Allegato B
Seduta n. 156 dell'11/6/2002


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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

FRAGALÀ. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il colonnello dei carabinieri Antonio Pappalardo:
già presidente del COCER dal 1989 al 1991, al termine del suo mandato fu sottoposto a procedimento penale per il reato di diffamazione militare in danno del comandante generale dell'Arma dell'epoca;
eletto deputato della Repubblica e nominato sottosegretario alle finanze, si vide revocato il suo incarico governativo a seguito della condanna in primo grado inflittagli dal tribunale militare di Roma per il suddetto reato di diffamazione, contro ogni norma costituzionale, che stabilisce la colpevolezza del cittadino e sentenza definitiva, passata in giudicato;
assolto pienamente, dopo cinque anni vissuti nelle sofferenze e nell'umiliazione, dalla Suprema Corte di Cassazione in ordine al suddetto reato, non ebbe restituito il suo incarico governativo, essendo cessato il governo di cui faceva parte; nello stesso periodo di tempo il comando generale dell'Arma non gli assegnava incarichi di comando in relazione al grado conseguito, cosicché l'ufficiale subiva ulteriori penalizzazioni;
rieletto presidente del COCER Carabinieri nel 1999, si contrapponeva con determinazione al Governo dell'epoca nelle trattative per gli incrementi stipendiali del personale militare. Sostenuto in tale linea da tutta l'opposizione, che riteneva la sua rivendicazione giusta e sacrosanta, veniva avversato con ogni mezzo dalla maggioranza, che lo accusava di essere andato «sopra le righe», dimenticando che talune modifiche alla legge di istituzione della rappresentanza militare, avevano conferito ai delegati un maggiore ruolo (riconosciuto in seguito anche dalla magistratura, con sentenza);
il 30 marzo del 2000 veniva fatto oggetto di pesanti e ingiuste accuse che lo indicavano come un sovvertitore delle istituzioni democratiche. Coloro che lo coprivano di contumelie e gravissime diffamazioni (taluni auspicarono addirittura il suo arresto), non si resero conto che l'accusa era improponibile in quanto attribuita ad un militare che stava svolgendo attività di rappresentante a favore del personale e, quindi, non poteva disporre di uomini e mezzi per attuare l'eventuale disegno destabilizzante;
il comando generale dell'Arma, senza attende le decisioni della magistratura, in poche ore revocava all'ufficiale l'incarico


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di comandante del 2o reggimento Carabinieri e ciò, a quanto risulta all'interrogante, contro ogni prassi interna;
il 27 luglio successivo il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale militare di Roma archiviava del tutto le accuse infondate formulate a suo carico;
nonostante la piena assoluzione, il comando generale dell'Arma non gli restituiva il comando del 2o Reggimento e lo lasciava per oltre 17 mesi in una situazione di vera e propria mobbizzazione, contro le leggi che tutelano la dignità di ogni lavoratore;
al termine di questo periodo, lo stesso comando generale inventava per lui, con un provvedimento estemporaneo ad personam, l'incarico esclusivo di ufficiale addetto alla sede della caserma «Salvo d'Acquisto», che non esiste in altre caserme dell'Arma, né delle altre forze armate;
il medesimo comando generale, non soddisfatto di tali attività, gli irrogava due punizioni, che il colonnello impugnava dinanzi al giudice amministrativo, per evidenti irregolarità;
risulta all'interrogante che, in sede di valutazione per la promozione al grado superiore, l'ufficiale sia stato sbalzato al 42o posto in una posizione che non premia le sue notevoli capacità complessive e i suoi alti titoli istituzionali, fra cui quello di sottosegretario di Stato; tutto ciò rileva, ad avviso dell'interrogante, evidenti tentativi di emarginarlo all'interno della sua Istituzione;
mentre sulla maggior parte delle denunce (ben 11) del Colonnello Pappalardo non risulta che i magistrati ordinari e militari abbiano tuttora svolto alcuna indagine, il procuratore militare di Padova il 4 dicembre del 2001 assumeva l'iniziativa di chiedere al Senato e alla Camera dei deputati l'autorizzazione a procedere contro l'ufficiale, ritenendolo responsabile di vilipendio a quelle istituzioni;
le suddette istituzioni negavano, in tempi diversi e con diverse maggioranze, l'autorizzazione a procedere, ritenendo quel reato assolutamente insussistente -:
se sussistono le condizioni, atteso che tutte le accuse che sono state mosse contro di lui in ben dieci anni sono state archiviate, affinché la carriera dell'ufficiale sia ricostruita, con quel rilievo nell'Arma che egli per i suoi titoli e capacità merita;
se sussistano le condizioni affinché all'ufficiale, vero protagonista dell'approvazione della legge di riordino dell'Arma dei Carabinieri, giustamente ritenuta epocale, sia concesso un encomio solenne, a ricompensa dell'eccellente ed ineguagliabile lavoro svolto;
se sussistano le condizioni per un riesame delle sanzioni disciplinari adottate contro la sua persona, sotto una indicibile pressione politica.
(4-03159)