Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 119 del 20/3/2002
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La seduta, sospesa alle 10,20, è ripresa alle 12.

Informativa urgente del Governo sull'assassinio del professor Marco Biagi.

PRESIDENTE. Avrà ora luogo lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sull'assassinio del professor Marco Biagi.
Dopo l'intervento del ministro dell'interno, onorevole Scajola, potrà intervenire un oratore per ciascun gruppo, per cinque minuti, in ordine decrescente. È altresì previsto un tempo aggiuntivo per il gruppo misto. È prevista la ripresa televisiva diretta.
Ha facoltà di parlare il ministro dell'interno, onorevole Claudio Scajola.

CLAUDIO SCAJOLA, Ministro dell'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il primo pensiero commosso e deferente è rivolto alla famiglia del professor Marco Biagi, colpito a morte ieri sera a Bologna dalla violenza barbara ed aberrante di mani e di menti che, con un lucido disegno criminoso, tentano nuovamente di destabilizzare la democrazia e la società italiana.
Con l'assassinio vile e bestiale di un uomo che coltivava la forza delle idee, con nobiltà e coraggio, al servizio di un migliore futuro, è stato colpito, nei suoi sentimenti più alti, l'intero paese, l'intera comunità nazionale.
Questo atto gravissimo che rivela la persistenza attiva ed insidiosa di un fenomeno terroristico che appare e scompare, in un diabolico gioco di misure e di tempi premeditati, ha ucciso proditoriamente un uomo moderato che, con la sua vivida ed ingegnosa intelligenza, da anni si era, con grande disponibilità al dialogo ed alla mediazione, dedicato alla costruzione di progetti tutti orientati a creare le migliori condizioni per la crescita e la prosperità della vita dei lavoratori.
Ancora una volta un manipolo di assassini, imbevuti di una folle ideologia distruttrice, privi di ogni valore di civiltà, ha seminato terrore e panico fra la gente di una città, già profondamente colpita nel passato da altri ignobili attentati alla vita e alla pacifica convivenza sociale.
Fornisco i primissimi elementi dei fatti accaduti: ieri sera, alle ore 20,10 circa, a Bologna, in via Valdonica n. 14, il professor Marco Biagi, ordinario presso le università di Modena e Reggio Emilia, nonché consulente del ministro del lavoro, è stato ucciso, nei pressi della propria abitazione, da almeno due killer che viaggiavano, pare, a bordo di uno scooter e che indossavano caschi.
Gli attentatori hanno esploso almeno tre colpi di arma da fuoco, calibro 9 per 17, due dei quali hanno colpito mortalmente il professor Biagi, che tornava da Modena con il treno e si era diretto verso casa con la propria bicicletta, parcheggiata nei pressi della stazione ferroviaria. È stato colpito mentre si accingeva ad aprire il portone di ingresso dello stabile.
Tra i maggiori esperti di problematiche del lavoro, il professor Biagi figura tra i coordinatori, insieme al professor Sacconi, del gruppo di lavoro che ha redatto il Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, pubblicato nell'ottobre del 2001. È stato anche, quale rappresentante del comune di Milano, coautore del patto per il lavoro di Milano, ampiamente ed aspramente criticato nel volantino del nucleo proletario rivoluzionario che ha rivendicato il fallito attentato alla sede CISL di Milano, avvenuto il 6 luglio del 2000. Quale consulente del Ministero del lavoro, in epoca più recente, egli si era dedicato all'analisi delle problematiche connesse alla modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
L'azione, per il modo in cui è stato condotto l'agguato e per la scelta della vittima, richiama l'omicidio, compiuto il 20 maggio 1999, del professor Massimo D'Antona, contro cui vennero esplosi sei


