GIUSEPPE BIANCHERI è nato a
Ventimiglia (IM) il 2 dicembre 1821 ed e morto a Torino il 28 ottobre 1908.
Dopo aver frequentato a Monaco una scuola di indirizzo
pratico-commerciale, si iscrive all'Università di Torino e si laurea in giurisprudenza
nel 1846. Nel 1853 è eletto deputato dal collegio di Sanremo, nel Parlamento subalpino
siede a sinistra e si schiera contro il trattato di alleanza con la Francia e
l'Inghilterra in vista della guerra di Crimea.
Nelle successive legislature (la sua è una delle pił lunghe carriere parlamentari che
s'interrompe solo con la morte) attenua l'iniziale intransigenza antigovernativa ed il suo
voto, in occasione del dibattito della cessione di Nizza e Savoia alla Francia, teso solo
ad evidenziare gli aspetti tecnici del problema, segna una sostanziale adesione all'azione
politica del Cavour.
Nel 1864 ha occasione, come componente della commissione d'inchiesta sulle ferrovie
meridionali, di far emergere le sue indubbie doti di mediatore che gli consentono, negli
anni seguenti, di far parte delle pił importanti commissioni parlamentari.
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Dopo essere stato nel II ministero Ricasoli ministro della Marina dal febbraio all'aprile
1867, il 12 marzo 1870 viene eletto in ballottaggio alla presidenza della Camera superando
per 27 voti Cairoli, candidato della Sinistra, e resta in carica ininterrottamente, sempre
riconfermato, per tre legislature sino al 21 novembre 1876, quando cade il mandato a
Crispi. Nel marzo dello stesso anno in occasione della caduta della Destra aveva
conseguito un notevole successo personale vedendo respingere dall'Assemblea le sue
dimissioni. Sino al 1884 è semplice deputato e porta al Parlamento le istanze dei collegi
liguri che, successivamente, in quegli anni rappresenta. Il 7 aprile 1884 viene rieletto
alla presidenza della Camera e resta in carica senza interruzioni sino al 1892 quando
viene sostituito da Zanardelli, ma è di nuovo presidente dal 22 febbraio 1894 al 12
gennaio 1895 ed ancora rieletto il 26 gennaio 1898. Candidato ormai non di un partito ma
esponente di tutti i gruppi parlamentari diviene nel lessico della politica «il
Presidente» per antonomasia e tale si mostra appunto nel corso del 1898, fiero difensore
delle prerogative parlamentari in occasione delle misure restrittive adottate dal governo
presieduto dal Di Rudinģ dopo i tumulti del maggio dello stesso anno. Ancora alla
Presidenza della Camera per brevi periodi (dal marzo 1902 all'ottobre 1904 e dal marzo
1906 al febbraio 1907) si spegne a Torino il 28 ottobre 1908.