Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 282 del 18/3/2003
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(Istituzione della figura del poliziotto di quartiere - n. 3-01774)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano,


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ha facoltà di rispondere all'interrogazione Magnolfi n. 3-01774 (vedi l'allegato A - Interrogazioni sezione 3).

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'istituzione del «Poliziotto e Carabiniere di quartiere» si inquadra in un contesto di misure finalizzate a realizzare un nuovo modello di sicurezza basato, da un lato, su un'azione sinergica di tutti i soggetti, istituzionali e non (forze dell'ordine, magistratura, enti locali, istituti di vigilanza privata, e così via), in grado di dare un contributo alla tranquillità ed alla vivibilità delle nostre città e, dall'altro, su una presenza delle forze di polizia sul territorio più capillare e più vicina ai cittadini (la cosiddetta polizia di prossimità).
In particolare, l'idea della polizia di prossimità esprime una filosofia di prevenzione che ha l'obiettivo di ridurre i livelli di criminalità e di elevare la percezione di sicurezza attraverso forze dell'ordine non più solo presenti fisicamente, ma in grado di operare in modo qualitativamente diverso, dialogando con i cittadini nelle strade e nelle piazze, conoscendone le abitudini ed i problemi, cercandone la fiducia e la collaborazione e fornendo nuovi servizi, anche di tipo informativo.
Ricordo in proposito che, tra i compiti di questi nuovi agenti, vi è anche quello di fornire suggerimenti generali in tema di sicurezza o di dare informazioni di vario genere. Si tratta, in pratica, di dare seguito a quella distinzione, che è stata approfondita di recente anche da una ricerca del Censis, tra il livello oggettivo di sicurezza e la percezione soggettiva di sicurezza che non è detto che coincida con il primo livello, di diminuire la distanza che esiste tra questi due livelli cercando quella fiducia nei confronti delle istituzioni in generale e delle istituzioni preposte alla sicurezza, che è essenziale per il funzionamento del sistema sicurezza nel suo insieme.
Il poliziotto ed il carabiniere di quartiere, perciò, non costituiscono semplicemente pattuglie a piedi aggiuntive rispetto a quelle a bordo di autovetture, ma esprimono nuove figure professionali, specificamente formate, munite di attrezzature particolari, come i computer portatili dotati di software in collegamento continuo con la stazione dei carabinieri o con la centrale di polizia, in grado di fornire anche lo stradario cittadino o numeri telefonici e indirizzi di uffici pubblici.
Questa nuova figura professionale, che integra i dispositivi di controllo del territorio già esistenti, è caratterizzata dalla continuità di azione e dalla esclusività di assegnazione, nel senso che gli stessi agenti opereranno sempre nella medesima area territoriale, nella cui comunità devono entrare a far parte in modo permanente. Il poliziotto di quartiere potrà così acquisire una conoscenza molto accurata di tutte le dinamiche che interessano la sicurezza e diventerà un rassicurante punto di riferimento, sviluppando anche la collaborazione con enti pubblici e con ogni figura rappresentativa della collettività nella quale opera.
Va precisato che il termine «quartiere» non propone una delimitazione territoriale coincidente con l'articolazione amministrativa comunale, ma indica il settore operativo dei nuovi agenti, definito sulla base delle specifiche condizioni e caratteristiche di ciascuna realtà, del suo tasso di problematicità e dei soggetti che la popolano, tenendo conto anche dei casi in cui è necessario intervenire con strumenti di controllo del territorio diversi dal poliziotto e dal carabiniere di quartiere.
Per tali ragioni, il servizio non poteva che essere avviato in via sperimentale e con gradualità.
La prima fase ha avuto inizio il 18 dicembre del 2002 ed ha interessato alcune aree di 28 capoluoghi di provincia; dal 20 gennaio scorso la sperimentazione è stata estesa ad altri 24 capoluoghi, tra i quali, per quanto riguarda la Toscana, la città di Firenze.
È prevista l'estensione della sperimentazione all'intero territorio nazionale entro il primo semestre dell'anno in corso, mentre


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per quanto riguarda la città di Prato, il servizio sarà attivato nei prossimi giorni a decorrere dal 20 marzo prossimo.
A tal fine nella predetta città toscana, fin dall'11 febbraio scorso si è tenuta una riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica - cui compete l'individuazione degli ambiti territoriali in cui attivare il servizio - per un primo approfondimento della questione.

PRESIDENTE. L'onorevole Magnolfi ha facoltà di replicare.