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colpi di pistola, calibro 9 per 17, cinque dei quali lo uccisero, e rivendicato con un comunicato delle Brigate rosse-PCC (per la costruzione del partito comunista combattente).
L'omicidio del professor Biagi va, quindi, ad inserirsi, secondo la consolidata prassi di quei gruppi eversivi, in un momento di particolare tensione sociale, legato in modo specifico alle proposte di modifica dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Sottolineo che, nel recente passato, si era già registrata una corposa diffusione documentale, accompagnata anche dal compimento di attentati esplosivi, da parte di quelle sigle terroristiche che, all'indomani dell'omicidio D'Antona, nel solco dell'impianto programmatico delle Brigate rosse-partito comunista combattente, si sono proposte come avanguardie rivoluzionarie per costruire il partito comunista combattente e il fronte combattente antimperialista. Faccio riferimento, nel dettaglio, agli attentati rivendicati dal nucleo di iniziativa proletaria rivoluzionaria il 14 maggio 2000 a Roma, ai danni della commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici; il 10 aprile 2001, ai danni di uno stabile che ospita gli uffici del Consiglio per le relazioni Italia-Usa e dell'Istituto affari internazionali; ma anche agli attentati rivendicati dal nucleo proletario rivoluzionario il 6 luglio 2000 a Milano, ai danni della locale sede della CISL, dai nuclei territoriali antimperialisti, il 15 settembre 2000, ai danni della sede triestina dell'organismo internazionale denominato Iniziativa centro Europa e, quindi, il 9 agosto 2001 ai danni del tribunale di Venezia.
Nella produzione documentale dei citati gruppi, particolare attenzione viene rivolta alle tematiche sociali e del lavoro, con ripetuti attacchi all'asserita politica neocorporativa e di concertazione sviluppatasi nel corso degli anni tra Governo, Confindustria e sindacati, finalizzata a vanificare le conquiste della classe ottenute nel passato.
Su questo crimine sono già in corso attive indagini ed il direttore del servizio antiterrorismo si è subito portato a Bologna, già ieri sera, per coordinare, d'intesa con l'autorità giudiziaria, le prime fasi dell'investigazione. Presso la prefettura si è tenuta una riunione cui hanno partecipato gli organi di polizia e la competente autorità giudiziaria per valutare le prime strategie investigative. Oggi pomeriggio, a Bologna, convocato dal ministro dell'interno, si terrà il comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica. In quella sede, si incontreranno anche i massimi responsabili delle istituzioni regionali e locali, nonché i vertici della magistratura.
Per quanto riguarda la circostanza che il professor Biagi non usufruiva più di un servizio di tutela, non ho difficoltà ad esporre la sequenza dei fatti.
A seguito del rinvenimento, in data 6 luglio 2000, di due ordigni incendiari presso la sede provinciale della CISL di Milano, in sede di riunione di coordinamento delle forze di polizia, i prefetti di Bologna (25 luglio 2000), di Milano (2 settembre 2000), di Roma (7 settembre 2000) e di Modena (11 settembre 2000) disponevano l'attivazione di un servizio di tutela a protezione. A distanza di circa un anno, le stesse autorità, in occasione delle periodiche verifiche della sussistenza di concrete situazioni di esposizione al rischio, riesaminavano la questione e, nelle riunioni dei comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, si decideva a Roma, il 9 giugno 2001, a Milano, il 19 settembre 2001, a Bologna, il 21 settembre 2001, e a Modena, il 3 ottobre 2001, ritenendo cessate le esigenze di tutela.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la subcultura terroristica ha voluto così eliminare una vita preziosa per il paese e per la sua famiglia, immaginando di troncare per sempre una progettualità, contando di seminare panico ed angoscia per soffocare ogni dibattito pacifico ed ogni confronto di idee, per cancellare il dialogo e la ragione, per creare una profonda frattura nella società italiana.
Chi ha immaginato tutto questo sappia subito che la Repubblica ed i suoi cittadini hanno la forza, i sentimenti, la volontà e


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la determinazione di reagire con fermezza, senza lasciarsi intimidire, la forza per dire «no» ad ogni forma di imbarbarimento, ad ogni tentativo di interruzione della vita democratica che è circuito di civiltà e non di terrore, di unione e non di divisione, di cultura della pace e non dell'odio, di arricchimento e non di impoverimento della dinamica sociale.
Il Consiglio dei ministri, nella riunione ancora in corso, ha deciso che i funerali del professor Biagi saranno funerali di Stato.
Il paese ed i cittadini sappiano di poter contare, sino in fondo, sull'impegno senza sosta delle forze di polizia, della magistratura; sappiano che la civiltà e la libertà saranno difese ad ogni costo e tutti uniti (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, dell'UDC (CCD-CDU), della Lega nord Padania, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Minoranze linguistiche, Misto-Nuovo PSI - Applausi di deputati del gruppo Misto-Socialisti democratici italiani).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, signor ministro, onorevoli colleghi, la nostra democrazia, ancora una volta, è davanti ad una difficile prova: come conciliare la libertà del dibattito democratico, che implica anche polemiche, con la necessità di non dare spazio ad un terrorismo che punta ad inserirsi nello scontro politico democratico per realizzare le sue imprese criminali.
D'altra parte, una cosa non può assolutamente passare nella nostra società, al di là del merito dei problemi, ossia la rassegnata convinzione che è impossibile riformare le relazioni industriali, perché chi ci prova è a rischio, in quanto l'azione terroristica scatta automaticamente e, ogni volta, colpisce un bersaglio. Eppure così è stato per il professor Giugni - che, per caso, ha salvato la vita -, per Tarantelli, per D'Antona e, oggi, per Marco Biagi.
In questa riflessione, volutamente priva di accenti polemici, non possiamo fare a meno, tuttavia, di rilevare che una cosa è totalmente inaccettabile: parlare anche in questo caso - come qualcuno irresponsabilmente ha fatto - di omicidio di Stato. No, non ci troviamo di fronte ad un omicidio di Stato, ma ad un omicidio contro lo Stato, contro le istituzioni democratiche, ad opera del terrorismo estremista.
Noi tutti, dunque, maggioranza ed opposizione, siamo di fronte ad un grande problema, quello di continuare a sviluppare un confronto su questioni che ci vedono su posizioni molto distanti e, nel contempo, di usare un linguaggio che marchi questo dissenso, ma non la demonizzazione di chi si intende contestare. Questo è anche il significato delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio che, non a caso, oggi ha invitato le parti sociali a riprendere il confronto, ferme rimanendo le rispettive posizioni.
Tutti dobbiamo sapere che, in presenza di un soggetto terrorista, certamente estraneo ad ogni forza rappresentata in Parlamento, ma pronto ad utilizzare ogni spazio, le parole sono pietre e che esse possano essere trasformate dai terroristi in pallottole per devastare il confronto democratico.
Un ultimo auspicio voglio formulare rivolgendomi al ministro dell'interno. Onorevole ministro, noi ci auguriamo che le indagini si sviluppino senza guardare in faccia a nessuno, che esse riguardino, come hanno osservato anche gli onorevoli Rutelli e Treu, l'area del Ministero del lavoro e, in special modo, che non siano sabotate, com'è avvenuto in occasione delle indagini per l'omicidio del professor D'Antona, da indiscrezioni tanto mirate quanto gravissime.
Tutti - maggioranza ed opposizione - dobbiamo lavorare per liquidare il cancro terrorista, proprio per ridare al dibattito politico la libertà e la civiltà del confronto, della polemica e del dissenso (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'UDC (CCD-CDU), della Lega nord Padania, Misto-Nuovo PSI e di deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)!


