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PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C 1707 sezione 5).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO. Signor Presidente, signor ministro, questa discussione - come si è visto già in questi preliminari - in realtà lacera da anni la politica italiana e non a caso, perché la discussione non è in astratto sul conflitto di interessi. Si tratta di una discussione che prende le mosse da due dati di fatto che credo siano difficilmente rimovibili e che credo chiunque abbia onestà intellettuale e buonsenso non possa non prendere in considerazione.
Il primo dato di fatto è il seguente: il Presidente del Consiglio è uno degli uomini più ricchi del paese. Naturalmente, essere ricchi è del tutto legittimo ma, proprio per questo, diventa ancora più decisivo separare gli interessi privati da quelli pubblici, e il fatto che il Presidente del Consiglio, invece, non avverta tale sensibilità e abbia trascinato fino ad oggi la risoluzione di questo nodo è assai grave!
ANTONINO LO PRESTI. Voi, ci avete impiegato cinque anni!
SERGIO SABATTINI. Date un po' di banane a quella scimmia là!
PIERO FASSINO. La separazione degli interessi privati del Presidente del Consiglio - la sua condizione patrimoniale - dagli interessi pubblici che ricopre è condizione per la stessa credibilità del Presidente del Consiglio nel momento in cui assume decisioni che devono essere caratterizzate e vissute da ogni cittadino come imparziali.
Questo fatto - che già sarebbe una ragione per tagliare il nodo gordiano e risolvere il problema - diventa anche più acuto nel momento in cui il Presidente del Consiglio, oggi, è titolare, nel panorama informativo ed editoriale, di posizioni che lo mettono in una collocazione particolarmente dominante, a tutti nota. Il Presidente del Consiglio è proprietario non soltanto di un grande network televisivo, caratterizzato da tre reti. Forse vale la pena di ricordare che è proprietario anche della più grande società di pubblicità di questo paese, della principale casa editrice di questo paese e che, in questa veste, è, quindi, proprietario del principale settimanale politico di questo paese non estraneo al dibattito politico italiano. Vorrei ricordare il ruolo poco edificante che ebbe la testata che ho testé citato - il principale settimanale politico di questo paese - nell'amplificare la falsa notizia che un gruppo di magistrati italiani si era riunito con i magistrati di altri paesi al fine di ordire un complotto nei confronti del Presidente del Consiglio. Tale notizia risultò del tutto destituita di fondamento, ma fu propalata come vera a milioni di italiani attraverso un sistema informativo che, in particolare, assolse a questa funzione proprio nelle testate di diretta emanazione del gruppo editoriale che fa capo al Presidente del Consiglio.
In nessun paese - lo ripeto - in nessun paese vi è una situazione così anomala e risolvere il conflitto di interessi diventa, quindi, un'essenziale esigenza della democrazia italiana. Se si vuole che questo paese abbia davvero un sistema politico riconosciuto da tutti i cittadini come un sistema politico nel quale non vi sono commistioni tra interessi pubblici e privati, se si vuole che davvero non vi sia un interesse privato nel controllo dell'informazione da parte del Presidente del Consiglio, bisognerebbe adottare soluzioni che rassicurino i cittadini sulla soluzione di questa sovrapposizione di interessi.
Ora, quello che sto dicendo può sembrare, ovviamente, espressione del pregiudizio di un esponente dell'opposizione. Allora, vorrei citare alcune frasi, in primo luogo, la seguente: «È stato sempre ovvio che chiunque ricoprisse una carica di governo o un ruolo di responsabilità alla guida di un partito non potesse, nello stesso tempo, detenere né il controllo dell'informazione né fare gli interessi della propria azienda. Fino ad oggi, però, questo discorso è rimasto solo lettera morta e l'Italia rappresenta un caso unico a confronto di quanto accade negli altri paesi». Queste parole non sono state pronunciate, oggi, da un esponente dell'opposizione, ma le scriveva su La Padania dell'11 ottobre 1998 l'attuale ministro della giustizia, Roberto Castelli.
Non solo. Posso citare un'altra frase, del seguente tenore: «Vi è una totale incompatibilità per Berlusconi. Le vie di uscita sono due: o vende o si dimette». Queste parole le usò Giorgio La Malfa - presidente di una Commissione in questo Parlamento - in un'intervista al quotidiano L'Unione Sarda del 31 luglio del 1994 (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Minoranze linguistiche).
Non solo. Quello stesso giorno - il 31 luglio del 1994, il giorno in cui, appunto, si discuteva di questo tema - Umberto Bossi ebbe a dichiarare alle agenzie di stampa: «Pensiamo a riunire i beni in una fondazione gestita da un consiglio di amministrazione che agisca completamente fuori da Berlusconi; poi, una volta votato questo disegno di legge, sarà la volta di un altro passo: una legge antitrust».
Ministro Frattini, le ho citato opinioni di esponenti politici della sua maggioranza e, addirittura, quella di un uomo politico che oggi ricopre il delicato incarico di
ministro della giustizia e di guardasigilli. Come vede, non siamo solo noi a sollevare una questione che, peraltro, volgendo lo sguardo alla pubblicistica italiana, viene considerata con la medesima attenzione anche da esponenti non alieni dall'aver manifestato simpatie nei confronti del centrodestra in altre occasioni. Le segnalo, a tale riguardo, articoli di Sergio Romano, di Ernesto Galli della Loggia e di Angelo Panebianco, i quali non sono esponenti della comunità intellettuale giornalistica ascrivibili al centrosinistra.
Non solo. Ho notato che, nella sua prima intervista, il candidato a divenire presidente della RAI, il professor Baldassarre, ha citato un testo del 1922 molto famoso: L'opinione pubblica di Walter Lippman, del quale, proprio in queste ultime settimane, è stata pubblicata una riedizione in Italia. Ebbene, la lettura del menzionato testo è assai significativa. Nel predetto volume (che rappresenta un testo sacro in questo settore della pubblicistica), Lippman, non a caso considerato un'autorità in materia di formazione dell'opinione pubblica e di modalità di costruzione del consenso, sottolinea ampiamente che l'influenza e l'incidenza del sistema televisivo e informativo nella formazione delle coscienze, dei sensi comuni e dell'opinione pubblica è talmente grande che si pone - lo scriveva nel 1922! - il problema politico di come garantire che l'informazione sia al riparo dal dominio del sistema politico.
Allora, come vede, le nostre posizioni non sono figlie del pregiudizio dell'opposizione, che dice «no» perché, essendo all'opposizione, non può che dire «no» di fronte a tutto ciò che propone il Governo, ma sono fondate su argomenti che, peraltro, sono sostenuti anche da esponenti e persone molto lontani dalle nostre appartenenze politiche.
Insomma, in nessun paese si tollererebbe una situazione anomala quale quella che viene tollerata da anni in Italia; in nessun paese si considererebbe normale che in capo al Presidente del Consiglio si realizzasse una commistione di conflitto di interessi tale da alimentare il sospetto, legittimo in ogni cittadino, che buona parte delle sue decisioni possano essere condizionate da interessi privati.
Noi abbiamo avanzato una proposta seria - e questa è la seconda considerazione su cui voglio richiamare l'attenzione sua, dei colleghi e del Governo - , secondo un modello in vigore in una grande democrazia liberale (gli Stati Uniti), che non pretende di risolvere il conflitto di interessi sotto il profilo normativo a priori, ma che, invece, accettando l'ispirazione pragmatica che muove la risoluzione di questo problema in quella grande democrazia, tende a definire un meccanismo di intervento che sia graduato, di volta in volta, ad una valutazione de facto del conflitto di interessi che si determina. Lei, ministro - ho ascoltato ieri il suo intervento - , come molti della sua maggioranza, insiste sul fatto che noi saremmo mossi da un intento espropriativo (così ha concluso il suo intervento qui in Assemblea). Le vorrei dire che proprio il fatto di aver adottato il modello americano è la dimostrazione più concreta che noi non siamo mossi da un intento espropriativo; infatti, aver adottato un modello nel quale una authority effettivamente libera ed indipendente dal Governo abbia il compito e la possibilità di valutare ogni volta, de facto, come si determina il conflitto di interessi, graduando di volta in volta il tipo di intervento più opportuno per risolvere quel conflitto, significa che l'eventualità di ricorrere all'alienazione della proprietà non è definita a priori sulla base di un pregiudizio culturale o ideologico, ma ad essa ci si arriva soltanto se, nella valutazione de facto effettuata da quell'autorità, si sia rivelata inefficace ogni altra possibilità. Quindi, come vede, non siamo mossi da alcun pregiudizio ideologico, da nessun intento espropriativo; abbiamo avanzato una proposta che si sforza di risolvere il problema del conflitto di interessi effettivamente, dando la possibilità a chi lo deve risolvere di graduare via via le soluzioni che più sono idonee ed opportune, senza alcun intento punitivo, ivi ricomprendendo anche l'eventualità di un'alienazione, qualora l'autorità in questione ritenga che
nessun altro tipo di strumento diverso dall'alienazione possa essere efficace per risolvere il conflitto di interessi.
Non è vero, onorevole Bruno, che un'eventualità di questo genere contrasta con la Costituzione, perché - vorrei farle notare - già oggi la legislazione antitrust prevede, a certe condizioni, un obbligo di dismissione e di alienazione di proprietà, di partecipazioni, quando un'impresa si trova in posizione dominante. Quindi, essendo già previsto nella nostra legislazione il ricorso a strumenti di questo genere, non si vede perché dovrebbe essere incostituzionale nel momento in cui lo si preveda nel provvedimento che noi abbiamo proposto. Quindi, come vede, quella che abbiamo proposto era ed è una soluzione seria e concreta, liberata da ogni pregiudizio di natura ideologica, di natura politica, volta unicamente a fare in modo che il conflitto di interessi possa essere risolto.
Voi avete respinto la soluzione che abbiamo proposto per avanzarne una che, come è già stato ampiamente detto, non risolve il conflitto di interessi e - come ha già ricordato l'onorevole Mussi con una efficace battuta - in realtà toglie il conflitto ma lascia l'interesse. La verità è che voi non volete risolvere questo problema; lo rivela l'emendamento peggiorativo che voi avete presentato nel corso della discussione in Commissione. Questo, senza farla troppo lunga - richiamo l'attenzione di tutti parlamentari -, prevede che, se il proprietario di una azienda di servizi - proprietario, non amministratore delegato di quella società - ha l'appalto in una città o in un comune per l'erogazione di quei servizi, possa tranquillamente candidarsi alla carica di sindaco di quella città. Sì, questo è scritto dal provvedimento. Quindi, da questo punto di vista, voi, in realtà, state prospettando una soluzione che, non solo non risolve il conflitto di interessi, ma accetta che il conflitto di interessi rimanga irrisolto, legittimandolo, dando la possibilità a chi abbia degli interessi privati anche rilevanti di essere in una posizione politica - qualora una persona decida di impegnarsi in politica - nella quale il conflitto di interessi permane, non viene risolto.
Da questo punto di vista noi riteniamo che la vostra sia una legge sbagliata, una legge che non risolve questo problema, una legge che, intenzionalmente, è fatta unicamente per far credere agli elettori che sia stato risolto un problema quando non è stato risolto. Credo che questo vada detto con grande chiarezza agli elettori fugando anche l'ultima delle mistificazioni che voi fate.
Vede, onorevole Frattini, ancora ieri, lei ha dichiarato, qui e sui giornali, che il Governo è aperto al dialogo, pronto ad accogliere proposte, pronto a discutere, e che la maggioranza non si è blindata. Non è vero! Lei sa che non è vero. Avete pregiudizialmente rifiutato di discutere la nostra proposta, avete pregiudizialmente rifiutato ogni emendamento che abbiamo presentato e, di fronte ad argomenti come quelli che ho qui riassunto, fondati sulla ragione, avete rifiutato il confronto e siete ricorsi all'argomento propagandistico dell'intento espropriativo e poi, in sede di Commissione, avete anche presentato emendamenti che addirittura peggiorano il testo già non brillante ed efficace. D'altra parte dichiarazioni rilasciate dall'ex Presidente della Corte costituzionale, Caianiello, e da altre personalità del mondo giuridico e politico italiano che, ancora una volta, non appartengono alla nostra parte politica, sono l'ulteriore dimostrazione che questo nostro severo giudizio nei vostri confronti è fondato su argomenti validi.
Dopo di che, certamente, avete 95 seggi in più in questa Camera dei deputati e potete tranquillamente andare avanti e votare questa legge, forti di questa maggioranza. Noi, naturalmente, porteremo avanti la battaglia, fino in fondo, in quest'aula, come pure al Senato quando porterete lì questo testo e, soprattutto, nel paese, diremo ai cittadini quello che avete fatto: una legge farsa, una legge beffa che non risolve il problema e che consente al Presidente del Consiglio di continuare ad avere una posizione dominante, scandalosamente
dominante, nel settore dell'informazione, una posizione che voi volete addirittura aggravare con una strategia di occupazione della RAI di cui danno conto tutti i giornali con programmi di lottizzazione che, si dice, sono stati concordati nelle stanze di palazzo Chigi.
A tutto questo noi ci opporremo con determinazione e fermezza perché questa è una battaglia fatta non soltanto per contrastare una legge sbagliata ma è una battaglia in nome dei principi di legalità, di civiltà e di democrazia che riguardano l'assetto istituzionale del paese e la possibilità che questo paese sia una democrazia moderna e normale (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani, Misto-Verdi-l'Ulivo, Misto-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Mattarella vorrei rivolgere, a nome di tutta l'Assemblea, un saluto particolare al Presidente della Repubblica di Polonia, Aleksander Kwasniewski, qui presente.
Lo salutiamo con particolare simpatia per questo grande paese candidato ad entrare nell'Unione Europea (Generali applausi cui si associano i membri del Governo - l'Assemblea si leva in piedi).
È iscritto a parlare l'onorevole Mattarella. Ne ha facoltà.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, il dibattito sull'articolo 1 del disegno di legge e sulle relative proposte emendative al nostro esame consente di ribadire l'opposizione al testo del Governo, testo totalmente elusivo del problema delle regole che si intendeva affrontare; elusivo quanto alla definizione che dà delle fattispecie e dei casi; elusivo quanto alle misure che indica ed alle soluzioni che prefigura.
