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TESTO AGGIORNATO AL 22 GENNAIO 2003
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 3323 sezione 4).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.
LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, il gruppo della Lega nord Padania ha presentato delle questioni pregiudiziali di costituzionalità e anche di merito per cercare di fermare l'esame del progetto di legge in discussione. Oggi ci accingiamo a discutere una serie di emendamenti che cercano, anche in questa occasione, di bloccare l'esame di questo provvedimento. In ogni caso, preso atto di questa volontà trasversale di approvare alla fine questo progetto di legge, gli emendamenti rappresentano il tentativo di modificarlo e di renderlo meno devastante, per quanto è possibile, agli occhi dei cittadini elettori. Inoltre, intendiamo confermare il senso di straordinarietà che devono avere gli istituti dell'amnistia e l'indulto.
Abbiamo già detto e lo ribadiremo ancora, anche in questa giornata di lavori parlamentari, che quello a cui stiamo assistendo è in buona sostanza un aggiramento delle previsioni costituzionali, perché per noi questo provvedimento si chiama indulto e non ha niente a che vedere con la sospensione della pena o con altre denominazioni DOC inventate in Commissione giustizia: è di indulto che si sta parlando. Ricordo, per primo a me stesso, che già le attuali disposizioni relative ad indulto ed amnistia prevedono delle condizioni. Ebbene, queste condizioni le troviamo anche all'interno di questa proposta di legge: si tratta dei famosi cinque anni di controllo dopo avere svuotato le carceri. Ebbene, quella è una condizione che doveva rimanere nell'ambito di quei due istituti, ma avete voluto raggirare le previsioni costituzionali ed arrivare ad una votazione che prevede la maggioranza assoluta.
Noi sottolineiamo questo elemento e rimarchiamo anche un senso di delusione, se vogliamo, perché in questi giorni abbiamo assistito ad una novità. Mi riferisco all'ingorgo di provvedimenti praticamente simili che vanno dal nome di indulto, a quello di indultino, di amnistia per gli atti di terrorismo, fino alla modifica dell'articolo 79 della Costituzione per abbassare la previsione dei due terzi e portarla a maggioranza assoluta. Questo fatto non ha pari, almeno nella mia breve esperienza di parlamentare, perché in questi anni non ho mai visto calendarizzare tante proposte simili.
Allora, anche questo denuncia una forzatura che a noi è estranea. Qualcuno la giustificherà, ma anche se riesce a trovare una giustificazione nel quadro dei lavori parlamentari, siamo sicuri che avrà grosse difficoltà a spiegarlo fuori di quest'aula, perché i cittadini continuano a non capire quello che stiamo facendo. Probabilmente, questo ingorgo, questa forzatura di ordini del giorno simili, avrebbe potuto avere una giustificazione se all'interno dei vari programmi elettorali dei gruppi politici presenti in quest'aula ci fosse stato un accordo o un patto con i cittadini per arrivare a svuotare le carceri. Nessuno, evidentemente, all'epoca ha inserito una proposta di questo genere nei propri programmi elettorali, perché la risposta si sapeva già fin dall'inizio ed anche la
reazione del corpo elettorale non sarebbe stata una novità: equivaleva a zero consensi elettorali.
Quindi, è chiaro a tutti che si sta cercando di approvare un provvedimento di legge estraneo alla volontà dei cittadini italiani e, se ciò avverrà, ognuno si assumerà le proprie responsabilità. In ogni caso ricordo che, di solito, i cittadini attribuiscono maggiori responsabilità, riguardo alle leggi approvate, a chi ha in mano la maggioranza e il Governo del paese. Posso anche arrivare a giustificare determinate posizioni tenute dalle opposizioni, ma, evidentemente, non capirò mai - forse è un mio limite, ma non credo si tratti proprio di questo - le motivazioni che portano l'attuale maggioranza a scontrarsi con l'opinione pubblica del paese.
Si è sempre molto parlato della sicurezza dei cittadini: ebbene, in occasione della celebrazione per l'inizio dell'anno giudiziario abbiamo avuto la riprova che la sicurezza dei cittadini, a tutt'oggi, non è garantita. Ho già ricordato in precedenti occasioni - lo ripeto oggi - che, al riguardo, il centrosinistra non ha ottenuto grandi risultati ed il centrodestra sta percorrendo una strada che, purtroppo, lo porterà ad ottenere gli stessi risultati. La sicurezza dei cittadini, dunque, non è garantita perché i dati confermano il precedente fallimento; infatti, quando nove reati su dieci rimangono di autore ignoto ciò vuol dire che in questo paese si sta vivendo già in un regime di amnistia ordinaria. Quindi, non è necessario inventarsi strumenti straordinari per garantire praticamente l'impunità assoluta ai delinquenti. Queste cose vengono capite al di fuori di quest'aula, mentre probabilmente al suo interno qualcuno continua ad essere sordo a tale riguardo, ma questo è un fatto che, evidentemente, non interessa il mio gruppo di appartenenza che ha mille modi, mille motivi per spiegare la sua posizione.
La prova che la giustizia è ingolfata è data dai sei, sette, otto milioni di procedimenti in essere che non arrivano mai a nessuna conclusione; nel giro di dieci anni si sono decuplicate le prescrizioni e, quindi, vi sono state scarcerazione che hanno riguardato decine di mafiosi. In seguito, nell'ambito di un successivo intervento, ricorderò - leggendo una pagina relativa ad una rassegna stampa - alcuni episodi clamorosi di scarcerazioni per decorrenza dei termini che hanno coinvolto decine di mafiosi. In questo caso, vi è anche la responsabilità di parte della magistratura che non riesce a perseguire - non può farlo per incapacità, o per non so quali altri problemi - i reati infami, gravissimi e, magari, perde tempo per portare avanti processi di nessun conto; il risultato è che, alla fine, vengono scarcerati delinquenti, mafiosi, sequestratori di persone, assassini e via dicendo.
I «pacchetti» per cambiare il sistema, la macchina della giustizia, da quanto mi risulta, sono pronti e dovevano essere messi in calendario, ma, in realtà, ci troviamo ad esaminare tutt'altri provvedimenti. In questo caso, a mio avviso, vi sono anche delle responsabilità da attribuire all'attuale compagine di maggioranza.
Si continua a perseguire l'ipergarantismo, tra l'altro, già garantito dall'inefficienza del sistema. In precedenza si sono ricordate le scarcerazioni per decorrenza dei termini ed i reati che rimangono impuniti per autori che non vengono identificati. Al riguardo, ricordo la legge Gozzini sui permessi e la legge Simeone che permette a colui che deve scontare gli ultimi tre anni - beato lui - di finire sotto la protezione di qualche assistente sociale - quando questo è presente - senza nessun tipo di controllo. Inoltre, sono già previste le liberazioni anticipate e vi è l'istituto della buona condotta.
Abbiamo, inoltre, letto pochi giorni fa di un soggetto che avrebbe dovuto scontare dieci anni di reclusione, ma è uscito dal carcere, scontandone otto per via di alcune riduzioni di pena e quindi è come se ne avesse scontati dieci. Sono aspetti che possono sfuggire, ma che contribuiscono a creare questo stato di assoluta impunità.
Ricordo - questo è anche il senso di molti emendamenti che fra poco cercheremo
di discutere insieme, al fine di modificare quello che sembra ormai un orientamento suicida sotto l'aspetto politico, confermato dai fatti e dalle dichiarazioni - che nel 2001 è emerso da un sondaggio che dopo molto tempo i cittadini hanno segnalato la loro fiducia nei confronti dell'operato delle forze dell'ordine e, contemperamento, risultava estremamente chiara la perdita di fiducia nei confronti di un certo tipo di lavoro svolto dalla magistratura. Il dato politico significativo, che deve far riflettere chi lo vuole fare, è che nel 2001 si è registrata anche una grande perdita di consenso popolare nei confronti della politica, probabilmente della politica dell'allora Governo di centrosinistra, legata all'approvazione di leggi sull'immigrazione, all'esplosione del fenomeno della microcriminalità e a quant'altro.
Ebbene, ho la netta sensazione e la paura che, approvando un provvedimento come questo e continuando a discutere dell'indulto (è giusto che si sappia al di fuori dell'aula che tutto ciò non basta perché in Commissione giustizia si sta lavorando per individuare altre soluzioni, probabilmente anche più devastanti di queste), i prossimi sondaggi saranno più o meno della stessa portata: fiducia nelle forze dell'ordine (perché continuano a rischiare per cercare di garantire la sicurezza, per quanto sia concepibile pretendere da loro) e sfiducia nella magistratura per via delle continue scarcerazione a cui si assiste anche in queste ultime ore, non certamente dovute al basso numero di magistrati perché - lo abbiamo fatto presente tante volte in aula - ne abbiamo a dismisura, se il loro numero è paragonato a quello di altri paesi dell'Unione europea. Vi sarà inoltre la conferma della sfiducia sull'operato della politica della Casa delle libertà e del suo Governo a tale riguardo.
Si tratta di temi di riflessione che proponiamo con i nostri emendamenti presentati non solo all'articolo 1 ma anche agli altri perché, secondo noi, siamo ancora in grado di migliorare, magari bloccando il provvedimento, qualcosa che è caratterizzato da una lontananza assoluta di visione tra la proposta politica e quanto i nostri cittadini nelle loro abitazioni stanno aspettando; questi, infatti, attendono altre risposte rispetto a quella attuale.
Mi delude oltremodo anche l'incapacità da parte della maggioranza attuale, registrata nelle nostre discussioni, di assumere un certo tipo di orgoglio da mettere in piazza. Qualcosa comunque si sta cercando di fare per porre un freno ai disagi della popolazione carceraria, anche con riferimento alle attuali strutture. Il problema - lo sappiamo - esiste e lo stiamo affrontando, a differenza di quanto è accaduto nella legislatura scorsa, nel corso della quale vi è stata la tendenza a chiudere le carceri, piuttosto che aprirne di nuove.
Siamo in possesso di alcuni dati che dobbiamo vendere con un certo orgoglio (ma finora nessuno si è ricordato di farlo). Dobbiamo, inoltre, ricordare l'impegno dell'attuale Governo: per il 2003 è prevista l'ingente somma di 52 milioni di euro e per il 2004 l'ingentissima somma di 328 milioni di euro (sul piano generale) per interventi della nuova edilizia penitenziaria, finalizzati alla costruzione di 16 nuove carceri. Questo dato dà una risposta a chi sta ricordando lo stato di disagio, che è giusto non dimenticare.
Le risposte stanno quindi arrivando, ma vorrei ricordare un altro aspetto. Molto spesso sento parlare autorevoli esponenti anche dell'attuale maggioranza circa l'importanza, a loro dire, dell'obiettivo di ripristinare la sicurezza e l'ordine pubblico, ma contemporaneamente si apprestano a votare per il provvedimento svuota carceri.
Allora deve essere chiaro che le due cose sono direttamente proporzionali perché per diminuire l'insicurezza ed il disagio che vivono i nostri cittadini relativamente alla criminalità e alla microcriminalità occorre aumentare la capacità ricettiva dei nostri penitenziari. Se infatti si riesce a prendere un delinquente su cento, e successivamente vi è la certezza matematica che questo non finisce nelle pubbliche galere, ditemi allora voi in che
modo potrà garantirsi una parvenza di sicurezza. Le cose infatti sono direttamente proporzionali. Qualcuno può anche dire che le due cose siano disgiunte, magari qualcuno che vuole essere sordo. In realtà, all'esterno, dove si vive drammaticamente la mancanza di sicurezza, queste vicende non possono non essere assimilate, se non correndo il rischio di sollecitare sentimenti di ironia (per adoperare un eufemismo).
Occorre allora essere molto chiari: noi interpretiamo la volontà popolare, che deve essere sovrana. La maggior parte dei cittadini ci ha dato mandato per governare - e si tratta di un richiamo che sto rivolgendo ai colleghi della Casa delle libertà - ; cerchiamo pertanto di avere un po' di orgoglio e di rivendicare le cose che stiamo facendo: è importante l'edilizia penitenziaria, ma non solo; mandiamo avanti il pacchetto giustizia che ridurrà i tempi di carcerazione. Ricordo che almeno ventimila sono i detenuti in attesa di processo e in attesa di sapere come andrà a finire il loro ricorso in appello. Ebbene, abbreviando i tempi, avremmo già una risposta nel breve periodo.
Portiamo avanti queste problematiche nell'ambito dei calendari di lavoro dell'Assemblea e risolviamo i problemi senza delegittimare anche quella che deve essere la forza di uno Stato, che molto spesso deve essere assai più forte dei delinquenti. È infatti l'unico modo per fermarli, augurandoci che la magistratura riesca, e può già farlo, ad individuare quell'indirizzo di intervento che consenta di non perdere tempo per processare ad esempio i contadini che scendono in piazza per manifestare contro la chiusura delle loro stalle per via della storia tristemente famosa delle quote latte, ma che continui ad esempio a processare i mafiosi della riviera del Brenta e quelli che si sono impossessati delle nostra città, anche nel nord d'Italia. Si tratta di tutta una serie di risposte che possono arrivare; tuttavia, con questo progetto di legge, noi dichiariamo la resa dello Stato. A questo il gruppo della Lega nord Padania non può assolutamente prestarsi.
Ricordavo quindi che il nostro augurio è quello, attraverso questi tentativi, di bloccare tale proposta, augurandoci tuttavia che alla confusione già esistente non se ne aggiunga altra, anche attraverso le notizie comparse di recente sulla stampa a livello nazionale; mi riferisco a notizie dal titolo: depenalizzare il furto, proposta shock alla Camera.
Si tratta di iniziative che provengono da deputati della Casa delle libertà, ma anche del centrosinistra, prontamente smentite dai gruppi - io dico: per fortuna! -, che creano ancora più confusione tra i cittadini.
Ieri ho partecipato - come credo molti di voi - alla festa del patrono della polizia municipale e uno dei principali argomenti di discussione è stato questo progetto di legge. Può darsi anche che nelle intenzioni non si limitasse a quello che è scritto in quel titolo; però il messaggio è questo. Allora, dobbiamo forse incentivare il distacco del corpo elettorale, che ci ha conferito mandato per parlare di altri temi e non di queste proposte? Ci facciamo del male da soli! Qualcuno controlla certi tipi di proposte che sono totalmente devastanti per l'opinione pubblica? Secondo me, dobbiamo fermarci un attimo, non farci trascinare dalla macchina in corsa. Basta guardare il calendario dei lavori delle Commissioni: ogni giorno ci sono quindici, sedici, diciassette punti all'ordine del giorno, non ci si capisce più niente, decreti-legge in scadenza, proposte di legge, disegni di legge e nessun quadro organico che dia risposte ai due o tre temi urgenti che sono cari ai nostri cittadini!
Bisogna avere il coraggio di fermarsi un attimo, di ragionare e partire, ad esempio, con la delegificazione o con i testi unici. Un bel testo unico che rimetta a posto tutta la macchina giudiziaria: questa è una cosa da vendere! Allora potrebbe anche succedere che qualche cittadino elettore ti fermi per strada e ti dica: bene, finalmente vedo che sta cambiando qualcosa! Però io queste emozioni, questi sentimenti, fino ad ora, non li ho mai colti. Vuol dire che siamo in ritardo nel dare risposte, anche se magari c'è la buona volontà, perché io
sono il primo a ricordare che bisogna vendere con orgoglio alcune cose buone che l'attuale compagine di maggioranza e di Governo sta facendo, ma bisogna anche evitare di prestare il fianco a polemiche strumentali che partono, ad esempio, dall'articolo di giornale che ho appena ricordato...
PRESIDENTE. Onorevole Luciano Dussin, dovrebbe concludere, perché il suo intervento è stato molto ampio.
MARCO BOATO. Esaustivo...
LUCIANO DUSSIN. La ringrazio, signor Presidente. Ho cercato di spiegare le motivazioni per le quali il nostro gruppo ha presentato alcuni emendamenti. Non sono entrato nel merito di questi, perché intendevo fare un ragionamento più che altro a livello politico...
MARCO BOATO. Ragionamento è una parola eccessiva... azzardata, direi.
LUCIANO DUSSIN. ...nel rispetto del mandato dei cittadini elettori, che si sono rivolti a questa maggioranza per avere risposte diverse da quelle in discussione oggi (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bricolo. Ne ha facoltà.
FEDERICO BRICOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la sospensione dell'esecuzione della pena detentiva, chiamato «indultino»...
PRESIDENTE. Vi prego di consentire al collega di parlare essendo ascoltato. Prego, onorevole Bricolo.
FEDERICO BRICOLO. In realtà, come diceva poc'anzi anche il collega Luciano Dussin, noi lo consideriamo un indulto camuffato, ma comunque un indulto, che, presentato in questo modo, con questo iter parlamentare, senza la necessità di una maggioranza qualificata per la sua approvazione, diventa un obbrobrio giuridico che va contro la stessa Costituzione. Le questioni pregiudiziali su questo provvedimento che abbiamo presentato la settimana scorsa sono state purtroppo bocciate dall'Assemblea con voto bipartisan e, quindi, oggi siamo costretti a discuterlo.
Vorrei dunque rivolgere in primo luogo un appello ai colleghi parlamentari del Polo, che hanno iniziato, con il voto sulle questioni pregiudiziali, a votare in modo bipartisan su questo provvedimento, a ravvedersi. Infatti, è chiaramente strumentale la posizione che è stata più volte espressa dai parlamentari dell'Ulivo, i quali addirittura invocano, si fanno scudo delle parole del Papa, che durante il suo intervento in quest'aula ha chiesto al Parlamento un atto di clemenza nei confronti dei carcerati.
Da che pulpito arriva quest'invocazione: dall'Ulivo? Dall'Ulivo, vale a dire, dall'Italia dei non valori, dall'Italia che da sempre disattende tutte le richieste provenienti dal Vaticano o, comunque, dalla Chiesa cattolica. In tal senso, pensiamo alla lotta feroce che l'Ulivo fa in difesa della legge sull'aborto e, quindi, contro la vita; pensiamo, inoltre, all'atteggiamento tenuto - sempre dall'Ulivo - in quest'aula quando si è discusso il provvedimento in tema di procreazione assistita e al suo perorare la fecondazione eterologa. Pensiamo, ancora, alla sua posizione tenuta contro il fisco etico o al fatto di essere fautore della droga libera, del riconoscimento delle coppie di fatto e delle coppie gay. Tutti questi atteggiamenti, da sempre, sono contro le indicazioni fornite dalla Chiesa cattolica, ma ora essi chiedono, più volte in modo assolutamente demagogico di portare avanti il provvedimento al nostro esame semplicemente perché ciò l'ha richiesto il Papa.
Queste richieste sono talmente demagogiche che devono essere rispedite al mittente anche perché l'Ulivo, dopo la sconfitta elettorale, sta cercando, in tutti i modi, di raccattare voti. A questo scopo, da tempo, i suoi parlamentari sono stati sguinzagliati nelle carceri al fine di raccogliere i voti dei carcerati, promettendo a
tutti l'indulto; arrivando, alcune volte, addirittura a minacciare - mi riferisco a dichiarazioni rilasciate, in modo velato, dall'onorevole Cento - possibili atti di ribellione da parte dei carcerati; quindi, rivolte nelle carceri qualora questo provvedimento non fosse stato votato dal Parlamento. Si tratta sicuramente di un atteggiamento vergognoso, che va condannato.
Il Papa ci ha chiesto giustamente di compiere questo atto di clemenza, però - e qui cito il senatore Calderoli, Vicepresidente del Senato - noi, prima di portare avanti un'iniziativa del genere, abbiamo l'obbligo morale di tenere presente cosa pensi chi effettivamente ha subito danni a causa dei crimini perpetrati dai delinquenti, oggi in carcere e che ora noi dobbiamo, in qualche modo, premiare. Al riguardo, noi sappiamo che tutte le associazioni, che raggruppano i familiari o comunque le persone che sono stati succubi di questi crimini, sono contrarie ad un provvedimento di indulto o di indultino; inoltre, sappiamo, dai sondaggi effettuati, che la stragrande maggioranza degli italiani è contro questo provvedimento. Evidentemente, non esiste alcuna concreta motivazione nel portarlo avanti.
Noi, come Lega nord Padania, da sempre portiamo avanti un principio fondamentale; vale a dire, che le priorità che sia il Governo sia il Parlamento debbono avere nel compiere la propria azione, siano quelle di andare incontro alle esigenze e alle richieste espresse dai cittadini.
È da rivedere, a mio parere, anche la posizione che tende ad assumere una parte del Polo delle libertà a seguito dell'alleanza bipartisan con il centrosinistra, cioè con l'Italia dei non valori; questa è da rivedere anche perché tutti insieme abbiamo sottoscritto un programma elettorale in cui non c'è assolutamente traccia di provvedimenti in tema di indulto e di indultino. In questo senso, andiamo a vedere che cosa noi dicevamo, in modo chiaro, nel corso della campagna elettorale; a tale scopo mi sono preoccupato di riprendere su Internet il nostro programma elettorale che, fra l'altro, abbiamo spedito a tutti gli elettori italiani. In tale programma si parlava di effettività delle pene; cito testualmente il programma della Casa delle libertà: l'altro pilastro su cui poggia la nostra proposta di ristrutturazione dell'intero comparto della sicurezza e dell'ordine pubblico è quello delle pene. Quello che avviene è che troppi delinquenti, appena arrestati, vengono subito liberati e, una volta condannati, fruiscono anche e facilmente della sospensione della pena. Questo è quanto noi dicevamo - amici dell'UDC e di Forza Italia - nel corso della campagna elettorale. E, ancora dice il programma elettorale. Questa è la politica che abbiamo definito della porta girevole; cioè, il carcere visto non come luogo di detenzione per chi è pericoloso e per gli altri, ma come un grand hotel fornito, appunto, di porte girevoli.