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PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Violante. Ne ha facoltà.

LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, quest'omicidio colpisce, anzitutto, un uomo e una famiglia e, poi, la nostra democrazia.
Noi esprimiamo la nostra solidarietà alla famiglia e, a questo scopo, il segretario del nostro partito si è recato a Bologna.
Questo è un momento in cui le classi dirigenti dimostrano se hanno nerbo, se hanno forza. Se li hanno, riescono ad unire il paese, a non fare del terrorismo un soggetto politico, ad isolarlo e a batterlo. Questa è una prova per tutti noi!
Non intendiamo fare alcuna polemica, signor ministro; non è tempo. Però, verrà il momento in cui ella spiegherà quali indirizzi politici siano stati assunti dal suo ministero dopo la relazione dei servizi di sicurezza sui rischi che correvano persone che cooperavano con il ministro Maroni. Intendiamo respingere con nettezza, altresì, ogni forma di strumentalizzazione: sono state espresse, in questi giorni ed oggi stesso, posizioni non esemplari, che respingiamo. Occorre prudenza.
Quando arriveranno le rivendicazioni, le leggeremo e le studieremo. Lei ricorderà, signor ministro, che la rivendicazione dell'omicidio D'Antona fu molto articolata, studiata ed approfondita: non era scritta da una penna qualsiasi; ed anche questo elemento serve per capire l'ambiente ed i luoghi da cui parte questo tipo di omicidi. La bomba al Viminale, invece, non è stata ancora rivendicata, credo. Quindi, bisognerà anche capire cosa voglia dire, cosa significhi questo agire senza rivendicare: una novità, per alcuni aspetti, nel nostro paese.
L'impegno è quello di ricostruire l'unità di tutti i cittadini, di tutti i sindacati e di tutte le forze politiche. È difficile, perché il clima attuale non è quello di vent'anni fa, perché vi sono differenze profonde nel mondo politico e nella società italiana e perché esiste una fragilità in Italia. Non nel paese, che ha risposto più volte con forza e con unità e più volte ha risalito la china dopo momenti di difficoltà: io credo che esista una fragilità nel sistema politico italiano. Quando il conflitto appare più aspro, nei momenti in cui si affrontano questioni che toccano il lavoro, che toccano nel profondo la società italiana e si producono lacerazioni, proprio in quei momenti si inserisce l'attentato terroristico (mi riferisco anche agli attentati che colpirono il professor D'Antona, Tarantelli e tanti altri).
Qui si pone una questione che investe la nostra responsabilità di classe dirigente: come restituiamo forza al sistema politico? È difficile, è difficile, colleghi, perché sono tante le cose che ci dividono! Tuttavia, credo in una cosa: dobbiamo compiere uno sforzo per fare in modo che vi siano elementi di congiunzione su alcuni valori di fondo, che non schiacciano il conflitto, sale della democrazia, ma che non permettano che in esso si inseriscano il terrorismo e la violenza, da chiunque manipolati o strumentalizzati.
Credo questa sia la scommessa che abbiamo davanti. Qui si rivelerà la nostra forza di classe dirigente. Noi ci impegneremo in questa direzione e spero che l'impegno sia comune a tutti. Sarebbe il modo migliore per rispondere agli assassini di ieri e sarebbe anche il modo migliore per essere all'altezza di chi, da varie parti, operando su varie sponde, ha costruito la democrazia in questo paese e, costruendola, ci ha lasciato un messaggio: vi sono momenti in cui il paese deve essere unito, in cui le differenze devono restare, ma devono costituire, come dire, elemento di identità e di capacità democratica, non di scontro e di lacerazione (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Forza Italia, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, dell'UDC (CCD-CDU), della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cristaldi. Ne ha facoltà.

NICOLÒ CRISTALDI. Signor Presidente, onorevole Vicepresidente del Consiglio,


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onorevoli componenti del Governo, onorevoli colleghi, il nostro paese vive un altro momento di dolore, proprio quando si sta cercando tutti insieme, al di là della forte polemica, anche parlamentare, di ampliare ed amplificare il processo di modernizzazione del nostro paese.
Ci sono analogie - è stato scritto ed è stato detto - nella natura dell'omicidio che colpisce Biagi. Tornano alla mente di ognuno di noi le ragioni, le considerazioni che sono state svolte nel momento in cui veniva assassinato D'Antona; e chi legge le cose scritte da Marco Biagi si accorge che ci sono molte cose che erano state scritte da D'Antona. Siamo di fronte ad un processo di modernizzazione che vuole in qualche maniera essere bloccato da corpi esterni alle istituzioni. Nei giorni prossimi si porranno interrogativi per cercare di individuare perché sia stato compiuto questo nuovo omicidio, da cosa nascano e dove proliferino le idee della perversione contro le istituzioni e contro lo Stato. Mille ragioni potranno essere trovate, onorevole Presidente, ma certo non può passare inosservato ciò che lo stesso Biagi scriveva soltanto qualche ora prima di morire. Egli affermava: poiché in Italia abbiamo il peggior mercato del lavoro d'Europa, non vi sono alternative; ignorare le richieste di modernizzazione provenienti da Barcellona sarebbe, in fondo, una scelta egoistica proprio di chi pensa a se stesso e non immagina un futuro migliore per i propri figli. La solidarietà è effettiva se davvero si cerca di costruire una società diversa e più giusta.
È chiaro che queste affermazioni sono condivise dall'intero Parlamento; non può esistere forza politica, singolo deputato, che non possa apporre la propria firma su queste dichiarazioni. Ed allora perché muore Biagi? Perché fuori dalle istituzioni, fuori dal Parlamento, fuori dalla concezione naturale dello Stato, ci sono soggetti che pensano di minare lo stesso Stato, di creare le condizioni perché si interrompa il confronto. Di fronte all'atroce delitto noi dobbiamo continuare, come componenti del Parlamento, come rappresentanti istituzionali, nel duro confronto; e credo che il duro confronto politico sia la migliore risposta che viene data all'azione dei killer, che vogliono interrompere questo confronto politico, killer che vogliono, in fin dei conti, creare una condizione diversa, molto lontana dalla stessa democrazia. Allora, permettetemi di dire che ha ragione il presidente del gruppo di Alleanza nazionale, Ignazio La Russa, quando, di fronte a questa vicenda, a caldo, dichiara: non bisogna dimenticare che quello che per noi è sano confronto dialettico per altri diventa alibi per l'uso di strumenti che noi rifiutiamo drasticamente (Applausi dei deputati dei gruppi di Alleanza nazionale, di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, dell'UDC (CCD-CDU), della Lega nord Padania, Misto-Minoranze linguistiche, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Enzo Bianco. Ne ha facoltà.