Colpisce, e noi la denunziamo, l'indisponibilità a farsi carico della questione delle garanzie poste a confine del rispetto della distinzione tra interessi privati e gestione del governo pubblico. Quel che colpisce ancora di più è la concezione da cui questo nasce, la convinzione che dalla vittoria elettorale derivi una condizione possessoria delle istituzioni in cui si possa fare ciò che si crede con la convinzione ulteriore che le norme di legge debbano adeguarsi a questa concezione.
Più volte il Presidente del Consiglio si richiama ad alcuni maestri del pensiero politico del nostro paese. Io gli consiglierei un'attenta lettura di alcune delle opere di Luigi Sturzo per percepire quale sia l'obbligo di distinguere i ruoli nella vita della società. Legga l'opera sulla società, sulla sua natura e le sue leggi di Luigi Sturzo per comprendere qual è la distinzione che si deve avere tra i ruoli nella società: non si può - si dice - recitare ogni parte in commedia. Questo principio vale nella vita della società e nel rapporto tra società ed istituzioni.
Occorre avere consapevolezza del dovere di distinguere i ruoli che si assumono nella vita collettiva, tanto più da parte di chi proclama la libertà di iniziativa economica: quanto più si ha a cuore la libertà di iniziativa economica, tanto più si dovrebbe essere consapevoli della distinzione tra interessi finanziari e ruoli di Governo. Si dimentica da parte di qualcuno, lo dimentica il Governo, che nella libertà di iniziativa economica è compresa anche la parità di condizioni per l'esercizio della stessa iniziativa economica, quella parità che viene alterata dal conflitto di interessi, dalla confusione degli interessi privati con i ruoli di Governo. Non soltanto - ed è già tanto, naturalmente - per volontà, iniziative ed atti dei soggetti titolari di interessi, ma anche per la possibile, prevedibile e spontanea attività da parte di terzi, tendenti a compiacere il titolare di posizioni di Governo, titolare anche di interessi privati.
SERGIO MATTARELLA. Signor Presidente, i Presidenti delle Camere hanno, nei giorni scorsi, nominato il nuovo consiglio
di amministrazione della RAI. Non vi è, sulle spalle dei nuovi responsabili di quell'azienda, solamente l'onere di garantirne il pluralismo, bensì vi è l'onere di garantirne, in termini aziendali, la capacità di stare sul mercato a pieno titolo, con capacità concorrenziali.
Mi auguro che i nuovi dirigenti nominati da questi consiglieri, dirigenti che dovranno costruire i palinsesti ed i programmi, che dovranno competere per la pubblicità, che dovranno competere per le trasmissioni da mandare in onda, sappiano difendere la concorrenzialità della loro azienda rispetto a quella di cui è proprietario il Presidente del Consiglio. Questo è un problema aziendale, e vedremo alla prova dei fatti ciò che accadrà. Vi è un piccolo, brutto precedente in questo paese, ed è recente: mi riferisco al caso della rete televisiva LA7, che è stata sterilizzata perché anche quel piccolo nucleo, quel minimo embrione di possibile concorrenza fosse senza capacità reali sul mercato, riducendola sostanzialmente ad assomigliare ad una società a sovranità limitata.
È singolare il rifiuto del Governo, della maggioranza, per un modello come quello proposto dall'opposizione - illustrato dal collega Bressa ieri in Assemblea - che si richiama al modello in vigore negli Stati uniti. Forse andrebbe ricordato al Presidente del Consiglio che l'immagine americana non va ricordata solamente con lo stemma, con il logo posto alle proprie spalle durante le conferenze stampa, e che, in questo delicato argomento di confine, di rispetto, di distinzione tra interessi privati e pubbliche funzioni, l'esempio nitidissimo di quella realtà può essere benissimo richiamato (lo ripeto, già questo è stato ricordato più volte da esponenti dell'opposizione).
Ministro Frattini, sarebbe stato più serio scrivere una normativa adeguata, seria, magari differita nel tempo per consentire ai soggetti di adeguarvisi; sarebbe stata una scelta seria, mentre invece avete compiuto la scelta di «obliterare» il conflitto di interessi, perché questo è il contenuto della legge che approverà la maggioranza. Rispetto ad un conflitto di interessi che emerge di continuo, che emerge in tante parti e che in tanti modi si manifesta, il Governo ha scelto, con il secondo comma dell'articolo 2 (quello sulla "mera proprietà"), di fotografare la condizione del Presidente del Consiglio per indicare che quella non è condizione da conflitto di interessi.
Ministro Frattini, questa caduta di stile, questo brutto scivolone di gusto il Governo poteva risparmiarseli (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)! Fotografare la posizione del Presidente del Consiglio Berlusconi per dichiarare espressamente che quello non è conflitto di interessi, almeno questo, potevate risparmiarlo! Vi è un precedente relativo ad una legge che ha fotografato le condizioni esistenti per riprodurle in norma: è la legge Mammì, quella da cui nasce in buona parte il problema che oggi stiamo affrontando. Non è un buon precedente. Fotografare le condizioni per dichiararle legittime altera e contraddice la funzione che il Parlamento deve assumere legiferando.
Ministro Frattini, quale giudizio si darà della legge che questa maggioranza, obbedendo al Governo, approverà in questa materia? Vi sono molti argomenti che saranno indicati, ma uno sarà il dato fondamentale. Qualche collega lo ha già ricordato: la maggioranza, su invito del Governo, approverà una legge che dichiarerà legittimo il conflitto di interessi.
Signori del Governo, è come se quello che una volta era il Sant'Uffizio dichiarasse che il peccato non esiste più; ma il peccato esiste ugualmente.
Signor ministro, signori del Governo, il conflitto di interessi resterà politicamente e moralmente irrisolto, grande come un macigno, sulla strada di questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani, Misto-Socialisti democratici italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzo. Ne ha facoltà.
MARCO RIZZO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, stiamo parlando di interessi, di un conflitto di interessi e di una persona, il Presidente del Consiglio onorevole Silvio Berlusconi, che possiede tre televisioni e case editrici ed ha interessi in vari comparti del mondo economico e finanziario. È una situazione che non ha eguali in alcuna parte d'Europa e in nessuna parte del mondo.
Pensiamo, ad esempio, al recente scontro tra democratici e repubblicani negli Stati Uniti. Il Vicepresidente del Consiglio americano Dick Cheney quando è stato candidato alla Vicepresidenza americana dai repubblicani aveva 6 milioni di dollari in azioni in campi nei quali si poteva verificare una situazione di conflitto di interessi e per fare la campagna elettorale ha dismesso queste azioni. Lo ha fatto per due motivi: non solo perché la legge americana lo obbligava, ma anche perché l'opinione pubblica, il comune sentire di una democrazia liberale come quella degli Stati Uniti lo obbligava moralmente; il senso comune lo obbligava a farlo.
In Italia sembra che ciò non sia possibile. Il centrosinistra e l'Ulivo hanno avanzato una proposta che non è l'esproprio. La proposta è quella di copiare sistematicamente l'esempio americano e concerne un sistema in cui si prevede anche la vendita, ma non solo ed esclusivamente quest'ultima. Non viene accettato neanche questo, perché volete approvare un provvedimento che è una non legge, una sorta di ammonizione. Nella vostra proposta non vi è alcun elemento coercitivo, ma solo un'ammonizione. Da questo punto di vista le metafore si possono sprecare. Mi permetto di richiamarne una anch'io: è come se dessimo ad un vigile urbano che deve compiere il proprio dovere solo un fischietto ma non lo munissimo mai di un blocchetto per fare le multe. Ebbene, quel vigile urbano sarebbe inutile, perché fischierebbe dietro le automobili che commettono le infrazioni, ma non potrebbe mai prendere il numero di targa.
Avete la maggioranza, avete circa 100 deputati in più, ma noi ci opporremo a questo provvedimento con tutte le nostre forze e anche con la forza del buon senso e della logica. Pensate di avercela fatta ancora una volta, ma vi sbagliate: questa legge non vi porterà fortuna (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Comunisti italiani, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pecoraro Scanio. Ne ha facoltà.
ALFONSO PECORARO SCANIO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, con questa discussione in Parlamento giunge ad evidenza l'equivoco sulla materia del conflitto di interessi che dura da tanto tempo. È del 1994 la prima iniziativa dell'allora Governo Berlusconi; poi vi è stata una lunga fase in cui anche un eccesso di preoccupazione del centrosinistra ha portato, nella scorsa legislatura, a non fare una legge rigorosa sul conflitto di interessi perché sembrava che tale legge potesse penalizzare il capo dell'allora opposizione. Oggi siamo ad un'ulteriore fase di questa grande commedia degli equivoci perché la maggioranza di centrodestra ha voluto chiedere anche ad un illustre costituzionalista come Caianiello alcune proposte per poi non solo non accoglierle, ma fare modifiche ulteriormente peggiorative della proposta del Governo. Avete ottenuto come risultato - e il menefreghismo che state dimostrando rispetto alle regole è gravissimo - che anche Caianiello, che voi avete chiamato a rendervi pareri su come realizzare una normativa sul conflitto di interessi, oggi bocci la proposta scandalosa che portate in Parlamento. La boccia un costituzionalista che voi avete chiamato, considerato di area non certamente di centrosinistra. Quando vi renderete conto che l'indignazione cresce se anche Caianiello boccia questa proposta dopo che voi avete invocato un sostegno?
È evidente che questa non è una legge sul conflitto di interessi, questo è un
condono (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo)! Voi state facendo il condono del conflitto di interessi e lo fate con sfacciataggine di fronte agli italiani e di fronte alla gente comune. È la quarta legge condono: avete fatto il condono sulle rogatorie; avete fatto il condono sul falso in bilancio; avete fatto il condono sui capitali che rientrano dall'estero per coloro che hanno evaso le tasse (e non ci dite nemmeno se in questo condono rientrino in qualche modo anche il Presidente del Consiglio ed i ministri del vostro Governo); oggi ci portate il condono sul conflitto di interessi.
Questo è il dato: non vi è la volontà di risolvere i problemi, perché se questa vi fosse stata avreste potuto tentare quanto meno di accogliere alcune proposte moderate. Mi riferisco alla proposta «all'americana», visto che dichiarate di essere una destra liberale e liberista di tipo americano. Perché gli Stati Uniti d'America vanno bene su alcune cose e poi la proposta di tipo americano non funziona? Vi sono proposte di vario genere, ma ogni volta diventa utile un nuovo disegno mutuato sulla situazione reale ad oggi.
È evidente che questa è una fase in cui avete ancora la possibilità, anche se non lo farete, di ripensarci e realizzare una normativa vera sul conflitto di interessi. La potete fare accogliendo gli emendamenti che l'opposizione ha presentato, tra l'altro non in chiave ostruzionistica, ma in chiave di ennesima segnalazione del fatto che su una materia così delicata avreste dovuto puntare ad una legge di ampia convergenza. Si tratta di una materia che riguarda direttamente la situazione non solo del Presidente del Consiglio, ma anche di altri esponenti del Governo che hanno evidenti interessi in alcune realtà. Mi riferisco al ministro Lunardi che continua ad avere evidenti interessi in società che si occupano di progettazione, di tunnel, di strade e fa il ministro dei lavori pubblici di questo Governo.
Dovete risolvere tali questioni perché ricadono addosso non solo al Governo attuale, ma anche all'immagine internazionale del nostro paese. Voi pensate che, avendo una maggioranza parlamentare, le cose si possano fare lo stesso, ma la politica insegna che le dittature delle maggioranze non sono un buon modo di amministrare la democrazia.
Voi sapete che in alcune realtà, anche chi ha il controllo di grandi Parlamenti, quando l'indignazione popolare supera un certo livello, primo o poi, se ne deve andare a casa. Voi state sfidando il buon senso dei cittadini, anche dei vostri sostenitori, anche di Caianiello, che chiamate in causa per, poi, ridicolizzarli nelle aule parlamentari votando emendamenti, addirittura, che introducono il concetto di mera proprietà, come a dire: poverino, è solo meramente proprietario; ma è meramente proprietario delle reti televisive, delle assicurazioni, di una serie di altre realtà dove il conflitto tra interessi personali e quelli del paese è e sarà evidente a tutti.
Il Governo come avrebbe potuto occuparsi del problema delle assicurazioni e come se ne può, credibilmente, occupare, nel momento in cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha interessi rilevanti nel settore assicurativo? Quindi, non parliamo solo e sempre di televisioni.
È evidente che questo problema dovete porvelo, soprattutto, perché state governando un grande paese europeo e, invece, state approvando una legge da paese che, forse, non esiste più neanche in Sudamerica, rischiando di portarci verso una deriva argentina, cioè verso un degrado culturale del nostro paese: su tutto ciò dovrete riflettere.
È evidente che possiamo offrire soltanto l'azione costante e continua, anche in questo Parlamento, per cercare di emendare la proposta, per richiamarvi alla responsabilità perché state elaborando una legge su misura e, quindi, si tratta di una cosa sbagliata. Se questo disegno di legge verrà approvato, è evidente che saremmo costretti, di nuovo, a ricorrere all'unica arma che possiamo usare, cioè un referendum popolare per abrogare una legge-condono sul conflitto di interessi, così come stiamo facendo sulle rogatorie e
siamo costretti a fare su altre normative, chiedendo quantomeno che, a quel punto, il dibattito si svolga tra la gente.
Errate, forse, nel confidare su chi vi ha dato il voto, in circostanze in cui eravate e siete minoranza tra i cittadini e maggioranza in Parlamento grazie al sistema maggioritario, contando in eterno sul fatto che la gente continui a vedervi approvare leggi che sono modulate su interessi particolari e privati.
Questa è una cosa indecente, che appare sempre più evidente a tutti i cittadini, anche a molti che vi hanno votato e che, forse, oggi si rendono conto che hanno votato non la Casa delle libertà, ma del privilegio e degli affari privati (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Verdi-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Russo Spena. Ne ha facoltà.
