ALFREDO ROCCO è nato a Napoli il 9 settembre 1875 ed è morto a Roma il 28 agosto
1935.
Libero docente di diritto commerciale nell'Università di Parma nel
1899, prima straordinario e poi ordinario della stessa materia nell'Università di Urbino
dal 1899 al 1902 e successivamente nell'Università di Macerata sino al 1905. Nel 1907
diviene ordinario di procedura civile nell'Università di Parma e l'anno successivo in
quella di Palermo: dal 1910 al 1925 è ordinario di diritto commerciale nell'Università
di Padova ed in seguito ordinario di legislazione economica e del lavoro nell'Università
di Roma di cui diventa rettore dal 1932 al 1935. La prima manifestazione significativa del
suo pensiero politico si ha a Bologna nel 1907 quando presenta al terzo congresso
nazionale del partito radicale una mozione per trasformare quel movimento in
un'organizzazione politica delle classi medie. Nel 1913 in un articolo su La Tribuna auspica
che il partito liberale si rinnovi in senso più marcatamente nazionale e nel dicembre
dello stesso anno diventa presidente del gruppo nazionalista di Padova.
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Nel dopoguerra guarda con interesse al nuovo fenomeno fascista ed è uno dei primi
nazionalisti a cogliere nel movimento delle camicie nere la possibilità di restaurare e
riorganizzare lo Stato nel senso voluto. Nel 1921 è eletto deputato a Roma nella lista
dei blocchi nazionali e dopo la marcia su Roma è nominato prima sottosegretario al
ministero del Tesoro e, dopo il 31 dicembre 1922, al ministero delle Finanze, sino al
marzo 1929. Dal marzo al settembre dello stesso anno è sottosegretario per l'assistenza
militare e le Pensioni di guerra. Riconfermato deputato alla XXVII legislatura è eletto,
il 27 maggio 1924, presidente della Camera e resta in carica sino al 5 gennaio 1925,
quando diventa ministro di Grazia e Giustizia. Da questo momento sino al 1932, quando
lascia il dicastero, la sua attività si concretizza in una serie di leggi e di
provvedimenti che segnano da un lato la fine dello Stato liberale e dall'altro la
formazione del regime fascista: dalle leggi fondamentali sulle prerogative del capo del
governo alla facoltà per l'esecutivo di emanare norme giuridiche, dalla disciplina
giuridica dei rapporti collettivi di lavoro alla riforma generale dei codici. Quando nel
1934 è nominato senatore si può dire che la sua opera sia ormai conclusa.