari poteri nello Stato, che registra ormai una notevolissima confusione e nella quale sembra essere dimenticata la ragione fondante di uno Stato che è quel famoso patto costituzionale, di cui parlava poc'anzi il senatore Viviani; che non è un patto solo ed esclusivamente economico, anzi, è un patto che riguarda la cultura generale di uno Stato e di una nazione, anche se taluni negano questa definizione al giorno d'oggi.

Molto brevemente vorrei soffermarmi solo su due questioni. Sono convinto che i rappresentanti veneti siano felici di rimanere a Roma e pochissimo disponibili a tornare nel Veneto perché ogni volta che tornano a casa loro probabilmente sentono più cose che non vanno o più difficoltà di rapporto che scorrevolezza nel rapporto; però credo sia giusto che la Commissione torni a Roma avendo coscienza e chiarezza di qual è la situazione nel Veneto. E' una situazione altrettanto confusa, se non più confusa, che a livello nazionale. Perché? Io credo che far finta di non sapere che il colloquio di questa mattina, che è stato in termini civili, quasi accademici per certi aspetti, abbia invece fuori da questa stanza connotati molto diversi; sono convinto che la Commissione lo sa già, ma sono anche convinto che a volte è con moto di fastidio che viene vista o che viene osservata.Nel nord in generale, ma nel Veneto in particolare, che tra l'altro è una Regione confinante con due Province autonome, Balzano e Trento, e con una Regione a Statuto speciale, il Friuli, esiste da molto tempo, da circa dieci anni, una forte contestazione nei confronti del cosiddetto Stato centrale, che è via via esplosa; e devo dire che complessivamente anch'io, che faccio parte di un movimento, quello socialista, che ha ritenuto la ragione elemento fondamentale nel dibattito politico, devo parzialmente pentirmi. Io sono stato tra coloro che hanno firmato i referendum con i quali volevamo eliminare taluni ministeri, poi abbiamo fatto anche un viaggio allucinante nel 1992 a Roma - con il collega Gobbo - su un Pendolino (lo dico per ravvivare) che secondo me è stato la maggiore tensione nei rapporti tra le istituzioni di derivazione regionale e di derivazione statale.Non a caso il Gruppo che rappresento nel 1997 non ha approvato gli ulteriori referendum che questo Consiglio regionale ha inviato a Roma, perché abbiamo ritenuto, e riteniamo tutt'oggi, che il continuo reclamare nuovi e più importanti poteri alle Regioni nasconda quel tanto di demagogia e quel tanto di populismo che anziché avvicinare il cittadino alle istituzioni lo allontana, e nel caso del Veneto devo dire che la situazione politica da questo punto di vista risulta drammatica, poi dirò perché.Il testo uscito dalla Bicamerale da questo punto di vista è da un lato farraginoso; credo che la Bicamerale dovrà andare a scuola dai padri della patria del 1946-'47 e '48. Credo sia un testo che risente di un clima nel quale si vuole più aggiungere che togliere o più aggiungere che riordinare.

Faccio un piccolo inciso, che riguarda le aree metropolitane, solo per spiegare o per essere particolarmente non perplesso, ma scandalizzato da come si è proceduto. Perché poi alla fine nella realtà per esempio nel nord si potrebbe dire che la vera area metropolitana è la Pianura Padana; quindi farraginoso. Dall'altro lato conoscitivo, nel senso che il testo della Bicamerale non va a riordinare, ma va ad aggiungere cose che ci sono già.

Noi abbiamo aggiunto ai Comuni, alle Province, alle Regioni, altri Enti abbiamo aggiunto alle Camere che ci sono adesso altre Camere; naturalmente fatta, salva la buona volontà e la voglia di far bene di tutti coloro che c'erano dentro, abbiamo composto un testo che serve più per la battaglia politica che per un nuovo ordinamento dello Stato che sia condiviso da tutti, perché l'ordinamento dello Stato - parlo dello Stato italiano, di uno Stato che è parte integrante dell'Europa, di uno Stato quindi che vuole essere aperto al futuro che viene avanti - vuole essere rapportato non solo con il proprio territorio, ma vuole essere rapportato con il mondo che lo circonda, quindi vuole determinare al proprio interno anche un nuovo equilibrio tra la globalizzazione a cui siamo sottoposti e le esigenze della cultura, della società dalla quale noi deriviamo e nella quale abbiamo radici. Questo è quello che la Bicamerale, e non solo la Bicamerale e da questo momento in avanti il Parlamento dovrebbero essere in grado di fare. Esterno questi dubbi che più che dubbi sono giudizi negativi.

Credo anche che un elemento di confusione in più sia stato determinato dal fatto che ognuno ha tentato di riferirsi a modelli improbabili dal punto di vista ordinamentale. C'era chi diceva che era meglio il modello bavarese, poi arrivava quello catalano, poi arrivava quello spagnolo, ognuno ha ritenuto di dire il suo. Siccome io sono ancora convinto, malgrado avvenimenti che hanno scosso la mia fiducia nel nostro stato di diritto, che comunque la culla della civiltà giuridica risieda nel nostro Paese, e sono convinto non per amore di nostalgia, né per amore di partito che rileggersi da parte degli attuali parlamentari il testo così definito dal nome del relatore, Labriola, sarebbe un utile esercizio, non per voi che l'avrete già letto, ma anche per qualche leader nazionale che si diletta e difetta dal punto di vista ordinamentale, credo varrebbe la pena lo facesse.

