Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 598 dell'8/3/2005
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Seguito della discussione del progetto di legge: S. 1432-1533-2493-2645-2663-3009 - Senatori Manzione ed altri; Nieddu ed altri; d'iniziativa del Governo; senatori Pascarella ed altri; Florino ed altri; Pessina: Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare (Approvati, in un testo unificato, dal Senato) (5433) e delle abbinate proposte di legge: Spini; Carboni; Carboni; Lavagnini; Minniti ed altri; Pisa ed altri; Perrotta (258-527-534-576-2807-2866-5443) (ore 16,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del progetto di legge, già approvato, in un testo unificato, dal Senato, d'iniziativa dei senatori Manzione ed altri; Nieddu ed altri; d'iniziativa del Governo; senatori Pascarella ed altri; Florino ed altri; Pessina: Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Spini; Carboni; Carboni; Lavagnini; Minniti ed altri; Pisa ed altri; Perrotta.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali.


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(Esame di una questione pregiudiziale - A.C. 5433)

PRESIDENTE. Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità Finocchiaro ed altri n. 1 (vedi l'allegato A - A.C. 5433 sezione 1).
A norma del comma 3 dell'articolo 40 del regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
L'onorevole Finocchiaro ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, tra le molte e serie perplessità che abbiamo nutrito nei confronti di questo testo, due profili sono emersi con forza nel corso della discussione in Commissione e, ieri, durante la discussione sulle linee generali. Mi ha colpito la sintonia tra i molti interventi dei colleghi dell'opposizione e qualche intervento di un collega della maggioranza, notissimo giurista, ossia l'onorevole Taormina.
I rilievi sono stati incentrati sull'interruzione di un processo riformatore, ma direi di attuazione della intenzione del Costituente che, con grande diffidenza, guardava alle giurisdizioni speciali e con grande precisione formulò l'ultimo comma dell'articolo 103 della Costituzione. I rilievi più interessanti e più pertinenti al testo si sono incentrati nel corso della discussione sulle linee generali ed oggi, con la nostra questione pregiudiziale di costituzionalità, sui profili di costituzionalità di questo provvedimento, che, certamente, ha ragioni politiche, onorevoli colleghi; le comprendiamo bene per quello che ci è ha dato intravedere, perché molto è il non detto e poco è l'esplicito. Si tratta di ragioni che tendono a costituire un campo di attività per la magistratura militare cui - lo ripeto -, così come le altre giurisdizioni speciali, guardava, con diffidenza, il nostro Costituente, tanto che avevamo inteso che il cammino che sinora era stata fatto era tutto verso la prospettiva di una giurisdizione unitaria che vedesse la magistratura militare come una delle specializzazioni dei giudici.
Ciò che nella discussione non è emerso con grande chiarezza nelle file della maggioranza e che, quindi, a nostro avviso, segna negativamente questo progetto di legge è che lo stesso di fatto ritiene, da una parte, di dover calare l'impianto del nostro codice penale ordinario dentro il codice militare di pace, e, dall'altra, di allargare l'ambito della giurisdizione penale, che pure, anche in virtù di recentissime sentenze, nonché dell'entrata in vigore del codice di procedura penale, si era attestata in una competenza assolutamente di margine: per dirla con i Costituenti, per i reati militari commessi dagli appartenenti alle Forze armate.
Onorevoli colleghi, forse voi ritenete questa un'operazione di ingegneria ordinamentale, riferendovi esclusivamente agli ordinamenti penali. Invece, tale operazione ha molto a che fare con il suo impatto costituzionale. Vi invito ad esaminare con attenzione l'articolo 103; mi pare che la convinzione che vi ha sostenuto è che si sta ragionando su un terreno non limitato dalle previsioni costituzionali. In qualche modo, state agendo sulla base di una presunzione di extraterritorialità dell'impianto del codice penale militare e della stessa giurisdizione militare rispetto all'ambito della Costituzione. Colleghi, non è così. Non è l'articolo 103 esclusivamente ciò a cui dovete guardare e che pure è violato da questo testo, come vi ha spiegato ieri l'onorevole Taormina. Ciò a cui dovete guardare è il principio chiave nel nostro ordinamento che regola e determina l'ambito di operatività di ogni norma sostanziale, di carattere penale, civilistico ed amministrativo, ossia il principio di uguaglianza.
Con questa impostazione, continuate a violare l'articolo 3 e stabilite una assolutamente irragionevole disparità di trattamento tra soggetti militari, nel momento


