Allegato A
Seduta n. 369 del 7/10/2003


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(Sezione 5 - Presunti vizi di legittimità della concessione edilizia per la costruzione di un grande centro commerciale nel comune di Braone)

E) Interrogazione

CAPARINI. - Ai Ministri dell'interno, dell'ambiente e della tutela del territorio e delle attività produttive. - Per sapere - premesso che:
la Alco spa, società operante nel settore della grande distribuzione, con sede a Rovato in via 1o maggio n. 36, ha ottenuto dal comune di Braone, situato in Vallecamonica, provincia di Brescia, la concessione edilizia n. 6 del 23 novembre 1994, per la costruzione di un grande centro commerciale con una superficie lorda di pavimento di 13.800 metri quadrati;
la regione Lombardia, data la dimensione e la collocazione geografica del punto di vendita, ha più volte negato, ai sensi degli articoli 26 e 27 della legge n. 426 del 1971 (deliberazioni n. 00151 del 18 luglio 1995, n. 13524 del 24 maggio 1996 e n. 25802 del 6 marzo 1997), il «nulla osta regionale» per l'apertura del centro commerciale in oggetto. E in particolare: con la delibera n. 00151 del 18 luglio 1995 la giunta regionale ha espresso parere contrario in applicazione della deliberazione del consiglio regionale n. V/1303 del 22 dicembre 1994, in quanto l'offerta commerciale all'interno dell'area di riferimento risulta sufficiente per il soddisfacimento della domanda presente, essendo stati utilizzati, in base alla programmazione regionale, tutti gli spazi commerciali attribuiti all'intera area in questione; con delibera n. 13524 del 24 maggio 1996 ha preso atto dell'attivazione di un'istanza di annullamento ex articolo 27 della legge n. 1150 del 1942 della concessione edilizia per l'area individuata dal programma di fabbricazione vigente come «zona produttiva industriale e artigianale D» e nel nuovo piano regolatore generale, adottato in parte come «zona industriale e commerciale esistente e di completamento D1» e nella restante parte come «zona industriale e commerciale con espansione D2», ha disposto un'integrazione alla proposta di modifica d'ufficio con deliberazione n. 69255 del 6 giugno 1995, riportando l'intera area «B» a «zona produttiva industriale e artigianale D»; con la delibera n. 25802 del 6 marzo 1997 ha rigettata la nuova istanza di riesame presentata dall'Alco spa;
il tribunale amministrativo regionale (ordinanza di sospensione n. 379 del 7 giugno 1996) e il Consiglio di Stato (ordinanza di sospensione n. 379 del 7 giugno 1996) hanno ritenuto le autorizzazioni commerciali illegittime e conseguentemente ne hanno disposto la sospensione, in quanto rappresentano un evidente tentativo di aggirare illegittimamente il diniego al «nulla osta» espresso dalla regione, unica autorità competente in materia, in rapporto alla programmazione regionale; la regione Lombardia, assessorato al turismo, ha rilevato dodici diversi gravi motivi di illegittimità della concessione edilizia rilasciata per la costituzione dell'edificio. Per quanto riguarda il p.l. l'assessorato ha rilevato che: 1) consente la realizzazione di 16.752 metri cubi in più rispetto alla volumetria ammissibile secondo il piano di fabbricazione; 2) per la rete stradale di uso pubblico il p.l. prevede una larghezza di 6 metri, mentre l'articolo 44 del regolamento edilizio impone, per le zone con destinazione uso «D», una larghezza non inferiore a metri 8. Quanto alla concessione edilizia n. 6 del 1994, è stato rilevato che: 1) è stato indebitamente autorizzato un aumento della volumetria ammissibile di almeno 35.806,22 metri


