Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 490 del 14/7/2004
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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, recante interventi urgenti per il ripiano della spesa farmaceutica (5086) (ore 11,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, recante interventi urgenti per il ripiano della spesa farmaceutica.
Ricordo che nella seduta del 12 luglio si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 5086)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A - A.C. 5086 sezione 3), nel testo della Commissione comprendente le modificazioni apportate dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 5086 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo della Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 5086 sezione 5), e che non sono state presentate proposte emendative riferite all'articolo unico del disegno di legge di conversione.
Avverto inoltre che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso il prescritto parere (vedi l'allegato A - A.C. 5086 sezioni 1 e 2).
Avverto altresì che le proposte emendative Burtone 1.46, 1.57, 1.51 e 1.52, Labate 1.40 e 1.45 e Galeazzi 1.60 e 1.04 sono state ritirate dai presentatori.
Passiamo agli interventi sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, signori rappresentanti del Governo, è stato a più riprese evidenziato, sia in quest'aula sia nell'ambito delle Commissioni che si sono occupate del provvedimento, quali urgenze abbiano motivato l'adozione del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 156, e il motivo per cui si debba procedere ora, senza esitare, alla sua conversione in legge. Lo sfondamento del tetto prefissato di spesa farmaceutica è un dato ed attuare il meccanismo atto a ripianare tale spesa è una necessità: questa è la sostanza. Tale intervento non è forse - come ha sottolineato il relatore in sede di discussione sulle linee generali - realmente efficace, nonché verificabile e facilmente attuabile? Allora, perché dilungarsi oltre?
Il motivo è molto più semplice, perché la crescita della spesa farmaceutica rappresenta un campanello d'allarme. Occorre dunque chiedersi perché ha suonato e non soltanto limitarsi a disattivarlo, come si sta cercando di fare. Porre mano all'emergenza, senza indagare sulle cause che l'hanno determinata, significa solo rinviare nel tempo un problema serio, che non potrà risolversi da sé, per pura magia. Al provvedimento in esame si è giunti dopo una fase di disinteresse molto sostanziale, da parte del Governo, alla problematica dei farmaci. Si è arrivati dopo le tempeste giudiziarie che hanno coinvolto il settore farmaceutico; ci sono stati episodi di corruzione e di malaffare, sui quali non basta scandalizzarsi, che hanno dimostrato con assoluta chiarezza che è tempo di affrontare il tema urgente della moralizzazione del sistema.
In questa sede giova, pertanto, sottolineare che non è adottando esclusivamente provvedimenti punitivi che si risolve la situazione. Il problema è grave e tanto più delicato perché riguarda molto da vicino i cittadini, investendo campi come quello della ricerca, dell'innovazione, dei brevetti, dell'industria e dell'occupazione, per i quali in tanti in quest'aula abbiamo sollevato viva preoccupazione per le ricadute che potranno esserci. Occorre allora cambiare le regole del gioco nel rapporto fra aziende farmaceutiche e Servizio sanitario nazionale, tra mercato e sanità pubblica. L'incredibile caso dell'innalzamento dei prezzi dei farmaci, con aumenti addirittura


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del 200 per cento, rappresenta un altro tema che dovrebbe indurre tutti noi a riflettere.
La spesa per i farmaci a carico dei cittadini è aumentata, nell'ultimo anno, dell'11,2 per cento. Si tratta di un dato che il Governo si è limitato a registrare senza colpo ferire, manifestando così, ancora una volta, quanto meno una mancanza di tempestività nell'intervenire. Il ministro competente ha spesso rilasciato interviste ai giornali, senza tuttavia fornire le risposte che ci si aspettava. In certi momenti abbiamo avuto la sensazione che fosse il presidente di un'associazione di cittadini e non colui che costituzionalmente riveste responsabilità di Governo e di gestione della res sanitaria. L'unico atto di questo Governo nell'ambito della gestione della sanità pubblica è l'accordo dell'8 agosto 2001 stipulato con le regioni. Tutto qui. Per il resto, la sanità è allo sbando e ciò è sotto gli occhi di tutti, anche dei meno avveduti. Sull'accordo del 2001 tornerò, tuttavia, più avanti.
Abbiamo constatato ormai che questo Governo non sa mantenere i patti, non solo quelli con gli elettori, con la Confindustria, con i sindacati, ma neppure quelli con le regioni. Soprattutto nell'ambito della sanità. Questa «non parola», questo «non mantenere i patti» crea molto, ma molto disagio, trattandosi di un aspetto fondamentale della vita dei cittadini, quale la sanità, che dovrebbe per questo richiamare con maggiore serietà il senso di responsabilità di chi governa.
È noto il sottofinanziamento delle regioni, con riferimento al Fondo sanitario nazionale, il ritardo con cui queste risorse vengono erogate (una volta ogni due anni), nonché il credito delle regioni stesse (20 miliardi di euro). In questi anni, la maggioranza non ha perso una sola occasione - lasciatecelo dire nelle poche circostanze in cui siete in aula - per scaricare la responsabilità del cattivo funzionamento della sanità sui Governi del centrosinistra. È stato l'esercizio più utilizzato in tutte le sedi, istituzionali e non. Eppure, proprio in queste ore, gli amministratori eletti nell'ultima tornata elettorale si stanno rendendo conto di quanto sia grave la situazione del sistema sanitario su tutto il territorio nazionale e quanto poco sia stato fatto dal Governo centrale negli ultimi tre anni.
La riforma della sanità, che spesso avete violentato con il nostro comune agire, aveva suscitato grandi speranze: milioni di cittadini avevano avuto la netta sensazione che, finalmente, fosse avvenuto un mutamento reale, un'inversione di rotta rispetto al passato. Pur tra mille difficoltà, erano state poste le condizioni per riqualificare e rafforzare il sistema sanitario nazionale, confermandone il carattere universale e solidaristico di garanzia del principio costituzionale di tutela della salute, come diritto fondamentale della persona. Essa aveva operato il più radicale cambiamento nei rapporti tra la pubblica amministrazione, il personale, le aziende, i cittadini, sviluppando meccanismi di responsabilizzazione che l'incapacità, a volte anche l'incuria di questo Governo e di questa maggioranza, hanno irrimediabilmente compromesso.
Il decreto-legge che stiamo esaminando dimostra come il Governo non abbia saputo mantenere il patto che egli stesso aveva siglato con l'accordo dell'8 agosto 2001. Infatti, in base a tale accordo, si concordò che il trend della spesa farmaceutica dovesse essere oggetto di valutazione ogni mese di settembre, al fine di individuare gli strumenti più idonei a contenerla.
Perché ciò non è avvenuto? Perché non ci siamo potuti mai confrontare seriamente in Parlamento su tale tema. La responsabilità è anche di un ministro - lo dico con grande rispetto - che spesso si affaccia in quest'aula con apparente fastidio, quasi giudicasse superfluo e poco produttivo il confronto con le istituzioni. Forse, perché è un tecnico? È un tecnico che, però, ha omesso di allegare al decreto-legge proprio la relazione tecnica (fino all'ultimo non ci è stato dato di sapere se il provvedimento fosse dotato di copertura o meno).
Permangono interrogativi su quali regioni abbiano determinato lo sfondamento


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- saremmo curiosi di saperlo - del tetto prefissato della spesa farmaceutica. L'aspettativa di una relazione tecnica si fonda anche sulla constatazione che, in ambito europeo, l'andamento della spesa farmaceutica appare in generale aumento, anche in considerazione del fatto che l'elevato costo dei farmaci innovativi contribuisce a questo innalzamento. Nella relazione tecnica avrebbero dunque dovuto essere esposte analiticamente le ragioni che hanno determinato, nei primi mesi del 2004, l'impennata della spesa farmaceutica, anche al fine di evitare il ricorso, magari già nel prossimo mese di settembre, ad un ennesimo provvedimento di urgenza.
È evidente che, in questo modo, non si va incontro ad un'effettiva risoluzione del problema, ma solo alla sua temporanea rimozione. L'aumento è ascrivibile ad una pluralità di fattori, uno dei quali è rappresentato dall'attenuazione in diverse regioni, tra la fine del 2003 e l'inizio del 2004, del regime dei ticket.
Un altro elemento scatenante dell'aumento della spesa farmaceutica è stato determinato dalle decisioni assunte dalla Commissione unica per il farmaco in ordine all'ammissione nel prontuario farmaceutico di alcune categorie di medicinali contenenti statine (principio attivo impiegato nella cura del colesterolo), precisando che non si tratta di farmaci innovativi, ma contenenti sostanze adiuvanti l'azione del principio attivo richiamato. Si osserva che si tratta di farmaci aventi costo superiore alle statine, la cui introduzione ha determinato un aumento di spesa pari al 3 per cento.
Abbiamo già ricordato, in sede di discussione sulle linee generali, i 700 mila cittadini stranieri regolarizzati che, dall'ottobre 2003, hanno avuto accesso a pieno titolo a tutte le prestazioni del Servizio sanitario nazionale, con conseguente crescita dei costi. E questo il Governo dovrebbe saperlo bene, dato che le regioni hanno da tempo chiesto maggiore attenzione proprio al tema dell'assistenza sanitaria per gli extracomunitari e alla necessità di trasferire in quota al Fondo sanitario nazionale le risorse indispensabili per attuarla pienamente. Questo è uno dei punti qualificanti dell'accordo sul riparto raggiunto dalla Conferenza Stato-regioni. A ciò bisogna aggiungere la tipologia dei nuovi farmaci immessi nel prontuario, caratterizzati da un doppio dosaggio che ne giustifica un prezzo di mercato molto elevato.
Dunque, vogliamo evidenziare come un provvedimento di urgenza volto a fornire applicazione ad una norma dell'ordinamento che non si fonda sull'attenta valutazione delle ragioni che determinano l'andamento crescente della spesa farmaceutica rischi di configurarsi come un provvedimento tampone, che non esamina le cause strutturali di quell'andamento e, perciò, appare destinato a non produrre effetti positivi a lungo termine.
Il contenimento della spesa farmaceutica è un problema che interpella tutti e ciascuno in quest'aula. La Margherita, che è una forza politica responsabile, conosce bene i termini della questione. Vorrei ricordare che proprio un nostro ministro introdusse una norma che poneva a carico delle imprese la responsabilità dello sforamento. Si trattava di una norma efficace, che riuscì a dispiegare in maniera positiva i propri effetti nel periodo in cui rimase in vigore.
Il provvedimento in esame appare volto ad applicare il criterio della ripartizione del disavanzo della spesa farmaceutica fra le industrie produttrici e le regioni, nella misura rispettivamente del 60 e del 40 per cento, mentre in realtà il mondo della produzione subirà un aggravio a suo carico in misura molto inferiore rispetto a quanto previsto dalla legislazione vigente.
Attraverso alcuni emendamenti, presentati in Commissione e riproposti in Assemblea, abbiamo cercato di richiamare la vostra attenzione su temi importanti per la tenuta del sistema. Non ci siamo sottratti a questa responsabilità, precisando che non è possibile scaricare sulle regioni i costi del mancato rispetto dell'accordo dell'8 agosto 2001. Vi abbiamo sollecitati a tutelare la sperimentazione di alcuni farmaci necessari alla cura di malattie rare e


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di malattie neurovegetative, di grande rilevanza sociale, come il morbo di Parkinson e l'Alzheimer. Vi abbiamo chiesto di tutelare e sostenere la ricerca, fornendo alle nostre attività industriali non solo penalità, ma anche prospettive di sviluppo e di competizione. Abbiamo suggerito l'introduzione di confezioni start di farmaci, al fine di evitare il concentrarsi di forme speculative che solo a parole dite di voler combattere.
Siete stati sordi, siete stati impietosi nel Comitato dei nove, comunicandoci la vostra contrarietà, nonostante su alcuni dei nostri emendamenti la stessa Commissione bilancio avesse espresso parere favorevole. Farete altrettanto oggi e questo ci disporrà in maniera rigorosa ad esprimere con grande fermezza il nostro «no» a questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.