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in cui sono considerati reati militari i fatti che nulla hanno a che vedere con la necessità di una qualifica di reato militare, trattandosi ovviamente di reati comuni, e ancora di più nel momento in cui attraete dentro l'orbita della giurisdizione penale e sottoponete, quindi, alla giurisdizione dei tribunali militari i civili.
Non so se vi rendiate conto del fatto che tale operazione, compiuta appunto per accrescere il peso della magistratura militare - e, aggiungerei, nelle forme con le quali voi la proponete, per giustificarne l'esistenza -, in realtà ha certamente ragioni politiche ma viola l'articolo 3 della Costituzione sotto il profilo dell'irragionevolezza. Si tratta di un articolo che, cari colleghi, se trova applicazione nella vita ordinaria per i civili, ha ragioni assai più fondate di essere invocato quando si tratti di reati militari. Ciò, non soltanto per la ragione molto semplice che con la condanna per la commissione di un reato militare si determina una discriminazione rispetto a quanti vengono condannati dinanzi ad un tribunale ordinario per il medesimo reato, in termini si afflittività ovviamente; il motivo risiede anche nel fatto che non sussiste possibilità alcuna di sottrarsi ad una lettura dell'ordinamento militare ormai avallata dalla giurisprudenza costante della Corte costituzionale. Ciò avrebbe dovuto indurre il Parlamento a proseguire su questa strada anziché, per così dire, tornare tanto indietro come state facendo voi.
È ovvio, infatti, che per chi sia inserito all'interno di un organismo militare - il cittadino militare, come lo definisce la Consulta - sia tanto più necessaria la vigilanza sull'applicazione dell'articolo 3 della Carta quanto più sono essenziali, appunto per qualificare pienamente la cittadinanza del cittadino militare, garanzie e tutele. Voi, non solo siete assolutamente dimentichi di questo versante della riflessione; fate di più, come ricordavano gli onorevoli Bonito, Ruzzante e Taormina intervenuti ieri. Sottoponete il cittadino che entra in relazione con il militare alla giurisdizione militare, gli imputate la commissione di un reato militare e lo sottoponete ad un processo condotto nelle aule dei tribunali militari. Tutto ciò, colleghi, avrà pure ragioni politiche ma, sotto il profilo della legittimità costituzionale, specificamente con riferimento ai principi contenuti nell'articolo 3 della nostra Carta, è assolutamente irragionevole. Perché, dunque, volete che anche questa vicenda finisca dinanzi alla Consulta? Quale interesse vi muove? Qual è il difetto, la miopia, lo strabismo con il quale state guardando a questa riforma?
Tali sono le ragioni per le quali abbiamo presentato una questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità e confidiamo, onorevoli colleghi, vi sia la possibilità di una riflessione sul tema.
È difficile presentarsi come campioni di ogni libertà quando, poi, nel momento in cui occorra effettuare scelte come questa, si sacrifica l'esame della materia ad un interesse che politicamente posso comprendere ma che non condivido: mantenere un significato, sia pure residuale, sia pure marginale, per la presenza, nel nostro sistema, della magistratura militare in un momento in cui le Forze armate hanno acquisito l'attuale rilevanza e l'impegno dell'Italia sul versante della pace dovrebbe essere così netto in attuazione dell'articolo 11 della Costituzione. Ma, colleghi, queste ragioni politiche si scontrano con il dato costituzionale; non resta che chiarire tutta la verità, colleghi: anche queste disposizioni, una per una, vanno sottoposte al vaglio del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della nostra Costituzione.
È inammissibile la previsione di un concerto tra il ministro della difesa e quello della giustizia...

PRESIDENTE. Onorevole...

