Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 133 del 17/4/2002
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Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2592.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 2592)

PRESIDENTE. Riprendiamo le dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge di conversione n. 2592.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tolotti. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TOLOTTI. Signor Presidente, una prima osservazione riguarda l'uso reiterato e frequente dei decreti-legge che, insieme all'abuso delle deleghe cui il Governo fa ricorso, configura il rischio di una sempre più marcata alterazione dell'equilibrio previsto dalla Costituzione nel rapporto tra esecutivo e legislativo, con un Parlamento ridotto sempre di più ad un ruolo di mera ratifica che mortifica non soltanto l'opposizione ma - credo - anche la maggioranza di questo Governo

PRESIDENTE. Colleghi, gentilmente, consentite all'onorevole Tolotti di farsi capire anche dal ministro Tremonti.
Prego, onorevole Tolotti.

FRANCESCO TOLOTTI. Forse, è proprio la convinzione che il Parlamento deve svolgere un ruolo di ratifica ad essere a fondamento dell'atteggiamento - più volte stigmatizzato nel corso del dibattito di questi giorni - da parte del Governo il quale sembra manifestare una sorta di fastidio per il dibattito in aula. E non mi riferisco in questo caso al sottosegretario di Stato Tanzi.
Ritengo che il provvedimento in esame sia un tassello importante di una politica più generale del Governo, che rivela un disegno, dal mio punto di vista, pericoloso e da contrastare: dopo aver sistemato interessi ben individuabili, a volte persino individuali, si punta alla costruzione di un modello di società che ci allontana dalle nostre radici europee, fondate su una cultura che è, insieme, personalistica e comunitaria e che privilegia la coesione sociale e l'etica della responsabilità. Al contrario, si prospetta per il nostro paese un orizzonte individualistico ed egoistico, una realtà ed un modello in cui ciascuna persona sia più sola e in cui agli animal spirits del capitalismo e al darwinismo sociale sia affidato il compito di assicurare un progresso che garantisca le briciole agli ultimi.
Non è un caso che nel nuovo pantheon del centrodestra nostrano, siano in ascesa le azioni di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan, governanti che si sono caratterizzati per lo zelo profuso nel disarticolare ogni vincolo di coesione sociale ed ogni barlume di welfare. Del resto, il segno del profilo di questo Governo è dato dalle deleghe che il Parlamento sarà chiamato a discutere in materia di previdenza, di lavoro e di fisco e che costituiscono la cornice nella quale va letto anche il provvedimento di oggi.
Sulla previdenza si prospetta una sorta di gioco delle tre carte che ricade tutto sulle spalle dei lavoratori: si parte dallo smobilizzo del TFR, che è un obiettivo condivisibile, per alimentare i fondi integrativi, parificando, peraltro, fondi aperti e chiusi, con ciò impedendo il decollo di quelli legati alla contrattazione collettiva. Poiché questa manovra danneggerebbe la liquidità delle imprese - e si trascura il fatto che il TFR è non delle imprese ma dei lavoratori -, queste vengono risarcite con un'offerta di decontribuzione, prevedendo un taglio della contribuzione da tre a cinque punti che ricade tutto sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati. Quando sarà giunta per loro l'età pensionabile, i lavoratori nuovi assunti si troveranno ad usufruire di una pensione, derivante dal pilastro pubblico, di gran lunga inferiore - meno della metà - rispetto alla corrispondente situazione attuale; oltretutto, si tratta di una manovra che mette anche a rischio la stessa tenuta dei conti dell'INPS. L'esito di tutto ciò sarà l'inversione del rapporto tra i due pilastri del sistema previdenziale, con il pilastro pubblico ridotto a dimensione residuale e integrativa di quello privato.


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Sul lavoro, con la pretesa di adeguare il nostro mercato del lavoro all'Europa, si punta, attaccando l'articolo 18 anche nel provvedimento odierno, a indebolire i lavoratori, lasciandoli più soli e privi di tutela, indebolendo contemporaneamente il ruolo del sindacato: questo è stato capito dai lavoratori, non solo da quelli strettamente interessati all'articolo 18, ma anche da quelli delle collaborazioni atipiche e delle piccole imprese. Non c'erano milioni di turlupinati o di confusi in piazza nella giornata di ieri, come qualcuno qui ha voluto sostenere, ma c'erano cittadini consapevoli, che hanno denunciato il grande imbroglio - questo sì - di un Governo che, in violazione palese del principio di non contraddizione, spiega che per assumere bisogna aprire la strada ai licenziamenti.
Sul fisco, poi, checché ne dicano autorevoli esponenti intervenuti nel dibattito di questa mattina, la pressione fiscale è aumentata per effetto delle scelte di questa legge finanziaria, che, per mantenere invariato il prelievo a livello centrale, ha scaricato i maggiori costi sul sistema delle autonomie locali, in termini di addizionale e di tagli ai servizi. La delega sul fisco suscita preoccupazione anche in prospettiva, perché a regime determinerà un minor gettito finalizzato ad un'operazione di redistribuzione iniqua, destinato ad approfondire il divario tra poveri e ricchi: così al principio costituzionale della progressività delle aliquote, si sostituirà il principio poco costituzionale della progressività dei benefici.
Questo disegno pseudoliberale e ultraliberista si manifesta con tutta evidenza nel provvedimento sbagliato che oggi ci viene proposto, sbagliato dal punto di vista del metodo e dei contenuti. Del metodo, non solo per la provocatoria decisione di porre la fiducia (e per la tempistica scelta), ma anche perché ci avete dato l'ennesima riprova che il cosiddetto dialogo sociale si traduce, nella pratica di questo Governo, in un monologo autoreferenziale. Come valutare altrimenti il frutto - pressoché uguale a zero -, delle audizioni effettuate in Commissione finanze con i sindacati (ma anche con i rappresentanti delle categorie produttive delle realtà economiche) che non hanno prodotto alcuna modifica al testo del provvedimento?
Venendo ora sinteticamente al merito del provvedimento, va detto che sul rientro dei capitali ci chiedete di prorogare i termini di un provvedimento che non fornisce garanzie serie sulla trasparenza e pulizia delle somme che rientrano: non si può neppure escludere che rientrino dopo essere frettolosamente uscite proprio in questo periodo. L'anonimato costituisce uno scudo troppo ampio che copre potenzialmente anche il riciclo di capitali frutto di attività illecite o criminose. Che questi non siano cattivi pensieri è dimostrato dal fatto che, non appena qualche mese fa si è resa pubblica la decisione di effettuare un sistema di telesorveglianza di alcune frontiere particolarmente calde, si è levato grande clamore e il flusso di rientro è diminuito.
La seconda caratteristica del provvedimento è costituita dal trattamento fiscale di favore (da saldo di fine stagione) offerto ai capitali rientranti. Nonostante ciò, nonostante il battage pubblicitario di alcuni importanti istituti di credito, finora sono rientrati meno di un terzo dei capitali previsti: 14 miliardi di euro, a fronte di 50 miliardi attesi. Mi sembra evidente che sia sbagliato nel merito questo provvedimento e anche, se mi è concesso, si è sbagliato pedagogicamente tenere aperti i termini di un decreto-legge che premia i comportamenti certo non commendevoli, non approvabili e non rispondenti a criteri di etica personale e civile, di chi ha esportato capitali all'estero.
Infine, per quanto concerne l'emersione del sommerso, vi è il fallimento del provvedimento nei numeri che sono stati ricordati in aula questa mattina: era prevista l'emersione di 900 mila posizioni lavorative, ne sono emerse meno di 500; le aziende emerse al sud si contano sulle dita delle mani. È facile prevedere che il mancato arrivo dei 3 miliardi di euro (6 mila miliardi di vecchie lire) ipotizzato dal ministro Tremonti, produrrà, questo sì, un significativo buco nei conti pubblici.


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Del resto sappiamo bene che sono numerosi i provvedimenti finanziariamente discutibili approvati: dalla cartolarizzazione degli immobili alla Tremonti-bis, che doveva autofinanziarsi e non decolla.
Il provvedimento che ci proponete non è la semplice reiterazione di un provvedimento sbagliato, ma un decreto-legge che peggiora quanto già previsto.
In conclusione, mi soffermo su due soli aspetti. Si prevede di affiancare la procedura automatica di emersione con una procedura progressiva che - lo ricordava il collega Benvenuto nella discussione sulla pregiudiziale - rappresenta una grave forma di condono tombale e può generare nuove forme di corruzione. Si introduce un attacco all'articolo 18 - è questo il secondo elemento che volevo ricordare - con ciò confermando che questo Governo segue una linea sbagliata, inasprisce lo scontro con il sindacato quando invece dovrebbe - lo ha sostenuto efficacemente l'onorevole Nicola Rossi nel dibattito di oggi - coinvolgerlo in un obiettivo così ambizioso come è quello dell'emersione del sommerso.
Per questi motivi, signor Presidente, di carattere generale concernenti la politica del Governo e di merito per quanto riguarda il contenuto del provvedimento in esame, il mio voto sarà contrario al provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasperoni, al quale ricordo che, in base ad accordi intervenuti con il gruppo, ha a disposizione sei minuti di tempo.