Al contrario, vanno effettivamente applicate le sanzioni, anche quelle minori, perché è proprio l'effettività della pena che può dissuadere dal commettere un reato. Dunque: lotta dura e decisa alla criminalità ed all'immigrazione clandestina! Queste, del resto, erano le promesse fatte in campagna elettorale.
Ricordiamo tutti quando Casini, all'epoca non ancora Presidente della Camera, affermava che bisognava sparare sui gommoni degli scafisti che portavano i clandestini nel nostro paese. Questi erano gli slogan della campagna elettorale! Invece, dopo che hanno vinto le elezioni e sono entrati in Parlamento, ecco che i parlamentari del gruppo dell'UDC (CCD-CDU) chiedono sanatorie e regolarizzazione dei clandestini presenti nel nostro paese, cosa che si erano ben guardati dal proclamare in campagna elettorale, soprattutto in Padania (sapevano che, se lo avessero fatto, non avrebbero preso neanche un voto!). Questi giri di valzer propri della prima Repubblica e di memoria democristiana, adesso, nella seconda Repubblica, non si possono più fare! Abbiamo una responsabilità morale nei confronti degli elettori che ci hanno premiati per il programma che abbiamo presentato in campagna elettorale.
Mi rivolgo soprattutto a Forza Italia. Ricordiamo tutti che, negli anni in cui ha governato l'Ulivo, Forza Italia ha promosso svariate manifestazioni di piazza nel corso delle quali si inneggiava alla tolleranza zero nei confronti della criminalità. Nelle uniche manifestazioni di piazza che, forse, ha organizzato, Forza Italia copiava lo slogan lanciato dal sindaco di New York, Rudolf Giuliani: tolleranza zero nei confronti della criminalità, la quale si basa su un dogma fondamentale: la certezza della pena, unico deterrente in grado di scoraggiare chi voglia entrare nel mondo della criminalità. Ebbene, quegli stessi rappresentanti di Forza Italia che, in campagna elettorale, inneggiavano alla tolleranza zero, voteranno, ora, a favore di un provvedimento che provocherà la scarcerazione di decine di migliaia di delinquenti: tale comportamento, però, si pone in netta antitesi con quanto è stato affermato in campagna elettorale!
Un sistema bipolare - ne sono convinto - necessita di lealtà nei confronti degli elettori: ciò che promettiamo in campagna elettorale diventa un macigno, un peso da portare avanti e da concretizzare nell'azione di governo; altrimenti, gli elettori hanno tutto il diritto di prendere le distanze da chi li ha presi in giro durante la campagna elettorale. Pertanto, chiedo ai colleghi di Forza Italia ed a tutti gli amici del Polo di ripensare all'atteggiamento da tenere su questo provvedimento.
La tolleranza zero che, nella politica di Rudolf Giuliani, voleva significare un atteggiamento duro, deciso, di rigore nei confronti della criminalità è un dovere morale al quale i cittadini pretendono che assolviamo perché pretendono sicurezza. E poiché sono convinto che abbiamo la possibilità ed il dovere morale di portare avanti queste iniziative, credo che non potremo proprio votare a favore di questo provvedimento che è, come l'indulto, l'esatto contrario di ciò che abbiamo promesso in campagna elettorale.
Non possiamo scarcerare diecimila delinquenti (se si parla di due anni) oppure diciannovemila (se si parla di tre anni): si tratta di persone che, avendo commesso reati, sono stati condannati, giustamente, dai nostri tribunali. Non possiamo scarcerarli semplicemente perché stanno scomodi nelle carceri! Non possiamo scarcerare ladri, scippatori, rapinatori, picciotti e spacciatori (e chi più ne ha più ne metta)! Cosa diremo alle vittime dei loro crimini quando li rivedranno passeggiare sotto casa? Risponderemo che non c'era posto nelle nostre carceri? Questa è una palese assurdità! L'indulto è una resa dello Stato alla criminalità! E sono convinto che, se i nostri amici e colleghi della Casa delle libertà si concederanno ancora un momento per riflettere, alla fine, converranno con noi.
Dunque, non vogliamo fare un provvedimento di clemenza finalizzato a svuotare le carceri, anche perché poi non avrebbe nessuna motivazione visto che, purtroppo, il naturale turnover dei delinquenti farebbe sì che in pochi anni la situazione torni come quella attuale.
Sappiamo, in base alle statistiche, che il 60 per cento delle persone che sono state in carcere, una volta fuori dal carcere, ricomincia a commettere reati. Penso che questo sia il presupposto per l'azione che il Governo in modo responsabile deve portare avanti. Infatti, questo era inserito nel nostro programma elettorale, che partiva dal giusto presupposto della crisi della situazione carceraria, ereditata da cinque anni di Governo del centrosinistra.
Il nostro programma sosteneva la necessità di un intervento sul sistema carcerario. C'è un sovraffollamento delle carceri, sono cinquantamila i cittadini che affollano le carceri italiane, gli edifici risalgono spesso al secolo scorso o addirittura all'ottocento e i detenuti si trovano in condizione di promiscuità assoluta, con inaccettabili condizioni di igiene, in condizioni di sicurezza intollerabili. Su questo concordiamo tutti. Il programma diceva: come facciamo a risolvere questo problema? Si devono costruire nuove carceri. Questo era il programma; non si parlava chiaramente di indulti e di indultini. È la strada che sta percorrendo il Governo, che sta percorrendo con molta responsabilità
il ministro Castelli con gli accordi che ha già sottoscritto con l'Albania per permettere ai delinquenti extracomunitari, che sono presenti nelle nostre carceri, di scontare direttamente la pena a casa loro e, dunque, di non costituire più un problema di sovraffollamento per le nostre carceri. Si tratta di un accordo che può e che deve essere allargato anche a paesi quali il Marocco, la Tunisia e l'Algeria. Poi, chiaramente, si tratta di costruire nuove carceri. Sono già stati stanziati 378 milioni di euro sia per la ristrutturazione sia per la costruzione di nuove carceri. Questa è già una cosa importante, ma si può fare di più.
Ricordiamo l'esempio del comune di Milano, dove l'amministrazione carceraria ha ceduto il carcere di Milano (quello di San Vittore), che adesso sarà trasformato in una biblioteca, ed il comune si è impegnato a costruire due nuove carceri nella periferia della città.
Queste sono sicuramente iniziative che possono essere prese anche in altre città del nostro paese e che, sicuramente, potranno dare i risultati sperati, cioè quello di riuscire comunque a migliorare la qualità della vita della gente che vive nelle nostre carceri, ma in primis io ritengo sia giusto pensare anche alle persone che lavorano in queste carceri, al grave disagio che le forze di polizia carceraria devono sopportare ogni giorno a causa di questo sovraffollamento. Tutti pensano ai detenuti, io penso più a loro, al disagio che hanno ogni giorno, che comunque deve essere alleviato.
Dunque - e concludo Presidente - gli elettori non capirebbero in alcun modo un atteggiamento del genere, perché in campagna elettorale ci siamo espressi in un certo modo, abbiamo assunto degli impegni ben precisi, sarebbe una resa dello Stato senza precedenti un indulto così allargato. Non si è mai verificato nel nostro paese: diciannovemila persone, che in questo momento sono in carcere (perché i tribunali del nostro paese li hanno giudicati dei delinquenti), verrebbero scarcerati perché non c'è posto nelle carceri. È una cosa che ci vede assolutamente contrari.
Dunque, giustamente, penso che, anche grazie a questo mio intervento e agli interventi che seguiranno, ci sarà il tempo per pensare, per decidere cosa fare. I vostri gruppi parlamentari, i vostri leader hanno lasciato la libertà di voto; vi assumerete, con il voto che esprimerete in questa Assemblea, la responsabilità di quello che faranno poi questi delinquenti quando saranno liberi sulle nostre strade, nelle nostre piazze, liberi di delinquere senza avere espiato la propria pena. Infatti, anche se il carcere mira alla rieducazione, può far riflettere sapere che con questo Stato non si scherza, sapere che la legge comunque prevede l'arresto ed una pena certa e definitiva. Sono convinto che questo sia un deterrente che sicuramente può dare i risultati che la gente si aspetta da noi.
Dunque, come è successo a New York, con il sistema della tolleranza zero, che voi tanto invocavate, dove il 50 per cento dei reati che sono stati debellati nel giro di poco tempo dall'amministrazione Giuliani, ritengo che anche per il nostro paese potremmo raggiungere un simile risultato.
Dunque, vi chiedo di non schierarvi con i delinquenti contro i cittadini onesti che rispettano le leggi e che pretendono da questo Stato più sicurezza. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Grazie, signor Presidente. Anch'io non posso che esprimere la mia contrarietà assoluta al provvedimento che va in discussione oggi, per una serie di ragioni che mi accingo ad elencare.
Prima di tutto, non è opportuno, né è una strada corretta, cercare di ottenere mediante un cosiddetto «indultino», che quindi riduce alla maggioranza semplice il quorum necessario, lo stesso risultato che, più propriamente, si dovrebbe ottenere con un provvedimento di indulto vero e
proprio o addirittura di amnistia. Si tratta, comunque, di un escamotage tecnico - se vogliamo così definirlo -, che non fa onore a questa Assemblea e ai suoi proponenti.
Devo poi ammettere che, sia come parlamentare, sia come cittadino ritengo altrettanto inopportuno l'intasamento legislativo di questa settimana per cui si esaminano addirittura - se così sarà per tutti non lo so, comunque sono stati calendarizzati - tre provvedimenti sostanzialmente vertenti sullo stesso argomento.
Mi sembra che il paese abbia bisogno di cose più importanti. Mi pare che i conti dello Stato, dell'occupazione, quelli economici, le vicende recenti di importanti aziende del nostro paese dovrebbero far concentrare l'attenzione di tutti noi su tali argomenti. Dovremmo utilizzare meglio il tempo nostro e della struttura in cui siamo inseriti per risolvere questi problemi del paese che, francamente, mi sembrano più importanti rispetto alla sorte di diecimila o ventimila persone che, se pure sono altrettanto importanti - mi sia consentito dirlo - rappresentano una piccola cosa rispetto a 57 milioni di italiani. Oltretutto, vi sono provvedimenti che sono in attesa da mesi, che potrebbero risollevare le sorti del nostro paese ma che, invece, vengono continuamente rinviati, mentre il tempo e lo spazio per questo tipo di discussioni e di interventi, quello, lo si trova sempre!
Mi sembra che, pur essendo all'interno di questa maggioranza e condividendone l'impostazione elettorale generale, in questo anno e mezzo di Governo, forse, di provvedimenti riguardanti il settore giudiziario ne abbiamo adottati abbastanza. Forse, si potrebbe cominciare a parlare - e a discutere - di cose che più interessano il paese.
Entrando nel merito del provvedimento in esame, e sottolineandone di nuovo, comunque, l'inopportunità di proporlo in questa maniera, vorrei svolgere alcune riflessioni, anche di carattere numerico.
In Italia, ci sono circa 55 mila persone in carcere. Possono sembrare tante - sono comunque una ogni mille abitanti - ma sono comunque meno di quante ve ne siano percentualmente nella maggioranza dei paesi occidentali. Addirittura, sono tre o quattro volte di meno di quante siano negli Stati Uniti, che se pure non intendo qui portare ad esempio, normalmente, vengono considerati come un paese dove la libertà delle persone viene non solo rispettata ma fa parte proprio del DNA costituzionale del paese stesso. Quindi, la nostra non è una situazione anomala da questo punto di vista.
Se il problema è che le carceri sono insufficienti rispetto al numero dei carcerati, questo è un altro discorso e di carceri - come dirò più avanti - si dovrebbe parlare, non di indulto per togliere carcerati da esse.
Ricordo che, di questi 55 mila carcerati, più di un terzo - circa 15-18 mila - sono comunque cittadini extracomunitari, cittadini cioè che sono venuti da paesi esterni all'Unione europea, cittadini che, venuti nel nostro paese, non hanno trovato nulla di meglio da fare se non mettersi a fare i delinquenti.
Questo numero, relativo agli extracomunitari residenti in Italia, è superiore di cinque o sei volte rispetto ai dati concernenti i cittadini italiani: la percentuale di delinquenza o, comunque, di attività delittuose tra i residenti extracomunitari è cioè cinque o sei volte superiore rispetto a quella presente tra i cittadini italiani. Anche questo è un dato che dovrebbe come minimo far riflettere tutti coloro che in questi anni hanno emanato leggi demenziali, aprendo i nostri confini a tutti coloro che venivano in Italia a fare di tutto meno che lavorare. Se fossero stati ascoltati i segnali di allarme lanciati per tempo, già molti anni fa, dalla Lega nord Padania, probabilmente non saremmo giunti alla realtà che dobbiamo oggi in qualche modo affrontare.
Tale problema dovrebbe essere risolto nel modo più normale, cioè con la «restituzione» ai paesi di origine di questi soggetti indesiderati perché scontino nelle carceri nazionali la pena loro comminata in Italia. In tal modo, essi potranno anche giudicare la differenza esistente, dato che si lamentano e fanno lo sciopero della fame e della sete nelle nostre carceri, tra
i penitenziari italiani e quelli turchi, marocchini, algerini o quant'altro. Mi sembra che un provvedimento simile poteva essere tranquillamente assunto già negli anni passati: ovviamente ciò non è avvenuto, o è avvenuto molto a rilento. Doveva arrivare un ministro della Lega per mettersi seriamente a lavorare in questa direzione; alcuni accordi con questi paesi sono già stati raggiunti, o sono in via di definizione, e molti altri saranno raggiunti e definiti nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Questo, da solo, già risolverebbe il problema delle carceri, perché se da 55 mila detenuti si arrivasse a 38-40 mila carcerati il problema non sussisterebbe più.
Tra i detenuti rimanenti ve ne sono comunque circa 15-20 mila in attesa di giudizio o di ricorso. Si apre così una questione che, oltre a non fare onore al nostro paese, dovrebbe far riflettere attentamente quei magistrati, e soprattutto i «rappresentanti sindacali» di questa categoria (lo dico tra virgolette in quanto è abbastanza strano parlare di sindacato in riferimento alla magistratura), i quali, invece di criticare i ministri espressione di una maggioranza eletta dal popolo, invece di criticare le leggi votate da un Parlamento eletto dal popolo, dovrebbero guardare di più al proprio interno e giudicare se, effettivamente, il proprio mestiere - anzi, la propria missione, così come la definiscono - sia da loro svolto in maniera adeguata. Ebbene, in Italia ci sono circa novemila magistrati, più che in tutti gli altri paesi, in termini percentuali, del mondo occidentale. Nonostante questo, in Italia i processi durano, quando va bene, tra i cinque ed i dieci anni, senza considerare le eccezioni che vedono processi durare oltre i dieci anni, portando sostanzialmente alla prescrizione. I magistrati hanno un arretrato pari a circa millecinquecento processi a testa; il numero dei processi arretrati in Italia è nell'ordine di parecchi milioni (probabilmente nessuno conosce il numero esatto). Di tutto questo nessuno si preoccupa; se questo allunga i tempi ed i costi della giustizia, se ciò toglie la certezza del diritto ai cittadini ponendoci, in questo settore, all'ultimissimo posto non dico tra i paesi occidentali, bensì tra i paesi «normali» del mondo (non considero solo i più «disperati»), ebbene tutto questo non sembra interessare ad alcuno.
Vorrei che in Assemblea si portassero i numeri relativi al lavoro dei magistrati, cioè quante ore al giorno essi lavorano, di quanti giorni di ferie godono ogni anno, di quanti giorni di malattia in media usufruiscono ogni anno, quanti giorni di assenza pro capite fanno all'anno, senza spesso che venga denunciata perché, si sa, nessuno vuol farsi per nemico un giudice.
Ho avuto qualche esperienza, fortunatamente non diretta, ma per motivi istituzionali, ed ho partecipato a qualche processo come parte in causa; la mia esperienza è stata incredibilmente negativa.
Questi personaggi lavorano due, tre, quattro ore al giorno (quando va bene), convocano comunque le persone alle ore 8 del mattino, anche se il processo si svolgerà alle ore 13,30 del pomeriggio e fanno perdere tempo per quattro, cinque, sei ore ad amministratori e funzionari pubblici o a tutte le persone normali che svolgono un'attività lavorativa normale, spesso soltanto per affermare che esiste un vizio di forma e che il processo verrà rinviato (se va bene) alla primavera successiva (magari si è in estate) e che, quindi si svolgerà nove mesi dopo o altrimenti nell'anno successivo.
Questa è la giustizia italiana, ma di ciò nessuno parla. Non ci vuole tanto per mettere a posto questa situazione, è sufficiente un po' di buona volontà. Basterebbe che queste persone lavorassero come si fa in una qualunque azienda o in una qualunque organizzazione che ha obiettivi, non solo economici, da raggiungere; basterebbe che si fissassero alcuni obiettivi, che si operasse una selezione tra processi di serie A e B e che, in base all'importanza dei processi, si selezionassero diversamente le modalità di programmazione. Basterebbe che i magistrati lavorassero otto ore al giorno come tutti i lavoratori italiani e già questo risolverebbe metà dei problemi; basterebbe la possibilità
di licenziarli (come accade per tutti i lavoratori italiani), ove durante l'anno superassero una quantità insopportabile di assenze non giustificate, come si fa in tutte le aziende. Basterebbe attuare ciò che il ministro Castelli con molto coraggio sta portando avanti (spero ci riesca prima della fine della legislatura, anche se in quest'aula al riguardo la contrarietà è totale, sia da una parte sia dall'altra), ossia redigere semplicemente la pagella al magistrato. Il magistrato bravo progredisce in carriera, mentre quello non bravo resta al suo posto o addirittura viene licenziato.
Lasciamo perdere il discorso sulla separazione delle carriere e via dicendo, di cui nei mesi e negli anni passati si è già discusso abbondantemente, perlomeno da parte degli esperti del settore. E non parlo dell'elezione diretta del giudice, come sarebbe giusto, e come avviene nei paesi veramente democratici. Il giudice deve rispondere ad un mandato popolare. Non è possibile che una persona neolaureata di ventotto anni, poiché vince un concorso (sappiamo in Italia come si svolgono i concorsi statali: basta esaminare ciò che accade, le provenienze e le percentuali delle promozioni a seconda della provenienza ed a seconda del luogo in cui si va a sostenere l'esame), giudichi della vita di un uomo e che, qualora sbagli, non accada nulla, perché farà carriera ugualmente. E non parlo dell'immoralità che per tanti anni è stata presente in quest'aula ed alla quale, finalmente, si è posto fine con un provvedimento della Lega. Vi sono anche esempi illustri: qualche ex Capo dello Stato, dopo aver svolto un processo da magistrato, ha fatto per quarant'anni il parlamentare, ha percepito lo stipendio da parlamentare, lo stipendio da magistrato (compresi gli scatti) ed è andato in pensione con la pensione da magistrato e quella da parlamentare. Nessuno, però, dice queste cose, perché va bene così; poi, il problema è approvare l'indulto o l'indultino per scarcerare qualche poveraccio!
Queste sono considerazioni su cui si dovrebbe ragionare e discutere e - concludo - i magistrati dovrebbero parlare un po' meno di politica, tenere meno comizi nelle sedi meno opportune, mettere qualche toga di porpora o qualche collo di ermellino in meno e, magari, fare un esame di coscienza.
Guardiamo, comunque, ai numeri. Come abbiamo detto, vi sono 15 o 20 mila extracomunitari, 20 mila persone in attesa di giudizio. Alla fine, coloro che sono in carcere sulla base di una sentenza passata in giudicato sono molto meno della metà dei carcerati. Come abbiamo visto, oltre agli 8-10 milioni di processi arretrati, vi è comunque il gravissimo dato di fatto di partenza che in Italia 9 reati su 10 non trovano il colpevole. Se ragionassimo un attimo vedremmo che in Italia chi delinque ha il 90 per cento di probabilità di non essere «preso», ossia di farla franca. Se anche viene «preso», dispone, comunque, di un numero non quantificato ma sostanzioso di anni in cui non accade assolutamente nulla, a meno che non venga sorpreso in flagrante ad uccidere una persona (peraltro, anche in questo caso, considerati gli esempi che abbiamo letto sui giornali, è tutto da vedere). Se poi viene comunque condannato, vi sono le pene alternative, le pene scontate presso i servizi sociali, le leggi Simeone e Gozzini, i patteggiamenti e le riduzioni di pena per buona condotta. Alla fine, tolto qualche disgraziato sfortunato (e mi dispiace tanto per lui), in Italia in galera non va nessuno.
Quindi, l'amnistia, come ha detto qualche mio collega, in Italia è istituzionalizzata e non serve approvare una legge in quest'aula: c'è già. Nove su dieci non vanno in galera e chi ci va, alla fine, ci va per una quantità di tempo enormemente superiore a quella prevista dai codici civili e penali. Dunque, anche su questo dovremmo riflettere.