RENATO GALEAZZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi discutiamo l'ottavo provvedimento, dal giugno 2001, riguardante i farmaci. Questo è già un segno della incapacità di questo Governo ad adottare misure che siano veramente strutturali.
Siamo di fronte all'ennesimo provvedimento tampone, all'ennesima una tantum, e questa volta parliamo di farmaci; siamo di fronte all'ennesimo tentativo di mettere una pezza sulla falla rappresentata dai costi della farmaceutica.
Ritengo che questo metodo di governare abbia ormai segnato il passo, dimostrando la sua inefficacia, come appare chiaro dalle vicende della politica e dell'economia di questo paese.
Nei primi tre mesi di quest'anno si è registrato uno sfondamento della spesa farmaceutica; si parla di 1.365 milioni di euro programmati per il 2004, dunque ben al di sopra di quel 13 per cento che era il limite definito a suo tempo.
Tenete conto che in realtà gli italiani pagano ben di più per i farmaci, almeno 120 euro l'anno per ogni cittadino.
Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione in cui gli italiani spendono di più e le cause vengono fatte ricadere sulle regioni e sull'industria. Non voglio qui difendere l'industria farmaceutica, ma sicuramente vanno fatte alcune riflessioni sulla politica del farmaco intrapresa in questi anni.
Tenete conto che siamo in un paese in cui la ricerca farmaceutica e i brevetti sono in numero davvero risibile, proprio perché abbiamo subìto l'invasione delle multinazionali e siamo di fronte alla mancanza di una politica farmaceutica nazionale. È questo il punto: non si vuole considerare il problema nel suo insieme, esaminando tutto il processo, dalla ricerca fino alla produzione, dalla distribuzione alla prescrizione, fino all'educazione del cittadino, magari non solo del capofamiglia. Esiste quindi un problema strutturale, che riguarda l'uso, o se volete l'abuso, del farmaco.
Mi dispiace, in proposito, ricordare la citazione - a mio avviso non felice - fatta dal collega, quando ricordava l'affermazione di William Osler secondo cui l'uomo si distingue dagli animali grazie al desiderio di prendere medicine. Non condivido questa affermazione perché penso che l'uomo si distingue dagli animali non perché prende farmaci, anzi forse è ben diffusa nella popolazione e nel buon senso comune la convinzione che i farmaci possono anche nuocere e che per questo vanno presi solo in caso di bisogno, nella giusta dose e su corretta indicazione.
Tenete conto che gli antichi romani, che erano saggi, chiamavano le medicine venena. Quindi, possono anche essere veleni, ma se presi nella giusta dose sicuramente hanno un importante ed efficace effetto terapeutico, in grado di guarire molte malattie. Ma, ovviamente, stiamo parlando di un uso razionale dei farmaci, che deve evitare gli effetti collaterali e una serie di complicanze, anche dispendiose.
Mi sembra che in questa materia non prevalga un ragionamento basato sulle cause del problema, cercando di intervenire


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sulla struttura di una spesa sicuramente importante, rilevante e qualificante per tutti.
Ritengo superficiale addossare la colpa al cittadino, al medico che prescrive le ricette o all'industria perché tende al profitto. Anzi, se i profitti servono ad incentivare la ricerca e a scoprire farmaci nuovi, ben venga il loro ruolo positivo!
In proposito, voglio ricordare un fatto ormai storico: si dice che il bilancio della Gran Bretagna, all'epoca della signora Thatcher, sia stato salvato non solo dal petrolio del Mare del Nord, ma anche dalla scoperta della ranitidina. La Glaxo, che era allora circa la quarantesima ditta farmaceutica del mondo, divenne la prima, e il bilancio della vendita del brevetto di questo farmaco, rivoluzionario per la cura della malattia peptica, portò al pareggio il bilancio della Gran Bretagna. Ricordo questo fatto clamoroso, perché in realtà cambiò anche il corso della patologia.
Oggi si vogliono incriminare le statine perché hanno comportato un aumento del 3 per cento del prezzo, ma mi domando quanti infarti, quante ischemie, quanti ictus le statine stesse sono in grado di prevenire. Mi sembra quindi un progresso farmacologico importante, perché si tratta del primo farmaco che riesce ad abbassare il tasso di colesterolo e a prevenire in maniera davvero efficace le malattie cardiovascolari; non credo proprio che vada criminalizzato.
I veri problemi sono quelli della prescrizione, del costo del farmaco ma anche dell'educazione, in un progetto che deve comprendere tutta la catena, dalla ricerca alla prescrizione. Il decreto in esame non interviene assolutamente in tale direzione e siamo all'ennesimo provvedimento tampone, per mettere una «pezza» su costi che lievitano in modo esponenziale.
Quindi, l'altro aspetto del decreto è la mancanza di analisi sulle cause di tale incremento. L'aumento va oltre il 13 per cento e nessuno si preoccupa di andare a verificarne le cause. Questo mi sembra grave, poiché non abbiamo avuto alcuna epidemia nei primi mesi dell'anno tale da giustificare l'aumento vertiginoso delle prescrizioni e non sono stati prodotti nuovi farmaci. In realtà, non è stata perseguita una politica per l'uso del farmaco generico: non vi è alcun incentivo per il medico, non vi è alcuna promozione presso il cittadino volta a far comprendere come il farmaco generico abbia lo stesso principio attivo ma un costo minore. Non vi è, dunque, alcuna politica volta a incentivare i farmaci privi di brevetto.
Non vi è, inoltre, alcuna politica sulle confezioni ottimali. Abbiamo proposto, tra l'altro, con i nostri emendamenti l'istituzione della confezione start, proprio al fine di evitare lo spreco di farmaci, ma tale suggerimento non è stato accolto.
Ci troviamo di fronte a una situazione di chiusura: su tutti i nostri emendamenti è stato espresso parere contrario, malgrado il nulla osta della Commissione bilancio su alcuni di essi. Dunque, anche il tentativo di intervenire per migliorare alcuni aspetti relativi al costo dei farmaci non ha avuto alcun riscontro. Assistiamo a una posizione di scarso spessore. Infatti, la mancata analisi e il mancato intervento su alcuni aspetti di tale problema comporterà probabilmente la necessità di adottare un ulteriore provvedimento, in quanto non si interviene sui meccanismi che hanno determinato l'aumento della spesa farmaceutica. Si è persa quindi l'occasione per adottare alcune misure che sarebbero potute intervenire sul fenomeno.
L'attuale situazione politica ed economica è critica, il Governo ha già provveduto ad adottare il decreto «taglia spese», con una riduzione drastica delle spese dei comuni, paventata nel prossimo DPEF. La legge finanziaria che verrà presentata nel prossimo autunno rischia di essere dolorosa, di lacrime e sangue: non saranno certamente sufficienti 15 miliardi di euro, ma sarà probabilmente necessaria una manovra di importo maggiore, analoga a quelle dell'inizio degli anni Ottanta, adottate in una situazione politica ed economica ben diversa (l'importo sarà probabilmente di circa 60 mila miliardi di vecchie lire).
Mi domando dunque come vivrà il cittadino nei prossimi mesi, quando i comuni


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saranno costretti ad innalzare le rette degli asili e delle mense e a decurtare tali servizi. I cittadini anziani, che sono i maggiori consumatori di farmaci (non perché amino assumere farmaci per distinguersi dagli animali, ma perché ne hanno bisogno per garantirsi il benessere), affronteranno una situazione di difficoltà. Tale situazione di difficoltà riguarda tutta l'economia, ma i costi della sanità, a mio avviso, dovrebbero essere gli ultimi ad essere compressi.
Non condivido l'opinione recentemente espressa da un premio Nobel, ad avviso del quale il problema dell'Italia è costituito dalle pensioni e dalla sanità. Ritengo che i problemi di questo paese siano strutturali e riguardino la carenza dell'innovazione e della ricerca e della capacità di cambiare politica.
Non intendo soffermarmi sulle singole proposte emendative sulle quali è stato espresso parere contrario e che non hanno avuto alcun riscontro da parte della maggioranza e del Governo, ma intendo richiamare in particolare l'attenzione sull'articolo aggiuntivo 1.04 a mia firma relativo al problema degli specializzandi. Questa Assemblea si è impegnata su tale problema, e il ministro Giovanardi ha affermato di condividere la nostra proposta di correggere una dizione errata contenuta nella legge finanziaria per il 2003 nel senso di sostituire le parole «conseguono il» con le parole «sono in possesso del». La dizione vigente ha infatti danneggiato i colleghi che hanno presentato un titolo conseguito prima del 2003, che non viene conteggiato con lo stesso criterio con cui viene conteggiato adesso. Si tratta dunque di una situazione che reca danno ai medici che si sono specializzati prima del 2003. Si tratta di un problema serio che si pone nei concorsi, la cui esistenza è stata riconosciuta dal ministro Giovanardi, il quale ha convenuto sulla necessità di introdurre tale modifica per porre rimedio a un errore di dizione. Su tale proposta si è registrato il consenso unanime della Commissione, ma è stata dichiarata inammissibile: se vi fosse stata la buona volontà della Commissione, del Governo e anche della Presidenza, avremmo potuto introdurre tale correzione, risolvendo un problema che genera ansia e contenzioso nei concorsi e che riguarda tutti i medici specializzati.
Questo problema, tra l'altro, si collega a quello dei medici specializzandi, rispetto ai quali, come sapete, il Governo tiene bloccata in Commissione la questione del contratto di lavoro. Si tratta di un'altra deviazione dalla regola del giusto riconoscimento dell'attività che svolgono questi medici, che costituiscono in molti casi le colonne portanti dei reparti ospedalieri, dal momento che svolgono tutte le funzioni assistenziali di ogni altro medico e, anche in questo caso, l'attività che essi svolgono ogni mattina nelle corsie degli ospedali non viene riconosciuta.
Ci troviamo quindi di fronte ad un Governo e ad una maggioranza che, nonostante le affermazioni di principio poi, nei fatti, eludono ogni misura seria di riforma, in questo caso della sanità. Il settore ha sicuramente le sue storture e i suoi problemi, ma avremmo potuto cogliere questa occasione per migliorare la spesa e introdurre degli aggiustamenti a tutta la politica del farmaco. Questa è la conferma che siamo invece di fronte ad un Governo che preferisce chiudere gli occhi e andare avanti a colpi di decreti urgenti (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fioroni. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FIORONI. Signor Presidente, credo che il Governo, con questo provvedimento, abbia superato se stesso e sono certo che anche il sottosegretario Cursi non potrà non avvertire imbarazzo per il decreto-legge appena adottato. Questo provvedimento si presenta come una soluzione tampone per controllare la spesa farmaceutica che è stata dolosamente accresciuta, e quando dico dolosamente mi riferisco alla politica sbagliata, inadeguata, inappropriata e superficiale di questo Governo e di questo ministro: hanno scelto la strada degli interventi gravi, che prevedono


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i recuperi a carico delle aziende produttrici, ma che non affrontano il problema in maniera strutturale come invece dovrebbe essere.
D'altronde, fin dall'insediamento del ministro Sirchia, il rapporto tra questo Governo e la politica del farmaco ha avuto un approccio che si è caratterizzato essenzialmente per una forma di accanimento terapeutico pari solo alla superficialità dello stesso accanimento. Ma come si fa a pensare di controllare la spesa farmaceutica semplicemente dicendo che chi la sfora sarà costretto a ripianarla, quasi che l'industria o coloro che sono chiamati ad acquistare i farmaci possano in qualche modo essere responsabili della valutazione dell'appropriatezza della prescrizione?
In questo decreto-legge c'è un solo grande assente, elemento ormai strutturale nel rapporto che riguarda questo Governo, la salute degli italiani e il modo di rapportarsi al diritto alla tutela della salute. In altri termini, come pensiamo di controllare la spesa farmaceutica se non siano stati minimamente in grado di fornire ai medici di famiglia, ai medici ospedalieri e ai medici specialisti un punto di riferimento che doveva essere rappresentato dei percorsi diagnostici e terapeutici? Come si fa a pensare di tenere sotto controllo la spesa farmaceutica semplicemente perché abbiamo stabilito che non possiamo spendere più del 13 per cento del nostro fondo sanitario nazionale? Il 13 per cento può essere una grande o una piccola cifra! Il problema è individuare la cifra giusta per rispondere in maniera appropriata ai bisogni di salute degli italiani e questo non lo abbiamo fatto.
Ricordo ancora quando dai banchi dell'attuale maggioranza, approvando la riforma sulla sanità - il decreto legislativo n. 229 del 1999 -, si individuò, come era ovvio, che per controllare la spesa farmaceutica occorrevano tre passaggi: innanzitutto elaborare un piano sanitario nazionale e, conseguentemente, una serie di piani sanitari regionali che fossero in grado di far sposare virtualmente la domanda di salute dei cittadini con l'offerta idonea, ritenuta tale non in base agli amici degli amici che dovevano ottenere con degli pseudoaccreditamenti - come è successo nel Lazio e in Lombardia - risposte abnormi, ma semplicemente consentendo che l'offerta fosse direttamente connessa ai bisogni di salute dei cittadini italiani.
Conseguentemente, avremmo potuto stabilire l'entità del fondo sanitario nazionale e anche l'entità del fondo sanitario regionale. Nulla di tutto questo è stato fatto e, anzi, si è ritenuto di dover evitare accuratamente l'individuazione dei percorsi diagnostici e terapeutici.
Che cosa sono questi percorsi diagnostici e terapeutici? Essi dovevano rappresentare lo strumento con cui i vari professionisti e medici di fronte alla malattia - fermo restando il diritto del cittadino di essere curato come 'malato' e non in senso astratto in quanto «malattia» - ottenessero quelle risposte appropriate in termini di diagnosi, di cura e di prescrizione farmaceutica, tenendo presente ovviamente il fatto che non vi è alcuna patologia con una differenziazione su base regionale.
Qualcuno allora obiettò che in tal modo si toglieva la possibilità di libera scelta e di esercizio professionale al medico. Assolutamente falso! I professionisti avrebbero potuto allontanarsi dalle prescrizioni dei percorsi diagnostici e terapeutici semplicemente ribadendo il motivo della loro prescrizione, in difformità alle indicazioni di carattere generale, sulla scorta del malato preso in considerazione.
Tutto questo avrebbe consentito di adottare le uniche misure possibili per contenere la spesa farmaceutica, passando attraverso il concetto di appropriatezza delle cure per le singole patologie, facendo assumere alla classe medica una responsabilità nel momento della prescrizione, (evitando magari le sceneggiate televisive del ministro e dei suoi accoliti di criminalizzazione dell'intera classe medica per convincere il malato italiano che il medico prescrive i farmaci solo per le sue «ferie» ed i suoi interessi, e non per la cura del cittadino) ed esercitando contemporaneamente


