Allegato B
Seduta n. 306 dell'8/5/2003

TESTO AGGIORNATO AL 26 GENNAIO 2004


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COMUNICAZIONI

Interrogazioni a risposta orale:

CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
al professor Marco Biagi contemporaneamente alla nomina a consulente del Ministero del lavoro nel ruolo che fu già di Massimo D'Antona, a sua volta barbaramente ucciso dalle BR nel 1999, viene revocata la scorta;
assunto questo incarico, il professor Marco Biagi riceve telefonate anonime con minacce di morte: «Sappiamo dove sei»; «Adesso che non hai più gli angeli custodi, ti ammazziamo». Di queste minacce avverte la Questura di Bologna e sporge denuncia contro ignoti;
la denuncia archiviata un mese prima che Biagi sia trucidato viene ritenuta infondata in quanto nei tabulati forniti da Telecom Italia non c'è traccia delle telefonate minatorie ricevute dal professore. Fatalmente, in base a quella evidenza il giuslavorista è ritenuto poco credibile: un mitomane o un simulatore;


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lo conferma il fatto che quando il professor Marco Biagi per l'ennesima volta va in Questura a Bologna a chiedere protezione, giunge ad avere una discussione molto accesa con il capo della Digos locale, il quale perde la pazienza e gli dice che dai tabulati di Telecom Italia non risulta alcuna telefonata alle utenze, nelle date e nelle ore da lui segnalate;
il Questore di Bologna Romano Argenio, il Prefetto Sergio Iovino, Carlo De Stefano e Stefano Berrettoni capi dell'Antiterrorismo a Roma, sono indagati dalla Procura bolognese per la mancata concessione della scorta al professor Biagi, con l'imputazione del reato di cooperazione colposa in omicidio;
è di alcune settimane fa la conferma che il professor Marco Biagi, anche in questo caso, non aveva mentito. Nuovi tabulati telefonici confermano che quelle telefonate di minaccia Biagi le aveva davvero ricevute, contrariamente a quanto documentavano i primi tabulati forniti da Telecom. La sostanziale differenza è in quattro nuove utenze telefoniche dalle quali sarebbero partite le minacce e sulle quali stanno indagando i carabinieri del reparto operativo di Bologna;
i pm della Procura bolognese Giovanni Spinosa e Antonello Gustapane, che indagano sulla mancata scorta al professore, sono impegnati nella verifica dell'attendibilità dei tabulati forniti da Telecom Italia, I magistrati, con la collaborazione dei carabinieri, hanno sotto mentite spoglie aperto una nuova utenza telefonica per attivare una linea di telefonia fissa. I carabinieri per circa quaranta giorni hanno chiamato questa utenza «civetta» da diversi luoghi d'Italia e dall'estero, avvalendosi di tutti gli operatori telefonici nazionali e stranieri e annotando meticolosamente il luogo di partenza, la data, l'ora e la durata di ogni singola chiamata. Dai tabulati di Telecom Italia, unica proprietaria delle linee telefoniche e perciò registra anche le chiamate effettuate con altri gestori, emerge che per l'utenza «civetta» su cinquanta telefonate in uscita e in entrata, annotate nel dettaglio dai carabinieri, ne risultano poco più del cinquanta per cento. Inoltre, alcune telefonate vengono registrate sui tabulati Telecom ad un orario diverso da quello in cui furono effettuate dai carabinieri;
ai fini dell'indagine effettuata dalla Procura bolognese i tabulati Telecom non documentano il traffico telefonico reale, perché incompleti e parziali;
sino ad un mese fa, prima dell'inchiesta della Procura di Bologna, nessun magistrato avrebbe messo in discussione la veridicità e l'esattezza dei tabulati forniti da Telecom. A Bologna esiste uno dei più grossi archivi nazionali dei dati relativi ai tabulati Telecom -:
se il Governo intenda impartire istruzioni ai propri uffici affinché eseguano adeguati controlli sull'esattezza e veridicità degli addebiti telefonici
se in base alla normativa vigente, in caso di contestazione in merito alle telefonate effettuate da un'utenza, quale strumento sia in possesso del cittadino per verificare l'esattezza e la veridicità della documentazione fornita da Telecom Italia.
(3-02267)