Vorrei, poi, ricollegarmi a quanto detto da alcuni miei colleghi con riguardo ad una questione morale di serietà nei confronti dell'elettorato. Penso che, anche se vi è la libertà di mandato, ognuno di noi sia qui in Parlamento a rappresentare un pezzo del territorio italiano e, soprattutto, la quota parte di cittadini che vi abita. Credo che, volendo veramente passare
dalla prima alla seconda Repubblica, la prima cosa che dovremmo fare sarebbe quella di mantenere serietà e chiarezza nelle cose che si dicono. Dunque, se mi presento agli elettori, perché so che questo mi fa arrivare voti, dicendo alcune cose non posso poi, quando sono eletto, confidando sul fatto che l'elettore non sa più quello che faccio, votare cose diametralmente opposte a quanto promesso in campagna elettorale.
Ho riguardato insieme ai colleghi, in questi giorni, il manifesto della Casa delle libertà. Mi pare ci sia dentro un po' di tutto, visto che è anche di una certa consistenza, ma l'indulto, l'indultino e l'amnistia non li ho trovati. Anzi, mi pare che vi sia in abbondanza quanto abbiamo detto con riguardo alla volontà di riportare l'ordine, ovviamente all'interno della democrazia, nel nostro paese, di ridare certezza ai cittadini che possono essere vittime della malavita e di dare certezza a chi commette un reato di dover scontare una pena.
Mi rivolgo ai colleghi della Casa delle libertà e non lo faccio con spirito polemico: è giusto che in quest'aula vi sia la dialettica, ma dovrebbe esservi anche la serietà. Come si può votare un provvedimento di questo tipo che va esattamente nella direzione opposta a quanto detto, oltre tutto in maniera così consistente da un punto di vista mediatico, ai nostri concittadini? Oggi abbiamo una maggioranza di circa 120 parlamentari, o, comunque, consistente. Se dovessimo chiedere ai cittadini che rappresentiamo se siano d'accordo o meno con questo provvedimento e come, eventualmente, voterebbero loro in questa situazione credo che non solo ci troveremmo a numeri invertiti, ma anche in misura estremamente superiore a quanti, nell'altra direzione, ci hanno fatto vincere due anni fa. Sappiamo tutti benissimo che la stragrande maggioranza degli italiani è assolutamente contraria a questo provvedimento. Non vedo perché noi che cerchiamo di rappresentarli dobbiamo andare nell'altra direzione.
Se il problema, invece, è quello dell'affollamento carcerario mi sembra che, con grande semplicità - perché i grandi problemi si risolvono con soluzioni semplici - si tratti di fare quello che serve. Se il problema è che i carcerati sono troppi rispetto alle carceri, non rispetto alle necessità del paese, è evidente che la soluzione sia quella di costruire nuove carceri, non vedo cos'altro si possa fare.
La sinistra, ovviamente, per preparare il terreno a quanto stiamo discutendo oggi, negli anni in cui ha governato ha chiuso le carceri dicendo che erano fatiscenti e non più adeguate. Probabilmente, aveva anche ragione di chiudere quelle carceri, peccato che contemporaneamente non ne abbia aperte altrettante o, magari, di più. Mi sembra che anche in questo caso il ministro Castelli si sia attivato sin dall'inizio facendo una ricognizione molto precisa di quanto esiste, quanto è stato chiuso, quanto è ristrutturabile, quanto è recuperabile e quanto no ed abbia con decisione aperto le carceri già pronte dalla scorsa legislatura, come quella di Bollate, inspiegabilmente rimaste per anni inutilizzate. Ha aperto altre carceri e ha avviato la ristrutturazione di carceri esistenti e recuperabili.
Questa mi pare l'unica strada percorribile. Sia ben chiaro che la mia posizione personale e quella del gruppo del quale ho l'onore di far parte ovviamente non è quella di non rispettare la dignità del carcerato. Ci mancherebbe altro! Per noi è evidente che tutte le persone sono uguali dal punto di vista della dignità. Personalmente sono anche convinto che una persona normale, la quale cresca in un ambiente normale e che abbia le opportunità normali della vita, sceglie di fare il delinquente solo come ultima opzione (a parte quegli sfortunati che si trovano magari in circostanze non volute). In questo caso ritengo quindi che ciascuna di queste persone abbia una propria storia, che merita di essere rispettata e che deve in qualche modo essere considerata dal resto della società italiana e che dunque tutte le possibilità di recupero in qualche modo debbano essere messe in campo. Ciò non
significa però fare uscire in maniera indifferenziata tutti, perché questo non risolve il problema, bensì dà solo un cattivo esempio facendo credere alle persone che alla fine comunque in questo paese tutto va bene e qualunque cosa si faccia poi non succede nulla.
Pertanto, costruiamo pure - come sta facendo il ministro Castelli - carceri più a misura d'uomo e introduciamo eventualmente pene alternative, come ha proposto la Lega nord con il suo testo, stabilendo di trasformare parte della pena da scontare in carcere nella possibilità (nelle condizioni dovute, quando il carcerato lo voglia e via dicendo) di svolgere dei lavori presso le comunità locali e gli enti pubblici, in maniera che vi sia effettivamente in anticipo un reinserimento vero di queste persone. Facciamo pure tutte queste cose, ma non lasciamo che con un provvedimento di questo tipo si dia semplicemente un cattivo esempio al paese, non si rispetti la volontà popolare e alla fine non si faccia nemmeno l'interesse dei carcerati, i quali comunque continuerebbero a vivere - per chi resta in carcere - in una situazione poco accettabile mentre chi esce fuori avrebbe l'impressione che comunque di certezza della pena in Italia non ce n'è e in gran parte dei casi probabilmente tornerebbe a delinquere.
Vi sarebbero tante altre cose da aggiungere, ma mi riservo di farlo in occasione dei prossimi interventi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Polledri. Ne ha facoltà.
MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, signor sottosegretario, vorrei dire che la proposta che stiamo esaminando è qualcosa di geniale!
MARCO BOATO. Non pretendevamo fino a tanto! Ci bastava che fosse ragionevole!
MASSIMO POLLEDRI. Cos'è il genio? Il genio è affrontare un problema reale con soluzioni nuove, che magari altri non hanno pensato. Ebbene, con questa mossa geniale noi effettivamente svuotiamo le carceri in un modo o nell'altro, a seconda che si parli di indultino o di indulto. Hanno fatto bene allora i nostri concittadini a votarci e a mandarci in questo consesso, perché effettivamente abbiamo dimostrato uno spirito geniale.
Allora perché non applicare questo principio - visto che abbiamo liberato le carceri e risolto il relativo problema - anche agli ospedali? Abbiamo l'ospedale Cardarelli di Napoli che ha le barelle in astanteria, così come vi sono altri ospedali che sono pieni di pazienti che soggiornano sulle barelle. Lasciamoli liberi tutti! Dimettiamoli! Dichiariamoli guariti per legge! In questo modo, signor Presidente, qualcuno anche meno intelligente, sicuramente come il sottoscritto, potrebbe menar vanto di un'opera che risolve il problema degli ospedali. E comunque in modo non definitivo, perché potremmo dire che magari uno che per cinque anni dimostri di essere ancora malato può ottenere un'altra volta un ingresso (in questo ribaltando il concetto).
E che dire poi, signor Presidente, del sovraffollamento dei cimiteri? Propongo di dichiarare i defunti «non morti»! In questo modo li rimandiamo all'affetto dei cari e dei propri concittadini e risolviamo definitivamente con una bella mossa geniale il problema del cimitero.
Chiedo scusa, signor Presidente, per questa ironia...
PRESIDENTE. Non l'avevamo notata!
MASSIMO POLLEDRI. Non voleva essere una mancanza di rispetto nei confronti del Parlamento e dei colleghi che hanno presentato la proposta di legge. Infatti, credo nella buona fede dei colleghi che hanno sostenuto l'indultino, credo nella libertà di coscienza e credo nella bontà delle tesi sostenute da persone che non la pensano come me. Tuttavia, ritengo che, in fondo, la vera motivazione dell'indultino come dell'indulto sia quella di risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, almeno questo è uno dei problemi fondamentali.
Ma la storia ci è di insegnamento, pertanto dobbiamo prendere esempio da quanto è accaduto in passato. Sono stati svolti degli studi per verificare se l'atto di clemenza abbia ridotto effettivamente i reati commessi nel paese o, in qualche modo, abbia mantenuto libere le carceri.
Invito gli onorevoli colleghi ad esaminare uno studio, pubblicato nel 1978 - quando si utilizzavano gli annuari di statistica giudiziaria dell'ISTAT -, che ha preso in considerazione circa un ventennio (dal 1951 al 1973). In questo arco di tempo sono stati emessi cinque decreti di clemenza di portata generale (nel 1953, nel 1959, nel 1963, nel 1966 e nel 1970). Questo studio è stato svolto da Girolamo Tartaglione, ucciso in modo brutale dalle brigate rosse e la conclusione è stata, prima di tutto, che i reati commessi negli anni successivi a quelli in cui erano stati concessi amnistie o indulti sono aumentati dal 6 al 23 per cento.
Dunque, uno dei principali problemi è quello di verificare se l'indulto possa servire, in qualche modo, a correggere il comportamento di coloro che beneficiano di questa misura. Siamo in un'altra Italia, con un'altra demografia e con un'altra composizione e circa il 34 per cento (quindi 1 su 3) di coloro che avevano beneficiato di tale misura riporta ancora condanne e 1 su 10 addirittura riporta tre condanne successive.
Certo non si può affermare che la stessa cosa accadrebbe oggi. Attualmente, vi è una grande incidenza di popolazione extracomunitaria e non credo che dopo l'indulto tutti si iscrivano all'università o rientrino in case bellissime, con grandi possibilità di lavoro e con stipendi manageriali. Ciò è quanto avveniva in passato, dunque non escludiamo che tale atto di clemenza possa determinare un aumento dei reati commessi nel nostro paese.
Allora, quando si parla alle coscienze - come hanno fatto gli onorevoli colleghi del centrosinistra ed alcuni anche della maggioranza che mi hanno preceduto, dei quali, ripeto, rispetto le convinzioni - si devono anche mettere in conto le future vittime.
Nel momento del voto, che è un voto importante, un voto da non prendere alla leggera, un voto di responsabilità, dobbiamo sapere che, votando a favore dell'indultino, votiamo forse per il minore dei mali - credo sia il peggio del male - ma di sicuro condanniamo, in qualche modo, qualcuno a subire gli effetti del nostro atto. Sicuramente ciò avviene in buona fede e per buoni principi, ma io non vorrei essere la persona che riceve la visita di un padre, di uno sposo, di un compagno o di una compagna che hanno subito un vulnus in quello che c'è di più caro: nella salute dei propri cari o nei propri beni. Anche l'insulto ai beni personali è qualcosa che va al di là del puro aspetto contabile: è qualcosa che ha a che fare con i nostri affetti e con i nostri ricordi. Un'unica casa in più violata è un dolore che infliggiamo.
Pertanto, in relazione a questo atto di giustizia, che i colleghi credono, giustamente, di poter esercitare, voglio mettere anche questo sul piatto della bilancia della nostra coscienza, in vista di una decisione importante. E lo dico con forza e con determinatezza ai colleghi: pensate anche al male che, indirettamente, andiamo a fare. Lungi da me l'intenzione di criminalizzare indiscriminatamente chi in questo momento si trova nelle carceri, tuttavia, dobbiamo ricordare quanto stabilito dall'articolo 27 della nostra Costituzione: la rieducazione è lo scopo principale, costituzionalmente fissato. Sarà veramente vinta la scommessa che vede un nesso causale tra l'indulto e la modifica dei comportamenti? Non parlo della redenzione che, fortunatamente, compete non a noi ma a qualcuno che, sicuramente, sta più in alto di noi. Senza la certezza della pena, senza la costrizione, ma con una spugna, di fatto, aiuteremmo qualcuno a cambiare comportamento, ammesso e non concesso che qualcuno possa cambiare un comportamento? Ripeto: ammesso e non concesso che qualcuno possa cambiare un comportamento. Se qualcuno mi viene a dire che una personalità psicopatica può essere modificata da un atto come l'indulto,
a parte le risate che qualunque psichiatra potrebbe farsi, lo invito, magari, ad approfondire il tema.
MASSIMO POLLEDRI. Esiste anche l'esigenza della difesa sociale. Esistono persone per le quali, a mio giudizio, non si può prevedere una modifica sensata, possibile di un comportamento, prima di tutto perché è una battaglia persa. Dobbiamo sempre tentare ma dobbiamo anche poter riconoscere che ci sono malati incurabili. Esistono malati incurabili in medicina. Esistono personalità gravemente psicopatiche e gravemente sociopatiche che si faranno un baffo di questo indulto o indultino che sia e torneranno a delinquere, perché sono strutturate così. Da queste personalità - poche o tante, non lo so, non essendoci studi sufficienti - lo Stato e i cittadini possono solamente difendersi e porre in atto una serie di condizionamenti operanti, per esempio, attraverso il lavoro che rappresenta, alla fine, la proposta alternativa che questo movimento vuole sottoporre all'Assemblea.
Si tratta della possibilità di dimostrare con i comportamenti un momento di risarcimento sociale in cui chi ha sbagliato può manifestare ai cittadini e al corpo sociale la propria buona volontà, quindi di essere pronto e degno ad essere riammesso. Certo, non in un giorno o due, ma questo è un modo. Inoltre, visto che capita ai nostri cittadini di dover lavorare, noi chiediamo anche che chi vuole essere riammesso nel consesso civile dimostri concretamente la propria buona volontà. Quindi, il lavoro sociale, il lavoro come strumento non solo di espiazione della pena ma come strumento per la ripresa di un rapporto di fiducia con i propri simili e con il tessuto sociale in cui si chiede di essere riammesso.
Si tratta di una sanzione giusta, quindi, e proporzionata al fatto commesso, non un provvedimento di «tana libera tutti», che sì ricorda qualche momento gioioso della nostra infanzia, ma come tale si deve limitare a questo. È un provvedimento «tana libera tutti», che la sinistra oggi vorrebbe - anche altri colleghi, ma soprattutto la sinistra, perché poi dobbiamo ricordare i numeri -, come risulta da Il Messaggero del 13 gennaio, dove si parla di indultino per circa 6 mila detenuti o di indulto per 14 mila detenuti. Liberi tutti ma, dobbiamo ricordare, solo uno o due hanno il dovere di andare in galera: uno è il Presidente Berlusconi e il secondo è Umberto Bossi. Per questi non c'è indulto, non c'è indultino: se potessero mandarli in galera, farebbero una legge che si potesse approvare anche con il 5 per cento dei voti. Sì, dobbiamo dirlo: se potessero mettere in galera il Presidente Berlusconi e l'onorevole Umberto Bossi, sarebbero molto contenti. Per loro non valgono tutte le presunzioni o quant'altro.
NICHI VENDOLA. C'è la Cirami!
MASSIMO POLLEDRI. Comunque, chiedo scusa per questa trasgressione, per questo momento di acidità, ma mi sentivo di dirlo e l'ho detto, anche perché mi sembra che di parole in libertà ne siano state dette molte. Per quanto riguarda il vicepresidente della Commissione giustizia, onorevole Cento, non so se il centrosinistra abbia il manuale Cencelli: non dico che noi non abbiamo il manuale Cencelli, ma forse la scelta del vicepresidente poteva cadere su personalità più degne. Non si arriva, non si può arrivare a minacciare la rivolta delle carceri o a mettere questo coltello puntato alla gola dei parlamentari minacciando la sovversione. Questi sono provvedimenti importanti, su cui si deve ragionare con freddezza. Non si può fare speculazione politica di bassa o di alta lega che dir si voglia.
Quindi, la situazione carceraria, a mio e a nostro giudizio, non si risolve in questo modo, neanche dal punto di vista politico. Infatti, se siamo convinti, in un provvedimento di amnistia in qualche modo sostenuto e credibile, chi si prende questa responsabilità deve avere la coerenza di non passare per sotterfugi o scorciatoie.
Deve proporre l'indulto, perché l'indultino - sebbene l'esito della votazione sulla questione pregiudiziale abbia disposto in modo contrario - è un indulto mascherato. Allora, questo Parlamento deve trovare il coraggio di esprimere i propri voti e se non ce li ha, si accantona l'argomento, per poter approvare un indulto. Perché dico che l'indultino è un indulto mascherato?
Sicuramente gli argomenti dei costituzionalisti non sono da paragonarsi all'ultimo degli avvocati, dei tirocinanti, ma io osservo che, di fatto, in passato i provvedimenti di indulto avevano stabilito previsioni relative alle esclusioni soggettive ed oggettive del beneficio, nonché prescrizioni imposte ai beneficiari del tutto simili all'indultino. Si obietterà che questo provvedimento vale soltanto nel caso in cui vi è stata la proclamazione della pena. Tutto ciò è vero, però credo che, in qualche modo, le menzogne abbiano le gambe corte. In questo caso, si voleva eludere ciò che è stato lo spirito della Costituzione, così come riformato nel 1992. Non vi è una maggioranza larga, qualificata, ma una maggioranza semplice; infatti, prendendo un pizzico di deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra, della Margherita e dell'UDC e mescolando il tutto si crea, di fatto, un qualcosa di indigesto alla democrazia ed ai cittadini. I cittadini - lo ricordo -, né dall'una né dall'altra parte, hanno mai sentito parlare nelle piazze di indulto, di indultino. Per carità, in seguito si discuterà anche di amnistia, ma i cittadini non hanno mai sentito proposte in tal senso. Pochi e coerenti colleghi appartenenti alla parte più liberale di questo Parlamento, come l'onorevole Pisapia ed alcuni deputati dei Verdi e di Rifondazione comunista, hanno sempre sostenuto questi argomenti. Invece, molti tra di noi, che fra non molto si appresteranno a votare questo provvedimento, non hanno mai parlato di questo argomento in nessuna piazza.
Senza dubbio perdonare significa aumentare i doni, migliorare od aumentare il bene del paese. Signor Presidente, credo che attraverso questo articolo che ci accingiamo ad esaminare noi non perdoniamo, anzi riduciamo i doni per la nostra collettività (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che stiamo consumando un vero e proprio strappo nei confronti dei nostri elettori e nel sostenere questo mi rivolgo, in particolar modo, ai colleghi del centrodestra, a coloro che due anni fa, insieme a me, hanno fermamente convinto gli elettori a votare il programma presentato dalla Casa delle libertà che aveva come pilastro la certezza del diritto. Non posso esimermi dal rileggere - poiché la politica, in molti casi, dimostra di avere la memoria corta - un punto fondante del nostro programma relativo all'effettività delle pene. Al riguardo, il nostro Premier sottolineava: «Vanno invece, effettivamente, applicate le sanzioni, anche quelle minori, perché proprio l'effettività della pena può dissuadere dal commettere un reato. Anche il ritiro della patente, anche il divieto per un tifoso di andare allo stadio possono essere misure efficaci». Inoltre, proseguendo in questo esauriente e fin troppo chiaro articolato - che, credo, alcuni miei colleghi hanno interpretato troppo estensivamente -, prendo atto che le leggi Gozzini e Simeone sono state molto criticate. Noi riteniamo che le suddette critiche siano giuste.
«Per la legge Gozzini, va sicuramente cambiato il sistema delle sanzioni alternative che non possano essere irrogate in certe situazioni nei confronti di persone che, per i reati che hanno commesso, sono pericolose. Sarebbe una beffa per lo Stato, per le vittime dello Stato, per le stesse forze dell'ordine».
Questo è quanto abbiamo scritto nel nostro programma elettorale non più di due anni fa. Mi chiedo con quale coerenza ed etica politica ci presenteremo ai nostri elettori con un provvedimento siffatto che stravolge completamente lo spirito del nostro programma elettorale.
Ancora si scriveva: «per quanto riguarda la legge Simeone Saraceni, va modificato il meccanismo della consegna a mano della notifica al condannato che, naturalmente, non ha alcun interesse a farsi trovare (infatti, in quasi tutti i casi non si fa trovare). Naturalmente, i benefici, quali gli arresti domiciliari e le pene sostitutive ed alternative devono essere assolutamente revocati in caso di inosservanza degli obblighi imposti».
Siamo lontani mille miglia da questa visione del sistema giudiziario, dalle promesse fatte agli elettori e da quanto sancito con il patto della Casa delle libertà. Vi è, pertanto, una certa incoerenza, si potrebbe dire, da parte di schegge impazzite della maggioranza (vorrei tanto che fosse così, ma purtroppo non lo è). Mi trovo in minoranza all'interno della mia maggioranza e mi sembra di capirlo, osservando anche chi interviene nel suddetto dibattito e leggendo il testo di progetti di legge che sono stati presentati in questo Parlamento (sono oltre 20 i provvedimenti che riguardano il tema dell'amnistia o dell'indulto). In particolare, è stata presentata una proposta di legge che, nel tentativo di riformare l'articolo 79 della Costituzione, compie un salto indietro nel passato, tentando di modificare il quorum dei due terzi per quanto riguarda la materia dell'indulto.
Vi è di peggio e, purtroppo, al peggio non vi è mai limite: il progetto di legge Taormina, del quale oggi parlano anche i giornali, parte addirittura dall'assunto secondo il quale, dato che non si riescono a punire gli autori dei furti (purtroppo il 96 per cento dei furti rimane impunito in Italia), reati di fronte ai quali lo Stato è impotente, la sanzione penale da comminare ai loro autori si trasforma in sanzione amministrativa. È la logica perversa dell'assoluta mancanza del diritto, antitetica a quella che abbiamo sostenuto in campagna elettorale. Nella passata legislatura abbiamo assistito (anche il sottoscritto) a tentativi di indulto e di amnistie: questo desiderio strisciante vi è sempre stato - purtroppo - all'interno del Parlamento, con riferimento a reati sul terrorismo e a reati contro lo Stato (posso anche citare l'esempio di Tangentopoli).