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un sistema di controlli efficienti non semplicemente sui numeri, ma anche sulla qualità delle prescrizioni.
Qual è stata invece la strada seguita da questo decreto-legge? È stata solamente quella di assolvere il Governo dalla incapacità di individuare - come era un preciso obbligo di legge - i percorsi diagnostici e terapeutici e di varare le linee guida di comportamento per i professionisti affinché potessero curare il malato discostandosi dalle linee guida stesse con una assunzione di responsabilità. È stata scelta invece una strada banale - e io direi anche molto pilatesca - per evitare ogni controllo sistematico serio.
L'unica forma di controllo sistematico che anche questa volta si è tentato di inserire in questo decreto-legge è quella sulle nuove fustelle, sui nuovi percorsi tecnici, sui nuovi costi aggiuntivi, che dovrebbero essere messi in carico al Poligrafico dello Stato o alla fantomatica banca dati del farmaco, che l'Agenzia dovrebbe realizzare: tutte cose che costano molto, che sicuramente non producono alcun meccanismo di razionalizzazione e che, soprattutto, non curano gli interessi del malato, bensì quelli di qualche amico degli amici che ormai da tempo questo Governo ci ha abituato a veder anteporre alle necessità dei cittadini.
Vorrei chiedere al Governo: perché non avete previsto un meccanismo di controllo per evitare lo sforamento della spesa farmaceutica? Perché non mettete mano seriamente ad una modifica strutturale? Ritorniamo ai percorsi diagnostici e terapeutici, consentiamo ai professionisti di potersi assumere la responsabilità nel momento in cui prescrivono in difformità, e soprattutto avviamo un sistema di controlli che, nella logica dello scarica barile, non è stato fatto in questo paese né dal Ministero della salute né dalle regioni!
Certo, credo ci sia un elemento che ci possa far stare più tranquilli e ritengo faccia stare più tranquillo il Governo. Abbiamo istituito l'Agenzia del farmaco, che ha posto in capo a cinque stimate personalità, sicuramente esperti nei loro ambiti professionali anche se non so con quale esperienza diretta nel campo del farmaco e della appropriatezza della cura, un potere immenso: quello di dover decidere dal punto di vista tecnico e scientifico quali siano i farmaci da inserire nel prontuario e contemporaneamente valutare «quando» e «se» potranno essere presi gratuitamente dai cittadini.
Tutto questo sarebbe un'opera meritoria se l'Agenzia e coloro che sono stati chiamati nel consiglio di amministrazione avessero curriculum proporzionalmente in grado di esprimere quella competenza e capacità, che sicuramente - ritengo - esso evidenzi (potremo stare tranquilli che il prossimo sfondamento non sarà della cifra di quest'anno ma di alcuni milioni di euro in più).
La cosa che dispiace è il fatto che contemporaneamente a questa Agenzia è stato fatto un duplice regalo per quanto riguarda gli aspetti connessi alla ricerca e all'informazione.
Come si pensa di controllare il meccanismo della spesa farmaceutica se non si è minimamente in grado di intervenire nel campo della ricerca? Se, in Italia, affidiamo ogni possibilità di ricerca e di innovazione soltanto alla produzione, all'industria farmaceutica, come facciamo a ritenere che le case farmaceutiche non si sentano legittimate a fare tutto il possibile per recuperare ciò che spendono e per capitalizzare il business? Del resto, né dal piano sanitario nazionale né dai piani sanitari regionali sono stati individuati fondi idonei e linee guida di una ricerca che risponda ai bisogni di salute prevalenti nel paese e, nel contempo, nemmeno indicazioni sufficienti per poter sviluppare progetti di ricerca che siano accuratamente monitorati dall'Istituto superiore di sanità o dal dipartimento del farmaco. Questo compito è stato attribuito a cinque esperti del consiglio di amministrazione dell'Agenzia del farmaco, i quali saranno sicuramente in grado di elaborare le predette linee di indirizzo. Le risorse saranno, ancora una volta, soltanto private.
Resta il capitolo dell'informazione farmaceutica. Nel lasciare alle industrie la funzione di produrre i farmaci innovativi,


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è come se si dicesse loro: «State tranquille: vi rifarete perché, tutto sommato, l'informazione ai medici sull'appropriatezza dei nuovi farmaci sarà affidata solamente a voi ed alla vostra capacità di sapere sposare l'informazione farmaceutica come elemento istituzionale e l'informazione farmaceutica come marketing». Poi la Guardia di finanza scopre - guarda caso! - che dietro l'informazione farmaceutica c'è anche un fenomeno di incentivazione spinta al consumo di farmaci!
Anziché adottare questi decreti-legge ridicoli e repressivi, con cui si finisce per mettere una toppa peggiore del buco, sarebbe il caso di cominciare ad investire nella ricerca anche farmacologica - dettando apposite linee guida e precisando i settori di ricerca - e di affidare allo Stato il compito di fornire agli operatori sanitari un'informazione corretta e svincolata dalle necessità di mercato fino ad oggi imperanti.
Un altro aspetto degno di trattazione riguarda l'Agenzia del farmaco, la quale continua ad operare in conformità ad un accordo sciocco ed allucinante come quello dell'8 agosto 2001! Si addicono le qualifiche di demenziale al Governo che ha formulato una simile proposta e di sciocche alle regioni che l'hanno accettata. Almeno, le regioni possono addurre un'attenuante perché è come se avessero agito con una pistola puntata alla tempia; in sostanza, avete detto loro: «Se volete ripianare i debiti, mangiate questa minestra; altrimenti, saltate dalla finestra!». Come si fa a stabilire un tetto della spesa farmaceutica al 13 per cento? Avete fatto, per così dire, un falso in atto pubblico perché, già mentre firmavate l'accordo, in quel lontano 8 agosto del 2001, sapevate benissimo che la spesa farmaceutica era sfalsata di circa 5 mila miliardi (come ricordate bene). Su questa base è stato costruito un castello, che ogni anno è stato implementato.
Ebbene, anziché concepire una politica di controlli, di indirizzi e di osmosi tra ricerca ed informazione, sotto la mano pubblica, avete scelto la strada di un'ulteriore finzione: chiedete una «marchetta» alle aziende farmaceutiche («Dateci questi quattro soldi sullo sforamento») che, tutto sommato, costa poco ed è facile da accettare.
Vorrei che il ministro dell'economia e delle finanze, ora il Presidente del Consiglio, mi spiegasse come farà (ma, forse, dopo l'abolizione del reato di falso in bilancio, questa sarà una cosa semplicissima) a stabilire quale sia lo sforamento della spesa farmaceutica, dal momento che la banca dati nazionale sulla spesa esiste a macchia di leopardo e che in due terzi delle regioni i controlli sulla spesa farmaceutica non esistono perché quest'ultima non è monitorizzata (perché questo Governo è schiavo della Lega e non ha esercitato i poteri sostitutivi là dove la monitorizzazione della spesa farmaceutica non veniva eseguita).
Quindi, sapete che questo decreto-legge ha una copertura falsa. Create un meccanismo con cui le aziende dovranno ripianare il deficit insieme con le regioni sapendo bene che dite ai due compari, quello che vende e quello che acquista, che se controllano poco o controllano d'accordo, comunque si troverà un modo per recuperare. La spesa, però, sicuramente non sarà quella che avete preventivato, ma quella che agli amici farà piacere.
Di fronte a tutto ciò, il nostro voto sarà senz'altro contrario. È evidente che siamo in presenza di un Governo incapace e di un ministro che, forse, potrebbe svolgere bene la professione medica, ma che certamente non può guidare la sanità pubblica italiana (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Valpiana. Ne ha facoltà.

TIZIANA VALPIANA. Signor Presidente, credo di dover aggiungere la mia voce a quella dei colleghi intervenuti sul complesso delle proposte emendative presentate da tutti i deputati dell'opposizione componenti la XII Commissione (Affari sociali). Intervengo per spiegare il motivo per il quale anche da parte del gruppo di Rifondazione comunista è stata espressa


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una netta contrarietà o, comunque, una grande perplessità rispetto a questo provvedimento la cui finalità potrebbe sembrare di buonsenso nel momento in cui pone a carico delle aziende una parte dello sforamento del prezzo dei farmaci nel nostro paese.
Credo che non debba meravigliare che il gruppo di Rifondazione comunista, notoriamente molto critico rispetto agli immensi e poco chiari profitti dell'industria farmaceutica, nutra alcune riserve su questo provvedimento. Infatti, ad uno sguardo superficiale, potrebbe sembrare che si intenda far risalire - giustamente - la responsabilità della prescrizione dei farmaci il cui prezzo è molto alto e, quindi, lo «sforamento» del tetto di spesa previsto del 13 per cento per l'assistenza farmaceutica, alle aziende. In realtà, se analizziamo bene quali saranno le conseguenze reali derivanti dalla conversione di questo decreto-legge, ci rendiamo conto che, ancora una volta, i costi aggiuntivi saranno a carico del cittadino. Infatti, si tratta di un provvedimento tampone e sicuramente le aziende non calcoleranno sul proprio margine lo sconto ulteriore da fare al Servizio sanitario nazionale; esso sarà fatto pagare ai cittadini, probabilmente attraverso le regioni che, prive dei mezzi necessari per portare avanti la spesa farmaceutica, aumenteranno i ticket e gli altri balzelli a carico del cittadino. Sarà fatto pagare direttamente attraverso l'inserimento di molti farmaci nella fascia C (quindi, a totale carico del cittadino).
Vorrei ricordare che nel 2003, per il fondo sanitario nazionale si è registrata una spesa farmaceutica inferiore a quella dell'anno precedente del 6,2 per cento (un miliardo di euro uscito direttamente dalle tasche dei cittadini per il pagamento dei farmaci). Credo, quindi, che la politica farmaceutica attuata nel nostro paese stia erodendo gradualmente il diritto alla salute che dovrebbe essere garantito a tutti i cittadini nel nostro paese e di cui dovrebbe farsi carico il Servizio sanitario nazionale pubblico e solidaristico.
In realtà, il cittadino che necessita di farmaci il più delle volte è lasciato solo dal Servizio sanitario nazionale di fronte alle spese sempre maggiori previste dall'assistenza farmaceutica ed è costretto a pagare di tasca propria i farmaci che, di fatto, ha già pagato nel momento in cui ha contribuito, attraverso la fiscalità, alla costituzione di questo fondo.
Credo che alla base della scelta di porre a carico dell'industria farmaceutica il 60 per cento dello scostamento, non sia stata svolta un'analisi della situazione. Ancora una volta, ci troviamo di fronte ad un provvedimento tampone che non riuscirà a risolvere il problema perché non ne sono state analizzate le cause. Dunque, sono state individuate soluzioni emergenziali e non strutturali, come questo Governo è abituato a fare in tutti i campi e in particolare in quello della sanità. Infatti, si tratta dell'ottavo provvedimento tampone che tenta di bloccare la bancarotta di fronte alla quale si trova anche il settore della sanità.
Innanzitutto, credo che la causa principale dello sforamento del tetto stabilito del 13 per cento - vorrei sottolineare anche il fatto che per questo decreto manca stranamente una relazione tecnica, che ci metta in grado di capire realmente quali sono le analisi che stanno alla base delle scelte fatte e quali sono soprattutto gli obiettivi che vengono perseguiti da questo provvedimento - sia da rinvenire nel fatto che si tratta di una percentuale di spesa per la farmaceutica stabilita in maniera del tutto acritica e non corrispondente alla realtà rispetto ad un Fondo sanitario nazionale che noi sappiamo essere assolutamente sottostimato.
Sappiamo ormai che il nostro Fondo sanitario nazionale, che corrisponde al 6,2 per cento del PIL, è in realtà molto inferiore al 6 per cento, se andiamo ad analizzare bene le voci; e sappiamo che la media degli altri paesi europei supera invece il 6 per cento e che sarebbe necessario, se non si scelgono politiche astratte, ma si decide di valutare quali sono i costi reali della sanità nel nostro paese, che il fondo sanitario fosse - come più volte Rifondazione comunista ha cercato di dire e di fare, attraverso le ultime


