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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisapia. Ne ha facoltà.
GIULIANO PISAPIA. Signor Presidente, anche il gruppo di Rifondazione comunista esprimerà un voto contrario sull'emendamento in esame, perché siamo convinti che rappresenti l'inizio del baratro a cui condurrà questo provvedimento.
Si tratta di una proposta di legge repressiva, dura e spietata con gli emarginati, ma molto attenta agli interessi di chi emarginato non è.
Con l'emendamento 1.100 della Commissione si sbilancia un principio di carattere generale, ossia che la pena, una volta accertata la responsabilità dell'imputato, non può e non deve avere una finalità di prevenzione generale, ma deve essere commisurata al fatto concreto e alla personalità di chi lo ha commesso. Nel momento in cui, nella valutazione della concessione delle attenuanti generiche, non si dà al giudice la possibilità di valutare l'intensità del dolo o il grado della colpa o, ancor di più, i motivi a delinquere, il carattere del reo, i precedenti penali e tutti i parametri di carattere soggettivo previsti all'articolo 133 del codice penale, non solo si va in contrasto assoluto con l'emendamento precedente su cui la maggioranza si è espressa favorevolmente, ma si crea un ulteriore vulnus al nostro codice penale ed un'ulteriore distinzione tra imputati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Finocchiaro. Ne ha facoltà.
ANNA FINOCCHIARO. Signor Presidente, il collega Kessler ha già espresso la nostra posizione, ma vorrei soffermarmi molto brevemente su una questione.
Come ha dichiarato poc'anzi Giovanni Kessler, la seconda parte di quest'articolo, introdotto dall'emendamento 1.100 della Commissione, riguarda l'aumento delle pene per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale. Su questo punto, la nostra posizione è favorevole, anche se credo sia assolutamente necessario sottoporre due questioni all'attenzione dei colleghi.
In primo luogo, è inutile minacciare simbolicamente una pena gravissima se i processi non funzionano, se sono lenti e farraginosi, se si compie la prescrizione con troppa facilità e in ragione delle disfunzioni del sistema giudiziario, se non ci sono gli strumenti della stenotipia o della videoregistrazione, se i cancellieri tornano a scrivere a mano e alle 13 smettono di lavorare, perché non viene pagato lo straordinario (potrei continuare, ma voi mi capite). Credo che non sia nell'aumento delle pene la chiave per un contrasto vero ed efficace alla criminalità, terreno sul quale più volte ci siamo dimostrati assolutamente disponibili a discutere con voi.
In secondo luogo, questo tipo di innalzamento delle pene non corrisponde ad una valutazione di inadeguatezza delle pene a contrasto della criminalità organizzata, bensì è necessitato, come ha spiegato anche il collega Kessler, dal fatto che altrimenti i reati di criminalità organizzata non entrerebbero nella previsione di cui alla prima parte dell'emendamento e sarebbero sottoposti ad una prescrizione assai più breve di quanto oggi non accada. Pensate, per esempio, che, per i reati di mafia già compiuti, ossia quelli che non cadrebbero sotto questa regola, la prescrizione dal resto della Cirielli per le norme che vanno immediatamente in vigore viene ad applicarsi abbreviando i termini della prescrizione.
Vorrei rivolgere alla Presidenza la richiesta di procedere alla votazione per parti separate dell'emendamento in oggetto: la prima parte, fino alle parole «non inferiore nel minimo a cinque anni», distintamente dalla parte conseguenziale.
PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Finocchiaro; la Presidenza ritiene di poter accedere alla sua richiesta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, anche noi sosteniamo la richiesta avanzata dalla collega Finocchiaro di votazione per parti separate.
Dicevo poc'anzi che noi della Margherita e del centrosinistra siamo favorevoli a misure anche di inasprimento della pena,
a misure che tengano conto dell'emergenza criminalità; tuttavia, l'emendamento in discussione, il testo in esame, che riguarda l'eliminazione della concessione delle attenuanti generiche in una serie di casi, non ci vede favorevoli per ragioni sistematiche (credo siano ragioni che facilmente i colleghi dovrebbero comprendere). Siamo d'accordo su misure più severe nei confronti dei recidivi e nei confronti di chi commette gravi reati, ma l'idea di eliminare completamente le condizioni sistematiche in cui si svolge la valutazione della pena, che non può che essere affidata ai giudici, caso per caso, sul caso concreto, a partire dalla pena edittale, crediamo che rappresenti un errore di tipo sistematico e processuale.