ANNA FINOCCHIARO. Termino, signor Presidente.
Colleghi, nel 1988, circa 20 anni fa, questo Parlamento salutò con favore l'istituzione del Consiglio superiore della magistratura militare; ebbene, voi, oggi, reintroducete il concerto tra il ministro della difesa ed il ministro della giustizia contro ogni previsione costituzionale? Scusate la


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veemenza ma ritengo possano essere utili queste osservazioni, che riprendono tanta parte della discussione già svoltasi in Assemblea durante queste settimane.
Non abbiamo alcuna intenzione di deflettere dalle nostre idee ma siamo pronti ad una collaborazione per ricondurre il testo alla piena coerenza costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, rivolgo un saluto alla delegazione degli amministratori e dei consiglieri comunali - che stanno seguendo i nostri lavori dalla tribuna - del comune di Sansepolcro, in provincia di Arezzo (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, l'onorevole Taormina, professore di procedura penale, parlando a titolo personale, nel corso della seduta di ieri, ha concluso con questa valutazione il suo intervento sul provvedimento in ordine al quale si sta discutendo la questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità, presentata dall'onorevole Finocchiaro, che sostengo a nome del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo: «stiamo discutendo di un provvedimento non soltanto incostituzionale, ma anche aberrante e davvero antistorico».
Non credo che riuscirò a sviluppare, in termini adeguati ed in pochi minuti, tale giudizio, che fa riferimento ad una pluralità di norme costituzionali, investite dalle disposizioni che stiamo esaminando. Mi riferisco, infatti, non solo all'articolo 3 della Costituzione, testè ricordato dall'onorevole Finocchiaro, ma anche all'articolo 25, nel quale si parla del principio di legalità delle pene e del giudice naturale. Mi riferisco, inoltre, agli articoli 78 e 87 della Costituzione, che definiscono cosa debba intendersi per «stato di guerra», nonché agli articoli 102 e 103, sulla giurisdizione, ed infine agli articoli 110 e 111, che riguardano i poteri del ministro della giustizia e le impugnazioni delle sentenze emesse dagli organi giurisdizionali.
Vorrei formulare, tuttavia, soltanto un paio di osservazioni, che ritengo importanti. Il disegno che il legislatore costituente ha tracciato nell'articolo 102 voleva privilegiare l'unitarietà della giurisdizione, considerando eccezionali le giurisdizioni speciali. Vorrei ricordare che l'articolo 103 della Costituzione considera il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, e traccia successivamente una sorta di perimetro della giurisdizione militare.
Se riflettiamo sul progetto di legge in esame, tuttavia, possiamo osservare che tale perimetro viene allargato a dismisura. Come è stato già affermato, nel corso della discussione svolta in Assemblea, questa giustizia si riferisce a 140 mila addetti; 104 sono i giudici e circa 40 sono i provvedimenti annui: le dimensioni della pretura di Moncalieri, ha sottolineato qualcuno presso l'altro ramo del Parlamento!
Siamo certi, allora, che, attraverso un provvedimento di questo tipo, non si incida contemporaneamente sulla nozione di «tempo di guerra» e sull'ampiezza della giurisdizione militare in tempo di pace? Infatti, soprattutto nell'originario articolo 4 del provvedimento, soppresso nel corso dell'esame presso le Commissioni ma è stato annunciato che verrà reintrodotto in sede di Assemblea), il «tempo di guerra» viene allargato in misura enorme. Si tratta della definizione data non soltanto dall'articolo 78 della Costituzione, ma da ciò che si ricava dalla formulazione estremamente contorta, contenuta nell'articolo 9 della legge n. 6 del 2002: infatti, «Sino all'entrata in vigore della nuova legge organica sulla materia penale, sono soggetti alla legge penale militare di guerra, ancorché in tempo di pace, i corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate, dal momento in cui si inizia il passaggio del confine dello Stato» eccetera .....
In questo caso, stiamo ancorando la giurisdizione ad una serie di fattori estremamente discutibili e non certi. Vorrei evidenziare che stiamo praticamente allargando la nozione di «tempo di guerra», la quale, come ha notato sempre l'onorevole Taormina, si estende non soltanto ai conflitti armati internazionali, ma anche «ai