GIBELLI e CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
dal 1o gennaio 1998 il settore telefonico avrebbe dovuto essere liberalizzato al fine di garantire la concorrenza fra i diversi gestori nell'offerta di telefonia fissa;
sono trascorsi cinque anni e per la telefonia fissa Telecom Italia rimane l'unico gestore che possa, in violazione della concorrenza, minacciare ed attuare il distacco della linea agli utenti. Infatti, se l'utente decide di rivolgersi ad un altro gestore è costretto in ogni caso a corrispondere, direttamente o indirettamente, il canone di linea a Telecom Italia. Gli utenti non possono scegliere tra gestori concorrenti che siano su un effettivo piano di parità;


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il taglio della linea era una prerogativa dello Stato finché esso gestiva in monopolio il servizio telefonico e serviva a garantire l'ente statale dall'eventuale mancato pagamento del servizio da parte dell'utente. Si trattava di uno strumento eccezionale, attraverso il quale lo Stato tutelava un bene pubblico: il servizio di telefonia fissa;
a Telecom Italia è stato consegnato in monopolio quel bene pubblico, le linee telefoniche, concedendo in tal modo a una società privata di usufruire di un'entrata di oltre 4.000 milioni di euro ogni anno derivanti dal pagamento del canone di linea da parte degli abbonati (ogni cittadino paga infatti 350 mila lire all'anno per il canone);
l'interruzione della linea è utilizzato da Telecom Italia come strumento di pressione per ottenere dall'abbonato il pagamento dei cosiddetti servizi «aggiuntivi» che non vengono riconosciuti dagli utenti come traffico proprio (166, 899 709 Internet, 00 erotici, eccetera), non richiesti alla firma del contratto ma che sono addebitati fino a un costo di 1,50 euro al minuto + Iva;
il pagamento del canone di linea dovrebbe garantire all'utente il diritto alla linea telefonica. Contrariamente, per contestazioni sui servizi aggiuntivi e/o non riconosciuti, questo diritto, con il distacco della linea, viene spesso negato. Va precisato che nessun utente ha mai firmato un contratto per avere servizi aggiuntivi. Si tratta dunque di servizi non richiesti, per i quali si dovrebbe rispettare il dettato del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 185, che all'articolo 9 (Fornitura non richiesta) afferma che: «a. È vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento. b. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso, la mancata risposta non significa consenso;
al signor Paolo di Cadoneghe (Padova) Telecom attiva la linea telefonica il 3 maggio 2002. Paolo paga regolarmente la bolletta di installazione. A fine maggio riceve una telefonata da un non identificato operatore Telecom che gli segnala un traffico telefonico anomalo sulla sua linea e gli chiede 600 euro di anticipo, senza che Paolo possa vedere alcuna documentazione. Gli viene minacciato lo stacco della linea se non paga. Con la bolletta gli vengono chiesti più di 800 euro, che paga. La successiva bolletta del quarto bimestre 2002 richiede altri 907,50 euro. Paolo scopre che gli addebiti «anomali» derivano per lo più da numeri a prefisso 709 Internet e da «altre chiamate a tempo». Telecom Italia invia una lettera il 3 ottobre 2002 da Bolzano, sebbene l'utente sia di Padova! Il gestore telefonico dice di aver effettuato tutti gli accertamenti tecnici e amministrativi senza aver riscontrato anomalie. Paolo si domanda quali siano questi accertamenti, visto che non sono specificati né, tantomeno, documentati. Telecom Italia afferma inoltre di aver verificato il corretto funzionamento del contatore e l'esattezza delle letture degli scatti telefonici. Peccato che il contatore non esista più da anni e che dal novembre 1999 la misurazione non sia più effettuata a scatti, poiché la tariffa è calcolata in base al tempo di conversazione effettuata. Ciò significa che a distanza di tre anni dall'abolizione del contatore, Telecom Italia risponde ancora con le vecchie lettere del 1999. Paolo si rivolge all'Authority delle comunicazioni, che non ha ancora dato alcuna risposta, sebbene lo debba fare per legge entro trenta giorni;
il signor Marco di Brescia nel settembre 2002 riceve una telefonata di Telecom Italia che lo avvisa dell'esistenza sulla sua linea del solito «traffico anomalo». Telecom afferma che disabiliterà i numeri che hanno causato il traffico anomalo, aggiungendo che si tratta di numeri «scattati» con l'utilizzo di Internet. Marco rimane senza linea telefonica per un giorno e mezzo. L'operatore del 187 gli dice che lo stacco della linea non ha a che fare con il traffico anomalo, ma è dovuto a «difficoltà nella zona dell'utente». Dopo qualche giorno, Marco riceve una lettera