GIOVANNI RUSSO SPENA. Signor Presidente, nell'illustrare i nostri emendamenti soppressivi dell'articolo 1 non intendo riprendere pedissequamente gli argomenti - che condivido - già addotti dai miei colleghi di gruppo, come dagli altri.
Vorrei soltanto formulare tre ulteriori osservazioni in maniera molto semplice e sobria, senza anatemi. Come prima osservazione, con il disegno di legge al nostro esame riteniamo di trovarci, in termini filosofici, di fronte ad una sorta di eterogenesi dei fini. Avete accusato la sinistra e il centrosinistra di aver voluto questa legge sul conflitto di interessi con intenti punitivi nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, personalizzato nell'onorevole Berlusconi.
Abbiamo tentato di dimostrare - credo che lo abbiamo fatto con dovizia di argomenti - più di una volta, anche ieri con gli interventi dei colleghi Mascia e Giordano, che, invece, alla base della nostra proposta di legge non vi è, certamente, un intento punitivo.
Vorrei dire che dopo aver atteso per tanti e tanti anni il sistema giuridico italiano - siamo ultimi in Europa fra i paesi a capitalismo maturo e ad economia di mercato, non sto certamente parlando dei paesi bolscevichi che non hanno, appunto, una legge sul conflitto di interessi - ci troviamo oggi, in maniera semplificata (lo dico in termini normativi) e in maniera sgangherata sul piano politico a costruire una pessima legge sul conflitto di interessi, pressoché inesistente dal punto di vista della statuizione, proprio perché l'onorevole Berlusconi è il Presidente del Consiglio dei ministri.
Questo è il paradosso di fronte al quale ci troviamo; è completamente rovesciato l'intento normativo. State approvando una pessima legge sul conflitto di interessi perché Berlusconi è il Presidente del Consiglio. Quindi, siete voi che state personalizzando fino in fondo il problema.
Dunque, la prima argomentazione è la seguente: dov'è l'etica della responsabilità per la maggioranza di questo Parlamento? Non c'è. Stiamo approvando un disegno di legge che, all'articolo 1, recita che i titolari di cariche di governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici. Vivaddio, vivaddio, non si poteva dire diversamente in qualsiasi normativa, anche la più superficiale possibile!
Inoltre, per quanto concerne le sanzioni, si adducono soltanto sanzioni di natura politica, nel senso che poi sarà il Parlamento - nel quale esistono delle maggioranze molto precise - a determinare la situazione.
In verità, credo molto nella politica. Sono uno di quei dirigenti politici, ormai di una certa età, che crede anche ad una sorta di autonomia e di critica della politica. Adesso, però, mi pare si stia esagerando. In questo caso non si parla di politica progettuale, di politica di programmazione, di politica di trasformazione; qui, la politica - ministro Frattini, mi riferisco ad alcune sue conclusioni svolte nel dibattito - è usata esclusivamente in maniera distorta ed estenuata come alibi per non applicare una normativa e un sistema di controlli.
Giungo alla seconda osservazione di fondo. Questo disegno di legge sul conflitto di interessi allude ad una vera e propria dittatura della maggioranza. Non si offenda nessuno, lo dico in termini costituzionali, così come è proprio della dottrina costituzionalista.
Del resto, ci troviamo di fronte ad una situazione che viene assunta continuamente dai dirigenti e dai parlamentari del centrodestra, della Casa delle libertà e che possiamo constatare ogni giorno, per ogni provvedimento che discutiamo, in ogni dibattito pubblico, in ogni tavola rotonda.
Ad esempio, ieri sera mi trovavo negli studi di Telelombardia in un dibattito sul conflitto di interessi e, alla fine, dopo un lungo dibattito caratterizzato da un pubblico fortemente schierato, un esponente di centrodestra ci ha detto (con me c'era anche il senatore Morando): insomma, cosa volete? Noi abbiamo vinto le elezioni e, quindi, domani facciamo passare la legge che vogliamo. Ecco, proprio in tal senso parlo di dittatura della maggioranza: il voto come sacro lavacro rispetto al sistema dei controlli. E la prima ed evidente vittima di questa concezione è, indubitabilmente, il costituzionalismo inteso come teoria della limitazione del potere.
Ministro Frattini, credo ci si che trovi di fronte ad un problema importante e perciò parlo di dittatura della maggioranza. Infatti, voi sostituite una teoria che, da Montesquieu in poi, rappresenta la teoria della democrazia rappresentativa e liberale e della limitazione del potere attraverso il sistema dei controlli, anche quando si tratta di un potere democraticamente legittimato dal voto, come nel caso di questo Governo, con la dittatura della maggioranza.
Dunque, siccome ho ricevuto il voto, siccome sono stato democraticamente legittimato, sfuggo alla limitazione dei poteri e al sistema dei controlli. Credo che ciò stia realizzando, nel nostro paese, un allontanamento dalla tradizione democratica, così come è stata interpretata in cinquant'anni dalla nostra storia repubblicana.
Vi è una sorta di scissione e di sconnessione tra democrazia e costituzionalismo. Si tratta di un tema che, visto l'andamento delle cose in questi mesi, deve preoccupare molto questo Parlamento. Devo dire che a me preoccupa molto.
Si sta scindendo l'idea della democrazia e della sua legittimazione attraverso il voto dall'idea del costituzionalismo che è, invece, il sistema dei controlli e la limitazione dei poteri. Cos'altro sarebbe, infatti, una buona legge, anche modesta, ma equilibrata, sul conflitto di interessi? Proprio questo. Non una legge punitiva. Il tema del conflitto di interessi attraversa ormai tutte le sfere della società e riguarda, in particolare, il rapporto tra politica e poteri economici. È lì che insorge il problema del costituzionalismo democratico, della limitazione dei poteri. Senza considerare i casi che stanno riguardando anche le democrazie occidentali più forti - penso al caso Enron ed alla Casa Bianca -, negare in nuce il problema della limitazione dei poteri è di per sé una mutilazione della democrazia, ministro Frattini.
Parlate di esproprio proletario; invece, si tratta soltanto dell'interpretazione dell'articolo 51 della Costituzione che sancisce l'eguaglianza delle cittadine e dei cittadini di fronte alla possibilità di accedere ai pubblici uffici. Voi parlate di esproprio proletario e lo ripetete in tutti i dibattiti, come propaganda ossessiva. Certamente, io credo che la proprietà qualche volta sia un furto, che molto spesso sia un furto, per citare in maniera scherzosa l'espressione di Proudhon. Non sempre, probabilmente, è un furto. Tuttavia, una democrazia che basa la formazione della rappresentanza parlamentare e dell'esecutivo sul censo e sulla proprietà, a favore di chi è più ricco, certamente non è una democrazia normale, ma è una democrazia normalizzata.
Quindi, l'esproprio proletario vi preoccupa tanto; a me preoccupa altrettanto la democrazia di censo, la democrazia delle gerarchie sociali, la democrazia dei più forti alla quale possono accedere soltanto coloro che dispongono di grandi mezzi finanziari e proprietari (Applausi dei deputati
dei gruppi di Rifondazione comunista e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore per la maggioranza ad esprimere il parere della Commissione.
DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario su tutte le proposte emendative presentate all'articolo 1, compresi gli articoli aggiuntivi, ad eccezione degli emendamenti 1.20 del Governo, il cui contenuto assorbe l'emendamento Boato 1.6 e Boato 1.13 sui quali la Commissione esprime parere favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo?
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, nel concordare con il parere espresso dal relatore per la maggioranza, chiederei - se lei me lo permette - di esprimere anche qualche valutazione sul complesso delle proposte emendative all'articolo 1.
PRESIDENTE. È un suo diritto.
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Vorrei farlo in questo momento, alla luce delle considerazioni di autorevoli colleghi dell'opposizione che mi hanno preceduto e che, forse soltanto in questo momento, hanno abbandonato, auspicabilmente, i toni un po' troppo propagandistici che avevano accompagnato ieri pomeriggio il dibattito in quest'aula. Tali considerazioni mi inducono a rimanere nel merito della questione: mi riferisco, in particolare, all'argomento esposto dagli onorevoli Fassino e Mattarella e anche, da ultimo, dal collega, onorevole Russo Spena.
Credo che in quest'aula tutti debbano condividere il principio per cui una buona legge non si fa contro o a favore di qualcuno. Questo è un principio fondamentale (Commenti). Se i colleghi dell'opposizione mi permettono di finire il mio pensiero...
Qualche collega dell'opposizione ha chiarito, a proposito di questo aspetto, perché nella scorsa legislatura, quando il centrosinistra era maggioranza, non hanno voluto o potuto o saputo approvare una buona legge. La risposta è stata chiara, è stata pubblica, è stata confermata anche oggi ed è la seguente: non abbiamo voluto approvare una legge che potesse in qualche modo «vittimizzare» l'onorevole Berlusconi perché questo - è stato detto - ci avrebbe esposti al rischio di essere puniti dagli elettori. Questo, colleghi dell'opposizione, costituisce la prova evidente che la proposta di legge in esame, e il tema che essa affronta, è ancora vista da alcuni di voi come uno strumento per colpire direttamente la persona del Presidente del Consiglio (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania). Io chiederei (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo)... colleghi dell'opposizione (Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo)...
PIER PAOLO CENTO. Pinocchio!
PRESIDENTE. Colleghi, credo che il rappresentante del Governo, il quale sta dando una spiegazione e una motivazione agli emendamenti, non faccia altro che quello che avete fatto voi fino ad ora. Pregherei di stabilire un criterio di rispetto. Prego, onorevole Frattini.
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Colleghi dell'opposizione (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo)...
PIER PAOLO CENTO. Pinocchio!
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Colleghi dell'opposizione, io chiederei, non condividendo nulla di quello che hanno detto prima di me, ad esempio, gli onorevoli Fassino e Mattarella, di ascoltare me con lo stesso rispetto con cui ho ascoltato loro (Applausi dei deputati del gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'UDC (CCD-CDU) e della Lega nord Padania - Commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo).
Colleghi, ha detto bene l'onorevole Castagnetti quando, ricordando una frase da me pronunciata ieri pomeriggio, ha sottolineato come la soluzione del conflitto di interessi non sia né unica né univoca. Io avevo precisato che non è né unica né univoca nel mondo. In altre parole, se facciamo riferimento agli ordinamenti costituzionali di altri paesi, noi non troviamo, per così dire, un modello uniforme al quale, in qualche modo, siamo costretti a rimetterci per dare al paese la miglior legge possibile sul conflitto di interessi. In particolare, faccio riferimento a quanto è stato affermato con molte argomentazioni anche oggi dal segretario del partito dei Democratici di sinistra in ordine al modello americano. Colleghi dell'opposizione, voi sapete perfettamente che il modello degli Stati Uniti d'America - l'ho detto ieri e non ripeterò affatto quanto ho già detto, smentito e contraddetto da alcuni di voi, ma è agli atti del Parlamento che potete leggere - è un modello ordinamentale e costituzionale totalmente diverso dal nostro, che si ispira a regole istituzionali di confronto e di verifica preventiva delle posizioni dei singoli ministri di un Governo e non al sistema ordinamentale costituzionale parlamentare disciplinato dalla nostra Costituzione.
Allora, mi chiedo se ci sia una ragione di ordine costituzionale perché noi si debba aderire acriticamente a quel modello, quasi fosse quello buono, ottimo, funzionante e qualsiasi altro modello che noi invece proponiamo - ma questo dibattito servirà per discutere - fosse per antonomasia quello destinato a non risolvere il problema.
Colleghi, io sono sempre lontano dalle polemiche e vorrei oggi dire quello che sto per dire, non per fare una polemica, ma per dimostrare che i modelli costituzionali diversi dal nostro non si possono prendere ad uso e consumo di un singolo provvedimento. Colleghi, a voi, a molti di voi, ad esempio, piace assai poco nel modello americano l'elezione popolare del pubblico ministero o la discrezionalità dell'azione penale (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania): così come giustamente voi dite che la nostra Costituzione non lo permetterebbe, (Commenti dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo), così come voi ci avete detto tante volte - e io non sono tra quelli che sposerebbero quel modello di giustizia - che la nostra Costituzione non lo permetterebbe, allora io chiedo: ma la nostra Costituzione, questa Costituzione che noi non possiamo modificare, permetterebbe di arrivare al risultato a cui voi vorreste arrivare con la vostra proposta?
Onorevole Castagnetti, la mia risposta alla sua preoccupazione è che confermo l'inesistenza di un unico modello. Dobbiamo cercare anzitutto un modello di legge che sia conforme, compatibile con il nostro sistema costituzionale.
In proposito, vorrei rapidamente soffermarmi sulla vostra proposta, nella parte che affida ad un'autorità il potere di graduare le sanzioni - lo avete riconosciuto - fino a disporre e non a concordare la vendita forzata. «Disporre» vuol dire che l'autorità entra nel patrimonio di un privato e d'autorità ne vende, con un'offerta pubblica, i beni. Sia per questa parte sia per l'altra parte che riafferma il concetto centrale dell'incompatibilità, ebbene, per entrambi questi aspetti credo che la vostra controproposta difficilmente avrebbe una positiva verifica di costituzionalità. Mi spiego rapidamente, per non sottrarre troppo tempo ai lavori di questa Assemblea. Mi riferisco all'incompatibilità, su cui i colleghi dell'opposizione tanto
hanno posto l'accento e, anche a quella speciale regola d'incompatibilità che, a nostro avviso, significa colpire le posizioni di status.
È evidente che, se noi dobbiamo colpire la posizione di status di alcune categorie di persone, dobbiamo differentemente colpire due posizioni; vedremo poi se le sanzioni siano sufficienti come noi riteniamo o insufficienti come voi ritenete, ma sono due aspetti diversi della legge. La prima è l'incompatibilità di posizione. Ebbene, voi sostenete che tra quelle incompatibilità si debba comprendere anche la situazione, lo status di proprietario di beni; è, cioè, uno status che non è affatto collegato al compimento di atti concreti e distorsivi, perché quanto a questo secondo aspetto, con regole che noi riteniamo positive, la seconda parte della legge ha una sua disciplina: si tratta dei conflitti di interessi sugli atti. Allora, l'incompatibilità che cos'è per voi, colleghi dell'opposizione? L'incompatibilità è colpire preventivamente, in base al sospetto, all'ipotesi che attraverso l'essere proprietario (ma a prescindere da qualsiasi elemento ed anche da qualsiasi atto) egli possa violare l'interesse pubblico a vantaggio dell'interesse privato.