Colleghi della maggioranza, mi rivolgo a voi perché abbiamo ricevuto gli stessi voti e stretto lo stesso patto con gli elettori: è mai possibile essere così incoerenti e dimenticare, a distanza di due anni, uno dei fondamenti della nostra campagna elettorale? Credo che ciò che più disturba sia il modo surrettizio, strisciante, subdolo di questo «indultino» che surroga l'indulto, perché è uno strumento - lo ripeto - subdolo, per arrivare comunque, verificata l'inconsistenza o la mancanza dei due terzi ai fini dell'indulto, ad un risultato analogo. In tale contesto, abbiamo presentato alcune questioni pregiudiziali che sono state respinte, ma che rimangono nella sostanza.
Le analogie con l'indulto sono troppe per non pensare alla malafede: la generale applicabilità ai soggetti condannati è un'evidenza, come del resto la possibilità per il condannato di rinunciare al beneficio, la concessione automatica, indipendentemente dalla rinuncia del condannato; la previsione di determinate esclusioni oggettive e soggettive dal beneficio; la previsione di prescrizioni cui il beneficiario deve attenersi per non incorrere nella revoca del beneficio; la mancata previsione della punibilità e l'estinzione della pena a seguito del decorso dei termini. Sono tanti gli elementi che coincidono per non pensare che questo indultino non sia altro che una forma surrettizia di indulto. Ed allora, come è possibile che parlamentari della Casa delle Libertà si pieghino di fronte a questo atto (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)?
La situazione della giustizia non fa altro che aggravare e non giustificare ciò che si sta consumando in quest'aula. La situazione vede: 9 delitti su 10 impuniti, decuplicate le scarcerazioni per decorrenza dei termini, oltre sette milioni di processi ancora da consumare. È uno stato di ordinaria clemenza, nel quale questo indultino non fa altro che peggiorare un panorama già largamente deficitario. I
miei colleghi lo hanno già precisato ed intendo ribadire un concetto che è assolutamente conclamato.
La giustificazione dell'affollamento carcerario per il ricorso a questo strumento surrettizio di indulto non è altro che una giustificazione priva di fondamenti. Bene lo ha testimoniato il collega Polledri facendo riferimento ad un'indagine del 1978. In un ventennio che ha visto cinque amnistie ed indulti, i dati confermano che negli anni successivi i reati sono aumentati dal 6 al 23 per cento. Con cinque indulti ed amnistie, negli anni successivi le persone scarcerate sono state condannate nuovamente per il 34,8 per cento dei casi; nel 10 per cento dei casi le persone scarcerate sono state condannate altre tre volte. Questi dati non fanno altro che far cadere la tesi secondo la quale l'indulto servirebbe a svuotare le carceri; ciò potrebbe anche essere vero in una visione di breve respiro, ma non lo è sicuramente nel medio e lungo termine.
La Casa delle Libertà, onorevoli colleghi del centrodestra, è qua per governare qualche anno, per fare una politica di breve respiro o è qui per fare le riforme strutturali, che abbiamo promesso ai nostri elettori, ovvero quelle relative alla giustizia e al sistema carcerario (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)?
Non per caso, il ministro della giustizia Castelli si è recato in Parlamento presentando un programma strutturale di modifica del sistema carcerario. È un piano innovativo che guarda anche alle esperienze di altri paesi e che prevede soluzioni alternative, ma compatibili con la certezza del diritto che in questo momento vediamo vacillare e messa a dura prova grazie a questa misura.
Sono veramente allibito e sbigottito quando vedo una maggioranza ormai pervasa dalla convinzione che siano gli istituti alternativi che consentono di evitare l'espiazione della pena. In questo modo facciamo passare un concetto assolutamente deleterio, che va a minare le fondamenta dello Stato di diritto!
Da tempo ormai ci si lamenta del fatto che la minaccia della sanzione penale non spaventi più il delinquente e non costituisca più motivo per evitare quella che dovrebbe essere la naturale condanna. Ormai la rieducazione ha scavalcato gli scopi e i principi dell'articolo 24 della Costituzione, secondo il quale vi è la possibilità di rieducare, riabilitare chi è condannato, ma ormai siamo andati oltre, in un campo completamente diverso, in cui la certezza della pena è un qualcosa di vago, di assolutamente indefinito.
Non ho una cultura forcaiola e non sono un forcaiolo, però credo fermamente nella giustizia sociale. Credo fermamente che vi debba essere un'equità e, in questo paese, la giustizia è tutt'altro che equa. La giustizia, purtroppo, per i motivi di cui parlavo poc'anzi, è una giustizia ingiusta, che colpisce indiscriminatamente, molte volte - troppe volte - con obiettivi politici, è una giustizia che ha contribuito alla cancellazione dello Stato di diritto.
Noi crediamo che la strada da battere sia un'altra, crediamo sia quella della riforma strutturale, coerentemente con il programma della Casa delle libertà, perché è giusto ricordarlo; poi, signori, se vogliamo andare alle elezioni, andiamo alle elezioni, cambiamo programma, e nel programma però voglio vedere se, davanti agli elettori, inserirete l'indulto, l'amnistia, voglio vedere con quale faccia, con quale coraggio vi presenterete davanti ai vostri elettori e direte loro: signori, noi siamo convinti che questa sia la strada giusta per lo Stato di diritto e per dare sicurezza ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
Credo che il Premier abbia il suo bel da fare ad affannarsi dicendo che abbiamo ottenuto degli ottimi risultati con il poliziotto di quartiere, quando sforneremo un progetto di legge di questo tipo, quando noi riempiremo le strade - lo confermano i dati, non lo dico certamente io - con persone che saranno predisposte - almeno per il 34,8 per cento - a delinquere un'altra volta. Questi sono i dati, non li invento io!
Nel programma della Casa delle libertà, alla voce «situazioni delle carceri in Italia», il nostro leader, Silvio Berlusconi, ha specificatamente scritto: si deve anche intervenire sul sistema carcerario, c'è un sovraffollamento delle carceri, sono 50 mila i cittadini che affollano le carceri italiane (il dato era leggermente diverso da quello attuale, ma è un ordine di grandezza corretto); gli edifici risalgono spesso al secolo scorso o addirittura all'ottocento, i detenuti si trovano in condizioni di promiscuità assoluta, in condizioni di igiene inaccettabili e in condizioni di sicurezza intollerabili. È qui la risposta della Casa delle libertà a questo problema: si devono costruire nuove carceri e occorre che, in queste carceri, vi siano reparti distinti per i cittadini che sono ancora in attesa di giudizio.
Questo è ciò che abbiamo detto ai nostri elettori! Questo è il programma per il quale abbiamo ottenuto il loro voto! Non credo che in un altro modo, con questo indultino per esempio, avremmo potuto avere il favore del nostro elettorato, non credo proprio. Quindi, siamo molto distanti da quella che dovrebbe essere l'attinenza al progetto della Casa delle libertà.
È molto importante, quindi, puntualizzare e concentrare l'attenzione, invece di perdere tempo, su quello che dovremmo fare; purtroppo, non si tratta soltanto di perdere tempo, ma occorre evitare di produrre danni irreparabili al nostro tessuto sociale. Dovremmo, pertanto, preoccuparci di portare avanti gli accordi bilaterali, come quelli siglati con l'Albania, con il Marocco, con la Tunisia e con l'Algeria. Insomma, occorre adoperarsi per realizzare interventi strutturali e progetti come quello che il ministro della giustizia, senatore Castelli, ha attuato; e, cioè di spostare il carcere di San Vittore all'esterno della città dando così alla stessa la disponibilità di un immobile di valore inestimabile e, con i soldi ricavati da quest'operazione, finanziare la costruzione di nuove e moderne carceri, meglio attrezzate e più capienti. Questo è quello che dovremmo fare; non, quindi, ricorrere a quello che è stato lo strumento che ha pervaso la storia, recente e meno recente, della nostra prima Repubblica, cioè l'indultino.
Ho sentito prima citare i vari provvedimenti di amnistia e di indulto approvati nel passato da questo Parlamento; mi riferisco, in particolare, ai provvedimenti approvati negli anni 1970, 1966, 1963 e 1959. Al riguardo, vi invito ad andare a esaminare i relativi atti parlamentari, in particolare, le discussioni svoltesi, sia alla Camera sia al Senato, da cui si trae che le giustificazioni erano sempre le stesse: il sovraffollamento delle carceri. Pertanto, calate la maschera; in modo particolare, cali la maschera chi, dietro a questo alibi, non vuole far altro che liberare, da una parte, gli amici dell'estremismo di sinistra, o chi dall'altra magari vuole liberare qualche colluso in Tangentopoli. D'altronde, non c'è altra spiegazione; non c'è una spiegazione politica. Non si capisce per quale motivo, una forza politica come la nostra - quella della Casa delle libertà, che si è proposta agli elettori con un programma che vedeva nella certezza della pena un fondamentale pilastro -, a pochi mesi dallo svolgersi di importanti elezioni che coinvolgeranno ben 12 milioni di elettori, si presenti con una misura così impopolare, così devastante, così negativa e distante - come abbiamo visto - dal nostro programma elettorale.
Altrimenti non si comprenderebbe perché si voglia a tutti i costi sostenere un'ipotesi di indultino che è palesemente in contrasto con la Costituzione. L'abbiamo detto e l'abbiamo sostenuto, questo è un indulto mascherato perché sarebbe necessario il voto favorevole di due terzi del Parlamento; maggioranza questa che probabilmente non c'è o non si ha la forza o la volontà di verificare. Conseguentemente, si ricorre a questa forma surrettizia.
Per questo motivo - etico, di coerenza con i propri elettori e di rispetto dei valori di una società giusta per i quali noi siamo qui - invito tutti i parlamentari della Casa delle libertà a non votare a favore di
questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sergio Rossi. Ne ha facoltà.
SERGIO ROSSI. Signor Presidente, anch'io mi associo a quanto sostenuto dai colleghi che mi hanno preceduto e desidero, in questo mio intervento, fare un minimo di cronistoria in ordine al tema alla nostra attenzione.
Il testo unificato delle proposte di legge al nostro esame non parla di indulto, ma è evidente che questo tema è strettamente correlato ad esso. Il dibattito in tema di indulto e di indultino e sull'amnistia si trascina oramai da alcuni anni, tenuto conto che l'ultimo atto di clemenza concesso per i reati minori risale al 1990, all'indomani dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale.
Negli anni settanta e ottanta, i provvedimenti di clemenza venivano adottati con un chiaro intento deflattivo e senza alcuna difficoltà, anche perché bastava la maggioranza semplice. Ad esempio, nel 1989, la popolazione carceraria ammontava a ben 30.680 unità ma, a seguito del provvedimento di clemenza, scendeva a 26 mila; nell'anno successivo, i detenuti risalivano a più di 35 mila unità, anche se tale momento era conseguente all'inasprirsi della normativa sulla droga e delle misure antimafia, che restringevano, se non addirittura escludevano, l'accesso alle misure alternative per una serie di reati.
Nel 1992, con legge costituzionale, il quorum per la concessione dell'amnistia e dell'indulto veniva innalzato a due terzi.
Durante gli anni novanta, si è periodicamente affacciata la possibilità di un provvedimento di indulto per i terroristi, puntualmente stroncata da episodi di eversione armata. Una campagna per la concessione di un provvedimento generale di indulto e amnistia è ripartita nel 2000, in occasione del giubileo dei detenuti del 9 luglio e della visita del Pontefice a Regina Coeli. Il Governo di sinistra non riuscì a trovare il consenso necessario per appoggiare la richiesta di clemenza lanciata, in quell'occasione, dal Papa; probabilmente, mancò anche il coraggio perché eravamo alla vigilia delle elezioni e non si volle approvare una misura altamente impopolare.
Secondo le dichiarazioni dei presentatori, il provvedimento al nostro esame non vuole essere di parte, espressione di un unico schieramento politico. La soluzione in esso contenuta riprende istituti analoghi a quelli adottati da altri paesi, che hanno dato un esito particolarmente positivo, ed intende raggiungere l'obiettivo di rendere le nostre carceri più umane e vivibili non solo per i detenuti ma anche per tutti coloro che quotidianamente operano e lavorano all'interno degli istituti penitenziari. Si tratta, in buona sostanza, di un minicondono basato sulla garanzia che chi delinque di nuovo rientra in carcere.
Tuttavia, è evidente che, per ridurre l'affollamento delle carceri, al di là di scarcerazioni generalizzate, servono interventi strutturali, altrimenti, dopo qualche anno, il problema si ripropone perché le carceri si riempiono di nuovo. Né si può trascurare il fatto che simili provvedimenti di clemenza sono anche diseducativi. Secondo calcoli approssimativi, in un'ipotesi come quella al nostro esame oggi, un condono di pena di circa tre anni porterebbe alla scarcerazione di quasi diciannovemila persone mentre, se fossero condonati soltanto due anni, sarebbero scarcerate circa tredicimila persone. Quindi, un anno in più o in meno produce una differenza di ben ottomila scarcerati. Inoltre, uscirebbero dal carcere persone che hanno commesso reati minori; ma dimentichiamo che sono proprio questi a preoccupare di più i cittadini.
Come potrebbe inoltre realizzarsi un inserimento nella società civile di questi soggetti, cioè dei carcerati liberati, visto oltretutto il forte momento di recessione e di crisi economica che porta a licenziamenti continui? Si correrebbe sicuramente il rischio che tornino a delinquere e quindi che tornino in carcere. È del tutto evidente che la soluzione ideale consisterebbe invece nel costruire altri istituti di pena oppure nell'estendere la possibilità di
ricorrere alle misure alternative al carcere. Non comprendiamo poi la ragione dell'ingorgo delle proposte di questo tipo - indulto, indultino, amnistia - che c'è nel calendario dei lavori di questa Assemblea. Non ricordiamo nel passato quando si è riproposta una situazione simile a questa; probabilmente per i presentatori e per gli organizzatori di questo calendario, evidentemente, queste sono delle priorità che vorrebbero i cittadini, ma secondo noi le cose non stanno così.
La scelta di svuotare le carceri non la si riscontra infatti in alcun programma elettorale di alcun partito, sia di maggioranza sia di opposizione. Quella di non inserirlo nel programma elettorale è stata una scelta poi ragionevole, visto che i partiti sono andati a caccia di consensi durante la campagna elettorale, sapendo che la proposta di amnistia avrebbe sicuramente fatto perdere dei voti. Allora, ci chiediamo per quale motivo i politici, dopo le elezioni, debbano tradire i propri impegni presi nei confronti degli elettori, avendo taciuto sulla possibilità di concedere un indulto o un'amnistia ai carcerati, a parte il fatto che ultimamente si parla insistentemente di concedere ai carcerati sia l'indulto sia l'amnistia.
Viviamo in un paese dove nove reati su dieci restano impuniti. Inoltre, lo Stato è già supergarantista con le leggi esistenti; per esempio, con la legge Gozzini concede ai carcerati i permessi temporanei di uscita, con la legge Simeone affida agli assistenti sociali i delinquenti e con il provvedimento della buona condotta concede invece la liberazione anticipata.
La sinistra è riuscita durante i suoi cinque anni di Governo a chiudere le carceri, ma noi dopo tanti anni stiamo invece lavorando per costruirne di nuove e stiamo ristrutturando ambienti carcerari vecchi. Pertanto, la vivibilità all'interno di queste strutture sarà per la prima volta garantita. Sono interventi che dobbiamo rivendicare con orgoglio di fronte alle richieste di chi afferma che il clima all'interno delle carceri sia invivibile.
Non dobbiamo nasconderci affermando di essere impossibilitati ad intervenire e quindi liberando i delinquenti, perché i cittadini non lo capirebbero affatto. Dai sondaggi emerge che i cittadini stanno riacquistando la fiducia verso l'operato delle forze dell'ordine, mentre manifestano una sfiducia nei confronti della magistratura e confermano anche una forte sfiducia verso la politica dei governi di centrosinistra per l'incremento della criminalità in questi anni dovuto anche alla loro legge sull'immigrazione.
È chiaro che, se percorressimo questa strada, non faremmo altro che aumentare l'astensionismo da parte dell'elettorato. Ci stupiamo di questo fenomeno in forte aumento ogni qualvolta leggiamo i risultati elettorali ad ogni tornata di elezioni ma, ormai, l'astensionismo raggiunge e supera in alcune aree il 30 per cento dell'elettorato. Così, poi, anziché attuare politiche volte a conquistare la fiducia dell'elettorato, con proposte come questa, andiamo nella direzione opposta!
Altro che parlare di organizzare dibattiti per capire il comportamento dell'elettore, per quale motivo quest'ultimo si astenga, si disaffezioni alla politica: qui bisogna piuttosto organizzare dibattiti per insegnare ai politici quali siano le esigenze dei cittadini!
Recentemente, abbiamo approvato la nuova legge sull'immigrazione, con una nuova politica di controllo dei flussi di immigrazione, per contenere la criminalità importata. Con questo provvedimento, andremmo ad aprire le carceri a quei 15-16 mila delinquenti circa, extracomunitari, presenti nelle nostre carceri (ma questa è una stima, per così dire, ancora positiva perché si parla di una criminalità dovuta agli extracomunitari che invece è notevolmente superiore!).
Non dimentichiamo poi quanto già detto in precedenza, per cui molti crimini rimangono purtroppo impuniti. Quando la nostra ed altre forze politiche della maggioranza hanno posto un problema di controllo rigoroso delle frontiere, non siamo stati supportati dai partiti del centrosinistra e dell'opposizione.
Bisogna osservare, tuttavia, che i due campi, da un lato quello dell'immigrazione,
dall'altro quello della criminalità, hanno una loro interconnessione. Il 30-35 per cento della popolazione carceraria è composta da immigrati, a fronte di una presenza nella nostra società di solo il 3 per cento circa. Dunque, si tratta di una percentuale di molto superiore. È un dato che, ovviamente, va tenuto in notevole considerazione.
Pertanto, noi della Lega Nord Padania siamo contro l'indulto, anche se abbiamo partecipato attivamente alla discussione svoltasi presso la Commissione giustizia (e come d'altronde stiamo facendo in quest'Assemblea oggi). Durante i lavori della Commissione giustizia, c'è stata l'occasione per approvare alcuni nostri emendamenti di tipo restrittivo rispetto all'indulto proposto con questo testo.
Siamo ancora di più contrari all'indultino, perché non riusciamo proprio a comprendere l'ipocrisia che si nasconde dietro tale tipo di provvedimento.
Se vi sono delle ragioni così buone, se vi è una coscienza civile e politica così forte a monte della necessità e della richiesta dell'indulto, non vedo allora perché non si possa adottare un provvedimento di indulto seguendo, invece, le procedure previste dall'articolo 79 della Costituzione.
Cosa dire poi di quanto successo in Commissione, dove il centrosinistra ha fatto approvare un emendamento grazie al quale potrebbero essere liberati i «picciotti» mafiosi?
Inoltre, sottolineiamo come le previsioni contenute nel testo di legge offrano ben poche garanzie sul comportamento che sarà tenuto una volta che i soggetti saranno fuori dal carcere, oltre a non garantire assolutamente la possibilità di un lavoro (come ho già detto in precedenza). La fretta con la quale si sta esaminando il presente provvedimento non ha fatto riflettere sulla necessità che il carcerato possa essere veramente inserito nella società ed avere la concreta possibilità di lavorare. Per questo motivo noi della Lega nord riteniamo opportuno trovare altre soluzioni per risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri, come l'ampliamento del ricorso alle misure alternative alla detenzione, già esistenti nel nostro ordinamento (ad esempio, l'affidamento in prova al servizio sociale), che non vengono applicate automaticamente essendo sottoposte sempre ad una valutazione da parte della magistratura di sorveglianza.
Vi è poi una nostra concreta proposta, avanzata con l'idea di introdurre stabilmente il lavoro civico non retribuito dei carcerati, al fine di realizzare contemporaneamente la loro personalità ed apportare un beneficio concreto alla società. Non sarebbe sufficiente una buona condotta per uscire prima dal carcere, ma sarebbe necessario dimostrare correttamente la propria volontà di redimersi con un'attività lavorativa al servizio della collettività.
Per effetto di queste ampie considerazioni, risulta evidente che l'operazione posta in atto da una maggioranza trasversale concretizzi una sostanziale elusione dell'osservanza dell'articolo 79 della Costituzione: si intende cioè disporre un atto di clemenza a carattere collettivo senza l'osservanza delle fondamentali garanzie costituzionali rafforzate dalla formulazione del citato articolo costituzionale, modificato nel 1992. Occorre ricordare che, in precedenza, l'indulto veniva concesso dal Presidente della Repubblica a seguito di una legge di delegazione approvata dal Parlamento. A questa procedura, implicante comunque un iter complesso risultante dal concorso di due organi costituzionali, si sostituiva una procedura interamente parlamentare, a carattere rafforzato, con il dichiarato intento di rendere più difficile l'adozione dei provvedimenti in esame. Alla base di questa revisione costituzionale ci fu infatti la considerazione che nel passato vi fosse stato un uso eccessivo, e comunque disinvolto, di misure di clemenza.
Istituti quali l'indulto e l'amnistia, incidendo sul principio della certezza della pena e recando con sé il rischio di realizzare ingiustificate discriminazioni nell'espiazione delle pene, intanto possono
considerarsi tollerabili in quanto adottati sporadicamente e, comunque, con carattere di eccezionalità.