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dalla sede Telecom di Roma nella quale viene informato che la sua linea telefonica è stata staccata e che deve contattare un numero verde - 8211211 - in orario d'ufficio nei giorni feriali. Marco prova a telefonare per ore e non riesce a parlare con nessuno. Ritelefona al 187 e in un primo momento viene accusato di aver frequentato siti porno a pagamento; poi gli viene detto che l'anomalia sul traffico è stata effettivamente riscontrata. Marco si rifiuta di pagare la bolletta di 323 euro, di cui 230 di telefonate anomale. Gli vengono forniti da Telecom altri numeri a base 02 6211 che fanno capo dell'Ufficio Conciliazione e Arbitrato di Milano. Marco telefona per ore a quest'ultimo numero, che tra l'altro è a pagamento, e nessuno gli risponde. Gli viene consigliato un altro numero - 02 48584390 - sempre per informazioni sulle procedure di conciliazione e di arbitrato, ma non risponde nessuno nemmeno stavolta. Marco chiede che gli venga dato il nome di un dirigente o di un responsabile Telecom con cui parlare, ma invano. Decide allora di andare alla sede Telecom di Brescia, ma scopre che non c'è alcun ufficio che risponde al pubblico. Marco non demorde e decide di fare i controlli che dovrebbe fare Telecom e che comunque il gestore telefonico, qualora li abbia fatti, non gli fa esaminare. Sottopone il proprio computer all'analisi di un tecnico, poiché Telecom Italia gli aveva detto che il problema nasceva da chiamate «scattate» durante il collegamento Internet. Il tecnico gli assicura che non ha trovato traccia di siti porno, di documenti scaricati automaticamente durante la navigazione o della visita ad altri siti a pagamento come quelli che offrono suonerie, calendari o materiale erotico. L'esperto consiglia a Marco, ovviamente, di chiedere il dettaglio del traffico alla Telecom. Ma questo è il tasto dolente. Nessuno lo riceve in ufficio e nessuno risponde alle sue lettere. Il 21 novembre scorso Marco invia ancora una raccomandata all'ufficio Telecom di Brescia in via Corfù 81, senza ricevere risposte. Una richiesta di pagamento da Telecom Italia senza alcuna documentazione degli addebiti «dubbi», nessuna risposta dal gestore telefonico e un cittadino che si sente totalmente impotente, quasi «rassegnato» allo stacco della linea per motivi che non gli è dato di sapere con esattezza;
il signor Luigi, torinese, ha un'attività artigianale. Gli è capitato più volte di contestare a Telecom Italia servizi non richiesti, l'ultimo dei quali gli viene addebitato in bolletta per un importo di 26 euro. Si tratta di Teleconomy 24, che da ormai due anni sta generando una valanga di contestazioni, ma che continua ad essere «affibbiato» ad utenti che non l'hanno mai richiesto. L'Authority delle Comunicazioni ha ricevuto numerosissime segnalazioni, ma non ha risolto il problema. Con la bolletta di agosto-settembre, mesi in cui l'attività lavorativa è scarsa, Luigi si vede chiedere 99 euro, mentre di solito paga la metà. Telefona al 187 e gli viene detto che risulta che abbia chiesto il servizio Teleconomy 24. Luigi ribatte di non averlo mai chiesto. «Mi hanno detto che mi avrebbero rimborsato i 26 euro della Teleconomy non richiesta - ci spiega Luigi - ma sono passati quattro mesi e non ho visto una lira»;
analoga vicenda denuncia il dottor Bhutto, medico di origine pakistana che lavora all'ospedale di Padova. Dal 1999 ha una contestazione irrisolta con Telecom Italia e perciò è particolarmente attento alle bollette. Si trova applicata due volte di seguito Teleconomy 24. Il 16 novembre 2001 invia una lettera di contestazione, che può essere utilmente presa a modello da chi ha problemi simili. Il dottor Bhutto scrive: «...dopo che con lettera prot. AA000246, in data 1o febbraio 2001 avevate attivato a tradimento sulla mia linea il mai richiesto servizio "Teleconomy 24", retroattivamente dall'1o dicembre 2000 con addebito nella bolletta del secondo bimestre 2001; dopo che con raccomandata del 27 febbraio 2001 Vi avevo diffidato dal permetterVi di attivare, contro la mia volontà, qualsiasi servizio non richiesto; dopo che, finalmente, l'indesiderato Teleconomy 24 spariva dalle mie bollette a partire dal quinto bimestre 2001; per la