Per chiudere su questa materia, al di là della specialità, delle particolari forme di autonomia o di altro, io credo che per quanto riguarda il Veneto ci sia un problema insoluto. Badate bene, per quel che mi riguarda sono in grado di evidenziarlo o, se volete, di denunciarlo, non ho politicamente una risposta da dare. E' il fatto che nel Veneto, lo dicevo prima e lo riconfermo adesso, la grancassa dell'esigenza dell'autonomia, poi dell'esigenza dell'indipendenza e dell'esigenza dell'autodeterminazione ha creato un clima da democrazia sospesa - non me ne voglia qualche Collega - è un clima che si percepisce continuamente anche all'interno di questo Consiglio regionale, nel senso che i grandi problemi di riforma dello Stato, e perfino i grandi problemi di riforma dell'istituto regionale, trovano concretezza nella misura in cui tutti gli attori che sono convenuti, e quindi tutti i 65 Consiglieri regionali veneti, sono concordi complessivamente nel nuovo ordinamento che si dovrebbe dare alla Regione rispetto all'esigenza di diminuire la distanza tra l'istituzione stessa e il cittadino.Su questo, senz'altro lo sapete, è giusto dire che qui noi abbiamo un convitato di pietra oggi, che è il cittadino veneto che ormai, in modo legittimo, vota in alcune aree anche per la Lega Nord-Liga Veneta, di cui abbiamo qui autorevoli rappresentanti. Quindi faccio una polemica aperta, vota per il SO, 60, 30, 25 per cento per una forza politica regionale, interregionale, o comunque nazionale come si autodefiniscono - che è una forza politica che non esprime le stesse esigenze e la stessa strategia che esprimiamo noi o che esprimono altre forze politiche. Questo è un problema che può darsi possa essere visto con fastidio; però è un problema che va seguito con attenzione, sapendo che è un movimento di massa quello che ci sta dietro al quale non so dare una risposta, anzi per certi aspetti sono convinto, sociologicamente parlando, che non c'è, perché il Veneto è una Regione ricca; meno male che abbiamo qualche lacciuolo in più altrimenti non sapremmo più neanche quanto siamo ricchi in più, non so se ho reso l'idea.

E' una Regione aperta, nel senso che è una Regione che ha in sé caratteristiche di solidarietà enormi e che ha anche la capacità di assorbire non solo lavoro, ma anche cultura altrui. Quindi almeno per quello che mi riguarda, siccome vedo che al giorno d'oggi tutti hanno una risposta a tutto, devo dire che francamente io non ce l'ho. Però credo sia giusto non avendola, magari confessando la mia impotenza l'impotenza anche del nostro Gruppo a ragionare su una strategia che abbia le caratteristiche di condurre ad una strada maestra che sia condivisibile da tutti e sulla quale tutti possono camminare bene - credo d'aver esaudito un ruolo che è preciso, nel momento in cui la Presidenza del Consiglio ci ha chiamato qui oggi per incontrare i rappresentanti della Repubblica italiana, una Commissione della Camera dei Deputati della Repubblica italiana, incontro che ritengo comunque importante.

Per chiudere, una grande preoccupazione proprio per il molto buio e la poca luce che vediamo, che riscontriamo non solo in quest'Aula, che è rimasta al buio anche se non ci sono più le televisioni, ma in modo particolare nel dibattito che è iniziato a livello nazionale sulle riforme istituzionali e costituzionali.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Buttura

Ho ancora quattro iscritti a parlare, un parlamentare e tre Colleghi consiglieri. Io vi chiederei, se è possibile, di mantenervi all'interno di 7-8 minuti in modo di consentire ai nostri Colleghi di rispettare anche i loro tempi, perché devono partire, hanno gli aerei.

Do subito la parola all'onorevole Daniele Franz, poi c'è il collega Comencini, il collega Tesserin e la collega Miotto.

Daniele FRANZ

Ringrazio il Presidente, credo di risparmiare ancora del tempo su quanto mi è concesso. Grazie dell'opportunità che ci avete dato. Per entrare subito in media re diciamo che il vizio di forma, sostanziale pure, che riscontro in questa che è la bozza della Bicamerale e che è emerso da taluni vostri interventi è sostanzialmente questo. Il principio di partenza, e cioè il fatto di strutturare lo Stato su quanto vi era già di esistente, ovverosia le Regioni, certamente è un principio condivisibile, non sarà il massimo dell'originalità, però quantomeno è un punto di partenza buono per realizzare qualcosa di oggettivamente diverso. Io ho avuto l'impressione che ad un certo punto, dal principio di partenza, non si sia poi discesi con logica e con buona fede. E' come se ad un certo momento fosse subentrata una logica di sospetto per cui lo Stato centrale non riuscisse ad affidarsi appieno dell'istituto regionale; credo che il nodo sia tutto qui.

Per quale motivo questa diffidenza improvvisa che è sbucata dietro i proclami? Non nascondiamoci dietro un dito, credo che qualcosa abbia sicuramente fatto anche quella che amichevolmente mi permetto di definire la lobby del rampantismo dei sindaci. Quando Bassolino invoca la Conferenza Stato-Città, forse è il primo che comincia a sospettare dell'istituto Regione e ci dobbiamo chiedere perché. Ecco allora che l'opportunità storica di creare una nuova carta costituzionale, almeno per quanto riguarda l'assetto istituzionale dello Stato, ha rischiato più volte di diventare - chiedo scusa, ma lo dico con tutto il rispetto - una sorta di lotta di bottega per il mantenimento o l'ampliamento di competenze fra Comuni di tutte le dimensioni, ma principalmente di quelli di una certa dimensione, Province con le Regioni che dovevano essere inizialmente indicate come le depositarie del nuovo assetto istituzionale e lo Stato, che nel tentativo di non scontentare nessuno, tentativo il più delle volte forse delegato a valutazioni di tipo politico piuttosto che istituzionale, ha cominciato a perdere un attimo i punti di riferimento.Noi ieri abbiamo fatto una riunione con l'ANCI veneta e con i rappresentanti delle Province del Veneto, sostanzialmente è emersa una posizione di richiesta notevole di autonomia da parte della Regione, quasi a dire: "Noi dobbiamo collaborare con la Regione, però non ci sta più bene che la Regione abbia una valutazione di gestione del potere, ma devono solo darci l'indirizzo".

Dove si creano i problemi di cui prima parlava anche il Presidente Galan? E' proprio quando poi lo Stato dice: "Tutto sommato se, facciamo qualcosa di questo tipo, io ho dato ampia delega alla Regione perché legiferi in materia, però poi non do i mezzi per fare in modo che questo avvenga consequenzialmente". Allora forse, anche se in politica conviene sempre fare dei passi in avanti, sarebbe opportuno se il Parlamento, e di questo io chiedo conforto a voi, in questo caso facesse mezzo passo indietro, ritrovasse quel principio ispiratore iniziale e facesse discendere da questo principio ispiratore iniziale le logiche conseguenze. Questo deve trovare certamente accoglimento nei princìpi ispiratori della nuova carta costituzionale, ma sconfiggendo anche quella tentazione da legislatore ordinario di inserire una caterva di particolarismi all'interno della carta costituzionale. Proviamo ad immaginare se i primi padri costituenti, anziché parlare di principi, si fossero messi a spiegare che cosa sono le aree metropolitane, la Costituzione italiana non sarebbe mai venuta alla luce.