ENZO BIANCO. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, vi è una lucida, crudele coerenza nelle azioni criminali di chi oggi rinnova l'attacco terroristico contro lo Stato e uccide vigliaccamente inermi servitori delle istituzioni. Vengono scelti, come bersaglio, uomini dalla storia personale limpida, uomini che svolgono con riconosciuta competenza funzioni delicate, eppure non vistose, segnati da un'assoluta autonomia di giudizio, animati da un'autentica cultura riformistica. Marco Biagi era un uomo così, schietto, autentico, vero.
I deputati di Democrazia e Libertà, noi, signor Presidente, ci associamo al dolore espresso dal Presidente della Repubblica e al cordoglio che lei, Presidente Casini, ha subito espresso, a nome della Camera dei deputati, alla moglie ed ai figli.
Ci sentiamo anche noi direttamente colpiti. Marco Biagi aveva lavorato con il Presidente del Consiglio Romano Prodi, con il ministro del lavoro Tiziano Treu; Marco Biagi aveva manifestato vivo interesse verso il nostro progetto, aveva collaborato con la CISL e con l'AREL, lavorava oggi, con pari lealtà, con il Governo e con il Ministero del lavoro.


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Occorre attendere, naturalmente, probabili rivendicazioni; occorre che magistrati e Forze di polizia facciano il proprio lavoro senza risparmio di energie. Ma l'analogia, in particolare, con il vile attentato al professor Massimo D'Antona è evidente; evidente è l'attenzione verso il mondo del lavoro ritenuto un nodo cruciale, un'area in cui è possibile innescare strategie eversive; evidente è la considerazione che i primi nemici dei terroristi sono proprio coloro i quali, con rigore scientifico e con coerenza, svolgono la funzione di ponte. Come in una guerra, quando vi sono due parti di una città occupate da truppe avversarie, coloro i quali svolgono una funzione di ponte sono il primo bersaglio da colpire.
Non vi è ancora una rivendicazione ma è chiaro, mi pare, l'obiettivo dei terroristi: creare tensione istituzionale, favorire un clima di emergenza, condizionare la normale dialettica democratica. Per questo, se l'obiettivo è dividere, la nostra risposta, la risposta di tutto il Parlamento, delle forze sociali, non può che essere una sola: unità, unità sulla difesa della democrazia. Noi, come opposizione, siamo pronti a fare, come sempre, oggi come ieri (dall'opposizione, come ieri dal Governo), senza esitazione, la nostra parte.
Signor Presidente, vorrei sommessamente, invitare tutti - Governo, Parlamento, forze politiche ma anche forze sociali ed imprenditoriali - a non partecipare a quella troppo frequente abitudine di tentare macabre speculazioni del drammatico attentato contro Marco Biagi, volte a trarre argomenti per il proprio interesse politico. Qualche sentore di questa tendenza, signor Presidente, l'abbiamo percepito anche in queste ore. Abbiamo tutti rispetto per questo coraggioso servitore dello Stato. Abbiano tutti rispetto per questo coraggioso servitore dello Stato.
La seconda risposta è la fermezza; fermezza contro il terrorismo; quella fermezza che è stata vincente negli anni passati; quella fermezza che consentirà alla magistratura, alle Forze di polizia ed all'intelligence di lavorare al meglio, individuando i responsabili degli assassinii, consegnandoli alla giustizia, condannandoli in modo esemplare.
La terza ed ultima risposta, signor Presidente, è: normalità; normalità della vita democratica. Non saremo noi a chiedere al Governo di modificare la sua posizione sull'articolo 18 per questo assassinio, così come non si può e non si deve pensare di costringere l'opposizione e le forze sociali a modificare la loro. L'obiettivo dei terroristi sarebbe raggiunto se essi potessero influenzare la dialettica democratica e non si faccia l'errore clamoroso di attribuire ai toni del confronto politico - che pure auspicabilmente, da tutte le parti, possono essere moderati - la causa scatenante dell'attentato. La forza della nostra risposta dipenderà dalla capacità di coniugare, tutti, con equilibrio e senza speculazioni, unità, fermezza, normalità (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, dell'UDC (CCD-CDU), della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Follini. Ne ha facoltà.