Tra l'altro, qui noi abbiamo (lo dico perché a tutti i colleghi sia chiaro) la eliminazione di alcune condizioni in cui i giudici possono concedere le attenuanti; le ricordo ai colleghi che meno seguono la materia penale. Ricordavo prima la valutazione dell'intensità del dolo e del grado della colpa, che viene così eliminata, ma mi riferisco anche alle disposizioni di cui al comma secondo: in altre parole, i giudici non potranno più tener conto, nell'erogazione della pena nel caso concreto, dei motivi a delinquere e del carattere del reo (dunque, si entra un po' in contraddizione anche con il tema della recidiva), dei precedenti penali e giudiziari e, in generale, della condotta e della vita del reo antecedenti al reato; non potranno neppure valutare la condotta contemporanea o susseguente al reato né le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. Dunque, è giusta l'attenzione nei confronti dell'inasprimento delle pene, del rigore nei confronti dei reati più gravi e dei recidivi, ma a condizione che siano fatte salve le condizioni di sistematica del nostro codice. La valutazione e la irrogazione della pena nel caso concreto non può che essere fatta dal giudice, nel nostro sistema e ancor più nei sistemi anglosassoni, dove la pena spesso dipende esclusivamente dal giudice, anche nella misura. Dunque, invito alla riflessione e ribadisco la nostra posizione critica nei confronti di questa parte del testo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cento. Ne ha facoltà.
PIER PAOLO CENTO. Signor Presidente, intervengo per dichiarare la contrarietà dei deputati Verdi a questo emendamento (approvato dalla maggioranza in Commissione), con riferimento all'intero suo testo. Quindi, anche in caso di voto separato, voteremo contro in entrambe le votazioni, perché siamo fortemente convinti - lo abbiamo più volte ribadito - della totale forzatura che è in atto nel tentativo di riscrivere il codice penale e parti significative del codice di procedura penale sotto la pressione di un blitz e di un conflitto di interessi. Soprattutto, nello specifico di questo emendamento, non c'è dubbio che noi dobbiamo sconfiggere l'idea culturale, profondamente errata, che sia necessario aumentare le sanzioni penali all'interno del nostro codice. Il problema non è la quantità della sanzione penale, da aumentare - che poi, come abbiamo visto, viene aumentata in alcuni casi e viene clamorosamente e vergognosamente abbattuta in altri casi -; il problema è mettere il processo penale nelle condizioni di funzionare e di arrivare tempestivamente a stabilire l'innocenza o la colpevolezza delle persone che vengono imputate.
Noi non ci stiamo a questa rincorsa, a questo gioco, inutile e pericoloso dal punto di vista culturale, oltre che per i suoi effetti giuridici, per il quale, quando vi è un'emergenza, la prima cosa che si fa, anche in relazione a ciò che sta accadendo a Napoli in questi giorni, è quella di eliminare la coscienza cattiva che abbiamo rispetto alle disfunzioni della giustizia, aumentando a dismisura le sanzioni penali. Queste sono le ragioni del nostro voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gironda Veraldi. Ne ha facoltà.
AURELIO GIRONDA VERALDI. Signor Presidente, come tecnico non posso non condividere le osservazioni dei colleghi dell'opposizione riguardo a tale emendamento; considererò, poi, se sentirmi vincolato dal titolo di tecnico piuttosto che da quello di parlamentare.
Vorrei, però, far presente a chi ha redatto la proposta emendativa che, così come formulata, essa si può risolvere a favore dell'imputato, e non a danno. Infatti, si è scritto: «ai fini dell'applicazione», e non, invece: «ai fini del riconoscimento»; sicché, il giudice, con tale formulazione, può utilizzare detti elementi, sia per concedere che per non concedere le circostanze in questione.
Personalmente, mi asterrò dal voto, in quanto debbo osservare una disciplina di partito; mi fa piacere, però, che si proceda alla votazione per parti separate in quanto, sia per la mia appartenenza di gruppo, sia come persona, sono per l'aumento delle pene previste dall'articolo 416-bis del codice penale, purché si tenga conto dei termini della prescrizione concepiti nel provvedimento in esame. Non si devono trascurare, infatti, gli effetti ed i riverberi che le disposizioni sulla prescrizione produrranno in futuro; se la previsione di cui al ricordato articolo 416-bis rimanesse quella ora discussa, tra dieci anni la prescrizione potrebbe operare anche nei riguardi del capo della malavita e della criminalità organizzata.