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conflitti interni tra Forze armate e gruppi armati organizzati o tra di loro» (articolo 4, lettera i), punti 1 e 2). In tal caso, la discrezionalità è enorme, e qui si gioca la giurisdizione; pertanto, è elevatissimo il rischio di dare una nozione di «tempo di guerra» totalmente innovativa rispetto al quella contenuta nella Costituzione.
Per quanto concerne il tempo di pace, inoltre, vorrei evidenziare che l'articolo 103 della Costituzione afferma, con chiarezza, che i tribunali militari hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate. L'intera struttura normativa che abbiamo di fronte, invece, tende sostanzialmente ad allargare sia la categoria dei reati militari, sia quella degli appartenenti alle Forze armate.
Vorrei rilevare che, sostanzialmente, non abbiamo più la nozione ontologica di reato militare, che anche la Corte costituzionale ha affermato essere importante quando, nella sua sentenza n. 213 del 1984, ha precisato che le fattispecie criminose sottese al reato militare debbano comunque avere una relazione con interessi militari.
In questo caso, invece, siamo in presenza di un'estensione enorme di tale categoria. Basterebbe citare numerosi casi, previsti dall'articolo 3 del provvedimento in esame, nel quale si parla di rivedere la nozione di militari in servizio alle armi, di luogo militare e di applicabilità della legge penale ai militari stranieri. In tale articolo si prevede, altresì, una serie di categorie estensive, concernenti reati comuni che diventano reati militari, nonché l'estensione dei reati di disobbedienza individuale e collettiva, fino a considerare reato militare, come ha già segnalato l'onorevole Molinari, la raccolta o la partecipazione, in forma pubblica, a sottoscrizioni per rimostranze o proteste in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina.
Signor Presidente, credo che si sia in presenza di uno stravolgimento grave dei principi costituzionali, nel momento in cui si àncora la giurisdizione militare in tempo di pace, non più ad una categoria disgiunta, ma moltiplicando le fattispecie dei reati militari sino a comprendere in esse tutti i reati commessi dagli appartenenti alle Forze armate. Da tale punto di vista, il principio di legalità delle pene e del giudice naturale precostituito per legge ne escono completamente stravolti (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Taormina. Ne ha facoltà.

CARLO TAORMINA. Signor Presidente, credo che molte delle osservazioni svolte dai presentatori della questione pregiudiziale abbiano un sicuro fondamento, ma che non riguardino il problema che in questo momento ci interessa, ossia la possibilità di stabilire un'incompatibilità tra la normativa di cui ci stiamo interessando e le norme di carattere costituzionale.
Per quanto riguarda gli aspetti contenuti nel primo punto della questione pregiudiziale, credo sia ovvio prendere atto che tutte le fattispecie indicate in tale parte hanno - tutte e sempre - un elemento di specificità sufficiente a determinare la demarcazione tra la giurisdizione ordinaria e quella speciale. Ciò sia per quanto riguarda i militari stranieri, sia per quanto concerne gli estranei alle Forze armate, perché si fa riferimento - sia pure in maniera molto ampia - ad operazioni militari alle quali debbono essere collegate le attività di vigilanza e di custodia. Anche la specificazione ulteriormente presa in considerazione della questione sottoposta, ossia il riferimento al traffico di sostanze stupefacenti, per come è formulata la disposizione, che prescinde, ancora una volta, dalla possibilità di condividere il merito delle previsioni di cui al provvedimento che stiamo esaminando ed anche con riferimento a questo settore che certamente è il più eccentrico rispetto alle materie che dovrebbero appartenere alla disciplina di un codice penale militare di pace o di guerra, dal punto di vista della soggettività, è, anch'essa, sufficiente.
Faccio la medesima affermazione per quanto riguarda il settore interessato dal