PRESIDENTE. Onorevole Sergio Rossi, la invito a concludere.
SERGIO ROSSI. Signor Presidente, concludo immediatamente. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte è evidente la gravità della deroga alla disciplina costituzionale dell'indulto che si intende realizzare; ciò induce noi della lega nord Padania ad impedire il consumarsi di un'inaccettabile violazione della Costituzione. Per tali motivi, continueremo ad esporre la nostra contrarietà nel prosieguo dell'esame degli articoli di questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.
Prego i colleghi di sgombrare l'emiciclo.
EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sull'articolo 1 e sul complesso degli emendamenti per ribadire il voto e la posizione assolutamente contraria di Alleanza nazionale sul provvedimento in esame.
MARCO BOATO. Su questo non avevamo dubbi!
EDMONDO CIRIELLI. Vale la pena di chiarirlo. Siccome in Commissione ci siamo resi conto che questo provvedimento gode di un'ampia maggioranza e poiché il Parlamento si è già espresso in maniera contraria alle pregiudiziali presentate da Alleanza nazionale e dalla Lega nord Padania, ovviamente temiamo il peggio, ossia che lo stesso venga approvato. Allora, proprio per questo motivo, Alleanza nazionale, sia in Commissione sia in Assemblea, ha presentato una serie di emendamenti che hanno lo scopo non di migliorare il testo, ma di limitare i danni.
A tale proposito, vorrei anche annunciare che su alcuni articoli del testo - mi riferisco in particolare agli articoli 6, 8 e 9 del provvedimento - esprimeremo un voto favorevole e ne spiego brevemente le ragioni. L'articolo 6 prevede, infatti, l'espulsione immediata degli stranieri che usufruiscono di questo provvedimento. Ovviamente, la previsione meno grave della proposta di legge è proprio quella contenuta nell'articolo 6. Inoltre, dall'esame degli emendamenti che il centrosinistra complessivamente ha presentato in Commissione, in sede di Comitato dei nove ed in Assemblea, si evince chiaramente che vi è un tentativo di eliminare sia l'articolo 8 sia l'articolo 9.
Peraltro, denuncio che già oggi il Comitato dei nove, quindi la Commissione, ha espresso parere favorevole su una norma che, di fatto, stravolge completamente il testo. In particolare, questo provvedimento non si applicherà più soltanto a coloro che si trovano in stato di detenzione, ma anche a coloro nei confronti dei quali è stata semplicemente esercitata l'azione penale addirittura alla data del 30 settembre 2002. Pertanto, il provvedimento non solo non si ferma qui nella sua nefasta influenza sulla libertà dei delinquenti nella nostra società, ma esplicherà i suoi effetti negli anni. Infatti, anche fra cinque o sei anni, le persone che avranno subito una condanna definitiva potranno usufruire di questo provvedimento e ciò grazie ad un emendamento presentato dal gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e sul quale vi è stata una larga convergenza in Commissione.
Senza volere entrare ulteriormente nel merito del provvedimento stesso, credo vadano svolte brevissime considerazioni che chiaramente condizioneranno il nostro operato. Ad esempio, esprimeremo un voto favorevole su ogni emendamento che restringe la portata di questa normativa. Abbiamo, pertanto, accolto con favore, oltre agli emendamenti della Lega, anche alcuni emendamenti della Margherita che ci sembrano molto opportuni. Ribadiamo, tuttavia, che ciò non significa affatto una volontarietà complessiva favorevole al provvedimento.
Vorrei chiarire questo aspetto, perché in Commissione si è continuato a prospettare
la clemenza come un comportamento che attiene sia al proprio credo religioso sia, in generale, a principi molto generici di umanità. Nessun esponente del gruppo di Alleanza nazionale vuole che i detenuti siano rinchiusi e vivano in maniera poco decorosa. Anzi, siamo favorevolissimi all'ampliamento delle attuali carceri, all'espulsione generalizzata degli stranieri che hanno subìto pene lievi ed anche all'accordo previsto, peraltro, da un ordine del giorno approvato in occasione dell'esame della legge Fini-Bossi. In esso, infatti, si invitava il Governo - e lo sollecitiamo ancora - a provvedere rapidamente all'accordo con i paesi di provenienza dei detenuti extracomunitari, per far sì che scontino la pena nel paese d'origine. Questo sarebbe un provvedimento importante per i nostri detenuti e, a nostro avviso, anche per i detenuti stranieri che potrebbero essere più vicini alle loro famiglie nel periodo di detenzione, cosa che normalmente si applica anche ai nostri cittadini.
Detto ciò, ricordo che i parlamentari della Casa delle libertà durante il periodo elettorale si sono impegnati in una strenua campagna per la sicurezza e per la certezza della pena. Questa norma va in direzione esattamente opposta. Non ci stupisce il fatto che l'80 per cento della popolazione italiana la pensi diversamente dall'80 per cento del Parlamento: questa è la dimostrazione, ancora una volta, di quanto sia distante il sentire comune della classe parlamentare dal sentire comune dei cittadini.
L'impegno che il Parlamento nella sua totalità ma, soprattutto, il Governo dovrebbe assumere è quello di investire le risorse necessarie e sufficienti per garantire un diverso approccio al sistema carcerario che tenga conto della dignità della persona umana. Riconosciamo che, purtroppo, questo è un altro lascito del centrosinistra: non credo che un anno e mezzo fa la situazione nelle carceri fosse più umana e più dignitosa di oggi. Mi dispiace che il centrosinistra, che sbandiera tali ideali di umanità, per calcolo elettorale nel 2000 non abbia voluto porre mano alla questione. Ricordo, infatti, che anche nel 2000 si parlava del giubileo e della possibilità di uno sconto di pena...
MARCO BOATO. Nel 2000 era contrario il Polo, non il centrosinistra!
EDMONDO CIRIELLI. Io sono stato contrario ieri, lo sono oggi e lo sarò anche domani...
MARCO BOATO. Va bene, ma nel 2000 andò così! Dovrebbe avere un po' di memoria storica!
PRESIDENTE. Onorevole Boato, se vuole le do la parola...
MARCO BOATO. È un segno di ascolto, ma non acritico!
EDMONDO CIRIELLI. Onorevole Boato, rispetto la sua opinione, anche se non la condivido.
PRESIDENTE. Ha ragione l'onorevole Boato, interloquisce perché stava ascoltando.
MARCO BOATO. È un segno di attenzione critica.
PRESIDENTE. Prego, onorevole Cirielli.
EDMONDO CIRIELLI. Per concludere, il gruppo di Alleanza nazionale si impegnerà perché vi sia uno sforzo del Governo. Dobbiamo riconoscere, anche quando è venuto il ministro Castelli, che grandi passi avanti sono stati fatti. Tuttavia, altri ancora ne devono essere fatti per migliorare il sistema di detenzione e di rieducazione. Certamente va ridata dignità al corpo di polizia penitenziaria ed alle sue strutture. Tante cose che non sono state fatte da chi ci ha preceduto al Governo per dieci anni noi le faremo. Però, non riteniamo che lo scotto di tale assenza e di tale ritardo possa essere pagato dai cittadini.
Qualche mese fa la Camera dei deputati ha votato con pochi voti contrari, tra
cui il mio, l'abrogazione definitiva, anche dal codice penale militare di guerra, della pena di morte. Non vorremmo che approvando questa legge il Parlamento applichi, di fatto, nei confronti di qualche cittadino onesto la pena di morte (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ascierto. Ne ha facoltà.
FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, esprimo convintamente una posizione contraria all'indulto e mi riferisco, in modo particolare, all'emendamento riguardante la soppressione dell'articolo 1. Per due ragioni fondamentali dico «no» in modo convinto all'indulto: per il rispetto delle vittime della criminalità e per la sicurezza dei cittadini. Dire un «no» convinto all'indulto non significa dimenticare e nascondere i problemi esistenti.
Oggi ci poniamo il problema di uno sconto di pena, di un saldo del crimine, perché - è vero - le carceri sono affollate e perché proprio in quest'aula il Santo Padre ha lanciato un messaggio di clemenza nei confronti del crimine, tenendo in considerazione la sicurezza del cittadino. Ci siamo posti il problema dei valori cattolici, dei valori cristiani, ma non si può parlare dei valori dei cattolici in modo così superficiale, guardando all'indulto.
I valori dei cattolici - lo abbiamo detto - sono tanti e molteplici; li abbiamo incarnati in modo chiaro quando si è parlato di famiglia, quando si è detto «no» alla droga e quando si è parlato di eutanasia. Vi sono valori imprescindibili della vita ai quali noi facciamo riferimento e quando parliamo di rispetto della vita parliamo anche di rispetto della dignità dell'uomo. Quindi guardando all'uomo carcerato non ci sottraiamo alla responsabilità del rispetto della sua condizione. Le carceri sono affollate, ma si tratta di un problema - come prima diceva anche il collega Cirielli - che non nasce oggi e che non è solo di questo Governo, avendo afflitto anche i governi precedenti. È infatti un problema che viene da lontano e che è connesso alla sicurezza dei cittadini.
Ogni anno in Italia si verificano 3 milioni di reati, ma solo per il 10 per cento di essi viene individuato il responsabile. Se per un attimo ci fermassimo sui calcoli matematici, vedremmo che ogni anno sono scoperti criminali nel numero di 300 mila unità. A fronte di queste 300 mila persone che delinquono, la popolazione carceraria è pari a 56 mila unità, fra i quali molti sono in attesa di giudizio (poi ci soffermeremo anche sulla differenza della carcerazione). Quindi 1 su 6 paga la pena del reato che ha commesso. Possiamo dunque affermare che in Italia nel 90 per cento dei casi colui che commette un crimine la passa franca, mentre nel 10 per cento dei casi ha la seria possibilità di poter non scontare la pena. E quando finalmente deve scontare la pena, allora subentrano, caso mai, interventi come questo per ridurla.
Allora mi pongo dalla parte di chi ha subito un reato (e guardate che qui vi sono dei reati seri rispetto ai quali noi riduciamo la pena). Guardando l'articolato del provvedimento vedo che colui che commette una rapina può essere escluso dall'applicazione della sospensione, ma poi mi accorgo che solo colui che rientra nelle previsioni dell'articolo 416-bis del codice penale e ha commesso una rapina viene escluso dall'indulto. Mi viene quindi da pensare a quelle famiglie che hanno subito le rapine all'interno delle ville e delle proprie abitazioni, così come mi viene da pensare a quanti hanno subito un reato grave, come ad esempio l'omicidio, e allora vorrei sapere quanti sono disposti oggi a rivedere in libertà il proprio aguzzino, a rivedere in libertà colui che ha usato violenza nei confronti della sua famiglia o nei suoi confronti!
Ci dobbiamo porre queste domande: nei vostri collegi - e mi auguro che percorriate le strade che avete percorso in campagna elettorale per ascoltare i cittadini - che cosa vi diranno quando, vedendo colui che ha commesso il crimine di nuovo in libertà, se lo troveranno sotto casa?
Ma al di là di questo, cosa pensate possa succedere nel prossimo futuro con un atto di clemenza?
Cosa pensate che queste 14-15 mila persone - anzi, alla luce dell'emendamento che avete condiviso e che probabilmente sarà approvato, ritengo che i numeri si allargheranno ancora di più - faranno in futuro?
Ritengo che il primo giorno in cui il detenuto sarà libero festeggerà con la famiglia, il secondo giorno si godrà la sospirata libertà, il terzo giorno andrà in giro per la città e si guarderà intorno, il quarto giorno incontrerà al bar i vecchi amici, il quinto giorno si domanderà come dovrà sbarcare il lunario e, quindi, mediterà nuovamente sul crimine.
Sarebbero necessarie misure alternative serie...
FRANCESCO GIORDANO. Allora tienilo sempre dentro!
FILIPPO ASCIERTO. ...ci vorrebbe una speranza per chi esce dal carcere, ci vorrebbe lavoro...
FRANCESCO GIORDANO. E se non c'è che gli dai, l'ergastolo?
FILIPPO ASCIERTO. ... e, casomai, un inserimento nella società, per evitare che commetta ancora crimini.
Chi vi parla non sta inventando una teoria, in quanto è profondo conoscitore della società sotto l'aspetto criminale e della sicurezza. E posso aggiungere di più: quando nel 1990 ci fu l'amnistia, il 60 per cento dei destinatari di tale atto di clemenza, nei mesi successivi, ritornò di nuovo in galera. Tra il 1990 e il 1991, il crimine aumentò del 41 per cento.
Ciò è il sintomo di qualcosa che si è verificato e che nessuno può escludere possa verificarsi in futuro.
FRANCESCO GIORDANO. Ammazzali!
FILIPPO ASCIERTO. Allora, perché non dobbiamo porci anche il problema di coloro che hanno subito un reato? Perché non dobbiamo porci il problema delle tante forze dell'ordine che si sono impegnate nella repressione del crimine? Ci sono esponenti delle forze dell'ordine che hanno passato ore ed ore in pedinamenti, intercettazioni, affrontando istituzionalmente il proprio compito nell'assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso un reato. Talvolta lo hanno fatto con generosità, al di là delle retribuzioni, al di là degli straordinari troppo esigui rispetto al lavoro che svolgono.
Questi esponenti delle forze dell'ordine hanno sottratto la propria presenza alle famiglie per qualcosa che profondamente sentono, vale a dire la sicurezza di ogni cittadino. Oggi, gli diciamo che il loro lavoro è vano, che il loro lavoro non è servito a niente perché, con un colpo di spugna, con un saldo di fine stagione, vogliamo ridurre le pene e rimettere in libertà coloro che sono stati arrestati, giudicati e poi condannati.
Allora, non posso pensare che la dignità dell'uomo possa essere a senso unico; mi riferisco alla dignità di ogni uomo, anche di coloro che hanno subito un reato. E per garantire la dignità dell'uomo carcerato dobbiamo trovare altre soluzioni, eventualmente attraverso condizioni alternative. Ad esempio, per sfoltire le carceri - che, per il 41 per cento, sono occupate da cittadini extracomunitari - bisognerebbe pensare ad accordi bilaterali, come quello stipulato con l'Albania, in base al quale, una volta che il detenuto è stato condannato, deve scontare la pena nelle carceri del proprio paese. In questo modo, riusciremmo veramente a sfoltire del 40 per cento le carceri!
Occorre pensare a forme di lavoro che siano formative per il detenuto, che garantiscano il suo reinserimento nella società e consentano una sua uscita dal carcere ancor prima di quanto si possa pensare attraverso i benefici. Ciò potrebbe avvenire, eventualmente, prevedendo forme di lavoro in favore della comunità, devolvendo parte della retribuzione ad un fondo per le vittime della criminalità e, quindi, espiando la propria pena attraverso un risarcimento alla collettività.
Dunque, non si può immaginare un indulto a senso unico nel rispetto della dignità, che non tenga conto delle forze dell'ordine, del loro sacrificio e che non tenga conto della libertà di ogni cittadino.
A breve esamineremo una serie di emendamenti. Allora, esorto coloro che in campagna elettorale hanno parlato di sicurezza dei cittadini, hanno parlato del vigile di quartiere, del poliziotto di quartiere (che, coerentemente, stiamo introducendo nella città), coloro che hanno pensato ad un sistema diverso nell'ambito della giustizia ma anche nell'ambito della società, coloro che volevano modificare la legge Gozzini ed anche la legge Simeone ad essere coerenti con il mandato dei cittadini. Esorto i tanti amici, dei quali so che, in cuor loro, hanno a cuore più di ogni altra cosa la libertà dei cittadini, a riflettere nel momento in cui votano: il giorno dopo aver votato a favore dell'indulto certamente non avranno più il coraggio di guardare dritto negli occhi coloro che sono stati rapinati, coloro che hanno subito un reato ma, soprattutto, le forze dell'ordine che incontrano, ogni giorno, sul territorio nei loro collegi.
Cari colleghi, vi dovete assumere le vostre responsabilità: quando il crimine si sarà ripetuto, quando avrete votato a favore di quel criminale, consentendogli di uscire, anche voi avrete un pezzo di responsabilità. Non vi assumete questa responsabilità. Dovete votare «no» all'indulto secondo una coscienza che è quella dei cittadini e secondo quello che è stato detto nella campagna elettorale e che fa parte dei nostri principi e dei nostri valori (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, la vera solidarietà che mi sento di dare alle persone ristrette nelle carceri è la solidarietà dovuta loro perché il Parlamento e le forze politiche, irresponsabilmente, hanno creato una forte aspettativa. Ciò certamente causerà fortissime amarezze; causerà dolore anche nelle famiglie. Però, con tutta onestà, devo dire che a me pare incredibile che il Parlamento sia così sensibile nei confronti di coloro che hanno ottenuto una condanna e sia scarsamente attento alle migliaia di persone che sono in attesa di giudizio. Esse vivono nelle carceri in una condizione di promiscuità; vivono nelle carceri in una condizione di mancato rispetto della dignità umana; vivono nelle carceri, anche se saranno giudicati innocenti dai tribunali. Questa, a mio avviso, è la vera emergenza: attenzione nei confronti del detenuto in assenza di giudizio.
Si è tanto parlato della libertà di coscienza e di voto del deputato. Chi parla, deputato di Alleanza nazionale, ha utilizzato spessissimo la libertà di coscienza; ha utilizzato lo strumento parlamentare del dissenso anche nei confronti di decisioni prese dal suo partito e dalla coalizione di cui fa parte. Ma il dissenso e la libertà di coscienza devono essere ribaditi, innanzitutto, nei propri partiti di appartenenza, quando si fanno le scelte importanti che decidono della libertà di altre persone. Il dissenso è un principio sacro per il parlamentare. Ma il parlamentare deve avere l'onestà e la correttezza di esprimere questo dissenso in tutte le sedi opportune e lo deve esprimere, innanzitutto, in campagna elettorale. Quando io dissento in aula, evidentemente, ho già manifestato il mio dissenso nelle assemblee del mio partito e nella campagna elettorale, sostenendo tesi che mi sono impegnato a difendere in aula, a prescindere, ovviamente, dalle decisioni prese dalla coalizione o dal partito di appartenenza sui temi importanti. Troppo comodo, alla chetichella, nascondersi dietro un pulsante, ribadire un dissenso e una libertà critica e, poi, non avere il coraggio di sostenere tutto questo nelle sedi deputate a decidere. È chiaro. Ognuno di noi deve essere consapevole che questo provvedimento di legge apre la strada, l'autostrada, per l'indulto.
Ora, io credo con tutta onestà che è semplicemente dannoso pensare a interventi come questo senza che siano accompagnati da alcun altro provvedimento. Stiamo riempiendo bocche ed orecchie di
discorsi sulle carceri e sulle condizioni carcerarie che non sono a dimensione umana e poi si decide di fare un provvedimento non accompagnato da alcuna iniziativa tendente a migliorare le condizioni all'interno del carcere. Inoltre, vorrei dire che non ci si rende conto che per lo stesso carcerato non abituale delinquente, che ha sbagliato nella vita ed ha una responsabilità verso la società, quello che più conta, non è di uscire qualche anno prima, ma che nel tempo in cui sta in carcere egli sia impegnato in attività lavorative. Non si può lasciare il carcerato per ventiquattr'ore a guardare soffitto, all'interno di pochi metri quadrati, con i servizi igienici in vista di tutti gli altri detenuti. Intervenire a favore del detenuto, innanzitutto, significa salvaguardare le famiglie di coloro che sono stati condannati, che prima hanno dovuto subire la irresponsabilità di chi ha compiuto il delitto e che poi devono subire l'irresponsabilità dell'essere rimesso in libertà, del reinserimento all'interno della famiglia, senza alcuna garanzia di tutela per quei figli, per quelle mogli e per quei genitori. Intervenire significa, innanzitutto, onorevoli colleghi, dare la possibilità al detenuto che esce dal carcere di trovare un posto di lavoro, perché se non lo trova quella persona, anche chi non ha la vocazione di compiere altri delitti, tornerà nelle carceri, nelle stesse carceri dove ritroverà le stesse condizioni di vita in cui ha vissuto prima di uscire.
Inoltre, mi rivolgo in particolare ai colleghi della Casa delle libertà, lasciatemi dire che è avvilente, è umiliante, è offensivo, è indegno che uno Stato e che la politica rilascino dei detenuti semplicemente perché le carceri sono troppo affollate! Questa è una ammissione di resa dello Stato nei confronti dei delinquenti. Questa la verità (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
Lo Stato può fare atti di clemenza ma, in momenti particolari, lo fa per lanciare un messaggio alto di civiltà e di equilibrio per la società. Non si approva l'indulto o l'amnistia perché non si è capaci di dare al carcerato la giusta dimensione che deve avere. Non è vero che non ci sono i soldi, non è vero! C'è la politica che non ha la volontà di risolvere questo problema, perché i precedenti provvedimenti di clemenza che sono stati adottati non hanno portato alla riduzione del numero dei reati e del numero dei detenuti. È vero o non è vero questo? E se è vero, perché oggi dovrebbe essere diversamente? Pensate se mettessimo a frutto - cito il caso di Roma, ma ce ne sono in tante città italiane - lo spazio rappresentato da Regina Coeli all'interno della città antica e di un quartiere prestigioso dal punto di vista dell'interesse commerciale e turistico come Trastevere. Si potrebbe mettere a frutto il carcere di Regina Coeli, venderlo, perché da quel carcere possano venire i soldi necessari per costruire un nuovo carcere capace di far scontare la pena e nello stesso tempo di rispettare la dignità della persona. Perché non si fa questo? Perché si tengono tanti edifici pubblici vuoti, anziché venderli, metterli a frutto e con quei soldi costruire le carceri necessarie che occorrono? Lo Stato può, deve, fare atti di clemenza, ma lo può fare quando c'è un segnale di diminuzione degli atti e delle azioni a delinquere, non in un momento nel quale assistiamo da alcuni mesi ai più efferati delitti.
