Allegato B
Seduta n. 110 del 6/3/2002


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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

MANCINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli agenti del corpo di polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Cosenza da tempo denunziano con iniziative individuali e di categoria, una grave carenza di organico che pregiudica l'espletamento, rendendolo assai difficile, delle delicate funzioni e compiti che vanno dall'ordine alla sicurezza all'interno dell'istituto, al piantonamento, alle traduzioni alla scorta, ed alla partecipazione al trattamento di rieducazione dei detenuti;
in particolare, l'attuale pianta organica presenta diversi vuoti ai quali la direzione della casa circondariale cerca di ovviare con l'introduzione di turni più lunghi ed ore di straordinario che sono accettati e svolti dal personale che dimostra


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grande spirito di servizio e di abnegazione, ma che ancora non sono stati retribuiti dal ministero -:
se e quali iniziative intenda prendere per risolvere una situazione assai grave che incide negativamente su un settore importante dell'amministrazione della giustizia nei confronti del quale poca attenzione è stata finora dedicata dal Governo e le cui inefficienze non possono non ripercuotersi negativamente anche sul trattamento dei detenuti e nei confronti dei quali deve essere riconosciuto un regime detentivo rispettoso dei diritti individuali della persona e rispondenti al principio rieducativo della pena.
(3-00767)

DELMASTRO DELLE VEDOVE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge Pinto, entrata in vigore il 18 aprile 2001, ha modificato lo strumento di condanna dello Stato italiano per la durata eccessiva dei processi, adottando un rimedio interno attribuito alla competenza della corte d'appello che deve pronunciare un decreto entro 4 mesi dalla data di presentazione del ricorso;
non tutte le Corti d'appello sono preparate ad affrontare la nuova ondata di ricorsi e dunque è dietro l'angolo il paradosso di giudici chiamati a pronunciare un decreto entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso, mentre in alcune Corti d'appello la prima udienza viene fissata anche dopo un anno;
deve aggiungersi che il 18 aprile 2002 scade la seconda proroga approvata dal Governo per consentire la riassunzione dei ricorsi davanti ai giudici italiani, e si prevede che altri cinquemila fascicoli siano in trasferimento dalla Corte europea alle varie Corti d'appello italiane;
ancora è da sottolinearsi che mentre il vecchio ricorso a Strasburgo era gratuito, il nuovo ricorso alle Corti d'appello italiane comporta l'esborso di circa 300 euro (marche da bollo, costo della notifica, diritti di cancelleria ed iscrizione a ruolo) -:
quali urgenti iniziative intenda assumere per attribuire alle Corti d'appello risorse umane che consentano il rispetto dei quattro mesi dalla data di presentazione del ricorso per la provincia del relativo decreto;
se non ritenga di stabilire l'esenzione dal bollo per i ricorsi presentato in base alla legge Pinto alle Corti d'appello italiane.
(3-00768)

BINDI e MOLINARI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la situazione dell'assistenza sanitaria all'interno delle carceri presenta aspetti drammatici;
nel corso dell'anno 2002 si assisterà ad una diminuzione del 30 per cento del servizio di guardia medica, circa il 20 per cento in meno per l'assistenza infermieristica e il 50 per cento in meno per i servizi specialistici;
sono stati determinati tagli per il 70 per cento per le apparecchiature e la strumentazione sanitarie all'interno degli istituti penitenziari;
le organizzazioni sindacali, il personale medico e le associazioni di volontariato che operano all'interno delle strutture penitenziarie da tempo denunciano questa politica dissennata;
detenuti portatori di particolari patologie non vedranno garantiti servizi specialistici di consulenza diagnostica e si abbasserà il livello sostanziale dell'assistenza sanitaria nelle carceri;
i tagli adoperati anche nella finanziaria 2002 hanno di fatto impedito la piena operatività del riordino della medicina penitenziaria prevista ai sensi del decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230;


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si corre il rischio che all'interno degli istituti di detenzione vi possano essere momenti di crescente tensione -:
si chiede al Governo di evitare tagli indiscriminati all'assistenza sanitaria nelle carceri ed anzi a potenziarne le risorse e a garantire la piena efficienza delle strutture al fine di garantire la massima sicurezza per gli operatori e per i detenuti nel pieno rispetto delle prerogative costituzionali.
(3-00771)

Interrogazioni a risposta scritta:

MENIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la città di Trieste, con il suo territorio, si sta rivelando sempre più zona «sensibile» alle problematiche afferenti l'ordine pubblico e la criminalità, in particolare quella transnazionale, al riguardo basterebbe pensare ai numerosi arresti e sequestri afferenti il traffico di droga e di armi, oppure la vergognosa tratta di nuovi schiavi, tant'è che la stessa procura distrettuale antimafia, attraverso diverse opportune esternazioni sugli organi di informazione, in particolare del suo capo ufficio, dottor Nicola Maria Pace, nonché dei vari sostituti, alcuni dei quali sono andati sempre più specializzandosi sui reati afferenti l'immigrazione clandestina ed alle organizzazioni di tipo mafioso che la realizzano, si sono ipotizzati significativi rischi di commissione di reati gravissimi, non ultimo anche quello di possibili espianti di organi umani per il mercato dei trapianti, utilizzando come «cavie» poveri disgraziati extracomunitari entrati illegalmente nel nostro Stato;
ogni qualvolta le operazioni investigative della procura distrettuale antimafia e/o della procura ordinaria colpiscono il segno, conseguentemente si realizzano nuovi copiosi ingressi di persone arrestate per gravissimi reati presso la locale struttura penitenziaria della casa circondariale di Trieste, talché quest'ultima, pensata probabilmente per un tipo di utenza ristretta di basso o medio livello si trova, costantemente, a gestire e governare una popolazione detenuta fortemente variegata, sempre più straniera e di religione musulmana, e per questo non conosciuta negli aspetti più profondamente criminologi, perché non precedentemente «testata» come quella locale e italiana in genere, in quanto i pregiudicati indigeni hanno sempre una loro storia che può, attraverso gli archivi penitenziari e delle forze dell'ordine, essere scorsa;
Trieste è sede di corte d'appello e di Tribunale di sorveglianza, giocoforza per cui la maggior parte dei detenuti ristretti in regione e anche oltre questa, sono tradotti presso il carcere della città giuliana per presenziare ai diversi gradi del processo e ai riti di sorveglianza, talché questa ulteriore circostanza determina, ancora una volta, un turnover di detenuti e un sovraffollamento della struttura penitenziaria predetta;
già da diversi anni i procuratori generali, nella loro relazione annuale, all'apertura dell'anno giudiziario, hanno lanciato un accorato allarme sullo stato di forte penuria di personale di polizia penitenziaria, sia maschile che femminile, che contraddistingue la casa circondariale di Trieste dove, sembrerebbe, ormai risulta essere prassi consolidata che nei turni notturni, ad esempio, non più di mezza dozzina o poco più di agenti sono tenuti a sorvegliare un numero soverchiante di detenuti, oltre i 220-230, con la concreta preoccupazione che, semmai a causa di un imprevisto piantonamento ospedaliero d'urgenza, il numero di agenti si riduca ulteriormente, con gravissimi rischi per la tenuta dell'ordine e della sicurezza del carcere e anche la direzione del carcere, con sempre maggiore frequenza, ha lanciato in tal senso un allarme, nella speranza di vedere significativamente soddisfatta l'esigenza, pubblica, fondamentale di rimpinguare seriamente la forza degli organici effettivi e presenti;
il carcere di Trieste, più di una volta, è stato interessato da manifestazioni di


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protesta collettiva, e ciononostante, grazie all'impegno dei suoi agenti e degli operatori penitenziari tutti, la situazione non è mai, fortunatamente, degenerata in atti di violenza verso chicchessia o verso beni dell'amministrazione -:
se non sia il caso di provvedere, con somma urgenza, all'assegnazione di un congruo numero di agenti di polizia penitenziaria, sia di sesso maschile che femminile, presso il carcere di Trieste, che risulta, da come hanno affermato anche alcune organizzazioni sindacali, le ultime in ordine di tempo la CISL-FP e l'UGL, estremamente insufficiente, determinando il serio rischio che possa, improvvisamente, sfuggire di mano la situazione alla direzione, agli agenti e a quanti sono deputati ad assicurare l'ordine e la serena convivenza;
se l'Amministrazione penitenziaria a livello centrale abbia suggerito, nell'attesa di nuove auspicabili assegnazioni di personale, eventuali soluzioni tampone e se abbia ritenuto di sensibilizzare la locale prefettura o gli altri organismi delle forze dell'ordine presenti, in particolare per affrontare in sicurezza i rischi che possono derivare dalla così sproporzionata presenza, nelle fasce orarie notturne, tra i detenuti e gli agenti effettivamente in servizio;
se l'Amministrazione penitenziaria, a livello ministeriale, abbia pensato e previsto al più presto di potenziare anche il numero di agenti in servizio presso il nucleo locale traduzioni e piantonamenti, oggi costantemente rinforzato da agenti sottratti dai servizi interni (con soppressione di posti di servizio importanti, quali quello delle sentinelle armate, della sorveglianza dei colloqui dei detenuti con avvocati e/o magistrati e/o altri operatori penitenziari), al fine di soddisfare le esigenze di giustizia (traduzioni di detenuti su tutto il territorio nazionale, partecipazione degli imputati ai processi, accompagnamenti presso gli ospedali, piantonamento dei ricoveri ospedalieri, accompagnamento di detenuti minori, traduzione per gli arresti domiciliari, notifiche di atti giudiziari, eccetera);
se non sia opportuno anche assegnare un numero maggiore di educatori per adulti, posto che risulta vi lavorino soltanto 2 educatori su una popolazione detenuta che supera ordinariamente, le 220-230 unità e dove operano soltanto due ragionieri ove un tempo ce ne erano almeno 3, con un solo direttore penitenziario e un collaboratore di istituto penitenziario, mentre almeno un altro di quest'ultimo profilo sarebbe necessario;
se non sia il caso che lo stesso dipartimento dell'amministrazione penitenziaria indichi alla direzione della casa circondariale di Trieste, ma lo stesso varrebbe per le altre carceri, quali sono i posti di servizio h.24 inderogabili, talché sia chiaro per tutte le Direzioni, i sindacati del personale di polizia penitenziaria e gli stessi agenti, quali vadano necessariamente «coperti», anche al fine di evitare il sorgere di «guerre tra i poveri», posto che ogni posto fisso da presidiare per 24 ore comporta un utilizzo minimo di 7 persone (4 per turni di sei ore, oltre che 1 per i congedi ordinari, 1 per le malattie, 1 per i riposi settimanali).
(4-02387)

MENIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è ormai acclarata l'importanza geo-strategica della provincia di Trieste, territorio di frontiera tra l'Europa occidentale e democratica e gli altri Paesi dell'Est europeo, all'interno dei quali, spesso, si annidano, si solidificano e si irradiano per tutto il vecchio continente numerosissime organizzazioni criminali, talvolta anche di tipo terroristico e fondamentalista;
v'è stata una forte impennata di persone detenute presso le carceri della regione Friuli-Venezia Giulia, tant'è che le locali case circondariali devono spesso chiedere continui sfollamenti di ristretti al fine di accogliere nuovi detenuti provenienti dalla libertà e il fenomeno è particolarmente significativo proprio presso la


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casa circondariale di Trieste, dove si assiste al paradosso della crescita esponenziale dei detenuti per un verso e della riduzione di personale della polizia penitenziaria per l'altro;
funziona un centro di servizio sociale per adulti dove operano un direttore coordinatore dei servizi sociali con altri sette assistenti coordinatori sociali, oltre a diversi dipendenti amministrativi, i cui compiti istituzionali attengono, essenzialmente, alla cosiddetta area penale esterna, funzione di importante rilievo che spesso consente di deflazionare il numero di possibili detenuti, in quanto attraverso le misure alternative alla pena detentiva non si insiste sulle strutture penitenziarie già così sovraffollate;
sono ben oltre duecento i casi di persone seguite dal centro in questione, con una media di oltre 30-35 casi seguiti da ogni assistente sociale, oltre che quelli che risultano essere ancora detenuti, talché i predetti operatori devono anche attivarsi per questi ultimi, partecipando alle attività di osservazione e trattamento in carcere, insieme con gli operatori penitenziari che ivi lavorano, per cui risulta evidente il carico di lavoro sostenuto il quale supera abbondantemente le risorse umane messe a disposizione -:
perché mai il recente decreto ministeriale del 23 ottobre 2001 non abbia contemplato, tra le sedi dirigenziali non generali, anche il centro di servizio sociale di Trieste, mentre invece sia stata prevista la dirigenza per tutti gli altri centri, servizi o istituti penitenziari del triveneto, nonostante che alcune realtà risultino avere complessità e carichi di lavoro non dissimili a quelli di Trieste (si pensi, ad esempio, ai centri di servizio sociale di Trento e Bolzano);
se non sia il caso di correggere, rettificandolo, con somma urgenza, il predetto decreto ministeriale, il quale, altrimenti, demotiverebbe un personale altamente qualificato e impegnato significativamente presso il predetto centro, ingiustamente e irragionevolmente penalizzato rispetto agli altri;
se non ritenga, comunque, di innalzare a sede dirigenziale, così come risulta essere già la direzione della casa circondariale, il predetto centro in considerazione del fatto che tra non molto altra struttura penitenziaria, destinata ai detenuti semiliberi e ammessi al lavoro all'esterno, nonché ulteriore sede di servizi penitenziari (archivi, laboratori, eccetera) si aggiungerà e dipenderà dal carcere, talché vi sarà necessariamente un maggiore carico di lavoro che si rifletterà sul centro di servizio sociale, deputato al mantenimento dei rapporti tra i detenuti e il contesto socio-ambientale-familiare e lavorativo esterno.
(4-02388)