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seconda volta la Vs. Azienda si permette di riattivare a proprio arbitrio il mai richiesto Teleconomy 24, con comunicazione prot. AA002064 in data 26 settembre 2001, a partire retroattivamente dal 1o agosto 2001 con addebito nella bolletta del sesto bimestre 2001. Il Vs. è un comportamento gravemente molesto nei confronti del sottoscritto abbonato. RicordandoVi ancora una volta che, ai sensi dell'articolo 9 comma 1 del decreto legislativo 22 maggio 1999 n. 185 è vietata la fornitura di beni o servizi al consumatore in mancanza di una sua previa ordinazione nel caso in cui la fornitura comporti una richiesta di pagamento, sono nuovamente a diffidarvi dal permetterVi di attivarmi qualsiasi servizio aggiuntivo (anche gratuito), senza un regolare contratto sottoscritto dall'abbonato titolare del contratto di linea e di Pubblico Servizio. Provvedo pertanto a detrarre dalla bolletta del sesto bimestre, e dalle successive, qualsiasi addebito di servizi non richiesti, oltre al costo della raccomandata che mi costringete ad inviare in seguito al Vs. scorretto comportamento. Come se non bastasse, con la massima scorrettezza, in violazione della legge 675/96, nella informativa sulla privacy allegata alla Vs. comunicazione di attivazione dell'indesiderato Teleconomy 24, date per concesso, da parte mia, il consenso al trattamento dei dati personali, oltre che per ottemperare agli obblighi previsti dalla legge, anche per finalità relative a servizi e/o prodotti ulteriori all'oggetto del contratto. Con la presente, pertanto, nego il mio consenso al trattamento dei miei dati personali per finalità diverse da quelle strettamente necessarie all'esecuzione del contratto, diffidandovi dall'inviarmi ulteriori comunicazioni in cui sia previsto il silenzio-assenso al trattamento dei dati personali. Preciso che qualsiasi Vs. comunicazione in cui tale consenso venga assunto come fornito deve ritenersi nulla»;
la signora Palmira, 91 anni, di Padova si è vista recapitare alcune bollette milionarie nelle quali le vengono addebitate svariate telefonate internazionali e altre - ancor più numerose - indirizzate a 60 numeri diversi di telefoni cellulari. Considerato che Palmira risiede in una zona della città in cui si concentrano numerosi immigrati è evidente che si tratta di un caso di intromissione abusiva sulla linea telefonica da parte di ignoti. Palmira contesta una serie di bollette milionarie, che dapprima paga interamente e poi parzialmente. Per Telecom Italia «è tutto regolare». Poiché l'inconveniente continua a ripetersi, Palmira si abbona ad Infostrada. Quando ottiene la preselezione automatica con Infostrada - cioè la possibilità di chiamare direttamente tramite il nuovo gestore senza comporre prima sulla tastiera del telefono un codice di accesso - le telefonate abusive le vengono addebitate da Infostrada. Palmira contesta nuovamente, ma Infostrada afferma che le chiamate sono realmente passate attraverso le proprie centrali. È un tipico caso che si verifica in regime di concorrenza «imperfetta», cioè con l'avvento della competizione tra gestori sul traffico telefonico ma con il mantenimento della linea a Telecom Italia. Telecom è responsabile della linea telefonica e afferma che «tutto è regolare». Dovrebbero essere i due Gestori a risolvere tra di loro la questione, i cui oneri ricadono invece interamente sull'utente, che sulla linea non ha alcun controllo e neppure può avere alcuna documentazione chiara, pur pagando il relativo canone di almeno 350 mila lire all'anno;
il titolare di un phone-center di Mestre lavora con tre linee ISDN su sei cabine telefoniche e una linea ISDN per l'ufficio. Tutte le telefonate sono gestite da una centralina computerizzata che compone automaticamente i prefissi di due gestori alternativi a Telecom con i quali la ditta ha stipulato due specifici contratti. La centralina memorizza i dati di tutte le telefonate in uscita. Su una linea delle cabine viene improvvisamente attivato il servizio «Teleconomy 24 Aziende», che non è mai stato richiesto dal nostro imprenditore. La tariffa dovrebbe essere di tipo flat, il che significa che l'addebito in bolletta per le telefonate dovrebbe essere pari a zero, compensato da un canone che