MARCO FOLLINI. Signor Presidente, di fronte alla violenza, di fronte al ritorno del terrorismo che semina morte e paura nella vita del paese, tutti sentiamo come le parole siano inadeguate, impari ed io non vorrei aggiungere molte altre parole a quelle che lei, questa mattina, ha pronunciato in quest'aula con umanità e senso delle istituzioni.
Biagi era uomo di parte, dalla parte delle sue idee, delle sue convinzioni, ma era anche uomo di frontiera, era una di quelle cuciture fondamentali che tengono insieme il tessuto del dibattito che oppone gli interessi sociali, spesso in conflitto.
Di fronte a questa drammatica vicenda abbiamo un dovere fondamentale, quello di assicurare l'unità della politica intorno alle istituzioni. Sappiamo bene che la


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politica è passione, è controversia, è conflitto, che si nutre di differenze aspre, forti, e nessuno di noi immagina di sottrarre alcunché a tale passione ed a tali differenze. Sappiamo però che la politica è anche, e soprattutto, l'organizzazione di una convivenza, la capacità di riportare le differenze di opinione, tutte le differenze, sotto il cielo di una comune visione della civiltà democratica, una visione che accomuni questo Parlamento, coloro che siedono in tutti i banchi di questo Parlamento, tutti i settori di questo Parlamento.
L'onorevole Moro, vittima anni fa di una violenza terrorista altrettanto cieca, pronunciò in Parlamento una frase che voglio ricordare. Nel pieno di una controversia molto dura con l'opposizione, rivolgendosi ai banchi dei suoi oppositori, disse: «per quanto tempo abbiamo passato a dividerci, a disputare, a litigare tra di noi, per tutto il tempo che ci siamo dedicati, qualcosa di noi è rimasto in voi e qualcosa di voi è rimasto dentro di noi». C'è chi può leggere, venti e più anni dopo, questa frase come il retaggio di una stagione consociativa; io preferisco leggerla come un monito, come una profezia e, per quanto ci riguarda, come l'impegno con il quale siamo dentro le istituzioni nella vita della Repubblica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi dell'UDC (CCD-CDU), di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, di Alleanza nazionale, della Margherita, DL-l'Ulivo, della Lega nord Padania, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Minoranze linguistiche e Misto-Nuovo PSI).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cè. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO CÈ. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, in questo momento, è già stato detto, le parole sono assolutamente inadeguate. Siamo come attoniti di fronte a tragedie di questo genere e non possiamo che esprimere il cordoglio alla famiglia.
Possiamo svolgere però alcune valutazioni generali: è chiaro che in questo momento è assolutamente necessaria la compostezza, la compattezza e la responsabilità della classe politica; l'obiettivo comune è quello di isolare i terroristi. Ho ascoltato dichiarazioni - apprezzate - da parte di tutte le forze politiche, ed ancor di più ho apprezzato le dichiarazioni dei sindacati in questi giorni. È chiaro che alle parole dovranno poi seguire comportamenti coerenti da parte di tutti.
Se l'obiettivo è questo, e di ciò siamo tutti convinti, per raggiungerlo esiste uno strumento: che il messaggio proveniente dalle istituzioni, da tutte le forze politiche, sia un messaggio chiaro; tutti assieme dobbiamo cioè assumerci l'impegno di dare messaggi assolutamente chiari. Mi riferisco innanzitutto a messaggi positivi: che questo è un paese certamente democratico; che tutti noi crediamo fermamente e difendiamo regole che sono quelle di un paese democratico, da tutti condivise fino in fondo; che chi vince è legittimato a governare; che l'essenza stessa della democrazia è la possibilità di un'alternanza di governo (ed in un paese democratico come il nostro tale alternanza è possibile e consiste nel pieno rispetto della volontà popolare; questo passaggio, lo sottolineo, è possibile, e rappresenta l'essenza stessa della democrazia).
All'interno di tali regole condivise il confronto può anche essere duro, come lo è stato in questi giorni su vari argomenti, anche sull'articolo 18, anzi deve essere duro, perché il sale della democrazia è proprio un confronto aperto, trasparente ed anche aspro tra le forze politiche.
Dobbiamo, però, anche lanciare messaggi che siano lontani mille miglia da quelli che, alcune volte, provengono dalle forze politiche presenti in quest'aula. Talvolta, sono messaggi di delegittimazione dell'avversario, sia in modo diretto sia in modo indiretto. Nel momento in cui qualcuno sostiene che la piazza possa sostituirsi alle istituzioni, lancia un messaggio di delegittimazione indiretto, che fa male al paese e alla democrazia.
Bisogna rifuggire da eccessi di demagogia che alcune volte caratterizzano tutti noi (sto, infatti, facendo un discorso che


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riguarda tutti); dobbiamo fare attenzione a questi atteggiamenti, perché, altrimenti, le conseguenze sarebbero devastanti. Bisogna evitare sistematicamente la falsificazione dell'informazione. Il nostro confronto democratico, duro, deve avere un punto di riferimento imprescindibile: la veridicità degli argomenti ai quali facciamo riferimento. A tal proposito, la discussione sull'articolo 18 si è discostata molto dalla veridicità dei fattori e dei temi in discussione. Dobbiamo essere lontanissimi da ogni logica che possa sostenere l'odio e difendere il diritto (anche dei nostri più strenui avversari) di esprimere fino in fondo e legittimamente la propria opinione.
In caso contrario, come conseguenza (ciò è stato già detto) si creerà un alibi per coloro che, con la violenza e con il terrorismo, intendono destabilizzare le istituzioni.
Pertanto, credo che, se faremo ciò, questo sarà un momento tragico e triste (l'ennesimo che abbiamo vissuto nella storia della Repubblica), ma sarà anche un momento che rinsalda le istituzioni e rafforza la democrazia (Applausi dei deputati dei gruppi della Lega nord Padania, di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'UDC (CCD-CDU)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bertinotti. Ne ha facoltà.

