situazione giudiziaria di Pamuk e l'annullamento del convegno richiamato in premessa;
poter svolgere questo ruolo fin quando la democrazia non avrà fatto progressi -:
come riportato da numerosi quotidiani, in seguito ai deludenti esiti della riunione dei ministri dell'agricoltura e della pesca europea, i pescatori di Veneto, Emilia-Romagna e Marche, riuniti in assemblea, hanno dichiarato uno stato di agitazione promettendo misure di protesta eclatanti qualora il Governo non risponda efficacemente alle richieste del settore;
un aspetto critico contingente per il settore della pesca nell'Adriatico, che sta già vivendo da anni una profonda crisi legata alla diminuzione dello stock ittico, è quello dell'aumento del costo del gasolio che sta azzerando i guadagni delle imprese ittiche italiane, nonostante gli esiti positivi del fermo biologico;
lo stesso fermo biologico di un mese, indispensabile per rigenerare lo stock del pesce, appare tuttavia insufficiente e sembrano ormai necessari periodi più lunghi di pausa;
l'insieme combinato di questi fattori «strutturali» e congiunturali appare come una vera e propria calamità per il settore;
per questo i pescatori chiedono, tra l'altro, di mettere a punto un sistema in cui i fermi alla pesca, compatibilmente con i cicli biologici della fauna marina, si combinino con i picchi di prezzo del gasolio;
inderogabile sembra inoltre l'adeguamento dell'iva per la pesca che dev'essere pari a quella del settore agricolo;
alcune associazioni di consumatori hanno dichiarato la loro convergenza con le richieste dei pescatori -:
quali iniziative intenda prendere per scongiurare lo stato di grave crisi in cui versa la pesca nell'Adriatico;
quali siano le misure che il Governo intende prendere per reintegrare gli stock ittici;
se non si reputi, infine, necessario dichiarare lo stato di crisi della pesca in Emilia-Romagna, Marche e Veneto.
(4-17038)
lo scrittore turco Orhan Pamuk rischia fino a tre anni di reclusione, in base all'articolo 301/1 del codice penale turco, per aver sostenuto, in una intervista al quotidiano svizzero Tages Anzeiger, che l'impero ottomano ha sterminato un milione di armeni e trentamila curdi;
il tribunale amministrativo turco ha bloccato, il 22 settembre 2005, una conferenza sulle responsabilità dell'impero ottomano nel genocidio degli armeni a causa della loro posizione filo-russa nella prima guerra mondiale;
il prossimo 3 ottobre l'Unione europea incontrerà ufficialmente la Turchia per l'avvio dei negoziati al fine dell'adesione di questo paese all'Unione;
il primo ministro turco Erdogan ha criticato la decisione del tribunale ma il ministro della giustizia Cicek, nel maggio scorso, aveva definito «traditori» i turchi che avrebbero dovuto prendere parte al convegno;
nonostante ciò, la posizione ufficiale di Ankara rimane negazionista rispetto alle responsabilità dell'impero ottomano nel genocidio del popolo armeno -:
se il ministro e il Governo siano a conoscenza dei fatti suddetti;
se il ministro intenda protestare ufficialmente presso il governo turco per la
se il Governo non ritenga che il governo di Ankara debba assicurare piene e radicali riforme al fine di instaurare nel paese un livello di libertà di opinione assimilabile a quello dei paesi membri dell'Unione;
se il Governo, inoltre, non ritenga necessario che le autorità di Ankara si impegnino a riconoscere le responsabilità turche e ottomane nello sterminio degli armeni e dei curdi e ad avviare un serio negoziato al fine di riconoscere pienamente i diritti delle minoranze etniche nel loro paese.
(4-17040)
così come si evince dall'articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa del 19 settembre 2005 durante la festa nazionale in Slovenia denominata «Giornata della riannessione alla madrepatria della Primorska» (il litorale sloveno), di fronte ad un pubblico di duemila persone, il premier sloveno Janez Jansa avrebbe affermato: «Se dopo la seconda guerra mondiale il regime jugoslavo non avesse trascinato il Paese al di la della cortina di ferro, avremmo potuto contare anche su Trieste, Gorizia e la Slavia veneta»;
nello stesso articolo il Presidente dell'Unione degli istriani, il Signor Massimiliano Lacota, avrebbe così risposto alla provocazione: «...sbalordito da un atteggiamento nazionalista, ancora così forte, che dimostra purtroppo come la Slovenia non abbia ancora raggiunto un livello politico e culturale sufficiente, credibile ed adeguato agli standard europei»; ed ancora:
da quanto si evince dall'articolo citato, pare che alcuni esponenti della minoranza italiana in Slovenia non avrebbero preso parte alla manifestazione, denominata «Giornata della riannessione alla madrepatria della Primorska», in segno di protesta -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di propria competenza intenda adottare affinché la Slovenia si inserisca appieno nello spirito comunitario di solidarietà e riesca a superare tensioni storiche che non sono utili alla piena integrazione comunitaria.
(4-17047)
il 27 settembre 2005 la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito che si oppone al regime comunista del Myanmar, ha compiuto il 17o anno di vita;
per questa occasione, il partito guidato dal premio Nobel per la pace (più volte arrestata e incarcerata dal regime birmano) Aung San Suu Kyi ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale ad intervenire sulle violazioni ai diritti umani che avvengono nel Myanmar: «Essendo membro delle Nazioni Unite, il Myanmar ha l'obbligo di seguire le raccomandazioni dell'Assemblea generale, delle sue agenzie e del segretario generale»;
il problema è che finora il regime birmano è sempre stato sordo a qualunque tipo di richiamo, dalle risoluzioni della Commissione per i diritti umani dell'ONU ai documenti emanati dal Parlamento europeo, fino alle numerose interrogazioni presentate e approvate nel Parlamento italiano;
la situazione dei diritti umani nel Myanmar sta assumendo contorni drammatici: secondo l'ultimo rapporto di Amnesty International ogni giorno sono chiusi in carcere mediamente 1.100 prigionieri politici;
perfino i Paesi dell'Asean si sono ribellati al regime birmano costringendolo, con un forte atto politico, a rinunciare al turno 2006 di presidenza dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico e a non
a che punto sia il dialogo sui diritti umani tra il Myanmar da una parte, l'Unione europea e l'Italia dall'altra;
quali iniziative intenda adottare, in sede di Onu e Unione europea, per un'azione politica presso il Myanmar più forte e coesa di quanto avvenuto finora.
(4-17051)