Forse tanto generica era la prima Costituzione. La genericità è comprensibile, motivazioni storiche lo comportavano, e poi il fatto di voler determinare dei principi portanti e possibilmente eterni, perché questa poi è la vocazione di ogni costituente; si è passati all'eccesso opposto di voler legiferare facendo la Costituzione. Quindi è estremamente difficile per la seconda volta non trovarsi d'accordo con il Presidente Galan, dal mio punto di vista.Io sono stato protagonista, perdonate, sfortunato insieme al vostro Assessore regionale all'agricoltura, di una serie di incontri con il Ministro Pinto che dovevano essere logicamente risolutivi nel riconoscere il ruolo delle Regioni nell'ambito delle quote latte. Io sono del Friuli Venezia Giulia, vengo da una Regione che ha potestà teoricamente assoluta per quanto riguarda l'agricoltura, ma è sempre rimasta lettera morta di fatto, tant'è che le cose più importanti, le quote europee, gli OCM di mercato restano comunque materia di trattativa da parte dello Stato che va a Bruxelles. Si fa tendenzialmente - chiedo scusa per la libertà del linguaggio - i fatti suoi e poi comunica, non si confronta con le Regioni. Anche questo diventa un punto di estrema contraddizione dal principio di partenza che era perfetto. Lo Stato, nel momento stesso in cui vuole decentrare, in cui vuole arrivare al federalismo possibile - poi sul termine possiamo metterci d'accordo, vanno bene tutti -, lancia il sasso del regionalismo avanzato, poi nasconde la mano e comincia ad andare a parlare con sindaci delle grandi città, i quali si organizzano e si portano dietro anche i sindaci dei piccoli Comuni che secondo me poi non capiscono che quel rampantismo finirà per schiacciarli. Così si crea un procedimento vizioso e non virtuoso dal quale rischiamo di trovarci paradossalmente al punto di partenza, cioè un buonissimo principio ispiratore e poi di fatto il nulla.Questo credo dovrà essere, da parte della Commissione questioni regionali, valutato; questo dovrebbe essere anche il motivo di approfondimento ulteriore da parte non 'solo e non tanto del Consiglio regionale del Veneto, che è stato uno dei più attivi su questa materia, ma anche insieme agli altri Consigli regionali, anche qui so che il Veneto è stato capofila.

Certo è che riscontrare - e chiudo ringraziando di nuovo per l'ospitalità - che il principio più immediato di democrazia, che dovrebbe essere il referendum ancorché abrogativo, è rimasto lettera morta - parlo sempre di affari che mi riguardano perché sono in Commissione agricoltura -, come quello di riforma del Ministero, non è un buon partire e non è un bel vedere. Dobbiamo però essere fiduciosi che forse una collaborazione sinergica vera fra Parlamento, cioè fra Stato centrale, e Regioni, cioè in prospettiva Stato quantomeno regionalistico se non addirittura federativo, questo rapporto debba cambiare. Forse il problema è riuscire a cambiare la mentalità e ricordarsi sempre che si parla di principi e non di interessi legati al contingente.Io credo che molte questioni sono state affrontate perché si stava troppo attenti a capire chi governava il Veneto, chi governava il Friuli, chi governava Milano, chi governava Napoli, Venezia o quant'altro. Quindi ognuno si prefigurava ed interpretava la propria realtà contingente senza capire che si parlava di principi. Torniamo ai principi, un passo indietro, e discendiamo con coerenza dai principi che assieme possiamo porre. Probabilmente questa può essere una via anche per riaprire una partita e un discorso che altrimenti, secondo me, perde interesse progressivo perché è già scritto, potremmo già stabilire esattamente cosa succede. Prima saranno le Regioni che si porteranno una vagonata di debiti; poi servirà qualcun altro per far capire che non ci sono più, si entrerà in Europa, non si entrerà in Europa, però di fatto poi benefici né allo Stato, nè alle Regioni non ne potranno derivare perché la coperta, lo sapete, è sempre più corta per responsabilità che qui è inutile andare ad osservare di chi possono essere state. Vi ringrazio.

Amalia SARTORI

Grazie all'onorevole Franz.

Ha chiesto la parola il consigliere Fabrizio Comencini; ne ha facoltà.

Fabrizio COMENCINI

Io volevo salutare i parlamentari del Parlamento italiano, dare il benvenuto in Veneto a quelli che non sono veneti.

Per quanto riguarda le consultazioni di oggi voglio essere abbastanza stringato e quindi faccio alcune considerazioni. Prendo lo spunto da quanto ha detto il mio collega Buttura con il quale polemizzo garbatamente in quest'Aula e democraticamente. Lui ha detto una cosa molto importante: "La Lega non ha gli stessi interessi che avete voi, assolutamente", infatti ha detto la verità, era l'esatta verità.

Voi partite da un discorso che riguarda Comuni, Province, Regione e cose di questo tipo, che riguarda solamente l'amministrazione di uno Stato che non vuole cambiare o che vuole eventualmente trovare un sistema di migliore amministrazione. Noi partiamo da un presupposto che è fondamentalmente l'opposto, cara collega Calimani, quello di dare l'autonomia al popolo veneto. il veneto è un popolo, vi piaccia o non vi piaccia, c'è scritto nello nostro Statuto, lo è a tutti gli effetti, è stata una Repubblica indipendente per mille anni, ha avuto le sue leggi, ha avuto tutte queste cose e il Governo italiano pensa che questa sia un'inezia. Non lo è, come non lo è per i fiamminghi nelle Fiandre, per i valloni nella Vallonia, come non lo è per i bavaresi nella Germania, come non lo è per i catalani in Catalogna e così via. Questa è la realtà fondamentale, siamo su posizioni estremamente diverse. Voi andate a consultare l'ANCI, l'ANCI è una rappresentanza politica che in questa Regione è in mano all'Ulivo, quindi vi dirà quello che pensa l'Ulivo.

Gran parte dei nostri sindaci, dei sindaci della Lega, si sono tolti proprio perché l'ANCI fa politica, ma politica partitica, del resto la stessa Lega dei Comuni tende a rappresentarsi in maniera diversa. Noi parliamo di popoli e di libertà e poi parliamo, se volete, dello Stato che andiamo a costruire, che può essere lo Stato italiano all'interno dell'Europa o l'Europa come grande Stato, come macro Stato con altre realtà.

