Allegato B
Seduta n. 295 del 9/4/2003


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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, per sapere - premesso che:
nel comune di Roma in via di Salone 245, è situato lo stabilimento chimico industriale Engelhard su una superficie di circa 45.000 metri quadri, uno dei tanti sparsi in tutto il mondo, dove lavorano 240 dipendenti di cui 110 operai;
tale stabilimento di Roma opera ormai da molti decenni ed è conosciuto in zona come «La fabbrica dell'oro» per la sua attività originaria di industria galvanica. Nel corso degli anni questa produzione è diventata marginale lasciando spazio a quella dei catalizzatori chimici che oggi rappresenta la principale attività dell'azienda;
la produzione di catalizzatori, come tale, comporta rischi calcolati in quanto i processi chimici vengono realizzati in condizioni controllate. Inoltre l'azienda ha già fatto importanti investimenti per migliorare questi impianti di produzione sia sotto il profilo funzionale sia ambientale. In ogni caso trattasi sempre di una azienda chimica che utilizza i gorgogliatori di lavaggio, le cui acque, anche se parzialmente depurate, vengono versate nel fiume Aniene e quindi nel Tevere già molto inquinati (vedi recente morìa di pesci);
i catalizzatori sono prodotti chimici composti da due importanti elementi: il primo, il substrato, speso carbone o allumina, che ha un forte potere adsorbente ed il secondo, il principio attivo, che è rappresentato da metalli nobili come il palladio, il platino, l'iridio, il rodio, il renio e l'osmio che sono metalli costosissimi. Questi catalizzatori vengono utilizzati normalmente per accelerare una vasta gamma di reazioni chimiche permettendo di operare sui processi reattivi in condizioni meno spinte di temperatura e pressione. Per questi motivi sono indispensabili per circa 500 aziende chimiche che la Engelhard fornisce in tutto il mondo. Purtroppo però la loro efficacia si riduce con l'uso e per questo devono essere periodicamente sostituiti. Qui nasce il problema dei «catalizzatori esausti» che rappresentano scorie produttive ad alto potenziale di tossicità in quanto, durante il processo reattivo, il carbone ha adsorbito svariate sostanze chimiche, in parte come reagenti ed in parte come prodotti delle reazioni secondarie non facilmente identificabili. Questa sorta di «melma tossica» ha però un elevato valore economico in quanto contiene i metalli preziosi. Da qui la convenienza a recuperarli attraverso il processo più semplice ed economico: la pirolisi e la termodistruzione delle sostanze chimiche;