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cubi ed inoltre è stata verificata un'omissione nel computo volumetrico globale; 2) è stato consentito un i.f. effettivo di 4,65 mc/mq contro i 2,5 previsti dal p.d.f; 3) è indebitamente consentita la realizzazione di ben 7.463 metri quadri di s.l.p. in più rispetto al piano regolatore generale adottato, di cui 351 metri quadri per la parte in p.l. e 7.112 metri quadri per la parte fuori pl.; 4) il complesso edilizio raggiunge per alcune strutture un'altezza di 14,4 metri e, per altre, di 11,6 metri, mentre l'articolo 47 del regolamento edilizio ammette un'altezza massima pari a 9 metri, che viene ulteriormente ridotta a 7,43 metri per la porzione soggetta a p.l.; 5) è previsto, parallelamente alla strada statale 42, un tratto di strada, in prosecuzione della viabilità di p.l., su un'area destinata a standards dal piano regolatore generale adottato; 6) non sono state rispettate le previsioni del piano regolatore generale relative all'accesso al lotto della strada provinciale n. 89, in quanto sull'area destinata ad uso pubblico insistono anche altre opere, ed in particolare parcheggi pubblici, verde privato e percorsi pedonali; 7) facendo riferimento al solo volume della parte in ampliamento, escluso quindi il fabbricato preesistente, risulterebbero reperiti solo 187,5 metri quadri di parcheggi privati dei 4.318 metri quadrati necessari, con una carenza, quindi, di 4.130,50 metri quadri; 8) l'amministrazione ha erroneamente individuato e computato un'area come standard, che, in base alla circolare ministeriale n. 5980 del 1970, non ammette destinazioni a verde pubblico. Nel piano regolatore generale adottato le aree pubbliche vanno nella quasi totalità a ricadere nella fascia destinata all'ampliamento della strada statale 42 e non sono quindi conteggiabili, al pari di quelle che insistono sull'ambito destinato all'accesso della strada provinciale n. 89. Nell'integrazione progettuale vengono, inoltre, calcolate come verde pubblico diverse aree importanti verde privato, ottenendo così un totale di aree standards pari a 11.448,81 metri quadrati, comunque inferiore di 6.509,19 metri quadrati a quelle conteggiate ex articoli 27 e 28 n.t.a.; 9) è stata effettuata un'illegittima monetizzazione relativa ad oltre 11.000 metri quadrati estranei al p.l. in quanto aree a standards; 10) l'edificio risulta in contrasto con le destinazioni di zona del p.d.f., in quanto, onde consentirne la fabbricazione, con deliberazione consiliare n. 14 del 2 aprile 1992 era stata adottata, al fine di mutare in commerciale la destinazione dell'area in questione, una variante ad hoc al p.d.f., successivamente non approvata dalla regione Lombardia, in quanto in contrasto con l'articolo 21 della legge regionale n. 63 del 1978, così come correttamente ritenuto dal segretario comunale dell'epoca. È da sottolineare che nelle zone a destinazione d'uso «D» l'esercizio commerciale sia ammissibile solo quale funzione integrativa delle destinazioni d'uso principali: quindi, l'intervento in esame risulta in contrasto con il vigente piano di fabbricazione e il piano regolatore generale, per i diversi ambiti in cui lo stesso è ricompreso. Sulla base delle considerazioni svolte il sindaco è stato invitato ad annullare il piano di lottizzazione «Alco spa-Habitat Legno spa» e la relativa concessione edilizia n. 6 del 1994. Con la già citata delibera di giunta regionale n. 13524 del 24 maggio 1996 è stata bocciata la modifica alla regolazione urbanistica dell'area, che il comune di Braone ha tentato di introdurre con un nuovo piano regolatore generale, ed ha imposto, d'ufficio, che l'area rimanesse con l'originale destinazione d'uso «D» classificata dallo strumento urbanistico come «produttiva industriale e artigianale», non essendo compatibile lo stato dei luoghi con la destinazione del centro commerciale, determinandone, in pratica, la totale incompatibilità urbanistica;
in relazione al rilascio della concessione edilizia e al rilascio delle autorizzazioni commerciali, nonché in relazione al rifiuto di annullare la concessione edilizia, sono stati iscritti procedimenti presso la procura della Repubblica di Brescia per reati contro la pubblica amministrazione;
la provincia di Brescia registra l'elevata concentrazione di 170 metri quadrati


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di ipermercati e centri commerciali ogni mille abitanti e la Vallecamonica presenta un dato ancora più preoccupante: 200 metri quadrati ogni mille abitanti;
la Vallecamonica registra una mancanza cronica di infrastrutture e di vie di accesso adeguate e l'apertura di un centro commerciale, nel disprezzo delle regole dell'urbanistica commerciale adottate dalla regione Lombardia, non farebbe che aggravare una situazione già critica sull'unica arteria di collegamento dei comuni dell'area;
l'area in esame è soggetta ad un inesorabile processo di deindustrializzazione, a causa della crisi del settore siderurgico e manifatturiero, con conseguente tasso di disoccupazione del 24 per cento e per essa il tessuto costituito dai commercianti con licenza a posto fisso e ambulanti costituisce una delle poche risorse in termini di opportunità di lavoro e di servizio per la comunità, anche considerate le caratteristiche orografiche del territorio;
la vicenda si segnala per la sua gravità, considerato che, ad avviso dell'interrogante, nel dispregio delle leggi, si è permesso all'Alco spa, nella piena conoscenza dell'illegittimità nella quale stava operando, di realizzare un edificio in contrapposizione con le regole urbanistiche, attuando un abuso edilizio paragonabile alla costruzione di cento appartamenti, per la realizzazione di un centro commerciale in contrasto con la programmazione commerciale, stabilita dagli organi competenti;
questa vicenda, pertanto, rischia di palesare un'incapacità da parte delle istituzioni nel fare applicare le leggi e diventare un esempio negativo per quanti, ancora oggi, rispettano le regole civili della nostra società -:
se, in ordine alla vicenda esposta, non ritengano che si configurino gli estremi per l'applicazione della misura della rimozione del sindaco, ai sensi dell'articolo 142 del decreto legislativo n. 267 del 2000.
(3-02725)
(3 ottobre 2003)
(ex 5-01076 del 2 luglio 2002)