Il sistema di confronto qual è? Io non mi meraviglio che siano rituali queste venute dei rappresentanti del Parlamento italiano o dei Ministri nel Veneto, vengono a vedere la colonia, vengono a vedere lo zoo. Tante volte quando io vengo a Roma, sono trattato come un animale che è uscito dalla gabbia, faccio questa osservazione che è cruda, ma è la verità. Funzionari della nostra Regione nel momento in cui vanno a Roma si sentono dire: "Ma come fate voi a governare e a ragionare in quell'area?". "Che cosa vogliono questi veneti?" dice il Presidente del Consiglio. Vedete, per sapere cosa vogliono questi veneti bisognerebbe che invece di venire a parlare con noi voi aveste il tempo, ma non l'avete materialmente e ve ne faccio scusa nel senso che non è possibile per tutti. Vi metteste nelle lunghe file sulla statale del Santo, sulla circonvallazione di Venezia. La nostra gente lavora e produce, se volete anche in maniera disordinata., d'accordo, ma non andiamo sulle cose minute, arriva alla sera che è stressata non tanto e non solo dal suo lavoro che trova come sistema di raffronto per costruire una realtà diversa, ma stressata da tutto il sistema che le è estraneo, è fuori dal mondo. Questa è la realtà fondamentale.

Quindi vedete, la soluzione non la troverete, cara collega Calimani, nel dire "I Comuni..", ma cosa vuoi che conti il consigliere Cacciari, che cosa vuoi che conti il consigliere Comencini, che cosa vuoi che conti il P.D.S. del Veneto?. Conta questo popolo che lavora, parla, discute, si è fatto grande con l'intera Europa e con l'intero mondo senza che lo Stato italiano esistesse e lo sa meglio di me. Quindi voi cercate di trovare dei sistemi, che sono anche quelli elettorali, per cercare di imbrigliare, di riportare a casa, forse ci riuscirete, chi lo sa, e noi abbiamo sbagliato tutto, o forse noi stessi saremo superati da qualcos'altro. Certamente non è attraverso questo sistema della Bicamerale che voi risolvete qualcosa nel Veneto. Il grido, se volete, o la dura presa di posizione del Presidente della Giunta regionale non penso che l'abbia fatta perché lui è un estremista, un terrorista come verrebbe chiamato da qualcuno o cose di questo genere, è perché capisce che nel suo stesso partito è superato da chi gli dice.- "Guarda che tu sei troppo morbido, rischi di essere uno che mantiene lo status quo". Punto e a capo. Quindi qui non avete di fronte gli zoticoni della Lega o cose di questo genere come qualcuno si permette di dire poveretto lui - che non contano niente, noi rappresentiamo in questa Regione in questo momento quasi il 40% dei voti, ricordatevelo bene. Rappresentiamo questo noi, rappresentiamo parte del popolo veneto e voi rappresentate il resto d'Italia, potrebbe essere anche uno scontro tra Veneto e Italia, questo è quello che vi diciamo oggi.

Quindi la questione è una questione che riguarda tutti noi, noi perché abbiamo una responsabilità democratica di confronto non violento e di confronto corretto con i cittadini; voi avete la responsabilità di portare la gente all'esasperazione, voi in quanto rappresentanti e non voi come singoli, voi rappresentanti del Parlamento italiano. La questione è questa. A chi diceva.- "Parliamo per niente", vogliamo dire un fatto? Ditecene uno che è avvenuto, un solo fatto, uno. Ho finito.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Comencini.

La parola al consigliere Tesserin.

Carlo Alberto TESSERIN

Intervengo in qualità di Presidente della Commissione Speciale per Venezia e quindi limiterò il mio dire alle posizioni che hanno attinenza con questo ruolo, non volendo cogliere i molti spunti positivi che invece ci sarebbero stati anche in termini più allargati. Desidero però fare una premessa.

Io credo alla positività e all'utilità del lavoro che emerge dai decreti Bassanini, ma proprio perché credo all'utilità e alla positività di questi decreti temo l'effetto boomerang che noi potremmo registrare in particolare nel Veneto se questi non fossero adeguatamente rapportati alle esigenze e se magari per insufficiente informazione alcune cose risultassero così come sono scritte e mantenute, perché noi daremmo il pretesto attraverso queste cose di affermare le considerazioni generali di negatività che invece dobbiamo cercare di riportare in termini più obiettivi.

Debbo ricordare - il Presidente Galan l'aveva già detto, in parte l'ha ripreso anche il consigliere Vanni e ringrazio il senatore Viviani che in parte ha già dichiarato di accogliere queste osservazioni - che questa assemblea all'unanimità nel corso di questa legislatura ha ritenuto di costituire per la prima volta questa Commissione Speciale per i temi di Venezia, attribuendo da un'ottica regionale una visione più forte e più attenta a questo tema, che non è un tema solo veneziano, ma è un tema veneto, è un tema di rilevanza nazionale non solo per la specificità, ma per quello che sta all'interno della realtà veneziana e veneta. D'altra parte noi venivamo da un provvedimento nazionale, il decreto legge numero 62 del 13 gennaio 1994, che già modificava l'operatività del Magistrato alle acque come organismo territoriale che opera per conto del Ministero dei lavori pubblici qui a Venezia. In quel decreto del gennaio 1994 si ipotizzava la costituzione dell'Agenzia per Venezia in cui si portavano sullo stesso piano i compiti dello Stato, della Regione e dei Comuni di Venezia e Chioggia. Purtroppo i governi che si sono succeduti dopo il 1994 hanno abbandonato questa posizione e per alcuni aspetti anche la Regione non ci ha creduto fino in fondo. Però adesso noi cos'è che andiamo a constatare con questo decreto Bassanini? L'ha già detto il Presidente. All'articolo 53 di fatto lo Stato si incorpora tutto quello che aveva mantenendolo e per alcuni aspetti, se si legge così com'è scritto, sembra addirittura dilatare le sue competenze, quindi togliendolo agli altri compiti territoriali. mi pare che questa sia una grossa disattenzione, spero che sia cosi, che sia un fatto non ascrivibile ad una volontà precisa, ma ad un considerare prevalente l'aspetto della specificità e non invece la necessità di incardinarlo nell'ambito territoriale. Però guardate che questo sarebbe ancora riduttivo se noi non lo andassimo a confrontare con quello che nello stesso decreto si legge all'articolo 88 e, peggio ancora, con quello che si legge all'articolo 71.