Colleghi dell'opposizione, credo che questa ipotesi, questa sì, ci allontanerebbe dal dettato costituzionale; mi spiego rapidamente. Noi abbiamo un principio cardine nel nostro ordinamento, il principio dell'articolo 51 della Costituzione. L'articolo 51 stabilisce - come voi sapete - il diritto di ogni cittadino, senza distinzioni, di accedere in condizioni di eguaglianza alle cariche pubbliche.
Voi sapete perfettamente che la giurisprudenza costante della Corte costituzionale ha interpretato questo principio come tale da impedire ogni condizionamento preliminare all'assunzione di una carica pubblica; non vi è dubbio che tra i condizionamenti preliminari inammissibili vi è quello che voi esattamente chiedete, l'alternativa tra rinunciare preventivamente alla carica pubblica o rinunciare al proprio diritto di proprietà. È una limitazione dell'articolo 51 della Costituzione, colleghi dell'opposizione, e non sono parole mie poiché le potreste ritenere sospette. Vorrei, infatti, leggervi e ricordarvi il più autorevole commento alla nostra Costituzione, quello firmato dai professori Pizzorusso e Branca; in esso, interpretando e richiamando l'articolo 51 della Costituzione, si afferma esplicitamente, senza possibilità di dubbio, che non esistono condizionamenti di status che possano precludere, in condizioni di eguaglianza, l'accesso alle cariche pubbliche.
Colleghi dell'opposizione, ho sentito - mi permetto di dirlo ed è l'ultima osservazione polemica che espongo - citare un po' a sproposito, anche oggi pomeriggio, da alcuni di voi il parere del professor Caianiello. Si tratta di un parere che critica l'impostazione del Governo in alcuni aspetti; mi permetto però di leggere testualmente le prime quattro righe delle sue conclusioni, in particolare il punto 1 delle medesime.
Nel punto 1 esplicitamente si afferma: «consiglio, in conclusione, che si inserisca nella legge il divieto per l'interessato di ingerirsi nella gestione diretta dell'impresa; l'interessato deve restare mero proprietario dell'impresa, senza assumere personalmente compiti di amministrazione, così come accade negli altri paesi democratici cui si è fatto cenno nel paragrafo 1».
Vi è stato un richiamo mosso impropriamente ad una argomentazione del professor Caianiello che ha indotto il Governo a ritenere necessaria la precisazione secondo cui lo status di proprietario, alla luce dell'articolo 51, non può essere conculcato né sacrificato preventivamente se non alla luce degli atti di Governo che l'interessato concretamente colpirà. Questa, pertanto, è la ragione di tale norma che vi ha tanto preoccupato e tanto indignato, citando - lo ripeto impropriamente - un argomento di costituzionalità che deve essere ribaltato.
Sarebbe stata - questa sì - incostituzionale la norma che avesse stabilito che esistono cariche pubbliche a cui tutti possono accedere, tranne che il proprietario di beni, quali essi siano, a meno che esso,
prima dell'assunzione della carica, non scelga di disfarsene, in alternativa rinunciando all'incarico pubblico. Questa alternativa, colleghi, l'articolo 51 non permette, perché è espressione di una Costituzione liberale. A questo principio di non alternatività ci siamo rifatti quando abbiamo introdotto nel disegno di legge questa preoccupazione.
Un'ultima osservazione davvero conclusiva: quando noi - ne parleremo successivamente - ci soffermiamo a fondo su un doppio ordine di sanzioni, colleghi dell'opposizione, per favore, discutiamo nel merito, ma non negate anche la realtà di un richiamo esplicito che qualcuno di voi, pochi minuti fa, ha mosso alla portata delle norme in base a cui l'antitrust può, come può fare l'authority delle comunicazioni, irrogare alcune sanzioni pecuniarie severissime all'impresa che abbia abusato di una posizione dominante o che abbia concretamente agito, approfittando di una distorsione del mercato.
Con riferimento a queste sanzioni sarebbe non rispondente al vero affermare che esse non ci sono più. Queste sanzioni ci sono, ci saranno, sono sanzioni che, come qualcuno di voi ha ricordato, arrivano sino al cuore dell'impresa, sino ad un provvedimento interdittivo o inibitorio verso l'impresa. Tali sanzioni si possono e si devono, quando ne ricorrano i presupposti, cumulare con l'altra sanzione che invece è quella che, a nostro avviso, dà un senso concreto alla nostra idea di un ordinamento che non copia altri ordinamenti, bensì si ispira ad un valore, non ad una norma, che da oltre un secolo o forse anche più, nell'ordinamento britannico, è ritenuto il peggiore e più grave deterrente per chiunque faccia politica: il discredito presso i cittadini. Non mi dite, onorevoli colleghi dell'opposizione, che il discredito dei cittadini non conta nulla! Non mi dite che questa non rappresenta una sanzione e non dite in questo Parlamento a noi, eletti dai cittadini, che l'essere denunziati... (Commenti dei deputati dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e del Misto-Verdi-l'Ulivo - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e della Lega nord Padania).
PIER PAOLO CENTO. Pinocchio!
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Onorevoli colleghi dell'opposizione, chi di voi pensa di intimorirmi con lo scherno, sbaglia: non c'è bisogno di schernire chi sta parlando, quando non la pensa come voi. Avete la possibilità di parlare: fatelo (Vivi commenti dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani - Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'UDC (CCD-CDU) e della Lega nord Padania).
PIER PAOLO CENTO. Pinocchio!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, credo che il ministro Frattini renda omaggio al Parlamento nel dire ciò che molte volte, in sede di parere sugli emendamenti, il Governo si esime dal fare. È un omaggio anche agli argomenti che sono stati portati in discussione e che sono stati vasti. Se il ministro avverte questo dovere, rispettatelo insieme alle opinioni che possono dissentire dalle vostre.
FRANCO FRATTINI, Ministro per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza. Signor Presidente, vorrei concludere il mio pensiero ed il mio intervento, dicendo che non sarebbe dignitoso per noi stessi, ed anzitutto mi rivolgo a me stesso, ritenere che introdurre una sanzione, certamente di natura innanzitutto politica, in aggiunta alle sanzioni giuridiche esistenti, sia questione irrilevante né tanto meno sarebbe corretto negare rilevanza alla sanzione politica che potrebbe derivare con una libera espressione della democrazia in questo paese, qual è l'opinione pubblica cui voi, mi permetto di dire, anche in queste ore vi state rivolgendo fortemente.
Quando quell'opinione pubblica, come qualcuno di voi ha ricordato, dovesse convincervi e convincersi che voi avete ragione e noi torto, e noi stiamo introducendo nell'ordinamento giuridico la possibilità che una autorità, sicuramente indipendente, venga domani a riferire in quest'aula che il sottoscritto ha violato un interesse pubblico, voi pensate che io potrei rimanere al mio posto, per un solo momento (I deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo gridano: «Sì»? Sbagliate, colleghi dell'opposizione, sbagliate e mi permetto di dire che, se dite tali cose, vuol dire che voi per primi rimarreste sulla poltrona per primi (Vivi applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale e dell'UDC (CCD-CDU che gridano: «Bravo!» - I deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo gridano: «Buffone!»
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di trattenere gli entusiasmi e gli sdegni con la stessa misura...
MARCO RIZZO. Siete tutti dipendenti!
PRESIDENTE. Be', questo non è giusto, almeno per i liberi professionisti (Si ride)!
Per risolvere in anticipo una questione - che è inutile sollevare, perché dovrei respingerla - vorrei dirvi che il ministro Frattini ha ampiamente esposto le ragioni per le quali il Governo ha espresso sugli emendamenti parere conforme al relatore. Svolgendo questo compito con precisione ed eloquenza - vista anche l'eloquenza espressa in precedenza - non ha fatto altro che motivare le ragioni del parere espresso dal Governo (Commenti dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo). Quindi, non vertiamo nella fattispecie di cui all'articolo 50, comma 2, del regolamento, che si riferisce al caso in cui dopo l'intervento del ministro o del rappresentante del Governo, nel corso del dibattito, si riapre il medesimo.
Fatta questa precisazione, coloro che vogliono intervenire sulle proposte emendative all'articolo 1, possono farlo. Ribadisco invece che non è possibile la riapertura della discussione a seguito delle dichiarazioni del ministro, perché non è questa l'ipotesi prevista dall'articolo che ho ricordato.
ANTONIO BOCCIA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, l'interpretazione che lei ha dato della dichiarazione del Governo, come espressione del parere sugli emendamenti, è sicuramente un'interpretazione autorevole che, ovviamente, io rispetto. Tuttavia, ci troviamo in una situazione un po' particolare, quindi vorrei pregarla di compiere una riflessione.
Il Presidente della Camera ha detto che non poteva evitare il contingentamento dei tempi; dunque, il tempo è stato contingentato. Il Governo ha diritto di parlare, è giusto che noi lo ascoltiamo; noi vogliamo questo dialogo. Però, nel contesto di questo provvedimento e del contingentamento dei tempi riservati al suo esame, un intervento di più di mezz'ora incide notevolmente sull'andamento della discussione. Quindi, signor Presidente, si sta creando un precedente, nel quale, tutto sommato, il Governo fa ostruzionismo al legittimo diritto dell'opposizione di utilizzare il tempo messo a sua disposizione (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Verdi-l'Ulivo). Poi, lei a tutto ciò aggiunge anche l'impossibilità di intervenire sulle dichiarazioni del Governo e allora il vulnus diventa «al quadrato» (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia)!
Inoltre, Presidente, mi permetta di dirle che lei non può considerare la dichiarazione del ministro Frattini come un intervento per esprimere il parere sugli emendamenti, perché questo mi pare un tantino forzato (Applausi dei deputati dei
gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Comunisti italiani e Misto-Socialisti democratici italiani).
PRESIDENTE. Vorrei rispondere al collega Boccia che mi ha chiesto di compiere una riflessione...
GERARDO BIANCO. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole, non l'avevo vista, guardavo più in alto, anche se più in alto di lei non ne conosco. Prego, onorevole Gerardo Bianco, ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, mi permetto di considerare la decisione, che lei ha preannunciato a questa Assemblea, assolutamente non rispondente all'articolo 50 del regolamento.
Il regolamento parla chiaro, signor Presidente: se i ministri, dopo le dichiarazioni di voto - che si sono svolte - chiedono di essere sentiti, a norma...
PRESIDENTE. Onorevole Gerardo Bianco, posso interromperla? Sto ascoltando e sono disposto a cambiare opinione. Tuttavia vorrei che si soffermasse sul concetto dopo le dichiarazioni di voto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale).
GERARDO BIANCO. Sono state svolte delle dichiarazioni di voto sull'articolo. Il Presidente ha una lunga esperienza e mi permetto di richiamare anche la mia esperienza analoga.
PRESIDENTE. Anche condivisa. È un ricordo piacevole.
GERARDO BIANCO. Prima il regolamento era anche più complicato rispetto a quello attuale, che ha sveltito le procedure.
Ci troviamo di fronte ad una situazione classica. Che cosa sono state le dichiarazioni di voto svolte sull'articolo 1? Peraltro, la dichiarazione del ministro - come ha espresso bene il collega Boccia - avrebbe dovuto essere svolta dopo la richiesta della sospensiva. Si tratta, infatti, di una vera e propria apertura di dibattito che, peraltro, ha ribadito ciò che, nella giornata di ieri, il ministro ha espresso con molto garbo; si tratta degli stessi concetti.
Signor ministro, non è vero - mi permetto di affermarlo - che ieri sera vi è stata la volontà di non ascoltare le sue parole. Abbiamo dialogato e cercato di trovare un punto di dialogo; mi fa piacere che lei lo riconosca.
Signor Presidente, di fronte ad un dibattito di questo rilievo, di questa importanza, ho tentato di intervenire per un richiamo al regolamento - il Presidente Casini mi ha impedito di farlo, non mi ha dato la parola, non so sulla base di quali valutazioni - al fine di ottenere quel chiarimento che, apprezzabilmente, il ministro ha fornito in questa sede. Ora il ministro rimette in campo una discussione di carattere generale. Come si fa ad intervenire solo sulle proposte emendative? Credo sia una strozzatura del dibattito, estremamente grave, e che l'interpretazione del regolamento più corretta sia consentire - sia pure in termini rispettosi complessivamente dei termini stabiliti - all'opposizione di replicare con la stessa ampiezza e la stessa possibilità di portare argomentazioni che ha avuto il ministro, il quale ha parlato in base all'articolo 64 della Costituzione.
DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.
FEDERICO BRICOLO. Toglili la parola!
PRESIDENTE. Sullo stesso argomento?
IGNAZIO LA RUSSA. Presidente!
PRESIDENTE. Lasciate parlare. Non desidero che si metta in discussione il diritto di parola, perché conosco anch'io la Costituzione da qualche anno. Onorevole Franceschini, ha facoltà di parlare.
DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, credo che, a questo punto, pur intervenendo formalmente sull'emendamento, sia necessario rispondere al ministro Frattini (la saggezza popolare aiuta sempre): è proprio vero, andando con lo zoppo si impara a zoppicare e frequentando il vostro capo avete imparato a dire una cosa e a farne un'altra. Una verità per i telespettatori non è prevista dal regolamento. Una verità per i telespettatori, una verità per le aule parlamentari...
CESARE RIZZI. Presidente, cosa sta dicendo!
PRESIDENTE. Onorevole Franceschini, sono molto tollerante. Tuttavia lei ha chiesto di parlare sul regolamento. Se preferisce parlare delle cattive compagnie, ognuno ha le sue (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, di Alleanza nazionale, dell'UCD (CCD-CDU) e della Lega nord Padania).
DARIO FRANCESCHINI. Io non ho chiesto di parlare sul regolamento, ritenendo che la parte regolamentare fosse chiusa con la sua volontà, discutibile, ma espressa in quest'aula. Sto chiedendo di parlare nel merito del primo emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene. Quindi, passiamo alla votazione dell'emendamento Soda 1.1. Lei, onorevole Franceschini, ha facoltà di parlare per dichiarazione di voto.
