Allegato B
Seduta n. 642 del 21/6/2005


Pag. 20143


...

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

DELMASTRO DELLE VEDOVE - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
appare francamente difficile comprendere quale sia la reale situazione in cui versa l'Iraq dopo oltre due anni dalla «vittoria» delle truppe anglo-americane in Iraq con il rovesciamento del regime del Presidente Saddam Hussein;
il Segretario di Stato americano signora Condoleeza Rice ha affermato (confronta agenzia Ansa del 19 giugno 2005 alle ore 19,49) che le unità irachene «stanno migliorando» la capacità di affrontare gli insorti, anche se, per il vero, la stessa agenzia di stampa sottolinea come il peso delle due massicce operazioni in corso, denominate Spear (Lancia), al confine con la Siria, e Dagger (Pugnale), nel «triangolo della morte» sunnita, gravi pressoché esclusivamente sugli statunitensi;
in contrapposizione a quanto dichiarato da Condoleeza Rice, la citata agenzia ricorda che «i generali che comandano le truppe sul campo riferiscono che i pericoli sono aumentati rispetto allo scorso anno, mentre l'intelligence sostiene che i ribelli, e soprattutto i terroristi di Al Qaeda, ricevono sempre più rinforzi dall'estero, specie attraverso il lungo e poroso confine siriano»;
è decisamente opportuno sapere come stiano effettivamente le cose, anche al fine di comprendere quando, in concreto,


Pag. 20144

possa essere calendarizzata la fine del nostro impegno militare in terra irachena -:
se, per quanto consti al ministro interrogato, possano essere ritenute conciliabili le dichiarazioni rese dal Segretario di Stato degli USA signora Condoleeza Rice con le coeve e contrapposte dichiarazioni rese dai comandanti militari operanti in Iraq;
quale sia, in generale, la situazione in cui versa il territorio iracheno e quali possano essere i tempi calendarizzabili per la fine del nostro impegno in quella martoriata Nazione.
(3-04775)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la dichiarazione del Ministro della Difesa, onorevole Martino, rilasciata in data 20 giugno 2005 e pubblicata dalla stampa quotidiana in data 21 giugno 2005, secondo cui l'impegno militare dell'Italia in Afghanistan potrebbe prolungarsi addirittura per un decennio, ha destato preoccupazione e comunque sconcerto;
il Ministro della Difesa ha giustificato tale impegnativa dichiarazione con la necessita di ricostruire il Paese, mentre si ha la sensazione netta che i nostri 1.200 soldati siano costretti e rimanere in terra afghana in quanto non solo siamo ben distanti dal dichiarato obiettivo della pacificazione del Paese, ma, al contrario, proprio negli ultimi mesi abbiamo dovuto assistere ad un netto peggioramento della situazione complessiva della sicurezza, con un governo ad avviso dell'interrogante che riesce a malapena ad esercitare i suoi poteri sulla capitale, con i «signori della guerra» sempre più forti ed arroganti e con la produzione di oppio che ha raggiunto livelli fino a poco tempo fa inimmaginabili;
appare dunque difficile immaginare che un popolo ed un governo serio che lo rappresenti accettino di essere così avviliti da dover subire una occupazione militare per un quindicennio, per di più di Paesi che, se pure amici, sono di religione, di cultura e di tradizioni diverse, e spesso non facilmente compatibili;
l'impegno militare dei nostro Paese nelle operazioni di peace keeping è certamente molto importante ma certamente diverso è un impegno che assuma le caratteristiche della occupazione militare, in quanto tale destinata inevitabilmente a provocare forti reazioni nazionalistiche accentuando i pericoli per l'incolumità del nostro contingente -:
se l'ipotesi di una ulteriore permanenza per un decennio del nostro contingente militare in Afghanistan non sia per caso dettata, più che dalla necessità di favorire la ricostruzione del Paese, dalla disastrosa situazione che vede l'autorità del Presidente Karzai esercita soltanto nell'area della capitale Kabul;
se non ritenga che una presenza così prolungata di truppe straniere possa generare una forte reazione di tipo nazionalistico minando la stessa autorevolezza del Presidente Karzai e dunque peggiorando ulteriormente una situazione che, già oggi, appare fortemente compromessa.
(5-04471)