Questa è la ragione per la quale, personalmente, mi asterrò dal voto, sia esso segreto o meno della prima parte dell'emendamento; voterò, invece, a favore, con piena convinzione, dell'approvazione della seconda parte, sia per appartenenza di gruppo sia come persona.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che la proposta contenuta nel testo originario prevedeva l'eliminazione completa delle circostanze attenuanti generiche, non perché non se ne condividesse, in teoria, il fondamento dogmatico ovvero la giustezza dell'inserimento nel nostro codice, sibbene perché, nella prassi giurisprudenziale, se ne è avuto un uso protratto nel tempo tale da rendere la concessione di tali circostanze una costante.
Dunque, la proposta approvata dalla Commissione riduceva l'impatto estremamente severo della proposta che io con altri colleghi, qualcuno anche della Lega, avevamo avanzato circa l'eliminazione completa delle circostanze attenuanti generiche; la formulazione attuale si rivolge al magistrato che le applica il quale, se vuole concederle, deve darle sulla base di circostanze di fatto ben specifiche. Non su elementi soggettivi che renderebbero tale istituto un beneficio generalizzato per ogni delinquente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sinisi. Ne ha facoltà.
GIANNICOLA SINISI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero sia chiaro quanto noi stiamo votando; mi riferisco alla prima parte dell'emendamento. Ebbene, per determinati reati, non si opererà più alcuna valutazione della persona, in caso di recidiva; si valuterà, piuttosto, semplicemente la sussistenza del fatto. Si sostituisce, quindi, un meccanismo di valutazione della persona con uno di valutazione del fatto. Ciò, signor Presidente, onorevoli colleghi, significa introdurre un meccanismo automatico in sostituzione di uno valutativo.
Mi hanno insegnato il brocardo: summum ius, summa iniuria; ritengo che il meccanismo che stiamo introducendo rischia di portarci verso la consumazione di numerose ingiustizie proprio perché non saremo più in grado di valutare l'individuo.
Alla luce di tali considerazioni, esprimo la mia perplessità ed invoco l'attenzione di questo Parlamento affinché si torni a
ragionare intorno alla valutazione delle persone, evitando meccanismi assolutamente automatici seguendo i quali si potrebbero consumare ingiustizie clamorose.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Filippo Mancuso. Ne ha facoltà.
FILIPPO MANCUSO. Signor Presidente, attraverso l'emendamento al nostro esame entriamo in una parte vitale del nostro sistema penale.
Il nostro sistema penale, infatti, e mi dispiace dissentire dall'onorevole Sinisi, non è tale da consentire di distinguere il fatto dalla persona, poiché quando il fatto diventa realtà del processo, fatto e persona diventano la medesima cosa: pertanto, la sua preoccupazione non sussiste. Tuttavia, signor Presidente, sussisterebbe la mia, di preoccupazione, quando osservo, in questo o in altri casi, che si intende sopperire ad esigenze di ordine pubblico di astratta aspirazione di giustizia rincrudendo le pene, come nel caso di specie, in un modo esagerato.
Lei ricorderà, signor Presidente, che il nostro codice penale è il più severo del mondo. Se in tale severità organica, che trova paragone solo con il codice penale turco - che, peraltro, è tradotto dall'italiano - si dovessero introdurre ulteriori asprezze di questo genere, ci si imbatterebbe nell'obiezione innanzitutto che sono inutili, e, in secondo luogo, che sono incivili. Se esse sono inutili, ce ne dobbiamo preoccupare come legislatori; se sono incivili, ce ne dobbiamo preoccupare sia come cittadini, sia come uomini, appunto, civili.
Occorre una volta per tutte rendersi conto, a mio avviso, che il problema risiede non nella acrimoniosità della risposta da parte dello Stato, ma nella legittimità della sua azione, nella regolarità dei suoi procedimenti e nella libertà costretta alla legalità del giudice. Il nostro sistema penale, signor Presidente, è afflitto da una vera, e forse necessaria, malattia: la cosiddetta discrezionalità del libero convincimento. Infatti, ogni qualvolta tale valore entra in gioco, è in gioco la stessa libertà di giudicare e di essere giudicati correttamente.