PIETRO GASPERONI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, la scelta di porre la questione di fiducia e il tentativo di farla votare il giorno stesso dello sciopero generale su un decreto-legge che azzera diritti contrattuali e di legge per quei lavoratori che emergono dal lavoro nero è, in sé, provocatoria e gravissima. Si sono voluti umiliare così milioni di lavoratori che scioperavano contro la volontà del Governo di voler fare un decimo di ciò che si fa con questo decreto-legge. Si è voluto mostrare il volto arcigno e arrogante ai sindacati confederali solo perché hanno osato dissentire da ciò che il Governo intende fare. Alla faccia dei proclami, ormai scopertamente farisaici, sulla disponibilità a riprendere il dialogo con le parti sociali, siamo ormai alla peggiore manifestazione mistificatoria della volontà di far passare per dialogo sociale un volgare e arrogante attacco alla rappresentanza sociale e collettiva!
Viene da pensare che la battuta del Presidente del Consiglio, sfuggitagli a Barcellona sul fatto che avrebbe dato lui ai sindacati buoni motivi per protestare, non fosse poi in verità tale.
Alla luce di questo decreto-legge mi pare ormai certo: signor Presidente del Consiglio, la parola ancora una volta ha tradito il suo tentativo di mischiare le carte, la sua maschera è caduta e, dietro di essa, appare in tutta evidenza il vero volto di chi persegue una chiara strategia politica di rottura della coesione sociale, di attacco ai sindacati confederali, alla loro unità e alla loro autonomia, per meglio rimuovere i diritti di chi lavora. Ma i lavoratori, signori del Governo, ieri vi hanno dimostrato quanto siano stretti attorno ai loro sindacati e quanto siano determinati a contrastare il vostro disegno restauratore. Dovrebbe esservi ormai chiaro che, con la loro azione democratica, vi impediranno di perseguire un modello di sviluppo della nostra economia basato sulla riduzione dei costi anziché sulla qualità. Certo, in tale prospettiva i diritti costituirebbero un costo, ma la competitività delle nostre imprese e del nostro sistema paese nel suo complesso passa per altre strade: innovazione, ricerca, istruzione e formazione. I sistemi con cui dobbiamo competere non sono quelli dei paesi in via di sviluppo, sono quelli dell'occidente sviluppato e con questi non si compete sul piano della riduzione dei costi negando i diritti. Questa strada, oltre che perdente, vi è preclusa. Questo vi hanno detto lo sciopero generale di ieri e le grandi manifestazioni che si sono tenute su tutte le principali piazze


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d'Italia. Non commettete il tragico errore di sottovalutare la forza del movimento dei lavoratori, limitandovi a pensare che la maggioranza parlamentare di cui disponete sia in sé sufficiente a governare una democrazia complessa come la nostra.
Non potete pensare di azzerare i diritti contrattuali e di legge, a partire dalle persone più deboli ed esposte, e di utilizzare i sindaci in una funzione di surroga e di contrapposizione con i sindacati nella valutazione dei piani di emersione, espropriando, in tal modo, i soggetti sociali di una loro fondamentale prerogativa, senza che ciò susciti disapprovazione e rigetto in tutte le componenti sociali ed istituzionali che, peraltro, caratterizzano la nostra democrazia.
Come pensate che reagiranno le associazioni dei disabili quando, dopo vent'anni di battaglie democratiche per rinnovare e rendere efficace il collocamento obbligatorio, per valorizzare questa importante parte della società, bloccate l'applicazione della legge n. 68 del 1999 in tutte le situazioni di emersione? Non vi siete neppure accontentati di rendere queste situazioni aziendali terra di nessuno, consentendo il non rispetto dei contratti per un intero triennio e l'azzeramento per lo stesso periodo dello statuto dei diritti del lavoratore. Avete voluto vanificare anche l'obbligo di legge dell'inserimento lavorativo della quota parte dei disabili previsti dalla legge n. 68 del 1999.
Oggi, approverete la legge di conversione del decreto-legge in esame perché i numeri ve lo consentono, ma lo farete con il nostro voto contrario. D'altra parte, la rappresentanza parlamentare è l'espressione più alta della nostra democrazia. Non dimenticatevi, però, che una democrazia vive e si rafforza se sa nutrirsi anche di altre sue espressioni, se sa rapportarsi con altre forme di rappresentanza collettiva e degli interessi rappresentati.
Se non si sa cogliere questa complessità o, peggio, se si punta a mortificare una parte così significativa del paese, i governi potranno anche vantarsi di aver ottenuto dei successi, ma sarebbero solo apparenti e momentanei perché, in verità, quando si infliggono sofferenze gravi ad una parte rilevante del nostro sistema linfatico, che è il nostro assetto democratico, gli sconfitti siamo tutti noi, convinti assertori della democrazia; in definitiva, lo sconfitto è il paese e con esso le sue possibilità di crescita e di sviluppo.
È contro questa prospettiva, signor Presidente, che l'opposizione di centrosinistra si batte. Sono convinto che, se non ripensate questa vostra strategia politica, a partire dallo stralcio della proposta di modifica dell'articolo 18, i contraccolpi li avvertirete prima di quanto pensiate: i cittadini italiani si possono ingannare una volta, ma, come avviene con il proprio padre, non li si inganna per la seconda volta.
Il nostro odierno voto contrario non vi fermerà, ma siatene certi; lo faranno quanto prima i cittadini italiani (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Coluccini. Ne ha facoltà.

MARGHERITA COLUCCINI. Signor Presidente, mi limiterò a svolgere qualche breve riflessione.
Non si può certo negare che il Governo è sempre pronto a dare buona prova di sé, soprattutto nella protervia con cui impone a questa Assemblea ed al paese la propria incapacità di ammettere gli errori commessi ed, in particolare, la spaventevole, per voi evidentemente, consapevolezza di non saper raccogliere, a questo punto, la fiducia di tanti e tanti concittadini.
La dimostrazione risiede tutta nel fallimento delle opportunità - così le avete definite - contenute nei provvedimenti che sono stati al nostro esame in questi giorni (mi riferisco allo scudo fiscale e a quelli legati all'emersione dal lavoro nero), fallimento ormai conclamato delle misure dei cento giorni e della politica economica e sociale di questo stesso Governo.
Credo vi sia un motivo: il paese non si fida di voi! Il paese non ha risposto al


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richiamo suadente della vostra offerta, anzi diffida di voi e voi, per tutta risposta, lo state fermando proprio nella sua aspirazione di crescita. Pertanto, mi chiedo: come può non dirvi nulla questa mancata rispondenza, questa mancata risposta? Come si può non affrontare la vera questione che è la causa e la conseguenza di questo stato di cose?
La vostra strategia, i vostri interessi tutti particolari sono lontani anni luce da quelli veri, contingenti, urgenti che vivono milioni di nostri concittadini. C'è una distanza siderale tra ciò che voi perseguite e quello che il paese chiede; la distanza è anche abissale fra il metodo, quello vostro, impositivo, arrogante, e la richiesta di ascolto che è salita da quanti ieri hanno scelto di dar vita ad un coro imponente di «no». «No» alla vostra velleità di controriforma e di restaurazione!
Il Governo ha posto la fiducia ed ha voluto dare una prova di forza: francamente soltanto i più ingenui e i meno predisposti a comprendere non colgono il nesso drammatico esistente fra le due cose: lo sciopero generale e la richiesta del voto di fiducia. Mi rivolgo in particolare all'onorevole Fini il quale ha dichiarato che questi sono colpi che si sparano una sola volta, quasi a dire: vi abbiamo fatto divertire, adesso basta! All'onorevole Fini dico che, a parte l'infelice metafora, saranno i lavoratori a decidere ciò che è meglio per loro. E il Governo, mentre si preoccupa di perdere la faccia, nel frattempo perde evidentemente la testa, e convulsamente mostra i muscoli, non permettendo una discussione trasparente, aperta anche al contributo dei propri parlamentari di maggioranza, i quali - sono certa - avrebbero molto da dire sulle ragioni del fallimento di questi provvedimenti, sull'opportunità di introdurre modifiche ancora più incredibili e penalizzanti per tutti i cittadini onesti. Si tratta di modifiche come quelle che autorizzano il rientro dei capitali accumulati anche grazie a gravi reati fiscali o come quelle per cui l'emersione del sommerso priva i lavoratori e i sindacati di quel ruolo di parte integrante e di controparte essenziale nella composizione per la realizzazione di un vero confronto e della pace sociale, condizione assolutamente necessaria, anche per le imprese che, evidentemente, a voi non interessa!
Non parlo poi del ruolo assegnato ai sindaci, che dovranno fronteggiare materie non di loro competenza, senza averne i mezzi e le risorse, con una responsabilità enorme, richiedente l'assunzione di decisioni altamente soggettive e quindi fortemente opinabili. Essi saranno costretti ad operare in deroga alle normative vigenti, impegnandosi in operazione di sanatoria, di varianti urbanistiche, in pratica alle prese con interessi personalistici impropri e magari non rispondenti ai programmi per i quali sono stati eletti. In tal modo si determina una disparità fra cittadini e cittadine, fra imprese e imprese. La vostra strategia è tuttavia chiara: allentare le regole, rinforzare i privilegi e, allo stesso tempo, smantellare in ogni sua parte lo Stato di diritto, per meglio radicarvi la vostra idea di convivenza civile, padronale, egoistica e qualunquistica.
Abbiamo espresso, e continueremo ad esprimere, un voto di sfiducia nei confronti di questo Governo, che è la stessa sfiducia di milioni di cittadini che vedono messa in pericolo la loro semplice istanza di guardare serenamente al futuro. Vi chiediamo quindi che questo provvedimento chiuda la serie delle leggi vergogna che ci hanno già consegnato un Italia un po' più egoista e un po' più ingiusta. (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giuseppe Drago. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DRAGO. Chiedo alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo del mio intervento.

