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Intervento del Ministro per gli Affari Regionali,
Senatore Enrico La Loggia


Presentazione del Rapporto sullo stato della legislazione 2004  

LE PRIORITA’ DELLA NUOVA LEGISLATURA

 "Signor Presidente della Repubblica, Signor Presidente del Senato, Signor Presidente della Camera, Onorevoli Rappresentanti delle Assemblee legislative dello Stato, delle Regioni e delle Province autonome,

con rinnovato piacere torno in questa sede per porgere l’augurio del Governo all’Assemblea nazionale degli eletti e delle elette, che oggi si riunisce in occasione della presentazione del “Rapporto sullo stato della legislazione 2004”, promosso dal Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati e dalle Assemblee regionali.

Come per i precedenti Rapporti sullo stato della legislazione, il quadro che emerge da quello appena presentato è quello di un profondo mutamento intervenuto nel modo di funzionare delle Assemblee legislative regionali e nel rapporto interistituzionale con gli Esecutivi, ma il mutamento ed i progressi faticosamente raggiunti nel percorso che le Regioni stanno compiendo verso il rafforzamento dell’autonomia non devono scoraggiare, essendo sintomo, semmai, di una democrazia sana e rigogliosa.

Nel porgerVi il saluto del Governo, entro nel tema per tracciare un bilancio complessivo dell’attività svolta, dei risultati che riteniamo di aver conseguito, delle prospettive che intravediamo e delle aspettative che nutriamo.

Dalle riforme costituzionali del 2001, le Assemblee ed i Consigli hanno percorso altra strada, sia sul piano della funzione legislativa, sia sul piano dei rapporti con gli Esecutivi regionali e con le Istituzioni statali, alla ricerca di condizioni di maggior equilibrio, capaci di conciliare – al più elevato livello possibile - unità e autonomia.

Nel riferirmi al primo aspetto, desidero formulare il vivo apprezzamento per il percorso compiuto con l’adozione dei nuovi Statuti e delle nuove leggi elettorali, che certamente consentono un miglior funzionamento degli organi rappresentativi delle comunità regionali e locali ed un più fattivo dialogo tra i livelli territoriali e tra Esecutivi ed ssemblee.

 Volendo tirare le fila del percorso fatto, direi che il quadro attuale è meno caotico di quanto appariva nella prima fase di attuazione della riforma “federalista”, anche grazie alla politica “del dialogo e dell’attenzione” adottata dal Governo, che ha favorito la creazione di un vero e proprio sistema di “rete”.

 Lo stesso aumentato contenzioso costituzionale, che tanto aveva preoccupato in quella prima e delicata fase – avendo appesantito l’attività dell’Alta Corte e rallentato l’iniziativa politica del Governo e delle Regioni - ha finito per svolgere un ruolo positivo di orientamento, fornendo un’interpretazione sistematica dell’ordinamento, che consentirà di sciogliere i nodi irrisolti con l’intervento del Legislatore, in vista del riassetto costituzionale previsto dal nostro progetto di riforma.

Oggi il Governo è impegnato a ridurre ed a prevenire il contenzioso, grazie ai nuovi interventi normativi, agli Accordi, alle Intese, alla complessiva azione svolta dalle Conferenze, Stato-Regioni e Unificata, all’opera di mediazione svolta negli innumerevoli tavoli tecnici, che hanno consentito di coniugare gli obiettivi di interesse nazionale con le esigenze dell’autonomia, portando le Regioni a concorrere al conseguimento di quegli obiettivi attraverso modelli differenziati [per dare un’idea dell’impegno posso dire che al dicembre 2004 il Dipartimento per gli Affari Regionali aveva effettuato il controllo di legittimità di oltre 1850 leggi regionali, le Conferenze Stato-Regioni e Unificata – all’esito di oltre 70 sedute formali (ciascuna) e di 1510 riunioni tecniche – avevano espresso 387 pareri su schemi di atti normativi e concluso 194 intese e 126 accordi].

Siamo ormai entrati in una nuova fase di “federalismo maturo”, dove al momento della contrapposizione e della rigida distinzione di competenze si può sostituire il momento del dialogo e della mediazione.

Il nuovo modo integrato di fare politica ci sta ponendo davanti ad un modello in cui le diverse competenze diventano “quote di partecipazione” alle politiche settoriali, in vista del raggiungimento di obiettivi convergenti.

Dal punto di vista della distribuzione delle competenze, più che sull’assetto della potestà legislativa disegnato dall’articolo 117 della Costituzione, è divenuto importante riflettere sull’assetto e sulle forme di coordinamento delle funzioni amministrative, che si dovranno ridisegnare in attuazione dell’art. 118.

La più chiara ripartizione di competenze tra i vari livelli di governo, nel rispetto delle loro organizzazioni interne, non potrà che essere basata sul principio di sussidiarietà, dalla cui corretta attuazione dipende la realizzazione di una governance veramente democratica e vicina ai bisogni dei cittadini.

Le nuove e complesse funzioni legislative e di governo impongono risposte adeguate e coerenti sia da parte degli Organi legislativi, che di quelli esecutivi, secondo le rispettive competenze, ma proprio questa complessità impone un salto di qualità nell’impostazione dei rapporti interistituzionali all’interno delle singole regioni e a livello nazionale.

