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B) Interrogazione
soggetti passivi del delitto, perché non sono i soggetti titolari del bene tutelato, ma oggetto dell'istigazione;
l'articolo 266 del codice penale, al primo comma, testualmente recita: «Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l'apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni»;
l'articolo 266 del codice penale, al secondo comma, testualmente recita: «La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente», mentre il successivo quarto comma specifica che il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso «in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata»;
il reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale è procedibile d'ufficio;
la norma incriminatrice è particolarmente importante, in quanto mira a preservare l'ordine interno delle forze armate - e quindi l'ordine pubblico militare - considerate quale organo fondamentale e indispensabile per la difesa della Patria e la conservazione delle istituzioni, come risulta sulla base della dottrina prevalente;
considerato il rilievo del bene giuridico tutelato, il legislatore ha scelto di anticipare la soglia di tutela, vietando condotte come l'istigazione e l'apologia, che sono meramente prodromiche di effettivi comportamenti antidoverosi da parte del personale che compone le forze armate, indipendentemente dal pericolo che potrebbe derivare all'istituzione dall'effettiva violazione dei precetti la cui inosservanza, tramite la condotta vietata, si vuole indurre;
è bene ricordare che il soggetto passivo del reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale è lo Stato italiano, come titolare del bene giuridico protetto dalla norma, mentre i militari - cui è diretta l'istigazione - non sono
i giornali quotidiani, con riferimento alla manifestazione del 10 novembre 2001 svoltasi a Roma, hanno riferito che Luca Casarini avrebbe invitato i soldati di leva «a disertare» (si veda Libero dell'11 novembre 2001, alla pagina 8);
pare evidente che nel fatto, così come riportato dai giornali, si possa ritenere integrata, sia sotto il profilo soggettivo che sotto il profilo oggettivo, la fattispecie di cui all'articolo 266 del codice penale, con l'aggravante prevista dal secondo comma del citato articolo, per essere stato il fatto commesso pubblicamente, cioè nell'ambito di una manifestazione che ha radunato decine di migliaia di persone;
essendo lo Stato il soggetto passivo del reato, ed essendo il reato procedibile d'ufficio, è di tutta evidenza la necessità, per lo Stato medesimo, di seguire con attenzione l'evolversi della situazione, per valutare, altresì, la necessità o quanto meno l'opportunità di provvedere alla costituzione di parte civile nei confronti di Luca Casarini, se ed in quanto abbia commesso il reato di cui si tratta -:
se le notizie riportate dalla stampa circa l'istigazione, da parte di Luca Casarini, alla diserzione rivolta ai militari di leva rispondano a verità e se, dunque, risulti iscritto, il predetto, nel registro generale delle notizie di reato della procura della Repubblica presso il tribunale di Roma;
se, laddove si proceda nei confronti di Luca Casarini per il reato previsto e punito dall'articolo 266 del codice penale, lo Stato, soggetto passivo del reato, intenda costituirsi parte civile per ottenere la giusta punizione di legge ed il ristoro dei danni non patrimoniali subiti.
(3-00413)
(13 novembre 2001)