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza senz'altro. Si tratta di un gesto che


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non sarà senza significato (Applausi del deputato Marinello).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la conversione del decreto-legge n. 12 del febbraio 2002, che deve essere approvata dal Parlamento, ci pone un problema, in qualità di parlamentari, molto forte: perché convertire un decreto-legge che non consegue, con la previsione di una proroga dei termini previsti dalle leggi n. 383 e n. 409, gli obiettivi? Si svuota la funzione parlamentare.
In Commissione finanze, dopo le audizioni, abbiamo registrato un clima costruttivo per modificare le leggi n. 409 e n. 383. Il Governo ha invece chiesto il voto di fiducia per interrompere questa discussione parlamentare.
Vorrei ripercorrere la storia di questa vicenda: è stato presentato il «pacchetto dei 100 giorni» con lo scudo fiscale in cui vi era una previsione che parlava di 80 mila miliardi che potevano rientrare in Italia. Le prime stime ci parlano di 15-20 mila miliardi di lire, con un introito, per le casse dello Stato, di 2000 miliardi di lire; le prime stime sono estremamente inferiori. Nella relazione tecnica di accompagnamento del provvedimento dei cento giorni, per quanto riguarda l'emersione del sommerso, vi erano stime di novecentomila lavoratori sui tre milioni stimati da varie valutazioni che restavano nel settore del sommerso, e si parlava di 7 mila 200 miliardi di lire disponibili per la pubblica amministrazione nel 2001, di 9 mila 900 miliardi di lire per il 2002 e di 12 mila 600 miliardi di lire per il 2003. Queste cifre sono andate in televisione, insieme al «buco», attribuite al Governo di centrosinistra: si dava al paese l'immagine di un Governo precedente che aveva sprecato e di un nuovo Governo che avrebbe trovato attraverso l'emersione - se facciamo i conti - circa 28 mila 500 miliardi di lire.
Il decreto-legge è stato convertito e ora siamo arrivati al nuovo provvedimento e queste cifre sono scomparse. Si è parlato di 6 mila miliardi, poi si è parlato di euro, perché forse i miliardi sono troppo roboanti: 1.033 milioni di euro per il 2002 e 2.066 milioni di euro per il 2003. Nella relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto-legge si dice che non c'è niente di male: queste cifre non riguarderanno il 2002-2003, ma slitteranno al 2003-2004 e, anzi, ciò giustifica la proroga.
Per quali ragioni il Parlamento non respinge all'unanimità il disegno di legge di conversione, svolgendo una funzione parlamentare, e non invita il Governo a riscrivere le norme relative al sommerso? 450 lavoratori, 800 milioni non di euro, ma di lire, che provengono dall'emersione dei 450 lavoratori, sono un fallimento della proposta dei cento giorni. Quindi, il Parlamento, dopo un voto di fiducia - richiesto in un'occasione, peraltro, sbagliata - dove la maggioranza ha confermato la forte fiducia al Governo Berlusconi e alle sue cifre, dovrebbe rifiutarsi di convertire in legge il decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, perché con esso si continua a conferire la delega per i collegati senza nessuna verifica.
Inoltre, si introduce lo strumento del piano dell'emersione che coinvolge i sindaci. Io sono un sindaco, non avrei paura ad immergermi in questo tema, però è chiaro che 18 o 24 mesi non sono sufficienti per verificare l'andamento dell'emersione del sommerso. Credo che abbiamo tutto l'interesse a fare emergere il lavoro sommerso che riguarda le imprese e i lavoratori, che riguarda i nostri territori, che riguarda la regolarità e la legalità dell'impresa, ed anche la libertà di concorrenza per le imprese. Quindi, se il Parlamento oggi converte in legge questo decreto-legge, che è fallito nelle cifre e nelle modalità, non svolge la sua funzione. Tra l'altro, in Commissione avevamo già trovato un metodo costruttivo per la modifica delle norme relative allo scudo fiscale e di quelle relative all'emersione del lavoro sommerso.


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Vediamo però anche altri aspetti. Scopro con stupore che a questa maggioranza e a questo Governo non interessa la diminuzione delle tasse nel confronti delle imprese, anche se c'è la delega fiscale, perché l'articolo 8 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, era chiaro e rinviava l'introito del nuovo gettito - che già il relatore al Senato, il senatore Ferrara, valutava in 423 milioni di euro per il 2002 e 15 milioni di euro per il 2003 - alla disposizione dell'articolo 5 della legge finanziaria 2001, la quale prevede che le maggiori entrate che risulteranno dall'aumento delle basi imponibili dei tributi erariali e dei contributi sociali per effetto dell'applicazione delle disposizioni per favorire l'emersione, di cui all'articolo 116 della presente legge vengono finalizzate, con appositi provvedimenti, alla riduzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell'imposta sul reddito delle persone fisiche gravanti sul reddito di impresa. Quindi, questa maggioranza dimostra di non avere alcun interesse nei confronti della diminuzione delle entrate - che non ci sono, perché l'emersione sta fallendo -, nonostante da più parti si dichiari di perseguire la diminuzione del carico fiscale. Quindi, si va al di là delle valutazioni di carattere politico.
Ai colleghi della maggioranza rivolgo un forte appello a non approvare il disegno di legge di conversione del decreto-legge, perché dobbiamo dire al Governo che deve cambiare strada rispetto al rapporto dei lavori parlamentari, sempre urgente, sempre collegato e senza alcuna verifica del lavoro del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini...

ROLANDO NANNICINI. Il compito dei parlamentari è di compiere, con forza, delle verifiche sul Governo, anche se è amico, anche se è della stessa maggioranza. Se non svolgiamo questo ruolo, infatti, evitiamo la responsabilità di non dare (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo)...

PRESIDENTE. Onorevole Nannicini, vorrei che non si affezionasse troppo al microfono. La ringrazio per l'intervento e mi dispiace di essere insolitamente intransigente, ma devo esserlo. Mi è stato chiesto da più parti, quindi, mi sento tranquillo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buffo. Ne ha facoltà.

GLORIA BUFFO. Grazie, signor Presidente. Voi, esponenti del Governo, vi siete presentati come coloro che risolvono i problemi, che sanno far tornare i conti (poiché avete fatto gli imprenditori) e rendere felici i dipendenti, che creano il lavoro e la ricchezza. I fatti mostrano tutt'altra cosa: il vero programma ed il vero volto della destra italiana.
Voi naturalmente sapete essere efficaci; quando fate le leggi nel vostro interesse e contro l'Italia, l'effetto è sicuro. I vantaggi per voi sono concreti e veloci, si tratti di processi o d'interessi economici. Altrettanto sicura è l'efficacia nel produrre un danno all'Italia. All'estero, l'Italia è vista, sempre più spesso, come il paese dei fantasisti dal gesto scurrile, dalla diplomazia improvvisata e soprattutto della legalità intermittente.
Siete sicuramente efficaci nell'occupare il sistema televisivo. Occupare, occupare, occupare è il vostro motto (commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia - Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

ANGELO SANTORI. Voi avete occupato l'Italia!

PRESIDENTE. Non è bello interrompere il collega che parla. Prego, onorevole Buffo.

GLORIA BUFFO. Se l'espressione «regime dell'informazione» può dar fastidio o se fa troppo effetto, possiamo cercarne una equivalente nel dizionario dei sinonimi, ma sarebbe pura ipocrisia. Siete sicuramente efficaci nel proteggere i forti, abolendo la tassa di successione per i grandi patrimoni, con i favori promessi alle imprese, per una competizione di serie


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B riservata ad un Italia di serie B. Siete però anche dei falliti e si comincia a vedere. State fallendo sui conti, sulle promesse a chi non è ricco o evasore. La prova è anche questo decreto-legge: in sei mesi, meno di 450 lavoratori emersi. Facciamo insieme un conto: per farne emergere 900 mila - come dite voi -, con questo ritmo, sarebbero necessari circa mille anni. Voi toccate lo statuto dei lavoratori per fare emergere 430 persone in sei mesi o 900 mila in mille anni! Anche ad essere ottimisti, come Berlusconi, mi sembra difficile pensare che possiate governare altri mille anni, a meno che non si tratti di una barzelletta!
Non è purtroppo una barzelletta il lavoro sommerso, su cui avete fatto un cattivo ed inefficace provvedimento e volete prorogarlo, scaricando sui sindaci, che non hanno i mezzi per farlo, compiti impropri. Nel frattempo, proponete, a chi lavora ufficialmente, di rinunciare ai propri diritti, alla libertà personale (e pensare che vi chiamate Casa delle libertà) e, ai giovani, di entrare nel mondo del lavoro in condizioni molto peggiori dei padri. Fallirete, perché alla dignità di chi lavora e ai diritti di chi vuole lavorare, gli italiani non rinunciano! Sull'articolo 18 fallirete ora o subito dopo, con il referendum.
Gli italiani hanno scioperato perché non c'era il tram per andare al lavoro - ha dichiarato lo statista Berlusconi. «Attaccarsi al tram» - come si dice a Milano - è la risorsa di chi non ha altri argomenti. Avete i parlamentari e ne fate a meno ponendo la fiducia. Avevate i voti e li state perdendo attaccandovi al tram. Noi saremo seri ed inflessibili perché l'Italia merita di meglio (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fluvi. Ne ha facoltà.