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sulle linee ISDN è il doppio di quello della normale Teleconomy. Fino al quarto bimestre 2002 compreso, le bollette Telecom arrivano - correttamente - con traffico zero. Il 29 giugno 2002 Telecom invia un telegramma in cui segnala di aver rilevato un traffico anomalo in uscita da una delle linee del phone-center. La ditta, che riceve bollette senza documentazione, richiede il tabulato del periodo, da cui risultano parecchi 166 e 899. Tutte le bollette del quinto bimestre 2002 addebitano telefonate in uscita per importi anche sensibilmente diversi tra loro, non solo sulla linea segnalata dal telegramma. Accade anche quel che dovrebbe essere impossibile: su alcune bollette sono segnalati addebiti per «Internet numerazione 70X». Poiché stiamo parlando di cabine telefoniche non collegate a computer per la navigazione Internet, ci sarebbe qualcuno, secondo Telecom, che utilizza queste cabine non solo per chiamare i 166 e gli 899 e consultare servizi erotici o cartomanti, ma anche per limitarsi a sentire i fischi del modem dei provider internet! Vengono verificati tutti i tabulati memorizzati nel centralino di controllo, ma non si rileva la presenza di nessuna chiamata a numeri 70X, 166 o 899. Viene fatta regolare contestazione a Telecom e all'Autorità delle Comunicazioni. L'imprenditore mestrino paga quanto dovuto, ma detrae gli addebiti ritenuti abusivi. Il 12 novembre 2002 Telecom Italia, nonostante la contestazione in corso, interrompe tutte le linee e non ne vuole sapere di riallacciarle prima che sia pagato tutto. L'utente è così costretto a pagare, per non interrompere la propria attività lavorativa. In data 12 dicembre 2002 arriva la solita lettera di risposta Telecom, secondo cui «è tutto regolare». Leggiamone alcuni passaggi: «...ribadiamo di aver eseguito i necessari controlli, con particolare riferimento alla trascrizione dei dati...», scrive l'ufficio Telecom, dimenticandosi che i dati non vengono più trascritti ma sono trasmessi direttamente via cavo o registrati su CD. In un altro passaggio, il gestore comunica che «...i servizi con numerazione 166-199-709-848-892-899 sono offerti da Fornitori di Informazioni attraverso una struttura di rete predisposta solo da Telecom Italia», la quale dunque non può chiamarsi fuori dalla vicenda. Significative sono poi le considerazioni sul servizio Teleconomy 24: «Ci rammarichiamo, infine, che Lei non intenda avvalersi dei vantaggi che sarebbero derivati dall'adesione all'offerta "Teleconomy 24 Aziende"; ne abbiamo, comunque, effettuato la revoca, come da Sua richiesta. Al riguardo, puntualizziamo che la nostra Società si è da tempo attivata per accettare telefonicamente, previo accertamento dell'interlocutore, le adesioni e le disdette dei servizi come Teleconomy, allo scopo di snellire e velocizzare i rapporti con la nostra Clientela. La lettera di conferma che viene inviata al titolare del contratto, poi, costituisce un ulteriore elemento di trasparenza e di verifica della correttezza dell'adesione». Dal che si deduce che la lettera di conferma la invia chi ha appioppato il servizio e non chi se lo è visto addebitare. Il cliente deve solo accettare e pagare il servizio non richiesto e non utilizzato. Rimane comunque un elemento inquietante. Insieme alla lettera, Telecom invia anche i tabulati del periodo. Ad una accurata verifica incrociata, le chiamate riportate da Telecom non risultano nel centralino del phone-center, che registra tutte le chiamate in uscita. A questo punto, se la linea è a posto - come garantisce Telecom - e se le chiamate non sono uscite dal phone-center, possono solo essere state «generate» dalla stessa Telecom in centrale o nel sistema contabile;
la ditta «Audiotel» di Albignasego (Padova) contesta il quarto bimestre 2000 per una bolletta di 907.000 lire e il quinto bimestre 2000 per una bolletta di 3.207.000 lire. La prima bolletta viene pagata interamente e la seconda per 610.408 lire, dopo aver detratto 2.163.827 lire + IVA corrispondenti a cinque chiamate a «servizi 166», con una durata complessiva di 14 ore 11 minuti 39 secondi. La cosa stupefacente è che le chiamate ai numeri 166 non possono - per legge - avere una durata superiore agli 8 minuti, mentre dividendo le 14 e passa ore di presunta chiamata per il totale di