Tornando alla riflessione sull'emendamento in esame, vorrei osservare che niente e nessuno può veramente farsi paladino dell'esigenza di rincrudire le pene sia in questa forma così incidentale, sia in una forma edittale: si tratta di una materia sulla quale svolgere una seria riflessione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-L'Ulivo e di deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fanfani. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FANFANI. Signor Presidente, desidero rivolgermi sia all'onorevole relatore, sia al signor presidente della Commissione competente, sottoponendo loro una considerazione di carattere tecnico; successivamente, mi rivolgerò all'Assemblea per formulare una valutazione più ampia.
Vorrei osservare, in primo luogo, che, attraverso la proposta emendativa in esame, si tende a limitare l'applicabilità delle attenuanti generiche, vale a dire la valutazione dei criteri ai fini di tali attenuanti, in relazione all'articolo 133 del codice penale, con una formulazione che non ritengo corretta.
L'emendamento 1.100 della Commissione, infatti, recita: «Ai fini dell'applicazione del primo comma» - dell'articolo 62-bis del codice penale - «non si tiene conto delle circostanze di cui all'articolo 133, comma primo, numero 3) e comma secondo, del codice penale nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni».
Vorrei rilevare, in primo luogo, che è sostanzialmente pericoloso stravolgere completamente l'impianto storico dei criteri valutativi dell'articolo 133 del codice penale, sui quali si è formata una cultura
giurisdizionale amplissima, nonché una giurisprudenza infinita, a fronte di...
PRESIDENTE. Onorevole Fanfani...
GIUSEPPE FANFANI. ... una sostanziale inutilità, poiché l'aggravamento della pena per i reati contemplati dall'articolo 407 del codice di procedura penale è già prevista dall'emendamento 3.40 del Governo, sul quale non sussistono notevoli difficoltà.
Vorrei ricordare, allora, che abbiamo inasprito le pene attraverso il secondo comma dell'emendamento 1.100 della Commissione, e su questo siamo tutti d'accordo, ed abbiamo altresì reso obbligatorio l'aumento della pena per la recidiva per i delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale mediante l'emendamento 3.40 del Governo.
Insistere nel modificare i criteri valutativi delle attenuanti generiche, in relazione a tali specifiche situazioni, mi sembra veramente un eccesso rispetto alle scelte che stiamo compiendo. Le pene sono già gravi: sono state, sostanzialmente, raddoppiate. Si è reso obbligatorio l'aumento della pena per la recidiva e per i recidivi si cambia anche il criterio di valutazione. Mi sembra veramente un fuor d'opera, oltretutto pericoloso, perché crea situazioni di difficoltà interpretative.
Procediamo dunque su un'altra strada e troviamo una soluzione sulla quale tutti possiamo essere d'accordo. Non tocchiamo l'impianto generale del codice penale, perché è veramente pericoloso farlo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bonito. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BONITO. Signor Presidente, con la prima parte di quest'emendamento si limita fortemente la vigenza dell'articolo 62-bis del codice penale, ossia della norma che disciplina le attenuanti generiche. Mi pare utile ricordare a tutti colleghi che tale norma fu introdotta nel 1944, da un decreto luogotenenziale. Ciò significa, sul piano storico, che, nel momento in cui il nostro paese fu restituito alla democrazia e in cui il libero dibattito cominciò nuovamente ad alimentare il confronto della politica, si ritenne urgente intervenire per rendere coerente il nostro sistema penale con i principi universali della democrazia e con i canoni della libertà. Ecco perché fu introdotta la norma che prevedeva la possibilità di concedere le attenuanti generiche. Con ciò, fu enfatizzata ed arricchita la possibilità da parte del magistrato di far aderire il giudizio ai mille aspetti del fatto concreto ed alle mille circostanze riferibili alla persona dell'imputato.
Con questa operazione torniamo indietro ed esprimiamo una cultura giuridica arcaica. Laddove, infatti, ci si allontana dal libero convincimento del giudice, ci si avvicina ai canoni autoritari della pena predeterminata ed astratta, inflitta direttamente dal legislatore: la sanzione legale, come la chiamano i teorici.
Quest'operazione è pertanto profondamente sbagliata, profondamente iniqua, profondamente ingiusta e, soprattutto - come spesso è accaduto a questo Parlamento -, fa compiere un passo indietro alla cultura giuridica italiana.