L'articolo 88 che cosa codifica? Che per gli altri due Enti importanti gestiti dal Magistrato per il Po e dall'ufficio del Genio civile del Po di Parma questi vengono completamente riordinati e rientrano tra quegli organismi territoriali che sotto la forma dell'azienda avranno il coinvolgimento diretto dell'ambito territoriale. Come può essere che ci sia questa capacità di dire che quelli avranno questa gestione e il Magistrato alle acque no? Diventa di per se stesso, per il confronto, un dato di assoluta preoccupazione. Però il dato più grave che credo che questa Commissione non possa non evidenziare è che all'articolo 71, al comma 3, si legge - ritengo opportuno rileggerlo perché tutti abbiano conoscenza -: "E' conferita alla Regione Sardegna l'attuazione di tutti gli interventi necessari per la realizzazione del programma di salvaguardia del litorale delle zone umide dell'area metropolitana di Cagliari di cui all'articolo 17, comma 20, della legge 11 marzo 1988, n. 67. La Regione Sardegna succede allo Stato nei rapporti concessori e convenzionali in atto e dispone delle relative risorse finanziarie". Com'è pensabile che nello stesso decreto Bassanini si dicano queste cose: "La Sardegna ha una potestà assoluta, incamera anche i proventi e fa queste cose" e dall'altro si dica "Il Magistrato del Po e quello del Po di Parma avranno un'altra codifica e il Magistrato di Venezia invece addirittura dilata le sue competenze"?

Io ripeto quello che ho detto prima: credo si tratti di una insufficiente informazione e quindi queste cose verranno obbligatoriamente corrette. Dico questo proprio perché io credo, come dicevo in premessa, che non si possa attraverso alcuni casi contingenti e specifici dover registrare una posizione di bocciatura del provvedimento nella sua interezza, che invece deve mantenere la sua positività per il fatto di riuscire a trasferire ai cittadini una diversa capacità di rapporto con lo Stato e con gli Enti territoriali di cui abbiamo assolutamente bisogno.

Se vogliamo evitare che si realizzino le cose qui ventilate prima di me dal collega Comencini dobbiamo evitare di fare questi errori.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Tesserin.

La parola alla collega Margherita Miotto; ne ha facoltà.

Margherita MIOTTO

Grazie Presidente. Anche da parte mia c'è un ringraziamento per questo incontro e quindi un ringraziamento per l'attenzione della Commissione parlamentare.

E' un'occasione ulteriore di confronto su un tema che decisivo per quanto riguarda la nostra Regione, per quanto riguarda il Veneto, il tema delle riforme sul quale peraltro noi abbiamo parlato con atti, con provvedimenti. Io credo che al di là di tante affermazioni fatte stamane contino, servano, debbano essere tenuti in considerazione provvedimenti, proposte di legge che corrispondono ad un lavoro condotto nelle Commissioni regionali molto serio, molto attento, rigoroso e devo dire impegnato da larga parte del Consiglio regionale. Io ritengo che la Commissione parlamentare debba riferirsi a questo lavoro, a questo progetto di legge di modifica della seconda parte della Costituzione che rappresenta il punto di vista della massima istituzione regionale del Veneto. Però il dibattito che si è succeduto dopo l'avvio dei lavori della Bicamerale sino alla sua conclusione e che attraversa anche il Veneto in queste settimane, credo che ci consente oggi di fare alcune sottolineature, non molte vista l'ora. Perché attorno alle riforme, a quell'articolo 57 e 58, si sta scatenando quasi una rissa come del resto si sta verificando nel confronto sul Bassanini?

Io penso che al di là della discussione che invece è doverosa, necessaria, le stesse proposte delle Regioni, della Conferenza delle Regioni debbano essere prese in considerazione, come del resto il Ministro Bassanini ha assicurato anche recentemente in occasioni pubbliche, nella stessa riunione della Conferenza Regioni-Città" StatoRegioni-Città. Queste assicurazioni almeno leggendo le cronache sono state date e ritengo che debbano essere seguite da comportamenti coerenti sulle questioni poste dal Presidente Galan, ma anche sulle cento altre questioni che sono state sollevate. Ma al di là di questo perché tutto questo si sta trasformando anche in una rissa politica? Perché io penso che c'è una considerazione sulla quale non si è sufficientemente riflettuto.

Qual è la visione dei livelli di autonomia che attraversa questo processo riformatore? Qual è cioè la visione che deve intercorrere tra i livelli di autonomia e lo Stato? E' una visione che è equiordinata o è gerarchicamente ordinata? Alla fine, vedete, io penso che molte delle nostre discussioni siano riconducibili in sostanza a questi orientamenti che hanno a che fare con la cultura istituzionale diversa che c'è all'interno delle nostre assemblee e perché no? Anche delle Commissioni parlamentari. Sarebbe stato io credo sufficiente discutere anche stamani, e cosi credo di dare il mio contributo alla discussione odierna, attorno a tre parole chiave che io consegno un po' al dibattito che contraddistinguerà il lavoro delle prossime settimane anche qui in Veneto. Tre parole chiave partendo appunto da questa impostazione del rapporto tra i poteri centrali o, ripeto, tra Stato-Regioni, Stato-Autonomie e all'interno delle autonomie locali. Una visione, ripeto, che è equiordinata- Questo significa che si riconoscono i poteri locali e quindi non si delegano funzioni. Qui sta il punto; si riconoscono ad ogni livello di governo locale l'autonomia e il processo per autoriformarsi. Non solo, si riconosce la funzione della codecisione che è essenziale affinché non ci sia quella frattura fra competenze di diversi livelli istituzionali. Livelli di codecisione che debbono intercorrere sia tra Stato e autonomie, ma diciamo oggi all'interno del sistema delle autonomie tra Regione e autonomie locali, perché ogni riforma finisce miseramente, rischia di finire miseramente come è stata la stagione del regionalismo se non si rimuovono quelle condizioni che hanno fatto sì che oggi ci sia un livella di sfiducia intollerabile tra Comuni, Province e Regioni, al punto, come è stato riferito giustamente, che in questa orgia collettiva di semplificazione addirittura non si auspichi che i tre livelli istituzionali, o quattro, oggi vengano addirittura ridotti a due dove chiaramente la Regione agli occhi del mondo delle autonomie locali dovrebbe sparire.