ALBERTO FLUVI. Signor Presidente, dopo essersene già occupata nell'ottobre scorso, è la seconda volta che la Camera dei deputati è chiamata ad interessarsi di questa normativa; inoltre, come lei ben sa, in entrambe le occasioni, il Governo ha posto la questione di fiducia!
È mai possibile, colleghi, che la Camera dei deputati non debba avere la possibilità di discutere nel merito quelli che sono considerati i pilastri del pacchetto dei 100 giorni del Governo, vale a dire il cosiddetto scudo fiscale e l'emersione del sommerso? Vi siete domandati perché si continui a fare ricorso al voto di fiducia? Vi siete domandati perché questa maggioranza, che pure dispone, alla Camera, di quasi 100 deputati in più rispetto all'opposizione, sia costretta ad evitare il confronto e a porre la questione di fiducia per vedere approvati i sui provvedimenti? Credete davvero che il Governo sia stato costretto a tanto per evitare l'ostruzionismo dell'opposizione?
Suvvia, ormai non lo credono più neppure i bambini! Ciò che ha determinato il Governo a porre la questione di fiducia non è stato il pericolo di ostruzionismo dell'opposizione, ma la consapevolezza di problemi che, cari colleghi, sono tutti al vostro interno!
La fiducia è stata chiesta per impedire che le posizioni di buonsenso, pure presenti nella maggioranza (ce ne siamo resi conto in occasione del dibattito in Commissione finanze), venissero completamente alla luce; la fiducia è stata chiesta per stoppare le possibili iniziative di chi comincia a dubitare della fondatezza delle previsioni formulate dal ministro Tremonti e di chi, nonostante si accinga a votare la fiducia al Governo quest'oggi, sa bene che le norme sull'emersione non produrranno effetti, come hanno ammesso, nel corso delle audizioni tenute in Commissione finanze, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali (del resto, basta andare a verificare quali risultati tali norme abbiano prodotto finora). Si rifletta, inoltre, anche sul fatto che i famigerati pilastri del pacchetto Tremonti hanno bisogno di proroghe così consistenti per poter produrre i loro effetti (ammesso che li producano!).
Poiché il provvedimento non ha solo una valenza tecnica, credo che la maggioranza debba interrogarsi di più sugli


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aspetti di merito delle norme in esso contenute, magari partendo dall'osservazione dei risultati raggiunti (mi astengo dal riepilogarli perché altri colleghi lo hanno già fatto nel corso di questo dibattito).
Ho colto diversità di impostazioni anche nell'ambito della maggioranza: l'onorevole Drago, ad esempio, ha svolto, stamani, un intervento per alcuni versi condivisibile. Ebbene, colgo l'occasione per rivolgere al collega, di rimbalzo, le seguenti domande: quale disponibilità è stata dimostrata ad accogliere miglioramenti al testo? Quanto grande doveva essere la disponibilità dell'opposizione nei confronti di un testo che contiene una diminuzione della tutela dei lavoratori e la sospensione di norme dello statuto dei lavoratori?
Il decreto-legge contiene un ulteriore abbassamento della soglia di legalità per il rientro dei capitali esportati irregolarmente all'estero. Ebbene, come pretendete di poter accostare nello stesso testo, cari colleghi, norme che fanno rientrare capitali e ricchezze illegalmente accumulate con un ulteriore abbassamento delle tutele e dei diritti della parte più debole del mondo del lavoro? Onorevoli colleghi, è vero che pecunia non olet, ma come conciliate la possibilità di ripulire ricchezze esportate illegalmente (pagando un'oblazione del 2,5 per cento) con l'abbassamento della soglia dei diritti e delle tutele di chi guadagna un milione e mezzo al mese?
Non mi stancherò mai di ripetervi che state mandando un messaggio pericoloso al paese, che state puntando sulla divisione anziché sulla coesione, dimenticando che, per esprimere fino in fondo tutte le sue potenzialità, un paese ha bisogno di tutto se stesso e di ritrovarsi sui valori condivisi.
Ieri milioni di uomini e di donne hanno scioperato, hanno manifestato il loro dissenso, e lo hanno fatto sotto le bandiere del sindacato, quel sindacato che in tutti questi anni ha svolto un ruolo di primo piano nella storia del paese. Lo hanno fatto perché hanno compreso che il sindacato è in campo per difendere prima di tutto la dignità del lavoro e la dignità di chi lavora, per affermare che il lavoro non è soltanto un mezzo attraverso il quale si garantisce un reddito, ma è, prima di tutto, lo strumento attraverso il quale si esercita la cittadinanza. È anche per questo, oltre che per le questioni di merito relative al provvedimento, è anche per difendere questi principi che voteremo contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galeazzi. Ne ha facoltà.

RENATO GALEAZZI. Signor Presidente, cari colleghi, è passato quasi un anno dall'inizio di questo Governo e qualcuno parla di fare una festa. Io non credo ci siano gli argomenti e le motivazioni per festeggiare questo primo anno. A mio giudizio non c'è niente da festeggiare, proprio perché le cose dette in questa Assemblea oggi e nei giorni scorsi sono molto significative e dimostrano che la situazione è abbastanza preoccupante.
In verità, noi siamo contro la conversione di questo decreto-legge non soltanto per un pregiudizio politico, ma anche perché riteniamo che non risponda agli interessi generali del paese. Questa è una risposta debole, inadeguata nella fase difficile che si è aperta. La verità è che la maggioranza ha pensato di poter governare il paese con qualche slogan ad effetto, ma governare è difficile, governare è un'arte complicata che va esercitata tutta. Non credo che si possa governare un paese pensando ad un'azienda o facendo campagne di marketing. Quindi, i vostri slogan si sono dimostrati inefficaci, non fondati e veramente vuoti.
Non voglio fare la storia di questi dieci mesi, ma avevate detto di aver ricevuto in eredità un paese in declino. In realtà, il nostro paese, secondo i dati oggettivi che sono disponibili per tutti, era cresciuto per reddito, per occupazione - per la prima volta l'occupazione è scesa da due cifre ad una cifra -, con un'inflazione bassa e affidabile nei conti pubblici; un paese che è entrato nel sistema della moneta unica,


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che era in crescita ed era competitivo. Certo, c'erano problemi da risolvere, ma eravamo avviati su una strada di sviluppo con certezze, con sicurezza e con una credibilità internazionale.
Oggi il problema è un altro; il rischio che ci state facendo correre è quello di aprire una fase di declino. In un paese che è meno credibile, per lo scarso rigore nella conduzione della finanza pubblica, intraprendete una gestione economica basata sulla compiacenza per l'illegalità e sull'opacità dei conti delle imprese e questo ci allinea a paesi più arretrati.
Nessun miracolo economico, quindi, e questo credo che lo dimostrino i vari eventi di questi mesi. Non voglio percorrerli tutti, dal falso in bilancio alla tassa di successione, alle rogatorie, al conflitto d'interessi. Per non parlare della finanziaria, una finanziaria vuota, qualcuno ha detto furba, ma sicuramente una legge finanziaria debole, basata largamente su condoni ed anticipi di entrate.
Quindi, siamo partiti con quella famosa teoria del buco che non c'era e forse veramente stiamo arrivando ad un buco che ci sarà, grazie all'imperizia con cui state gestendo la finanza pubblica. Si procede con valutazioni di crescita del PIL che oscillano ogni giorno: 1,4, 2,2 e 2,1; siamo ad una danza delle cifre che crea inquietudine.
Questo è il problema vero del paese; un paese che è maturo, che è la quinta, sesta potenza mondiale, ma che non può garantire certezze ai suoi cittadini su quello che accadrà il prossimo anno: quante tasse pagheremo in più, cosa succederà allo Stato sociale, cosa succederà alle amministrazioni locali. Queste sono gravi incertezze che fanno sì che il paese viva con una profonda inquietudine il futuro, invece di avviarsi verso uno sviluppo tranquillo e competitivo (come dicevo prima).
Questo Governo sta dimostrando, nei primi 100 giorni e nel primo anno, una risposta debole e inadeguata. Forse è molto forte nel mettere al sicuro gli interessi di pochi, questo è stato fatto ed io, senza voler ripercorrere i vari passaggi, dirò soltanto che l'ultimo provvedimento, quello dello scudo fiscale, è stato, in realtà un condono generalizzato che assolve il contribuente disonesto da ogni responsabilità fiscale e penale con il pagamento di una modesta mancia, il 2,5 per cento; un provvedimento che sicuramente è un condono tombale. Mentre il Governo è molto attento ad osservare, col lumicino, tutte le prove fornite dalla magistratura estera, è invece compiacente, in maniera straordinaria, con le prove fornite dagli evasori fiscali. Basta un'autocertificazione ed un pagamento del 2,5 per cento per comprarsi l'impunità per una somma sottratta al fisco. La definizione esatta è quindi quella di uno scudo fiscale che non difende il contribuente onesto da balzelli ingiustificati e dalla burocrazia ma che, in realtà, difende coloro che hanno frodato lo Stato. La campagna elettorale, lo ricordiamo tutti, si è basata su uno slogan fortissimo, «meno tasse per tutti», che è invece diventato «meno tasse per pochi», con l'adozione di provvedimenti finalizzati a premiare i ceti più forti e gli evasori, facendo in modo che, in poco tempo, le entrate fiscali nel nostro paese diminuiscano. Questo è un problema che dovremo affrontare presto.
Non voglio ricordare temi già qui ricordati, come quelli che riguardano il Mezzogiorno; non voglio parlare della scuola; non voglio parlare della sanità, altro argomento importante che crea incertezza perché, in realtà, questo Governo non sa quale progetto di sanità debba realizzare, come non sa quale Stato sociale debba realizzare. Si tratta quindi di uno Stato sempre più centralista, che indebolisce la competizione del paese, sempre più inquieto: non è ciò che desidera la maggioranza degli italiani che lo sta dimostrando con quanto è accaduto ieri e non solo.
Concludo, signor Presidente, ricordando il nostro poeta Giacomo Leopardi che nello Zibaldone si chiedeva cos'è in fondo la vita, se non una continua lotta delle persone perbene contro i furfanti.

PRESIDENTE. Un altro diceva «È un sogno fuggente».


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Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurandi. Ne ha facoltà.