DARIO FRANCESCHINI. Siete andati in televisione, naturalmente con un bel sorriso, come fa il vostro leader quando sa di spararla grossa (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), a raccontare che su questa legge volete il dialogo - lo ha ripetuto il ministro -, che volete risolvere il conflitto di interessi e che l'opposizione avrebbe in mente di espropriare i beni al Presidente del Consiglio (non si sa come questo sia possibile con il modello americano).
Allora, mentite sapendo di mentire, non volete alcun dialogo: vi serve solo raccontarlo alla gente! Non accettate alcuno degli emendamenti presentati dall'opposizione e non intervenire nemmeno nel dibattito! Ve ne accorgete che non chiedete mai la parola e che lasciate parlare soltanto noi (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)? Avete voluto persino il contingentamento dei tempi!
La realtà è che questo disegno di legge - lo sapete - non risolverebbe qualsivoglia conflitto di interessi, mentre serve a raggiungere l'unico obiettivo che vi prefiggete: quello di non parlarne mai più e di poter dire che il Presidente del Consiglio osserva la legge! Non volete una legge, ma - in fondo è così - una pietra tombale per risolvere i problemi futuri dell'onorevole Berlusconi: con le norme sulle rogatorie e sulle prescrizioni e con quelle sul falso in bilancio avete risolto i problemi del passato (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani), con questo disegno di legge volete risolvere i problemi futuri del Presidente del Consiglio!
Allora, sappiate che approvando queste norme non zittirete il paese, non riuscirete a spegnere la coscienza civile degli italiani (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), quella che si è risvegliata, in modo pacifico, tollerante e dialogante. Soltanto la vostra arroganza poteva portarvi a collegare, in maniera obbrobriosa, come ha fatto oggi il Presidente del Consiglio, gli atti terroristici alle manifestazioni pacifiche dei giorni scorsi! Vergogna (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani. - Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale)!
Mi riferisco a quegli italiani che, dentro di loro, sentono crescere l'indignazione per un gruppo di uomini politici che, avendo vinto le elezioni, pensano di essere diventati i padroni dello Stato, non di servire le
istituzioni ma di servirsene, di usare la forza parlamentare - che avete, per carità! - per piegare la legge...
CESARE RIZZI. Basta! Basta!
DARIO FRANCESCHINI. ...per piegare il diritto, così come volete fare - ne parleremo ancora - attribuendovi a tavolino (dopo una lunga ed estenuante trattativa al vostro interno), secondo una volontà discrezionale, contro la legge e contro il diritto, 13 seggi vacanti.
Sappiate che non vi basteranno le norme ipocrite e inutili contenute in questo disegno di legge per chiudere la discussione. Certo, è così fastidiosa ed imbarazzante per il Presidente del Consiglio! Forse potranno non parlarne più i telegiornali di famiglia o quelli che farete dirigere da qualche amico compiacente ...
MARIO LANDOLFI. Zaccaria!
IGNAZIO LA RUSSA. Vergognati! Zaccaria è amico tuo, vergognati!
DARIO FRANCESCHINI. ...gli stessi che, dopo il 13 maggio, hanno smesso, nei telegiornali della sera, di raccontare agli italiani delle rapine nelle ville del nord-est, degli sbarchi di clandestini, della criminalità organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo), come se queste cose non ci fossero più! In questo modo, pensate, non si parlerà più del conflitto di interessi.
State tranquilli, ne parleremo noi ogni giorno, per amore della democrazia, per amore del diritto (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale), per ricordare che non vogliamo norme contro Berlusconi (vi hanno convinto a forza di raccontarvelo); ne parleremo per amore della trasparenza, del diritto, della correttezza e per ricordare un principio normale, moderato, indiscusso in tutte le democrazie del mondo (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza nazionale - Applausi polemici di deputati del gruppo di Alleanza nazionale), secondo il quale chi è chiamato alla missione di occuparsi degli interessi del paese non può occuparsi delle proprie aziende (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, Misto-Verdi-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. L'intervento dell'onorevole Franceschini ha dato inizio alle dichiarazioni di voto sull'emendamento Soda 1.1 ma, per correttezza e per il rispetto che ho delle opinioni del collega Gerardo Bianco, desidero dargli una risposta che, purtroppo, non collima con le pregevoli osservazioni da lui proposte.
Una rilettura dell'articolo 50 del regolamento, alla quale mi sono testé dedicato, mi pone in condizione di potergli replicare che costituirebbe una grave deroga non al regolamento ma al dialogo che si stabilisce tra il Governo e il Parlamento se, quando un rappresentante del Governo, sia pure con l'abbondanza e l'ampiezza di temi che hanno connotato l'esposizione del ministro Frattini, esercita il suo diritto di motivare il voto, si dovesse riaprire la discussione (cosa che avviene solo quando, dopo le dichiarazioni di voto, si inserisce il Governo).
Mi permetto di ricordare, a tale proposito, un pregevole intervento del sottosegretario Aprea che, sotto questo profilo, ha aperto uno spiraglio alla considerazione di tutti. Perciò non sono d'accordo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Soda. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, abbiamo proposto il mio emendamento soppressivo perché l'articolo 1, che sancisce il principio del dovere di servire esclusivamente gli interessi pubblici, è subito smentito dall'articolo 2, che fa salva la cura degli interessi privati. Questa è la ragione che sta alla base dell'emendamento in esame.
Voglio poi replicare brevemente al ministro Frattini. Vede, ministro Frattini, i commentari, soprattutto quando sono scritti da persone democratiche e non asservite al carro dei padroni, vanno letti integralmente. Il commentario alla Costituzione, all'articolo 51, che lei ha citato, riporta la ragione per la quale questo articolo fu scritto. Questo lo disse Mortati. Mortati scrisse: questo articolo 51 deve servire a combattere l'affarismo parlamentare. E noi che oggi stiamo per approvare la legge sul conflitto di interessi (legittimando il conflitto), aggiungiamo: l'affarismo governativo dei membri del Governo. A questo serve l'articolo 51. E come lo risolve il problema il legislatore degli anni cinquanta, che deve attuare l'articolo 51? Lo risolve dicendo che chi amministra società in rapporto di concessione o di autorizzazione con lo Stato o con altro ente pubblico (per quanto riguarda gli enti territoriali) è incompatibile con la carica parlamentare. Dovendo approvare una legge sul conflitto di interessi che riguarda i membri del Governo, sviluppando l'articolo 51, occorrerebbe dire che chi amministra una società concessionaria di servizio pubblico dello Stato, come la radio e la televisione, è incompatibile con la carica di membro di Governo. Questa è la logica del sistema.
Allora, il cittadino qualunque si domanda: ma come, il maggiordomo Confalonieri non può sedere in quei banchi mentre il suo padrone, che l'ha nominato con la maggioranza delle azioni in Mediaset e in Fininvest, può stare a quel tavolo? Questa è la logica della nostra Costituzione. Costituzione che lei ha definito liberale, ma che quando dice questo definite bolscevica e comunista. Il sistema americano dice la stessa cosa. Lei dovrà chiedere al suo committente, al suo mandatario (mandante, mandatario, voi vi scambiate i ruoli), di farsi raccontare...
CESARE RIZZI. Ciarlatano! Quello lì è un ciarlatano!
ANTONIO SODA. ...essendo lui amico di Bush, la storia di mister Baker. Lei conosce la storia di mister Baker, immagino. Egli, ministro del tesoro dell'amministrazione di Bush padre, avendo una quantità notevole di azioni in una banca che investiva nei paesi dell'America latina, aveva consegnato queste azioni ad un blind trust. Sul New York Times, negli anni ottanta, venne scritto (glielo leggo, onorevole Frattini): mister Baker, ministro del tesoro, viene pagato dai contribuenti per rappresentare l'interesse nazionale, e non può trattare in modo etico questioni come il debito internazionale, che toccano la sua personale fortuna. Infatti, era azionista della Chemical Bank, che investiva in quei paesi. Nessuno muove l'accusa che abbia agito in modo corrotto - per qualcuno qui l'accusa c'è, eccome - ma il pubblico ha diritto di avere fiducia completa nel servizio disinteressato dei funzionari più potenti.
Ebbene, mister Baker, ministro del tesoro, annunciò che aveva liquidato tutto il suo patrimonio per rimanere ministro del tesoro in un paese comunista, bolscevico e non liberale.
Ha capito, onorevole Frattini, quali sono i sistemi utilizzati nel mondo per affrontare la questione del conflitto di interessi? Non certamente quello di scrivere che chi ha il conflitto di interessi in realtà non ce l'ha, perché tanto gli fate una legge ad hoc. Gliela fate da soli!
Lei mi sembra come quell'alchimista che si avventura nelle fumisterie delle caverne per cercare di trasformare il piombo in oro: non ci riuscirà, perché la storia, i fatti, il diritto e la cultura sono contro questa legge.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Soda, ma l'unica cosa che non avrebbe dovuto fare è dire a Frattini che sembra un alpinista, perché Frattini è un grande alpinista e tutti lo sappiamo.
ANTONIO SODA. Non alpinista, alchimista!
PRESIDENTE. Ah, alchimista! Avevo capito alpinista.
ANTONIO SODA. Presidente, lei è ancora giovane ma se comincia già a fraintendere!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, giusto per non far cadere l'attenzione io renderò invece omaggio al ministro Frattini per il suo coraggio.
Il ministro Frattini ha fama, talvolta anche un po' usurpata, ma comunque ha fama di essere un fine giurista. Ebbene, il ministro Frattini sta immolando la sua credibilità e competenza per difendere l'indifendibile. Le faccio un esempio immediato, onorevole Frattini.
Lei, qualche minuto fa ha citato il commentario alla Costituzione di Branca e Pizzorusso consigliandoci di andare a leggere quel commentario per capire cosa stiamo sbagliando, mentre voi siete nel giusto. Allora, prendiamo il commento all'articolo 97 (perché in quel commentario l'articolo 51 non viene trattato all'articolo 51 ma, appunto, all'articolo 97 dove si parla di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione). Ebbene, in quel commentario, che lei così autorevolmente, ma improvvidamente ha ricordato, si ricorda che i commentatori usano dire che, mentre le cause di ineleggibilità interessano direttamente l'accesso, giacché rendono insanabilmente nulla o comunque annullabile l'elezione, l'incompatibilità non influisce sulla validità dell'elezione ma impone soltanto all'interessato, che si presume validamente eletto, di scegliere tra la nuova carica elettiva e la carica, o posizione, incompatibile con quella assunta precedentemente; questo è, né più né meno, il principio costituzionalmente corretto che presiede alla nostra soluzione del conflitto di interessi prevista nella proposta di legge di iniziativa degli onorevoli Rutelli, Fassino e altri (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
Allora, ministro Frattini, se si vuole citare un commentario lo si deve citare a proposito e possibilmente lo si deve leggere fino in fondo e non soltanto a tocchi e brandelli!
Vorrei fare un'altra piccola osservazione. Noi chiediamo la soppressione dell'articolo 1 perché potremmo definirlo l'articolo «tira e molla». All'inizio, quando lo avete presentato, tale articolo avrebbe dovuto riguardare soltanto gli uomini di Governo e le regioni; poi, in Commissione, avete introdotto i sindaci ed i presidenti delle province. Vi abbiamo fatto notare che con questa aggiunta avreste definitivamente scassato il sistema delle incompatibilità, definito puntualmente e precisamente nel testo unico approvato lo scorso anno, ed allora vi siete resi conto dello scempio che avevate fatto. Oggi, tra qualche minuto, voteremo la soppressione di quelle modifiche....
CESARE RIZZI. Basta che finisci!
GIANCLAUDIO BRESSA. No, non finisco, è solo il primo intervento, Rizzi, per cui prenditi del Valium perché dovrai ascoltarmi per parecchi minuti, dunque rilassati e stai tranquillo!
LUIGI OLIVIERI. Valium, Valium!
GIANCLAUDIO BRESSA. Avete prima previsto, poi modificato e poi, di nuovo, avete tolto le modifiche.
Guardate, questo articolo è talmente mal scritto che non credo sia neanche possibile commentarlo.
Nel testo iniziale, all'articolo 3, avevate previsto, quanto meno con la dignità di una dimensione autonoma, le incompatibilità. Adesso riducete le incompatibilità - anzi no, scusate, il dovere di astensione - a due battute: «i titolari di cariche di Governo (...) si astengono dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto di interessi».
Questo è il vostro obbligo di astensione, in un provvedimento di legge in cui cancellate la figura del conflitto di interessi! Questo articolo, quindi, impone l'astensione dal nulla. Ministro Frattini, già che
c'è - riprendo una battuta del collega Soda - si faccia spiegare dal suo mandante anche che cosa ha fatto Bush figlio in questo caso: egli, infatti, ha imposto all'attuale ministro del tesoro O'Neil di privarsi di tutte le azioni dell'Alcoa che possedeva. Si trattava di 200 miliardi di azioni che il ministro O'Neil ha venduto in uno dei momenti storicamente meno favorevoli della borsa americana. Così si può fare il ministro del tesoro in un paese di democrazia liberale.
In Italia, paese che si appresta a non essere più una realtà a democrazia liberale, che cosa si fa? Si presenta un disegno di legge che legittima il conflitto di interessi! Riflettete su ciò che state facendo, perché si tratta di una soluzione non solo priva di senso, ma anche terribilmente ridicola, e si sa che il ridicolo finisce con il travolgere anche le persone più sicure (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo e dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, è già stato ricordato come un provvedimento di questo tipo avrebbe meritato un consenso più ampio da parte dell'Assemblea e come questo sia stato invece impossibile. Credo che l'intervento del ministro Frattini abbia di fatto sottolineato perché si sia determinata una tale incompatibilità nel confronto. Ciò è avvenuto in Commissione e mi sembra che la stessa cosa stia avvenendo in aula. L'incompatibilità deriva dal fatto che ci sono due impianti, o tre impianti, tra loro diversi, e dal fatto che riteniamo assolutamente inefficace la filosofia che guida il provvedimento presentato dal Governo. Penso che ormai il paese, i cittadini e le cittadine, abbiano colto - nella discussione, nelle note stampa di queste settimane - tali differenze. Tuttavia, credo che, se vogliamo rendere un servizio al paese, occorra argomentare ulteriormente le ragioni che ci fanno contrastare il testo del Governo in maniera così significativa.