LUIGI VITALI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI VITALI, Relatore. Signor Presidente, rispondo molto brevemente ad alcune osservazioni, ribadendo il principio ispiratore di questa norma. La norma intende irrigidire il sistema nei confronti dei recidivi. I recidivi non sono persone perbene che si pentono «sulla via di Damasco», ma sono soggetti che reiteratamente, non per valutazioni soggettive, ma oggettive, per i loro precedenti penali, delinquono. Per gli incensurati si cerca un sistema più flessibile. Questa è la pretesa punitiva che lo Stato intende esercitare.
Su questa norma potevamo operare due scelte: o prendere la strada dell'eliminazione delle attenuanti generiche per alcuni tipi di reato, o cercare un sistema,
non per abolirle, onorevole Bonito, ma per renderne più difficile l'applicazione. Per renderne difficile l'applicazione non a tutti i cittadini, onorevole Bonito, ma ai recidivi; non a tutti i recidivi, onorevole Finocchiaro, ma a quei recidivi che commettono i reati contemplati dall'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, ossia omicidio, sequestro di persona, rapina, pedofilia, associazione mafiosa: i reati più gravi.
Se un cittadino viene condannato quattro volte per ingiuria o per diffamazione, può ottenere le attenuanti generiche. E se un cittadino viene condannato due o tre volte per un reato ed incorre in uno dei reati previsti dall'articolo 407 del codice di procedura penale può, comunque, ottenere le attenuanti generiche, perché tale concessione rimane una discrezionalità assolutamente sacra del giudice. Tuttavia, se il giudice decide di concederle, deve valutare non la simpatia o l'antipatia dell'imputato, bensì gli elementi di cui all'articolo 133, comma primo, n. 1) e n. 2) del codice penale.
Onorevole Fanfani, non è vero che, con riferimento al reato di omicidio, non può essere valutato il comportamento del reo, poiché l'articolo 133, comma primo, n. 1) stabilisce che il giudice deve tener conto della natura, della specie, dei mezzi, dell'oggetto, del tempo, del luogo e di ogni altra modalità dell'azione. Il giudice possiede tutti gli elementi per poter decidere se concedere o meno le attenuanti generiche.
Allora, se questo è l'impianto, l'emendamento è assolutamente sostenibile con tale filosofia. Poi, si può affermare che si fa un giro di vite; e, allora, chi ci ascolta deve capire che quello in esame non è un provvedimento liberticida. Si tratta, invece, di una proposta di legge che tende a tutelare l'esigenza di sicurezza dei cittadini, non stringendo le manette ai polsi di tutti, ma concentrando l'attenzione dei giudici solamente su quelle categorie di soggetti i quali, non per la loro idea politica, per la simpatia o l'antipatia, bensì per i loro precedenti penali, sicuramente nuocciono alla sicurezza pubblica. Queste sono le osservazioni che mi sento di dover svolgere.
La seconda parte dell'emendamento è, in sostanza, una riformulazione, da parte della Commissione, di un emendamento del Governo. Infatti, il Governo - lo dico adesso e non lo ripeterò più - si è fatto interprete dell'esigenza di dare un segnale attento e non indiscriminato in ordine a ciò che sta accadendo a Napoli ed ha formulato alcuni emendamenti. Altri emendamenti, a firma del relatore, sono stati presentati dall'onorevole Bocchino e da altri colleghi di Alleanza nazionale ed il relatore li ha fatti propri per un espediente tecnico. Si trattava, infatti, di emendamenti inammissibili in Assemblea, visto che l'esame del provvedimento era iniziato. Siccome l'onorevole Bocchino e il gruppo di Alleanza nazionale - come gli altri e più degli altri - hanno inteso interpretare le esigenze di sicurezza che in questo momento pervadono il nostro paese, soprattutto Napoli e il territorio circostante, il relatore ha fatto propri alcuni emendamenti che cercano di rendere più difficile l'applicazione delle attenuanti generiche per determinati tipi di reato e che tentano di stringere le maglie della legge Gozzini. Infatti, i privilegi e i benefici non vanno concessi a tutti e sempre, bensì a chi merita e dimostra di essersi rieducato. Quindi, tali proposte recano la firma della Commissione, ma riproducono esattamente quelle presentate dall'onorevole Bocchino.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, onorevole Vitali, le ragioni per le quali non siamo d'accordo su questa prima parte dell'emendamento sono le seguenti. Non è vero che non siamo d'accordo sulla necessità di essere più severi nei confronti di alcuni reati; infatti, concordiamo sulla seconda parte dell'emendamento.