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punto 2 della questione pregiudiziale, in cui - tra l'altro - noto una contraddizione: mentre, infatti, si lamenta che rispetto all'applicazione di pene accessorie vi sarebbe un'automatismo in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale, poc'anzi ricordata, la n. 490 del 1989 - tra l'altro, ricordo che ancora oggi è operativa la normativa che prevede l'automatismo rispetto all'applicazione della misura della pena accessoria -, quando si tratta di reati in cui vi è il concorso con l'inferiore, l'automatismo salti e si tratti di una previsione di carattere discrezionale. Bisogna certamente mettersi d'accordo su ciò, ma - ancora una volta - si tratta di prendere in considerazione situazioni che riguardano specifiche posizioni, tutte ipotesi che in dottrina sono chiamate di reato proprio, il che è più che sufficiente per radicare la differenza e, soprattutto, per escludere la questione di costituzionalità.
Quanto all'ultimo punto, relativo alla previsione del possibile concerto tra il ministro della difesa e il ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere, in cui si fa riferimento all'articolo 110 della Costituzione come parametro attraverso il quale diagnosticare l'incostituzionalità della normativa contenuta all'articolo 3, comma 1, lettera ee), osservo come lo stesso articolo 110 sia assolutamente inapplicabile in questa materia, per l'elementare ragione che esso prevede una disciplina riguardante esclusivamente la magistratura ordinaria per la quale si fa carico di dare un'indicazione complessiva sul piano dei riferimenti istituzionali evocando il Consiglio superiore della magistratura. Quindi, sicuramente, l'esclusività dell'intervento del ministro della giustizia in materia di organizzazione è riferita soltanto alla magistratura ordinaria: libera, quindi, la giurisdizione speciale di andare incontro all'applicazione di altre norme di carattere costituzionale come quelle evocate dal provvedimento in esame.
Pertanto, sinteticamente, a me sembra che sul piano formale - e sottolineo: soltanto formale - la questione pregiudiziale di costituzionalità non abbia fondamento, perché vi sono parametri di specificità che implicano l'applicazione di altri parametri costituzionali. L'articolo 3 della Costituzione è, quindi, evocato a sproposito, anche se torno a dire che molti dei problemi sollevati, soprattutto con riferimento all'estensione del reato militare, troveranno o dovrebbero trovare soluzione nella fase dell'esame degli emendamenti di questo progetto di legge. In questo senso, concludo il mio intervento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, riteniamo che il provvedimento in esame contenga aspetti gravemente incostituzionali, al contrario di ciò che ha testé affermato l'onorevole Taormina, per molteplici e complesse ragioni illustrate negli interventi dei colleghi dell'opposizione di cui riprendo alcune considerazioni.
Innanzitutto, vorrei sottolineare l'elemento molto negativo introdotto nell'articolo 3, comma 1, lettera ee), in cui si parla di un concerto del ministro della difesa con il ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere. Tale estensione di competenze al ministro della difesa costituisce una violazione dell'articolo 110 della Costituzione, volto a stabilire che, ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.
Tuttavia, questo articolo va inquadrato evidentemente nel complessivo titolo IV, sezione I (ordinamento giurisdizionale), e collegato all'articolo 108 della Costituzione, in base al quale la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia. Quindi, è un complesso di disposizioni che tendono a mettere in evidenza l'autonomia e l'indipendenza della magistratura anche per quanto riguarda le sezioni speciali, indipendenza che verrebbe, invece, gravemente lesa dall'introduzione di tale concerto