Vorrei tornare a questo proposito proprio al merito dell'articolo 1, perché questo (come già è stato richiamato) cita una frase di buonsenso, o comunque di buonsenso apparente, quando recita: «i titolari di cariche di Governo, nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici...». Credo che questa sia un'affermazione di buon senso, o almeno lo sarebbe se fosse correlata da una serie di argomentazioni e di previsioni oggettive che possano determinare quando questa cura degli interessi pubblici effettivamente non venga realizzata perché entra in contrasto con gli interessi privati. Infatti si aggiunge: «...si astengono dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto di interessi».
Vi è, dunque, una dichiarazione di astensione, ma le situazioni di conflitto di interessi «definite» negli articolati successivi sono tali per cui tale obbligo di astensione sarà assolutamente limitato; in pratica, questo richiamo alla necessità di curare solo gli interessi pubblici si tramuta in un appello da parte del Governo, ossia in una petizione di principio che non trova riscontro concreto nelle disposizioni poste in essere affinché gli interessi pubblici vengano effettivamente salvaguardati.
In questo senso, credo sia bene chiarire che gli articoli successivi, quelli che richiamano le incompatibilità e la definizione di conflitto senza entrare poi nel merito degli atti e degli strumenti per controllare gli atti, sono tali da rendere questo primo articolo assolutamente inefficace.
Anche le argomentazioni che sono state qui sostenute dal ministro, che ha detto che l'intenzione è quella di colpire uno status, non ci convincono; noi, che consideriamo sempre innocenti gli imputati fino a prova contraria, vogliamo tentare di mettere a disposizione del paese norme tali da garantire chiunque.
Non ci dovrebbe essere bisogno di intervenire sui sospetti o sul richiamo etico che è necessario e dovuto: dovrebbe essere cosa scontata per chi si assume un incarico pubblico di qualunque tipo. Tuttavia,
non sono sicuramente gli appelli etici che possono fornire garanzie certe e concrete al paese e ai cittadini. Pertanto, riteniamo che sopprimere il primo articolo del provvedimento in esame sarebbe già significativo, perché consentirebbe di aprire una discussione sull'impianto complessivo della legge.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Soda 1.1, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 501
Votanti 500
Astenuti 1
Maggioranza 251
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 289).
Prendo atto che il dispositivo di voto dell'onorevole Cusumano non ha funzionato.
Passiamo alla votazione del testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Mascia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, credo che con il testo alternativo in esame si comprenda meglio il nostro pensiero rispetto ad un testo di legge che, effettivamente, possa intervenire sul conflitto di interessi. Anche noi ragioniamo sulla necessità di astenersi dagli atti pubblici che incidano su ipotesi di conflitto di interessi, ma intanto precisiamo che qui si tratta di incidere, direttamente o indirettamente, su condizioni personali del titolare della carica (e l'espressione «direttamente o indirettamente» fa la differenza sostanziale). Non c'è, infatti, bisogno che coloro che sono tenuti ad assumere determinati atti e a decidere rispetto a determinate deliberazioni compiano direttamente l'atto che possa entrare in conflitto, ma è sufficiente che in qualche modo l'atto stesso possa avvantaggiare, direttamente o indirettamente, la propria condizione personale o quella dei propri congiunti o parenti e così via. Credo ciò costituisca la differenza sostanziale anche perché si riconnette ad un altro articolo, il successivo, che fa riferimento a norme di incompatibilità. Queste ultime si riferiscono a quelle condizioni che riguardano non soltanto i liberi professionisti che esercitano la loro attività, non solo i dipendenti della pubblica amministrazione ma coloro che detengono proprietà di dimensioni tali da determinare un conflitto di interessi oppure gli imprenditori che operano in settori strategici della nostra economia.
Credo che anche con la lettura di questa norma - che, lo ripeto, è completata da un inciso che fa la differenza sostanziale e si collega direttamente ad una previsione di incompatibilità ben definita - si chiarisca la necessità che coloro che assumono incarichi di Governo si debbano dedicare esclusivamente alla cura degli interessi pubblici e si chiarisca meglio come si possa e si debba intervenire a monte, affinché si possano offrire determinate garanzie rispetto a queste cariche di governo.
Nel testo alternativo in esame si prevede, altresì, che queste incompatibilità valgano anche a livello territoriale, per le regioni, le province e i comuni. Abbiamo, però, fatto un richiamo ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione: naturalmente si tratta di affermare solo dei principi e prevediamo un articolato, facendo salvo il richiamo ai sensi dell'articolo 122 della Costituzione; allo stesso modo, abbiamo richiamato il testo unico degli enti locali e gli ordinamenti delle regioni e province a statuto autonomo. Con questi richiami, naturalmente, si chiarisce che i principi e le proposte che avanziamo rispetto alle norme di incompatibilità anche a questi livelli non servono sicuramente a cancellare o a ridimensionare le norme già attuali ed attuate, ma semplicemente a
completarle e a renderle più coerenti con una partita che consideriamo rilevante e che, giustamente, dovrebbe investire tutti questi organi istituzionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, le osservazioni svolte dalla collega Mascia in riferimento al testo alternativo da lei presentato sono condivisibili per quanto riguarda i commi 1 e 2, ma non per i riferimenti, nel comma 3, non solo alle autorità del Governo statale, ma anche alle cariche regionali, provinciali, e comunali che riteniamo non vadano inserite in questa legge. Abbiamo anche contestato l'inserimento che da parte del Governo e della maggioranza è stato fatto nel disegno di legge governativo. Per quanto riguarda il disegno di legge governativo, tra poco voteremo un emendamento che espunge tale riferimento dal testo. Non possiamo, quindi, votare a favore di questo testo pur condividendo i primi due commi e, quindi, ci asterremo sul testo alternativo proposto dall'onorevole Mascia.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Mascia, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 513
Votanti 306
Astenuti 207
Maggioranza 154
Hanno votato sì 20
Hanno votato no 286).
Passiamo alla votazione del testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Bressa, identico all'emendamento Boato 1.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ho già accennato in parte al motivo per cui vogliamo proporre questo testo alternativo che, per tanta parte, a seguito degli emendamenti soppressivi del Governo, si avvicina al comma 2 dell'articolo 1 del testo del disegno di legge. Il motivo è sostanzialmente questo: nella scorsa legislatura abbiamo approvato il testo unico n. 267 del 18 agosto 2000 sull'ordinamento degli enti locali in cui, agli articoli 60, 61, 62, 63 e 64 sono previste, in maniera molto rigorosa e puntuale, le ineleggibilità e le incompatibilità. Ritenevamo che una norma così puntuale, precisa e seriamente motivata non dovesse essere modificata. Non ritenevamo fosse pensabile estendere i dispositivi e le norme di questo disegno di legge alle regioni in quanto, con la legge costituzionale n. 1 del 1999, era stato modificato l'articolo 122 della Costituzione che diceva che il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali, sono disciplinati con legge della regione, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge. Riteniamo che principi fondamentali in questa legge non ve ne siano, che vi siano invece principi per distorcere un sistema di incompatibilità e di ineleggibilità che aveva dimostrato di funzionare. Pertanto, abbiamo proposto questo articolo interamente sostitutivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, condivido pienamente quanto detto poco fa dal collega Bressa e, dunque, non lo ripeto. Vorrei solo segnalare a lei ed agli uffici un errore di stampa: tra le parole «Presidente del Consiglio dei ministri» e «i viceministri» andrebbe inserita la parola «i ministri». Poiché il testo alternativo
ed il mio emendamento riproducono il primo articolo della proposta di legge Rutelli ed altri...
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Boato, c'è un errore: si intende il Presidente del Consiglio dei ministri, i ministri, i viceministri, i sottosegretari di Stato...
MARCO BOATO. È chiaro che la parola ministri si ripete e, quindi, va inserita in tutti questi emendamenti. Vorrei, inoltre, annunciare il mio voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marone. Ne ha facoltà.
RICCARDO MARONE. Signor Presidente, chiediamo la sostituzione dell'articolo 1, comma 1, perché continuiamo a non comprendere l'utilità di questa norma. Mi chiedo se prima dell'approvazione di questa legge, cioè oggi, il ministro Frattini si possa interessare di interessi; infatti diciamo che, da quando sarà approvato il disegno di legge al nostro esame, un titolare di una carica di governo potrà occuparsi, esclusivamente, di interessi pubblici, come se oggi questo non dovesse avvenire o come se un titolare di carica di governo, che si trova in una situazione di conflitto, non avesse già oggi l'obbligo di astenersi: questi sono i due principi stabiliti in questo articolo 1.
La norma mi sembra del tutto inutile, in quanto si tratta di principi da sempre esistenti nell'ordinamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul testo alternativo del relatore di minoranza, onorevole Bressa e sull'identico emendamento Boato 1.5, nel testo corretto, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 511
Votanti 510
Astenuti 1
Maggioranza 256
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 283).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boato 1.15.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, utilizzerò qualche minuto adesso, cercando di evitare di intervenire su qualche altro emendamento successivo. Adesso inizia il primo di una serie di emendamenti a firma Boato e Intini (1.15, 1.17, 2.49, 2.53, 2.01, 3.14, 3.01, 5.11, 5.14, 6.22 e 6.24) tutti facilmente riconoscibili per questa doppia firma. Sono tutti emendamenti - alcuni anche molto complessi, come quelli all'articolo 6, perché riprodurranno un insieme di articoli - che riportano all'attenzione dell'Assemblea, integralmente, il testo approvato dalla Camera, relatore Frattini, nel 1998.
Il primo di questa serie di emendamenti al nostro esame, cioè il mio emendamento 1.15 - come avviene per l'altro mio emendamento 1.17 - riporta integralmente il testo della proposta di legge a prima firma Berlusconi, presentata sia nella XII che nella XIII legislatura. Riteniamo che queste due proposte di legge fossero anche inadeguate (difatti, poi, non hanno avuto esito, né l'una né l'altra) ma si tratta di due provvedimenti che - sulle materie su cui si è tanto soffermato il ministro Frattini qualche decina di minuti fa e sono intervenuti il relatore per la maggioranza Bruno durante la replica sulla discussione sulle linee generali, nonché altri numerosi colleghi del centrodestra - riportano (cito, per esempio, il caso esemplare relativo all'articolo 7 di entrambi, sia del testo relatore Frattini della XIII legislatura, approvato pressoché all'unanimità da questa Assemblea, sia il testo Berlusconi) all'articolo 7 ipotesi esplicite di dismissioni o di separazione di gestione.
Per esempio, se adottassimo i parametri di tutti i colleghi del centrodestra che sono intervenuti, a cominciare dal ministro, l'articolo 7 del testo Berlusconi sarebbe incostituzionale e se adottassimo il linguaggio di Dussin, o di qualche altro, sarebbe un testo comunista.
Soltanto Dario Fo sarebbe capace di rappresentare il Presidente del Consiglio Berlusconi che presenta, come primo firmatario, un testo comunista. Solo la satira sarebbe capace di esprimere un paradosso di questo genere.
Tuttavia, il testo Berlusconi prevede che: «Ai fini di cui al comma 1, gli interessati presentano, entro un congruo termine fissato dall'autorità garante, un piano che, entro determinati tempi e con adeguate modalità, assicuri l'effettivo distacco della gestione delle attività economiche dalla loro influenza.». Inoltre, il piano deve prevedere o la dismissione, totale o parziale, delle attività economiche o anche la stipulazione di contratti o atti che abbiano ad oggetto il trasferimento fiduciario della titolarità o del godimento delle attività economiche a persone fisiche o ad un trust.
Il testo di cui era relatore l'onorevole Frattini, approvato dal centrosinistra e dal centrodestra nella scorsa legislatura, all'articolo 7 prevedeva che: «Quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 4, comma 3, entro 45 giorni dalla data di assunzione della carica, l'interessato decide l'alienazione, totale o parziale, delle attività economiche ovvero il trasferimento delle stesse ad un trust» e così via. Poi, alla fine del comma 1, si stabilisce che: «Le attività economiche non alienate nel termine di 45 giorni sono comunque trasferite ad un trust» e al comma 2 si prevede che: «Alla scadenza del termine di cui al comma 1, se il contratto di trasferimento non è stipulato ovvero è stata accertata un'alienazione simulata, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con propria deliberazione, dichiara che sussiste la situazione di incompatibilità».
Dunque, signor Presidente, queste norme, che abbiamo riprodotto integralmente a partire dall'articolo 1 fino all'ultimo articolo di ciascuna delle proposte di legge, sono state - ripeto - una approvata dal centrosinistra e dal centrodestra quasi all'unanimità nella scorsa legislatura, con relatore Frattini e, l'altra presentata con primo firmatario Berlusconi.
Ma gli onorevoli Anedda e Dussin le considererebbero comuniste, il presidente Bruno le considera incostituzionali, il ministro Frattini - che è stato relatore di una di quelle proposte di legge - oggi la considera incostituzionale e l'onorevole Bressa vi ha risposto. Tutto ciò è paradossale!
Come vedete, queste proposte emendative non sono state sottoscritte da tutti gli esponenti dell'Ulivo - anche se mi auguro che le voteranno favorevolmente - ma, tutto ciò dovrebbe essere sostenuto anche dagli esponenti del centrodestra.
Insieme al collega Intini, mi sono assunto la responsabilità di proporre a questa Assemblea il voto su questi testi legislativi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta emendativa illustrata dall'onorevole Boato appare assolutamente ragionevole e, in qualche modo, dovrà anche costituire la misura dell'atteggiamento dell'opposizione in questo dibattito.
Infatti, vogliamo comprendere se vi sia un atteggiamento di dialogo e di disponibilità a modificare questo disegno di legge o se non vi sia. Tra l'altro, la questione non è priva di rilevanza anche ai fini dello sviluppo di questa discussione, che non vorremmo trasformare in una sciocca rappresentazione.