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la Engelhard, nello stabilimento di Roma, dispone di un impianto termico per il recupero dei metalli preziosi dai catalizzatori esausti. Questo procedimento si articola in tre fasi. La prima consiste nel travaso degli esausti dai fusti in apposite vasche d'acciaio. In questa fase vengono liberate nell'aria le sostanze gassose ed i solventi volatili. Nella seconda fase le vasche con gli esausti, vengono immesse nei combustori che generano una temperatura di 400-500 gradi centigradi. A queste temperature alcune sostanze, comprese quelle tossiche, passano allo stato gassoso, molte altre invece reagiscono tra loro creando nuove sostanze di cui alcune molto tossiche come la diossina, che si genera facilmente in presenza di cloro. Nella terza fase i prodotti della combustione vengono convogliati in un post-combustore dove si raggiunge la temperatura di circa 1.200 gradi. A questa temperatura le sostanze organiche vengono normalmente rese innocue e quindi liberate nell'aria attraverso il camino. Purtroppo però può accadere molto spesso, e soprattutto negli ultimi tempi, che il post-combustore si blocchi o non riesca a smaltire il carico di esausti al quale è sottoposto. In questo caso le sostanze inquinanti emesse dal primo combustore si riverserebbero nell'aria, inquinandola drammaticamente;
i cittadini di Case Rosse, Settecamini e Setteville sono costretti ormai continuamente a chiudersi in casa per la presenza nell'aria di sostanze maleodoranti e/o irritanti per le prime vie respiratorie, provenienti dallo stabilimento Engelhard. Ciò rappresenta la conferma che gli impianti di combustione, ed in particolare il post-combustore, sono ormai obsoleti e quindi non più idonei sotto il profilo della sicurezza ambientale;
nella zona è stato riscontrato un aumento preoccupante di patologie respiratorie, dermatologiche e soprattutto di natura tumorale che suscitano un giustificato allarme tra i residenti che non hanno esitato a chiedere più volte inutilmente alle autorità competenti una indagine epidemiologica sul quartiere di Case Rosse e via di Salone per ricoveri e decessi dovuti a tumore;
oltre all'inquinamento ambientale perdurante nel tempo dovuto alla continua emissione nell'aria di sostanze chimiche, incombe il grave pericolo di un inquinamento di vaste proporzioni dovuto allo stoccaggio di catalizzatori esausti normalmente presente nello stabilimento. Tale timore scaturisce da due episodi verificatisi di recente. Il primo è avvenuto il 12 febbraio 1998 quando dallo stabilimento fuoriuscì una sostanza che, a contatto con l'aria ed il suolo, sprigionò fumi e vapori tossici che costrinsero le forze dell'ordine ad isolare la zona per qualche tempo. Il 2 aprile del 2000, sempre nella stessa Engelhard, è divampato un incendio che per fortuna i vigili del fuoco sono riusciti a controllare in circa 3 ore (la Repubblica, 3 aprile 2000). La natura dell'incendio ed il grado di rischio corso non è stato esplicitato, ma avrebbe potuto estendersi allo stoccaggio dei catalizzatori esausti con gravissime conseguenze per i residenti;
lo stabilimento è situato al centro di un'area con circa 20.000 abitanti di Case Rosse e Settecamini, nel comune di Roma, e di Setteville, nel comune di Guidonia, e con 30.000 dipendenti delle aziende che operano nella Tiburtina Valley. Inoltre lo stabilimento è situato ai confini con il costruendo Polo Tecnologico e a ridosso di un nuovo piano di zona per circa 1.200 abitanti con asilo nido previsto dal piano di riqualificazione di Case Rosse;
la Engelhard non ritiene di rientrare negli obblighi previsti per le aziende a rischio rilevante come da decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, non avendo probabilmente valutato nella giusta misura lo stoccaggio dei catalizzatori esausti in relazione alle sostanze non facilmente identificabili ma potenzialmente molto tossiche che essi possono contenere. È invece ragionevole ipotizzare che la Engelhard rientri nel campo di applicazione del decreto legislativo n. 334 del 1999 per le seguenti considerazioni:
a) la soglia quantitativa per rientrare in classe B è di 1 chilogrammo per