FAUSTO BERTINOTTI. Signor Presidente, signore e signori deputati, credo che tutti sentiamo il peso dell'inadeguatezza delle parole e anche, forse, la terribile banalità delle parole stesse contro il male. Eppure, capisco che, essendo donne e uomini pubblici, dobbiamo ribellarci a questa condizione. Allora, la prima parola deve essere spesa per il valore della vita umana e la solidarietà alla famiglia ed a coloro che sono stati più vicini al professor Marco Biagi. Questa è la prima parola da dire. Il dramma provocato da una barbarie politica è ancora più inaccettabile. Per questo motivo la nostra avversione ad ogni forma di violenza, al terrorismo e alla guerra è così netta.
Il terrorismo è un fenomeno politico autoreferenziale e distruttivo; si può generare in ogni momento e in ogni condizione. Ieri ha ucciso il professor D'Antona e oggi il professor Marco Biagi in contesti diversissimi di quadro politico, di condizioni sociali, di protagonismo delle masse e di livello dello scontro. Il terrorismo è un fenomeno autoreferenziale spaventoso e noi lo sentiamo come avverso alla nostra causa.
La risposta che la comunità politica e istituzionale deve dare - lo dico io che sono comunista - è una risposta liberale, che tenda a non lasciare che le istituzioni vengano inquinate dal veleno del terrorismo e a lasciare che, dunque, vedano esprimersi al loro interno il pieno esercizio del dissenso e del conflitto, contro ogni propensione all'union sacrée.
Questa concezione liberale comprende anche il buon funzionamento degli apparati. Non sono un esperto di servizi, ma sento che qui vi è una qualche inefficacia nella risposta dello Stato. Ma vi è anche un problema di cultura politica e dobbiamo bandire ogni rapporto causale tra qualunque fenomeno della società e il terrorismo. Non vi è alcun rapporto causale tra il conflitto sociale e il terrorismo, come non vi è tra lo scontro politico e il terrorismo. È il terrorismo che può strumentalizzare gli uni o gli altri.
Per sconfiggerlo, appunto, bisogna recidere questa pericolosa connessione. Per questo, lo dico rispettosamente, non mi convincono le parole del Presidente del Consiglio e penso che siano sbagliate le parole del presidente della Confindustria che ha connesso al presunto clima di odio l'atto terroristico infame. Le parole possono essere pietre, ma le parole non sono mai pallottole.
Non dirò, signori del Governo, che, se voi andrete avanti nella manomissione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, con ciò alimenterete il terrorismo. Non lo dirò, perché non lo penso. Vorrei che si dicesse che la lotta contro la modifica dell'articolo 18 non alimenta e non può alimentare il terrorismo. Al terrorismo c'è una sola risposta possibile: quella


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della democrazia. Nella democrazia ognuno deve fare la sua parte. La nostra parte è quella di combattere per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori (Applausi dei deputati dei gruppi di Rifondazione comunista, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e di deputati dei gruppi di Forza Italia, dell'UDC (CCD-CDU) e della Lega nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.

OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto esprimere il più sincero cordoglio alla famiglia del professor Biagi anche se so perfettamente quanto poco servano le parole in momenti come questi. Niente, nessuna parola può esprimere lo sdegno, l'orrore per l'assassinio a freddo di un uomo disarmato al quale, il ministro dell'interno me lo consentirà, è stata tolta incredibilmente la scorta.
Cordoglio, dolore, condanna ferma, fermissima. Alla vigilia di quella che si preannuncia come la più grande manifestazione dei lavoratori della storia italiana, questo omicidio è un colpo inferto innanzitutto proprio al movimento dei lavoratori, ai sindacati. Noi che abbiamo avuto l'onore di militare nello stesso partito di Guido Rossa, operaio comunista di Genova trucidato dalle Brigate rosse, ben sappiamo che il terrorismo politico è un nemico mortale dei lavoratori e delle loro lotte. Condanna fermissima, dunque: isolare i terroristi. Tuttavia, vorrei evitare che questo nostro dibattito parlamentare si traducesse in un esercizio retorico, magari nobilissimo, ma retorico. Occorre parlare di politica, comprendere quale debba essere la risposta politica a questo omicidio.
Il Presidente Berlusconi ha dichiarato a caldo: fermiamo l'odio. Parole simmetricamente confermate - lo si è già ricordato in quest'aula - dal presidente di Confindustria che ha affermato: avverto un clima di odio. Ciò, come a voler collegare le lotte e lo scontro aspro politico e sociale, ma pacifico e democratico, a questo orrendo omicidio. È un'operazione che va contrastata con ogni mezzo e da parte di tutti in quest'aula.

IGNAZIO LA RUSSA. Con ogni mezzo?