A livello territoriale è sentita l’esigenza di riequilibrare i rapporti Consigli/Giunte: i primi devono perciò accrescere la capacità di collegarsi ai processi decisionali esterni e sviluppare le proprie funzioni di indirizzo e controllo sugli atti esecutivi.

A livello nazionale la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee e dei Consigli e la Conferenza dei Presidenti delle Regioni devono assicurare il costante scambio di informazioni ed il coordinamento delle reciproche iniziative, soprattutto laddove è in gioco la rappresentanza democratica, che – al di là delle maggioranze contingenti – necessita della partecipazione di tutte le componenti politiche.

L’approfondita riflessione sui ruoli imposti alle diverse Istituzioni dalla nuova architettura del sistema di governo a più livelli porterà certamente ad adottare, sia in ambito nazionale che regionale, gli interventi necessari alla migliore armonizzazione e valorizzazione di ciascuno di tali ruoli.

Sono convinto che, proseguendo nel percorso della leale collaborazione, è possibile affrontare le nuove sfide del processo di integrazione europea e della globalizzazione, favorendo al contempo lo sviluppo delle autonomie regionali e locali.

E’ indubbio che in questi anni, per effetto di una serie di riforme operate a livello europeo, nazionale e regionale, alle Regioni sono state attribuite maggiori quote di autonomia e responsabilità per lo svolgimento delle politiche più radicate sul territorio. Data la loro complessità, lo sviluppo di tali politiche necessita di collegamenti tra i diversi livelli territoriali e tra i diversi organi che con la loro azione concorrono a realizzarle, in altre parole, necessita di un metodo di elaborazione negoziata.

Se cresce il ruolo degli Enti locali nella gestione dei servizi, funzione primaria delle Regioni diviene quella di integrare politiche settoriali e politiche gestionali locali in una strategia unitaria.

Di qui la vocazione delle Regioni a divenire, in attesa del compimento del processo di riforma costituzionale, il principale centro di organizzazione di importanti politiche pubbliche: penso alle politiche sociali, ed in particolare a quella sanitaria - per la quale, in sede di Conferenza Stato/Regioni, fu siglato lo storico accordo dell’8 agosto 2001, che le responsabilizzava in ordine alla necessità di contemperare qualità dei servizi e dei livelli essenziali di assistenza con il contenimento della spesa – ma penso anche a quella per l’assistenza sociale, che le responsabilizza in ordine all’impiego delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.

E’ in questo campo che l’autonomia regionale ha potuto sperimentare forme integrate di programmazione socio-sanitaria, coinvolgendo gli enti locali e rapportandosi anche con il “privato”, adottando forme organizzative e modelli diversi, che – ad onta dei timori sollevati nei confronti della proposta di riforma sulla “devoluzione” – hanno generato una positiva competizione tra loro.

Penso, per fare un altro esempio, al progressivo rafforzamento delle Regioni, nonostante le competenze trasversali dello Stato, nelle politiche territoriali relative all’ambiente, alle infrastrutture ed ai lavori pubblici, al governo del territorio, alla protezione civile.

Certo, gli effetti della riforma del Titolo V° della Costituzione e delle successive hanno talvolta creato situazioni conflittuali, soprattutto per lo spostamento verso gli Esecutivi delle competenze relative alla concertazione e alla programmazione negoziata, ma gli importanti orientamenti forniti dalla Corte Costituzionale e l’incremento della prassi delle consultazioni e degli accordi tra Consigli e Giunte, così come tra Stato e Regioni, portano sempre di più a prevenire il sorgere del contenzioso.

Nonostante le problematicità emerse nel corso della passata legislatura, credo si possa dare un giudizio positivo dei progressi compiuti dalle istituzioni regionali in una situazione di così grande cambiamento delle politiche e della forma di governo: Esecutivi e Assemblee hanno fronteggiato questa trasformazione inventando nuove procedure per adeguarsi ai nuovi contenuti.

Da questo sforzo oggi può uscire rafforzata l’unità istituzionale, sulla base della reciproca accettazione dei ruoli di ciascuna istituzione e della comune esigenza di far fronte alle proprie responsabilità in condizioni di reale trasparenza e rappresentanza democratica.

Non vorrei indugiar troppo sull’analisi del percorso svolto, preferendo ascoltare e raccogliere gli autorevoli suggerimenti, che verranno dagli interventi programmati, per quello che ancora ci resta da compiere.

Per concludere, intendo qui esprimere il più vivo apprezzamento per il ruolo che il Comitato per la legislazione della Camera dei Deputati e la Conferenza dei Presidenti dell’Assemblea, dei Consigli regionali e delle Province autonome hanno sempre svolto [ed ecco un altro esempio concreto di stabile cooperazione tra organi di diversi livelli, da cui bisogna prendere spunto!] per lo sviluppo del processo costituzionale e democratico del Paese, favorendo il riordino e la semplificazione della normativa e stimolando il continuo miglioramento della qualità della produzione legislativa, intesa soprattutto come servizio al cittadino.

I recenti gravissimi eventi internazionali, con il vile attentato che ha colpito l’Inghilterra, ci ricordano che - nonostante le battute d’arresto registrate nel processo di ratifica della nuova Costituzione europea - l’Italia deve continuare ad essere esempio di unità e concordia per lavorare alacremente al progetto di un’Europa Unita e pacifica.

A tutti i presenti vanno le mie congratulazioni per il lavoro svolto e soprattutto l’augurio di una sempre più proficua collaborazione.

Vi ringrazio”.