Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 389 del 13/11/2003
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(Fenomeno dell'occupazione abusiva di edifici pubblici e privati - n. 2-00927)

PRESIDENTE. L'onorevole Selva ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00927 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, ha facoltà di rispondere.

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, in relazione all'articolo del quotidiano Libero del 12 ottobre scorso, premetto che, nel caso dell'occupazione di un immobile, le forze di polizia, se informate, nella flagranza di reato, procedono allo sgombero per impedire la prosecuzione dell'attività illecita e per evitare che questa possa essere portata ad ulteriori conseguenze. Recentemente, il 10 settembre e il 15 ottobre, proprio a Padova si sono svolte due operazioni con queste modalità, allorché si è proceduto allo sgombero della sede municipale di Monselice e del rettorato dell'università, occupati da appartenenti alla sinistra antagonista. A occupazione consolidata, invece, in presenza di denuncia da parte della proprietà, la valutazione concernente i tempi e le modalità di sgombero viene effettuata in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia. In tali circostanze sono esaminati nel loro complesso gli elementi informativi concernenti in particolare il numero degli occupanti, l'impatto che l'operazione può presentare quanto all'ordine e alla sicurezza pubblica e il personale di polizia necessario per procedere. Se peraltro i proprietari degli immobili sono enti o amministrazioni, questi, in vista di soluzioni diverse, potrebbero anche ritenere opportuno, come talora accade, non procedere nei confronti degli occupanti, e questo avviene soprattutto per stabili di proprietà comunale. Talvolta gli immobili sgomberati vengono nuovamente occupati abusivamente: questo accade specie quando il perdurare dello stato di abbandono rende obiettivamente difficile per le forze di polizia, impegnate in numerosi altri servizi, assicurare un'assidua vigilanza agli immobili stessi. Quanto al dato numerico riferito ai centri sociali autogestiti attivi nel nostro paese (complessivamente 193), informo che i centri che occupano abusivamente i locali dove svolgono la propria attività risultano in totale 92, dei quali 68 sono insediati in strutture pubbliche e 24 in immobili di proprietà privata.
Assicuro infine che le forze di polizia intervengono nelle procedure esecutive di sfratto, in caso di richiesta di assistenza. In tali eventualità gli interventi vengono definiti localmente sulla base delle effettive esigenze e con l'impiego dei contingenti di personale reputati di volta in volta necessari.

PRESIDENTE. L'onorevole Selva ha facoltà di replicare.

GUSTAVO SELVA. Signor Presidente, questa interpellanza urgente era stata presentata un po' di tempo fa, sono quindi contento che il sottosegretario Mantovano abbia potuto avere a disposizione un po' più di tempo di quello normalmente assegnato per dare una risposta. Una risposta che, nello specifico dei casi indicati, è abbastanza soddisfacente. Voglio dire che