PIETRO MAURANDI. Signor Presidente, questo decreto-legge è, di per sé, la testimonianza di un duplice fallimento: quello delle norme sul rientro dei capitali e quello delle norme sull'emersione del lavoro nero. Un fallimento clamoroso perché, a fronte di una previsione di 80 mila miliardi di lire di capitali rimpatriati, a febbraio, sembra ne siano rientrati meno di ventimila (il 25 per cento del previsto); ed a fronte di una previsione di 900 mila lavoratori emersi, a marzo, erano appena 430 (lo 0,05 per cento). Direi che c'è da essere soddisfatti dell'azione di Governo, compresa la sbandierata legge dei cento giorni di cui è parte la normativa sull'emersione. Ma fin qui niente di grave: succede, succede quando si fanno previsioni imprudenti ed infondate, soprattutto quando, con grande arroganza, si pensa di poter fare o suscitare miracoli economici.
Avevamo ragione noi a dire, a suo tempo, che il Governo sbagliava, esagerava nel suo ottimismo di maniera, mentre la realtà era, ed è, ben diversa. Ebbene, oggi qualche nodo comincia a venire al pettine ed il Governo deve prenderne atto. La realtà è più dura dell'ottimismo di maniera. Che cosa dovrebbe fare allora il Governo? Dovrebbe cambiare strada sul rimpatrio dei capitali e sull'emersione; dovrebbe «buttare» la normativa che non funziona, fare altro. E invece no! Il Governo sostiene che si tratta solo di un problema di tempi necessari a prendere confidenza con una normativa complessa; sostiene che da qui deriva il clamoroso fallimento delle previsioni. Ma allora, per essere conseguente, per essere coerente con se stesso, il Governo dovrebbe fare una cosa semplice, lineare, comprensibile: prorogare le scadenze, cambiare le date e basta. Tutto molto semplice, molto rapido e rispondente ad un decreto-legge che vuole dettare disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione.
Invece no, perché tutto si può dire di questo decreto-legge tranne che si limiti a prorogare i termini per completare le operazioni. Il Governo fa molto di più: interviene nel vivo delle norme, le cambia in modo significativo, ed attenzione, non lo fa per imboccare un'altra strada, un'altra direzione, bensì le cambia per aggravare ancora di più le norme che hanno portato al fallimento dei provvedimenti.
Consideriamo, ad esempio, il rientro dei capitali esportati illegalmente: con il provvedimento originario si passava dalla lotta agli evasori, combattuta nella precedente legislatura, al premio per gli evasori, perché il 2,5 per cento di imposta è un premio agli evasori, l'anonimato è un premio agli evasori, la non punibilità di reati è un premio agli evasori. Voi, però, avete sostenuto, e sostenete, che il premio agli evasori è il prezzo da pagare per fare rientrare in Italia capitali che possono dare un importante contributo all'attività produttiva; la sanatoria, voi lo avete sostenuto, serve per questo. Ebbene, dato che il meccanismo da voi messo in piedi non funziona, che cosa fate? Aumentate il premio, nella speranza che gli evasori fiscali siano attratti dalle nuove offerte, dall'allargamento della tipologia di reati sanabili, dalla dilatazione dello scudo fiscale ad altre forme di evasione.
Consideriamo anche l'emersione del lavoro nero. Le norme da voi approvate con i provvedimenti dei cento giorni indeboliscono i diritti dei lavoratori emersi o che dovrebbero emergere. Anche in tal caso avete detto che questo è il prezzo da pagare per combattere la piaga del lavoro nero ed anche questa volta, dato che il meccanismo non funziona, con il presente provvedimento volete indebolire, ancora di più, i diritti dei lavoratori emersi o che dovrebbero emergere. La formulazione dell'articolo 3 del decreto-legge serve appunto a questo; in particolare, con la sospensione di tutele e garanzie, l'articolo 3 anticipa misure che vi apprestate ad adottare con altri provvedimenti.
Con questo decreto-legge insistete, quindi, sulla strada del fallimento: è un tratto caratteristico del vostro modo di


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governare, così come insisterete sulla strada dello scontro sociale, sulla quale volete trascinare il paese con la vicenda dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Ieri lo sciopero generale dei sindacati, di tutti i sindacati, quelli di sinistra, di centro e di destra, ha posto davanti agli occhi di tutti la rabbia, l'indignazione, la preoccupazione di milioni di cittadini, nonché la delusione di tanta parte del vostro elettorato, che si sente imbrogliata da una politica che protegge gli interessi di pochi e calpesta i diritti di molti. Voi non sfuggirete, credo, alla tentazione di contrapporre, allo sciopero di ieri, il voto di fiducia che il Governo ha ottenuto poco fa da parte dell'Assemblea. Spero che ciò non accada, perché credo che non serva ad alcuno, che non serva alla democrazia, contrapporre ciò che accade nel paese con ciò che accade nelle istituzioni. Noi tutti dovremmo cercare, nel rispetto dei ruoli e dei rapporti di forza scaturiti dalle elezioni, di interpretare al meglio aspirazioni e bisogni dei cittadini che rappresentiamo. Ebbene, credo che con questo voto interpreteremo i bisogni e le aspirazioni di gran parte del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pinza. Ne ha facoltà.

ROBERTO PINZA. Signor Presidente, svolgo la dichiarazione di voto a nome dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo. Fortunatamente ho l'incarico di esprimere un voto contrario al provvedimento; mi sarei trovato in grande difficoltà se, collocato in altri banchi di quest'aula, qualcuno mi avesse chiesto di esprimere un voto favorevole: infatti, in tal caso, non avrei saputo trovare alcuna motivazione.
Si tratta di un provvedimento che contiene due proroghe e qualche peggioramento di precedenti provvedimenti. Innanzitutto, il rimpatrio dei capitali: qualcuno ha già fatto osservare che sarebbe preferibile utilizzare un termine così nobile in riferimento ad altri argomenti, ma ciò non importa.
Non discuto l'opportunità di questo provvedimento: probabilmente, un provvedimento sul rientro dei capitali si può adottare o meno, ma non è questo il punto centrale. Il punto centrale è come viene fatto e vi sono due questioni sulle quali credo tutti dobbiamo ritornare, anche se siamo alle battute conclusive: la prima è la questione dell'anonimato e la seconda è quella del costo. Non ho ancora capito (mi dispiace che in questo momento il ministro Tremonti si sia assentato, perché mi sarei ben volentieri interrotto per lasciargli chiarire questo aspetto) il motivo per cui a questo Governo e al ministro Tremonti piaccia tanto l'anonimato, al punto tale che lo prevedono anche nella seconda parte di questo provvedimento, in cui si è inventato un percorso di emersione del sommerso anch'esso caratterizzato dall'anonimato. Si immagina uno strano imprenditore, che non svela il suo nome e che, attraverso un professionista o un'associazione di categoria, si reca dal sindaco e gli fa sapere che, in qualche modo, sarebbe interessato alla procedura di emersione. Tutto ciò senza che si debba sapere la sua identità.
Qualcuno afferma che l'anonimato è una condizione, perché altrimenti nessuno sarebbe disponibile a procedere alle operazioni di rimpatrio. Tuttavia, questa spiegazione viene fornita ignorando ciò che avviene nel mondo (questa è la caratteristica di questo Governo), ignorando che i provvedimenti per il rientro dei capitali si adottano in tutte le parti del mondo e che nessuno si giova dello strumento dell'anonimato.
La verità è che si procede al rientro dei capitali perché esistono convenienze economiche. In questo momento esse vi sono perché l'Italia, fortunatamente, non è più un paese inflazionato e perché la redditività dei capitali all'estero è pari a zero; si richiedono condizioni di non punibilità, ma l'anonimato non c'entra niente. Il problema è che l'anonimato non era necessario e lo chiedo a coloro che all'inizio mi hanno garbatamente interrotto, affermando


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che è troppo facile dire che si è contrari, come mai si potrebbe trovare un argomento a favore.
Tuttavia, il problema è che dei capitali che si trovano all'estero una parte proviene dall'evasione ed una parte proviene dalla delinquenza. Come volete che vengano utilizzati i capitali provenienti dalle attività illecite quando rientrano in Italia nell'anonimato? È evidente che si tratta di capitali ad altissimo rischio che continuano a vagare senza nome nell'economia italiana con elevati rischi che vengano reimpiegati al peggio. Che bisogno c'era di prevedere l'anonimato?
La seconda questione è quella quantitativa. Questi capitali rientrano previo versamento del 2,5 per cento dell'importo dichiarato e, in gran parte, sono frutto di evasione. Ho tentato di documentarmi al riguardo, come credo abbiamo fatto tutti; peraltro, in Commissione finanze vi è una passione particolare per questi problemi e, al di là di tutto, essi vengono studiati. Mi sono chiesto se vi fosse qualche altro paese che avesse adottato provvedimenti di questo genere. I paesi che fanno rientrare i capitali o che condonano le attività di evasione lo fanno alla pari. In altri termini, il rientro dei capitali viene attuato non facendo pagare sanzioni, non facendo pagare le cosiddette soprattasse, non facendo pagare il «di più». In questo momento anche Bush sta facendo rientrare i capitali negli Stati Uniti; ha meritoriamente strangolato le economie di alcune isole che si basavano sull'evasione sistematica, cercando di far rientrare i capitali ed ha fatto bene. Tuttavia, egli sta facendo rientrare i capitali alla pari, ossia facendo pagare ciò che avrebbe pagato qualunque altro cittadino che li avesse denunciati per tempo. In altri termini, fornisce un grande aiuto, abbonando tutte le sanzioni.
Invece, questo Governo, in modo un po' singolare (non so neanche se tutti i membri dello stesso si siano resi conto esattamente di ciò che stavano facendo) tassa dieci miliardi di evasione con 250 milioni. In questo modo non si elimina il «di più» che un evasore dovrebbe pagare, ma si sottrae anche ciò che ha pagato una persona normale. In sostanza, fra due cittadini, di cui uno per bene che ha pagato tutto regolarmente ed uno meno perbene che ha evaso (e per giunta nella forma più artificiosa dell'espatrio dei capitali), la differenza è enorme: su dieci miliardi, uno ne paga 4 o 5 e l'altro paga 250 milioni. Complimenti! Ciò significa rompere quella legalità minima (se volete quella moralità) che nessun paese al mondo ha mai rotto. Infatti, anche quando si effettuano i condoni più duri e più pesanti, in ogni caso si fa pagare all'evasore ciò che si sarebbe fatto pagare ad un contribuente per bene. Questa è la logica ed è uno dei tanti aspetti per cui questo paese con questo Governo si sta ponendo fuori da qualunque regola. Lo dico chiaramente, perché mi dispiace che ciò avvenga: perché far del male al proprio paese? Inoltre, già che ci siamo, si opera anche una discriminazione fra evasore ed evasore.
Pertanto, l'evasore di casa, quello piccolo, che ovviamente non ha fatto espatriare i capitali non può sanare nulla, mentre quello che ha fatto l'espatrio di grandi capitali con oneri, spese, artifizi e quant'altro può sanare tutto e paga quattro soldi.
Amici miei, questo è il tipo di provvedimento che, in questo momento, ci state proponendo di approvare. È un provvedimento di cui qualcuno si sente di andare orgoglioso? Devo dirvi che in ciò si vede - e non me ne vogliate perché so che riguarda una stretta minoranza della maggioranza che, pure, deve votare così - l'idea in base alla quale l'intreccio tra economia ed illegalità sarebbe una buona cosa per cui un tanto di illegalità favorirebbe lo sviluppo. Si tratta di una storia che si protrae dell'inizio della legislatura, a cominciare dal fatto che se il bilancio sia vero o meno interessa solo i singoli soci: loro possono fare querela, ma lo Stato deve rimanere inerte. Poi avete aggiunto che il primo 5 per cento si può tranquillamente evadere e non è più un problema.
La settimana prossima approderà in aula il disegno di legge delega sulla riforma fiscale: è pieno di principi. Vi sono tanti principi che se ne potrebbe scrivere


