Umberto Terracini è nato a Genova
il 27 luglio 1895 ed è morto a Roma il 6 dicembre 1983.
Nel 1899, dopo la morte del padre, la famiglia si trasferisce a Torino, località
di origine, dove egli compie i suoi studi e matura i suoi convincimento politici; sono
suoi compagni di liceo Antonio Gramsci ed Angelo Tasca, che esercitano su di lui una
grande influenza e ne determinano l'iscrizione, a sedici anni, alla Federazione Giovanile
Socialista, di cui diviene, molto presto, segretario provinciale; al 1914 risale la sua
collaborazione al foglio politico giovanile Avanguardia. Non aderisce alla formula
socialista del «non aderire né sabotare», e per la sua attività di propaganda contro
la guerra viene processato e condannato nel 1916 dal tribunale di Vercelli a 4 mesi di
reclusione; chiamato alle armi, è inviato, come soldato semplice, dal 1917 alla fine del
conflitto, al fronte, in zona di operazione. Congedato nel 1919, torna a Torino e riprende
l'attività politica, riuscendo nello stesso tempo a conseguire la laurea in
giurisprudenza. Dall'ambiente dei giovani socialisti torinesi nasce l'iniziativa di dar
vita ad un organo di stampa che definisca ideologicamente le nuove esperienze proletarie:
nasce così l'Ordine Nuovo di cui Terracini è uno dei fondatori assieme a Gramsci
e Togliatti. Segretario della sezione socialista di Torino, è il dirigente responsabile
dei grandi scioperi e delle agitazioni del periodo, cura la redazione del settimanale
socialista torinese Falce e Martello; nel 1920 diviene membro della direzione
nazionale del Partito Socialista e attorno a lui si organizza l'ala sinistra. Nel
Congresso di Livorno (1921) è relatore della piattaforma programmatica della frazione
comunista che, scindendosi dai socialisti, dà vita al PCI; membro dell'esecutivo del
nuovo partito è, nel luglio dello stesso anno, a Mosca per prendere parte ai lavori del
congresso dell'Internazionale Comunista.
Nel luglio del 1925 è arrestato a Milano e resta in carcere sei mesi; nel 1926 diventa
direttore dell'Unità ma nell'agosto è nuovamente arrestato e condannato dal tribunale
speciale a 23 anni di reclusione per complotto
contro lo Stato. Resta in carcere fino al luglio del 1937 per passare poi al confino di
polizia, prima a Ponza e poi a Ventotene. Riacquista la libertà al crollo del fascismo;
passa in Svizzera dopo l'armistizio per rientrare in Italia nel 1944 a svolgere la
funzione di segretario generale della repubblica partigiana dell'Ossola. Riparato
nuovamente in Svizzera, rientra definitivamente in Italia solo al termine del conflitto.
Deputato della Costituente, è presidente dell'Assemblea dall'8 febbraio 1947 al 18 aprile
1848.
Nella I legislatura repubblicana è senatore di diritto e siede ininterrottamente in
Senato sino alla morte, pur essendo stato più volte, in varie legislature, eletto anche
deputato alla Camera; dal 1958 al 1972 è anche Presidente del gruppo parlamentare
comunista del Senato. Si spegne a Roma il 6 dicembre 1983.