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finanziarie, e come sicuramente nella prossima finanziaria continuerà a sostenere - almeno tra il 7 e l'8 per cento. È evidente che, se ci manteniamo sotto il 6 per cento, di fronte ad una spesa reale dell'8 per cento rispetto al PIL, anche il 13 per cento del Fondo sanitario riservato alla farmaceutica viene ad essere decurtato in maniera proporzionale e risulterà assolutamente non sufficiente e sottostimato rispetto alle reali necessità.
Ancora una volta credo che quello che manca sia un'analisi concreta delle cause che hanno determinato l'aumento della spesa farmaceutica nel nostro paese. Innanzitutto, dobbiamo ricordare che negli ultimi anni c'è stato un aumento generalizzato, in tutti gli Stati dell'Unione europea, della spesa farmaceutica e, in realtà, l'Italia non avrebbe potuto in nessun modo fare eccezione. Le cause sono moltissime, ma sostanzialmente possiamo farle risalire a due ordini di problemi. In primo luogo, l'inserimento di nuovi farmaci innovativi, che hanno avuto e hanno alti costi di ricerca e di innovazione tecnologica, che si riversano evidentemente sul prezzo finale del farmaco e che portano quindi ad un aumento della spesa. L'altro motivo - che credo sia sotto gli occhi di tutti - è l'aumento medio dell'età della popolazione nell'Unione europea e, quindi, di fatto, per le mutate le condizioni di salute dei cittadini, l'aumento del ricorso alla farmaceutica.
Ci sono poi anche alcune cause concrete collegate alle scelte che sono state fatte nell'ultimo periodo, che hanno determinato un aumento della spesa farmaceutica di cui non si può non tener conto. Vorrei ricordare - per sottolineare che questo Governo ha fatto una cosa positiva - che in questa primavera sono stati inseriti all'interno del prontuario farmaceutico i farmaci antistaminici (che ne erano stati precedentemente esclusi), che servono per la cura delle allergie. Sappiamo tutti quanto le allergie, sia di tipo cronico, sia di tipo emergenziale, sia stagionale, siano in aumento nel nostro paese e quanto sia importante il fatto di avere riconosciuto, anche su richiesta di Rifondazione comunista, attraverso atti di sindacato ispettivo, la necessità di inserire nel prontuario farmaceutico (quindi a carico del Servizio sanitario nazionale e in modo gratuito per i cittadini) i farmaci antistaminici. Non si può però non tenere conto del fatto che questo comporta sicuramente un aumento delle spese. Ricordiamoci poi che è stata introdotta tutta una serie di nuovi farmaci - in particolare, statine - all'interno del prontuario farmaceutico, e che anche ciò comporta un aggravio di spesa. Inoltre - e anche al riguardo ritengo sia una cosa sacrosanta e fatta bene, alla quale però si sarebbe dovuto pensare preventivamente, non tardivamente -, con la regolarizzazione, prevista dalla legge Bossi-Fini, abbiamo 700.000 nuovi cittadini stranieri che, grazie a una sistema sanitario nazionale ancora vigente nel nostro paese, godono, dopo questa regolarizzazione, dell'assistenza sanitaria e, quindi, anche dell'assistenza farmaceutica gratuita. A fronte di questi nuovi 700 mila aventi diritto non era stata prevista una lira di aumento delle spese sanitarie per le regioni. È evidente come al riguardo vi sia stata, da parte di tutte le regioni, una presa di posizione seria e dura nei confronti dello Stato e che si sia dovuto correre ai ripari attraverso un aumento dei costi relativi anche a tale voce.
Credo occorra analizzare anche quella serie di fenomeni di illegalità - chiamiamoli così! -, sui quali sta indagando la magistratura, che coinvolgono numerose multinazionali farmaceutiche (ed una in particolare). Al di là dei risultati delle indagini condotte dalla magistratura, resta chiaro che le multinazionali, e le aziende farmaceutiche in generale, hanno riversato e riversano tuttora sul costo dei farmaci spese enormi, sostenute per «oliare» la macchina delle prescrizioni mediche. Al riguardo credo che nel nostro paese debba essere avviata una seria riflessione sul mancato controllo delle prescrizioni e, soprattutto, sull'appropriatezza delle prescrizioni stesse.
A fronte di tutti questi fattori - e, se ce ne fosse il tempo, potremmo probabilmente chiamarne in causa numerosi


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altri -, che hanno determinato un aumento della spesa farmaceutica, non sono state adottate né manovre di tipo strutturale, né scelte concrete per evitare la lievitazione di detta spesa. Vorrei provare a citare alcune delle scelte che avrebbero potuto essere compiute - che sono, poi, quelle che abbiamo cercato di tradurre nelle nostre proposte emendative - per contenere il costo dei farmaci non in maniera astratta, e senza ridurre i profitti - che sono sempre tantissimi - ottenuti dalle multinazionali, visto che poi i loro mancati guadagni verranno sempre fatti ricadere sui cittadini.
Vorrei ricordare, innanzitutto, che siedo in Commissione affari sociali ormai da tre legislature, e dal 1994 non sento che parlare della necessità (peraltro, mai affrontata nel nostro paese) di adeguare le confezioni dei farmaci alle dosi ottimali e dunque a dosi che, da una parte, assicurino la continuità terapeutica (mi riferisco, ad esempio, agli antibiotici) e, dall'altra, non contengano una quantità di prodotto superiore a quella necessaria. È evidente, infatti, che la parte di confezioni che non viene utilizzata va sprecata, ed incide fortemente sui costi del settore farmaceutico.
Vorrei osservare, inoltre, che nel nostro paese non sono previste le cosiddette confezioni starter. Si tratta di confezioni contenenti piccole dosi (come, ad esempio, dieci pastiglie), in grado di testare il nuovo farmaco prescritto ad un cittadino che lo assume per la prima volta. È evidente che ove venga prescritta una dose «normale» di un medicinale ad un cittadino che successivamente, per un motivo qualsiasi, trova il farmaco non corrispondente al suo bisogno o non adatto a lui, la parte non utilizzata va sprecata: pertanto, ancora una volta, si verifica un sovraccarico di spesa per tutti.
Vorrei ricordare in particolare che, per quanto concerne le statine, sono state ritirate dal mercato le confezioni da 10 pastiglie e sono vendute esclusivamente quelle da 30 pastiglie. Credo che ciò si traduca in uno spreco di 20 pastiglie per ogni confezione venduta: pertanto, i due terzi della spesa sono soldi buttati al vento o, peggio, nel cassonetto, con un notevole aggravio, anche sotto il profilo ecologico, per il nostro paese. Vorrei altresì segnalare che, in tutti gli altri paesi, è previsto che il farmacista possa aprire la confezione e consegnare al cliente solo la dose strettamente necessaria per la cura, oppure una dose per effettuare una prova della rispondenza del farmaco alle sue esigenze.
Inoltre, manca la possibilità di prescrivere il principio attivo del farmaco. Vorrei ricordare che, al riguardo, sono state condotte campagne informative, ma sono state troppo timide per entrare nella mentalità corrente del nostro paese. Sappiamo quanta parte del costo dei farmaci sia imputabile al fatto che numerosi di essi siano, per così dire, «griffati», e sappiamo, altresì, che molto spesso esistono farmaci identici, ma definiti «generici». Ebbene, si tratta di un nome che spesso penalizza tali confezioni farmaceutiche, contenenti i principi attivi, perché il cittadino viene poco invogliato ad acquistare un farmaco definito «generico». Al di là di ciò, credo sia evidente a tutti che gran parte del costo del farmaco è rappresentato proprio dal nome commerciale del farmaco stesso, dalle risorse investite per la sua pubblicizzazione e dall'intero meccanismo della griffe, sul quale le case farmaceutiche vivono e rispetto al quale si svolge una competizione tra farmaci che, pur contenendo lo stesso principio attivo e pur producendo gli identici effetti terapeutici, giocano su prezzi diversi, su confezioni diverse e su «ammiccamenti» diversi ai medici prescrittori e, dunque, al consumatore finale.
Credo sarebbe necessario anche nel nostro paese diminuire - come in tutti gli altri paesi - la durata del periodo brevettuale, perché è evidente che quanto più un brevetto è lungo - sappiamo che alcuni farmaci, entrati in commercio in Italia oltre 15 anni fa, sono ancora coperti dal brevetto -, tanto più ciò va ad incidere sul prezzo finale.
Poiché in Commissione affari sociali, da molto tempo, è in discussione una proposta


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di legge sugli informatori scientifici, sottolineo che sarebbe necessaria, per i medici, un'informazione sui nuovi farmaci gestita non dagli informatori - che una volta si chiamavano propagandisti - provenienti dalle ditte farmaceutiche, ma dalle strutture pubbliche indipendenti.
Concludendo, ritengo che questo decreto-legge non porterà ai risultati cui si dice di voler arrivare, perché in realtà si cerca di dare una soluzione tecnica ad un problema che non è tecnico, ma eminentemente politico, ossia quello di dare la giusta considerazione alla salute dei cittadini del nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo di Rifondazione comunista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bolognesi. Ne ha facoltà.

MARIDA BOLOGNESI. Signor Presidente, già lo hanno sottolineato altri colleghi, ma vorrei rimarcare come questo provvedimento riveli la debolezza e l'incapacità del Governo, di governare e regolamentare settori delicati, quale quello che riguarda la salute dei cittadini e delle cittadine italiane.
È infatti evidente la debolezza del Governo, che si presenta in quest'aula limitandosi a registrare lo sforamento del tetto del 13 per cento e proponendoci un provvedimento tampone di carattere emergenziale (l'ennesimo, vorrei sottolinearlo, perché mi sembra sia il quinto o il sesto che interviene sulla spesa farmaceutica). Tale provvedimento non individua un meccanismo virtuoso su cui cominciare ad operare affinché vi sia un cambiamento della situazione e si riconosca la debolezza del tetto del 13 per cento, iniziando a ragionare su meccanismi virtuosi.
Credo che i nostri emendamenti abbiano individuati molti di tali meccanismi: il tema annoso delle confezioni ottimali, quello dell'appropriatezza dei percorsi terapeutici, o quello del coinvolgimento dei medici di medicina generale e - perché no? - dell'utenza in un tentativo di gestire un tema «caldo» come quello della spesa farmaceutica, che certamente deve essere tenuta sotto controllo, ma non può essere soltanto oggetto, sistematicamente, di provvedimenti tampone.
Credo che ciò sia il cascame evidente del «fu» ministro Tremonti - «fu» come ministro, ovviamente, non come persona - e individui un punto di debolezza e di incapacità reale del governo della spesa italiana e dell'investimento rispetto ad alcuni settori. Abbiamo, infatti, messo nelle mani del ministro Tremonti la salute dei cittadini italiani, impoverendo ed indebolendo totalmente il ruolo di indirizzo e di verifica del governo della sanità nazionale. Non sarà semplicemente con la sostituzione del ministro della salute che si potrà rimediare a tale vulnus, all'assenza di governo della spesa sanitaria e di indirizzo di ciò che vogliamo realizzare, col piano sanitario nazionale e con i piani sanitari regionali.
Addirittura, alcune regioni non sono in grado di presentare indirizzi, di fare programmazione e, quindi, monitoraggio della spesa, definendo anche la qualità del servizio reso, sotto il profilo del diritto alla salute, a tutti i cittadini italiani, ovunque essi nascano e risiedano.
Allora, è evidente la debolezza di questo meccanismo: infischiandosene del problema della risposta - e della qualità della stessa - alla salute dei cittadini, si interviene con provvedimenti emergenziali, con provvedimenti tampone, colpendo là dove è più semplice colpire. Ciò senza comprendere che l'ennesima manovra sull'industria del farmaco non solo non individua i motivi dello sforamento e non accerta se lo stesso sia dovuto anche ad una debolezza del tetto, ma colpisce quello che, invece, dovrebbe essere considerato un settore produttivo, che impiega posti di lavoro e, soprattutto, chiede investimenti e ricerca; ciò, evidentemente, affinché non vi siano soltanto una distribuzione ed una commercializzazione. Tra l'altro, anche in questo caso, non vi è una ripartizione equa su tutta la filiera e non si interviene in maniera ordinata. Soprattutto, l'assenza totale di investimenti per la ricerca, l'assenza totale di governo e di previsione della spesa e di certezza per gli operatori del settore, l'assenza totale di una minima programmazione


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dell'industria, da un lato, e di un minimo intervento nel settore degli operatori, dall'altro, l'assenza di un investimento sulla salute dei cittadini, complessivamente determinano una totale debolezza del governo della salute nel nostro paese.
Sappiamo che si colpisce chi non è responsabile dell'appropriatezza delle prescrizioni. Ciò vuol dire che non siamo in grado di governare, insieme alle regioni, l'appropriatezza delle prescrizioni e la capacità di previsione di spesa e che non abbiamo la minima capacità di intervenire su correttivi minimi. Ancora una volta, il Governo taglia la spesa sanitaria e fa ricadere il controllo della spesa sulle spalle di chi sicuramente non può essere l'oggetto del controllo stesso; esso non è in grado di mettere intorno ad un tavolo medici di medicina generale e regioni e di individuare percorsi appropriati e punti di debolezza nella filiera della spesa e nella distribuzione del farmaco. Il Governo agisce in questo modo e ciò viene rivelato dalla totale assenza di uno «straccio» di relazione tecnica che individui i punti di debolezza.
Ciò significa che, fra tre mesi, si opererà di nuovo un altro taglio e, per l'incapacità del Governo, vi sarà un'altra ricaduta in termini di ridistribuzione sui vari soggetti che operano nel campo sanitario, dall'industria fino all'anziano che per la sua patologia cronica usufruisce di un certo medicinale.
È chiaro che, in questo momento di crisi totale del Governo di centrodestra, forse è utopistico pensare di chiedere a chi ne ha la responsabilità - penso al Presidente Berlusconi - di tornare indietro su alcuni indirizzi e di cambiare i ministri che hanno dimostrato una totale incapacità, tra i quali ovviamente il ministro Tremonti. È evidente che, sebbene un primo passo sia già stato compiuto, si brancola nel buio totale per individuare possibili soluzioni ai danni che avete prodotto ai cittadini italiani. Oggi, infatti, è diminuita la capacità di copertura del diritto sanitario per i cittadini ed è aumentata la spesa. Il Governo ci chiede un taglio che cade sulle spalle dell'industria, ma non ci dà soluzioni e indirizzi, né ci consente di individuare percorsi virtuosi affinché tale spesa torni sotto controllo o si individui la debolezza o l'inefficacia del tetto stabilito.
Potremmo anche tornare a discutere se la risposta in termini di «salute» passi efficacemente da questo tetto di spesa o se forse l'equilibrio tra risposte ai bisogni di salute e spesa farmaceutica richieda una riflessione di natura diversa, perché oggi, con la cronicizzazione di molte patologie e con la possibilità di rispondere in termini di qualità della vita a fronte di molte patologie, noi dobbiamo rivalutare in qualche modo, nel rapporto spesa-benefici, gli investimenti che sono stati adottati.
Oppure, dobbiamo chiedere una assunzione di responsabilità di carattere diverso a chi prescrive farmaci... È possibile individuare un budget - come abbiamo chiesto - visto che sappiamo all'incirca quanto può spendere chi ha un certo numero di mutuati (circa 1500); ad esempio, è allora ipotizzabile che i medici di medicina generale, ai quali si chiede di farsi carico di pazienti a domicilio, possano rispondere, oltre che in termini di qualità della vita, anche in termini di capacità di risparmio per quanto riguarda i ricoveri non «appropriati».
Questo riequilibrio può costruirsi con i medici che si fanno carico di curare a domicilio pazienti cronici o terminali, con una «scalettatura» maggiore di budget. Ci sono tante soluzioni che possono mettersi in campo: per esempio, l'annosa questione della confezione ottimale terapeutica, della quale si parla da anni, e che può essere un modo per combattere sprechi senza gravare sulle spalle dei pazienti.
Ci possono essere percorsi terapeutici e virtuosità nelle prescrizioni, cercando di responsabilizzare i pazienti, attraverso campagne che, per esempio, «lavorino» sul farmaco generico. Tuttavia, la debolezza nell'utilizzo del farmaco generico in Italia dipende dall'incapacità dal punto di vista culturale diffusa in primo luogo fra i medici e successivamente fra i pazienti. Perché allora non investire minimamente in campagne sul farmaco generico affinché la spesa possa essere ridotta?