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un libro, ma ne manca uno: il principio che aveva assistito tutta la storia italiana dal 1945 in poi. Mi riferisco alla lotta all'evasione fiscale, principio cardine della nostra Repubblica. Vi sono mille principi, compresi i più formalistici ed inutili ma, non si sa perché, il principio della lotta all'evasione fiscale è scomparso. Volevate dare un messaggio ancora più nitido? Volevate dire con ancora maggiore chiarezza ai cittadini che la regolarità fiscale non interessa e che agli uffici l'idea di perseguire le irregolarità non interessa?
La verità è che vi è un'idea di base tutta provinciale, contraria a quanto avviene in tutti gli altri paesi del mondo e dell'occidente, in virtù della quale, ad avviso di qualcuno di questo Governo, l'illegalità sarebbe qualcosa che serve all'economia. E pensare che tutto il mondo si sta battendo per introdurre più legalità nell'economia!
Con il presidente della Commissione finanze, grazie anche alla sua abilità organizzativa, siamo stati in visita ai massimi responsabili europei, da Prodi a Padoa Schioppa, da Monti a Bolkestein: tutta l'Europa è unita dall'idea di dare maggiore trasparenza al sistema imprenditoriale, economico e societario. Noi, invece, ci poniamo dall'altra parte, tuteliamo l'oscurità e la violazione della legge.
Il Presidente del Consiglio recentemente, a Parma, in un intervento per lui un po' più difficile del solito, ancorché molto supportato dalle televisioni, ha dichiarato di essere soddisfattissimo: questi mesi di Governo sono di sua grande soddisfazione. Anzi, si è spinto fino al punto di dire che considera un genio - questo, per la verità lo ha detto in Russia e chissà, poi, perché fare esternazioni sul Governo italiano in Russia - uno dei membri del suo Gabinetto, uno dei suoi ministri. Vorrei chiedere all'onorevole Berlusconi, se fosse presente, di cosa è soddisfatto. Sta programmando l'economia italiana in modo che diventi un po' più illegale, meno di mercato, meno concorrenziale di prima, perché illegalità vuol dire disparità delle posizioni di partenza e, quindi, meno concorrenza. Non ha privatizzato una sola impresa pubblica, ha ripubblicizzato le fondazioni private. Probabilmente, il ministro Tremonti è andato via perché ha annunciato che oggi pomeriggio deve firmare il regolamento sulle fondazioni: firmerà, pensate un po', un provvedimento in base al quale dal 66 al 70 per cento degli amministratori verranno nominati dagli enti pubblici. Complimenti al privatizzatore! Si tratta di una ripubblicizzazione piena e, peraltro, più dura perché viene fatta a carico del sociale. Non ha diminuito di un centesimo la pressione fiscale, sta ribaltando sugli enti locali la necessità di un maggiore prelievo.

PRESIDENTE. Onorevole Pinza...

ROBERTO PINZA. Avrei molto da dire anche per quello che riguarda il problema delle emersioni: non lo farò perché lo hanno già fatto i miei colleghi molto bene, con i numeri alla mano. O, forse, come ha detto qualcuno stamattina, anche i numeri sono controvertibili e appartengono a qualche linea politica? I numeri sono numeri! Quando Tremonti è venuto in aula e ha detto che il provvedimento sull'emersione del sommerso sarebbe stato un grande successo, gli ho detto, a nome del centrosinistra, che non ci credevamo ma che, comunque, si prendesse tre mesi in più rispetto al 30 novembre 2001.
Lui ha detto alla sua maggioranza di votare contro perché il provvedimento è sicuro e, oggi, mendica una proroga al 30 novembre 2002. Sono abituato ...

PRESIDENTE. A concludere, onorevole Pinza.

ROBERTO PINZA. Signor Presidente, noi abbiamo rinunciato a tanti interventi ma, comunque, concludo il mio intervento.
Voglio sposare per un attimo la logica aziendalistica di cui parla sempre Berlusconi, cioè che il suo Governo è un'azienda, il suo è un consiglio di amministrazione efficiente e tutto ciò lo dice da solo, addirittura in televisione facendo degli spot di quindici minuti, facendosi riprendere a Parma, raccontando e dicendo benissimo di sé. Tuttavia, nel


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l'azienda c'è la vecchia regola che quando al suo interno si predispone un piano e un dirigente non lo attua, quest'ultimo soccombe. Allora, vorrei fare una domanda all'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi: che ne dice di Tremonti, che ha fatto un piano in base al quale dovevano emergere 900 mila dipendenti in nero e ne ha fatti emergere 450, cioè lo 0,5 per mille ?
Non gli sembra che ciò costituisca un inadempimento un po' grave e che, probabilmente, sarebbe giusto che il Governo adottasse le stesse decisioni che lui, sicuramente, prenderebbe nella sua azienda con un dirigente che non avesse combinato nulla (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Congratulazioni)?

PRESIDENTE. Onorevole Pinza, le voglio troppo bene per toglierle la parola ma lei ha parlato tre minuti più degli altri.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Agostini. Ne ha facoltà.

MAURO AGOSTINI. Signor Presidente, i due provvedimenti unificati dal Governo nel decreto-legge al nostro esame erano e sono importanti nell'ottica della maggioranza per l'impostazione della politica economica e di bilancio che l'esecutivo ha scelto in questo anno. Le difficoltà evidenti che tali provvedimenti incontrano nella loro attuazione costituiscono, in qualche modo, una metafora della vicenda del Governo perché tali difficoltà sono quelle che l'esecutivo sta incontrando lungo la sua strada, dato che oggi e in questi mesi si è passati e si passa dalla propaganda alla dura realtà delle cose.
Questa maggioranza e questo Governo stanno puntando tutto su un mix costituito, da una parte, dall'allentamento dei vincoli di bilancio, fidando in maniera del tutto avventurista su provvedimenti che si autofinanziano, e dall'altro lato da una «forte» ripresa che dovrebbe generare le risorse aggiuntive per la copertura, quello che in termini nobili si chiama la politica dell'offerta.
Invece, nella versione italiana e di questo Governo, questa sembra una politica dello stellone italico, cioè «speriamo che vada bene»; per adesso facciamo quello che possiamo fare, buchiamo un po' qua e un po' là, poi speriamo che la situazione internazionale ci dia una mano e ci riporti fuori dalle secche. Tuttavia, per adesso ciò che si vede è solo il grave, gravissimo problema della finanza pubblica e dei conti dello Stato: su tutto ciò vi incalzeremo.
Tra qualche giorno, domani o dopodomani, dovrete presentare la relazione trimestrale di cassa - speriamo di capirne di più dopo i giochi funambolici che avete fatto negli ultimi quindici giorni sui conti dello Stato - e vi chiederemo di discutere quella relazione in Parlamento. In quella sede presenteremo uno strumento specifico per costringere la maggioranza ed il Governo a dire in una sede formale quale sia lo stato reale della finanza pubblica, perché troppe cose non tornano.
Non tornano in questo provvedimento, come è stato ampiamente detto, sia sul versante dell'emersione del sommerso sia su quello dello scudo fiscale. Lo ripeteremo fino alla noia ma ci dovrete ascoltare; perché è il paese stesso che ci ascolta: il gettito del sommerso, il provvedimento che doveva riguardare - come è stato più volte ricordato - l'emersione di 900 mila lavoratori, che interessava un gran numero di imprese e che doveva portare un sostanzioso gettito alle casse dello Stato per coprire alcuni provvedimenti che nei cento giorni avete preso per il cosiddetto rilancio dell'economia, ha portato soltanto, per oggi, ad un'emersione di 480 lavoratori.
La realtà è che il problema del sommerso è complesso; dunque, va affrontato con un complesso di provvedimenti, sia di carattere repressivo sia relativi alla concertazione. Capisco che, ogni volta che si usa questo termine, a voi venga l'orticaria, ma è solo attraverso questi strumenti - come, d'altronde, si era cominciato a fare con i contratti di riallineamento - che si