Tra le molte argomentazioni addotte nella relazione introduttiva al disegno di legge in esame, la prima merita qualche considerazione specifica. Si è sostenuto che il problema del conflitto di interessi non sarebbe così rilevante in quanto, nel corso della XIII legislatura, non è stata approvata alcuna legge dal Parlamento.
Tra le diverse argomentazioni, forse, questa contiene qualche elemento oggettivo di verità. Tuttavia, è una tesi che prova troppo e troppo poco. Le sacrosante critiche, avanzate nelle scorse settimane e in questi giorni da significativi settori dell'opinione pubblica - anche nel corso di manifestazioni di piazza (piazza Navona, Palavobis) - e da movimenti di intellettuali e di cittadini in molte città, dimostrano la profonda insoddisfazione per la mancata soluzione di questo tema fondamentale per la democrazia italiana.
Un'insoddisfazione ed una critica che sono state vivacemente rivolte anche alla leadership del centrosinistra, maggiormente responsabile delle mancate scelte e delle omissioni nella trascorsa legislatura, e che risultano giustificate dalla straordinaria gravità dell'anomalia italiana: l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri risulta in palese conflitto d'interesse tra il suo ruolo pubblico e la sua condizione privata, non soltanto in termini economici, ma anche in quanto proprietario del più grande polo televisivo privato nonché imputato in diversi processi.
Ebbene, questa critica fondata prova, pur sempre, troppo e troppo poco, ove assunta dal Governo: si consideri che nella scorsa legislatura sono state diverse le proposte di legge, alcune votate anche dall'attuale maggioranza, predisposte su questo tema. Si è trattato di un tentativo, comunque lo si voglia giudicare, di pervenire alla costruzione di regole condivise, essenziali per il funzionamento della democrazia e delle istituzioni nel nostro paese.
PIERLUIGI MANTINI. Ben diversamente si sta comportando oggi l'attuale maggioranza. Al contrario, con arroganza e protervia, a dimostrazione concreta ed inconfutabile della gravità del conflitto e dell'insensibilità democratica di questo Governo, viene oggi imposta unilateralmente - e vedremo dal dibattito parlamentare fino a che punto - una soluzione che è, in realtà, una non soluzione, un'ipocrita provocazione, una pietra tombale sui temi più delicati della nostra democrazia.
Ricordo al ministro Frattini, il quale ha evocato l'articolo 51 della Costituzione, che tale articolo, come ogni norma, deve essere letto; in tal caso, non soltanto divagando per i commentari, forse ci si accorgerebbe che l'articolo 51 recita che tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. È esattamente questo il compito che ci sta davanti: addivenire ad un sistema normativo che consenta a tutti i cittadini di partecipare alle cariche pubbliche in condizioni di uguaglianza. È ben curioso il tentativo di invertire il testo dell'articolo 51 per dimostrare l'indimostrabile: una legge che oggi limitasse ad uno status preciso le condizioni di incompatibilità ed inaccessibilità alle cariche pubbliche, sarebbe, secondo questa tesi, lesiva della Costituzione.
Richiamo la maggioranza di Governo, in extremis, ad un atteggiamento diverso e responsabile. Voglio augurarmi, per quanto non abbia alcuna convinzione in proposito, che vi sia una disponibilità a modifiche sostanziali: in caso contrario, sarebbe invero abbastanza difficile proseguire una sorta di - diciamo - discettazione su emendamenti che migliorano un testo di per sé non migliorabile.
Vorrei concludere, dicendo che con questa decisione il Governo si assume una grave responsabilità nei confronti del paese, qualificandosi per quello che è: un Governo di destra, plebiscitario, autoritario (Commenti di deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania), insensibile ai valori della democrazia e dello Stato di diritto (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo).
DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, intervengo
soltanto per rilevare e per far rilevare ai colleghi dell'opposizione, i quali possono in qualche modo essere indotti a votare a favore delle proposte emendative citate dall'onorevole Boato, che in tutti i testi mancano, tra i vari soggetti della platea, i viceministri. Quindi, non si tratta di un errore di stampa, come ha voluto sostenere...
MARCO BOATO. Mancano i viceministri, perché si trattava del testo Berlusconi!
DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza. Onorevole Boato, cerco di concludere il mio intervento; dopo, eventualmente, interverrà lei. Non si è tenuti a pubblicare in maniera pedissequa il testo originale. Faccio rilevare che su questo testo, al di là delle giuste spiegazioni fornite dal collega Boato, manca la figura giuridica del viceministro, che oggi, invece, esiste.
MARCO BOATO. Non ci sono i viceministri, perché all'epoca non c'erano!
DONATO BRUNO, Relatore per la maggioranza. Qualora i colleghi vogliano votare a favore dell'emendamento Boato 1.15, devono considerare che quelli che oggi sono i viceministri sarebbero esenti dal conflitto di interessi.
Quindi, a me sembra che anche prima, quando si dice che c'è stata una omissione per i ministri, e adesso si tratterebbe di una omissione per i viceministri, non si trattasse per l'appunto di un errore o di un refuso. Credo sia voluto per entrambi.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare per una precisazione.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Ma non è possibile questo! Non è possibile che il relatore dica una cosa di questo genere! Il testo alternativo Bressa e l'emendamento 1.5, a firma di Soda e Boato, sono la riproduzione in fotocopia del primo articolo del progetto di legge n. 2214 d'iniziativa degli onorevoli Rutelli e Fassino. Quindi, quanto ha detto il relatore per la maggioranza lo trovo di una scorrettezza assoluta, perché ha fatto una precisazione e ne abbiamo preso atto, ma nel testo, che chiamo tra virgolette «Frattini», del 1998 e nel testo Berlusconi non ci potevano essere i viceministri, perché allora non erano stati ancora istituiti. In ogni caso, i viceministri sono comunque sottosegretari che assumono il rango di viceministri e quindi vengono così ricompresi. È talmente strumentale l'intervento del presidente relatore Bruno che mi meraviglio che l'abbia voluto fare, perché è veramente scorretto da parte sua (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).
ANTONIO SODA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, considerato che il ministro è adesso dialogante, non so se rivolgermi all'alpinista, all'alchimista o al ministro. Nel 1998, quando non era ministro, lei ha scritto, ha motivato e ha relazionato all'aula che è incompatibile con la carica di Governo l'esercizio di attività imprenditoriale anche per interposta persona: lo schermo formale, la testa di legno, di cui parla Balocchi, l'amministratore formale, lo sprovveduto e così via. Oggi, in quella dottissima lezione di diritto costituzionale che ha pensato - ma solo lei, credo - di dare all'Assemblea ha sostenuto che scrivere e affermare l'incompatibilità anche per interposta persona, cioè con lo schermo formale, è illiberale, bolscevico, comunista, anticostituzionale. A chi dobbiamo credere? Al signor Frattini, non ministro del 1998, o al ministro di Berlusconi? In altre parole, in relazione alla veste che si assume, si sostiene l'una o l'altra tesi? Il dialogo è anche questo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo, della Margherita, DL-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.15, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 508
Votanti 507
Astenuti 1
Maggioranza 254
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 281).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boato 1.17, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 504
Votanti 503
Astenuti 1
Maggioranza 252
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 278).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Bressa 1.2.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, noi chiediamo la soppressione di questo comma perché esso rappresenta il pannicello caldo di tutto il provvedimento oggi all'esame dell'Assemblea. Ricordavo prima che nel testo originario presentato dal Governo all'articolo 3 c'era la previsione dell'obbligo di astensione. Era pur vero che anche in quel testo non c'erano da fare grandi salti, perché in esso si diceva che bisognava astenersi da ogni atto in cui fosse ravvisabile un conflitto rilevante di interessi, il che adesso non c'è più perché perlomeno un sussulto di decenza ha fatto sì che si togliesse l'aggettivo «rilevante». Però, questo aggettivo è stato tolto per un motivo molto semplice: perché è stato tolto dalla legge del conflitto di interessi; per cui, che sia rilevante o irrilevante non cambia assolutamente nulla.
All'articolo 3 abbiamo cancellato il conflitto di interessi e, quando ci arriveremo, dimostreremo che è praticamente impossibile che ci possa essere un'azione da parte di chicchessia in cui sia configurabile il conflitto di interessi; e così, una volta per tutte, è stato risolto il problema. Ciò dimostra la serietà, la determinazione con cui si è proceduto in questo disegno di legge: serietà e determinazione per raggiungere, solo ed esclusivamente, uno scopo e, cioè, quello di legittimare una abnorme situazione di fatto. Questo lo ripeteremo tutte le volte, perché uno scandalo di tali proporzioni questa Camera non l'aveva mai visto.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1.2, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 498
Votanti 496
Astenuti 2
Maggioranza 249
Hanno votato sì 221
Hanno votato no 275).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Boccia 1.33.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.
ANTONIO BOCCIA. Signor Presidente, chiederei per un attimo l'attenzione del ministro Frattini, poiché mi pare che questo mio intervento sia costruttivo. L'articolo
1 prevede, nella seconda parte, che i titolari di cariche di Governo si astengano dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali, quando si trovano in situazioni di conflitto di interessi.
Ministro Frattini, ho l'impressione che qualcosa non funzioni, e mi deve consentire di essere costruttivo. In base alla vostra legge ci si trova in una situazione di conflitto di interessi quando, ai sensi dell'articolo 3, ne venga riconosciuta la sussistenza. Tale sussistenza vi è quando l'autorità la dichiara, o scrivendo al Parlamento o attraverso un eventuale denuncia alla magistratura; quando cioè tale autorità conclama che sussiste un conflitto di interessi. Questa parte della legge sembra affermare che, ancorché sia stato conclamato che vi è un conflitto di interessi, le persone che sono riconosciute essere in tale situazione non partecipano agli atti. Francamente mi pare una cosa che non funziona. Direi, con molta sincerità, che questo secondo periodo andrebbe soppresso perché resta la principale, che è assorbente: «i titolari di cariche di Governo nell'esercizio delle loro funzioni, si dedicano esclusivamente alla cura degli interessi pubblici...». Trattandosi di un'articolo 1 che di solito indica le finalità e l'ambito, lo riterrei più che sufficiente. Ministro Frattini, guardi che la seconda parte dell'articolo in questione crea degli equivoci spaventosi; è quasi come se si legittimasse che una persona, titolare di cariche di Governo, quando viene riconosciuto che quando si trova in conflitto di interessi, si astiene dal partecipare alla deliberazione. Devo dirle con molta franchezza che un po' mi pare un pasticcio. Ho proposto un emendamento - al quale non mi appassiono - che chiarisce, però, due cose. Signor ministro, vorrei pregarla di seguirmi un attimo. Lei in tutto il testo - il Governo in tutto il testo - insiste moltissimo sul fatto che il conflitto di interessi esiste in relazione alla partecipazione agli atti e alle deliberazioni. Ora lei sa meglio di me che la magistratura e la giurisprudenza penale sono andate ben oltre , riconoscendo - sono presenti in aula illustri colleghi avvocati - la figura dell'istigatore influente, cioè, la figura di una persona che partecipa all'elaborazione degli atti, influisce sull'adozione degli stessi e decide come debbono essere adottati e poi dice: «portatemi assente».
Ormai, è stato più volte sancito che, quando è dimostrata la partecipazione al disegno, il fatto che poi sia assente e non vi sia la firma, non significa proprio niente. Se la giurisprudenza penale è andata così avanti, riconoscendo che quello che conta è la partecipazione sostanziale e non il fatto formale, con la seconda parte dell'articolo 1 la maggioranza e il Parlamento compiono un passo indietro, riconoscendo che, alla fine, una persona per bene (di questo poi si tratta, date le sanzioni) non deve partecipare esclusivamente alla stesura e quindi alla firma dell'atto; bene invece può conformarsi, influire, partecipare alla predisposizione, decidere ed influenzare. Insomma, andiamo a salvare o a sanare (lo dico tra virgolette) sostanzialmente un comportamento che di fatto è illecito. Pertanto, per motivi - mi pare - di coordinamento formale e di sostanza questa seconda parte andrebbe completamente eliminata.
In ogni caso, ho proposto questo emendamento perché offre una soluzione. Cerchiamo almeno di prevedere che questo soggetto non partecipi alle decisioni del Governo (quindi agli atti del Governo), quando sa preventivamente di trovarsi in una situazione di conflitto di interessi, vale a dire quando si trova nella condizione di dover adottare un atto che reca un vantaggio patrimoniale o un danno all'interesse pubblico. Se lo andiamo a dire successivamente, quando il conflitto di interessi è già stato dichiarato, francamente devo ritenere che si tratti di un pasticcio istituzionale oltreché, tra virgolette, di una sanatoria assolutamente immorale di comportamenti immorali.
ANTONIO SODA. Chiedo di parlare per un richiamo al regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, vorrei riferirmi agli articoli 85 e 85-bis del
regolamento. Mi sono accorto che stiamo votando per saltum. Abbiamo, infatti, votato gli identici emendamenti soppressivi Bressa 1.2 e Mascia 1.27 e adesso ci accingiamo a votare l'emendamento Boccia 1.33, saltando gli emendamenti Mascia 1.22, Boato 1.18 e Mascia 1.23. Immagino che sia stato applicato il comma 8 dell'articolo 85 del regolamento; il Presidente, infatti, all'inizio di seduta ci aveva comunicato che si riservava di annunciare gli emendamenti inammissibili, ma essi sono saltati.
PRESIDENTE. Non sono stati segnalati dai gruppi.
ANTONIO SODA. Allora ho capito bene.
PRESIDENTE. Ha capito, come sempre, bene.
ANTONIO SODA. È stata decisa dalla Presidenza l'eliminazione di emendamenti, subemendamenti o articoli aggiuntivi ritenuti a scalare, invitando poi i gruppi a segnalare quali proposte emendative rimanessero. Non si tratta di emendamenti a scalare che, come dice il regolamento, riguardano cifre, dati o espressioni altrimenti graduate, bensì di emendamenti che introducono concetti sui quali ci soffermeremo in continuazione.