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Comprenderei che si dicesse, come si è fatto con i condoni e con altri interventi tampone, che tali misure non hanno evidentemente prodotto alcuna efficacia: adottiamo un provvedimento tampone, ma accanto a questo, individuiamo percorsi di governo della spesa farmaceutica, percorsi di corresponsabilizzazione, che non si traducano soltanto in una penalizzazione dell'industria, che peraltro, sul piano del budget generale della spesa, risulta essere un «pezzetto» del problema.
Noi lo avremmo compreso, avremmo forse criticato, ma probabilmente avremmo dato un contributo (che abbiamo cercato ugualmente di fornire attraverso la presentazione dei nostri emendamenti) affinché si costruisse un diverso percorso per il futuro.
Il Governo si presenta invece in Parlamento senza una relazione, senza aver individuato le cause di questo «sforamento» di spesa, senza fornirci i dati circa il fatto che lo «sforamento» possa riguardare alcune realtà, alcune patologie o alcuni tipi di prescrittori.
Non ha fatto niente di tutto questo, il Governo! Si è limitato a compiere la sesta o la settima «manovra» sul farmaco, perché, come dire, è semplice, e anche popolare, evidenziare qualche scandalo qua e là, magari «vecchio» e riportato sulla stampa, che individui magari la colpa da una parte e renda meno pesante e grave la manovra; noi qui vogliamo invece svelare questo «giochetto» secondo il quale, se si adotta un intervento tampone e al contempo non si forniscono indirizzi in termini di governo del problema, che individuino quindi soluzioni a medio e lungo termine per risolverlo, è evidente che poi si alzi bandiera bianca rispetto alla capacità stessa di comprendere.
Questo è un ragionamento tutto politico, onorevole rappresentante del Governo, dinanzi al fatto che evidentemente il ministro - non so se sia ancora ministro della salute - non ha avuto il coraggio di venire qui per «difendere» un provvedimento che riveste urgenza soltanto per l'incapacità delle casse dello Stato, e quindi del Tesoro, ma certamente non per i cittadini italiani.
Questi ultimi avrebbero voluto, forse, anche un intervento tampone poiché il Governo non è in grado di fare altro, ma anche iniziative ed indirizzi su cui agire affinché tale tipo di provvedimento non debba essere riprodotto tra tre o sei mesi per colpa dello «sforamento».
Non è colpa degli italiani se si invecchia di più: fortunatamente, il nostro Servizio sanitario nazionale, che avete cercato di distruggere in ogni modo, continua ancora a rispondere alle esigenze di salute, anche grazie agli operatori sanitari. Tuttavia, è chiaro che, se cambia la qualità delle patologie, deve necessariamente cambiare anche la qualità della risposta da dare al bisogno di salute. L'intervento del farmaco diventa una voce più importante perché tante patologie vengono risolte da farmaci innovativi grazie alla capacità della ricerca e della sperimentazione di fornire sempre nuove soluzioni. Un Governo capace di prevedere cosa accadrà tra dieci o vent'anni in questo paese deve essere in grado di portare avanti indirizzi diversi, fornire non solo risposte emergenziali ma anche strategiche, che mi sembra manchino totalmente nel governo della sanità che era stato appaltato, insieme a molto altro, all'ex ministro Tremonti.

PRESIDENTE. Onorevole Bolognesi...

MARIDA BOLOGNESI. Concludo, signor Presidente.
Con i nostri emendamenti correttivi abbiamo provato ad indicare strade diverse. Mi auguro che presto andrete a casa e saranno altri a dare soluzioni diverse, perché la salute dei cittadini italiani è già abbastanza penalizzata da questo Governo. Mi sembra che la vostra incapacità sia davanti agli occhi dell'Europa e dell'Italia e, soprattutto, dei pazienti, che sono l'anello più debole e chiedono soluzioni strategiche diverse.
Insieme alle regioni, che oggi hanno la massima responsabilità in materia e si sono rivoltate contro il Governo rispetto al provvedimento in esame, dobbiamo individuare strumenti di rilevazione dei problemi sanitari e della spesa farmaceutica e, accanto a


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ciò, immettere meccanismi virtuosi. Vi sono regioni che hanno già avviato tali meccanismi. Abbiamo la possibilità di lavorare perché l'Italia non sia un paese non solidale, un paese in cui vi è una sanità di serie A ed una di serie B (cosa che già esiste perché non siete stati capaci neanche di rilevare i livelli essenziali di assistenza nonché in quali territori è maggiore il bisogno di salute dei cittadini).
Mi auguro che il provvedimento in esame, cui siamo fermamente contrari, trovi una risposta negativa dalle regioni e dall'Assemblea, poiché da tempo chiediamo un cambiamento vero sul diritto alla salute (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sulle proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate.

PRESIDENTE. Il Governo?

CESARE CURSI, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo concorda con il parere espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non ripeterò ogni volta che il relatore ed il Governo hanno espresso parere contrario perché è informazione ormai nota...
Passiamo alla votazione dell'emendamento Burtone 1.22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, il Governo ha affrontato questo provvedimento ricorrendo al solito intervento tampone. In realtà, non ci troviamo di fronte ad un aumento congiunturale della spesa farmaceutica e, quindi, sono necessari interventi strutturali.
Tenuto conto della crescita del numero degli utenti, con l'accesso a pieno titolo di circa 700 mila cittadini stranieri, e di alcune decisioni della CUF di modificare il prontuario farmaceutico, con l'emendamento in esame chiediamo, con realismo, la rideterminazione, da parte del ministro della salute, di concerto con la Conferenza Stato-regioni, della spesa farmaceutica ed un suo possibile allineamento a quella della maggioranza dei paesi europei.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.

GRAZIA LABATE. Con l'emendamento in esame richiamiamo l'attenzione dei colleghi della maggioranza e del Governo su due questioni. La prima è una questione metodologica, di tempo, perché chiediamo che entro il mese di agosto 2004, nell'ambito della Conferenza Stato-regioni, sia ridiscusso l'andamento della spesa farmaceutica. Lo chiediamo in omaggio all'accordo stipulato tra l'attuale Governo e le regioni italiane l'8 agosto 2001, che all'articolo 9, lettera e), prevede che entro il mese di settembre di ciascun esercizio finanziario i soggetti istituzionali si incontrino, analizzino la previsione e l'andamento della spesa e ragionino sulle previsioni reali almeno di un primo semestre. Questo perché siamo tutti convinti che la spesa pubblica vada tenuta sotto controllo e non debba splafonare.
La seconda questione è la seguente. A noi dell'opposizione fa piacere leggere la relazione che accompagna il parere espresso dalla V Commissione. I colleghi sanno, infatti, che il provvedimento in esame non è accompagnato dalla relazione tecnica; dunque, in assenza di tale relazione, il Governo ha dovuto fornire alla Commissione bilancio un'opinione sui tempi e sulle quantità e ha dovuto dire che l'Agenzia nazionale per il farmaco solo a settembre sarà in grado di svolgere il proprio ruolo di controllo.
Invito quindi i colleghi della maggioranza ed il Governo a non sottovalutare questo emendamento dell'opposizione, che


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vi viene in aiuto, per evitare che alla fine di ottobre quest'aula si trovi nuovamente ad esaminare un decreto sulle previsioni reali almeno semestrali e che ci chiama ad operare un'ennesima copertura o un ennesimo taglio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Abbiamo criticato il decreto-legge in esame perché esso non parte da un'analisi reale della situazione. Non c'è una relazione tecnica di accompagnamento, né il Governo ci ha detto per quali ragioni è stato sfondato il tetto di spesa di 1.300 milioni di euro.
Con l'emendamento in esame cerchiamo, quindi, di fare uno sforzo per aiutare il Governo e la maggioranza ad individuare le cause dello sfondamento. Dobbiamo considerare infatti che, dal 1o gennaio scorso, 700 mila nuovi utenti del Servizio sanitario nazionale sono stati messi nella condizione di poter avere, secondo la sanatoria relativa agli immigrati, diritto a tutte le forme di assistenza sanitaria, senza che voi abbiate dato nemmeno un euro in più alle regioni per poter affrontare le relative spese sanitarie. D'altronde, non si può pensare che, fra questi 700 mila nuovi utenti, non vi siano persone che siano state male, che siano andate dal dottore e a cui siano stati prescritti dei farmaci. Le regioni si sono, quindi, trovate nella condizione di pagare delle prestazioni aggiuntive, per le quali lo Stato non ha stanziato nemmeno un euro!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Burtone 1.22, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 432
Votanti 431
Astenuti 1
Maggioranza 216
Hanno votato
199
Hanno votato
no 232).

Prendo atto che l'onorevole Falanga non è riuscito ad esprimere il proprio voto.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Meduri 1.53.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione ci siamo sforzati di far capire alla maggioranza ed al Governo che non si può affrontare la questione delicata dei farmaci con misure sommarie. In questo caso, non si approfondiscono i problemi reali e non si analizzano i motivi dello sfondamento del tetto di spesa nella misura del 13 per cento. Potrebbe essere accaduto a causa di una valutazione non realistica del suddetto tetto di spesa o di una sottostima o inadeguatezza del fondo sanitario nazionale. Se così fosse, anche la percentuale del 13 per cento risulterebbe sottostimata.
Le regioni devono garantire ai cittadini italiani il diritto all'assistenza sanitaria, ma, in tale contesto, risulta difficile farlo e, pertanto, ci ritroviamo in una situazione che il Governo sta affrontando in maniera inadeguata. Vorrei ricordare al Governo che, grazie ad otto provvedimenti da esso approvati in questi tre anni, i cittadini italiani ormai si sono fatti carico, di tasca propria, del 40 per cento della spesa per le medicine, che un pensionato ormai spende dai 60 agli 80 euro al mese per comprare le medicine, e che una famiglia italiana spende, per ogni componente familiare, 119,1 euro all'anno per la stessa finalità. La copertura finanziaria della spesa farmaceutica in passato gravava, per


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il 68 per cento, sullo Stato e, per il 32 per cento, sui cittadini, mentre oggi grava, per il 60 cento, sullo Stato e, per il 40 per cento, sulle famiglie. Quindi, l'8 per cento della spesa farmaceutica in questi tre anni si è trasferita dalle USL alle famiglie.
Voi pensate di affrontare tale situazione con un provvedimento generico, senza aver valutato, oltretutto (questa è la ragione dell'emendamento in esame, che si propone di far riferimento ad un periodo semestrale, e non più trimestrale), gli effetti che ne deriverebbero. Si è compiuta una proiezione annua di alcuni dati dei primi mesi dell'anno, mentre sarebbe stato meglio, a nostro avviso, mantenere una valutazione semestrale, per avere un periodo più ampio su cui ragionare e verificare i flussi. Se si fossero analizzati i motivi dell'aumento delle prescrizioni, forse, in un periodo più ampio, si sarebbe riusciti a capire l'evoluzione di questo fenomeno e si sarebbero potute individuare, altresì, alcune misure che non avrebbero avuto il carattere di interventi tampone. Tali interventi vi costringeranno, tra tre o sei mesi, a compiere una operazione analoga; in tale caso, non saremmo più in condizione di controllare la spesa e, soprattutto, di garantire ai cittadini italiani un'adeguata assistenza sanitaria per quanto riguarda il diritto ai farmaci.
In un maggiore arco temporale si sarebbero potute individuare norme più mirate, che avrebbero consentito certamente un rientro (un rientro, anche se parziale, questo decreto-legge lo determina), ma, nello stesso tempo, si sarebbero potuti attuare alcuni interventi specifici su tutta la filiera del farmaco. Noi, infatti, non possiamo pensare che la diffusione del fenomeno su tutto il territorio nazionale derivi da un singolo fattore o da un medico che ha prescritto di più degli altri.
Credo che dovremmo analizzare l'intera filiera del farmaco e capire come mettere sotto controllo le prescrizioni, nonché migliorare il confezionamento dei medicinali, al fine di ottenere, anche attraverso diverse modalità di proposta del farmaco al cittadino, un risparmio.
Vi è poi la questione dei farmaci generici. Occorre rivisitare il sistema di distribuzione e valutare come regioni e sistema distributivo possano collaborare per risparmiare. Ci saremmo aspettati dal Governo, quando si scopre (come se lo si scoprisse all'improvviso!) che si è sfondato il tetto di spesa di 1.300 milioni di euro, provvedimenti più puntuali, più seri e, soprattutto, più efficaci.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giacco. Ne ha facoltà.