Allora questo è il secondo versante di grande innovazione istituzionale che si deve aprire: i livelli di codecisione tra Regione ed autonomie locali. Perciò qui si apre la strada per la seconda Camera regionale, per questo diverso ruolo che le autonomie devono assumere all'interno di una Regione riformata in uno Stato riformato. Insomma le due grandi battaglie sulle quali lo Stato regionalista è fallito debbono essere riprese in questa seconda fase della prima Repubblica e cioè nel rapporto tra Stato e Regione, ma nel rapporto tra Regioni e Autonomie l'approfondimento e il perfezionamento di quei collegamenti istituzionali che impediscano che si ripercorrano appunto gli errori del passato. Ecco perché, e qui finisco davvero, la proposta della Regione a Statuto speciale non risponde a queste esigenze.Io non so se ieri avete avuto l'opportunità di leggervi quel sondaggio, quella ricerca del Poster pubblicata su "Il Gazzettino". E' davvero singolare, o meglio da certi punti di vista non lo è affatto. Io mi sono sempre chiesta per quale ragione una famiglia del Friuli Venezia Giulia o un'impresa del Friuli Venezia Giulia dovrebbe essere più soddisfatta di vivere in una Regione speciale all'interno di uno Stato centralista, invece che vivere in una Regione possibilmente ordinaria, finalmente ordinaria ma in uno Stato federale, organizzato in modo federale.Ecco io credo che certamente c'è il problema del superamento dell'uniformità, indubbiamente. L'uniformità va superata attraverso la revisione dell'articolo 57 e tuttavia non sarà sufficiente se accanto a quel processo non avverrà quell'altro processo al quale ho fatto riferimento, perché? volevo rifarmi per chiudere a quell'indagine che è stata pubblicata ieri.

Vengono interrogati i cittadini del Veneto e del Friuli Venezia Giulia e viene posta una domanda: "Ritieni che i tributi versati a vario titolo costituiscano una parte consistente - si usano ovviamente gli aggettivi che in questi casi contraddistinguono le domande di ogni sondaggio -, poco, molto, moltissimo, in riferimento a tutto ciò che lo Stato restituisce?". In sostanza l'opinione dei cittadini è legata all'impressione, come diceva il mio collega Bertaso, che delle tasse pagate vengano restituite parte di queste risorse in misura consistente o ridotta? Bene, la risposta che abbiamo tutti letto è per certi aspetti dico sorprendente perché i veneti rispondono mediamente nel 66% dei casi che ritengono che venga restituito dallo Stato pochissimo, o meglio che rimane moltissimo a Roma e pochissimo trasferito. Peggio, i friulani, i cittadini friulani che vivono in una Regione a Statuto speciale e che secondo noi veneti sono certamente favoriti - quando pensiamo ad una Regione a Statuto speciale vediamo nelle Regioni a Statuto speciale più poteri e più trasferimenti ritengono addirittura peggio dei veneti, nell'80% degli intervistati, che molte risorse vengano trattenute a Roma. Ebbene tutti sanno che la situazione vera invece si incarica di verificare e di dire a tutti che le cose non stanno così, che di 100 lire pagate dai cittadini veneti per tasse ad ogni titolo - IRPEF, IRPEG, ILOR, IVA - 80 vengono restituite ai veneti in beni e servizi; e che nel caso della Regione Friuli Venezia Giulia, e in tutte le Regioni a Statuto speciale, se vengono pagate 100 lire di tasse ad ogni titolo, oltre 100 lire, 101, 102, 103, vengono rese in beni e servizi.

Questo per dire che probabilmente c'è bisogno di informazione anche tra i Consiglieri regionali che talvolta utilizzano slogan che non sono aderenti alla realtà.Soprattutto alla fine non è un problema di trasferimenti ciò che davvero si reclama, è un trasferimento di funzioni, di poteri, perché l'autonomia si esercita a partire appunto da questi aspetti e tutto il resto diventa bassa strumentalizzazione.

Grazie per questo incontro, per questa opportunità. Credo che anche da questo incontro possa nascere l'impegno per migliorare ciò che è migliorabile oggi, e lo è, e lo deve essere senza vincoli, senza limiti, senza impedimenti perché questo corrisponde, credo, alle attese, non già ad esigenze di altro ordine.

Amalia SARTORI

Grazie, collega Miotto.

L'ultimo intervento è del collega Galante e poi chiudiamo i lavori.

Severino GALANTE

La Presidente sottolineando "l'ultimo" mi richiama alla sintesi e sintetico sarò davvero perché si tratta di un intervento quasi per dovere d'ufficio. Toccherà alla Presidente e al Presidente della Giunta fare, lo vedo dal programma, gli interventi conclusivi. Mi permettano di anticipare però il mio giudizio di sintesi su questo dibattito, sul risultato di questo dibattito che a me pare tanto inadeguato quanto inutile. Dal programma sembrava che il tema che dovevamo trattare fosse l'approfondimento, si diceva, di tre grandi questioni: Regione, sistema delle autonomie, decreto Bassanini, le politiche di sviluppo economico con lo specifico territorio, infrastrutture. Non abbiamo parlato di nulla; questi temi non li abbiamo trattati, tranne qualche caso in cui sono stati sfiorati. Allora chiedo alla Presidente che ha organizzato questo incontro, o comunque a chi lo ha organizzato, che senso esso avesse nelle intenzioni dei proponenti visto che, io capisco che faccia propaganda il collega Comencini. Questa è tutta propaganda a vantaggio della parte politica del collega Comencini, quello che facciamo, ma non capisco che questa propaganda ce la facciamo tra di noi, che la faccia in primis il Presidente della Giunta Galan con la sua introduzione.

Qui avremmo dovuto intrecciare società, economie e istituzioni e vedere in concreto dal Veneto, dal Consiglio regionale del Veneto quali proposte avanzare credibili, operative, perché la Commissione parlamentare riuscisse poi a trasferirle a livello di dibattito alla Camera e al Senato per dare risposta ai problemi medesimi. Non mi pare che ci siamo messi su questo terreno, non mi pare che siamo riusciti con la retorica, quella a cui sto contribuendo anch'io in parte in questo momento, o con gli sfoghi lamentosi di altri Colleghi, a qualificare né la politica regionale, né a sciogliere i nodi istituzionali che gli amici parlamentari hanno di fronte e che devono materialmente sciogliere.

Con questo temo che avremo aumentato ancora di un pochino la sfiducia che alligna nel nostro territorio. Quindi se posso fare un invito alla Commissione, quando si muove, e alla Presidenza quando organizza incontri di questo genere, è quello di pensare più a trovare sbocchi concreti che non a farci continua propaganda a cui siamo tutti da troppo tempo adusi.

Amalia SARTORI

Grazie, consigliere Galante.