Infatti, il delitto non è grande o piccolo; chi rompe le gambe ad una signora anziana davanti ad un ufficio postale per rubarle quei quattro centesimi di pensione commette uno dei più gravi crimini che possano essere perpetrati (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
Vi siete mai chiesti se ricoprono un posto di lavoro i figli dei carabinieri e degli agenti di polizia che sono stati uccisi per difendere la libertà degli altri cittadini? Vi siete mai chiesti se i parenti delle vittime hanno i soldi necessari per pagare l'affitto di casa e per dare un minimo di dignità - la stessa dignità che si vuol dare al detenuto - ai figli di coloro che sono stati vittime del crimine di persone ristrette nelle carceri?
Alleanza nazionale, a causa del suo DNA, nei suoi impegni programmatici ed elettorali ha sempre parlato di questo problema con grande equilibrio. Il gruppo
di Alleanza nazionale non potrà mai votare a favore di una legge che tiri fuori dalle carceri coloro che sono stati condannati e non preveda, allo stesso tempo, un provvedimento per i detenuti in attesa di giustizia o per cambiare questa situazione di emergenza. Infatti, a volte, come avviene per i lavori pubblici, per i cimiteri e per tante altre situazioni si crea apposta uno stato di emergenza per poi far scattare per tale motivo provvedimenti che senza l'emergenza non potrebbero mai essere emanati.
Ecco il motivo per il quale sostengo con molta serenità che l'indulto rappresenta uno strumento inidoneo a risolvere per un tempo apprezzabile il problema del sovraffollamento delle carceri.
L'indulto è adatto a garantire le esigenze di sicurezza dei cittadini? Io penso assolutamente di no e, quindi, mi auguro che il Parlamento trovi il momento giusto per un atto di clemenza e permetta ai carcerati di lavorare all'interno delle carceri. Infatti, tenere le persone all'interno delle carceri nelle condizioni attuali è da considerarsi - questo sì - un crimine che si aggiunge ai crimini da loro compiuti.
Bisogna dare la possibilità a chi lo merita, a chi tiene una buona condotta, a coloro che hanno manifestato la volontà di cambiare le proprie condizioni, il proprio modo di agire di vedere più spesso le famiglie, di avere luoghi per incontrarsi in libertà con i figli. Bisogna garantire a questi detenuti un impegno psichico e fisico a favore delle persone che loro amano. Si deve dare al detenuto la possibilità di trovare il modo affinché all'interno delle carceri possa comunicare con una certa libertà pur garantendo la sicurezza. Dove andrà a sbattere il detenuto quando uscirà dal carcere? Infatti, anche colui che volesse smettere di delinquere se si ritrova in una condizione di isolamento, di emarginazione, anche non volendo tornerà a farlo perché quella strada l'ha già percorsa, la conosce bene; egli continuerà, quindi, a compiere delitti perché potrà dire di averlo fatto in uno stato di emergenza. Creiamo allora le strutture per il reinserimento del detenuto nella società e perché le famiglie non abbiano a pagare un prezzo più alto di quello pagato dallo stesso detenuto ristretto nelle carceri.
Facciamola finita con questa emergenza che è l'emergenza delle emergenze. Sono stati dati i soldi al Banco di Napoli, si danno i soldi alla FIAT, e, pertanto, tiriamo fuori i soldi anche per costruire carceri degne di un paese civile (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
MARCO BOATO. Bassa demagogia, visto che stai al Governo!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ghiglia. Ne ha facoltà.
AGOSTINO GHIGLIA. Signor Presidente, vorrei ribadire ancora una volta quanto è stato già sostenuto dai colleghi del gruppo di Alleanza nazionale, aggiungendo qualche piccola sottolineatura.
Vorrei chiedere ai colleghi della maggioranza, a quei colleghi che hanno sottoscritto questo provvedimento e che, magari, si appresteranno ad approvarlo questa sera e domani, se hanno riflettuto sul motivo per cui il centrosinistra, in tanti anni di Governo, non ha mai promosso una proposta di questo genere. Come mai i deputati del centrosinistra, solo in questa legislatura, solo negli ultimi mesi, sono diventati così sensibili alle esigenze dei detenuti nelle carceri?
MARCO BOATO. Questo non è vero! Vi sono state molte proposte di legge anche nella scorsa legislatura. Non è vero!
AGOSTINO GHIGLIA. Come mai i colleghi del centrosinistra e della sinistra comunista, in tanti anni di Governo, hanno contribuito a far diventare dei lager tanti istituti di pena italiani che sono sovraffollati, con il triplo della popolazione carceraria possibile? Se ne sono fregati, hanno lasciato che i detenuti, con i governi buonisti del centrosinistra vivessero in sei in una cella, non si sono organizzati per andarli a trovare e per portare loro solidarietà!
Facciamo allora attenzione, colleghi: vi era un signore, mi sembra che si chiamasse Lenin, che parlava di «utili idioti», vale a dire di coloro i quali non la pensavano come lui, ma venivano utilizzati da lui per portare avanti quelle stesse idee o quegli stessi fini che lo stesso si proponeva. Facciamo attenzione, colleghi della maggioranza, a non fare gli utili idioti del centrosinistra che, dopo essere stata assente su tali temi, dopo aver creato in prima persona la situazione drammatica delle carceri italiane in tanti anni, oggi si è riscoperto garantista, buonista e sensibile agli appelli accorati del Santo Padre che hanno motivazioni ben più alte.
Colleghi, facciamo attenzione a non essere garantisti nel senso sbagliato, a non dare un'interpretazione errata al concetto di garantismo, vale a dire a diventare garantisti nei confronti soltanto dei delinquenti, non di coloro che sono in attesa di giudizio, ma di coloro che sono stati condannati, e che, addirittura, hanno già scontato una parte della pena.
Nella passata campagna elettorale ai nostri elettori abbiamo promesso di garantire la sicurezza; abbiamo sottoscritto un patto con gli elettori, facendo riferimento alla questione della sicurezza. Il suddetto provvedimento (e peggio ancora l'indulto) prevede una sola garanzia per gli elettori, quella dell'insicurezza; contempla la garanzia che tutti i delinquenti arrestati con lo sforzo, il sacrificio, il rischio personale dalle forze dell'ordine, verranno rimessi in libertà, mentre lo spacciatore, il criminale di strada, il borseggiatore, lo scippatore non vedranno mai una cella ed è questo che più mina la libertà dei nostri concittadini. Non è il grande delinquente, non è il grosso reato, ma è il reato di ogni giorno, come prima ha detto benissimo il collega Buontempo, ad impedire la nostra libertà quotidiana; si impedisce una vita serena e tranquilla alla gente comune. Questo è il patto con gli elettori che noi rischiamo di non rispettare, facendo passare normative del genere.
Inoltre, colleghi, quale emergenza? Il sovraffollamento nelle carceri italiane è un fenomeno che si riscontra da almeno vent'anni. Perché nei vent'anni passati (nel 1990, sì, vi è stato un provvedimento simile), nei 12 anni passati ci si è dimenticati di questa emergenza?
Perché oggi la sinistra tenta di convincerci che siamo, oggi e soltanto oggi, all'emergenza, quando per anni tale emergenza si è dimenticata? Ed allora non andiamo a nettare la coscienza e a cancellare le colpe gravissime che la sinistra ha nei confronti del rispetto dei più basilari principi di dignità umana e dei principali criteri di umanità, avendo per anni contribuito, - non so se consapevolmente o inconsapevolmente o per ignoranza o per menefreghismo - a determinare questa situazione.
Ed allora, attenzione a non vanificare quella che è stata e che è l'attività quotidiana di quei cittadini che difendono la nostra libertà e che si sentiranno frustrati da un provvedimento di questo genere, perché essi dovranno domandarsi e si domanderanno - come stanno già facendo - perché debba valere la pena di rischiare, magari la propria vita, per arrestare persone che tanto noi «buonisticamente», per il timore di non avere uno spazio sufficiente - e questo è assai errato -, mettiamo in libertà tranquillamente, come i cittadini che hanno la colpa di non aver commesso alcun reato nel corso della propria vita e che hanno la colpa di svegliarsi la mattina soltanto per andare a lavorare, andare a scuola oppure a ritirare la pensione.
Questa è la colpa al contrario, nei confronti degli innocenti, degli onesti, perché garantendo di fatto l'impunità ai delinquenti, si colpevolizzano gli onesti e si vanificano gli sforzi fatti per aumentare la nostra sicurezza che, ripeto, è la prima garanzia della nostra libertà.
Considerato allora che esiste una libertà di coscienza, facciamola lavorare fino all'ultimo secondo questa coscienza! Pensiamo anche alle nostre basi culturali, ai nostri impegni politici, ma anche alle conseguenze che provvedimenti di questo genere potrebbero causare.
Riflettiamo sino all'ultimo istante se sia veramente giusto, soltanto perché qualcuno,
per pochi mesi, ha provocato qualche microrivolta in qualche carcere, adottare ancora una volta provvedimenti perdonisti che hanno come unico risultato quello di colpire i più deboli, mettendo in libertà chi ha commesso dei reati (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
MARCO BOATO. È pura demagogia: non libertà di coscienza, ma obnubilamento! Una fiera della demagogia come quella che state esprimendo oggi non l'ho mai vista (Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianni Mancuso. Ne ha facoltà.
GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei anch'io unire la mia voce a quella del coro dei colleghi di Alleanza nazionale e dei colleghi della Lega nord Padania che mi hanno preceduto, per esprimere forte e chiaro il mio «no» all'indulto, all'indultino e all'amnistia. Il partito che rappresento ed anche il suo gruppo alla Camera, se non nella sua totalità, comunque in gran parte, avrà un atteggiamento di fermo rifiuto nei confronti di questo provvedimento che nasce da un atteggiamento perdonista che non si giustifica e che i cittadini non comprenderebbero.
Noi del centrodestra, ed in particolare noi di Alleanza nazionale, abbiamo affrontato la campagna elettorale del maggio-giugno del 2001, adoperando spesso questo slogan, quasi come un ritornello: certezza della pena. Dalla società italiana proviene infatti una forte richiesta di giustizia e quindi anche di certezza della pena.
Ci stanno realmente a cuore le condizioni di tutte le persone, con riferimento alla dignità umana, e pertanto anche quelle dei carcerati. Ci stanno a cuore tuttavia anche le condizioni in cui operano la polizia carceraria e gli agenti della polizia penitenziaria, condizioni assai difficili per le carenze di organico e per il tipo di attività che essi svolgono quotidianamente.
In questi giorni abbiamo assistito, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, a dichiarazioni di protesta - o a scene mute, ma comunque di evidente protesta - da parte di alcuni operatori del mondo della magistratura - per fortuna una minoranza - i quali invece, secondo me, dovrebbero preoccuparsi di fare qualcosa in più per accelerare i processi (perché dei magistrati c'è bisogno perché celebrino i processi, non perché facciano politica).
Una delle soluzioni per rispondere alla carenza di spazi che si verifica nelle carceri italiane a causa del sovraffollamento potrebbe essere quella di costruire nuove carceri. Credo che se andassimo dai cittadini italiani e chiedessimo loro di mettere mano al portafoglio, pagando anche una tassa straordinaria, la maggioranza degli italiani la pagherebbe volentieri, perché ciò significherebbe tenere in carcere i delinquenti, che è la cosa più naturale che dovrebbe accadere in un paese civile degno di questo nome.
Certo, il Papa ha chiesto un atto di clemenza e molti di noi, che hanno una sensibilità cristiana, non possono non tenere conto delle affermazioni e dei richiami forti del Santo Padre. Ma quante altre volte il Papa, non solo nella sua visita al Quirinale, attraverso i media mondiali, ha fatto riferimenti chiari a temi che i credenti sentono fortemente, quali la difesa della vita o della famiglia o altro ancora? Non mi sembra che il Parlamento italiano sia corso ai ripari presentando proposte di legge che, nel giro di poche settimane, sono diventate legge. Quindi, stiamo attenti anche a non usare il «paravento» del Papa in modo opportunistico perché io, francamente, a questo gioco non ci sto.
La popolazione carceraria italiana tra l'altro - i dati ufficiali parlano di 90 detenuti ogni 100 mila abitanti - è tra le più basse d'Europa. Certo, dobbiamo considerare che questo dato viene in parte diluito per il fatto che esistono anche le pene alternative, ma certamente l'Italia è uno dei paesi che ha una popolazione carceraria tra le più basse del mondo
occidentale e, credo, uguale a meno della metà di quella degli Stati Uniti (tanto per fare paragoni con democrazie analoghe alla nostra).
Non possiamo più sentire i cittadini che si lamentano con ciascuno di noi, nelle occasioni in cui capita di essere nei rispettivi collegi, che affermano di non avere più fiducia nella giustizia e di non denunciare più molti reati perché temono di non vedere mai realizzata questa giustizia, che invece dovrebbero ottenere dal nostro Stato. Vedere delinquenti che vengono arrestati la mattina e che escono la sera: queste cose non possono capitare in uno Stato civile.
Credo che questo Parlamento possa fare un'opera buona e giusta adattando la ricettività delle carceri e non intervenendo sulla popolazione carceraria con provvedimenti che, di fatto, vanno a ridurre le pene e a stravolgere i più elementari fondamenti della nostra vita comune.
Analisi rigorose sul recente passato degli anni '70 e '80 hanno dimostrato che, quando sono stati adottati provvedimenti di clemenza, nel giro di pochi mesi, al massimo un anno, la popolazione carceraria è ritornata esattamente quella di prima, quando non è aumentata molto rapidamente. Questo a me sembra, più che un provvedimento di clemenza, un tentativo di risolvere un problema contingente che indubbiamente c'è e che il Parlamento deve affrontare; ma la ricetta che viene proposta è sbagliata. Tra l'altro, la popolazione carceraria è molto alta perché vi sono compresi anche coloro i quali vedono limitata la propria libertà per provvedimenti di custodia cautelare, che non rientrano tra quelli oggetto di questa legge.
Occorre un ultimo cenno al fatto che la popolazione carceraria è costituita per oltre il 40 per cento - quasi il 50 - da extracomunitari. Mi risulta che esistono degli accordi bilaterali con l'Albania, paese dal quale provengono molti di questi carcerati. Credo che lo Stato italiano debba lavorare molto in questa direzione, al fine di sottoscrivere ulteriori accordi bilaterali con gli altri paesi che non fanno parte dell'Unione europea e dai quali provengono molti detenuti delle nostre carceri. Quindi, casomai, l'esortazione al Governo è di lavorare in questa direzione.
ROBERTO MENIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO MENIA. Signor Presidente, ho chiesto di intervenire perché desidero far presente la condizione in cui io ed altri colleghi ci veniamo a trovare.
Per quanto mi riguarda, ho tutte le intenzioni di svolgere appieno il mio mandato parlamentare e di mantenere la promessa fatta agli elettori di impegnarmi contro i provvedimenti in tema di indulto e di indultino e, in tal senso, desidero votare sul provvedimento in esame. Contemporaneamente, però, sono convocato, insieme ad altri colleghi, per le ore 19 in Commissione Mitrokhin dove si svolgeranno, fra l'altro, delle audizioni di non poco conto.
Detto ciò, signor Presidente, desidero capire che cosa debbo fare.
FRANCESCO GIORDANO. Vai in Commissione.
ROBERTO MENIA. Ti ringrazio; invece, resterò in aula a votare per fare un dispetto a te.
MARCO BOATO. Siamo terrorizzati da questa minaccia!
PRESIDENTE. Non si tratta di fare dei dispetti; stiamo sollevando tale questione con l'altro ramo del Parlamento anche perché, come sapete, la Commissione Mitrokhin è un organo bicamerale, e, come tale, i suoi lavori non sono collegati soltanto a quelli della Camera. Tuttavia, onorevole Menia, i nostri uffici si stanno adoperando per poterle consentire di svolgere pienamente il suo mandato parlamentare e, quindi, di permetterle di partecipare alla seduta di quella Commissione.
Noi speriamo di farcela spostando di qualche quarto d'ora l'orario di inizio seduta della Commissione suddetta.
Onorevole Menia, la informo che la Commissione Mitrokhin ha sospeso i lavori in attesa che si concludano quelli della Camera. Ha visto con quanta velocità è stato soddisfatto il suo desiderio?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Messa. Ne ha facoltà.
VITTORIO MESSA. Signor Presidente, non riesco a comprendere bene il nervosismo che manifesta l'onorevole Boato ogni volta che un parlamentare, contrario al provvedimento in tema di indultino, si accinge a prendere la parola o a concludere il suo intervento.
MARCO BOATO. Sono calmissimo, non si preoccupi!
VITTORIO MESSA. I colleghi dell'opposizione devono rendersi conto e farsene una ragione che in questo Parlamento ci possano essere dei parlamentari che la pensano in maniera assolutamente diversa dalla loro, per fortuna.
Il testo unificato delle proposte di legge al nostro esame presenta, ad avviso del sottoscritto che di mestiere fa l'avvocato e che si considera un garantista, aspetti addirittura immorali.
Onorevole Finocchiaro, a fronte di un'emergenza carceraria della quale tutti parliamo e della quale tutti gli operatori del settore sono ben consapevoli, noi adottiamo un provvedimento che, lungi dall'influire effettivamente su tale emergenza e cioè su quei 20 mila detenuti in attesa di giudizio, rappresenta - caso unico in Italia - una vera aberrazione per uno Stato di diritto! In particolare, noi con il provvedimento in questione non influiremo su quella parte di popolazione carceraria che, fino a prova contraria, deve essere ritenuta composta da presunti innocenti, ma premiamo quei detenuti che sono stati condannati con una sentenza passata in giudicato. Questo è un aspetto del provvedimento che non mi può trovare d'accordo, un aspetto che può farlo considerare immorale.
Inoltre, se consideriamo le esclusioni oggettive, cioè i casi nei quali non può essere applicato l'indultino, allora lo scenario si illumina; ecco perché i colleghi dell'opposizione, amici della maggioranza, non hanno ancora preso la parola, perché il provvedimento in esame ha un nome e un cognome, si tratta di un testo unificato di proposte di legge che è destinato ad una persona. Il Parlamento, molti anni fa - per fortuna dovremmo dire -, ha approvato la cosiddetta legge Valpreda, qui siamo stati accusati per un anno e mezzo di fare delle leggi a misura d'uomo ed oggi non ci accorgiamo che stiamo facendo una legge solo per una persona, altrimenti, mi si deve spiegare, colleghi parlamentari, il motivo per il quale si prevede che non si possa applicare l'indultino ad un ragazzo, un povero tossicodipendente, che pur senza essere armato, ma travisato, ha commesso una rapina (indossando una maschera, ha spinto una cameriera e le ha rubato la borsetta); mi si spieghi perché a questa persona, il ragazzo sopracitato, che ha commesso un reato gravissimo, non si possa applicare il vostro indultino, mentre lo si può applicare a chi è stato accusato di omicidio volontario e premeditato.
Questo ce lo dovete spiegare (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Questo ce lo dobbiamo spiegare noi, amici della maggioranza! E non mi si venga a dire che l'omicidio è stato sempre ricompreso nell'indulto, perché lo sappiamo tutti; è la prima volta, però, che si prevede un'ipotesi di indultino senza un'ipotesi di amnistia.
VITTORIO MESSA. Non credo che, nella storia del Parlamento repubblicano, sia stato mai promulgato un indulto senza che a questo fosse agganciata un'amnistia. C'è una ragione, c'è la ragionevolezza e vengono in rilievo tutti quei principi che
sono stati richiamati dai colleghi: lo Stato, dopo aver superato un periodo di crisi, si sente sufficientemente forte da adottare un atto di clemenza; allora, attraverso l'indulto e l'amnistia libera dall'oppressione migliaia di persone, non ancora condannate, ma detenute in attesa di giudizio, quelle persone che noi, oggi, non consideriamo affatto.
Chi frequenta, anche poco, le carceri sa bene che il malessere che in esse si respira (giustificato, perché non di carceri si tratta ma, com'è stato ricordato dai colleghi Buontempo e Ghiglia, di Lager, diventati tali, nel corso degli anni, soprattutto per l'incuria del centrosinistra) proviene da quella parte di carcerati che si sentono ingiustamente ed ingiustificatamente ristretti in attesa di giudizio. Allora, avrei senz'altro aderito ad un'ipotesi legislativa che avesse previsto un intervento a favore di quella fascia carceraria; ma non mi si può chiedere, non ci si può chiedere di votare a favore di un indultino «targato» con il nome ed il cognome di una persona ben nota, la quale, evidentemente, vanta parecchi amici in questo Parlamento (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gamba. Ne ha facoltà.
PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anche chi vi parla intende sottolineare che molte delle proposte emendative presentate dai colleghi di Alleanza nazionale (ed anche alcune presentate dai colleghi della Lega nord Padania) sono finalizzate a limitare i danni che possono derivare da un provvedimento nei confronti del quale abbiamo manifestato e continuiamo a manifestare la nostra totale contrarietà.