LUIGI GIACCO. Signor Presidente, siamo d'accordo sul fatto che sia necessario controllare la spesa farmaceutica, ma pensiamo che il metodo utilizzato dal Governo non sia il più efficace per fornire soluzione a tale problematica.
In altri termini, ci saremmo aspettati di poter svolgere un'analisi ancora più accurata al fine di verificare gli elementi che hanno portato a questo sfondamento di 1.300 milioni di euro ed individuare i criteri e le norme idonee a superare questa situazione.
Certamente, un tempo più lungo poteva permettere un'analisi ed una valutazione più corrette. In questa maniera, si sarebbero potuti studiare alcuni aspetti che riteniamo fondamentali: le confezioni ottimali, in ordine alle quali potevano essere evitati alcuni sprechi; la razionalizzazione del sistema distributivo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Meduri 1.53, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).


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(Presenti e Votanti 450
Maggioranza 226
Hanno votato
206
Hanno votato
no 244).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Meduri 1.54.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.

GRAZIA LABATE. Signor Presidente, con questo emendamento ritorniamo ad una questione sostanziale, in quanto desideriamo subordinare il contenuto del comma 2 dell'articolo 1 - che, come i colleghi avranno notato, misura lo scostamento tendenziale e le modalità di copertura - all'ordinamento vigente, visto che tutto ciò è disciplinato dall'articolo 48 del decreto-legge n. 269 del 2003, con il quale vengono definiti i compiti dell'AIFA. Dunque, chiediamo che gli esiti delle verifiche siano compiuti dall'AIFA.
Attraverso il comma in esame, si introduce un meccanismo che porrà le regioni italiane - mi rivolgo in particolare ai colleghi della Lega, che so essere particolarmente sensibili al ruolo delle regioni -, a fine esercizio 2004, di fronte all'obbligo previsto dalla legge della copertura non del 40 per cento di sfondamento, bensì dell'80 per cento.
Mi domando come i colleghi della maggioranza, visti gli effetti di questo meccanismo di calcolo, a settembre, non abbiano ritenuto opportuno riconsiderare, nell'ambito della Conferenza Stato-regioni, tempi e metodi per la copertura degli sforamenti. Questa è una responsabilità grave che vi assumete!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Meduri 1.54, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 448
Maggioranza 225
Hanno votato
208
Hanno votato
no 240).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Labate 1.29.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, ritengo che sulla questione trattata nel presente emendamento il Governo debba essere chiaro.
Qui si prevede uno sfondamento di 1.300 milioni di euro. Con il decreto-legge, se tutto va bene, voi dite che le industrie saranno chiamate a pagare circa 470 milioni di euro ma, di fatto, entro il 31 dicembre 2004, le industrie arriveranno a pagare 300 milioni di euro. Se la matematica non è un'opinione, 1.300 meno 300 dà come risultato mille euro.
La domanda che vi poniamo è la seguente: chi paga i mille euro restanti? A quanto capisco, li pagheranno le regioni. Allora, se non scrivete con maggiore chiarezza sul decreto-legge chi si fa carico della parte eccedente - circa un miliardo di euro, corrispondenti a duemila miliardi delle vecchie lire - dobbiamo pensare che tale onere spetti alle regioni, che hanno già sul piano sanitario una finanza estremamente difficile, perché la sottostima del fondo sta provocando dappertutto, sia nelle regioni più organizzate e sia in quelle meno organizzate, una gravissima situazione di affanno e di difficoltà finanziaria. In aggiunta, con questo decreto-legge le colpite con un ulteriore botta da due mila miliardi. Le regioni non sono in grado di reggere questo ulteriore onere sul fondo sanitario, da voi accollato, a meno che non spieghiate meglio l'emendamento che avete approvato in Commissione. Forse intendete affidare l'eccesso di spesa alle misure che adotterà in proposito l'Agenzia per il farmaco?


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Ma allora vi poniamo un'altra domanda: quali sono le misure che potrà adottare l'Agenzia? Se dovrà risparmiare una cifra di questa consistenza, anche togliendo il 40 per cento a carico delle regioni, parliamo comunque di 700 milioni di euro: cosa dovrà fare? Dovrà forse trasferire farmaci ora gratuiti in fascia C, in modo da farli pagare agli italiani di tasca propria? Credo che questa sia l'unica strada lasciata aperta, una strada insostenibile: spiegavo prima che già gli italiani stanno pagando il 40 per cento della spesa per i farmaci.
Se si continua così, con la misura che voi proponete, questa percentuale è destinata ad aumentare. Mi rivolgo in particolare a voi, colleghi della maggioranza: i cittadini che pagano di più sono quelli che vivono nelle regioni governate prevalentemente dal centrodestra. Se la media italiana corrisponde a 119 euro a testa, vi faccio presente che in Liguria i cittadini pagano per le medicine 173,3 euro a testa; in Piemonte 138,2; in Lombardia 135,6.
Il vostro modello di sanità, il vostro modello di governo, quello contraddistinto dai ticket, dai balzelli, che di fatto ha tolto opportunità di cure ai cittadini, grava in maniera crescente sulle tasche dei cittadini italiani, in particolare di quelle regioni che, invece di scegliere la strada della razionalizzazione della spesa, della riorganizzazione del sistema di prescrizione, dei controlli, hanno seguìto la scorciatoia rappresentata dai ticket, pensando di risparmiare.
Con i ticket non avete risparmiato, perché avete comunque sfondato i tetti di spesa, ma vi siete limitati ad accollare una quota crescente del costo delle medicine sulle famiglie e sui pensionati italiani, sui malati, trasferendo una parte di spesa statale dal Servizio sanitario nazionale alle famiglie.
Aggiungo un'ultima considerazione: l'eccedenza - tra i mille e i 700 miliardi di vecchie lire, sulla base di quanto pagheranno le regioni - graverà sull'Agenzia per il farmaco, che ancora deve essere insediata. Voi prevedevate l'insediamento entro la fine di luglio, ma in questi giorni è trapelata la data di fine settembre.
È già gravissimo che questa Agenzia, che già da mesi avrebbe dovuto operare, non si sia ancora insediata; non solo, ma nel momento in cui ciò avverrà, il primo compito che le consegnate è quello di accollarsi un debito di tal natura, chiedendole di trasferire i farmaci della fascia A alla fascia C per farli pagare alle famiglie e ai cittadini.
È questa una strada che porta ad «uccidere» un'Agenzia appena nata e a metterla nelle condizioni di non poter operare, quando invece sappiamo che all'Agenzia in questione spettano responsabilità significative per il rilancio di questo settore, sia sul piano della tutela dei diritti del cittadino, sia sul piano dell'industria del farmaco in Italia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Labate 1.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 442
Votanti 441
Astenuti 1
Maggioranza 221
Hanno votato
199
Hanno votato
no 242).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanella 1.56, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato
201
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che gli onorevoli Bielli, Tarantino e Milanese non sono riusciti a votare e che intendevano esprimere voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maura Cossutta 1.55, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 446
Votanti 444
Astenuti 2
Maggioranza 223
Hanno votato
200
Hanno votato
no 244).

Prendo atto che l'onorevole Bielli non è riuscito a votare.
Ricordo che l'emendamento Burtone 1.57 è stato ritirato dai presentatori.
Passiamo all'emendamento Battaglia 1.24.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

NITTO FRANCESCO PALMA. Facci sognare!

AUGUSTO BATTAGLIA. Signor Presidente, non vi devo far sognare, vi devo, anzi, svegliare! Vi devo svegliare per farvi riflettere sui dati reali relativi all'assistenza farmaceutica in Italia. I dati che vi fornisco non sono di parte, ma sono quelli ufficiali del Ministero della salute, che dimostrano l'incremento dei costi per le medicine.
D'altra parte, se vi recate in un mercato o per la strada e parlate con la gente, questa vi dice che ormai sulla sanità si paga tutto e che le medicine se le devono comprare di tasca propria! Si pagano di tasca propria non soltanto i farmaci meno importanti, ma anche quelli necessari a curare persone affette da malattie croniche. Coloro che hanno bisogno di farmaci importanti sono chiamati, nelle regioni governate dal centrodestra, a pagare di tasca propria, attraverso il ticket o altre forme di partecipazione alla spesa.
Intendo richiamare l'attenzione su un problema che può sembrare di scarso rilievo. Il fatto che si accolli una quota dello sfondamento alle industrie farmaceutiche costituisce un atto dovuto, derivante da una norma di legge: il Governo doveva dunque adottare necessariamente tale misura, richiesta peraltro anche dalle regioni per poter avere un po' di respiro e di ossigeno in una situazione che sta diventando giorno dopo giorno sempre più difficile. Tuttavia, non bisogna neppure esagerare: infatti, se si applica uno sconto obbligatorio anche su farmaci con un costo ridotto, si rischia di scoraggiare le imprese che si sforzano di offrire ai cittadini e al Servizio sanitario nazionale farmaci con un costo limitato. Un farmaco, prima di arrivare in farmacia, deve essere inventato, prodotto (ci vuole chi materialmente fabbrica le pasticche), confezionato (anche la confezione costa), distribuito dal grossista, che deve avere la sua parte, venduto dal farmacista; infine magari ci si paga pure qualche ticket! Se imponiamo su un farmaco con un costo estremamente ridotto una sorta di sovrattassa, automaticamente induciamo da parte delle imprese produttrici un atteggiamento volto ad aumentare i costi per recuperare margini di guadagno.
Dal momento che ciò è già avvenuto, perché con le operazioni condotte precedentemente avete determinato un trasferimento dei farmaci dalla fascia A alla fascia C (e si tratta di una delle ragioni per


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le quali è aumentata la spesa complessiva per l'assistenza farmaceutica), ritengo non si faccia un buon servigio scoraggiando i produttori che puntano a garantire sul mercato l'esistenza di farmaci a basso costo.
Inoltre - mi rivolgo ai colleghi della maggioranza - sull'emendamento in esame è stato espresso parere favorevole da parte della Commissione bilancio: non si comprende pertanto per quale motivo, se la Commissione bilancio ritiene, nell'ambito di una valutazione complessiva, che potrebbe essere opportuno esonerare dal pagamento tale tipo di farmaci, non vi sia da parte del Governo e della maggioranza ma considerazione in più per gli argomenti che sosteniamo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra, L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, il Governo ha compiuto la scelta di ripianare lo sforamento della spesa sanitaria caricandone il 60 per cento sulle industrie farmaceutiche e il 40 per cento sulle regioni.
Non c'è dubbio che questa decisione ha creato non poco allarmismo nel mondo produttivo per le possibili difficoltà che si potrebbero determinare soprattutto per le piccole e medie imprese. A temere sono però, ancora una volta, i lavoratori, l'anello debole della catena. Noi non siamo per fare regali alle industrie e tuttavia abbiamo presentato alcuni emendamenti per realizzare un rilancio produttivo che possa servire, soprattutto nel Mezzogiorno, a creare nuove opportunità di lavoro. Abbiamo presentato anche alcuni emendamenti per la ricerca - che purtroppo sono stati dichiarati inammissibili - e questo emendamento che propone di esentare dalla sconto le medicine che hanno un prezzo non superiore a 6 euro, quelle cioè che vengono prodotte soprattutto da queste medie imprese, che potrebbero subire fortissime ripercussioni di tipo produttivo e occupazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gibelli. Ne ha facoltà.

ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione: un conto è prendere a pretesto il provvedimento in esame che riguarda il ripiano della spesa farmaceutica, un conto è esprimere - come ho sentito fare dall'onorevole Battaglia - un giudizio complessivo sull'applicazione dei ticket!
Vorrei ricordare al collega del centrosinistra che un recente istituto americano ha classificato con il grado di eccellenza tutti gli ospedali europei, tra cui sei ospedali tedeschi e cinque lombardi. Questo per garantire che esiste una efficienza e una efficacia di alcune regioni, guarda caso guidate dal centrodestra, che si sobbarcano anche gli oneri e le prestazioni delle regioni rosse, che non applicano il ticket e che portano il numero delle persone curate da 9 a 12 milioni (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo - Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

MARISA ABBONDANZIERI. E smettila!

ANDREA GIBELLI. Questo lo fanno le regioni guidate dal centrodestra, che applicano il ticket perché le regioni limitrofe, guidate dal centrosinistra, non sono capaci di curare i propri ammalati (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega Nord Federazione Padana, di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!

MARISA ABBONDANZIERI. Sì, veniamo da te...

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Battaglia 1.24, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.