La parola adesso per le conclusioni al Vice Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Guido DONDEYNAZ

Intanto un ringraziamento a tutti voi. Io ho seguito con grande attenzione e non sono convinto che gli ulteriori mancati approfondimenti dipendano esclusivamente dal fatto che si voglia fare propaganda. Io sono piuttosto convinto che l'argomento che abbiamo di fronte è un argomento complesso e difficile, la soluzione non è così chiara; siamo di fronte. Di conseguenza, ad un momento ancora di grandi scelte. Ci sono tre cose che vanno rimarcate. Credo che tornare indietro e pensare a non fare le riforme sarebbe pura pazzia. Questa è un'esigenza ormai chiara e consolidata che tutti quanti hanno ben chiara in mente.

Il secondo punto fondamentale è che quando si parla di riforme, costruire casa comune, mi sembra che in alcuni interventi è stato rimarcato, occorre lo forzo, l'energia, la fantasia di una pluralità di componenti. Sicuramente non è un problema che va trattato a livello di maggioranza e di opposizione, ma è un tema che va trattato con la capacità di dare un assetto nuovo al Paese.

Il terzo elemento che mi sembra di dover rimarcare è che c'è uno sforzo originale proprio per non cercare di ricopiare le esperienze che non ci sono proprie e che di conseguenza non sarebbero adatte ad una realtà come la nostra. Noi stiamo studiando un modo nuovo di realizzare delle relazioni diverse tra i cittadini e lo Stato tale che diano i risultati che noi ci siamo prefissi.

Una delle ultime considerazioni. Io faccio parte, ho fatto parte di tutto il lavoro della Commissione Bicamerale, sono oggi all'interno del Comitato dei diciannove che esamina gli emendamenti all'interno della Camera e il messaggio che vi posso dare è che non siamo in una situazione in cui tutto è deciso. Mi sembra che proprio il dibattito all'inizio sull'articolo 55 ha evidenziato che le problematiche sono ancora molto aperte e di conseguenza credo proprio che abbiano un significato le riunioni come quelle di oggi perché ci aiutano e contribuiscono.

Io sottolineo ancora una volta che tutti coloro che auspicano in termini reali di affrontare, di trovare una soluzione adatta a quella che è la trasformazione del nostro Paese in forma federale, qui in questa comunità qualche germoglio c'è e su questo piano credo che di conseguenza il Parlamento non può che aspettarsi qualche contributo di carattere positivo e alcuni io ne ho sentiti in termini anche originali.

Credo che questi siano gli elementi di fondo, di conseguenza non voglio tirare delle conclusioni. Voi lo sapete, ognuno di noi è chiaro che legge in maniera particolare le cose che abbiamo sentito all'interno di quest'Aula; ma ne faremo sicuramente tesoro nei lavori parlamentari. Credo che dobbiamo uscire dal Parlamento il più possibile; questi confronti con voi stessi e con le popolazioni, debbono aiutarci a trovare quella che è una soluzione che coinvolga in modo diverso anche tutte quante le strutture del Paese. Con questo augurio e con questo ringraziamento a nome di tutti i componenti della Commissione rivolgo un saluto al Consiglio regionale del Veneto. Con questo vi ringrazio e chiudo.

Amalia SARTORI

Ringrazio il senatore Guido Dondeynaz per le sue parole, ringrazio a nome di tutti i colleghi dell'assemblea regionale del Veneto i colleghi parlamentari e i colleghi senatori della Commissione parlamentare per le questioni regionali che sono stati qui nel Veneto.

E' vero che abbiamo affrontato in realtà due delle questioni che erano all'ordine del giorno: il punto a) e il punto b) . E' stato affrontato il punto a) nella relazione introduttiva che ho ritenuto di fare io facendo un po' il quadro di quanto il Consiglio regionale del Veneto fino ad oggi ha prodotto in tema di contributo a livello nazionale in tema di riforma dello Stato e con l'intervento del Presidente Galan su quanto riguarda l'attuazione del decreto Bassanini. Non siamo intervenuti sul punto c), cioè non siamo entrati nello specifico per quanto riguarda le politiche territorio, infrastrutture, lavoro ed economia perché in realtà poi gli interventi sia dei colleghi parlamentari, sia dei colleghi Consiglieri si sono incentrati sui primi due punti che sono onestamente quelli più urgenti. Tenendo anche conto che il tempo che avevamo a disposizione era di tre ore il dibattito è stato più di carattere politico e si è concentrato su questi temi che sono la maggiore urgenza. Io credo che eventualmente il resto possa in altre occasioni essere affrontato, ma richiede anche dei seminari di lavoro perché sono questioni più puntuali, più di gestione, si entra di più in problematiche concrete che richiedono tempi diversi. Spero che la vostra presenza qui sia servita a  noi ad incontrarvi e a sentire le vostre posizioni e a voi a conoscere un po' lo spirito del Veneto. Molti di voi sono veneti, il Veneto lo frequentano e quindi lo conoscono già, ma anche a tutti gli altri a portare a livello nazionale non soltanto le aspettative, ma anche le preoccupazioni con le quali il Consiglio regionale del Veneto nel suo complesso guarda al lavoro che si sta svolgendo a Roma e il desiderio che c'è, diffuso in tutti noi, di ottenere il massimo possibile perché riteniamo che questo sia ciò che serve alla nostra comunità. Vorremmo che questa consapevolezza fosse comune, che vi sia stata trasmessa dagli interventi tutti di questa mattinata. Poi, certo, ci sono posizioni diverse, ma questo sentimento di farvi capire questa esigenza veneta di una grande attenzione per i problemi dell'autonomia penso che sia uscito dagli interventi di tutti i miei Colleghi. Vi ringrazio.

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Incontro con ANCI Veneto e UPI Veneto

(9 marzo 1998)

(Sintesi dei lavori)

Luigino BUSATTO, Presidente dell'Amministrazione provinciale di Venezia, dopo aver ricordato l'entusiasmo con cui fu accolta dalle autonomie locali la legge n.142 del 1990, precisa che, paradossalmente, il processo di conferimento di funzioni agli enti territoriali minori si interruppe proprio dopo tale legge. Attualmente manca in Veneto il piano regionale dei rifiuti e non sono stati dettati i criteri generali per formare i piani provinciali territoriali; nel settore dell'istruzione alla L. 23 del 1996 non ha fatto seguito da parte dello Stato la consequenziale assegnazione di risorse. Nei rapporti con la Regione, in definitiva, se c'è stata una certa collaborazione per quanto riguarda i fondi strutturali comunitari, l'ente maggiore ha per lo più frapposto ostacoli allo sviluppo delle autonomie locali.

In particolare, la provincia - a dispetto delle contrarie affermazioni del Presidente Galan - non è un ente inutile, ma anzi rappresenta il livello operativo naturale prescelto da moltissime realtà associative.