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tra il ministro della difesa e il ministro della giustizia, soprattutto in un'epoca in cui la tendenza è quella dell'emergenza continua, anche sul piano giuridico e giurisdizionale, a causa della guerra e dei dispositivi politici continuamente messi in atto per ottemperare agli obblighi politici che discendono dalle scelte di guerra.
Tutto questo, insomma, comporterebbe la legittimazione di un primato del Governo e dell'Esecutivo rispetto all'autonomia dell'amministrazione della giustizia.
Voglio sottolineare, inoltre, un altro aspetto che mi sembra particolarmente inquietante dal punto di vista dei profili di incostituzionalità del provvedimento e che considero un vero e proprio attentato alla Costituzione. Esso riguarda tutta la problematica relativa allo stato di guerra. Il provvedimento introduce una distinzione e una separazione sul piano concettuale, prima ancora che su quello pratico, tra stato di guerra e tempo di guerra, tra piano interno (controllo e amministrazione giuridica del territorio interno) in stato o in tempo di guerra e piano esterno.
Stando alla Costituzione, non vi è differenza tra lo stato di guerra e il tempo di guerra per quanto attiene il diritto dello Stato di fare ricorso all'uso della forza militare. Non c'è differenza né separazione nel senso che il tempo di guerra non significa automaticamente il diritto a ricorrere all'uso della forza militare. Affinché questo diritto sia legittimo occorre che il Parlamento deliberi lo stato di guerra. Pertanto, la connessione tra tempo di guerra e stato di guerra avviene soltanto per deliberazione del Parlamento e, solo a quel punto, il Governo è legittimato all'uso della forza.

PRESIDENTE. Onorevole Deiana...

ELETTRA DEIANA. Concludo, Presidente. Nel testo, invece, vi è una separazione illegittima e si costituisce un tempo di guerra sottratto completamente al controllo del Parlamento e a disposizione del Governo, quindi con una espansione indefinita della legittimità del ricorso all'uso della forza. Pertanto, si tratta di una violazione gravissima dell'articolo 11 della Costituzione nonché degli articoli 78 e 87, che presiedono all'esercizio del diritto della forza da parte dello Stato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menia. Ne ha facoltà.

ROBERTO MENIA. Noi esprimeremo un voto convintamente contrario sulla pregiudiziale di costituzionalità presentata dall'onorevole Finocchiaro, non soltanto per logica di schieramento, ma, soprattutto, per le considerazioni che svolgerò. Nei tempi che mi sono concessi dal regolamento cercherò di chiarire la nostra posizione, confutando i tre argomenti dell'onorevole Finocchiaro.
Vi sono sostanzialmente tre eccezioni: la prima è quella di una «arbitraria e irragionevole estensione dell'applicabilità della legge penale militare sotto il profilo sia soggettivo sia oggettivo in violazione dell'articolo 3 della Costituzione». Noi riteniamo che tale eccezione non sia condivisibile perché sotto il profilo soggettivo va rilevato come essa si riferisca al reato militare e non all'ambito della giurisdizione militare, sicché per i non appartenenti alle Forze armate resta del tutto invariata ed intatta la giurisdizione ordinaria.
Voglio anche osservare che l'articolo 2 della Costituzione, richiamando espressamente i principi e i valori della Repubblica, fa riferimento al concetto di difesa nazionale, dal quale discende strumentale l'interesse militare.
L'interesse militare è presente non soltanto nel profilo soggettivo, ma, evidentemente e ovviamente, anche nelle caratteristiche oggettive occasionali della fattispecie. Sottolineo ancora che è solo per gli appartenenti alle Forze armate che si sottopone al vaglio del giudice militare la cognizione dei fatti in tempo di pace. A tale proposito, va ancora una volta sottolineato che il giudice militare presenta assolutamente le stesse garanzie di indipendenza e di autonomia, sia organizzative, sia funzionali, rispetto al giudice ordinario.