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Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 431
Maggioranza 216
Hanno votato
195
Hanno votato
no 236).

Prendo atto che gli onorevoli Cento e Zanella avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
In seguito alle richieste di numerosi colleghi, informo l'Assemblea che lavoreremo su questo decreto-legge fino alle 13,30, poiché alle 14 sono convocate diverse Commissioni e alle 15,30, come sapete, avrà luogo l'informativa urgente del Governo conseguente alle dimissioni del ministro dell'economia e delle finanze. Andiamo avanti quindi fino alle 13,30: abbiamo tempo per l'esame di diversi emendamenti.
Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Burtone 1.23 e Battaglia 1.58.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

AUGUSTO BATTAGLIA. Noi vi invitiamo a votare il nostro emendamento, perché lo sforzo che stiamo facendo è quello di cercare di dare un contributo per migliorare il sistema farmaceutico italiano, per aiutare ad ottenere dei risparmi, per realizzare un maggiore controllo della spesa. E un maggiore controllo della spesa si ottiene quando si governa il processo.
Il collega che è intervenuto poco prima di me, a proposito della sanità della Lombardia, dovrebbe sapere che la Lombardia ha cercato di liberalizzare e privatizzare, ha eliminato ogni tetto sugli accreditamenti e si è trovata alla fine dell'anno con uno sfondamento di 600 miliardi di lire e i cittadini lombardi sono stati costretti a pagare - visto che la Casa delle libertà abbassa le tasse - una sovrattassa sull'IRPEF dello 0,50 per cento, proprio per coprire i 600 miliardi di sfondamento del fondo sanitario lombardo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!
Voglio ricordare che, avendo tolto ogni limite all'accreditamento, gli imprenditori privati si sono andati a collocare in quelle specialità più redditizie. Così i 'signori' si trovano con ventuno cardiochirurgie: attenti quando passate per Milano, perché può darsi che se vi doveste sentire male vi potrebbero fare un trapianto del cuore!
E quando un imprenditore ha investito in apparecchiature in questo settore, vi è una spinta ad utilizzarle e a riempire quei reparti. Ecco perché la regione Lombardia è andata oltre il tetto di spesa, trovandosi in gravi difficoltà nella gestione della sanità (Commenti del deputato Alboni).
Non credo che quella regione, per quanto importante nella tradizione sanitaria italiana, viste le importanti istituzioni sanitarie ed i grandi professionisti, abbia però avuto una gestione che l'ha costretta a rivedere determinate scelte, mettendo in difficoltà soprattutto i cittadini lombardi, i quali non sono tanto contenti di pagare quel ticket così osannato.
Ricordo ai colleghi, anzi, che non è vero che le regioni che hanno imposto il ticket abbiano sotto controllo la spesa farmaceutica. Non è vero! La Toscana non ha previsto il ticket ed ha ottenuto risultati migliori rispetto alle regioni del centrodestra che lo hanno imposto, facendolo pagare ai cittadini. La Toscana non ha fatto pagare il balzello ai cittadini, ma ha messo in atto un sistema di controlli sulle prescrizioni che ha portato ad un contenimento della spesa (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).
La Basilicata non ha imposto il ticket, non ha fatto pagare, come nelle vostre regioni, il balzello ai cittadini, ma ha concluso un accordo con il sistema distributivo delle farmacie, che ha comportato dei risparmi, consentendo di tenere sotto controllo la spesa. Questi sono i dati ed i risultati!
Quindi, non credo che ci sia da parte del centrodestra alcun argomento che possa portare a considerare i sistemi regionali da loro realizzati come superiori rispetto a quelli messi in campo dal centrosinistra.
Credo che il centrosinistra, nelle regioni in cui governa, abbia puntato su una


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migliore utilizzazione delle risorse, sulla programmazione, sulla razionalizzazione della spesa, ottenendo buoni risultati, che naturalmente sono parziali, perché la sottostima del Fondo sanitario pesa su tutte le regioni.
Questo purtroppo sta creando delle difficoltà: vi sono delle regioni nelle quali, per fare una visita specialistica (Commenti del deputato Polledri), o per fare una mammografia, come nella regione Lazio, o una MOC o un altro esame specialistico, o addirittura una protesi d'anca al CTO, l'appuntamento si aspetta dieci mesi, con ritardi e difficoltà crescenti per i cittadini nella fruizione dei servizi e delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale.
Non credo, quindi, che ci sia molto da rallegrarsi su quello che in questi tre anni è stato fatto. È chiaro che, con gli emendamenti da noi proposti, non risolviamo oggi i problemi della sanità, però riteniamo di poter dare un piccolo contributo affinché le cose migliorino (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.

DARIO GALLI. Signor Presidente, occorre chiarire alcuni aspetti, perché oltre un certo livello di falsità non è neanche decoroso andare!
A parte la questione dei ticket che il centrosinistra, proprio con una bassa manovra elettorale, ha tolto a sei mesi dalle elezioni politiche del 2001, peraltro con scarsi risultati visto che non gli è servito, ma, al contrario, ha creato notevoli problemi finanziari a tutto il sistema sanitario nazionale, per quanto riguarda la Lombardia - in quest'aula va bene tutto e si può sentire di tutto - da leghista, da padano e da lombardo devo dire che alcune affermazioni non sono accettabili! Ricordo al collega che la Lombardia ha comunque una spesa sanitaria pro-capite più bassa della media nazionale.
Ricordo che la Lombardia - come ha detto l'onorevole Gibelli - cura tre milioni di persone che non sono solo cittadini lombardi perché arrivano da fuori regione: e andrebbe bene se poi, come prevede la legge, le regioni di provenienza pagassero le prestazioni, che invece diventano una sorta di crediti inesigibili. La Lombardia ha migliaia di miliardi che non riesce a recuperare dalle altre regioni: e questo va detto!
Per chiudere il discorso, che si potrebbe allungare di molto, occorre dire che comunque nella vita contano le cose essenziali. Di cittadini che da altre regioni vengono in Lombardia ce ne sono tantissimi, mentre di cittadini lombardi - a parte qualche eccezione - che vanno in altre regioni a farsi curare mi risulta ce ne siano veramente pochi.
Quindi, non confondiamo l'eccellenza tecnica, il livello professionale e, diciamolo pure, il buonsenso amministrativo dei cittadini e degli amministratori lombardi con le altre cose di cui parlava il collega del centrosinistra.
Se la regione Lombardia ed i cittadini lombardi si comportano bene, dovrebbero essere presi a modello e non citati come esempio di malasanità, come il collega del centrosinistra, con molto senso dell'umorismo, ha appena fatto in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo della Lega Nord Federazione Padana)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, credo sia utile non far mancare a questo dibattito le nostre valutazioni su alcune questioni, a cominciare da quelle sollevate dal collega che mi ha preceduto.
Ammesso che il centrosinistra abbia ridotto i ticket per tornaconto elettorale, vorrei replicare al collega della Lega che, almeno, il centrosinistra ha promesso una cosa e l'ha fatta! Questa maggioranza, invece, a ridosso delle elezioni, per ingannare i cittadini e per catturare i loro voti, ha promesso che avrebbe rivoltato l'Italia, mentre il paese versa nelle cattive condizioni che tutti possiamo constatare e questa


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classe di Governo in condizioni ancora peggiori. In particolare, tutti stiamo aspettando la riduzione delle tasse, i pensionati stanno ancora aspettando l'aumento delle pensioni e, inoltre, ci sono voluti tre anni per approvare un'indecente ed indecorosa legge sul conflitto di interessi (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale). Ebbene, ogni volta, sembra che i colleghi della Lega vengano da Marte e non facciano parte, invece, di una maggioranza che sta palesemente portando allo sfascio il paese (Commenti dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana)!
Tra qualche ora, ascolteremo l'informativa del Presidente del Consiglio, di cui abbiamo avuto un anticipo al Senato: vengono riproposte esattamente le stesse indecenti menzogne, ma con riferimento ai prossimi due anni (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Buon viaggio! Continuate così! Purtroppo, il paese è nelle vostre mani (speriamo ancora per poco)!
Desidero ricordare ai colleghi della Lega che nel Lazio governa il centrodestra (pensiamo ancora per poco perché, dopo la provincia ed il comune, speriamo di conquistare anche la regione e di governare un po' meglio) (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia e di Alleanza nazionale) ...
Sono rumorosi, signor Presidente?

PRESIDENTE. Una specie.

ROBERTO GIACHETTI. È un po' fastidioso, però! Evidentemente, hanno qualche problema (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Non è colpa mia se governa Storace nel Lazio: l'avete eletto voi. È Storace che governa la regione Lazio (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
Credo che la Lega non faccia parte della maggioranza, soprattutto perché il presidente Storace non la gradisce molto (lo leggiamo sui giornali). Resta il fatto che gli altri partiti della maggioranza fanno anch'essi parte del governo della regione Lazio. Ebbene, nel Lazio, il governatore Storace ed i suoi compagni di viaggio della maggioranza non solo hanno introdotto i ticket allo scopo di coprire i buchi causati dalla spesa sanitaria, ma, seguendo una linea che ha fatto scuola in questo Governo - quella del ministro Tremonti (ed è singolare che le misure di cui sto per parlare siano state adottate da uno dei leader di un partito che ha «cacciato» Tremonti) - e scegliendo la strada della finanza creativa, ovvero della soluzione creativa dei problemi, per coprire un buco che non è stato affatto coperto dai ticket che i cittadini stanno pagando, hanno sostanzialmente venduto gli ospedali.
Queste sono le dimostrazioni del buon governo di partiti che, palesemente, non sanno più neanche quello che dicono (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo e dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taglialatela. Ne ha facoltà.

MARCELLO TAGLIALATELA. Signor Presidente, mi rendo conto che il centrosinistra non parli, per carità di patria, della situazione della sanità in Campania. Eppure, per avere qualche informazione al riguardo, basterebbe rivolgersi al collega Petrella, fino a qualche settimana fa responsabile regionale, in Campania, per i Democratici di sinistra-L'Ulivo.
Orbene, dal punto di vista della sanità pubblica, la Campania è in una situazione disastrosa, tanto è vero che, periodicamente, i farmacisti, le case di cura private ed i laboratori di analisi sono costretti a proclamare lo sciopero perché non riescono ad ottenere il pagamento delle loro spettanze (in molti casi, si tratta di pagamenti dovuti da anni).
A ciò dobbiamo aggiungere un altro dato, che rappresenta una vera vergogna per la regione Campania e per chi la governa, cioè per il presidente Bassolino: da oltre quattro anni, la regione in parola non spende circa 2 mila miliardi per l'edilizia ospedaliera. Pur disponendo di


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questa ingente somma, non riesce a presentare uno straccio di programmazione o di progetto che renda possibile l'avvio di iniziative così importanti.
Bene, sentire parlare gli onorevoli Battaglia e Giachetti della scarsa qualità della sanità in Italia senza far riferimento alla scarsissima qualità della sanità nella regione Campania, mi sembra poco lusinghiero. Ma per informazioni più precise basta rivolgersi all'onorevole Petrella (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale, di Forza Italia e dell'Unione dei democratici cristiani e dei democratici di centro)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Labate. Ne ha facoltà.

GRAZIA LABATE. Signor Presidente, intervengo per ricordare al collega Dario Galli che nessuno dubita della qualità, dell'eccellenza della competenza scientifica in ambito sanitario della regione Lombardia. Vorrei, tuttavia, rilevare (dobbiamo conoscere tutte le leggi perché siamo parlamentari) che esiste l'istituto della compensazione. I «fuori regione» non li paga la regione Lombardia.
Ricordo, inoltre (i dati sono forniti dall'Agenzia nazionale per le questioni regionali), che a Milano, per fissare un appuntamento per una mammografia, si può attendere dai 40 a 442 giorni; per un elettrocardiogramma (ECG) dai 60 ai 90 giorni (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo); per una visita gastroenterologica dai 25 ai 60 giorni! Questi sono i dati ufficiali, collega Dario Galli. Poi se vogliamo sostenere che siamo più bravi e che facciamo tutto bene, possiamo dirlo (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo).

ROBERTO ALBONI. Ma che sta dicendo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.

VITTORIO MESSA. Signor Presidente, credo che solo l'ipocrisia del collega Battaglia o l'incompetenza del collega Giachetti possano giustificare gli interventi che abbiamo ascoltato sullo stato della sanità della regione Lazio.
Voi avete avuto un presidente, che avete rispedito a Bruxelles ad intervistare i vostri europarlamentari, che ha lasciato nella sanità della regione Lazio un buco di 7.500 miliardi di lire! Ha lasciato gli ospedali della regione Lazio in una situazione nigeriana! La gente fuggiva dagli ospedali della regione Lazio e andava a mendicare ricovero altrove! Oggi, dopo quattro anni di Governo del governatore Storace e della Casa delle libertà, la situazione della sanità nella regione Lazio è, per fortuna, profondamente mutata in meglio e gli addetti ai lavori, tranne gli incompetenti come l'onorevole Giachetti (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e della Margherita, DL-L'Ulivo), lo hanno confermato! Sono stati inaugurati nuovi ospedali: il San Raffaele e il Sant'Andrea. Ci sono ospedali di eccellenza che prima vi sognavate e ci sognavamo!

PRESIDENTE. Onorevole Messa...