BEATRICE MARIA MAGNOLFI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per queste informazioni. La nostra interrogazione muoveva da una esigenza semplice, quella di esercitare un controllo parlamentare su questa iniziativa che è stata una delle più annunciate e delle più reclamizzate dal Governo a cominciare dalla campagna elettorale.
Abbiamo visto che a quasi due anni di distanza è cominciata la fase della sperimentazione e questo ha suscitato in noi deputati dell'opposizione, che hanno però un rapporto molto forte con il territorio, qualche curiosità: qualche curiosità in primo luogo relativa a quello che già accennava il sottosegretario, ovvero alla dimensione di questo investimento e a che cosa si intende per quartiere. Infatti, egli ha ricordato qui l'idea della polizia di prossimità, più capillare, più vicina ai cittadini, che riesce a dialogare nelle strade e nelle piazze, che, evidentemente, richiama al nostro pensiero proprio la dimensione territoriale che noi facciamo coincidere con l'idea di quartiere.
Nella percezione di molti cittadini il quartiere coincide con un'area relativamente circoscritta della città, insomma la piazza, le strade intorno, il centro commerciale, la scuola la chiesa, una realtà che a volte coincide con la denominazione storica o addirittura con una memoria identitaria.
A Roma si tratta delle realtà rionali, ad esempio del centro storico, o dei nuovi insediamenti residenziali che sono stati inglobati nella città; a Firenze ricordo il quartiere di Pratolini che coincideva con il rione Santa Croce, ma potremmo anche parlare di Santo Spirito o di altre realtà più recenti. Insomma, in questa dimensione, riteniamo che il presidio del poliziotto di quartiere possa avere un senso, una figura che, in realtà di poche migliaia di abitanti, possa davvero diventare, come diceva il sottosegretario Mantovano, un punto di riferimento.
Ci interessa anche capire con quale criterio siano state scelte - e su questo punto devo dire che la risposta del sottosegretario non mi soddisfa - le realtà da inserire nella prima sperimentazione. Nella nostra interrogazione c'era anche un po' di malizia nel senso che abbiamo notato che per la Toscana, ad esempio Arezzo e Siena, che non ci sembrano le città più a rischio dal punto di vista dell'ordine pubblico e non presentano indicatori tali da suggerire una particolare preoccupazione, erano state inserite nella prima fascia di sperimentazione, mentre erano state escluse città ed aree urbane di maggiori dimensioni come Firenze e di maggiore problematicità come Prato. Ovviamente, riteniamo che questo nulla abbia a che fare col segno politico delle amministrazioni di questa città - sia Lucca sia Arezzo sono amministrazioni di centrodestra - ma non ho riscontrato queste motivazioni nella risposta del sottosegretario.
Voglio però concentrarmi sulla mia città che era anche richiamata nell'interrogazione.
Quella di Prato è una realtà di 180 mila abitanti, 26 mila imprese, una popolazione di immigrati che si avvia, a seguito della recente sanatoria, a raggiungere il 20 per cento della popolazione residente complessiva. Nelle graduatorie annuali di Legambiente o dell'ISTAT la nostra città non riesce mai ad essere ai primi posti proprio a causa del numero dei reati denunciati. Abbiamo una situazione complessiva, e lei già lo sa, sottosegretario Mantovano, perché è stato raggiunto da varie richieste da parte di delegazioni locali, non soddisfacente, perché gli organici effettivi della Guardia di finanza sono notevolmente al


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di sotto degli organici di diritto mentre gli organici della polizia e dei carabinieri sono evidentemente tarati su criteri che oso definire inadeguati o quanto meno antiquati perché tengono conto solo del dato demografico a livello provinciale e non della concentrazione della popolazione in aree urbane di questa complessità; non tengono conto del numero di imprese, della rete di sportelli bancari e di transazioni economiche né della percentuale di immigrati. Dunque riteniamo che questi criteri debbano essere complessivamente rivisti e che siano insoddisfacenti per la nostra città. C'è poi un'emergenza ancora più recente: quella del personale della prefettura. A seguito della legge Fini-Bossi ricordo che nella nostra città sono state presentate 7.500 domande di regolarizzazione di extracomunitari - forse è la città record da questo punto di vista - e si riescono a smaltire solo 25 o 30 pratiche a settimana; con questo ritmo ci vorranno 7 anni per completare la sanatoria.
So che in tempi recenti, nell'autunno scorso, tutte le istituzioni locali, provincia, comune e camera di commercio, sono state ricevute da lei, che le ha accolte cortesemente assicurando l'arrivo di nuovo personale entro la fine di gennaio. Siamo soddisfatti di sapere che questa sperimentazione il 20 marzo arriverà anche nella nostra città; lo sapevamo e vorremmo anche sapere quante unità verranno messe a disposizione di una città di 100 mila abitanti, per garantire questo rapporto di prossimità; vorremmo che anche la previsione dell'incremento delle forze dell'ordine e del personale della prefettura da lei fatta, e che sarebbe dovuta arrivare entro gennaio, sia rispettata nei prossimi mesi. Ci auguriamo che ciò avvenga e che questa nostra interrogazione rappresenti anche uno stimolo per il Governo in questo senso (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

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