Il Presidente Busatto ritiene inoltre, che l'individuazione di aree metropolitane debba riguardare limitate realtà, in una logica che non crei nuovi livelli istituzionali, ma promuova piuttosto politiche di concertazione. Sottolinea, poi, che l'autonomia statutaria degli enti locali deve essere resa effettiva attraverso autonomie finanziarie e risorse certe. Sul progetto di riforma costituzionale esprime, infine, una forte critica al documento ANCI-regioni.

Giuseppe BERLATO SELLA, Presidente dell'ANCI Veneto, sottolinea che la tipologia dei comuni veneti si caratterizza per le piccole dimensioni dei medesimi, che talora non si riconoscono nell'organismo associativo e dimostrano scarsa fiducia nell'attuabilità delle leggi 59 e 127/97. Peraltro, dà notizia di un recente accordo di unione tra cinque comuni veneti, che rappresenta una novità in un quadro municipalistico, che ha visto molte iniziative, dirette a creare consorzi o stipulare convenzioni senza, peraltro, che crescesse una coscienza "sovracomunale" nei cittadini. Quanto al documento ANCI-regioni, precisa che un livello sovracomunale è ritenuto generalmente necessario, ma è importante dare alle regioni la possibilità di modulare l'ente intermedio secondo le proprie peculiarità ed esigenze (cosiddette "regioni a geometria variabile").

Il Vicepresidente dell'ANCI-Veneto, TUDIACO, fa presente che l'organismo di raccordo tra Regione Veneto e autonomie locali è stato istituito con la L.R. 20 del 1997, ma, ad oggi, si è riunito una sola volta per discutere della riforma costituzionale. La richiesta degli enti locali del Veneto è di avere un vero Consiglio regionale delle autonomie. In merito a uno dei temi posti, quello dei servizi pubblici locali, segnala gli effetti positivi e i progressi che sono stati fatti con l'introduzione della contabilità analitica e il modulo delle aziende speciali.

Il Sindaco BETTIO, componente del comitato direttivo del'ANCI-Veneto, sottolinea che rispetto al quadro delineato con il D.P.R. 616/79 si è assistito a un progressivo svuotamento di risorse e che la media pro-capite dei trasferimenti statali al Veneto è la più bassa d'Italia. Ricorda, inoltre, il grave problema della rinegoziazione dei mutui a suo tempo stipulati con la Cassa depositi e prestiti al tasso, ora insostenibile, del 9%.

Il Sindaco MESCALCHIN, dopo aver ribadito che il problema dei piccoli comuni riguarda tutta l'Italia settentrionale, fa presente che essi (nel Veneto l'86 per cento dei comuni ha meno di 10.000 abitanti) incontrano già forti difficoltà nell'attuare la legge n.127 del 1997. Quanto agli investimenti, ritiene necessario superare la logica delle leggi speciali, fatte solo per le città.

Interviene, quindi, il Presidente della Provincia di Padova, Renzo SACCO, che conferma le critiche al centralismo regionale già avanzate da altri esponenti delle autonomie.

L'assessore PACHNER, della provincia di Belluno, solleva il problema particolare del Bellunese, incuneato tra due regioni ad autonomia speciale e consegna alcuni documenti, fra cui quello elaborato dalla "Commissione consiliare per l'autogoverno della provincia di Belluno".

Il senatore Luigi VIVIANI domanda se, a fronte del denunciato centralismo regionale, sia credibile prevedere forme di specialità statutaria in una Regione, che è in ritardo nell'applicazione della legge 142 del 1990. Si domanda, inoltre, se sia corretto prevedere ben tre livelli di governo, costituzionalmente garantiti. Sul lato finanziario ritiene che debba essere risolto il problema della tesoreria unica e che la rinegoziazione dei mutui risponde a una prassi, che oggi il Governo non sembra orientato a seguire: trattasi peraltro di questione destinata a riaprirsi dopo il prossimo mese di maggio. Ritiene infine che a fronte del problema reale di una certa perequazione dei trasferimenti statali tra le regioni a statuto ordinario e regioni autonome non possa pensarsi ad elevare il livello generale di tali trasferimenti.

Il deputato Luisa DE BIASIO CALIMANI si sofferma sul tema delle aree metropolitane, sottolineando che è necessario pensare a una funzione di coordinamento tra un centro forte e la zona circostante, anche se tale compito poteva essere, a suo avviso, egregiamente svolto dalla provincia, senza prevedersi a livello costituzionale la figura dell'area metropolitana. Quanto alla riforma amministrativa in atto, ritiene inaffidabile un processo di decentramento che abbia come destinatarie le regioni, che dovrebbero poi ulteriormente subdelegare le funzioni. Si domanda, infine, quali competenze ulteriori potrebbe rivendicare il Veneto a statuto speciale.

Il deputato Daniele FRANZ ritiene errata una certa ottica secondo cui la riforma costituzionale viene pensata in rapporto alla qualità dell'attuale classe politica regionale. Avanza, inoltre, perplessità su un Senato composto da soggetti legittimati alcuni da un'elezione di primo grado, altri da un'elezione di secondo grado. E', infine, perplesso sull'atteggiamento poco chiaro, emerso nel dibattito, delle municipalità venete rispetto alle province.

Il deputato Mario VALDUCCI sottolinea, in particolare, i grandi cambiamenti avvenuti con le leggi più recenti di riforma nel rapporto tra classe politica e burocrazia.

Il senatore Guido DONDEYNAZ, dopo aver rilevato che non si è mai accennato, nel corso del dibattito, agli apparati su cui realmente si misura la capacità di autonomie, cioè ai Ministeri, esprime le proprie perplessità sulla portata effettivamente "federale" dell'articolo 56 del progetto di riforma costituzionale.

Intervengono, quindi, nuovamente il sindaco BERLATO, che osserva come negli ultimi tempi il dibattito nei consigli comunali abbia assunto carattere ideologico e rimarca la discontinuità esistente nel tessuto amministrativo, e i sindaci MESCALCHIN e BETTIO, che richiede una legislazione chiara per i piccoli comuni.

Conclude il Presidente BUSATTO, che rileva che le attuali regioni sono state fatte ad immagine e somiglianza dello Stato, di cui ripetono quindi i difetti. Conferma l'esistenza nelle assemblee elettive di un sentimento di frustrazione e segnala che attualmente la quasi totalità delle sedute dei consigli provinciali è dedicata a mozioni, interrogazioni e interpellanze. Ringrazia, quindi, e congeda la delegazione.

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