VITTORIO EMANUELE ORLANDO è nato a Palermo il
19 maggio 1860 ed è morto a Roma l'1 dicembre 1952.
Laureatosi giovanissimo, nel 1882 è già libero docente di diritto
costituzionale all'Università di Palermo, nel 1885 è all'Università di Modena come
straordinario della stessa materia, di cui diviene ordinario l'anno successivo a Messina.
E' di nuovo all'Università di Palermo dal 1888 al 1900 alla cattedra di diritto
amministrativo e nel 1901 all'Università di Roma dove insegna diritto pubblico interno
sino al 1921 e poi diritto costituzionale sino a quando, nel 1931, lascia definitivamente
l'insegnamento per non prestare il giuramento di fedeltà al regime fascista.
E' ritenuto il fondatore della moderna scuola giuridica italiana di diritto pubblico, tra
le sue numerose pubblicazioni si devono ricordare almeno i Principi di diritto
costituzionale (1889) e i Principi di diritto amministrativo (1890).
Nel 1897 è eletto deputato (XX legislatura) per il collegio di Partinico e, riconfermato
dai suoi elettori, resta alla Camera sino all'agosto del 1925, quando rassegna le
dimissioni. Politicamente vicino a Zanardelli e Giolitti è, dapprima, ministro della
Pubblica Istruzione nel secondo governo Giolitti (1903-1905) e, poi, ministro di Grazia e
Giustizia nel terzo governo Giolitti (1907-1909).
Si discosta dalle posizioni neutraliste giolittiane schierandosi decisamente a favore
dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale ed è nuovamente responsabile della
Giustizia nel secondo gabinetto Salandra (1914-1916); dal 1916 al 1917 regge il dicastero
dell'Interno nel governo Boselli. Subito dopo la tragica giornata di Caporetto è nominato
presidente del Consiglio (29 ottobre 1917), suo è il merito di aver saputo sollevare lo
spirito del Paese e di averlo condotto alla vittoria finale e verrà appunto ricordato
come il presidente della vittoria.
Alla guida della nostra delegazione alla conferenza della pace sostiene le rivendicazioni
italiane sulla
Dalmazia e su Fiume e di fronte alla netta
opposizione del presidente americano Wilson abbandona il tavolo delle trattative e torna
in Italia dove è costretto a dimettersi dal voto di sfiducia del giugno 1919. Eletto
presidente della Camera il 2 dicembre 1919 resta in carica sino al 26 giugno 1920. Dopo
una fase iniziale di adesione al fascismo (avalla con il suo prestigio giuridico la legge
elettorale Acerbo e viene eletto nel «listone» della XXVII legislatura) se ne
allontanerà, come si è visto sempre pił sino alla decisa rottura del 1931. Torna alla
vita politica, ormai anziano, come deputato alla Costituente e dal 1948 come senatore di
diritto.