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le sostanze T R45-R49 cioè tossiche o molto tossiche (frasi di rischio da R23 a R28), mentre per i diversi composti elencati nominativamente le soglie di riferimento sono poste a 30, 20, 2, 1, 0,2 chilogrammi;
b) la soglia quantitativa per rientrare in classe A1 è posta ad 1 chilogrammo per i policlorodibenzo-furani e le policlorodibenzodiossine, espressi come TCDD equivalente;
i catalizzatori esausti possono contenere un numero potenzialmente assai elevato di composti chimici rientranti nelle categorie di pericolo sopra menzionate e, in relazione ai quantitativi di soglia estremamente bassi, determinare di conseguenza l'obbligo degli adempimenti previsti dalla normativa sui rischi di incidente rilevante;
tra l'altro, il decreto legislativo 25 febbraio 2002 (attuazione della direttiva 98/24 CE sulla protezione della salute e della sicurezza contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro, che introduce il Titolo VII-bis «Protezione da Agenti Chimici» nell'articolato del decreto legislativo 626/94), in particolare per quanto riguarda le modalità di applicazione dell'articolo 72-quater (valutazione del rischio), impone una rigorosa analisi delle caratteristiche di pericolo delle sostanze detenute/manipolate negli ambienti di lavoro e delle relative quantità;
i catalizzatori esausti probabilmente vengono considerati dalla Engelhard semplici prodotti di lavorazione industriale, e non rifiuti solidi, in quanto dati in «conto lavorazione» dalle aziende chimiche che li utilizzano. Questa che, secondo l'interrogante, è una «scappatoia burocratica» non esime la Engelhard dalle responsabilità e dagli adempimenti prescritti dal decreto legislativo n. 334 del 1999 e successivi. In questa situazione qualunque soggetto potrebbe stoccare, manipolare, bruciare e quindi di fatto «smaltire» sostanze altamente tossiche, e non sempre identificabili, provenienti dalle centinaia di aziende clienti sparse in tutto il mondo, senza sottoporsi alle norme che regolano il trattamento dei rifiuti tossici;
nonostante le ripetute sollecitazioni dei comitati di zona e dei cittadini alle autorità competenti deputate ai controlli dello stabilimento, continua a ripetersi la liberazione nell'aria di sostanze maleodoranti e tossiche;
la Engelhard, forse consapevole della inadeguatezza e quindi della pericolosità dell'attuale impianto che opera ornai da molti anni, ha previsto nei suoi piani di ristrutturazione il rifacimento di detto impianto di combustione degli esausti con passaggio finale dei fiumi in apposito gorgogliatore di lavaggio. Questa soluzione, certamente migliorativa, non esclude però la liberazione nell'aria di gas inquinanti nella prima fase di travaso degli esausti dai fusti nelle vasche di combustione e nei casi in cui gli esausti contengono sostanze altamente infiammabili che entrano in combustione in modo incontrollato superando gli standard di smaltimento sopportati dall'impianto. Inoltre e soprattutto il nuovo combustore non elimina i rischi connessi allo stoccaggio degli esausti. Una valutazione a parte meritano poi gli ulteriori rischi che correrebbe l'Aniene, già molto inquinato, dove alle acque del primo gorgogliatore si aggiungerebbero quelle del lavaggio dei fumi;
ad avviso dell'interrogante, l'azienda Engelhard, in considerazione della prevista ristrutturazione degli impianti di combustione dei catalizzatori esausti, dovrebbe cogliere l'occasione per trasferire in altra sede i nuovi impianti la cui operatività non è strettamente legata all'intero processo produttivo ed ad una scarsa incidenza sotto il profilo occupazionale -:
se non ritenga necessario che:
a) enti qualificati, vale a dire che abbiano la competenza tecnica all'altezza della situazione e non abbiano mai avuto rapporti di consulenza con la stessa Engelhard, verifichino subito l'adeguatezza e la funzionalità del post-combustore e, nel


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caso di obsolescenza dell'impianto, non esitino a farlo chiudere immediatamente;
b) vengano disposte due indagini epidemiologiche per ricoveri e decessi di natura oncologica, una interna all'azienda ed una esterna al quartiere di Case Rosse e tra gli abitanti di via di Salone che sono esposti agli effetti dei combustori da oltre 20 anni;
c) vengano valutate storicamente, attraverso una accurata analisi documentale, le quantità, le condizioni e la natura dello stoccaggio dei catalizzatori esausti al fine di verificare la classificabilità di tale stabilimento tra quelli a rischio rilevante (decreto-legge del 17 agosto 1999, n. 334);
se, nell'attuale revisione di tutte le normative che regolano la salvaguardia dell'ambiente attraverso la prossima legge delega, non ritenga necessario adottare le opportune iniziative normative per far rientrare nella regolamentazione dei rifiuti solidi anche quelli potenzialmente tossici, oggi trattati come materie prime o conto lavorazione.
(2-00715) «Giordano».

Interrogazione a risposta scritta:

RAVA, REALACCI e DAMERI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio. - Per sapere - premesso che:
sono trapelate notizie, riportate peraltro dalla stampa locale, circa la presunta richiesta, avanzata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di dimissioni dell'attuale commissario governativo, per la bonifica dell'Acna e il risanamento del fiume Bormida, avvocato Stefano Leoni;
il dottor Leoni ha svolto dal 1999 ad oggi un ottimo lavoro come commissario governativo, avviando un'efficace opera di bonifica del sito e un equa richiesta di partecipazione dell'Enichem nel processo di risanamento;
risulterebbe quanto mai inopportuno disperdere un patrimonio di esperienza nel campo ambientale e di conoscenza del problema specifico della Valle Bormida -:
se corrisponda al vero che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio abbia richiesto le dimissioni del dottor Leoni e, in caso affermativo, quali siano le ragioni di tale richiesta e le modalità con cui questa richiesta è stata avanzata;
se non ritenga, invece, opportuno confermare nell'incarico di commissario governativo per la bonifica dell'Acna e della Valle Bormida, il dottor Leoni, sostenendolo nella sua attività di bonifica e di trasparente richiamo ad equa responsabilità dei soggetti coinvolti nell'inquinamento della Valle.
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