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si sta limitando, per quanto è possibile, quell'area d'illegalità che riguarda la proprietà e il difficile recupero della stessa quando sia stata abusivamente occupata. Si sta quindi facendo qualche cosa che ha come prima azione, naturalmente, lo sgombero.
Sottosegretario Mantovano, il tempo passato mi dà modo di allargare un po' di più il discorso sulla questione dei centri sociali. I dati di cronaca ci dicono che, anche nelle ultime operazioni compiute dalle nostre benemerite forze di polizia nel quadro della lotta contro il terrorismo, alcuni centri sociali sono stati indicati come luoghi frequentati da persone che oggi sono sottoposte agli arresti per sospetto svolgimento di attività terroristiche. Dico subito che la mia non è una considerazione che riguarda tutti i centri sociali, ma non c'è dubbio che questi centri sociali - ed è questo il secondo punto - si rendono sicuramente responsabili di qualche altra attività che non meriterebbe, da parte delle istituzioni pubbliche che posseggono i locali, questo trattamento. Non c'è dubbio che spesso da questi centri sociali, da quelli del Veneto sicuramente, partano scuole che vorrei definire di tipo pre-militare: come l'elaborazione di slogan e di cartelli che vengono esibiti, con incitamenti alla violenza, durante le manifestazioni fatte dai no global. Se noi andiamo a vedere che cosa è stata la partecipazione, ad esempio, al vertice di Genova - il G8 -, noi riscontreremo che molta della preparazione degli allievi di Casarini é avvenuta nei centri sociali. Qui si tratta, quindi, di un problema che investe anche la tutela della proprietà privata perché o i centri sociali occupano edifici di proprietà pubblica oppure occupano edifici privati e, quindi, sottratti forzatamente all'uso dei cittadini privati.
Il sottosegretario Mantovano dice che novantadue centri sociali sono abusivi; io ho l'impressione che siano un po' di più, ma non starò a pignoleggiare su questa cifra anche perché a me interessa il problema di carattere generale. Non vorrei davvero che, oltre a dover combattere con il terrorismo, con la violenza, o con le manifestazioni che poi danno luogo alla distruzione di altri beni, ci fosse una sorta di abbastanza indulgente concessione soprattutto da parte delle istituzioni pubbliche. Queste ultime, quando sono costituite da comuni, da province o da regioni, non debbono dare questi edifici. Inoltre, la proprietà deve essere restituita ai legittimi proprietari. In ogni caso, credo che l'uso che le istituzioni pubbliche possono fare di questi locali debba andare in una direzione ben diversa da quella a cui sono destinati.
Per esempio - e cito un dato proveniente da un'informazione che ho trovato su Internet - vi sono centri occupati e non, anche se tutti nascono da momenti di lotta e di rivendicazione di bisogni negati, di ispirazione politica prevalentemente anarchica e marxista, anarco-punk o autonoma. Sono loro stessi che lo dichiarano: non ho mai sentito parlare di centri sociali di destra, e spero di non sentirlo mai.
Mi sembra che questo vada visto soprattutto in un quadro in cui, sempre nell'informazione che io ho trovato, l'uso della droga è considerata un'istanza libertaria dell'uomo, cui questi centri fanno riferimento - viene detto - come necessità di liberare lo stesso uomo dai condizionamenti dello Stato borghese. È vero che lo Stato borghese - si aggiunge -, temendo comunque ogni forma di minaccia al suo dominio, ostacola questo. Ma io credo che noi poniamo questo ostacolo - e lo dobbiamo fare - non perché vogliamo consolidare il nostro Stato borghese, come sostiene questa informazione, ma perché vogliamo fare esattamente il contrario: vogliamo far sì che questi centri sociali non siano né scuola di terrorismo, né scuola di violenza e nemmeno scuola di droga.
Cito sempre questa informazione presa da Internet: siccome nessuno vuole mettere in discussione la libertà di ogni individuo di fare le scelte di vita che più gli aggradano, la pura e semplice repressione poliziesca di fenomeni sociali così complessi, come la droga, è palesemente inutile o strumentale. I centri sociali sono, in generale, su posizioni favorevoli alla liberalizzazione


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e depenalizzazione di tutte le droghe, ma direi che al loro interno la droga leggera è accettata per la sua palese innocuità.
Credo che questo problema vada certamente visto in rapporto al tema specifico che ho sollevato e cui lei, onorevole sottosegretario, ha dato una risposta abbastanza incoraggiante circa la restituzione al legittimo proprietario di proprietà abusivamente sottratte: grazie a Dio, viviamo ancora in un sistema di libera fruizione dei propri beni. Io incito, incoraggio e sosterrò il Governo in questa direzione, perché in una parte non irrilevante di questi centri sociali - lei stesso ne ha indicati 92 - vengono compiute operazioni che sicuramente non contribuiscono all'elevazione né del livello democratico, né di quello civile ed umano di coloro che li frequentano.
Non arrivo fino al punto di sostenere che essi sono una scuola vera e propria di terrorismo, ma date le lezioni che abbiamo ricevuto da certe scoperte, forse è opportuno che gli organi dello Stato (il Ministero dell'interno in primissimo luogo) guardino anche in quella direzione. La ringrazio, onorevole sottosegretario.

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