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Esso infatti è un giudice a garanzia del tutto uguale a quella dell'ordinario. La sua distinzione poggia solo su un valore fondamentale non meno importante di dignità costituzionale, anch'esso alla luce dell'articolo 97 della Costituzione. Sicché, data la parità delle garanzie organizzative processuali, è il criterio della specializzazione a rappresentare il valore aggiunto che guida su questi temi il progetto di legge in esame.
A proposito di quanto si richiama sulla definizione di luogo militare contenuta nell'articolo 3, comma 1, lettera a), numero 3), essa ricalca esattamente quella contenuta nell'articolo 230, terzo comma, dell'attuale codice penale militare di pace. Non vi è, dunque, innovazione alcuna e non si vede perché tale questione venga sollevata. Inoltre, l'eccezione relativa all'articolo 3, comma 1, lettera a), numero 5), è del tutto imprecisa e non tiene conto di una serie di fattori. La norma, a conferma dell'assoluta eccezionalità che caratterizza ipotesi di reati militari commessi da estranei alle Forze armate, non solo si rifà al ricordato concetto oggettivo di interesse militare, ma altresì ne limita la sfera a casi determinati e specifici.
Per quanto riguarda l'applicazione automatica della sanzione accessoria della rimozione, le obiezioni poggiano su una lettura inesatta ed incompleta della sentenza della Corte. La Corte, infatti, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità in ordine all'articolo 230, comma 3, con riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione in quanto le si richiedeva una pronuncia eccedente i suoi poteri. È del tutto inappropriato, quindi, assumere tale pronuncia a fondamento di un'eccepita pretesa di incostituzionalità della norma in esame. La disposizione in esame non conferisce una delega ad introdurre nuove previsioni di applicazione automatica della pena accessoria, ma dà, anzi, espresso mandato di prevedere una limitazione dei casi.
Infine, l'attribuzione al ministro della difesa di un concerto con il ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali violerebbe l'articolo 110 della Costituzione. Anche questa è un'eccezione del tutto sbagliata. L'articolo 110 della Costituzione, infatti, definisce le attribuzioni del ministro della giustizia nei confronti della giurisdizione ordinaria e dell'autogoverno dell'ordine giudiziario. Per quanto attiene alle giurisdizioni speciali, i servizi relativi alla giustizia non competono al guardasigilli, che è ministro della sola giustizia ordinaria, ma agli altri corrispondenti ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, ha competenza sulla giurisdizione amministrativa e contabile; il ministro dell'economia e delle finanze sulla giurisdizione tributaria; il ministro della difesa sulla giurisdizione militare.

PRESIDENTE. Onorevole Menia...

ROBERTO MENIA. Conseguentemente - e concludo - l'articolo 110 della Costituzione dev'essere letto per le giurisdizioni speciali in analogia, nel senso che spetta a quei ministri ciò che per la giurisdizione ordinaria spetta al guardasigilli.
Con tali argomentazioni abbiamo confutato in maniera, direi convincente, le eccezioni su cui si basa la questione pregiudiziale di costituzionalità sulla quale, come ho detto precedentemente, esprimeremo un voto convintamente contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cento, al quale ricordo che ha tre minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole dei deputati Verdi alla pregiudiziale di costituzionalità che è stata ben argomentata dall'onorevole Finocchiaro. Non vi è dubbio che ci troviamo di fronte ad un provvedimento che contrasta con alcuni principi fondamentali della nostra Costituzione: dall'articolo 3 all'articolo 11, fino all'articolo 21.
Il provvedimento militarizza la vita civile del nostro paese sia sul suolo nazionale, sia quando il nostro paese è impegnato direttamente in missioni all'estero. Inoltre, tale provvedimento provoca due


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effetti che credo vadano brevemente sottolineati. Innanzitutto, il Ministero della difesa assume un ruolo invasivo nei confronti delle giurisdizioni di altri paesi in occasione di reati commessi all'estero o commessi su cittadini italiani in territorio straniero. Tale giurisdizione doveva essere lasciata, per le competenze di carattere amministrativo, al Ministero della giustizia. In secondo luogo, il ruolo dell'informazione diventa funzionale alla militarizzazione civile nel nostro paese in conseguenza degli impegni di guerra ed in contrasto con la norma dell'articolo 11.
Tali ragioni ci portano a votare a favore della questione pregiudiziale ed a contrastare fortemente il provvedimento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che il gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo ha chiesto la votazione a scrutinio segreto, che ritengo ammissibile.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Finocchiaro ed altri n. 1.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 456
Maggioranza 229
Voti favorevoli 221
Voti contrari 235).

Dovremmo ora passare all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate. Tuttavia, considerato il numero di deputati che hanno chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti nonché il fatto che i tempi di esame del provvedimento non sono contingentati, ritengo che, in assenza di obiezioni, il seguito dell'esame del provvedimento possa essere rinviato, per ragioni di economia dei lavori, ad altra seduta, a partire dal mese di aprile.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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