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cinque chiamate imputate all'utente si otterrebbero singole chiamate a 166 della durata media di 2 ore e 50 minuti!! La lettera di contestazione parte il 4 settembre 2000. Telecom Italia risponde con lettera del 10 ottobre 2000 e afferma di aver provveduto alla diminuzione della bolletta per 2.163.827 lire + IVA, cioè per lo stesso importo già detratto dal cliente. Sembra che tutto si sia concluso felicemente, con soddisfazione di entrambe le parti. Invece, in data 28 maggio 2001, arriva la consueta lettera di sollecito di sapore intimidatorio: «Ricordiamo che il ritardato pagamento comporta l'addebito dell'indennità di mora come da regolamento di servizio; inoltre, il ritardo del pagamento oltre il termine di 10 giorni dalla ricezione della presente può determinare la sospensione del servizio telefonico e la risoluzione contrattuale con cessazione delle linee in Vostro uso». La lettera ovviamente non dice nulla circa quel che può accadere in caso di «errore» da parte di Telecom Italia. Il 7 giugno 2001 l'imprenditore padovano invia una raccomandata in cui spiega di nuovo tutta la faccenda, soffermandosi sulla lettera con la quale la stessa Telecom Italia comunicava di aver accettato lo storno delle cifre contestate. Stavolta, niente da fare! Telecom Italia non risponde, ma invia altri 2 inesorabili «solleciti» con le consuete «minacce» di stacco della linea in data 19 settembre 2002 e 25 novembre 2002. Nessuna spiegazione all'utente e totale «dimenticanza» di ciò che pure era stata la stessa Telecom a pattuire;
l'ampio numero di casi sopra riportati attesta l'inadeguatezza della vigente normativa rispetto alla necessità di fornire una tutela efficace per i più elementari diritti degli utenti;
è evidente che l'attuale quadro normativo richiede profonde e significative modifiche -:
quali iniziative normative intenda adottare affinché sia garantita piena tutela ai diritti degli utenti.
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GIBELLI e CAPARINI. - Al Ministro delle comunicazioni. - Per sapere - premesso che:
i dialers sono files, generalmente con estensione exe, che una volta lanciati ed eseguiti da un personal computer connesso alla rete internet lo disconnettono dal provider predefinito dall'utente ricollegandolo ad un diverso provider con numeri a pagamento. I dialers funzionano solo in ambiente Windows (il sistema operativo di gran lungo più diffuso) e con collegamenti col modem (anche Isdn);
per regolamentare i servizi on line addebitati con fattura telefonica l'Autorità delle comunicazioni nel giugno 2002 ha emanato la delibera 9/02 che, all'articolo 4, comma 1, specifica che la numerazione in decade 7 (quindi anche i 709) deve essere utilizzata esclusivamente per l'accesso a Internet;
tale provvedimento avrebbe dovuto tutelare i consumatori e contemporaneamente salvaguardare il commercio via internet, limitando gli acquisti, anche di servizi, solo a chi è consapevole dei costi che essi comportano. Come confermato da Gilberto Nava, direttore del dipartimento Vigilanza e controllo dell'Autorità, il consumatore che acquisisce prodotti o servizi attraverso il web, deve poterlo fare utilizzando mezzi di pagamento diversi dall'addebito in bolletta, quali la carta di credito o l'indicazione di un conto corrente postale. Ne consegue che dalla data della citata delibera nessun provider potrebbe far funzionare i suoi dialers addebitandone i costi in bolletta;
gli isp (internet service provider) aggirando la disposizione dell'Autorità forniscono tali servizi come programmi di connessione a internet approfittando dell'oggettiva difficoltà dell'utente nel distinguere tra un programma di connessione autentico e un software ingannevole. Nel primo caso il provider fornisce a prezzi competitivi la possibilità di navigare con uno dei suoi 70x. Il sistema può avere anche molti vantaggi per gli utenti che, oltre a risparmiare grazie a tariffe scontate, possono usare uno stesso numero di