Come hanno già rilevato in molti, il fatto che si continui a parlare di indultino e di indulto rende ancora più fondate le contestazioni che hanno dato luogo alla presentazione di questioni pregiudiziali di costituzionalità. Si rafforza ulteriormente il convincimento che, attraverso questa proposta di legge ordinaria, si tenda ad ottenere un risultato assolutamente simile a quello che, secondo la Costituzione, dovrebbe essere ottenuto mediante un provvedimento che raccolga il voto favorevole di una maggioranza molto più ampia e più qualificata. Il fatto che si continui a parlare di indulto mentre siamo chiamati a pronunciarci su un provvedimento che richiede (come pare alla Presidenza e com'è negli intendimenti di coloro che l'hanno proposto) una maggioranza più risicata, dimostra come fossero fondati quei dubbi e quelle pregiudiziali di costituzionalità. Proprio perché la sostanza cambia di poco, devono essere riaffermate le motivazioni che sono alla base della contrarietà complessiva a questo provvedimento.
È già stato detto: si tratta in realtà non di un provvedimento di sospensione, ma di un vero e proprio provvedimento di clemenza, anche perché molte delle indicazioni che si vorrebbero prevedere in alcuni degli articoli e che si chiede, attraverso gli emendamenti, di introdurre non prevedono delle pene alternative, non prevedono delle forme alternative di pene, ma prevedono sic et simpliciter, salvo alcuni palliativi di tutta evidenza esclusivamente formali, la diminuzione della pena.
Il fatto stesso che questo provvedimento sia indirizzato a coloro che non hanno già beneficiato di molte altre misure che sono previste - come noto - dalla legislazione vigente, dalla legge Gozzini, dalla legge Simeone, è significativo di quanto pesante sarà l'impatto nei confronti della popolazione carceraria e, in seconda istanza, della sicurezza complessiva del paese, qualora questo provvedimento fosse approvato.
Si parla di numeri: tra i 10 e i 15 mila detenuti dovrebbero essere liberati anticipatamente attraverso questo provvedimento. È però altrettanto chiaro l'impatto che una fuoriuscita massiccia in tempi così limitati di un numero rilevantissimo di condannati avrà sulla sicurezza pubblica.
A poco valgono le previsioni dell'articolo 5 di questa proposta di legge, laddove si prevederebbe la revoca di questa misura
perché, come -. ahimè - tutti abbiamo dovuto ulteriormente constatare (l'abbiamo saputo attraverso le dichiarazioni univoche dei procuratori generali della Repubblica in occasione delle recenti manifestazioni per l'inaugurazione dell'anno giudiziario), fra l'80 e il 90 per cento dei reati commessi in Italia rimangono impuniti, per cui non si riesce a raggiungere il responsabile attraverso i provvedimenti sanzionatori.
Ebbene, noi possiamo molto «spannometricamente» ritenere che questa stessa misura si dovrà applicare anche a coloro, fra 10 mila e 15 mila, che saranno liberati e torneranno a delinquere; allora, possiamo ben pensare che, se certamente questo auspicabilmente non riguarderà tutti, molti di costoro torneranno a mettere in discussione, a mettere in pericolo la sicurezza della nazione, la sicurezza dei cittadini. Rimarranno a questo punto non solo impuniti, ma doppiamente impuniti, perché non saranno individuati e non potranno essere quindi colpiti con la revoca di questo provvedimento di clemenza.
Ebbene, è altrettanto chiaro, ma è necessario sottolinearlo con forza - come hanno già ricordato molti colleghi di Alleanza nazionale, che, insieme ad altre forze dell'attuale maggioranza, ha fatto della sicurezza un tema fondante della propria campagna elettorale e quindi anche del contratto stipulato con i propri elettori e con i cittadini italiani tutti - che un forte pericolo per la sicurezza di tutti i cittadini verrà proprio da questo provvedimento, qualora venisse approvato, perché molti di coloro che dovrebbero beneficiare di questo provvedimento sono proprio coloro che si sono macchiati di delitti, che si sono resi responsabili di delitti anche di non grande livello, ma che sono, per numero, diffusissimi sul territorio (incidendo quindi direttamente, perché spesso vengono fatti ricondurre a quell'ambito che, impropriamente, viene considerato di microcriminalità). Allora, qual è l'unico motivo, oltre a quello che ha lasciato chiaramente intendere il collega Messa nel suo intervento precedente? L'unico motivo, l'unica giustificazione che viene dai promotori di questo provvedimento è quella del sovraffollamento delle carceri.
In questi giorni, in un dibattito caotico in cui sono stati fatti numeri e sono state date indicazioni diverse, finalmente abbiamo tutti capito che in realtà questo tema è stato fortemente enfatizzato. In primo luogo, perché l'Italia non è certamente uno dei paesi con la popolazione carceraria proporzionalmente più rilevante nel mondo occidentale (i dati sono stati ricordati poc'anzi da alcuni colleghi).
In secondo luogo (questo è un dato che il ministro Castelli ha ricordato con grande precisione nel corso del suo intervento durante la cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario del distretto di corte d'appello di Milano), l'attuale popolazione carceraria è di alcune centinaia inferiore a quella che avevamo nel giugno 2001, cioè al momento, più o meno, dell'insediamento del nuovo Governo Berlusconi.
Perché sino a quella data tutta questa frenesia per i problemi del sovraffollamento delle carceri non era venuta dalle forze di sinistra? Perché costoro, nel momento in cui ne avevano la possibilità, essendo maggioranza, esprimendo il ministro della giustizia in un Governo che era espressione nelle sue sfaccettature delle forze politiche che lo appoggiavano, oggi si dimostrano così attenti, così pronti, così pienamente indirizzati ad appoggiare questo provvedimento? Perché costoro non hanno avuto la sensibilità di provvedere allora?
È molto sospetto che ciò avvenga soltanto un anno e mezzo dopo (quando il Governo Berlusconi ha svolto una parte del proprio cammino), spesso facendosi schermo attraverso le parole del Santo Padre che, certamente, non poteva pronunciare parole diverse da quelle che ha proferito in quest'aula.
Allora, è necessario porre l'attenzione su un'evidente conseguenza di questo provvedimento, qualora fosse approvato, cioè che anche la liberazione anticipata o, come è forse più corretto dire secondo il dettato del testo, la sospensione della
pena, non risolverebbe assolutamente il problema che si vuole agitare in quest'aula come primario, anche perché, probabilmente dopo pochi mesi, ci ritroveremmo nuovamente a dover affrontare lo stesso problema, probabilmente con persone diverse ma che altrettanto verosimilmente saranno coloro che ancora non hanno visto riconoscere la propria responsabilità da parte dell'autorità giudiziaria.
Allora, un altro elemento che troppo spesso si dimentica, è che a fronte del numero più volte ricordato di circa 55 mila detenuti, ci sono oltre 40 mila condannati già in via definitiva, che si trovano fuori dalle carceri, che beneficiano di ulteriori provvedimenti, di pene cosiddette alternative, che dunque non sono all'interno delle strutture carcerarie, non incrementando, quindi, quella situazione che da tanti è stata lamentata!
Certamente, bisogna arrivare a migliorare la condizione delle carceri, così come anche la condizione di espiazione della pena da parte di molti condannati. Tuttavia, per giungere a questo obiettivo non si può e non si deve ricorrere a questi mezzi che, in realtà, nascondono ben altre finalità. Bisogna invece intensificare il programma di ampliamento ed ammodernamento delle strutture carcerarie, che il Governo Berlusconi ha intrapreso con grande decisione, anche attraverso l'idonea destinazione di risorse, checché ne dica l'opposizione, che ha giocato molto su questi numeri.
Le forze che si sono contraddistinte nella campagna elettorale, che ha visto la vittoria della Casa delle libertà per la difesa della sicurezza dei cittadini, non possono, in piena coscienza, dare il proprio apporto, appoggio, voto ad un provvedimento siffatto.
Auspichiamo che, i colleghi tengano perlomeno in grande evidenza gli emendamenti che le forze della Casa della libertà, che Alleanza nazionale e Lega hanno presentato a questo provvedimento, a cominciare dal primo che, certamente, sarà quello su cui si misurerà, anche in quest'aula, la reale corrispondenza agli impegni assunti con gli elettori.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.
ENRICO BUEMI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli emendamenti Siniscalchi 1.60, Pisapia 1.49 e Bonito 1.50; su tutte le altre proposte emendative presentate all'articolo 1 la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
PRESIDENTE. Se il relatore di minoranza vuole esprimere anche la sua opinione, la Presidenza lo consente. Prego, onorevole Lussana.
CAROLINA LUSSANA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, raccomando l'approvazione del mio testo alternativo e vorrei esprimere un parere favorevole sugli emendamenti Raisi 1.18, Mantini 1.19, Cirielli 1.38 e 1.40, nonché sugli identici emendamenti Guido Giuseppe Rossi 1.9 e Mantini 1.21. Il parere è altresì favorevole sugli emendamenti Guido Giuseppe Rossi 1.12 e 1.16 e Raisi 1.28 e 1.47. Sulle restanti proposte emendative il parere contrario.
PRESIDENTE. Il Governo?
GIUSEPPE VALENTINO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea su tutte le proposte emendative.
GIOVANNI KESSLER. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, intervengo per richiamare l'attenzione sulle modalità di votazione del provvedimento in esame. Secondo quanto ricavo dall'ordine del giorno, l'Assemblea va al voto sul testo unificato delle proposte di legge n. 3323 e n. 3386 con procedura ordinaria, cioè con le maggioranze di cui
all'articolo 64 della Costituzione. A mio avviso, questo provvedimento dovrebbe invece essere deliberato dalla Camera con la maggioranza richiesta dall'articolo 79 della Costituzione, vale a dire la maggioranza dei due terzi dei componenti della Camera (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale). Il testo in esame, infatti, è una proposta di indulto. Dire questo non è un insulto, bensì una mera constatazione. Questa proposta ha infatti le caratteristiche necessarie e sufficienti per essere considerato un indulto, vale a dire l'estinzione di tutto o di parte della pena e l'eccezionalità dell'istituto. Infatti, l'articolo 5, da leggere insieme con l'articolo 1, estingue, al termine del percorso, tre anni di pena. Per quanto riguarda l'eccezionalità dell'istituto, secondo l'articolo 9 di questa proposta di legge la sospensione dell'esecuzione e la conseguente estinzione della pena si applicano solo ed esclusivamente ai condannati che, un determinato giorno, quello dell'entrata in vigore della legge, si troveranno in stato di detenzione, ovvero in attesa di esecuzione della pena. Non si tratta, quindi, signor Presidente, di un nuovo istituto introdotto a regime nel nostro ordinamento per scontare la pena residua, ma di un provvedimento una tantum di carattere meramente eccezionale. Non vale, quindi, il riferimento - fatto anche durante la discussione sulle linee generali alla Camera - ad altri istituti analoghi, come l'affidamento in prova o la sospensione dell'esecuzione della pena per i tossicodipendenti. Essi prevedono, come l'attuale provvedimento, l'estinzione di parte della pena e sono sempre stati votati con maggioranze ordinarie; nessuno, però, prevede un'applicazione a tempo, eccezionale: tutti hanno cioè introdotto nuovi istituti a regime e, dunque, non possono essere certo considerati un indulto.
PRESIDENTE. Onorevole Kessler, la invito a concludere.
GIOVANNI KESSLER. Signor Presidente, mi avvio a concludere. Non vale neanche il riferimento fatto alla caratteristica della sospensione della pena prevista in questo provvedimento, al cui esito positivo conseguirebbe l'estinzione. Questo, infatti, non vale a mutare la natura di indulto propria del provvedimento, non essendo la sospensione della pena incompatibile con l'indulto. Infatti l'indulto, come prevedono gli articoli 174 e 151 del codice penale, nonché l'articolo 672 del codice di procedura penale, può ben essere sottoposto ad obblighi e condizioni, alle quali poi consegue la sospensione dell'esecuzione della pena, esattamente come proposto dal testo ora al nostro esame (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Onorevole Kessler, la sua è un'opinione rispettabile a cui il Presidente risponderà.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Immagino che l'opinione dell'onorevole Boato sia diversa.
MARCO BOATO. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo. Le problematiche sollevate dal collega Kessler, che mi trovano in totale dissenso (ma non ne spiegherò le ragioni), sono state già affrontate in relazione alla presentazione di due pregiudiziali di costituzionalità, di cui una presentata dalla Lega (mi sembra che l'onorevole Rossi fosse il primo firmatario) e l'altra dal collega Anedda. L'Assemblea ha già dibattuto ampiamente su questa materia ed ha respinto a larghissima maggioranza quelle pregiudiziali di costituzionalità.
PRESIDENTE. Onorevole Kessler, è stata posta sul piano procedurale la questione se il testo unificato delle proposte di legge nn. 3323-3386 debba configurarsi nella sostanza come concessione di indulto, richiedendosi pertanto, per la sua approvazione e per quella dei singoli articoli,
la maggioranza dei due terzi dei componenti, ai sensi dell'articolo 79, primo comma, della Costituzione.
Tale rilievo non appare fondato per la Presidenza. Debbo sottolineare, in proposito, che il testo in esame reca la disciplina di un istituto diverso dall'indulto, ossia la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva. Come tale, esso viene sottoposto all'Assemblea dalla Commissione di merito che ha svolto un ampio ed articolato dibattito proprio in ordine alla configurazione giuridica da dare alla disciplina da essa proposta. La scelta della Commissione risulta ulteriormente confermata dalla circostanza che essa non ha proceduto all'abbinamento del testo con altre iniziative legislative, separatamente esaminate nello stesso periodo, che recano, invece, espressamente la concessione di un indulto. La suddetta configurazione giuridica è stata, altresì, condivisa dalla Commissione Affari costituzionali la quale, pronunciandosi in sede consultiva, non ha formulato alcun rilievo in proposito, nonostante la questione fosse stata espressamente sollevata anche in quella sede (peraltro, sapete qual è l'atteggiamento generale, salvo eccezioni molto rare, che il Presidente assume in proposito).
Infine, anche l'Assemblea ha mostrato di concordare con la valutazione operata dalla Commissione di merito, respingendo nella seduta di giovedì 16 gennaio una questione pregiudiziale di costituzionalità nella quale si sosteneva, invece, che il provvedimento recasse nella sostanza la concessione di un indulto. La Presidenza, pertanto, non ha potuto che prendere atto della più volte ricordata configurazione giuridica del testo come recante una sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva con le conseguenze procedurali che da ciò discendono quanto al regime ordinario della maggioranza richiesta, ferma restando ovviamente la sovranità dell'Assemblea in ordine alle decisioni che saranno adottate sul merito di questo provvedimento.
Passiamo all'emendamento Raisi 1.18. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, il dibattito che si è svolto in Assemblea e che si svolgerà anche nella giornata di domani, è sicuramente importante e sottolinea la posta in gioco concernente la sicurezza dei cittadini. Ritengo, peraltro, si tratti anche di una posta in gioco politica. Ciò è stato sottolineato negli appassionati interventi dei miei colleghi di gruppo e ribadito anche dai colleghi di Alleanza nazionale.
Ritengo che gli interventi che si sono levati dai banchi di Alleanza nazionale rappresentino la posizione ufficiale del gruppo, a prescindere poi da altri comportamenti adottati in Commissione giustizia, in cui esponenti di Alleanza nazionale hanno espresso posizioni non in linea con gli interventi pronunciati oggi in aula. Ciò ci fa assolutamente piacere.
Tuttavia, ovviamente, si pone un problema di natura politica. Nel momento in cui non si accetta il fatto che questo provvedimento rappresenti un indulto e, dunque, non venga prevista la maggioranza dei due terzi - che è la tipica maggioranza rafforzata che travalica le maggioranze governative e parlamentari - nel momento in cui si accetta che questo sia un provvedimento ordinario che può essere approvato con una maggioranza semplice, il fatto che all'interno della maggioranza stessa due forze politiche su quattro che compongono questa coalizione abbiano segnato duramente e in maniera chiara la loro opposizione apre ovviamente una serie di riflessioni.
Dunque, su questo emendamento, che, se dovesse essere approvato dall'Assemblea, smonterebbe tutto il provvedimento, il gruppo della Lega voterà a favore. Si tratta di un voto che deve essere ben chiaro nella nostra assoluta e chiarissima posizione di contrarietà al provvedimento già evidenziata dalle questioni pregiudiziali di costituzionalità. Si tratta di una contrarietà nel merito, perché siamo contrari a provvedimenti di clemenza collettivi,
e di contrarietà nella forma, perché - lo abbiamo già detto - questo è un aggiramento dell'articolo 79 della Costituzione e, a mio avviso, anche della limpidità politica con la quale le forze parlamentari devono porsi nei confronti dell'elettorato. Dunque, ribadisco il voto favorevole del mio gruppo sull'emendamento Raisi 1.18.
Continueremo il dibattito in quanto quella della Lega non è solo una posizione negativa: abbiamo presentato un testo alternativo e vi è un relatore di minoranza, la collega Lussana. Invitiamo i colleghi della Casa delle libertà a votare a favore di tale testo alternativo che può essere in grado di coniugare le sacrosante esigenze di sicurezza di questo paese con le problematiche connaturate al mondo delle carceri.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, in realtà, intervengo sul mio emendamento 1.19 sul quale è stato espresso il parere favorevole dalla collega Lussana. Ritiro questo emendamento volto ad introdurre una linea di maggior rigore ed equilibrio nel provvedimento in esame, cioè a sostituire l'espiazione degli ultimi tre anni con gli arresti domiciliari, secondo quanto già previsto dal nostro codice.
Mi sono convinto al ritiro dell'emendamento perché il dibattito all'interno della Commissione si è svolto su altro tipo di linea ed a tale dibattito nessun contributo utile è venuto da quelle forze parlamentari - mi riferisco in particolare ai colleghi della Lega e di AN - che hanno preferito, forse, scrivere sui muri il loro «no» all'indulto. Non hanno fatto nulla, o assai poco, in aula per cercare un provvedimento equilibrato che coniugasse le esigenze di certezza della pena e di sicurezza dei cittadini, che a tutti noi stanno molto a cuore, con le esigenze di umanità e di applicazione della Costituzione anche ai cittadini detenuti.
Tale contributo è mancato da parte dei colleghi che vorrebbero avere in questa sede una linea più rigorosa. Me ne dolgo e credo, però, che non vi sia necessità di fratture ulteriori in questo momento. Per tale motivo, ritiro l'emendamento 1.19.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.
ENZO RAISI. Signor Presidente, finalmente posso prendere la parola come presentatore dell'emendamento. Questo è il primo di circa 30 emendamenti che ho presentato insieme al collega Saia e ad altri colleghi di Alleanza nazionale.
Tale emendamento ha un significato preciso: dire «no» a questa legge sopprimendo l'articolo chiave della legge stessa. Lo dico soprattutto volendo rimarcare alcune posizioni, al di là del manicheismo espresso in tanti interventi ascoltati in questi giorni alla Camera, ma anche al di fuori di questa sede. Lo dico da garantista serio, cari colleghi: non credo che con questo provvedimento, alzando il vessillo della bandiera garantista, si sia fatto onore a quella bandiera. Infatti, il risultato finale di questa operazione è stato quello di salvaguardare qualcuno che ha compiuto un reato contro la pubblica amministrazione e poco altro.
Lo dico perché il garantismo serio - quello in cui io credo e nel quale credono tanti altri colleghi, anche di Alleanza nazionale, che non sono forcaioli, come qualcuno vuole qui li vuole presentare, ma che non sono disposti ad accettare dei provvedimenti raffazzonati - è il garantismo del giusto processo, della difesa dell'imputato. È il garantismo contro i processi indiziari e contro i processi ideologici e non quello che ci vede qui oggi discutere un provvedimento raffazzonato e spesso contraddittorio, come dimostrerò nell'illustrazione degli emendamenti da me proposti.
Si è detto - parlo di tesi che sono state portate in Parlamento, visto che il dibattito è ormai da parecchi giorni sulle pagine dei giornali e in televisione - che con questo provvedimento si intende favorire una politica penitenziaria che preveda la
rieducazione dei detenuti. Lo ha detto anche l'onorevole Bondi nel suo intervento, quando ha detto che questo è un provvedimento in sintonia che costituisce la condizione affinché chi finisce di scontare la pena esca dal carcere migliore rispetto a quando vi era entrato. Mi domando cosa cambi per il detenuto oggi, in queste condizioni, nel processo di rieducazione. Se veramente credevamo (e io lo credo) che, oltre alla pena, ci dovesse essere il percorso della rieducazione, questo doveva avvenire - e mi lamento, al riguardo, della latitanza del Governo in questa sede, ma soprattutto di quella del centrosinistra che per cinque anni ne ha avuto l'opportunità - attraverso un programma di sviluppo del sistema penitenziario che considerasse non solo il disagio del recupero del detenuto ma anche il disagio delle guardie carcerarie, che oggi vivono sicuramente in condizioni a volte peggiori di quelle dello stesso detenuto: fatto che crea grande tensione all'interno delle carceri (mentre spesso ce ne dimentichiamo).
