ENRICO DE NICOLA è nato a Napoli il 9
novembre 1877 ed è morto a Torre del Greco (NA) l'1 ottobre 1959
Conseguita la laurea in giurisprudenza nell'Università di Napoli, intraprende
l'attività forense come avvocato penalista, collaborando, nel contempo, con articoli e
saggi, a varie pubblicazioni. Di formazione culturale laica, si muove politicamente
nell'area giolittiana e viene eletto consigliere a Napoli. Entra per la prima volta alla
Camera nel 1909 nella XXIII legislatura come deputato del collegio di Afragola e Napoli, e
viene sempre riconfermato sino alla XXVI legislatura. Dal 27 novembre 1913 al 19 marzo
1914 è sottosegretario al Ministero delle Colonie del gabinetto Giolitti; successivamente
è chiamato da Vittorio Emanuele Orlando il 19 gennaio 1919 - al sottosegretariato del
Tesoro ed in tale qualifica presiede la commissione per la riforma dell'amministrazione
dello Stato. Dopo aver presieduto la Giunta delle elezioni, il 26 giugno 1920 è eletto
presidente della Camera, incarico che gli viene riconfermato all'inizio della XXVI
legislatura con 348 voti su 479 c che conserva dal giugno del 1921 al dicembre 1923.
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Come presidente della Camera è il moderatore del «patto di pacificazione» tra fascisti
e socialisti che, nelle intenzioni dei parlamentari dei due partiti, avrebbe dovuto porre
fine agli scontri di piazza; il patto, firmato il 3 agosto 1921, non impedì di fatto il
propagarsi della violenza.
Dopo la marcia su Roma accetta inizialmente di presentarsi nel «listone» nazionale
insieme con i candidati fascisti (1924), ma in seguito si allontana sempre più dal
fascismo e, divenuto senatore nel 1929, non partecipa alle sedute del Senato, ma si ritira
dalla vita pubblica per dedicarsi alla professione.
Torna alla politica nel 1944 ed è uno degli artefici della luogotenenza affidata al
principe Umberto come soluzione provvisoria della questione istituzionale. Dopo il
referendum è eletto (28 giugno 1946) capo provvisorio dello Stato e, con l'entrata in
vigore della Costituzione, diventa primo presidente della Repubblica italiana, non
accettando il rinnovo allo scadere del mandato (il 1° maggio 1948). Presidente del Senato
(1952-1953) si dimette per non avallare la legge sul premio maggioritario elettorale. Il 3
dicembre 1955 è nominato giudice costituzionale ed è presidente della Corte dal gennaio
1956 al marzo 1957.