Stiamo segnalando all'Assemblea il fatto che, mentre voi volete definire incompatibile con la carica di governo il prestanome, non volete dichiarare incompatibile il padrone, il committente.
In queste proposte emendative si fa riferimento all'assetto degli interessi: l'assetto degli interessi di Mediaset non è mica l'assetto patrimoniale di Confalonieri! È l'assetto patrimoniale di Berlusconi.
Quando nei nostri emendamenti e in quelli di Rifondazione comunista si richiama la cura degli interessi personali, privati, direttamente o indirettamente, si fa riferimento alla possibilità che con la creazione delle teste di legno un soggetto si liberi e neghi il conflitto di interessi.
Tali emendamenti affrontano il nodo centrale della questione in discussione, ma su tale posizione - come ho affermato poco fa - è stato il ministro Frattini a scrivere nel 1999 l'espressione: «chi cura gli interessi della propria azienda direttamente o per interposta persona». Lo ha scritto lui, non io, che sono notoriamente un bolscevico!
RAMON MANTOVANI. Non è vero!
ANTONIO SODA. Dico, pertanto, alla Presidenza che capisco l'applicazione del regolamento; i tempi sono contingentati perché si tratta di una materia non di rilevante interesse o di eccezionale importanza: stiamo trattando infatti delle etichettature delle mele nel Trentino.
Ci «tagliate» gli emendamenti; ritenete graduati gli emendamenti che affrontano il nodo centrale della questione sulla quale vi stiamo invitando a riflettere. Non ci dite quali sono gli emendamenti che sono stati ritenuti inammissibili. Volete darci una spiegazione per cui chi segue il fascicolo passa da un emendamento, ne salta tre, ne trova un altro? Non è più neanche possibile seguire, perché solo voi conoscete gli emendamenti che avete «tagliato»!
PRESIDENTE. Onorevole Soda, non intendo insegnarle nulla. Si tratta di un articolo del regolamento che reca la data del 1997 e di una modifica regolamentare che è stata varie volte applicata alla Camera, relativa non ad emendamenti a scalare, bensì a votazioni riassuntive.
Rileggo a me stesso, come si dice in pretura (quando c'era) l'articolo 85-bis: «I gruppi possono segnalare, prima dell'inizio dell'esame degli articoli, gli emendamenti, gli articoli aggiuntivi e i subemendamenti da porre comunque in votazione qualora si proceda, in applicazione del comma 8 dell'articolo 85, a votazioni riassuntive o per principi. In tal caso è garantita, con riferimento al progetto di legge nel suo complesso, la votazione di un numero di emendamenti, articoli aggiuntivi e subemendamenti...». Questa è la ragione per la quale si è verificata, non transattivamente,
ma riassuntivamente, quello che oggi lei lamenta come una specie di «salto della quaglia» che non è così.
ANTONIO SODA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, se non leggo male, l'articolo 85-bis fa riferimento agli articoli aggiuntivi, ai subemendamenti, da porre comunque in votazione, qualora si proceda a votazioni riassuntive. Lei dunque mi dice che si procede a votazioni riassuntive? È così? Ho capito bene? Ma le votazioni riassuntive fanno riferimento al caso in cui si proceda in applicazione del comma 8 dell'articolo 85 e quest'ultimo parla di emendamenti a scalare. Per esempio, il caso in cui si propone di sopprimere le parole, prima due, poi una; oppure una cifra: prima cinque, poi quattro, tre, due...
CESARE RIZZI. Dai i numeri!
ANTONIO SODA. ...oppure quando si fa riferimento allo stesso concetto.
Ma come è possibile assimilare il concetto dell'interesse indiretto con quello dell'interesse diretto per interposta persona? Si tratta di due concetti assolutamente diversi. Posso agire nell'interesse di un terzo...
PRESIDENTE. Onorevole Soda, questo l'ho già spiegato!
RAMON MANTOVANI. Ha ragione, signor Presidente. Sospenda la seduta e convochi la Giunta per il regolamento.
ANTONIO SODA. Signor Presidente, avete ritenuto riassumibili nello stesso concetto l'interesse indiretto, che può essere di una terza persona, con l'interesse proprio perseguito con una interposta persona.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, non mi dia del voi (Si ride)!
ANTONIO SODA. Le darò del lei, signor Presidente, se è questo il problema.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, desidero dirle che abbiamo applicato l'articolo 85-bis in relazione proprio all'ultima parte del comma 8 dell'articolo 85.
ANTONIO SODA. Si tratta di una riflessione aggiuntiva, signor Presidente. Quegli emendamenti non sono a scalare, non sono riassumibili. Si tratta di due concetti diversi.
PRESIDENTE. Onorevole Soda, è altresì in facoltà del Presidente modificare l'ordine delle votazioni quando lo reputi opportuno ai fini dell'economia e della chiarezza delle votazioni stesse. È questa la norma che abbiamo applicato.
Chiederei quasi la testimonianza dell'onorevole Violante, ma non è possibile! Sono cose che appartengono alla storia delle modifiche regolamentari.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, nessuno può essere chiamato ad accusare se stesso, come lei sa. Questo è il motivo per il quale non parlo.
PRESIDENTE. Allora guardi, detto in latino: nemo tenetur se ipsum accusare. La prego di accettare questa specie di autocritica ma asseveramento di una realtà che fa parte....
ANTONIO SODA. Accetto, signor Presidente, ma io non contesto il regolamento, contesto che gli emendamenti siano riassumibili (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania)! Sono due cose diverse!
PRESIDENTE. La ringrazio per la contestazione, onorevole Soda (Commenti dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega nord Padania).
ANTONIO SODA. Parlate, parlate! «Buh»: solo questo sapete dire? Parlate, visto che avete la lingua!
IGNAZIO LA RUSSA. Biondi, vai avanti!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi! Desidero che la seduta si concluda con le stesse modalità e la stessa correttezza con cui si è svolta finora e mi dovete consentire di farlo nell'interesse di tutti, non solo di chi presiede in questo momento l'Assemblea. Anche voi, fare una polemica su queste cose! Il collega Soda ha posto un problema e lo abbiamo risolto!
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccia 1.33, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti502
Maggioranza 252
Hanno votato sì 225
Hanno votato no 277).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Fanfani 1.32.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Fanfani. Ne ha facoltà.
Prego, collega, mi fa piacere sentirla (Si ride). È un mio collega ed amico...
GIUSEPPE FANFANI. La ringrazio, signor Presidente. Vorrei porre un problema serio e non ve ne sarebbe stato bisogno, come non vi sarebbe stato bisogno del mio emendamento 1.32, se dall'inizio di questa legislatura, ci fosse stata etica nella legislazione e rispetto per lo Stato e se non vi fosse stato, dall'inizio di questa legislatura, un esercizio costante del conflitto di interessi privati in danno di quelli pubblici e un tentativo ricorrente di asservire la funzione legislativa agli interessi di pochi. Mi riferisco a leggi ben note, che sono state citate in quest'aula da più parti.
Ma dal momento che, anche con questa legge, si cerca di imporre per il futuro - oserei dire per l'eternità - la possibilità per pochi ricchi di esercitare interessi propri in danno della collettività, l'emendamento ci vuole. È un emendamento che, sostanzialmente, dice «state attenti, perché se votate a favore di questo emendamento, sbagliando, colleghi della maggioranza, fate in modo di non poter approvare neanche il decreto delegato sul falso in bilancio, perché questo emendamento, inserendosi in quella banalità di prospettazione, che è l'articolo 1, di principi che tutti condividiamo, impone di astenersi dal porre in essere, in conflitto di interessi, anche atti di legislazione delegata. Abbiamo detto ciò perché in queste aule si sono approvate leggi, quale quella sul falso in bilancio, che consentono a questo Governo, di esercitare una delega in pieno conflitto di interessi, utilizzando una discrezionalità delegata che è conferita dal Parlamento in maniera sicuramente distorta. Il mio emendamento 1.32 è utile a difendere lo Stato contro le egemonie e, oserei dire, la prepotenza di potentati economici e politici che non hanno il senso dello Stato.
Vede, ministro Frattini, le argomentazioni da lei utilizzate sono formali e astrattamente plausibili. Le parla uno che ha più volte affrontato, anche professionalmente, questi stessi argomenti. Tuttavia, lei ha dimenticato di dire che, dall'inizio della legislatura, vi è stato un esercizio continuo di una commistione poco etica tra interessi pubblici e privati. Lei ha detto che si sarebbe ritirato, se per caso questa legge avesse consentito l'esercizio di interessi.
Bene, le annuncio che è già in ritardo, perché è rimasto al suo posto quando è stata votata la legge sulle rogatorie, una testimonianza storica degli interessi privati del Presidente del Consiglio! È rimasto al suo posto, anche quando il Governo ha continuato a legiferare in materia di falso in bilancio (Applausi dei deputati dei gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani)!
Non si possono fare affermazioni che poi sono contraddette dai fatti. Io la
rispetto come ministro e come istituzione, ma - lo ripeto - non si possono fare dichiarazioni che sono enunciazioni smentite da una testimonianza storica di comportamenti che confliggono, prima con l'etica della legislazione e poi con l'etica dello Stato.
Anche in questa sede, abbiamo il dovere nei confronti del popolo italiano di fornire una testimonianza di correttezza, perché voi, oggi, con questa legge, tutelate gli interessi particolari del Presidente del Consiglio, ma non potete normare e costituire un precedente che, in futuro, potrebbe consentire a chiunque di mettere nuovamente sotto i piedi - qualsiasi maggioranza egli rappresenti - gli interessi pubblici rispetto a quelli privati. Lo affermo non per partito preso ma perché ho cari i principi costituzionali del nostro ordinamento; ho cari i principi della divisione dei poteri e quelli della democrazia e della libertà e non voglio consentire ad alcuno - che oggi si chiama in un modo, ma domani potrebbe chiamarsi in un altro - di mettere sotto i piedi degli interessi del potere esecutivo - asservendolo - il potere legislativo, che noi esercitiamo. È un dovere che abbiamo nei confronti del popolo italiano; è un dovere a cui noi - questa minoranza - oggi, non vogliamo rinunciare, anche per le generazioni future (Applausi dei deputati di gruppi della Margherita, DL-l'Ulivo, dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e Misto-Comunisti italiani).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fanfani 1.32, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 490
Votanti 489
Astenuti 1
Maggioranza 245
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 278).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Soda 1.12.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Chiedo di attingere alle loro doti di sintesi per terminare in tempo utile. Ne ha facoltà.
CESARE RIZZI. Bressa, sei come Vanna Marchi!
GIANCLAUDIO BRESSA. Vieni qua Rizzi, che forse capisci!
Signor Presidente, l'emendamento al nostro esame prevede che il conflitto di interessi sia anche semplicemente potenziale. Vedete, questa non è una stravaganza. Si riprende, né più né meno, la sentenza della Corte costituzionale n. 129 del 1975, che prevede che il conflitto di interessi non deve necessariamente essere attuale, bastando che sia anche soltanto potenziale. La sua potenzialità è già sufficiente a porre in pericolo quegli interessi pubblici che s'intendono tutelare mediante l'eliminazione della situazione di conflittualità.
Ministro Frattini, poiché lei si è riferito ai principi costituzionali ai quali vogliamo agganciare il modello americano (vogliamo inchiodarci al modello americano senza che vi sia una corrispondenza tra Costituzione italiana e Costituzione americana), le stiamo dimostrando che la scelta del modello americano è una scelta culturale che gli Stati Uniti hanno compiuto 300 anni fa e che - come ricordavo ieri - consentiva al Presidente Jefferson di dichiarare, in una lettera indirizzata ad un suo collega, che l'attività pubblica non offre né vantaggi né felicità, ma è solo un esilio onorevole dalla propria famiglia e dagli affari.
Questa è la cultura americana alla quale ci rifacciamo e questa è la Costituzione italiana alla quale ci rifacciamo. Abbiamo, dunque, le carte perfettamente in regola per sostenere, davanti a chiunque - ma soprattutto in quest'aula - la serietà e la compiutezza del nostro testo alternativo.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Soda 1.12, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 482
Maggioranza 242
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 277).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantini 1.31.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini ne ha facoltà.
PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il mio emendamento 1.31, sul quale richiamo l'attenzione dei colleghi, propone di aggiungere al comma 1 dell'articolo 1 un comma 1-bis del seguente tenore: «I membri del Governo non possono adottare atti aventi natura legislativa e amministrativa riguardanti processi nei quali sono imputati». Si tratta di una disposizione che dovrebbe essere inutile, in quanto volta ad esplicitare un principio che è assolutamente logico e che, quindi, è impossibile non condividere.
La norma, già presente nell'ordinamento degli enti locali, risponde ad un principio di etica pubblica, non a quello dello Stato etico, del quale abbiamo orrore. Ma se la politica vuole governare il mondo globale, se vuole avere la pretesa di orientare la società in modo credibile, deve essere sorretta dall'etica pubblica. Ora, un principio così elementare, implicito, in un certo senso, nel comma 1 dell'articolo 1 - è evidente, perciò, che questa è solo la sottolineatura di un caso palese di conflitto di interessi - non può non essere votato all'unanimità da quest'Assemblea.
Ebbene, davanti al paese, vi sfidiamo al voto su questo emendamento, sapendo già che vi coprirete di vergogna (Applausi dei deputati del gruppo della Margherita, DL-l'Ulivo-Commenti dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale)!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantini 1.31, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 481
Maggioranza 241
Hanno votato sì 211
Hanno votato no 270).
IGNAZIO LA RUSSA. Mantini, hai vinto la scommessa!
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bressa 1.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e Votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato sì 205
Hanno votato no 275).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.20 del Governo...
MARCO BOATO. Signor Presidente, l'emendamento 1.20 del Governo va posto in votazione insieme al mio emendamento 1.6!
PRESIDENTE. A me risulta assorbito.
MARCO BOATO. Ma non è assorbito!
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Boato.
Passiamo ai Voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.20 del Governo e sull'emendamento Boato 1.6, di analogo contenuto, accettati dalla Commissione e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 493
Votanti 489
Astenuti 4
Maggioranza 245
Hanno votato sì 487
Hanno votato no 2).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
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