Non siamo d'accordo sul fatto che si tira fuori una categoria di reati, senza
tener conto che, al di fuori di essa, vi sono reati altrettanto gravi. Le spiego qual è il problema: in sostanza, quando si lavora sull'articolo 133 del codice penale, articolandolo in due parti - quella discrezionale e quella vincolata - inevitabilmente, si cade in alcune contraddizioni.
Infatti, la ratio dell'articolo 133 - come dicevano l'onorevole Bonito ed altri colleghi in precedenza - è del tutto diversa, ossia è quella di lasciare al giudice la possibilità di valutare caso per caso. L'esigenza di cui lei parla - e sulla quale siamo d'accordo - si recupera nella seconda parte, aumentando le pene. Altrimenti, vi saranno reati particolarmente gravi, che non sono qui compresi, per i quali non si applica questa restrizione. Quindi, vi è una distonia fra ciò che voi assicurate e ciò che accadrà nella pratica.
Questa è la ragione per la quale siamo contrari alla prima parte dell'emendamento. Altro significato avrebbe avuto guardare con attenzione a tale materia e ripensare complessivamente l'articolo 133 del codice penale, anche in relazione all'emergere del problema della sicurezza e della criminalità, ormai in termini gravissimi, in tutta Italia.
Fermo restando questo aspetto, o si rivede tutto, oppure tirare fuori un pacchetto di reati e dire che soltanto per questi non si applica quella previsione, in modo - se mi permette - un po' arbitrario, perché vi sono molti reati al di fuori di quelli previsti dall'articolo 407 del codice di procedura penale altrettanto gravi, segna la fragilità dell'ipotesi.
Devo aggiungere - credo che lei sia pugliese - che ieri mi trovavo a Foggia per un lavoro con alcuni colleghi del mio partito e abbiamo incontrato, oltre alle categorie imprenditoriali, i magistrati della procura di Foggia. Foggia, come lei sa, si trova al centro di processi abbastanza pesanti. Su 14 posti per sostituto procuratore, ne sono coperti soltanto 9. Ogni magistrato ha 5 mila procedimenti in carico. Allora, i problemi veri sono questi e Foggia è un esempio tra i tanti. Perciò, contestiamo il fatto che queste misure siano limitate soltanto alle «grida» e non ad intervenire sulla sostanza per rendere rapidi i processi.
Allora, vi sono due profili: di questo parleremo più avanti. Oggi come oggi, ritengo che avere indicato soltanto quella categoria per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 133 dia adito a discriminazioni nei confronti di reati altrettanto gravi per i quali non si applica tale restrizione.
Sono queste le ragioni della nostra contrarietà.
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, cerchiamo - per così dire - di non perdere di vista l'orizzonte.
Vi è la richiesta dell'onorevole Finocchiaro di votare per parti separate l'emendamento 1.100 della Commissione. Avverto pertanto che porrò in votazione entrambe le parti a scrutinio segreto: innanzitutto, la prima parte fino alle parole «cinque anni»; successivamente la seconda parte, che naturalmente decadrebbe se non fosse approvata la prima, dalle parole «conseguentemente, dopo il comma 1» fino alla fine dell'emendamento.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento 1.100 della Commissione, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 504
Votanti 503
Astenuti 1
Maggioranza 252
Voti favorevoli 262
Voti contrari 241).
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sulla parte consequenziale dell'emendamento 1.100 della Commissione, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 496
Votanti 495
Astenuti 1
Maggioranza 248
Voti favorevoli 451
Voti contrari 44).
Prendo atto che l'onorevole Parodi non è riuscito a votare.
Le successive proposte emendative sono precluse dall'approvazione dell'emendamento 1.100 della Commissione.
Passiamo alla votazione dell'articolo 1, favorevole la Commissione e il Governo.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 506
Maggioranza 254
Voti favorevoli 263
Voti contrari 243).
Prendo atto che l'onorevole Parodi non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Presidente, sicuramente per un lapsus, lei ha richiamato un parere favorevole della Commissione e del Governo sulla votazione dell'articolo 1. Volevo solo ricordare che, in questo caso, non vengono espressi i pareri e che la Camera è libera di votare come vuole.
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Boato. Si è trattato di un lapsus.
Prendo atto che l'articolo aggiuntivo Mario Pepe 1.01 è stato ritirato.
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