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collegamento da tutta Italia. Nel secondo caso, quello dei dialers, i collegamenti comportano tariffe che vanno dai 2 ai 5 euro a scatto alla risposta per ogni chiamata e sono ingannevolmente presentati agli utenti;
sono numerosi i dialers che automaticamente si installano sul computer collegato ad internet ogni volta che si clicca su una pubblicità che promette loghi, suonerie, Mp3 o altri servizi gratuiti senza preventiva richiesta di carta di credito o di conto corrente. Tanto meno vincolano l'adesione ai minorenni;
tale situazione è peggiorata da quando i dialers sfruttato i certificati di protezione di Internet Explorer, il software di navigazione maggiormente utilizzato al mondo, per cui non c'è alcuna richiesta di scaricare i files ma è sufficiente un semplice click perché il nuovo collegamento non richiesto diventi effettivo;
il tutto avviene nel silenzio dell'operatore telefonico che emette la bolletta il quale incassa il 19 per cento del traffico effettuato. Un business in cui si muovono provider senza scrupoli, pronti a cambiare numerazione una volta scoperti, e gestori acquiescenti che hanno tutto da guadagnare;
l'unica difesa per l'utente è la denuncia alla polizia postale che può indagare su questi fenomeni e al ministero delle Comunicazioni di bloccarne le numerazioni. Inoltre, denunciando eventuali truffe, si sospende anche il pagamento a Telecom, o agli altri operatori telefonici, dei costi delle telefonate ai 709 non riconosciute;
la disabilitazione permanente gratuita delle chiamate potrebbe far scomparire rapidamente questo fenomeno, come accaduto per i 144 o gli 899. Sarebbe estremamente semplice: esclusione delle chiamate ai numeri che iniziano col 7 a meno di esplicita richiesta dell'utente. L'Autorità ha escluso questa possibilità in quanto l'utilizzo dei 709 non prevede la vendita di prodotti e servizi da far pagare in bolletta; conseguentemente non è possibile obbligare Telecom Italia e gli altri operatori ad offrire gratuitamente la disabilitazione verso numerazioni con cui sono forniti servizi già vietati dalla normativa;
per evitare i dialers all'utente non resta che evitare di scaricare programmi con estensione exe in quanto ci sono alte probabilità che si tratti di un servizio non richiesto. Se il sito web offre contenuti come loghi, suonerie, sfondi, file Mp3, immagini, eccetera la probabilità si trasforma in certezza. Nel caso il computer venga utilizzato anche da un minore o da una persona meno esperta è possibile difendersi dalle incursioni dei dialers installando appositi programmi. L'ultima possibilità è quella di chiedere alla Telecom, attraverso il 187 la disabilitazione dei numeri 709, soluzione che impedisce di fatto al computer di collegarsi ad un numero telefonico a pagamento;
è da sottolineare che diversamente da quanto previsto per i numeri che iniziano per 144, 166 e 899 la disabilitazione al 709 è a pagamento con un costo di attivazione di 13,63 euro e un costo bimestrale di 5,34 euro oltre al disservizio della digitazione di un codice aggiuntivo per le chiamate interurbane e verso i cellulari;
nel caso in cui l'utente riceva una bolletta con chiamate inconsapevolmente fatte al 709 è costretto ad una trafila complicata: chiedere all'operatore telefonico il numero in chiaro (quello in bolletta è indicato con 70*) Entro la scadenza della fattura dovrà fare denuncia alle forze di polizia (ai compartimenti della polizia postale, alla guardia di finanza o ai carabinieri) e pagare la parte della bolletta incontestabile. Inviare all'operatore di rete la copia del pagamento e della denuncia per evitare che il distacco della linea per morosità (si vedano gli atti di sindacato ispettivo 3-02234 e 3-02233 a prima firma dell'interrogante) -:
quali iniziative normative il Governo intenda assumere affinché possano essere efficacemente tutelati i diritti degli utenti rispetto alle situazioni deplorevoli di cui si è detto in premessa;


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quali iniziative normative intenda adottare per fornire garanzie e tutela per gli oltre venticinque milioni di utenti della telefonia fissa in Italia;
se non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative perché, in particolare, all'utente sia data la possibilità di scegliere e verificare i costi dei servizi e le relative modalità di addebito.
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