Eppure, oggi ci presentiamo con un provvedimento che non soddisfa nessuno e che non prevede nessun processo innovativo con riferimento al recupero del detenuto. È la solita «Italietta» degli strappi nel campo della giustizia, ma per nulla orientata ad introdurre riforme strutturali in campi vitali per un paese che si vuole inserire all'interno della modernità. Si tratta di un provvedimento ridicolo anche nel suo complesso. Mi sono divertito a preparare questi emendamenti - io che non sono un avvocato - con colleghi giuristi, i quali di fatto alla fine hanno concordato con me che solo un imputato ignorante, forse male assistito, potrà richiedere l'applicazione di questa legge invece che della legge Gozzini. Questa è, infatti, una legge sinceramente inutile che, come dicevo, forse salvaguarda qualche reato specifico contro la pubblica amministrazione, ma che certamente non va a vantaggio di colui il quale in questo momento è nelle nostre carceri. A tal proposito, vorrei precisare alcuni aspetti relativi ad argomenti che si sono sentiti, quali ad esempio quello che sosteneva che con questo provvedimento si sarebbero messi in libertà i poveracci. Ecco, io non so chi siano i poveracci in questo paese. Non so se alla gente comune interessi di più tenere dentro le carceri Bagarella e Riina o se (per la gente comune) anche coloro che compiono i reati cosiddetti minori siano ritenuti detenuti importanti.
Credo che onestamente la gente sia rimasta molto perplessa di questo dibattito, che accentua ancor di più la divisione fra il Parlamento (e quindi le istituzioni) e la gente comune. Molti hanno parlato di cifre. Hanno ricordato - lo diceva oggi il Corriere della Sera e quindi non sono certamente dati personali, visto che vi è stato un balletto delle cifre - che il 51 per cento degli elettori del centrosinistra e il 56 per cento degli elettori del centrodestra sono contrari a questo provvedimento.
Ciò significa che il 70 per cento di questo paese è contrario al provvedimento che il Parlamento sta votando. Siamo un Parlamento arrogante, che si comporta contro il paese; questa è la realtà dei fatti che sanciamo attraverso questo provvedimento! Si tratta di una arroganza parlamentare che non ha precedenti (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
Concludo evidenziando un altro aspetto di questo dibattito che mi ha stupito. Lo dico da laico, da cattolico poco praticante, ma rispettoso di quello che ritengo un grandissimo uomo...
PRESIDENTE. Onorevole Raisi, la invito a concludere.
ENZO RAISI. ...., vale a dire il Papa.
Credo che la strumentalizzazione delle parole espresse in questa sede dal santo Padre sia stata indegna, che evidenzi la viltà di chi non ha il coraggio di prendere le proprie decisioni. Almeno il Papa e le religioni lasciamole fuori da questo dibattito (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, ritengo sia il caso di rimarcare, attraverso interventi a titolo personale, la contrarietà personale e del movimento che rappresento a questo tipo di provvedimento.
Nei giorni scorsi, ho avuto occasione di incontrare diversi cittadini per affrontare varie tematiche, tra le quali la pace, che rappresenta un tema molto importante e molto discusso in questi giorni. Parlando con questi cittadini, abbiamo discusso anche di indulto e di indultino e il richiamo evidenziato da tali soggetti è stato quello di evitare almeno l'ipocrisia; infatti, non si può mascherare, non si può vendere sotto falso nome quello che, in effetti, è un indulto. Quindi, utilizzare un diminutivo, come indultino, costituisce sicuramente un modo ipocrita per affrontare la questione.
In particolare, un cittadino, una persona del popolo, mi diceva: voi pensate che forse tutti gli elettori siano stupidi o che non si accorgano di certe questioni, ma credo che, in questo momento, vi stiate comportando come quel ragazzo diciottenne che, tornando a casa dal padre e non sapendo come giustificare quello che era successo, gli confessava che la propria fidanzata era incinta, ma appena appena. Ciò, evidentemente, al fine di sminuire quanto era accaduto.
Dunque, dobbiamo essere leali verso i cittadini, affermando che questo provvedimento svuoterà le carceri, premierà i delinquenti, portando sicuramente un ulteriore disturbo e non effetti benefici per il nostro ordine pubblico. È stato ricordato varie volte che 9 reati su 10 restano impuniti, che non c'è la possibilità di perseguire i responsabili anche di reati efferati e noi dobbiamo dichiarare la resa.
Non credo sia questo il motivo per il quale siamo stati eletti ma, al contrario, ritengo che il nostro mandato sia quello di difendere i cittadini e noi, in quest'aula, dobbiamo e possiamo farlo (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dario Galli. Ne ha facoltà.
DARIO GALLI. Signor Presidente, anch'io, per le ragioni già esposte dai miei colleghi, esprimerò un voto favorevole su questo emendamento.
È evidente che siamo contrari in maniera assoluta a questo provvedimento. Non è vero - come affermava l'onorevole della minoranza che mi ha preceduto - che non abbiamo proposto nulla di alternativo, diciamo semplicemente che con questo testo non si risolve alcun problema, nemmeno quello del sovraffollamento delle carceri, che sarà solo spostato di qualche mese.
Sia attraverso la nostra proposta alternativa sia con i nostri interventi, abbiamo svolto un'ampia panoramica su quanto si dovrebbe realizzare e su ciò che il ministro della giustizia Castelli sta già facendo per risolvere questi problemi: di certo non una scarcerazione indifferenziata di tutti coloro che hanno ancora due o tre anni di pena da scontare.
Dunque, siamo assolutamente favorevoli a questo emendamento non tanto per il merito dello stesso, quanto per il fatto che, comunque, cerca di non far passare questo provvedimento, che è deleterio per i cittadini italiani e sul quale non si può che essere contrari in maniera assoluta.
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, nel merito credo che la Lega nord si sia espressa con grande chiarezza. Non capiamo le ragioni per le quali si è voluta operare questa forzatura, portando in aula il cosiddetto indultino, quando, anche da una parte dei Democratici di sinistra, vediamo sollevare le stesse perplessità che abbiamo espresso nelle questioni pregiudiziali.
Detto questo, siamo qui a dare battaglia. E l'abbiamo data sin dall'inizio su questo tema. Non ci piegheremo, però,
crediamo che, giunta l'ora, valga la pena di procedere ad una prima votazione. Pertanto, in base all'articolo 51 del regolamento, le chiederei di procedere alla votazione a scrutinio segreto, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento soppressivo Raisi 1.18.
PRESIDENTE. Onorevole Cè, credo che tutti voi abbiate seguito i precedenti, vale a dire come la Presidenza si è comportata quando si è manifestata l'impossibilità di portare a termine l'esame di provvedimenti che erano stati calendarizzati senza il contingentamento dei tempi. È successo per quanto riguarda la famosa legge Cirami e anche sulla procreazione medicalmente assistita. Direi che esprimere un unico voto abbia poco senso. Dico onestamente che, forse, la cosa migliore, se c'è la possibilità di portare avanti il provvedimento, sarebbe quella di accedere a tale richiesta molto volentieri e non soltanto per una votazione.
ALESSANDRO CÈ. Cominciamo a votare!
PRESIDENTE. Cominciamo a votare, benissimo. Se c'è questa disponibilità, passiamo ai voti.
Indìco la votazione segreta, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Raisi 1.18, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 429
Votanti 424
Astenuti 5
Maggioranza 213
Voti favorevoli 137
Voti contrari 287).
Prendo atto che l'onorevole Garnero Santanchè avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo al testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Lussana.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.
CAROLINA LUSSANA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Lega nord ha ritenuto di presentare un testo alternativo rispetto alla proposta di legge Buemi-Pisapia e al testo unificato licenziato dalla Commissione giustizia. Abbiamo fatto ciò per inserirci in modo propositivo - e rispondo a chiare lettere alle affermazioni del collega Mantini, che mi ha preceduto - nel dibattito sulla questione penitenziaria, iniziato nei mesi estivi dopo le visite ai penitenziari da parte di alcuni deputati e rilanciato, poi, con l'appello del Pontefice in quest'aula e con sceneggiate e digiuni propagandistici portati avanti da esponenti di forze politiche che non hanno alcuna rappresentanza in quest'aula parlamentare.
Nonostante questo, il tema della questione giudiziaria sta interessando quest'Assemblea ormai da mesi e sta anche ingolfando ed ingessando importanti progetti di riforma che sono in discussione presso la Commissione giustizia della Camera, dove, oltre all'indultino, è incardinato il provvedimento di indulto. Adesso si parla di amnistia. Si tratta di provvedimenti a cui la Lega nord è assolutamente contraria. Lo ribadisco con chiarezza in quest'aula, così che non ci siano equivoci. Quindi, ribadiamo la nostra assoluta contrarietà a provvedimenti generalizzati di clemenza che sono del tutto contrari ai principi della certezza della pena e dell'esecutività della stessa, principi per i quali ci siamo impegnati in modo molto serio in campagna elettorale con i nostri elettori. Lo ricordo anche ai colleghi della Casa delle libertà che, invece, sembrano voler far passare un provvedimento di questo genere. Tali principi - quelli della certezza della pena e dell'esecutività della stessa - sono la base della convivenza civile e del regolare svolgimento della vita civile nel nostro paese.
Noi ci siamo presentati con un programma chiaro ai nostri cittadini e questa proposta di legge lo contraddice nettamente e chiaramente. Proprio per questo motivo, per essere propositivi e nell'ambito dell'attenzione al sistema delle nostre carceri e al miglioramento delle condizioni di vivibilità delle stesse, abbiamo presentato un testo alternativo che coniuga due importanti esigenze: da un lato, quella di deflazionare i nostri istituti penitenziari, dall'altra quella, comunque, di tenere ben presente il principio della sicurezza dei cittadini e, soprattutto, l'effetto rieducativo tante volte citato in quest'aula, così come previsto dall'articolo 27 della Costituzione, ma purtroppo molte volte disatteso. Infatti, la proposta di legge Buemi-Pisapia è semplicemente una resa dello Stato, semplicemente un provvedimento svuota carceri che libera le nostre carceri senza dare assolutamente le garanzie ai cittadini, con un rischio accertato visto che - come è stato dimostrato negli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto - questi delinquenti possono facilmente tornare a delinquere, fra l'altro, in un periodo di crisi e di recessione economica.
Pertanto, noi abbiamo deciso di presentare un testo alternativo che vada ad incidere sul quadro delle misure alternative alla detenzione già attualmente previste dal nostro ordinamento penitenziario e che noi riteniamo essere insufficienti e non sempre adeguate alle esigenze e alle finalità che esse stesse si propongono. Per questo motivo, abbiamo avuto riguardo soprattutto alla finalità rieducativa della pena ma anche all'effetto riparatorio che in essa deve comunque essere sotteso e visto che si parla tanto di diritti del detenuto dobbiamo anche tener presente il dovere del detenuto di risarcire sia la vittima del reato, che i suoi familiari, ma anche e soprattutto la collettività a cui ha causato un serio danno.
Abbiamo proposto questa misura alternativa che coniuga il meccanismo della riduzione della pena con lo svolgimento di un lavoro civico. Quindi, in un sistema carcerario che pone tra i suoi fini la riabilitazione e l'integrazione sociale del detenuto, il momento del lavoro rappresenta, oltre che un formidabile strumento di prevenzione di nuovi episodi di criminalità, una forma essenziale e una possibilità di riscatto morale concreta e umana per il soggetto costretto in carcere. Il nostro testo alternativo all'articolo 1 stabilisce che i detenuti che stiano scontando una pena non superiore a tre anni, anche se costituente residuo di maggior pena, e che abbiano scontato almeno la metà della pena, possano presentare domanda di ammissione al lavoro civico non retribuito al competente magistrato di sorveglianza. Il lavoro civico svolto in favore dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti locali consiste nella fornitura di attività lavorativa nei campi dell'ecologia, della manutenzione programmata del territorio, della protezione civile, della prevenzione contro gli incendi e in molti altri servizi utili per la collettività. Quindi, quanto prescritto assolve alla finalità rieducativa della pena, con benefici concreti ...
PRESIDENTE. Onorevole Lussana, ha concluso il tempo a sua disposizione.
CAROLINA LUSSANA, Relatore di minoranza. ... visto che è possibile una detrazione di pena pari a due giorni per ogni giorno di lavoro civico. Inoltre, questa detrazione - è importante dirlo - non è cumulabile con le altre già previste dall'ordinamento giudiziario come, in particolare, la liberazione anticipata.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, a me risulta assurdamente incomprensibile il perché il presidente del gruppo della Lega nord Padania abbia accelerato l'inizio delle votazioni, in quanto mi risulta incomprensibile il fatto che un partito che ha dichiarato con coerenza di essere assolutamente contrario a questo provvedimento poi accelera
l'inizio delle votazioni: senza questo inizio, il Parlamento avrebbe avuto più serenità e tranquillità nell'affrontare questo problema (Commenti dei deputati del gruppo della Lega nord Padania).
Colgo l'occasione per citare i documenti portati dal sottosegretario Mantovano nei quali si afferma che, ogni volta che è stato approvato l'indulto, si è verificato l'incremento dei reati. Inoltre - aggiunge il sottosegretario agli interni -, questi reati sono commessi soprattutto da recidivi.
Questo mi conferma circa l'inadeguatezza del provvedimento in esame che non prevede misure per la costruzione di nuove carceri e per attribuire dignità umana ai detenuti. Quindi, nonostante quanto ha fatto il collega Cè, voterò a favore del testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Lussana, che rappresenta un correttivo nei limiti del possibile. In ogni caso, il gruppo di Alleanza nazionale rimane contrario al provvedimento in esame.
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, intervengo per chiarire un po' le idee al collega Buontempo che ha una visione bucolica della politica, io spero ingenua. La Lega sta portando avanti una dura opposizione nei confronti di questo provvedimento, mentre Alleanza nazionale, guarda caso, si è allineata solo in un secondo momento. Quindi, come si può pensare che il nostro gruppo voglia addirittura accelerare l'approvazione di questo provvedimento o - come afferma il collega Bocchino - bocciare l'ipotesi dell'indulto per far passare l'«indultino»? Voglio ricordare ai colleghi di Alleanza nazionale che, quando strappano la polemica dalla mia bocca, se la vedranno consegnata a domicilio. Inoltre, la grande coerenza di Alleanza nazionale vuole che vi sia metà partito spaccato sull'indulto e quattro ministri a favore di quest'ultimo. Quindi, non venite a fare le prediche alla Lega che su questo tema è sempre stata assolutamente coerente (Applausi dei deputati del gruppo della Lega nord Padania - Commenti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, il mio intervento si riferisce al testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Lussana quindi l'applauso è prematuro. Il testo alternativo che la Lega ha presentato non ci sembra inserito nel giusto contesto, ma apprezziamo lo sforzo e voteremo a favore. Rivolgendomi all'onorevole Cè affermo che questa rappresenta la migliore risposta ad ogni polemica: noi non facciamo applaudire la sinistra (Applausi dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale - Applausi polemici dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
ALESSANDRO CÈ. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, in precedenza le avevo chiesto la votazione segreta solo per un singolo emendamento, quindi adesso ritiro la mia richiesta.
LUCIANO VIOLANTE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, colleghi, credo si stia assistendo ad una sceneggiata tra la Lega, da un lato, e parte della maggioranza, dall'altro. Quindi, questa rischia di essere una questione tutta interna alla maggioranza che si gioca sulla pelle di alcune migliaia di famiglie e di persone. Si può essere legittimamente d'accordo od in disaccordo, favorevoli o meno - noi, come sapete, siamo favorevoli - riguardo a questo provvedimento, ma quello che non è ammissibile, signor Presidente, è che vi siano delle persone,
alcune migliaia di detenuti, che stanno aspettando una parola: un sì od un no (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia e di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, mi sembra che il ragionamento dell'onorevole Violante sia serio e meritevole di essere seguito (Commenti di deputati del gruppo di Alleanza nazionale).
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, la nostra opinione è che i detenuti, la polizia penitenziaria e la gente che lavora nelle carceri stiano cercando di capire quale sarà il loro futuro.
DAVIDE CAPARINI. Pensa alle vittime!
LUCIANO VIOLANTE. Noi crediamo che la sicurezza del paese sia data dall'equità della giustizia e non dal suo carattere terribile. Le misure che stiamo discutendo sono misure di equità, si può essere d'accordo o no, ma si tratta di misure di equità. Un paese è più sicuro quando si rispettano i diritti delle persone detenute.
Prego i colleghi della Lega e di Alleanza nazionale di smettere di lottare tra di loro al fine di conquistare consensi per la prossima campagna elettorale sulla pelle dei detenuti e delle loro famiglie (Commenti).
IGNAZIO LA RUSSA. Grazie!
FILIPPO ASCIERTO. Grazie!
LUCIANO VIOLANTE. Posto che le cose stanno in questo modo, non intralciate i lavori, votate contro e, se il provvedimento sarà respinto, sarà respinto; se approvato, approvato. In ogni caso, questo è un modo scandaloso di procedere contro la chiarezza degli interventi del Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Presti. Ne ha facoltà.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, il mio intervento era motivato dal fatto che la decisione di votare a scrutinio segreto avrebbe tolto a ciascuno di noi la possibilità di assumersi le proprie responsabilità.
Prendo atto del fatto che l'onorevole Cè ha ritirato questa richiesta e, quindi, rimodulo il mio intervento, dichiarando la mia posizione assolutamente contraria a questo provvedimento. In ogni caso, qualora si dovesse procedere con la votazione per scrutinio segreto, mi asterrei per manifestare comunque e chiaramente una volontà oppositiva al suddetto provvedimento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vascon. Ne ha facoltà.
LUIGINO VASCON. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Violante che è una persona che sa quanto la stimi e quanto rispetto vi sia tra di noi: presidente Violante, sul tema delle «sceneggiate» fa più bella figura a rimanere zitto, perché proprio la sinistra ha dimostrato la massima incoerenza su questo genere di comportamenti e di atteggiamenti da mantenere.
Per quanto riguarda le migliaia di persone che soffrono, onorevole Violante, si ricordi anche dei familiari che a casa soffrono per mano di questi delinquenti (Applausi di deputati del gruppo di Alleanza nazionale)! Si ricordi anche di costoro!
Comunque, Presidente, il mio intervento voleva riguardare altro ed entrare nel merito. Stavo dicendo che oggi, in quest'aula, ci accingiamo a votare qualcosa che nessun cittadino onesto vuole. Pertanto, il provvedimento in esame non solo non è voluto dalla gente, ma non porterà assolutamente nulla di positivo, anzi, caso mai, tutto l'opposto.
Chi, in questo modo, pensa di ridurre tra breve il numero dei detenuti presenti
nelle carceri italiane (due, tre mesi al massimo), si renderà conto di quanto grave sia stato l'errore legislativo del cosiddetto «indultino». Il suddetto provvedimento produrrà solo dei danni a dir poco irreparabili, come, ad esempio, il crollo totale di fiducia della gente nei confronti dell'attuale classe politica...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Vascon.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Guido Giuseppe Rossi. Ne ha facoltà.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Signor Presidente, il tempo per svolgere la dichiarazione di voto per il gruppo è di 5 minuti.
PRESIDENTE. Onorevole Rossi, è già intervenuta l'onorevole Lussana.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. L'onorevole Lussana è il relatore di minoranza.
PRESIDENTE. Sono intervenuti gli onorevoli Cè e Vascon.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. L'onorevole Cè è intervenuto per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Cè è intervenuto per dichiarazione di voto e, successivamente, ha preso per la seconda volta la parola per un richiamo al regolamento.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. Facciamo due minuti e mezzo.
PRESIDENTE. Proceda pure, onorevole Guido Rossi.
GUIDO GIUSEPPE ROSSI. A parte le battute, signor Presidente, voteremo a favore di questo emendamento con il quale si propone di inserire un articolo sostitutivo, alternativo.
Ovviamente, lo spirito di questa nostra proposta emendativa non è quello di porre in essere un provvedimento che, in un certo senso, sia speculare all'«indultino» perché siamo assolutamente contrari a quest'ultimo.
Il nostro testo alternativo è un'altra cosa, è assolutamente un'altra cosa perché l'«indultino» è un provvedimento di clemenza collettiva. Abbiamo dimostrato in tutti i modi che si tratta di un indulto mascherato e via seguitando, ma non ci siamo sottratti anche dal proporre un elemento propositivo.
La nostra è una misura alternativa con la quale vogliamo andare incontro anche ad una esigenza popolare: chi è stato condannato deve, in un certo senso, restituire alla società, alla comunità, una parte del danno che ha causato. Un principio molto semplice è che il detenuto, se vuole beneficiare di qualche sconto di pena, in determinati casi, su base volontaria e sulla base di un'attenta valutazione da parte del magistrato, deve lavorare per la collettività e lo deve fare gratuitamente.
Questo è il principio contenuto in questo testo alternativo. Chiunque può capire che si tratta di una cosa assolutamente distante, sideralmente distante, dal provvedimento di «indultino» in esame, nei confronti del quale siamo assolutamente contrari.
PRESIDENTE. Colleghi, è stato assunto l'impegno di terminare i nostri lavori alle 20,15 essendo prevista una riunione della Commissione di inchiesta Mitrokhin.
Avverto che dall'eventuale reiezione del testo alternativo dell'onorevole Lussana all'articolo 1 deriva la preclusione dei restanti articoli del testo alternativo che presuppongono l'istituto del lavoro civico non retribuito.
Avverto che la votazione avrà luogo a scrutinio palese. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Lussana, non accettato dalla Commissione e sul quale il Governo si rimette all'Assemblea.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 418
Astenuti 13
Maggioranza 210
Hanno votato sì 93
Hanno votato no 325).
Prendo atto che l'onorevole Franceschini ha espresso un voto favorevole, mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Sono così preclusi i testi alternativi agli articoli 4, 5 e 7 e gli articoli aggiuntivi Lussana 3.01, 6.01, 7.01 e 7.02.
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