VITTORIO MESSA. La regione Lazio è la seconda regione italiana dopo la Lombardia per lo sviluppo e la ricerca. Quanto alle attese, stendiamo un velo pietoso. Ci sono ancora vostri indagati per le ignobili attese nella sanità della regione Lazio negli anni scorsi!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei che parlassimo della questione con serietà, perché è profondamente sentita dai cittadini italiani.
Sappiamo che esistono differenze geografiche che in parte prescindono dal


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colore politico di chi governa le regioni. Ci sono centri di eccellenza in Lombardia e, fortunatamente, anche nel sud, ma la sanità nelle regioni del centro nord è in condizioni migliori rispetto a quelle del meridione. La regione Toscana certamente non manda molti cittadini a farsi curare in Lombardia e non credo che l'interscambio sia a favore della Lombardia, perché c'è una sanità di ottimo livello.
Dobbiamo discutere sulla possibilità di mantenere questo livello che rappresenta uno degli elementi di civiltà del nostro paese e che lo differenzia in meglio rispetto, ad esempio, al sistema americano, dove 50 milioni di cittadini sono privi di assistenza sanitaria. Di questo stiamo parlando. Personalmente (e in ciò forse mi discosto dal parere di tanti rappresentanti del centrosinistra) non ho il tabù dei ticket. Penso che se è garantita la fascia delle persone meno abbienti, i ticket possano essere uno strumento utile, mentre non lo è (ciò è accaduto nella regione Lazio) vendere gli ospedali, perché, certamente copre il bilancio di un anno, ma successivamente i cittadini dovranno pagare molto di più per «riaffittare» quegli ospedali dai privati che li hanno acquistati.
Non è una misura lungimirante - come abbiamo sentito in questi giorni - affrontare grandi questioni legate alla solitudine degli anziani soprattutto nei mesi caldi proponendo di portarli nei supermercati. Questa logica è sbagliata - è stato proposto anche dal ministro Sirchia - e va cambiata se non vogliamo che l'Italia peggiori (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-L'Ulivo).

FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà

FABIO STEFANO MINOLI ROTA, Relatore. Signor Presidente, visto che ci si è «infilati» in questo problema del costo della sanità, ritengo vada innanzitutto ricordato che per l'OMS, l'organizzazione mondiale della sanità, il nostro paese ha una eccellente qualità sanitaria. Questo è un aspetto importante che va ricordato indipendentemente dagli aspetti politici. Per quanto riguarda la Lombardia, provenendo da lì ed essendomi occupato per molti anni proprio di modelli sanitari, devo sottolineare che, al di là delle strutture di eccellenza, considerate a livello internazionale come tra le migliori - ricordo l'ultimo accordo stipulato dalla regione Lombardia con la Gran Bretagna per quanto concerne gli interventi di cardiochirurgia - , tutti gli investimenti, a cui faceva prima riferimento l'onorevole Battaglia, sono di tenore strutturale, cioè non volti a coprire la spesa corrente (e, quindi, un disavanzo) per le prestazioni, ma legati al miglioramento delle strutture. La Lombardia occupa 5 strutture di eccellenza, 5 istituti di ricerca scientifica; abbiamo una grandissima capacità e un grandissimo assorbimento e dobbiamo ricordare che le liste di attesa della Lombardia sono tali da dare una qualità superiore. Mi viene da fare un paragone spontaneo con quello che succede in Emilia Romagna, piuttosto che in Basilicata, dove abbiamo liste di attesa più lunghe e un sistema di qualità ed efficienza, a mio modo di vedere, meno all'altezza.
Termino, sottolineando due aspetti di tenore nazionale. Il primo è il controllo della spesa, al quale noi puntiamo con un nuovo strumento che abbiamo proposto in finanziaria, ovvero la carta nazionale, che dovrà definire l'aspetto della spesa sanitaria e, in particolare, della spesa farmaceutica, mutuato dalla carta regionale dei servizi della Lombardia. Il secondo aspetto riguarda la situazione nazionale e mi corre l'obbligo ricordare l'ultima finanziaria. Parlando di farmaceutica, ricordo il disastroso provvedimento fatto dal Governo di colore precedente relativo ai payback - 2 mila miliardi di ripiano farmaceutico mai escussi alle aziende farmaceutiche - e i tremila miliardi di ticket che abbiano perso per una politica sconsiderata, che ha portato all'eliminazione dei ticket in piena campagna elettorale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.


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Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Burtone 1.23 e Battaglia 1.58, non accettati dalla Commissione né dal Governo e sui quali la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 397
Astenuti 1
Maggioranza 199
Hanno votato
172
Hanno votato
no 225).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lucchese 1.4.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Petrella. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE PETRELLA. Signor Presidente, vorrei rispondere in maniera molto pacata all'intervento dell'onorevole Taglialatela, perché l'educazione, la provenienza e la nostra storia sono completamente diverse e non sono abituato ad usare termini offensivi nei confronti di nessuno (non l'ho mai usati in quest'aula e continuerò a non usarli).
Quindi, entro nel merito delle questioni. Per quanto riguarda il cosiddetto sfascio della sanità in Campania, che l'onorevole Taglialatela qui ha descritto, voglio dire che si tratta solo di un cumulo di bugie e voglio anche entrare nel merito dei fatti. La regione Campania, guidata dal presidente Bassolino, dopo 32 anni - Presidente, dopo 32 anni! - ha approvato il piano sanitario regionale, cosa che non era mai stata fatta. Dopodiché, è stato approvato il piano ospedaliero e il piano oncologico regionale.

EDMONDO CIRIELLI. I medici che fanno politica! Conflitto d'interessi!

GIUSEPPE PETRELLA. Vorrei ricordare all'onorevole Taglialatela - è presente anche il sottosegretario per la salute - che addirittura, visto lo sfascio che la destra aveva creato in Campania e visto lo sfascio, caro onorevole Taglialatela, che lei, con il presidenti Rastrelli, ha fatto in Campania (Proteste dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)...

EDMONDO CIRIELLI. Conflitto d'interessi!

GIUSEPPE PETRELLA. ....Lei! Caro onorevole Taglialatela! Prima o poi sarete chiamati a rispondere per quello che avete fatto sull'articolo 20, per tutti gli affari che voi avete fatto fare ad altri (Commenti dei deputati di gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana). Non vi preoccupate che è sotto gli occhi di tutti che l'onorevole Taglialatela, l'assessore Cicala e Rastrelli hanno svenduto tutta la sanità in Campania (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza Nazionale e della Lega Nord Federazione Padana - Dai banchi di Alleanza Nazionale si grida: «Buffone!»).
E per terminare, caro Presidente Mussi, vorrei ricordare al sottosegretario, che siede sui banchi del Governo... Signor Presidente, non c'è il Governo (Proteste dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Richiamo il sottosegretario di Stato ai banchi del Governo, per favore!

GIUSEPPE PETRELLA. È andato a consigliare uno dei suoi parlamentari su cosa deve dire, evidentemente (Proteste dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
Vorrei ricordare al sottosegretario e all'onorevole Taglialatela solo questo: che il ministro della salute, e quindi anche il sottosegretario Cursi, hanno nominato il sottoscritto alto consulente scientifico per l'Istituto nazionale tumori (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!

CARLA CASTELLANI. Vergogna!


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GIUSEPPE PETRELLA. Questo per dimostrarvi che non avete neanche dei tecnici all'altezza, e che avete sfasciato anche tutta l'oncologia! Hanno dovuto chiamare me per tentare di risollevare tale Istituto (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-L'Ulivo)!

FILIPPO ASCIERTO. Grazie a Sirchia!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bindi (Dai banchi di Alleanza nazionale si scandisce: «Rosy! Rosy!»). L'onorevole Rosy Bindi parla in un momento di particolare «tifo»!
Prego, onorevole Bindi. Ne ha facoltà.

ROSY BINDI. Signor Presidente, forse il clima (Commenti)...

LUIGINO VASCON. Lasciatela parlare!

ROSY BINDI. ...che si è creato non è dei migliori per parlare di problemi seri, come giustamente ha sottolineato il collega Realacci. Ma, vedete (Commenti)...

CESARE CAMPA. Ti sei pappata...!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per favore, lasciate parlare l'onorevole Bindi!

ROSY BINDI. Il dibattito che si è aperto è abbastanza sintomatico della difficoltà nella quale si trova un settore strategico per la vita del nostro paese.
Vorrei aiutare, in qualche modo, questa Assemblea a riflettere - se è possibile, signor Presidente, - sul dibattito che si è avviato. Infatti, stiamo confrontando il funzionamento delle regioni italiane a partire dalle maggioranze politiche che le governano. Tutto ciò in un quadro istituzionale invariato, vale a dire ancora con il Titolo V della seconda parte della Costituzione vigente ...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Bindi. Prego i colleghi di non andare via, perché anche se alcuni colleghi hanno chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'emendamento Lucchese 1.4 verrà a breve posto in votazione.
Prego, onorevole Bindi.

ROSY BINDI. Come dicevo, signor Presidente, si discute a quadro istituzionale invariato, vale a dire dopo la riforma del nuovo Titolo V della seconda parte della Costituzione, adottata nella scorsa legislatura e non ancora completamente applicata, ed in attesa di un'altra profonda trasformazione dello stesso Titolo V verso quella che viene definita, da una forza politica appartenente alla maggioranza parlamentare, la devolution.
Evidentemente, se la riforma verrà approvata definitivamente - vale a dire, se la verifica aperta nel Governo non darà ragione ad una forza politica che ha chiesto di rivedere il progetto di modifica della Carta costituzionale, ma si procederà approvando il testo licenziato dal Senato -, tra qualche anno ci troveremo a effettuare una verifica delle regioni italiane non solo in base ad una competizione tra centrosinistra o centrodestra. Ci troveremo a verificare il funzionamento dei modelli regionali non in base alle maggioranze politiche che governano, ma ai sistemi che le singole regioni avranno scelto. Se non fosse chiaro - vale la pena ricordarlo e capirlo meglio insieme - il sistema sanitario italiano, che è ancora nazionale, sta per essere trasformato in un insieme di 22 sistemi sanitari regionali.
Qual è la differenza tra l'attuale Titolo V della Costituzione e la devolution introdotta dalla riforma al Senato? Non ci si ferma all'autonomia regionale nell'individuazione dei modelli organizzativi. Per tale scopo, sarebbe bastato l'attuale Titolo V della Costituzione, secondo cui spetta allo Stato, in via esclusiva, individuare i livelli essenziali di assistenza. Spetta al livello centrale, in via esclusiva, coprire, con finanziamenti adeguati, quei parametri essenziali di assistenza che devono essere uguali su tutto il territorio nazionale.


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È materia concorrente tra lo Stato e le regioni l'applicazione dei principi del sistema. Da noi vige il Servizio sanitario nazionale, ancora ad oggi un sistema universalistico che risponde al principio secondo cui ognuno ne finanzia la spesa, attraverso la fiscalità generale, sulla base del metodo progressivo e delle proprie possibilità, per cui ciascuno ne usufruisce in base non a ciò che ha pagato, ma al proprio bisogno.
Il servizio sanitario assicura, inoltre, la globalità delle prestazioni. Spetta alle regioni, in via esclusiva, individuare il modello organizzativo. Oggi, vi sono regioni che si ispirano, nella loro attuazione, a modelli organizzativi diversi. Vale la pena di sottolineare a tutti coloro che sono intervenuti, facendo un tifo da stadio dei propri sistemi regionali o accusando gli altri - vorrei ricordare che la maglia nera del debito appartiene al Lazio, poi vi sono la Campania e la Lombardia - che, se passa la devolution, avremo sistemi sanitari che potranno ispirarsi a principi tra di loro diversi: alcune regioni potranno scegliere il sistema assicurativo. Allora metteremo davvero alla prova il Sistema sanitario nazionale, che vedremo sbriciolarsi, nel caso in cui passi tale riforma costituzionale in 21 sistemi sanitari. Vi saranno, forse, le regioni amministrate dal centrosinistra che continueranno ad applicare il sistema universalistico - ciò sarà evidente già dalle prossime elezioni regionali e sarà chiaro nel programma del centrosinistra per le prossime elezioni politiche - mentre le regioni amministrate dal centrodestra si affideranno, come già sta per fare la Lombardia, ad un sistema assicurativo. Allora ci divertiremo davvero e le invettive non saranno tra il collega Taglialatela e il collega Petrella. A quel punto lo scontro sarà di sistema.
Dunque, mi chiedo, e chiedo a tutti voi: credete davvero che, tra qualche anno, l'onorevole Minoli Rota potrà alzarsi in quest'aula ed affermare che l'OMS pone il sistema sanitario italiano tra i migliori nel mondo, quando tale sistema avrà avuto la cura del sottofinanziamento, della privatizzazione e della devolution che voi gli state preparando? Queste sono le risposte che dobbiamo dare e su tale punto la maggioranza non ha le carte in regola. Non le aveva il ministro Tremonti e non le ha il Governo. Uno dei motivi per i quali non riesce a risolvere la crisi è che non trova nessuno disposto a fare il ministro della salute (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-L'Ulivo, dei Democratici di sinistra-L'Ulivo e Misto-Verdi-L'Ulivo).

PRESIDENTE. Onorevole Lucchese, conferma l'intenzione di ritirare il suo emendamento 1.4?

FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Sì, signor Presidente la confermo.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Lucchese.
Rinvio quindi il seguito del dibattito al prosieguo della seduta, che sospendo fino alle 15,30.

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