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può realmente affrontare tale questione. Staremo a vedere; staremo a vedere anche cosa avverrà con lo scudo fiscale.
In queste settimane, i dati sono emersi e il sottosegretario Tanzi, in diverse circostanze, ha detto che siamo ancora ampiamente al di sotto degli obiettivi che vi eravate prefissi. Ma, non vogliamo mettere il carro davanti ai buoi; aspetteremo il 15 maggio, faremo le valutazioni dovute anche se non ci sembra che, dal punto di vista del gettito, la strada sia quella che voi avevate individuato. Sta di fatto, tuttavia che, attraverso questo provvedimento, avete drasticamente abbassato, ancora una volta, la soglia della legalità e lo avete fatto ancora di più al Senato, consentendo ciò che all'inizio il provvedimento non consentiva. Dunque, tale decreto-legge è non solo fortemente iniquo, ma porta anche ad un allentamento delle maglie nella lotta alle transazioni illecite.
Ricordo che il ministro Tremonti, nell'agosto scorso, per convincere i cittadini, nel battage pubblicitario che ha preceduto quel provvedimento, diceva che di lì a qualche mese anche altri paesi europei avrebbero imboccato questa strada. Vorrei chiedere al ministro Tremonti, che fino poco fa era in aula: quali sono gli altri paesi europei che, in questi mesi, hanno imboccato una strada analoga a quella scelta dal Governo italiano, con lo sconto ed il regalo del 2,5 per cento per l'acquisto di uno scudo fiscale da far valere, appunto, per i prossimi cinque anni?
La realtà è che è tutta una politica economica e di bilancio a mostrare il suo fallimento: le entrate una tantum, le cartolarizzazioni e, comunque, le operazioni di anticipazioni di incassi futuri; addirittura, come state facendo con il provvedimento adottato pochi giorni fa, la cosiddetta manovra correttiva - che analizzeremo in maniera più specifica - aggrava ulteriormente la situazione. Infatti, rischiate di generare una situazione per cui diventa molto concreto il rischio che vi sia la creazione di debito pubblico in modo occulto.
Volete costituire due società e una di queste si chiama Infrastrutture Spa. Si tratta di una società di diritto privato totalmente di proprietà del Ministero del tesoro; dunque, torniamo agli antichi fasti. Saranno le direttive del ministro del tesoro - si legge nel provvedimento - ad indicare le modalità di vita, di azione e di operatività di questa società; alla faccia delle privatizzazioni e delle liberalizzazioni! Sarà una società che avrà un capitale sociale di un milione di euro, con la possibilità di finanziarsi illimitatamente grazie alla garanzia dello Stato. Quindi, vi sarà un milione di euro di capitale sociale per poter operare, se vorrà, attraverso l'accesso al debito e facendo garantire questo debito dallo Stato.
Ecco, dunque, il rischio: spostare fuori dalla pubblica amministrazione un indebitamento che è, effettivamente, un indebitamento dello Stato e che rischia, appunto, di portarci fuori anche dalle indicazioni comunitarie. Ma noi anche su ciò vi saremo con il fiato sul collo, in quanto denunceremo, anche in sede di Unione europea, questa politica, che è assolutamente avventurosa.
Tutto ciò ha le gambe corte perché si può fare anche finanza di immaginazione, come questo Governo fa e si possono usare anche strumenti innovativi, ma poi, ad un certo punto, si tira la riga e i valori o ci sono o non si sono; lei ce lo insegna, sottosegretario Tanzi! I valori o ci sono o non ci sono! L'ingegneria e la fantasia finanziaria possono servire, certo, a gestire meglio una situazione di transizione, possono servire a gestire meglio alcuni passaggi ma, ad un certo punto, sotto queste operazioni, devono esserci i valori sottostanti; e questi valori o ci sono o non ci sono!
Il buco c'è - lo diceva questa mattina l'onorevole Fassino -, lo avete creato voi e tende ad aggravarsi, perché le operazioni di anticipazione di incassi futuri sono comunque un debito. Infatti, Infrastrutture Spa se vuole finanziare costituirà, comunque, un debito per la pubblica amministrazione e per la Stato. E un debito è un debito, sia quando è diretto sia quando è di garanzia o di firma.


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Il nostro non è un discorso da destra storica, da vestali del bilancio pubblico. Noi sentiamo, invece, che, da un lato, si lanciano pesanti fardelli sulle generazioni future - in questo caso, davvero, i padri sono contro i figli - e, dall'altro, si aggravano i problemi di competitività del nostro paese: ineguaglianza e inefficienza. In accordo con una parte della Confindustria, state facendo passare l'idea che tutto si gioca sulla compressione dei costi. Avete promesso agli imprenditori la riduzione delle tasse: non potete farlo, perché la pressione fiscale aumenterà a fine anno sicuramente rispetto al 2001. Le tasse aumentano e, allora, non resta altro da fare per comprimere i costi che infliggere un colpo ai diritti dei lavoratori, che infliggere un colpo ai diritti previdenziali, che infliggere un colpo ai diritti acquisiti.
Noi vorremmo porvi una domanda: siete sicuri che questa è l'immagine esatta della realtà imprenditoriale italiana, che questo è ciò che vuole davvero l'impresa italiana? I malumori e i mugugni che si avvertono ormai in maniera aperta, persino a Parma. Non sono malumori e mugugni politici di settori imprenditoriali che sono più vicini a noi o che sono, in qualche modo, sensibili alle nostre proposte; sono mugugni e disagi reali e materiali perché la vostra risposta è assolutamente inadeguata.
Lungo la strada che state disegnando per l'economia e per l'impresa italiana ci sarà la competizione con Timisoara e non con Francoforte o con Lione.

PRESIDENTE. Onorevole Agostini...

MAURO AGOSTINI. Signor Presidente, sto concludendo. La flessibilità c'è già e lo dimostra il fatto che oggi l'elasticità dell'occupazione rispetto al PIL nel nostro paese è tra le più alte d'Europa. Lo avete dovuto riconoscere anche voi. C'è bisogno, però, di altro.
Allora, concludo ricordando che il Presidente del Consiglio dei ministri parla di riformatori come la Thatcher e come Reagan. A parte il fatto che forse sarebbe il caso di parlare anche delle conseguenze dell'azione di quei riformatori: sono trascorsi vent'anni e sono state riempite biblioteche per valutare le conseguenze. Voi vi ispirate ad altro, non alla Thatcher e a Reagan; voi non vi ispirate alla scuola di Chicago: voi vi ispirate alla scuola di Posillipo che non è la grande scuola napoletana - e lo dico soprattutto al sottosegretario Tanzi - dei Genovesi, degli Intieri, dei Broggia e dei grandi economisti dell'illuminismo napoletano. È la scuola della collina di Posillipo degli anni ottanta del secolo scorso, è la scuola di quel signore che inventò anch'esso in Italia la finanza innovativa del bilancio pubblico. Il paese se ne sta rendendo conto: da qui discendono le vostre difficoltà.
Noi vi incalzeremo su questi aspetti che riguardano l'equità e la competitività perché sentiamo non soltanto che il mondo del lavoro è con noi ma anche che gran parte dei ceti intermedi e dei ceti imprenditoriali è a favore di una prospettiva seria e credibile per l'Italia.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Agostini. La scuola di Posillipo non la conoscevo!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Leo. Ne ha facoltà.

MAURIZIO LEO. Signor Presidente, vista l'ora e nel convincimento di suscitare l'apprezzamento dei colleghi, rinuncio a pronunciare la dichiarazione di voto e chiedo alla Presidenza di autorizzarne la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

PRESIDENTE. La Presidenza lo consente.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
Onorevole Boato, le ricordo che ha a disposizione dieci minuti. Sarò rigoroso nel far rispettare i tempi.

MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, il collega Pecoraro Scanio ha già motivato il voto contrario della componente dei Verdi sulla questione di fiducia posta dal Governo sul provvedimento.


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Nel merito, il decreto-legge contiene proroghe di termini e diverse modifiche alla legge 23 novembre 2001, n. 409, sul rientro dei capitali esportati illegalmente - il cosiddetto scudo fiscale -, e alla legge 18 ottobre 2001, n. 383, in materia di lavoro sommerso. Dunque, siamo di fronte ad un ennesimo differimento di termini per due dei più importanti provvedimenti del Governo di centrodestra che fanno parte del pacchetto dei cento giorni e che sono elemento sostanziale della politica economica e finanziaria. Tale proroga è resa necessaria perché gli effetti di gettito attesi da queste norme non si stanno realizzando, con un fallimento clamoroso. La realtà, purtroppo per il nostro paese, è che questi provvedimenti stanno proprio fallendo, anche se il Governo continua negarlo; il rischio molto concreto è che questo fallimento produce effetti negativi sulla finanza pubblica.
Avevamo già sottolineato, durante il dibattito sulle due leggi ora oggetto di proroga, quanto inaccettabili fossero quei provvedimenti che premiano e favoriscono chi ha evaso, chi ha agito fuori dalle regole e chi si è arricchito illegalmente: ma al danno ora si aggiunge la beffa; questi provvedimenti mettono in discussione i conti pubblici.
Per quanto riguarda il cosiddetto scudo fiscale, vengono prorogati i termini previsti per la presentazione della dichiarazione riservata necessaria per il rientro dei capitali esportati illegalmente all'estero. La scadenza originaria era il 28 febbraio di quest'anno e ora viene di fatto posticipata al 30 giugno; ricordiamo che con la legge n. 409 del 2001 i beneficiari di queste norme sono tutti coloro che negli anni passati hanno esportato e detenuto capitali all'estero illegalmente, evadendo il fisco e aggirando tutti i vincoli valutari. Ora si propone una proroga di questo provvedimento, che rappresenta un vero e proprio condono di tutte le sanzioni penali, amministrative e tributarie previste: norme ingiuste, che premiano i più furbi e i più disonesti, chi per anni ha evaso il fisco, e questo viene fatto dal Governo con l'obiettivo dichiarato di fare un po' di cassa.
In realtà, sotto quest'ultimo aspetto, siamo alla vera e propria beffa. Le entrate relative al provvedimento sul rientro dei capitali rappresentavano infatti una voce posta a copertura della legge finanziaria. Queste entrate corrispondevano a un maggior gettito stimato di ben 2.000 miliardi di lire: così aveva previsto il Governo nella relazione tecnica a suo tempo presentata. Tali entrate derivavano dalla previsione del rientro dei capitali o dalla regolarizzazione delle attività trasferite all'estero previste per circa 80 mila miliardi di lire. Dai dati forniti dall'Ufficio italiano cambi risulta che a fine gennaio erano invece rientrati 5.500 miliardi di lire, contro una stima complessiva - come ho detto - di 80 mila. Pertanto, siamo lontani anni-luce dalle previsioni, pur tenendo conto del comunicato del 28 marzo con cui il Ministero dell'economia e delle finanze ha precisato che al 28 febbraio le somme rientrate in Italia o regolarizzate ammontavano a circa 27 mila miliardi di lire, con volume di gettito corrispondente a circa 700 miliardi. Comunque sia, sono entrati nelle casse dello Stato meno di 150 miliardi, secondo l'Ufficio italiano cambi (dati di fine gennaio) o circa 700 miliardi di lire, secondo il Ministero dell'economia e delle finanze, a fronte dei 2.000 miliardi di lire previsti a copertura della legge finanziaria: stiamo parlando di veri e propri buchi nel bilancio dello Stato. Ricordo che l'emersione preclude gli accertamenti tributari, contributivi o relativi alle imposte di successione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze a carico del dichiarante in tutti i casi in cui sia possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme costituite e detenute all'estero. In pratica, per quanto riguarda i reati (salvo alcuni reati gravi), anche se caduti in prescrizione, possono rientrare in Italia ricchezze accumulate e conseguenti a reati come furti o truffe: basterà pagare il 2,5 per cento.
Per quanto riguarda il cosiddetto lavoro sommerso, il termine per la cosiddetta regolarizzazione del lavoro nero viene prorogato al 30 novembre 2002.