OLIVIERO DILIBERTO. Infatti, se passerà questa equazione tra lo scontro sociale e il terrorismo, avremo un drammatico restringimento degli spazi democratici e di opposizione: avranno vinto proprio i terroristi.
So che la mia potrà apparire una voce fuori dal coro, ma non voglio farmi intimidire dal terrorismo e non voglio, quindi, impormi alcuna autocensura nello svolgere il mio compito di oppositore. Non voglio abbassare i toni contro questo Governo, ma intendo farlo, come è ovvio, pacificamente e democraticamente. Voglio continuare la mia battaglia di opposizione senza che questa sia menomata dal terrorismo.
Lo scontro, quello che sia il Presidente del Consiglio sia il presidente di Confindustria chiamano odio, non è stato scelto dai sindacati, signori del Governo. È stato scelto da voi, è stato scelto da Confindustria (Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)! Sono due facce della stessa medaglia.
Voglio dire con molta pacatezza: non c'è alcuna violenza giustificabile, nessuna. Ogni forma di violenza va contrastata con la massima fermezza. Ma allora, qualcuno dovrà spiegare ai membri del Governo che anche un licenziamento indiscriminato è una forma intollerabile di violenza ed io intendo combatterla (Una voce dai banchi di Alleanza nazionale: «È inaccettabile!»).
Difendere l'articolo 18 significa difendere proprio la democrazia, la coesistenza sociale e la dignità di tutti, non solo quella dei lavoratori. Più saremo in piazza sabato 23 marzo con i sindacati (Una voce dai banchi del gruppo di Forza Italia: «Vergognati!), più forti saremo contro il terrorismo (Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Alcuni deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale escono dall'aula)...


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GIANANTONIO ARNOLDI. Vergognati!

GIORGIO JANNONE. Vergognati!

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, gli italiani ci guardano e, naturalmente, ognuno può dare i giudizi che ritiene opportuni.

ALBERTO DI LUCA. Meno male che lo guardano!

OLIVIERO DILIBERTO. ...signor Presidente, onorevoli colleghi, più forti saremo anche contro il terrorismo. Vorrei ricordare il tributo dato dai sindacati e dai partiti della sinistra alla lotta contro il terrorismo, in momenti molto difficili, più difficili di quelli attuali. Questo contributo non dobbiamo dimenticarcelo mai, anche se oggi governate voi, non dovete dimenticarlo mai perché noi, che veniamo da questa storia, sappiamo il prezzo che abbiamo pagato. Vogliamo continuare a combattere contro il terrorismo per la democrazia e le istituzioni di questo Stato, ma vogliamo farlo insieme e non contro i lavoratori, come qualcuno pensa di fare in quest'aula (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boselli. Ne ha facoltà.

ENRICO BOSELLI. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, rendo omaggio a Marco Biagi, professore di diritto del lavoro, un intellettuale di straordinario valore e un uomo impegnato con le sue idee e le sue convinzioni nelle questioni sociali. Era un mio amico personale da oltre trent'anni, un compagno socialista con il quale ho condiviso momenti molto importanti della mia vita, a cominciare da quello che stamattina ho ricordato fra i tanti che mi sono venuti alla mente, cioè che all'età di 16 anni, quando mi iscrissi al Partito socialista italiano, fu proprio lui a firmare la mia domanda di adesione.
Stamattina provo dolore e commozione, quello che si prova quando si perde un amico ed un compagno. Ci sono tanti intellettuali, molti dei quali provengono dal mio mondo, che si sentono più al servizio del paese che non di quella o di questa fazione. Marco Biagi era tra questi intellettuali, di cui ho sempre rispettato - anche se non sempre li ho condivisi - i convincimenti.
Collaborava da qualche mese con il ministro Maroni - così come aveva fatto in questi anni con i ministri Treu e Piazza e con il Presidente Prodi - conservando una sua visione riformista della questione sociale: l'assassinio di Marco Biagi è una fotocopia tragica di quelli di Massimo D'Antona e di Ezio Tarantelli. Ricordo le parole pronunciate da Federico Mancini - Biagi fu uno degli allievi prediletti di questo grande giurista, padre dello statuto dei lavoratori insieme a Gino Giugni, anch'egli intellettuale colpito da questo terrorismo - che, riferendosi all'azione delle Brigate rosse, disse che i terroristi puntano a distruggere i cervelli: tutto ciò è accaduto anche ieri.
In una democrazia liberale come la nostra le idee non vanno soppresse perché costituiscono la principale espressione della libertà. In una democrazia liberale come la nostra non esistono nemici da eliminare ma solo avversari con i quali confrontarsi anche aspramente ma civilmente, non c'è posto per la demonizzazione, per la demolizione morale dell'avversario e per gli scontri di civiltà.
Credo che la morte di Marco Biagi non debba essere l'occasione per reciproci scambi di accuse fra maggioranza ed opposizione. Signor Presidente della Camera, ho apprezzato molto le parole, molto misurate ed autorevoli, che lei ha pronunciato questa mattina e prendo atto anche delle dichiarazioni rese poco fa dal ministro dell'interno. Voi sapete che il mondo del lavoro, le organizzazioni sindacali - importante è dirlo oggi - sono state e sono un baluardo contro la violenza e contro il terrorismo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti democratici italiani, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Verdi-l'Ulivo).
La morte di Biagi non deve servire ad oscurare, a sminuire ed a sottovalutare i


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gravissimi contrasti esistenti tra Governo e opposizione persino su delicate questioni di libertà, ma deve spingerci tutti a trovare insieme valori comuni da difendere.
Noi tutti dobbiamo impegnarci per la nostra democrazia, fondata sull'alternanza, affinché divenga una democrazia normale. Marco Biagi, Massimo D'Antona, Ezio Tarantelli sono la testimonianza di una passione politica e civile che deve restare sempre, per tutti noi e per tutti i cittadini, un forte ammonimento e un nobile insegnamento.
Ritengo sia giusto rivolgere alla moglie Marina e ai due figli il più affettuoso cordoglio. Addio Marco, la Camera dei deputati ti rende omaggio per il tuo sacrificio per la democrazia e per la libertà (Generali applausi - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.

ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, esponenti del Governo, è evidente che ci troviamo di fronte ad un assassinio gravissimo, a un omicidio che è omicidio terroristico. Ciò è talmente vero che, nella relazione semestrale, i servizi segreti avevano identificato un problema grave che poteva colpire segnatamente dei tecnici in ruoli tecnici e di consulenza.
Francamente, noi Verdi ci aspettavamo, signor ministro, che ci fosse - e spero ci sarà - una attenta valutazione sul perché vi fossero queste segnalazioni dei servizi segreti e sul perché una persona come il professor Biagi, ieri, fosse senza una tutela nella sua Bologna. Ciò non per aprire in questa sede un tema di polemica.
Lei, signor ministro, è stato molto dettagliato spiegandoci i motivi della revoca della tutela ma, oggi, è l'ora di verificare se in altri casi non sia necessario rivedere le procedure delle scorte in situazioni di particolare gravità. Infatti, l'unità che dobbiamo avere nei confronti di tutti i terrorismi, tutte le violenze, di tutte le criminalità e di tutte le guerre deve essere seria, forte ma, allo stesso tempo, occorre garantire la regolarità e la normalità democratica del confronto, del conflitto, della discussione democratica. Questo è il nostro dovere di classe politica.
La vera risposta ferma e seria al terrorismo è durezza contro i criminali, grande attenzione delle forze dell'ordine e delle istituzioni nella difesa dei propri uomini e, nello stesso tempo, grande normalità del confronto democratico. Non va dimenticato, signor ministro, che per oggi tutti i sindacati hanno indetto uno sciopero contro il terrorismo. Anche questo è un segnale forte a dimostrazione che continua la manifestazione pacifica.
Quindi, non solo cordoglio e solidarietà alla famiglia del professor Biagi, ma anche grande unità d'azione del paese contro il terrorismo e contro tutte le violenze (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Collè. Ne ha facoltà.

IVO COLLÈ. Signor ministro, onorevoli colleghi, intendo innanzitutto esprimere le condoglianze alla famiglia del professor Marco Biagi, un serio professionista il cui prestigioso profilo è già stato ricordato da coloro che mi hanno preceduto. Tuttavia, voglio ripetere che, proprio in virtù delle sue capacità, si tratta di un uomo che ha collaborato prima con i governi di centrosinistra ed ora con il Governo di centrodestra.
Quanto avvenuto ieri è gravissimo. Poche settimane fa, in quest'aula, durante il dibattito sull'attentato al Viminale, avevo lanciato un appello ad abbassare i toni del dibattito dentro e fuori il Parlamento; ma non può dirsi che ciò sia avvenuto.
Tutti sappiamo a quali progetti stesse lavorando il professor Biagi.
Ritengo di poter dire che il nostro paese deve dare una risposta forte ed unitaria e deve dimostrare di essere, nei fatti, un paese moderno ed europeista. Ritengo si debbano abbassare i toni della polemica quando questa è strumentale; in un paese democratico le parti devono sapersi confrontare senza creare nemici o demonizzare gli avversari.
Lancio un invito, pertanto, rivolto a tutte le parti coinvolte nel dibattito sulle


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problematiche del lavoro, ad una profonda riflessione e ad un confronto serio, sereno e leale. Un grande segnale di distensione potrebbe venire dalla sospensione dello sciopero generale, in un momento in cui, più che ogni altra cosa, è utile una pausa di riflessione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Verdi-l'Ulivo e di deputati del gruppo di Forza Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Craxi. Ne ha facoltà.

BOBO CRAXI. Signor Presidente, signor ministro dell'interno, mentre ci uniamo al cordoglio solenne espresso dal Presidente della Camera e da tutte le forze politiche e parlamentari, ci sentiamo nuovamente chiamati a riflettere ed a rispondere agli interrogativi posti da un delitto che ha una chiara matrice di carattere politico.
È stata ricordata in queste ore la lunga scia di sangue che lungo l'arco di un trentennio ha colpito professionisti del diritto del lavoro uniti nella stessa sorte dalla comune matrice di un limpido e moderno pensiero riformista. E oggi, come allora, questo non può non scuotere nuovamente le nostre coscienze e le nostre responsabilità di uomini. Un «traditore di classe», un «nemico di classe» non può che perire sotto il piombo vigliacco che si nasconde dietro la famigerata stella a cinque punte che rivendica l'obiettivo centrato.
Marco Biagi, come ha ricordato l'amico Boselli, era un compagno socialista. Nasce nella cultura politica cui appartiene una parte dei colleghi di questo Parlamento, oggi contrapposti negli schieramenti ma non, certamente, nei sentimenti e nell'azione politica quotidiana: il socialismo riformista che è la sintesi di un'azione critica e di un'azione pratica, che è pazienza e gradualità, che è metodo ma, al tempo stesso, un sapiente mix tra utopia e riforme.
Ci auguriamo che il paese sappia rispondere, dimostrandosi all'altezza della situazione, sconfiggendo il terrorismo di ritorno, ma anche riaprendo un dialogo politico fecondo nel rispetto delle posizioni democratiche e delle differenze. Ci auguriamo che si individui la strada più idonea delle riforme senza riacutizzare uno scontro sociale che ci piegherebbe all'indietro.
Esprimo un forte sentimento di cordoglio alla famiglia di Marco Biagi, interpretando in queste ore il pensiero di tanti socialisti nel nostro paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Nuovo PSI e di deputati dei gruppi di Forza Italia, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).

PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo sull'assassinio del professor Marco Biagi.

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