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Quindi, si tratta di un intero anno complessivo, di proroga in proroga. Il motivo è chiarissimo: il Governo aveva previsto fin dall'inizio che con il suo provvedimento, a fronte di 3 milioni e mezzo di lavoratori in nero stimati, vi sarebbe stata la possibilità di regolarizzare 900 mila lavoratori, come è scritto nella relazione tecnica al disegno di legge originario. Al 12 marzo di quest'anno, erano 104 le proposte di sanatoria per il pregresso, con gettito stimato di 800 milioni di lire, e 159 le domande di emersione, per un equivalente di 430 lavoratori regolarizzati, a fronte di una previsione di 900 mila lavoratori: un autentico e clamoroso fallimento.
L'articolo 3 è stato introdotto quasi interamente durante l'esame del decreto-legge al Senato. Fra le varie novità, rilevo che vengono differiti al 30 novembre 2002 i termini entro i quali deve essere presentata la dichiarazione di emersione dal datore di lavoro. Viene spostato al triennio 2002-2004 il periodo oggetto della procedura di regolarizzazione; si stabilisce che la prevista contribuzione sostitutiva del 7 per cento dovuta dal datore di lavoro per il primo periodo di imposta sui redditi da lavoro dipendente emersi può essere versata in 60 rate mensili (finora ne erano previste 24). Soprattutto viene eliminata la maggiorazione costituita dagli interessi legali.
La dichiarazione di emersione produce un effetto cosiddetto conciliativo: il lavoratore non ha più alcun diritto di rivendicare ciò che riguarda il pregresso. Il lavoratore che aderisce al programma di emersione deve infatti sottoscrivere un atto con il quale rinuncia a qualunque tipo di rivendicazione retributiva legata al periodo precedente. Infine, si introduce una sorta di congelamento convenzionale del numero dei dipendenti delle imprese che partecipano all'emersione. Il motivo di questa norma è quello di far preservare l'impresa dall'applicazione automatica delle misure previste dallo statuto dei lavoratori in caso di superamento della soglia dei 15 dipendenti. Per tre anni lo statuto dei lavoratori non si applica - ad eccezione dell'articolo 18 - se con i lavoratori emersi l'impresa dovesse superare la soglia dei 15 dipendenti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARIO CLEMENTE MASTELLA (ore 17,35)

MARCO BOATO. È una norma inserita nel pieno di una situazione di scontro frontale tra Governo e sindacati proprio su questi temi.
Vengono inoltre previste due procedure: la procedura automatica per l'emersione e la procedura progressiva. La procedura automatica è quella prevista dalla norma originaria, mentre la procedura progressiva inserita al Senato non prevede la classica dichiarazione di emersione, bensì la presentazione di un piano individuale di emersione al sindaco del comune ove ha sede l'unità produttiva. Questa procedura progressiva rappresenta un nuovo e più grave condono tombale. Lo scandalo è che la regolarizzazione può avvenire anche per violazioni diverse, da quelle fiscali e previdenziali, quali per esempio in materia edilizia, urbanistica, di impatto ambientale, di sicurezza sul lavoro. La domanda deve quindi essere presentata al sindaco per poter regolarizzare tutto. In sostanza, il sindaco potrà regolarizzare irregolarità urbanistiche, edilizie ed ambientali in materia di sicurezza sul posto di lavoro e il suo parere favorevole è la condizione per far proseguire il piano di emersione. Inoltre, può apportare modifiche concordate con l'interessato o con l'intermediario al piano presentato. Una volta approvato il piano, il sindaco può disporre la prosecuzione dell'attività produttiva, anche in deroga a tutte le citate disposizioni vigenti. Di fatto, si intende affidare l'emersione del lavoro nero attribuendo ai sindaci poteri e compiti che non hanno e che non potrebbero esercitare. Vi sono purtroppo, dico purtroppo, tutte le premesse per dare il via a nuove forme di illegalità e di corruzione.
Per tutti questi motivi, signor Presidente, rappresentanti del Governo e colleghi,


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tutti motivi che sono esclusivamente e puntualmente di merito e solo di questo ho parlato, dichiaro il voto contrario dei Verdi al disegno di legge di conversione di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.

ENRICO BUEMI. Signor Presidente, colleghi e colleghe deputati, signor ministro, vi sono molteplici ragioni che portano i Socialisti democratici italiani a dare un voto nettamente contrario a questo provvedimento. La prima è di ordine generale: questo Governo e questa maggioranza si muovono con una presunzione incontenibile, forzano continuamente ogni situazione di buonsenso, impediscono con i loro comportamenti ogni possibilità collaborativa, anche da parte di chi si muove senza pregiudizi e con approcci alle problematiche prese in esame con atteggiamenti improntati al più stretto pragmatismo.
Non possiamo non ricordare come già per il precedente provvedimento, il decreto-legge n. 350 del 2001, il Governo pose la fiducia dopo un lungo dibattito. Fu quello un atto che aveva al suo interno i condizionamenti negativi che avrebbero portato al provvedimento odierno.
Ma oggi l'errore si ripete; non si è voluto discutere seriamente delle questioni che avete messo all'ordine del giorno. Che senso ha quel lungo elenco di «già fatto» che il Presidente del Consiglio dei ministri ha sciorinato in varie conferenze stampa se poi il già fatto viene seguito da un «dobbiamo rifarlo», perché è questo che ci state dicendo attraverso un tale provvedimento. Ma - e questo è ancora più grave - agli errori aggiungete altri errori; coinvolgete situazioni nuove che non avete ancora neanche voluto o potuto valutare con sufficiente precisione ma verso le quali l'esigenza ossessiva di far vedere che state cambiando qualcosa vi porta a provvedimenti che nei loro risultati sono semplicemente ridicoli, come quello sull'emersione del lavoro nero e sul rientro dei capitali dall'estero, dove la percentuale di tassazione avrebbe dovuto secondo voi essere bassa perché, altrimenti, non vi sarebbero stati rientri di capitale. Nonostante ciò, i capitali rientrati sono stati un quarto di quelli prudenzialmente stimati.
Di fronte ai trionfalismi e alle intransigenze di partenza, sostenuti dal suo atteggiamento di un'arroganza quasi offensiva, ammantata dalla presunzione di una conoscenza derivante dalla sua alta professionalità, come la mettiamo, signor ministro, professor Tremonti?
Inoltre, signor ministro, colleghi, il provvedimento in esame trasforma i sindaci di comuni, piccoli e grandi, in dirigenti del Ministero del lavoro, senza averne le professionalità specifiche, l'organizzazione e le risorse adeguate.
La proroga dei termini di operatività della legge, per quanto riguarda il rientro dei capitali illegalmente esportati, con ampliamento significativo delle fattispecie a rilevanza penale, nei confronti dei quali può operare lo scudo fiscale, aggrava l'aspetto amorale della legge e, comunque, non le conferisce nella sostanza una maggiore efficacia. Vi è un punto sul quale non siete in grado di misurarvi fino in fondo, quello della garanzia della riservatezza dei detentori dei capitali destinati al rientro e verso i quali voi non rappresentate un fattore definitivo, poiché nella forzatura vi è una valutazione degli interlocutori, su questo punto della legge, di un possibile futuro cambiamento.
È grave, inoltre, che, dopo mesi di confronto duro sulla questione dei diritti dei lavoratori dipendenti si tenti di introdurre, seppure con l'attenuante dell'incentivo all'emersione del lavoro nero, una limitazione dei diritti sindacali in tema di assemblee e permessi ed in quello dei trasferimenti.
Voi state impasticciando competenze e funzioni, senza rendervi conto dei danni che state creando. Che senso ha affidare funzioni di ispettorato del lavoro agli ispettori delle agenzie per le entrate?
In conclusione, mi chiedo, signor Presidente, se non vi sia del metodo in questa


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follia, poiché è difficile pensare che sia semplice incompetenza (Applausi dei deputati del gruppo Misto - Socialisti democratici italiani)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso del provvedimento.

GIORGIO JANNONE, Relatore. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIORGIO JANNONE, Relatore. Signor Presidente, considerando l'ora, gli impegni della Camera, nonché l'esauriente dibattito che si è svolto fino adesso, chiedo alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo del mio intervento conclusivo. Vorrei, altresì, ringraziare i colleghi e gli uffici della Commissione e dell'Assemblea che hanno contribuito utilmente ai nostri lavori.

PRESIDENTE. La Presidenza autorizza la pubblicazione del testo del suo intervento conclusivo in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

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